Fui immediatamente colpita e consapevole della gravità delle affermazioni di Mons. Müller già all'indomani del famoso articolo sull'Osservatore Romano del 29 novembre e mi auguravo che qualche voce veramente autorevole sorgesse a difendere la Tradizione. Dopo l'articolo di Pietro Pasqualucci, ecco ora questa importante puntualizzazione di Arnaldo Xavier da Silveira, che riprendo integralmente, con, alla fine, un Addendum che sintetizza le nostre recenti riflessioni.
Articolo pubblicato sul sito dell'Autore: Bonum Certamen 23-12-2012
(La traduzione è della Fonte: Una Vox)
Dolce Cristo in terraIl problema più grande non sta nel sapere se l’assistenza assoluta e senza limiti dello Spirito Santo sia possibile in linea di principio. È chiaro che lo è. In verità, però, Nostro Signore non avrebbe dotato San Pietro, o il Collegio dei vescovi col Papa e in definitiva la Chiesa, di un’assistenza in termini così assoluti. Le vie di Dio non sempre sono le nostre. La barca di Pietro è soggetta alle tempeste. In linea di principio, nulla impedisce che, soprattutto in tempi di crisi, i documenti pontifici e conciliari che non soddisfino le condizioni dell’infallibilità, possano contenere errori e perfino eresie.
1) Non sono sedevacantista. Non lo sono mai stato, nonostante l’uno o l’altro commentatore poco attento abbia preteso di trovare tracce di sedevacantismo nello studio sulla possibilità teologica di un papa eretico, studio che fa parte del mio libro “La Nouvelle Messe de Paul VI, Qu’en Penser?” (Diffusion de la Pensée Française, Chiré-en-Montreuil, Francia, 1975). In relazione ai pontificati degli ultimi decenni, sulla base della buona e tradizionale teologia dogmatica, non vedo come sia teologicamente possibile dichiarare vacante, in qualsiasi momento, la Sede di Pietro (si veda Paul Laymann S.J., +1635, “Th. Mor.”, Venezia, 1700, pp. 145-146; e Pietro Ballerini, “De Pot. Eccl.”, Roma, 1850, pp. 104-105). Se la Divina Provvidenza mi darà la forza, pubblicherò a breve uno studio sugli errori teologici delle correnti teorie sedevacantiste.
2) Per ogni cattolico geloso della sua fede, il Papa è il “dolce Cristo in terra”, è la colonna e il fondamento della verità. Tuttavia, grandi santi, dottori e papi ammettono la possibilità che il Sommo Pontefice cada in errore e perfino nell’eresia. E non può escludersi l’ipotesi teologica che tale caduta si riscontri nei documenti ufficiali del Papa e dei Concilii col Papa (si vedano i capitoli IX e X della parte II de La Nouvelle Messe de Paul VI, Qu’en Penser?, e i miei precedenti lavori lì citati).
Le parole di Mons. Müller
3) Lo scorso 29 novembre, L’Osservatore Romano ha pubblicato un articolo di Mons. Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ex Sant’Uffizio, dal titolo “Un’immagine della Chiesa di Gesù Cristo che abbraccia tutto il mondo”.
Commentando il discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005, nel quale Benedetto XVI ha dichiarato che il Vaticano II dev’essere oggetto di una “ermeneutica della riforma nella continuità”, a fronte di una «ermeneutica della discontinuità e della rottura”, Mons. Müller scrive che l’interpretazione della riforma nella continuità “è l’unica possibile secondo i principi della teologia cattolica”, e continua: “Al di fuori di questa unica interpretazione ortodossa esiste purtroppo una interpretazione eretica, vale a dire l’ermeneutica della rottura, sia sul versante progressista, sia su quello tradizionalista. Entrambi sono accomunati dal rifiuto del Concilio; i progressisti nel volerlo lasciare dietro sé, come fosse solo una stagione da abbandonare per approdare ad un’altra Chiesa; i tradizionalisti nel non volervi arrivare, quasi fosse l’inverno della Catholica”.
