Traduco da National Catholic Register una intervista all'Arcivescovo di Noia, rilasciata il 27 giugno 2012 e pubblicata il 1° luglio successivo. Se la mettiamo insieme alla altrettanto recente Lettera indirizzata alla FSSPX, abbiamo uno sguardo più completo sull'orizzonte romano e sugli effetti degli aggiornamenti introdotti dal Concilio, che praticamente ci mettono di fronte ad un difficile, se non impossibile dialogo tra sordi, anche se di diverso, rispetto ad altri, c'è che l'arcivescovo ha letto Amerio e De Mattei... Mi sono limitata ad inserire una sola chiosa; attendo le vostre osservazioni.
Il newyorchese segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede parla del suo nuovo ruolo e delle sfide che lo aspettano.
di Edward Pentin, 07 gennaio 2012
Nello sforzo di mantenere il dialogo aperto a una possibile riconciliazione, Papa Benedetto XVI ha nominato l’arcivescovo Americano J. Augustine Di Noia vicepresidente della commissione incaricata di aiutare a riportare la Fraternità San Pio X nel seno della comunione con Roma.
Il sessantottenne domenicano, newyorchese, nativo del Bronx, attualmente segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, diventa pertanto vicepresidente della Commissione Pontificia Ecclesia Dei. Il 27 giugno ha parlato col corrispondente di “Register” Eduard Pentin del suo nuovo incarico, di alcune delle difficoltà che dovrà affrontare per restaurare la piena comunione tra la Fraternità e la Chiesa e delle sue speranze per un esito positivo.
Dato che non ha ancora cominciato a lavorare per la commissione, l’Arcivescovo Di Noia ha preferito non commentare le notizie che sono trapelate a proposito di una lettera della Fraternità in cui si troverebbe scritto che la San Pio X trova il preambolo dottrinale “chiaramente inaccettabile”. Si suppone che il documento sia alla base della riconciliazione con Roma.
Qual è stata la Sua reazione quando è stato nominato? L’incarico le è giunto a sorpresa?
È stata una sorpresa, ma eventi di questo tipo lo sono sempre. Essere nominato [segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede] è stata una sorpresa.
Che stadio ha raggiunto il dialogo tra il Vaticano e la Fraternità San Pio X?
Sinceramente, non lo so. Devo ancora approfondire molte cose riguardo ai temi che sono stati trattati durante il dialogo. Quando sono arrivato qui, ho studiato la storia della riforma e ho osservato più da vicino il Concilio [Vaticano Secondo], pertanto sono venuto al corrente delle obiezioni che sorgono da quel mondo. Ho letto libri sul Concilio di Romano Amerio e Roberto De Mattei e, ovviamente, ho studiato il Concilio per anni; quindi, in questo senso, sono in possesso di un quadro d’insieme a partire dal quale sono in grado di parlare con loro dei loro problemi.
Un altro fattore autobiografico molto importante per me è il fatto che ho vissuto la mia intera vita religiosa, prima di venire qui a Roma, in un priorato domenicano, a Washington e a New Haven, Connecticut. In quei luoghi si è vissuto l’ermeneutica della continuità e della riforma, se la posso descrivere in questi termini. Non ho mai sperimentato il Concilio in termini di rottura. È interessante considerare che solo da quando ho cominciato a leggere testi appartenenti alla letteratura e all’interpretazione tradizionalista ho cominciato a capire che, in un certo senso, vi sono dei problemi reali. Ma se si smette credere che lo Spirito Santo preservi la Chiesa dall’errore, si perde ogni speranza.
Non importa che interpretazione venga scelta, la fazione che la promuove, e quali che siano state le intenzioni degli autori dei documenti del Concilio: i concili non possono mai essere indotti in errore. Tutti i documenti sono fondati. Lo scisma non è la risposta giusta. Comprendo le posizioni della Fraternità, ma la soluzione non è l’uscita dalla Chiesa.
Se è così, perché ritiene che alcuni cattolici hanno preferito aderire a una tradizione “congelata”, così com’era, piuttosto che entrare in piena comunione?
Onestamente, lo ignoro: posso solo fare delle speculazioni. Rispondendo alla domanda sul perché si è tradizionalisti, mi sentirei di dire che dipende dalle esperienze personali di ciascuno. La [riforma della] liturgia è stato un fattore determinante poiché ha rappresentato una rivoluzione, uno shock per molta gente. Molti si sono sentiti abbandonati, come se la Chiesa avesse lasciato la loro nave ancorata al porto. Le ragioni sono quindi molto complicati e variano a seconda del tipo di tradizionalismo, tra una nazione o una cultura e l’altra e in base al contesto.
Un altro problema è rappresentato dal fatto che non si riesce a riconoscere un elemento molto semplice della storia della Chiesa: non tutte le controversie ideologiche devono per forza dividere la Chiesa. Così, per esempio, gesuiti e domenicani, nel XVI secolo, si sono trovati in profondo disaccordo sulla teologia della Grazia. Alla fine, il Papa ha intimato a entrambe le fazioni di smettere di affibbiarsi l’un l’altra l’etichetta di eretici. Egli disse: “Potete mantenere le vostre opinioni teologiche”, ma rifiutò di dare indicazioni dottrinali, schierandosi per gli uni o per gli altri. Si tratta di un esempio molto interessante perché ci mostra che il cattolicesimo è abbastanza vasto da poter includere un ingente numero di diversità teologiche e di dibattiti. Ogni tanto la Chiesa interverrà, ma solo quando si renderà conto che si sta cadendo nell’eresia e quindi ci si sta separando dalla comunione con essa.
In passato, Lei ha lavorato da vicino con Papa Benedetto XVI. Quanto è importante per lui questa riconciliazione?
Il Papa spera sempre nella riconciliazione – è il suo lavoro. Il ministero petrino consiste soprattutto nel compito di preservare l’unità della Chiesa. Quindi, indipendentemente da qualsiasi interesse personale Papa Benedetto possa avere, egli condivide la stessa preoccupazione che già Giovanni Paolo II nutriva. Come Lei sa, si è trovato coinvolto in questa vicenda sin dall’inizio.
Il Papa sta facendo dei passi indietro per raggiungere un compromesso, ma non cederà sul punto concernente l’autenticità degli insegnamenti del Vaticano II come atti del magistero.
La Fraternità San Pio X sostiene che il Concilio Vaticano Secondo non ha promulgato alcun insegnamento infallibile e immutabile. Era pastorale, non dogmatico. Se le cose stanno realmente così, perché è così importante che essi siano d’accordo con quanto affermato dal Concilio?
