Avevo dato un'occhiata solo di striscio a questo discorso del Papa alla Rota Romana, ma un lettore mi invita ad approfondire. Ho la sensazione, non nuova, che ci inoltriamo nelle sabbie mobili del solito discorso fluido e mai definitorio, che lascia aperta la questione a diverse possibili soluzioni. Questo è il passaggio incriminato:
[...] Il patto indissolubile tra uomo e donna, non richiede, ai fini della sacramentalità, la fede personale dei nubendi; ciò che si richiede, come condizione minima necessaria, è l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa. Ma se è importante non confondere il problema dell’intenzione con quello della fede personale dei contraenti, non è tuttavia possibile separarli totalmente. Come faceva notare la Commissione Teologica Internazionale in un Documento del 1977, «nel caso in cui non si avverta alcuna traccia della fede in quanto tale (nel senso del termine "credenza", disposizione a credere), né alcun desiderio della grazia e della salvezza, si pone il problema di sapere, in realtà, se l’intenzione generale e veramente sacramentale di cui abbiamo parlato, è presente o no, e se il matrimonio è contratto validamente o no» (La dottrina cattolica sul sacramento del matrimonio [1977], 2.3: Documenti 1969-2004, vol. 13, Bologna 2006, p. 145). Il beato Giovanni Paolo II, rivolgendosi a codesto Tribunale, dieci anni fa, precisò, tuttavia, che «un atteggiamento dei nubendi che non tenga conto della dimensione soprannaturale nel matrimonio può renderlo nullo solo se ne intacca la validità sul piano naturale nel quale è posto lo stesso segno sacramentale» (ibidem). Circa tale problematica, soprattutto nel contesto attuale, occorrerà promuovere ulteriori riflessioni. [...]
Andrea Tornielli su La nuova bussola quotidiana, cogliendo le seguenti parole del Papa:
«Non intendo certamente – ha precisato – suggerire alcun facile automatismo tra carenza di fede e invalidità della unione matrimoniale, ma piuttosto evidenziare come tale carenza possa, benché non necessariamente, ferire anche i beni del matrimonio».
non manca di portar subito il discorso su questo punctum dolens: "Si tratta di uno spiraglio importante, che potrebbe portare a rivedere alcuni dei criteri sulla cui base si giudicano queste cause, di fronte allo «scisma silenzioso» dei divorziati risposati e delle tante persone escluse dalla comunione eucaristica a motivo della «irregolarità» del loro nuovo legame". E ricorda, riportandole, precedenti parole del Papa al riguardo, tra cui, quelle di Le Combes, rivolte ai sacerdoti locali, nel 2005:
«Nessuno di noi – disse – ha una ricetta fatta, anche perché le situazioni sono sempre diverse. Direi particolarmente dolorosa è la situazione di quanti erano sposati in Chiesa, ma non erano veramente credenti e lo hanno fatto per tradizione, e poi trovandosi in un nuovo matrimonio non valido si convertono, trovano la fede e si sentono esclusi dal sacramento. Questa è realmente una sofferenza grande e quando sono stato Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede ho invitato diverse conferenze episcopali e specialisti a studiare questo problema: un sacramento celebrato senza fede. Se realmente si possa trovare qui un momento di invalidità perché al sacramento mancava una dimensione fondamentale non oso dire. Io personalmente lo pensavo, ma dalle discussioni che abbiamo avuto ho capito che il problema è molto difficile e deve essere ancora approfondito. Ma data la situazione di sofferenza di queste persone, è da approfondire».
C'è da ricordare, insieme a Tornielli, che nel 1999, nell’introduzione all’Istruzione della Congregazione per la dottrina della fede sulla pastorale dei divorziati risposati, che ribadiva l’esclusione dalla comunione sacramentale, Ratzinger osservava:
«Si dovrebbe chiarire se veramente ogni matrimonio tra due battezzati è ipso facto un matrimonio sacramentale. All’essenza del sacramento appartiene la fede».
Le parole odierne assumerebbero un significato più profondo di quanto potrebbe apparire. Il fatto che il Papa chieda ulteriori «riflessioni» starebbe a indicare che il problema è aperto e che possono essere esplorate vie nuove? Il condizionale e l'interrogativo sono d'obbligo. Ma l'incertezza e il dubbio restano.