4) Non voglio qui approfondire certi punti di questa dichiarazione, come la questione, già tanto commentata e sviluppata in questi ultimi tempi, dell’“ermeneutica della riforma nella continuità” e dell’“ermeneutica della discontinuità e della rottura”. Né esaminerò la frase in cui Sua Eccellenza dichiara che i progressisti e i tradizionalisti “sono accomunati dal rifiuto del Concilio”. Né tampoco dirò alcunché sul titolo di questo articolo di Mons. Müller ove è presente l’espressione, oggi ambigua e sospetta in tale contesto: “Chiesa di Gesù Cristo che abbraccia tutto il mondo”. E ancora non mi soffermerò sul fatto storico che alla fine, dopo decenni, si ha una condanna del progressismo, condanna che se avesse forza canonica o quanto meno venisse dottrinalmente a sostenere di fatto la vita cattolica e l’insegnamento dei seminari, e costituisse il criterio per le promozioni ecclesiastiche, ecc, sarebbe di buon auspicio e preannuncio di tempi migliori, perché il progressismo sarebbe fortemente proscritto come eretico dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
5) Qui mi limiterò a commentare il passo in cui Mons. Müller dichiara che i tradizionalisti danno al Vaticano II una “interpretazione eretica”. So bene che non si tratta di un decreto della Congregazione per la Dottrina della Fede. So anche che qui non si specifica quali siano le correnti cosiddette “tradizionaliste” condannate, affermando che sarebbero tutte a non accettare incondizionatamente e integralmente il Vaticano II. So, infine, che l’orientamento qui adottato da Mons. Müller in relazione ai tradizionalisti e ai progressisti non è quello dominante in molti circoli vaticani e soprattutto non è quello di Benedetto XVI. Tutto questo, però, non impedisce che le sue parole abbiano una grande importanza.
Della gravità estrema di questa condanna
6) Non si minimizzi, infatti, la forza di questa condanna. La logica impone che chi interpreti ereticamente un Concilio Ecumenico sia un eretico. Né si dica che la cosa non sarebbe rilevante perché non si tratta di una condanna canonica formale. È di per sé grave che il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede abbia detto ciò che ha detto. È grave che per pronunciare un primo anatema contro i tradizionalisti, egli si rifugi dietro il paravento del “doctor privatus”, poiché, se il male è così enorme, come interpretare in senso eretico un concilio ecumenico, non dovrebbe essere la Santa Chiesa a pronunciarsi ufficialmente? Non si tratterebbe di un dovere di tutti i “custos fidei” nei confronti del popolo fedele? Inoltre, c’è da temere che da adesso in poi tali modi di pensare e di agire contrassegneranno le procedure della Congregazione per la Dottrina della Fede.
7) Come insegna San Tommaso d’Aquino, “l’eresia si contrappone alla fede” (S. Th. II-II, q. 39, a.1, ad 3), e sono eretici “coloro che professando la fede di Cristo, ne corrompono i dogmi” (S. Th. II-II, q. 11, a. 1, c). “La fede è la prima delle virtù” (S. Th. II-II, q. 4, a. 7, c), “è ben più grave corrompere la fede, in cui risiede la vita delle anime, che falsare il danaro, con cui si provvede alla vita temporale” (S. Th. II-II, q.11, a. 3, c).
8) Della portata della condanna. Il mondo moderno ha perso la nozione di fede, come ha perso la nozione della gravità dell’eresia. L’integrità della fede è il punto di partenza della vita cattolica. L’eretico formale non possiede la virtù teologale della fede e quindi è escluso dalla Chiesa. La condanna di Mons. Müller è espressa in termini generici e sintetici. Data l’importanza della materia, le persone che ne sono colpite hanno il diritto di chiedere che siano esplicitate la portata e le conseguenze teologiche, canoniche e pratiche dell’anatema, anche solo “in sede theoretica”, se esso fosse valido.
La deviazione teologica fondamentale di Mons. Müller
9) Testo di Mons. Müller sul magistero. – Nella stessa citata dichiarazione, Mons. Müller afferma che è principio della teologia cattolica “l’insieme indissolubile tra Sacra Scrittura, la completa e integrale Tradizione e il Magistero, la cui più alta espressione è il Concilio presieduto dal Successore di San Pietro come Capo della Chiesa visibile”.
10) Il presupposto della condanna dei tradizionalisti sta quindi, secondo Mons. Müller, nel fatto che non si possa avere errore o eresia in un documento magisteriale, sia pontificio sia conciliare, nemmeno in quelli che non soddisfano le condizioni dell’infallibilità. Infatti, nel proclamare il carattere indissolubile dell’unione tra Sacra Scrittura, Tradizione e Magistero, egli dimostra di concepire quest’ultimo come fosse garantito contro qualsivoglia errore o eresia. Inoltre, evitando di parlare semplicemente di Tradizione, ma qualificandola come “completa e integrale”, Sua Eccellenza sottintende che la Tradizione includa gli insegnamenti conciliari, nonostante non siano garantiti dal carisma dell’infallibilità; e che includa quindi le “novità di ordine dottrinale” (vedi il seguente n° 13) del Vaticano II, che in tal modo avrebbero forza di dogma, potendo essere messe in dubbio o negate solo dagli eretici.