Nel Concilio ci sono molte cose dogmatiche. La sacramentalità dell’ordinazione episcopale, per esempio, è uno sviluppo dell’insegnamento del vescovato, ed è pertanto dottrinale.
Tradizionalmente, le dottrine sono state pronunciate come canoni con anatemi. Nel Concilio le modalità d’espressione sono altre, ma esso è certamente dotato della pienezza del magistero ordinario e ne è una riformulazione. È ricco dal punto di vista dottrinale. Ma si è cercato di chiarificare che cosa il Concilio di Trento o il Vaticano I ha lasciato aperto a proposito della Scrittura e della Tradizione?
Qua e là ci sono degli sviluppi dottrinali. E la Fraternità pensa ovviamente che l’intero insegnamento sulla libertà religiosa sia uno strappo dalla Tradizione. Ma persone molto argute hanno cercato di evidenziare come si tratti di una considerevole evoluzione.
Quel che ho cercato di affermare è che tutto quel che essi devono fare è affermare che nel Concilio non c’è nulla di contrario alla Tradizione e che ogni testo controverso o parte di esso deve essere letto nel contesto del Concilio – e letto alla luce della Tradizione. Mi sembra che, nonostante le loro difficoltà, dovrebbero essere in grado di farlo.
Come risponde alla tesi secondo la quale se i documenti del concilio non sono né infallibili né immutabili, non sono nemmeno vincolanti?
Dire che essi non siano vincolanti è una mera sofisticheria. Il Concilio contiene stralci del magistero ordinario che è de fide divina.
Ora, la costituzione pastorale “Sulla Chiesa nel mondo moderno” [Gaudium et Spes] fa dei commenti sulla natura della cultura che tutti, generalmente parlando, ritengono oggi eccessivamente ottimistici. Beh, questo non è de fide divina. Si tratta di qualcosa di molto impreciso. Ma il Concilio è pieno del magistero ordinario. Quando lavoravo alla conferenza dei vescovi [americani] e si discuteva, per esempio, sulla Veritatis Splendor, la gente mi chiedeva: “È infallibile?”, ed io replicavo: “La domanda più importante è: è vera?”.
Quel che volevo mettere in risalto era l’eccessiva insistenza sull’infallibilità, che ha indotto anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a decidere di non definire più nulla infallibile perché quel che succede è che poi la gente dice: “Devo credere solamente in ciò che è stato definito infallibilmente”. Il che è molto poco. È per questo che esiste una distinzione tra il magistero ordinario e quello straordinario. Il magistero straordinario è quel che la Chiesa definisce: si tratta quasi sempre della composizione di controversie che avevano generato disaccordo. Probabilmente la Chiesa non avrebbe mai conferito a Maria il titolo di Madre di Dio se Nestorio non l’avesse negato. Ma nel contesto del magistero ordinario, ci sono molte cose mai definite che crediamo siano de fide divina. È per questo che si è parlato di magistero ordinario, nel tentativo di uscir fuori da questa lettura riduzionista che asserisce che si può credere solo in ciò che è infallibile. Ebbene, il Concilio ha insegnamenti vincolanti. I Padri scrivono in qualità di vescovi della Chiesa in unione con il Papa; è per questo che il Concilio è così importante.
Eppure l’allora Cardinale Ratzinger aveva puntualizzato che il Concilio non dovrebbe essere visto come una sorta di “superdogma”.
Le sue parole non miravano a definire infallibilmente delle dottrine; ciò è quanto Ratzinger ha detto, ma non ha mai affermato che il Concilio non contenga grandi quantità di magistero ordinario.
Solamente le costituzioni dogmatiche sono definite, per l’appunto dogmatiche: la Divina Rivelazione [Dei Verbum], la Lumen Gentium. Sicuramente queste due, ma anche altre.
Quale sarebbe l’impatto positivo di un’eventuale riconciliazione tra la Fraternità San Pio X e la Chiesa?
I tradizionalisti che si trovano attualmente all’interno della Chiesa, come ad esempio la Fraternità San Pietro, hanno soddisfatto le richieste del Papa: che nelle solennità della liturgia da essi scelta per le celebrazioni, i suoi membri siano testimoni della continua vitalità della tradizione liturgica precedente al Concilio, che è il messaggio della Summorum Pontificum. Il punto è: non si può affermare che il Novus Ordo sia invalido, ma la loro celebrazione secondo il Messale del 1962 è qualcosa che rimane attraente e nutre la fede, anche quella di coloro che non hanno esperienza di essa. E questo è un fattore molto importante.
Ho cercato di trovare un’analogia che possa spiegare questa situazione. È un po’ come la Costituzione Americana, che può essere letta in almeno due modi differenti: gli storici si interessano al suo contesto storico: agli estensori, alle loro intenzioni, al loro background e alle varie ricerche storiche che sono state effettuate sulla Costituzione stessa. Così, studiando la Costituzione dal punto di vista storico, si può far molta luce sul suo significato.
Tuttavia, quando la Corte Suprema utilizza la Costituzione, quando cioè essa viene letta come un documento vivo su cui le istituzioni di uno Stato sono fondate, la lettura che ne viene fatta è differente. La stessa cosa vale per quanto riguarda il pensiero degli estensori, come anche quello degli esperti di cui si sono avvalsi – gli estensori sono un esempio parallelo ai vescovi, gli esperti ai periti [teologi al servizio dei partecipanti a un concilio ecumenico].
Le diverse letture sono indipendenti tra di loro. Ho l’abitudine di ripetere che le intenzioni dei Padri del Concilio non hanno importanza: quel che conta è come le si applica oggi. Si tratta di un documento vivente.
Eppure è proprio il modo in cui le si applica a costituire un problema.
È molto importante che i teologi e quanti rivestono alti carichi comprendano che il Concilio è stato interpretato in modi fortemente distruttivi e discontinui. Sto leggendo un libro di Louis Bouyer, scritto nel 1968, intitolato “La decomposizione del Cattolicesimo”. E poi c’è Xavier Rynne, che ha forgiato la visione occidentale del Concilio con i suoi articoli su The New Yorker.
Il Papa ne ha parlato tante, tante volte, ma vede, in parte i tradizionalisti stanno reagendo giustamente contro le interpretazioni stravaganti del Concilio da parte dei progressisti.
Se verranno accettati dalla Chiesa e reintrodotti nella piena comunione, saranno una sorta di testimonianza vivente della continuità. Potranno sentirsi ben felici di stare all’interno della Chiesa Cattolica, fungendo da vivi testimoni del fatto che la continuità prima e dopo il Concilio è reale.
Ma questo avverrà solo se ottempereranno alle condizioni poste dal Vaticano?