10 commenti:
Direi particolarmente dolorosa è la situazione di quanti erano sposati in Chiesa, ma non erano veramente credenti e lo hanno fatto per tradizione, e poi trovandosi in un nuovo matrimonio non valido si convertono, trovano la fede e si sentono esclusi dal sacramento.
Credo che siano in diminuzione i "non realmente credenti" che si sposano in Chiesa magari solo per tradizione e talvolta per motivi coreografici. Forse è più facile che sia uno dei coniugi ad accettare il matrimonio in Chiesa per rispettare la sensibilità dell'altro.
In ogni caso non penso sia sempre possibile accertare prima del matrimonio l'effettiva credibilità di chi lo chiede per fede. In tempi successivi, ognuno può dichiarare quel che gli conviene al momento...
Mi pare che il problema sia mal posto, secondo me il vero problema è la mancanza di fede dei preti.
Mi spiego: adesso è obbligatorio pure il corso prematrimoniale che, per come è fatto, è la cosa più inutile dell'universo. I primi a non credere nell'indissolubilità del matrimonio son proprio i preti. Se non ci crede il prete come può crederci chi si sposa? Se il prete fosse serio avrebbe modo di comprenderlo se manca proprio totalmente la fede e quindi negare il matrimonio religioso. Ma questo non è il caso, purtroppo. Però secondo me, se si accetta una cosa del genere, si spalanca un portone e si annullerà praticamente di tutto. Se si decide di sposarsi in chiesa si sa che in linea teorica è indissolubile [a meno che non si viva sulla luna, la posizione della chiesa è nota a tutti]. Non penso sia così importante se uno è veramente convinto dell'indissolubilità, sposandosi in chiesa dimostra di fatto di accettare quelle che sono le "regole del gioco".
Ma se il Papa ha solennemente approvato il nuovo rituale che prevede una scandalosa novità ovvero di un solenne matrimonio in chiesa senza Messa tra un ATEO e una credente, come fa a porre ORA questa problematica???
Ma se all'essenza del Sacramento appartiene la fede (mi pare che il nodo della questione sia questo), allora anche il sacerdote che consacra senza credere veramente nella transustanziazione rende nulla quest'ultima ?
Oppure è realmente sacramento quello di chi fa battezzare i propri figli solo per consuetudine o si fa battezzare solo per convenienza materiale (magari adesso non capita più....).
Non si rischia di confondere la validità del sacramento con la sua effettiva produzione di frutti di Grazia, cioè l'ex opere operato con l'ex opere operantis ?
La mancanza di fede può al più rendere sterile il matrimonio e non permettere che in esso agisca la Grazia.
Credo che se una persona sposata validamente e poi divorziata, va a convivere con un'altra persona (non dico si risposa perché questa nuova unione non la considero, perchè non lo è, un matrimonio) e poi si converte, la conclusione che ne deve trarre è quella di terminare l'unione illecita ed adultera e riunirsi alla precedente persona oppure se ciò non fosse possibile, vivere castamente, altrimenti la sua è una conversione zoppa.
Se c'è il rischio di "scismi" silenziosi, vale la pena correre il rischio, secondo me, infatti Gesù agli apostoli che lo interrogavano e gli facevano notare che le sue parole erano molto dure chiese se anche loro se ne volevano andare assieme ad altri discepoli che a causa della Verità si allontanavano da Lui (Jo. 6, 60-66,67).
poi si converte, la conclusione che ne deve trarre è quella di terminare l'unione illecita ed adultera e riunirsi alla precedente persona oppure se ciò non fosse possibile, vivere castamente, altrimenti la sua è una conversione zoppa.
Terza eventualità: indagare se la prima unione avesse motivi di nullità, MA MOTIVI *SERI*, quale il vizio di consenso o riserve mentali.
Comunque, gli avvocati ed i tribunali che si occupano di annullamenti civili (concetto diverso dal divorzio) accusano la Sacra Rota di CONCORRENZA SLEALE, poichè troppo di manica larga.Qualche anno fa, un giornale "femminile" (quindi PORNOGRAFICO, non solo e non tanto per le immagini che pubblica, ANCHE, ma principalmente in senso etimologico, ovvero riguardante la vita e le "gesta" delle celebri "donnine allegre" di oggi) consigliò i tribunali ecclesistici cui rivolgersi.