Il Vaticano II e l’infallibilità della Chiesa
11) Magistero straordinario? Secondo il Vaticano I, il Papa è infallibile quando, insegnando alla Chiesa universale in materia rivelata di dogma o di morale, definisce solennemente una determinata verità che dev’essere creduta dai fedeli. In conformità con la dottrina fissata dai dottori, queste condizioni dell’infallibilità papale si applicano, mutatis mutandis, ai Concili Ecumenici, le cui definizioni infallibili devono quindi comportare per i fedeli l’obbligo di professare le dottrine così proposte. Ora, Paolo VI dichiarò ripetute volte che nel Vaticano II non fu proclamato alcun nuovo dogma del Magistero straordinario. Cosa che i teologi di buona dottrina hanno anch’essi affermato in modo esauriente. Ciò posto, è alquanto inquietante per il fedele comune, e inaccettabile per un pensatore cattolico, il fatto che Mons. Müller pretenda che nel Vaticano II non possa esserci alcuna deviazione dottrinale. Su cosa si baserà in materia il pensiero del Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede?
12) Magistero ordinario infallibile? Secondo il Vaticano I, è ugualmente infallibile il “Magistero ordinario e universale”. Con esso la Chiesa, nel suo insegnamento quotidiano, dovendo imporre una verità che deve essere creduta, deve farlo, non solo per il mondo intero, ma in continuità nel tempo, in modo tale che risulti chiaro ad ogni fedele che quella verità fu rivelata e deve essere professata se non si vuole incorrere nell’abbandono della fede. In questo contesto, il concetto di “universale” non sempre è correttamente interpretato, ma vi è chi lo intende come se indicasse solo un’universalità spaziale, cioè relativa al mondo intero. Secondo questo modo di vedere, tutti gli insegnamenti del Vaticano II sarebbero infallibili perché approvati solennemente dal Papa con l’unanimità morale dei vescovi di tutto il mondo. In verità, dei singoli atti magisteriali del Papa o del Concilio, come è stato il caso del Vaticano II, non possono definire dei dogmi del Magistero ordinario in mancanza della continuità temporale e della conseguente impositività che vincolerebbe in modo assoluto la coscienza dei fedeli.
13) Le “notivà di ordine dottrinale” del Vaticano II – Il 2 dicembre del 2011, Mons. Fernando Ocáriz, Vicario Generale dell’Opus Dei e professore di teologia, pubblicò su L’Osservatore Romano un articolo intitolato: “Sull’adesione al concilio Vaticano II”. In esso si legge: “Nel concilio Vaticano II ci sono state diverse novità di ordine dottrinale (…): alcune di esse sono state e sono ancora oggetto di controversie circa la loro continuità con il magistero precedente, ovvero sulla loro compatibilità con la tradizione”. E in seguito Mons. Ocáriz riconosce che: “Di fronte alle difficoltà che possono trovarsi per capire la continuità di alcuni insegnamenti conciliari con la tradizione, (…) rimangono legittimi spazi di libertà teologica per spiegare in un modo o in un altro la non contraddizione con la tradizione di alcune formulazioni presenti nei testi conciliari e, perciò, di spiegare il significato stesso di alcune espressioni contenute in quei passi”. Si noti la diversità di tono tra questo testo e la condanna pronunciata da Mons. Müller, nonostante Mons. Ocáriz dica anche che “una caratteristica essenziale del magistero è la sua continuità e omogeneità nel tempo”.
Il 28 dicembre dello stesso anno ho pubblicato sul mio sito un articolo intitolato “Grave lapsus teologico di Mons. Ocáriz”, nel quale ho sostenuto, come nei miei lavori precedenti, che “Gesù Cristo potrebbe aver dato a San Pietro e ai suoi successori il carisma dell’infallibilità assoluta. (…) Ma il problema non consiste nel sapere se l’assistenza dello Spirito Santo sarebbe possibile in linea di principio in presenza di tale potere assoluto e generale. È chiaro che lo sarebbe. Fatto sta, però, che Nostro Signore non ha voluto conferire a San Pietro, al collegio dei vescovi col Papa, in definitiva alla Chiesa, un’assistenza in termini così assoluti. Le vie di Dio non sempre sono le nostre. La barca di Pietro è soggetta alle tempeste. In sintesi: la teologia tradizionale afferma che risulta dalla Rivelazione che l’assistenza dello Spirito Santo non fu promessa, e quindi non fu assicurata, in forma così illimitata, in tutti i casi e le circostanze. Questa assistenza garantita da Nostro Signore copre in modo assoluto le definizioni straordinarie, tanto papali quanto conciliari. Ma le grandi opere teologiche, specialmente dell’età d’argento della scolastica, insegnano che nei pronunciamenti papali e conciliari non garantiti dall’infallibilità, possono esserci errori e perfino eresie”. Questo è quanto riaffermo oggi.