Il punto è un altro. Non si tratta di un editto – fermatevi al rosso, andate avanti al verde – perché l’essere membri della Chiesa in piena comunione con essa implica la fede nel fatto che lo Spirito Santo preservi la Chiesa dall’errore e che la comunione col Soglio di Pietro è una parte della realtà dell’essere in piena comunione, non un fatto accidentale.
Quindi, se ottempereranno a quanto è loro richiesto, dovranno farlo avendo i requisiti di veri Cattolici, non solo di essere d’accordo con quanto il Papa dica o faccia… Essi dovranno dire: “Sì, credo che la Chiesa sia preservata dall’errore dallo Spirito Santo”. Allora io potrò dire: “Va bene, dunque: siete Cattolici”.
Molti membri della Fraternità hanno insistito sulla parola “errore”. “Errore” è una parola molto vaga nella Tradizione Cattolica. Ci sono diversi livelli d’errore: questo termine può voler dire che sei eretico, o semplicemente che sei avventato nei tuoi giudizi.
Adesso che Lei ha assunto la posizione di vicepresidente dell’Ecclesia Dei, non è ben chiaro chi sostituirà.
C’era già stato un vicepresidente per un certo tempo: Monsignor Camille Perl. Tuttavia, è stata meramente riempita una posizione che era rimasta vacante da tre anni. Non so con esattezza quando Monsignor Perl sia andato in pensione.
Alcuni hanno sostenuto che il nuovo incarico Le sia stato affidato per aiutare a preparare una struttura canonica per la Fraternità San Pio X nel caso in cui si riconciliasse con la Chiesa. Ciò ha qualche relazione con il grande lavoro che Lei ha svolto per aiutare a creare l’ordinariato Anglicano?
Non lo so; il Papa non mi ha rivelato perché mi ha scelto. Sono stato coinvolto nell’ordinariato sin dal principio. Ho lavorato sotto il segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, coinvolto in discussioni che hanno portato alla formazione dell’ordinariato, ma non sono un canonista. Non ho avuto un ruolo diretto nella redazione della costituzione ma ho davvero esperienza, forse nel dialogo.
Gli Anglicani giunti a Roma per cercare la piena comunione sono spesso venuti a visitarmi. Pertanto immagino di avere qualche dono particolare che li attragga verso di me. [Ride.]
In che misura ciò che viene avvertito come un indebolimento del dogma extra Ecclesiam nulla salus (nessuna salvezza al di fuori della Chiesa) costituisce un elemento rilevante del problema, come asseriscono alcuni tradizionalisti? La comprensione attuale del dogma contraddice le sue precedenti definizioni?
Non so se il Concilio possa essere biasimato per questo o se piuttosto non si debba puntare il dito contro l’emergere di una corrente teologica che ha enfatizzato la possibilità di salvezza dei non Cristiani. Ma la Chiesa l’ha sempre affermata e l’ha sempre negata… [Karl] Rahner, col suo “Cristianesimo anonimo”, ha avuto un effetto disastroso su questa questione. Ma il Concilio non altera l’insegnamento della Chiesa.
Eppure essi dicono che lo alteri?
Questo è un esempio molto pertinente di due delle cose che abbiamo menzionato: il pericolo di interpretarlo come è stato interpretato da Rahner invece che alla luce dell’intera Tradizione.
I tradizionalisti lamentano il fatto che non si proclama quasi più la salvezza.
Ralph Martin è d’accordo con questa affermazione. Ci troviamo all’interno di una crisi, poiché la Chiesa è stata contaminata dall’idea secondo la quale non ci dovremmo preoccupare né entrare in ansia se non prendiamo troppo sul serio il mandato di proclamare Cristo scrupolosamente. Ma la colpa non è del Vaticano II, bensì della cattiva teologia. La Dominus Iesus è stata una risposta parziale a quel ramo della teologia della religione. Indubbiamente la storia della necessità dell’extra Ecclesiam nulla salus è lunga. Ma si parlava di eretici, non di non credenti. Questa formula si riferisce alla piaga delle eresie. Ha una sua storia.
Il Concilio ha detto davvero che ci sono elementi di Grazia nelle altre religioni, e non credo che questo concetto debba essere ritrattato. Li ho visti e li conosco – ho incontrato Luterani e Anglicani che sono sante persone.
Alcuni tradizionalisti affermano che nella Chiesa moderna l’umanesimo secolare ha spesso la meglio sulle asserzioni dogmatiche. Per esempio, il Santo Padre ha detto che non avrebbe revocato la scomunica al Vescovo [Richard] Williamson se avesse saputo che era antisemita. Ma anche se l’antisemitismo è abominevole, i tradizionalisti dicono che è un punto di vista e non una posizione dogmatica. Eppure i politici cattolici possono contraddire liberamente il dogma e rimanere in comunione con la Chiesa. Cos’ha da ribattere a questi argomenti?
Si tratta di una trappola. Edward Norman, nel suo eccellente libro Secularization (Secolarizzazione), afferma che indubbiamente quella che lui chiama la secolarizzazione interna, l’umanesimo secolare, ha definitivamente invaso parti della Chiesa. Probabilmente la Fraternità San Pio X ha ragione su questo punto: io stesso potrei fornire una lista di esempi probabilmente ancor più lunga di quella che essi stessi potrebbero stilare.
Tuttavia, cercare di difendere Williamson su queste basi è disgustoso e indegno. Forse che un politico è la stessa cosa che un Vescovo? Non scherziamo: questa è spazzatura, sofisticheria.
Vogliono una scomunica di massa per tutti quelli che sono a favore dell’aborto? Eppure uno di loro, un Vescovo, proclama apertamente una posizione che la Chiesa sta disperatamente cercando di sopprimere all’interno di sé: l’antisemitismo. [Ci risiamo coll'impropria identificazione, e quindi confusione, con l'antisemitismo della dovuta distinzione delle fedi e ci risiamo ancora coll'ignorare che il riduzionismo di Mons. Williamson - esecrabile ma tra l'altro non negazionista - riguarda un fatto storico e non un dogma di fede; per cui parlare di mantenimento della scomunica in questo caso è del tutto senza senso.]
Nella dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede che ha accompagnato la Sua nomina, è stato detto che la Sua esperienza “faciliterà lo sviluppo di certi provvedimenti liturgici desiderati” nella celebrazione del Messale Romano del 1962, comunemente conosciuto come Rito Tridentino. Ci potrebbe chiarire questo punto?