Condivido le parole di Marco P.
Uno dei grandi problemi é però quello della croce. Chi sa a ncora portare la propria croce, chi sa offrire i propri sacrifici, i propri stenti, le proprie delusioni, la propria vita a Cristo in unione con la sua croce?
La Grazia: chi é quel catechista che insegna ancora cosa é la Grazia, come si ottiene e mantiene o come si riacquista?
Anche la nuova evangelizzazione non serve a niente finché vi sono vescovi e sacerdoti che non sanno più cosa sia la cura delle anime e la salvezza delle anime dei loro fedeli.
Condivido il pensiero di Marco P. di Viandante e di don Camillo.
Come sacerdote che fa anche i corsi prematrimoniali la mia preoccupazione è proprio quella di mostrare il valore soprannaturale e le implicazioni di fede che comporta la celebrazione del Sacramento del Matrimonio.
E dato che tutti coloro che si sposano in Chiesa devono fare i corsi prematrimoniali mi domando perchè il Papa non ci sproni a farli ancora meglio piùttosto che fare un discorso vago su come i nubendi arrivano al matrimonio.
Ma se non si arriva con la fede a celebrare il matrimonio in Chiesa io mi domando che cosa hanno fatto e detto i sacerdoti nei corsi prematrimoniali?
Bisogna che noi ritorniamo a parlare di fede, di grazia, di croce e di salvezza delle anime: non le pare Santo Padre?
Molti "giovani" si sposano in chiesa per far contenti i genitori, ma per loro è indifferente sposarsi in chiesa o al comune!
Areki, anche io condivido il pensiero di Marco P. di Viandante e di don Camillo. Tertulliano di Cartagine ha detto nel libro "Apologia" una cosa per una diagnose migliore:
"Dove si trova la felicità della vita coniugale, sempre così desiderabile, che ha contraddistinto le nostre antiche usanze e, di conseguenza, di cui per circa 600 anni non ci fu il divorzio solo in mezzo a noi?"
Certo, ci può essere qualche esagerazione di Tertulliano, ma almeno possiamo supporre che ci sono stati per un po di tempo pochi divorzi nella Roma pagana imperiale. Quindi, la questione della separazione non può essere considerata una questione di fede senza considerare prima la questione della natura, poi “La Grazia non distrugge la natura, la presuppone e la perfeziona” (San Tommaso D'Aquino). Allora abbiamo bisogno di sappere che cosa se capisce per natura dopo il Concilio e anche quale l'influenza della dottrina del rapporto tra grazia e natura di De Lubac, che fa la grazia qualcosa dovuta alla natura e respinge la dottrina tomista della "natura pura".
Il cardinale Giuseppe Siri ha fatto un commento su questa dottrina di de Lubac, che è illogica e irrazionale, che il card. Siri non ha avuto bisogno di molto lavoro per confutarli. Vede qualcuni brani:
"«Ma quando piacque a colui che sin dal seno di mia madre, mi prescelse e mi chiamò mediante la sua grazia, di rivelare in me il Figlio suo... » (Gal. 1, 15-16). Non soltanto - qualunque sia il prodigio esteriore di cui gli Atti degli Apostoli ci hanno trasmesso il racconto - rivelarmi suo Figlio, mostrarmelo in una visione qualunque o farmelo comprendere oggettivamente, ma rivelarlo in me. Rivelando il Padre ed essendo rivelato da lui, il Cristo finisce di rivelare l'uomo a se stesso. Prendendo possesso dell'uomo, afferrandolo e penetrando fino in fondo al suo essere, spinge anche lui a discendere in sé per scoprirvi bruscamente regioni fino allora insospettabili. Per Cristo la persona è adulta, l'Uomo emerge definitivamente dall'universo»."
«Il 'desiderio di vedere Dio' non potrebbe essere eternamente frustrato senza una sofferenza essenziale».