Tre rispettose domande a Mons. Müller
14) Professione di fede cattolica. - Alla luce del richiamato testo del Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, chiedo che egli accetti la professione di fede che qui esprimo in tutto quello che autenticamente insegna la Santa Chiesa nei suoi dogmi del Magistero straordinario papale o conciliare, e nei dogmi del Magistero ordinario e universale. Affermo la mia piena accettazione delle altre verità della dottrina cattolica, ognuna con la qualificazione teologica che i dottori tradizionali le hanno attribuita. E respingo come teologicamente inconcludente e faziosa l’accusa che riduce ad eresia l’attaccamento alla Tradizione.
15) Del senso e della portata della condanna. – In considerazione della necessità di precisione in un atto di questa portata teologica, qual è una condanna anche solo in sede dottrinale di una corrente di pensiero molto rispettata nel mondo intero, chiedo a Mons. Müller che indichi meglio la portata teorica e pratica del suo anatema, secondo le osservazioni del precedente punto 8. Nel formulare questa domanda, ho anche in vista la salvezza delle anime semplici, che abbracciano con fede piena i dogmi della transustanziazione, della verginità di Maria, prima, durante e dopo il parto, e tutti gli altri, ma che non hanno accesso alle distinzioni teologiche sottili, e che potrebbero vedere scossa la propria fede dalla notizia che il Prefetto dell’antico Sant’Uffizio abbia dichiarato che i tradizionalisti, indistintamente, sarebbero eretici.
16) Della possibilità di errore nei documenti del Magistero. – Come fedele cattolico consapevole dell’autorità dei Dicasteri vaticani, e anche come autore di scritti che vantano non pochi lettori, per i quali mi sento responsabile in qualche modo di fronte a Nostro Signore, ritengo di avere il pieno diritto di chiedere filialmente al Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che dichiari, in modo formale, chiaro e specifico, se è falsa la tesi che ho difeso nei miei lavori succitati, tesi che difendo anche ora e in base alla quale è teologicamente possibile l’esistenza di errori e perfino di eresie nei documenti pontifici e conciliari che non assolvono le necessarie condizioni per l’infallibilità.
17) In questa vigilia del Santo Natale, invocando il Divino Bambino, la Sua Santissima Madre e San Giuseppe, patrono della Chiesa universale, formulo queste considerazioni e queste domande per legittima difesa e cum moderamine inculpatae tutelae, e le formulo pubblicamente dal momento che l’aggressione subita è stata pubblica.
Addendum, scaturito dalle nostre riflessioni. Ecco la loro breve sintesi:
Anche ultimamente il Papa ha richiamato il Concilio-bussola, invitando tutti ad abbandonare le elucubrazioni dei teologi e tornare ai testi, ignorando e lasciando aperta la problematica che ciò comporta. Infatti, se si torna ai testi, si ritrovano quelle formulazioni ambigue che hanno portato la Chiesa là dove si trova oggi. E non saranno di certo i vescovi e i sacerdoti, figli del Vaticano II, ai quali ci rinvia il Papa come guide per la rilettura, che sapranno e vorranno fare chiarezza (basta ricordare le presenti e passate dichiarazioni di Müller nonché quelle di Koch), visto che è dalle loro cattedre, dai loro amboni, che è venuta la confusione.
Solo dal Papa aspettiamo quella corretta rilettura, solo il Papa può dimostrare e convincere che certi documenti del CVII sono in continuità con la Tradizione. In assenza del suo insegnamento, questi tre anni di anniversario presentato in tutte le salse e quelli che verranno serviranno solo a santificare il “Concilio”, a farne non più solo un “mitico evento che ha segnato una svolta epocale nella e della Chiesa” ( vulgata ricorrente) ma un superdogma al quale dovremo tutti credere e aderire, pena altrimenti di essere considerati... eretici. È dunque questo il problema scottante e ineludibile: chi ha applicato le innovazioni coincide con chi le ha volute, anche se forse non era tra i modernisti più accesi e di fatto purtroppo efficaci nelle loro rivoluzionarie influenze neppure più tanto nascoste né velate.