Vi sono due cose: essi vorrebbero aggiungere al calendario molti santi, ma il Messale Romano è fisso. Sarà necessario un dialogo tra di loro e la Congregazione per la Dottrina della Fede sul modo in cui incorporare elementi del calendario Romano e su come si sia trasformato negli ultimi cinquant’anni. Poi c’è la questione dei prefazi: il vecchio Messale Romano del 1962 ha un numero molto limitato di prefazi, ed essi vorrebbero anche incorporarne alcuni dei nuovi. Ma stiamo parlando dell’edizione del 1962: chi può rivedere l’edizione del Messale del 1962?
In effetti il Novus Ordo, il Messale Romano attuale, è una revisione del Messale Romano del 1962. Quindi la questione è: come possono farlo? Non lo so, ma questo lavoro dev’essere fatto. Abbiamo già svolto due riunioni tra i rappresentanti della Congregazione e quelli dell’Ecclesia Dei per discutere sul modo in cui potrebbe essere fatto.
Sono state menzionate le Sue buone relazioni con la comunità ebraica. Fino a che punto lo sono?
Ho da tempo una relazione affettuosa con i vari leader ebraici, che dura ininterrottamente dai tempi in cui mi trovavo negli Stati Uniti lavorando alla conferenza dei vescovi. Mi sono venuti a trovare tutti gli anni. Non so se essi abbiano detto qualcosa in pubblico, ma per telefono si sono mostrati molto contenti. Sanno quanto sono attento alle loro preoccupazioni.
La Nostra Aetate (un documento che a detta di molti avrebbe contribuito a migliorare le relazioni tra Ebrei e Cattolici) è un problema per la Fraternità.
Sì, ma ricordi: se si prende in esame una costituzione in maniera corretta, da giuristi, vi sono due modi di interpretarla: il senso lato e il senso stretto della legge, che possono anche essere sostenuti in contrapposizione tra di loro da due avvocati. Analogamente, se la Fraternità vuole interpretare in senso stretto questo tipo di documenti conciliari, è libera di farlo da un punto di vista teologico. Ma ciò non significa che debbano per questo rimanere fuori dalla Chiesa e che possano presentare argomenti contro persone che si appoggiano sulla teologia.
Se la Fraternità ritiene che la Nostra Aetate è mal interpretata, deve scendere in campo e combattere per mostrare la sua corretta interpretazione: invece di ritirarsi, deve giocare la partita.
La riconciliazione potrà avvenire in tempi brevi, visti e considerati i problemi spinosi nella Chiesa e nella cultura?
Ho la sensazione di sì. Ricordi che fin quando Benedetto XVI ha pronunciato il suo famoso discorso alla curia a dicembre del 2005 parlando dell’ermeneutica della continuità, tale argomento era quasi un tabù. Pertanto Papa Benedetto ci ha liberati per la prima volta.
Oggi si può criticare [il teologo Cardinal Henri-Marie] De Lubac, [il Cardinal Yves] Congar, [Padre Marie-Dominique] Chenu. E molti giovani stanno scrivendo tesi e libri che prima erano in un certo senso impensabili. Direi pertanto che la lettura dominante progressista del Concilio è in ritirata, e prima non lo era mai stata. Ma la fraternità deve anche abbracciare l’insistenza sulla continuità.
I tradizionalisti devono smettere di vedere il Concilio come rottura e discontinuità.
[Lo storico Roberto] De Mattei opera una distinzione. Il Concilio è stato avvertito come una rottura, ma dottrinalmente e teologicamente deve essere letto nella continuità – altrimenti non si può far altro che gettare la spugna.
Pensa che la Fraternità San Pio X tema che le sue rivendicazioni non verranno più ascoltate se si riconcilierà?
Come potrebbero non essere salvaguardate? Chi è che detta loro il da farsi? L’unica cosa che dico loro è: il Vaticano II non è un distacco dalla Tradizione.
Lei è ottimista o pessimista a proposito della riconciliazione?
Né l’uno né l’altro; semplicemente, non lo so. Penso che sarà un atto di Grazia.
Difatti, chiederò ai Domenicani di cominciare a pregare. Spero che si arrivi in porto. Il Papa non vuole che la situazione rimanga così com’è – un’altra setta, un’altra divisione.
____________________________Edward Pentin è il corrispondente a Roma per The Register. Il suo blog si trova su NCRegister.com
Link all’articolo - [Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
45 commenti:
Mic, ti chiedo scusa, ma ho bisogno di farti notare una frase nella tua traduzione:
"Ebbene no, il Concilio non ha insegnamenti vincolanti."
Il testo originale ha invece:
"So, no, the Council does have binding teaching."
E' esattamente il contrario, infatti non mi tornava quel "non".
Il testo a mio avviso andrebbe tradotto in questo modo:
"Ebbene no, il Concilio ha davvero insegnamenti vincolanti."
Cioè il "does" è un rafforzativo, non una negazione che sarebbe stata "does not".
Ti ringrazio del lavoro di traduzione.
Grazie, caro Marco, adesso è OK.
"ho incontrato Luterani e Anglicani che sono sante persone"
Di quale santità si tratta?
Non c'è la Grazia se c'è una resistenza allo Spirito Santo!
Santità è una cosa, bontà un'altra!
E i sacramenti? Non sono poi tanto importanti per la santificazione dell'anima? E l'Eucaristia?
"Chi mangia la mia carne..."
Mi pare che Di Noia sia più che mai esplicito sui membri della Fraternità:
"tutto quel che essi devono fare è affermare che nel Concilio non c’è nulla di contrario alla Tradizione e che ogni testo controverso o parte di esso deve essere letto nel contesto del Concilio alla luce della Tradizione".
Affermare che nel Concilio non c'è nulla di contrario alla Tradizione significa abdicare da un obbligo morale verso la Verità, fingere che i suoi documenti siano innocui, che non siano la causa del postconcilio e della crisi.
Credo che dopo queste parole sia inutile nutrire speranze sulla conversione dei modernisti che occupano Roma...
Grazie a te cara mic.
E' interessante davvero questa intervista. L'autore mette in evidenza il dissidio teologico riguardante la Grazia: ovvero la posizione bannesiana contrapposta a quella molinista. Il Papa con atto di Magistero permise le due tesi entrambe come probabili e sono due tesi molto difficilmente conciliabili.
Ora Mons. Di Noia ha ragione nel dire che nel Concilio Vaticano Secondo ci sono insegnamenti vincolanti. Però ci sono anche insegnamenti non vincolanti. Tra questi due estremi ci sono tutti i casi intermedi contemplati dalla teologia dogmatica, tutte le caselle di censure teologiche in cui collocare le varie dottrina. Il problema è che la Sante Sede deve inquadrare ogni affermazione nella giusta casella, con il suo grado di obbligo di assenso.