«La vocazione di Dio è costitutiva. La mia finalità, di cui questo desiderio è l'espressione, è scritta nel mio essere stesso, tale come è posto da Dio in questo universo. E, per volontà di Dio, io non ho oggi altro fine reale, cioè realmente assegnato alla mia natura e offerto alla mia adesione - sotto qualsiasi forma ciò si verifichi - che quello di 'vedere Dio'».
«In altri termini: il vero problema, se ce n'è uno, si pone per l'essere, la cui finalità è 'già', se si può dire, tutta soprannaturale, poiché tale è, in effetti, il nostro caso. Si pone per la creatura per la quale la 'visione di Dio' imprime non soltanto un fine possibile, o futuribile - persino il fine che conviene di più - ma il fine che, a giudicare umanamente, sembra dover essere, poiché è, per ipotesi, il fine che Dio assegna a questa creatura. Dal momento che io esisto, ogni indeterminazione è tolta. E qualunque cosa sarebbe potuto essere prima, o qualunque cosa esso sarebbe potuto essere in un'esistenza realizzata in modo diverso, nessun'altra finalità sembra ormai per me possibile che quella che si trova ora, di fatto, iscritta nel fondo della mia natura. Esiste un solo fine di cui, per conseguenza, porto in me, consapevole o no, il 'desiderio naturale'» Il rapporto tra ordine naturale e ordine soprannaturale - card. Giuseppe Siri - http://pascendidominicigregis.blogspot.com.br/2012/08/il-rapporto-tra-ordine-naturale-e.html
Beh, nel Misere (Salmo 50) possiamo leggere:
"Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre".
De Lubac sostitui le parole del Misere, per le parole di S. Paolo, ma quello che il samista parla se applica a tutti uomini, ma quello che ha detto l' apostolo, non se applica a tutti gli uomini. In questo senso, possiamo parlare che la dottrina di De Lubac sostitui la dottrina del peccato originale per una sorta di dottrina di "grazia originale" data da Dio in Cristo per tutti gli uomini. In termini tradizionale sembra che per De Lubac in Cristo è stato restaurato esattamente lo stato di "natura pura" di Adamo ed Eva prima del peccato originale. Ma per me mettere le cose sotto la luce della Nuova Teologia è difficile. Perché in principio De Lubac parte della douttrina del poligenismo non del monegismo (la dottrina ufficiale della Chiesa da Papa Pio XII). Però, è certo che il concetto di natura in seno al Concilio e successivamente ha cambiato radicalmente, anche la comprensione dell'ordine soprannaturale, che nella dottrina di de Lubac si fonde con l'ordine naturale. Difficile è sappere fino a che punto questa dottrina ha influenziato il Concilio e il post-concilio. Giovanni Paolo II nella Redemptor Omnis fa uso di questa dottrina quando dice:
"Egli è l'uomo perfetto, che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio, già resa deforme fin dal primo peccato. Poiché in Lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche a nostro beneficio innalzata a una dignità sublime. Con la sua incarnazione, infatti, il Figlio stesso di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. " http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_04031979_redemptor-hominis_it.html
Beh, come tutto sappiamo, Cristo restitui ai credenti la somiglianza con Dio, i non credenti rimangono deforme per il primo peccato al quale si aggiunge il secondo e più grande peccato della negazione di Cristo. Ma se ammettiamo questa dottrina in linea di principio, allora, Cristo si è unito anche a tutte le religioni (e Chiesuole), tutti gli Stati e dobbiamo parlare non della salvezza delle anime, ma della unità del genero umano, perchè non ha più peccato "tutto è grazia" e Dio è amico del mondo.
Questa dottrina che distrugge la concezione cristiana della natura, fa l'uomo perdere la coscienza del peccato e la necessità della grazia. Così, si perde l'essenziale per la ricezione del sacramento, quindi, il Sacramento che è il segno sensibile di una grazia invisibile è dato a coloro che non hanno più la sensibilità sacramentale. Ma in fondo è una questione di fede, ma la colpa non è solo delle coniuge che si separano, ma di che ha distrutto il concetto cristiano della natura. Qui non possiamo ricordare le parole di Gesù a Ponzio Pilato: "...chi mi ha consegnato a te, ha una colpa più. grande".
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