La conseguenza ovvia è che, se pur si è disposti a criticare qualche virgola, la sostanza che non è criticabile risulta inesorabilmente intangibile. E proprio nel nuovo concetto di Tradizione tocchiamo il punctum dolens: il nuovo impianto pastorale continua ad allargare la divaricazione dalla Tradizione bimillenaria, in quanto essa non è più fondata sull'oggetto-Rivelazione, ma storicisticamente trasformata in “vivente” e quindi mutevole a seconda dei tempi e fondata sull'unico soggetto-Chiesa che li attraversa (discorso 22 dicembre).
È concepibile il rinnovamento di un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, ma che risulta sganciato dalla sua autentica vis trasformante trasferita, ma soprattutto piegata, all'impatto con i tempi nuovi e le loro suggestioni ed esigenze?
Non è detto che la Ecclesia militans nella storia, nel secolo, in quanto organismo vivente, non debba rinnovarsi. Ma è problematico e foriero di perdita di orientamento e di identità un rinnovamento basato sul soggetto-Chiesa e non sull'oggetto-Rivelazione, direttamente proveniente dal Signore che l'ha consegnata -includendovi se stesso- nel costituire la Chiesa...
Lo stesso Giovanni XXIII ha sempre parlato di aggiornamento, che ora è stato chiamato con un'espressione paradossale riforma nella continuità (discorso del 22 dicembre 2005), ma -guarda caso- la continuità viene attribuita all'unico soggetto-Chiesa e non all'oggetto-Rivelazione... In altre parole da un cinquantennio a questa parte si sta facendo largo un'idea perversa di Magistero, per cui da regula proxima esso si sta trasformando in regula ultima, e dunque da mezzo di conservazione della verità in fine, verità in sé. È poi chiaro che con tale concezione di Magistero ci sarà sempre “continuità”: l'ultimo che arriva, pur se dicesse l'opposto di chi lo ha preceduto, sarà sempre in continuità con i predecessori, istituendo lui stesso il Dogma. Il trionfo del soggettivismo moderno in teologia.
Addendum, scaturito dalle nostre riflessioni. Ecco la loro breve sintesi:
Anche ultimamente il Papa ha richiamato il Concilio-bussola, invitando tutti ad abbandonare le elucubrazioni dei teologi e tornare ai testi, ignorando e lasciando aperta la problematica che ciò comporta. Infatti, se si torna ai testi, si ritrovano quelle formulazioni ambigue che hanno portato la Chiesa là dove si trova oggi. E non saranno di certo i vescovi e i sacerdoti, figli del Vaticano II, ai quali ci rinvia il Papa come guide per la rilettura, che sapranno e vorranno fare chiarezza (basta ricordare le presenti e passate dichiarazioni di Müller nonché quelle di Koch), visto che è dalle loro cattedre, dai loro amboni, che è venuta la confusione.
Solo dal Papa aspettiamo quella corretta rilettura, solo il Papa può dimostrare e convincere che certi documenti del CVII sono in continuità con la Tradizione. In assenza del suo insegnamento, questi tre anni di anniversario presentato in tutte le salse e quelli che verranno serviranno solo a santificare il “Concilio”, a farne non più solo un “mitico evento che ha segnato una svolta epocale nella e della Chiesa” ( vulgata ricorrente) ma un superdogma al quale dovremo tutti credere e aderire, pena altrimenti di essere considerati... eretici. È dunque questo il problema scottante e ineludibile: chi ha applicato le innovazioni coincide con chi le ha volute, anche se forse non era tra i modernisti più accesi e di fatto purtroppo efficaci nelle loro rivoluzionarie influenze neppure più tanto nascoste né velate.
La conseguenza ovvia è che, se pur si è disposti a criticare qualche virgola, la sostanza che non è criticabile risulta inesorabilmente intangibile. E proprio nel nuovo concetto di Tradizione tocchiamo il punctum dolens: il nuovo impianto pastorale continua ad allargare la divaricazione dalla Tradizione bimillenaria, in quanto essa non è più fondata sull'oggetto-Rivelazione, ma storicisticamente trasformata in “vivente” e quindi mutevole a seconda dei tempi e fondata sull'unico soggetto-Chiesa che li attraversa (discorso 22 dicembre).
È concepibile il rinnovamento di un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, ma che risulta sganciato dalla sua autentica vis trasformante trasferita, ma soprattutto piegata, all'impatto con i tempi nuovi e le loro suggestioni ed esigenze?