Altro problema è che la Santa Sede deve mostrare la continuità, non solo dichiararla. E' vero che l'autorità è Roma, che la pregiudiziale è dalla loro parte e che l'onere della prova spetta a chi afferma la discontinuità. Però deve rispondere confutando quanto emerso anche da teologi autorevoli sui testi del Concilio. Se no i teologi poi fanno come ritengono ragionevolmente meglio.
Devo dire che capisco Mons. Di Noia. Personalmente anni fa non mi facevo problemi. Non ho mai visto problemi di continuità. Poi leggendo quanto riportato nel sito unavox (quello che mi ha fatto conoscere la Santa Messa tridentina) ho cominciato a riflettere. Istintivamente ho sempre preferito vedere la piena ortodossia e continuità dottrinale oggettiva nei testi, anche se non ho mai visto risposte chiare ai dubbi e ai problemi. Per cui è chiaro poi che una persona si orienta sempre più verso la discontinuità anche contro l'istinto.
Poi è arrivata la nota dottrinale sul "subsistit in". Poi sono venuto a conoscenza di testi di Padre Valuet sulla DH, sul testo di risposta ai dubbi di mons. Lefebvre. Peccato che sono in francese. Sono testi che non sono diffusi, ma che potrebbero aiutare a dissipare la nebbia e a confutare articoli che si pongono sì in ottica tradizionale, ma di discontinuità.
Ultimo punto. Sono gli abusi liturgici e dottrinali tollerati contro la legge della Santa Sede a spingere molto spesso le persone come il sottoscritto verso posizioni che mons. Di Noia non condivide. Gli abusi sono commessi in nome del Concilio Vaticano Secondo. Per cui anche una persona che in prima lettura apprezza i testi del Concilio, poi alla fine finisce per averne il disgusto, così come ha disgusto per gli abusi.
E' quindi anche colpa della Sante Sede che non prende provvedimenti contro gli abusi. Vi ricordare della "Redemptionis sacramentum" rimasta lettera morta? L'avessero fatta applicare, quanti problemi si sarebbero risolti.
Ho conosciuto anche io dei luterani e pentecostali in buona fede negli errori professati. Erano bravissime persone che amavano veramente Cristo. Questo però non toglie che i loro errori rimangono tali
Erano "santi" in questo senso, non Santi canonizzati dalla Chiesa o santi nella piena ortodossia.
Ho grande difficoltà nel comprendere questa che comunque è una bella intervista.
Ho difficoltà nel comprendere gli asserti dell'Arcivescovo riguardo il Vaticano II.
Se da un lato anche col PASTORALE Vaticano II, è chiaro che lo Spirito Santo ha impedito l'erranza della Chiesa, proprio a causa del diverso livello di Magistero, dall'altro non capisco come si possa conciliare il dovere di credere per Fede agli asserti del Concilio e allo stesso tempo definirli non dogmatici!
Lo fa sulla base del fatto che non tutto ciò che è stato definito, nella storia, è stato proclamato dogmaticamente. Questo è vero, ma questa considerazione non può essere generalizzata!
Perchè si rischia di cadere dal riduzionismo dogmatico all'assolutismo "ordinario"! Almeno per quello che mi è dato di vedere.
Non capisco, anche, come possa affermare apoditticamente che il Vaticano II è in linea con la Tradizione, e poi affermare che può essere interpretato in vari modi (tra l'altro tutti legittimi, a quanto pare di capire).
Se è in linea con la Tradizione, lo è. Punto. Già la necessità di una interpretazione mostra il fatto che non è chiaro. Se ho bisogno di interpretare qualcosa alla luce di qualcos'altro, è chiaro che c'è un problema di linguaggio (come minimo).
Inoltre: se il Vaticano II ha introdotto nuove dottrine, senza definirle, esattamente come risulta, come si può dire che sia un "discorso chiuso"? Ovvero: come si può dire che l'unica cosa da fare è usare l'interpretazione Tradizionale per risolvere ogni problema?
Se io uso la Tradizione, e metto in rapporto tra loro (e il rapporto dovrebbe essere di "Continuità" a quanto dice l'Arcivescovo) la Quanta Cura e la DICHIARAZIONE (è una dichiarazione!) Dignitatis Humanae, non riesco a vedere continuità. Non ci riesco "logicamente". Come risolvo questo "problema"?
Se la continuità non c'è, e questo l'ha detto anche il PAPA alla Curia, sostenendo che anche in questo caso però ci sarebbe una consonsanza nei "pricipi", qualcuno la deve "spiegare". La deve mostrare e DEFINIRE. Altrimenti è questo stesso problema che lascia spazio a rotture!
La DH, che valore magisteriale ha? Se ci sono sempre stati (e ci sono ancora?) diversi livelli di Magistero, perchè così è la Chiesa fondata da Gesù Cristo, perchè NON CONSIDERARLI PIU'?
Quello che io capisco è che si vuole in qualche modo "preservare" l'Autorità della Chiesa, in un tempo in cui si pensa che essa non ne abbia più!
Su questo sono d'accordo! Infatti non bisogna negare il Vaticano II! Però questo non significa che si debba "arroccarsi" in senso contrario! Altrimenti per preservare l'Autorità della CHiesa, si darebbe la sensazione che si preferisca la rottura e lo spazio all' "autoritarismo" più che all' Autorità!
Ad esempio: come risolvere la frase "La Chesa di Cristo SUSSISTE IN quella Cattolica"?
La Dominus Iesus ha TENTATO. E' una parte. Come dice anche l'arcivescovo.
Ma il PROBLEMA, come si risolve?
E' molto "semplicistico", secondo me, liquidare il problema con una soluzione solo enunciata (ermeneutica della continuità).
Se il Magistero non "porta a compimento", le rotture ci saranno sempre!
Mai una gioia, mai una gioia.
Ma questo ArciVescovo avrà letto o ascoltato i colloqui tra la SPX e gli esperti vaticani? Dichiara che ha studiato il Concilio, ma comprende, detto in maniera casereccia, il nocciolo del problema? La battaglia per la salvaguardia della Tradizione non si fonda su capricci o posizioni teologiche accessorie (ha citato la questione sulla Grazia, per esempio) ma la questione su fonda sulle Veritá RIVELATE.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere, finché ci saranno questi personaggi a comando, la Fraternità sarà sempre più unita, ma unita contro di loro. Willianson potrà stare tranquillissimo.
Circa poi la questione finale di una presunta "Grazia" risolutiva del Papa, che dire.... Altre vie non le trovo, ma anche questa senza una correzione degli errori Conciliari potrebbe creare più scompiglio che benefici.