Non è detto che la Ecclesia militans nella storia, nel secolo, in quanto organismo vivente, non debba rinnovarsi. Ma è problematico e foriero di perdita di orientamento e di identità un rinnovamento basato sul soggetto-Chiesa e non sull'oggetto-Rivelazione, direttamente proveniente dal Signore che l'ha consegnata -includendovi se stesso- nel costituire la Chiesa...
Lo stesso Giovanni XXIII ha sempre parlato di aggiornamento, che ora è stato chiamato con un'espressione paradossale riforma nella continuità (discorso del 22 dicembre 2005), ma -guarda caso- la continuità viene attribuita all'unico soggetto-Chiesa e non all'oggetto-Rivelazione... In altre parole da un cinquantennio a questa parte si sta facendo largo un'idea perversa di Magistero, per cui da regula proxima esso si sta trasformando in regula ultima, e dunque da mezzo di conservazione della verità in fine, verità in sé. È poi chiaro che con tale concezione di Magistero ci sarà sempre “continuità”: l'ultimo che arriva, pur se dicesse l'opposto di chi lo ha preceduto, sarà sempre in continuità con i predecessori, istituendo lui stesso il Dogma. Il trionfo del soggettivismo moderno in teologia.
18 commenti:
Osservatore Romano dice,
Muller già ha mostrato in estate che non capisce la distinzione tra accidentia et partes integrales: perchè egli pensa che
1) La Santissima sempre Vergine può essere tale senze conservare l'integrità fisica della sua verginità
2) Il Signore Gesù può essere realmente, veramente e sostanzialmente presente nel Santissimo Sacramento senza il suo corpo e sangue essendo presente
3) Un battezatto non in communione con la Santa Sede fa parte del Corpo Mistico visibile di Christo, e quindi non ha bisgno di cercare l'unità con la Chiesa Cattolica.
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Le sue affermazioni in riguardo alla autorità del Concilio Vaticano II mostrano questa stessa atteggimento di mente, che non distingue tra « magisterium quo auctoritas » et « magisterium quo munus docendi ».
è vero che tutti Cattolici devono accettare il primo in riguardo al Concilio, ma questa non significa che il Concilio ha applicato il secondo in forma che obbliga tutti i cattolici ovunque e per sempre.
Quindi, ritengo che l'affermazione del Santo Padre nella sua Lettera al Mons. Fellay in estate, in quale Egli dichiara necessario adesione al magistero del Concilio, deve essere inteso come « magisterium quo auctoritas », perchè nessun atto dalla Santa Sede ha dichiarato il magisterio del Concilio nel senso secondo obbligatorio al tale punto che non si possano criticare i testi del Concilio.
Infatti, il Santo Padre stesso, come sacerdote e Cardinale spesso ha criticato i testi del Concilio.
La Congregazione per la Dottrina della Fede stessa ha emesso che la frase controversaria «subsistit in » si deve intendere come fosse scritto « subsistit unice in »...
Quindì, le affermazione recenti del Arcivescovo Muller sono essaggerazioni e pericolose
Sul perseipsam
A parte Riccardo di san Vittore,
la relazione tra perseipsam e persona la si può ritrovare anche qui :
"L'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, è l'unica creatura visibile che il Creatore ha «voluto per se stessa». Nel mondo, sottomesso alla trascendente sapienza e potenza di Dio, l'uomo, pur finalizzato a Dio, è però anche un essere che è fine per se stesso: possiede come persona una finalità propria (auto-teleologia), in forza della quale tende ad auto-realizzarsi. Arricchito di un dono che è anche un compito, l'uomo è avvolto nel mistero della divina Provvidenza. Leggiamo nel libro del Siracide: «Il Signore creò l'uomo dalla terra... / diede loro il dominio di quanto è sulla terra... / Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore / diede loro perché ragionassero. / Li riempi di dottrina e d'intelligenza / e indicò loro anche il bene e il male. / Pose lo sguardo nei loro cuori / per mostrar loro la grandezza delle sue opere... Inoltre pose davanti a loro la scienza / e diede loro in eredità la legge della vita...» (Sir 17,1-2,5-7.9).
(Giovanni Paolo II,21 maggio 1986)
SV
Sv, ripeto e amplio, pregandola di rileggere con attenzione, quel che ho già detto:
Il senso originario della Scrittura che corrisponde al perseipsam (come ampiamente riportato e anche spiegato) è riferito a Dio, non alla creatura. Ed è quello di vicino, a fianco di Dio, per Lui (propter)... non è forse questo il destino della creatura voluta da Dio e chiamata alla vita in modo a Lui ordinato? E non consiste proprio e unicamente in questo la sua sublime dignità?
Si legge in Proverbi 16,4 «Universa propter SEMETIPSUM operatus est Dominus »: il Signore ha fatto tutte le cose per sé stesso.
Dicendo che l'uomo è, sulla terra, «sola creatura quam Deus propter seipsam creavit», cade ogni dubbio sulla finalità della sua creazione: il femminile «se ipsa» è in perfetta concordanza col femminile «sola creatura» e col pronome pure femminile «quam»; Dio è in tal modo perentoriamente escluso dalla sua finalità creatrice.
Torno a dire : se l'essere per sé della persona esprime la dinamica di finalizzazione e di autodeterminazione e dunque la
consapevolezza e la libertà del suo agire, ciò non può essere posto come un assoluto svincolato dalla finalità impressa da Dio alla persona creandola.
La nomina di un Muller come prefetto della cdf è un segnale dell'intransigente difesa del Concilio.
Del resto l'attuale pontificato non ha risolto nessuno dei grandi problemi posti dal concilio.
Solo un cieco può essere ottimista sull'avvenire della Chiesa (almeno quello immediato perché quello finale è nelle mani del Signore).
I più recenti sviluppi la dicono lunga sulla protestantizzazione degli spiriti.
Se continuiamo ad assistere al fatto che san Egidio o il cammino neocatecumenale fanno il bello e cattivo tempo nelle nomine più importanti possiamo chiederci se la Chiesa non è diventata un Senato americano influenzato dalle lobby. Semplicemente spaventoso!
Un grazie a Mic per i link che rendono completa e documentata la lettura: un valore aggiunto che è giusto apprezzare ed usare.
Per dire il mio parere su questo articolo completato dall'Addendum e dai riferimenti, mi chiedo quale voce possano avere questi contenuti: dov'è, in Curia, un interlocutore autorevole per la Tradizione, quella bimillenaria?
Sono grata per l'apprezzamento :)
Credo che, purtroppo, gli unici conservatori presenti in Curia (e fuori) siano principalmente ormai i conservatori conciliari.
Tra i pochi tradizionali in senso cattolico vedo molta frammentazione: sia i vari Istituti ED che altri tradizionalisti (penso a diversi gruppi) sono troppo intenti a coltivare il proprio orticello e a tenersi ben strette -col loro assordante silenzio e pressocché totale assenza di pastorale- quelle poche briciole che sono riusciti ad ottenere a titolo di concessioni benevole, mentre si tratta di diritti (notiamo cosa succede col Summorum, ad esempio).
Manca dunque un contrappeso adeguato allo strapotere innovatore, perché manca una coalizione decisa e consapevole che possa avere un peso sulle decisioni Vaticane. Ed è anche per questo che sarà difficile ottenere giustizia in casi come questa ignobile prevaricazione da parte del Prefetto della CDF.
Ma forse il continuare a parlarne con appassionata resistenza, come stiamo facendo, potrà servire quanto meno a metter qualche pulce nelle orecchie. Chissà che non sia successo proprio questo a proposito dell'ultima piega presa degli eventi per il 1017? Anche se poi resta tutto da verificare fino ad allora...
persona est affirmanda propter seipsam
SV
Sv,
la sua reiterata apodittica affermazione di soggettivismo personalista, senza argomentazioni a sostegno, senza tenere in alcun conto le considerazioni che l'hanno recepita, ma l'hanno però collocata nel suo giusto posto davanti a Dio, è del peggior tipo "conciliarista".
Infatti, impone senza dimostrare l'assunto né esplicitare le ragioni che possano renderlo accettabile.
Le dichiarazioni di Mueller di cui si discute fanno effettivamente problema. E' chiaro che il Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede non può limitarsi a distribuire generiche patenti di eresia con un articolo sull'OR, e fa bene l'autore dell'autodifesa (che non è certo una excusatio non petita) "cum moderamine inculpatae tutelae" a chiedere alle Autorità della Chiesa una dichiarazione formale e specifica: ne ha tutto il diritto.
A questo punto le dichiarazioni formali non potranno mancare né tardare troppo, perché la questione della SPX non è stata archiviata, né ibernata.
Nello stesso tempo, mi sembra che la messa a fuoco del problema, stando a quello che si legge, sia completa. Per quello che ho capito io si chiede di riconoscere il "carisma certo di verità" che - per fede nelle promesse del Risorto - appartiene in diversi modi al Magistero supremo. In questo senso, tra l'affermazione (eretica?) "il Magistero autentico di un Concilio Ecumenico può contenere eresie che contraddicano la Tradizione" e l'altra "...non può contenere eresie che contraddicano la Tradizione divino-apostolica, ma solo imperfezioni che è possibile sanare chiarendo "IN CHE MODO" - e non "SE" - esso sia in continuità con essa", il confine non sembra invalicabile.