Consiglio a Di Noia di leggere Gherardini, (l'innominato innominabile) e cercare di rispondere, magari per conto del Santo Padre ai quesiti da lui posti al Papa che ancora rimangono insoluti.
Quel che volevo mettere in risalto era l’eccessiva insistenza sull’infallibilità, che ha indotto anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a decidere di non definire più nulla infallibile perché quel che succede è che poi la gente dice: “Devo credere solamente in ciò che è stato definito infallibilmente”. Il che è molto poco
Cioé meglio credere a tante cose fallibili che a poche infallibili??? Ma si rende conto di cosa dice questo??? Se la chiesa ha definito poche cose infallibili é proprio per privilegiare la chiarezza evangelica a scapito del casino dottrinale! Ma qui di Noia ci dice il contrario...
Sono perfettamente d'accordo con quanto precisato da Cesare Baronio nella sua delle 10,27 -
Se mettiamo sul tavolo la questione dottrinale, la speranza di far un accordo serio, e' quasi assurda.
Poi ci si puo' sempre illudere di rimanere dei veri Cattolici tradizionalisti.
un uccellino mi disse che durante i colloqui una delle risposte della SPX fu una lettera contenenete ...il CREDO. Se siamo d'accordo sul Credo, disse la SPX, siamo d'accordo sulla fede e non c'é bisogno di altri colloqui dottrinali.
Capisco meglio perché il Vaticano non ha accettato! Poche definizioni dogmatiche chiare certe e imprescindibili sono, come dice di Noia, "...troppo poco". Troppo poco per la voglia di ONU religiosa del Concilio.
Sono perfettamente d'accordo con quanto precisato da Cesare Baronio nella sua delle 10,27
Io no.
Perchè se fossi nella SPX direi: "D'accordo. Accettiamo che nel Concilio non c'è nulla di contrario alla Tradizione. Ma poi dovete DIMOSTRARLO".
Non si può subito? Benissimo, lavoriamo INSIEME. Così questa benedettisima "ermeneutica della COntinuità" uscirà dall' empireo e si calerà nella realtà!
Perchè E' VERO che si può interpretare il Vaticano II "in continuità", ma i vuole uno strumento chiaro per farlo. Ci vogliono un numero ingente di PRECISAZIONI in molti passaggi a dir poco ambigui.
Quindi: va bene. Il Concilio è "nella" Tradizione. MA SI DIMOSTRI. SI DIMOSTRI. E si insegni AUTOREVOLMENTE (in modo definitorio).
Lo ripeto: la necessità OGGI è anche di non ignorare l'autorità della CHiesa e dare la sensazione che si possa credere indipendentemente dalla Chiesa.
Però, bisogna RI-EQUILIBRARE la bilancia.
Quindi, se fossi nella SPX, io avrei detto di sì già da tempo. Poi ce la discutiamo COSTRUTTIVAMENTE. Senza accuse di apostasia e "conversioni previe" della "Roma modernista"! Si da il caso che questa Roma, è l'unica che abbiamo! E non si può stare senza! Dunque?
Caro Marco Marchesini,
Per quanto riguarda la risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede ai dubbi presentato per mons. Lefebvre, lei è complicata dal fatto che monsignore ha presentato 39 dubbi alla Congregazione romana e questo ha ridotto tutto al problema della conciliazione dell'affermazione della libertà religiosa con il magistero precedente. Questo è un è presupposto delle dubbi presentate da mons. Lefebvre, così rispondere al presupposto non me sembra una risposta ai 39 dubbi presentate, come se può leggere nel sito "La porte latine" che disponibiliza il testo di mons. Lefebvre:
LES 39 DUBIA sur la DÉCLARATION CONCILIAIRE SUR LA LIBERTÉ RELIGIEUSE - http://www.laportelatine.org/vatican/sanctions_indults_discussions/premieres_discussions_jeanPaulII/dubia_lefebvre_06_11_1985.pdf
Ci sono testi che mostrano chiaramente la rottura tra la dichiarazione Dignitatis humanae e il Magistero precedente*, ma a che cosa serve inviare questi testi (o dubbi) alla Congregazione per la Dottrina della Fede, se questa risponde solo ai presupposti e non quello che dimostra la rottura?
Un saluto dal Brasile
* Nel testo "Alcuni testi del Concilio Vaticano II sono, più o meno, contaminati dagli errori liberali? (http://www.conciliovaticanosecondo.it/2012/09/23/alcuni-testi-del-concilio-vaticano-ii-sono-piu-o-meno-contaminati-dagli-errori-liberali/)" viene dimostrato chiaramente la rottura tra Quanta Cura e Dignitatis Humanae nell'ambito della logica;
Nel testo "Libertà religiosa: documenti per uno "status quaestionis"" (http://disputationes-theologicae.blogspot.com.br/2010/03/un-limite-teologico-dellabbe-claude.html) viene presentato lo schema della liberta religiosa fatta per il Cardinale Ottaviani e un po da storia del schema fatto per il Cardinale Bea che è stato usato per la DH;
Nel testo "Libertà religiosa: la chiara posizione di Mons. De Castro Mayer" (http://disputationes-theologicae.blogspot.com.br/2011/06/liberta-religiosa-la-chiara-posizione.html) monsignore invia una lettera a Papa Paolo VI e mai ha avuto risposta;
Ci sono altri testi che dimostrano la rottura, ma questi sono quelli che ho ricordato ancora.
In questo brano ci sono molte cose discutibili:
1) E 'strano per usare un termine della filosofia antica, e la filosofia sviluppata da Scholastic, in un consiglio che non utilizzino né una filosofia, né l'altro;
2) Se il concilio veramente voluto affermare la singolarità della Chiesa cattolica bastava ripetere la definizione dell'"est" della Mystici Corporis, perché il termine "subisistit in" è troppo ambiguo. Se si riconosce delle vere realtà, come vere, come se può affermare che il Concilio volleva la singolarità e non la moltiplicità?
3) Il termo "est" non è una risposta finale per la questione? Non è di fede divina e cattolica?
4) Ci sono delle VERE realtà ecclesiali al di fuori della Chiesa cattolica? Che cosa è successo al dogma "Extra Ecclesia nulla salus"? Perché ci sono queste realtà al di fuori della Chiesa cattolica, non se può dire che queste sono le vere realtà ecclesiali e né la Chiesa ha qualche colpa della esistenza di queste realtà che sono stati separati di lei per scelta. La questione di principio è che tutte queste realtà ecclesiali o non so che cosa è la Chiesa (protestante) o ha un disegno difettoso della Chiesa (greco-ortodossa).
4) San Cipriano ha dichiarato: "Il diavolo è l'autore dello scisma", ma come si può leggere questo estratto dall'intervento del cardinale Ratzinger, la questione delle divisioni del cristianesimo, come in tutti altri testi conciliare, se riduce al peccato umano, ma il ruolo svolto dal diavolo in dette divisioni non viene nemmeno presa in considerazione. Come affrontare le divisioni all'interno del cristianesimo, senza nemmeno fare riferimento al nemico principale di questa unità nel corso dei secoli?
Infine, molte opere d'arte, come la Monalisa, hanno delle copie e tutte le copie sono considerati falsi, una solo è l'originale (come dice San Cipriano nel lavoro "L'unità della Chiesa cattolica). Allo stesso modo, può essere considerato come le vere realtà ecclesiali quella che sono nati al di fuori della Chiesa, se sono solo delle copie? E l'autore di tali copie, non è il padre di tutti i falsificazione? Beh, qualcuno sa qual è il ruolo per il magistero conciliare svolto per Satana nelle divisione del cristianesimo? Io non lo so, ma se non cappiamo che il magistero pre-conciliare per quanto riguarda le divisione ha combattuto anche Satana e non solo il peccato umano, non riusciremo mai a comprendere il Magistero pre-conciliare, perché il Magistero attuale comprende il problema solo nella sfera del peccato umano ...
"Non importa che interpretazione venga scelta, la fazione che la promuove, e quali che siano state le intenzioni degli autori dei documenti del Concilio: i concili non possono mai essere indotti in errore. Tutti i documenti sono fondati."
Detto questo, detto tutto!
Circulez, il n`y a rien à voir!
Riprendo solo qualche frase:
La [riforma della] liturgia è stato "un fattore determinante poiché ha rappresentato una rivoluzione, uno shock per molta gente. Molti si sono sentiti abbandonati, come se la Chiesa avesse lasciato la loro nave ancorata al porto."
Confermo, l`ho vissuto in diretta, ho vissuto la violenza con cui quella nuova liturgia è piombata sulle nostre teste, ma se la nuova liturgia, uscita dal Consilium, e non dal Concilio, è una rivoluzione come si può dire che è in continuità con la Tradizione?
"Ogni tanto la Chiesa interverrà, ma solo quando si renderà conto che si sta cadendo nell’eresia e quindi ci si sta separando dalla comunione con essa."
Di eresie ce ne sono state e ce ne sono, sono insegnate anche in percosi detti "di formazione cattolica", eppure la Chiesa non è intervenuta e non interviene, peggio ancora, e fa male dirlo, legittima e incoraggia.
Le diverse letture sono indipendenti tra di loro. Ho l’abitudine di ripetere che le intenzioni dei Padri del Concilio non hanno importanza: quel che conta è come le si applica oggi. Si tratta di un documento vivente"
Tradizione vivente, magistero vivente, documenti conciliari viventi, posso chiedere a chi è competente nella materia di dirmi come percepisce questa frase?
Ho scritto un commento a questa intervista a Di Noia:
http://opportuneimportune.blogspot.it/2013/01/che-noia-di-noia.html
Il Concilio Vaticano II è un concilio atipico perchè:
1) Tutti gli altri Concili ecumenici sono stati dichiarati dogmatici e in cio che avevano di pastorale, questa parola non aveva lo stesso significato, come nel Concilio Vaticano II;
2) Tutti gli altri Concili ecumenici hanno la censura dei canoni e gli anatemi per evitare interpretazioni errate;
3) Tutti gli altri Concilio Ecumenico non hanno avuto il bisogno di una ermeneutica della riforma nella continuità ;
4) Nessuno di loro ha dato alla luce due ermeneutiche: la interpretazione di loro al di fuori di quello che aveva detto la Chiesa era stato censurato dal proprio testo e dire qualcosa di contrario, era eresia;
5) Se deve avere in mente che anche la verità dogmatica in torno di quello che è un Concilio Ecumenico ha cambiato con il Concilio Vaticano II. La mentalità è quella che Padre Guido Mattiussi ha denunciato nell'articolo "Dogmi mutabili¹" (http://pascendidominicigregis.blogspot.com.br/2012/03/dogmi-mutabili.html) dove profetizzò:
"Verrà giorno che un Concilio adatti la religione ai nuovi tempi, esponendola secondo le idee ora accettate, come il Concilio di Trento per l'ultima volta la espose secondo le idee scolastiche. Così molti dicono, e più spudoratamente degli altri il Loisy".
Allora, prima di adattare la religione alle idee ora accettate, non se deve adattare il concetto stesso di Concilio a queste idee?.
Per me le parole di Don Di Noia sono belle, è vero che in uno Concilio Ecumenico non se può esistere degli errore. Il problema è verificare se il principio occorre di fatto con il Concilio Vaticano II, perchè fino ad oggi nessuno ha dimostrato la continuità tra Concilio e tradizione.
Un saluto dal Brasile
Spiace notare che le diversità teologiche a cui allude Sua Eccellenza hanno forse diritto di cittadinanza nel grande pantheon ecumenico che si va preparando dal Concilio ad oggi, non certo nella Chiesa Cattolica.
"Spiace notare che le diversità teologiche a cui allude Sua Eccellenza hanno forse diritto di cittadinanza nel grande pantheon ecumenico che si va preparando dal Concilio ad oggi, non certo nella Chiesa Cattolica".
Me sembra que questa "diversità teologiche" e anche la missione datta alla Chiesa di lavorare per la unità del genero umano, ce qualcosa a vedere con la venuta del Messia ebraico, come se può leggere in uno documento della Chiesa intitolato “Circa una corretta presentazione degli Ebrei e dell’Ebraismo nella Predicazione e nella Catechesi della Chiesa cattolica” (http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/chrstuni/relations-jews-docs/rc_pc_chrstuni_doc_19820306_jews-judaism_fr.html) dove se legge :
"Attenti allo stesso Dio che ha parlato, legati alla stessa parola, noi dobbiamo testimoniare una stessa memoria e una comune speranza in Colui che è il maestro della storia. Bisogna anche che ci assumiamo la nostra responsabilità per preparare il mondo alla venuta del Messia, lavorando insieme per la giustizia sociale, per il rispetto dei diritti della persona umana e delle nazioni, per la riconciliazione sociale e internazionale. A questo siamo spinti, Ebrei e cristiani, dal precetto dell’amore per il prossimo, da una speranza comune del Regno di Dio e dalla grande eredità dei profeti. Trasmessa al più presto dalla catechesi, una tale concezione educherà in maniera concreta i giovani cristiani a dei rapporti di cooperazione con gli Ebrei, ben al di là del semplice dialogo (cap. II, n. 11)." " Citato nell'articolo "IL GIUDAISMO E LA CHIESA: prima e dopo il Vaticano II" (http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV396_Giudaismo_e_Chiesa_JV.html )
Incredibile leggere una cosa del genere in un documento della Chiesa!