Verrebbe voglia di rivolgere pubblicamente una domanda a Mons. Muller.
Nelle Sue molteplici dichiarazioni verbali, a mezzo stampa o in suoi scritti personali, se non ho interpretato male, Lei afferma che "Un battezzato che non è in comunione con la Santa Sede, appartiene anch'esso alla Chiesa di Cristo".
A chi si riferisce con queste affermazioni?
Alle varie sette protestanti?
Agli scismatici orientali?
Se sì, allora la FSSPX ed i suoi fedeli, che recitano quotidianamente il Credo "Simbolo Apostolico" e, nella Santa Messa quello "Niceno-costantinopolitano", sono da considerarsi anch'essi appartenenti alla Chiesa di Cristo, oppure sono fuori perché non accettano in toto e senza discussione alcuna, tutte le determinazioni conciliari?
Ho detto all'inizio che "verrebbe voglia" di porre questa domanda al Supremo Custode della Dottrina Cattolica (la Suprema), ma siamo certi che dalla Suprema non verrà alcuna risposta chiara, netta, precisa e concisa su questo punto. Un tempo era un pregio che il nostro parlare fosse "Sì, sì oppure no, no", ora quel tempo è passato, ed ha lasciato il posto ad una verbosità più articolata e machiavellica.
Gent.ma Maria Vorrei segnalarti, nel caso volessi farlo conoscere tramite il tuo blogger, che nei giorni di lunedi, martedi, mercoledi e venerdi alle ore 11 viene trasmessa sul canale 81 della TV Teleradio Buon Consiglio Frigento (BN) dai Francescani dell'Immacolata, la S.Messa Tridentina. Tanto per chi non ha possibilita' di avere vicino un centro di Messa Tradizionale. per la domenica la FSSPX Priorato di Rimini ha ripristinato su internet alle ore 10,30 la S.Messa Tridentina. Se lo ritieni utile, in quanto la S.Messa tridentina e' la base che potrebbe piano piano riportare alla regolarita' la Chiesa di Cristo Nostro Signore, lo puoi pubblicizzare. - F.to Bernardino. Gli auguri piu' fervidi di un nuovo santo anno.
http://www.rinocammilleri.com/2012/12/desenzano-2/#comments
Qui si trova, e mi scuso del fuori tema, un esempio lampante dell'ipocrisia dei "conservatori del Concilio". Alla domanda "I Lions sono una congrega massonica?", Cammilleri, che ne ha accettato l'invito, risponde "non so nulla". Ditemi voi cosa bisognerebbe fare con certa gente, palesemente in mala fede.
I Francescani dell'Immaccolata trasmettono la S. Messa tridentina in diretta ogni mattina alle 7 sulla loro radio [http://rbuonconsiglio.net/] dal lunedì al venerdì salvo quando cade una festa grande in uno di questi giorni e fanno "orario festivo" [bisogna controllare il programma] quindi purtroppo tutte e tre le Messe che trasmetono [8:30; 10:30; 18:00] sono NO.
La radio c'è su internet oppure su in FM, ma solo da Roma in giù.
In ogni caso è un'iniziativa lodevole visto che non mi risulta che nessun'altra radio trasmetta con regolarità la S. Messa VO [Radio Maria nonostante la tanto sbandierata obbedienza al Papa lo ha fatto, mi pare, solo un paio di volte.]
Nel scorso dicembre il discorso alla Curia Romana in cui Benedetto XVI ha parlato della ermeneutica della riforma e di rottura, ha completato 7 anni. Da allora, sembra che ci sia stato fatto quasi nulla. Qualcuno potrebbe fare un bilancio dei sette anni del discorso?
Mic, vorrei avere un tuo parere, se possibile, su Cammilleri. Grazie e buon anno.
Per Mic.
Sul blog Militia Cristi vi è una interessante e profetica lettera di Mons. Lefevre al Card Ottaviani del 1966, ma sembra scritta questa mattina.
Una vera profezia della situazione attuale.
Anche l'editoriale di radicati nella fede è bellissimo.
don Bernardo
Caro Antonio,
non conosco Cammilleri, ma ho guardato il link e francamente trovo che non ha davvero senso per un cattolico accettare inviti in contesti massoni.
Buon Anno anche a te e a tutti!
Grazie delle segnalazioni, Don Bernardo. Tra poco pubblico l'Editoriale, che propongo ogni mese :)
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