Mons. Di Noia ci dice:
Ci troviamo all’interno di una crisi, poiché la Chiesa è stata contaminata dall’idea secondo la quale non ci dovremmo preoccupare né entrare in ansia se non prendiamo troppo sul serio il mandato di proclamare Cristo scrupolosamente. Ma la colpa non è del Vaticano II, bensì della cattiva teologia.
Ci piacerebbe che Sua Eccellenza ci spiegasse quale coerenza trovi questa sua affermazione con questa frase del Presidente della CEI, Card. Bagnasco (22 Settembre 2008):
Non c'è, nel modo più assoluto, alcun cambiamento nell'atteggiamento che la Chiesa Cattolica ha sviluppato verso gli Ebrei a partire dal Concilio Vaticano II. La Conferenza Episcopale Italiana ribadisce che non è intenzione della Chiesa Cattolica operare attivamente per la conversione degli ebrei.
Un'affermazione del genere, che suona eretica oltreché gravemente piis auribus offensiva, è colpa della cattiva teologia certamente, ma viene resa autorevole dal riferimento al Concilio e alla lettera che il Segretario di Stato Card. Bertone - dopo la promulgazione del Motu Proprio Summorum Pontificum - aveva dovuto scrivere a Oded Wiener, Direttore del Gran Rabbinato di Israele (14 Maggio 2008), non prima di aver imposto la modifica dell'Oremus pro Judaeis (5 Aprile 2008):
Come il cardinal Kasper spiega chiaramente, il nuovo Oremus et pro Iudaeis non intende promuovere il proselitismo verso gli ebrei, ed apre ad una prospettiva escatologica.
Ciò che è irritante in interventi come quello di Mons. Di Noia e di altri, è l’autoritativa, perentoria e arrogante richiesta di credere dogmaticamente, nonostante il ben noto e ineludibile argomento della “pastoralità”, non solo nella “verità” del concilio, ma anche nella sua “continuità” rispetto alla Tradizione. Tale impositiva richiesta, implicitamente o esplicitamente sottesa in tutta la “pastorale” postconciliare, non è stata minimamente supportata da alcuna dimostrazione teologica, dottrinale e canonica. Si dichiara la “continuità”, ma non si dimostra – non dimentichiamoci che il cattolicesimo è anche razionalità aristotelico-tomista – come tesi conciliari come quelle della libertà religiosa, della collegialità, del “subsistit in”, dell’ecumenismo, della nuova giudeologia siano conciliabili con la Dottrina, questa sì dogmaticamente espressa, precedente. Questo è il paradosso del modernismo: rifiuta ideologicamente il dogma in nome di una confusa “pastorale”, ma si appella ad esso per imporre la sua ideologia. E’ il sogno di tutti i sovversivi: fare sì la rivoluzione, ma con i Carabinieri a fianco.
caro Gederson Falcometa ,
i dubia di mons. Lefebvre riguardavano la DH in rapporto con il Magistero precedente. Non mi sembra che la Congregazione romana abbia fatto riduzionismo. I testi indicati ("Il Vaticano e gli errori liberali", "La lettera di mons. De Castro Mayer", ecc..) li conosco, è proprio quelli a cui mi riferivo quando ho parlato di testi che mi hanno fatto riflettere.
Comunque almeno i teologi devono rispondere a questi testi con solide argomentazioni. E' vero che bisogna seguire l'autorità a meno che non si abbia evidenza del contrario, che l'onere della prova spetta sempre a chi parla di discontinuità; però dato che la Fede è assenso ragionevole il fedele ha il diritto di capire a cosa deve dare assenso, ha diritto di capire come il Magistero non possa smentire sé stesso nel corso del tempo, non può essere obbligato a dare l'assenso a due proposizioni contraddittorie.
Inoltre il grado di assenso deve essere quello e solo quello relativo alla nota teologica del testo in questione. Non si può obbligare a credere come dogma una dottrina probabile. Ad esempio nessun teologo ha il diritto di dire che il bannesianesimo o il molinismo sono dogmi che il fedele deve credere come dogmi. Solo il Magistero infallibile ad un certo momento dello sviluppo teologico può farlo prendendo posizione definitiva.
Un altro punto vorrei mettere ben in evidenza. Se la Sante Sede o anche un teologo confutano e smentiscono quegli articoli in cui viene argomentata la tesi della discontinuità, non è sufficiente affermare "non basta". Ci deve essere una seria contro argomentazione.
Mi viene in mente il documento della Sante Sede sul "subsistit in". Non è sufficiente affermare: "non basta" per affermare la continuità. Va dimostrato perché "non basta".
Caro Marco Marchesini,
è vero che i dubia di mons. Lefebvre riguardavano la DH in rapporto con il Magistero precedente, ma questo è solo il presupposto delle dubbi, quelli che sono presentate alla Congregazione romana fuorono 39 dubbi, che secondo ho capito hanno stati riduti al presupposto. Beh, posso avere capito male e avere sbagliato, ma ricordo che mons. Lefebvre ha ritenuto la risposta insoddisfacente e ha scritto il libro: “L’hanno detronizzato. Dal liberalismo all’apostasia la tragedia conciliare” e non conosco una confutazione di questo libro. Anche alcuni dei punti della risposta ai dubia di mons. Lefebvre e gli argumenti in difesa della libertà religiosa, sono trattati già nel XIX secolo, come se può leggere nell'articolo “Liberta di coscienza” La Civiltà Cattolica, anno XLI, serie XIV, vol. VIII (fasc. 968, 8 ottobre 1890) Roma 1890 pag. 167-182 nel indizizzo:
http://progettobarruel.zxq.net/novita/10/coscienza.html
Vale la pena di leggere.
Per quanto riguarda i testi che ho indicato il vero punto del problema è che le condanne papale prima del concilio (e gli testi indicati) sono giudizi scolastici tomisti. Un tomista al considerare una questione, prima se domanda per il “Quid Sit ?” e dopo risponde la domanda “An Sit ?” Così i Papi hanno condannato la libertà di religiosa per quello che è, e dopo per il modo di esistere, mentre le difese della libertà religiosa che ho letto fino ad ora, se basano solo nella seconda parte del giudizio scolastico tomista. In ciò che riguarda questo punto, me viene le domande:
1) Dopo un papa giudicare e condannare una dottrina per quello che è (vi è un giudizio infalibile), c'è ancora la possibilità di questa dottrina essere approvata in un'altro senso al di fuori della condanna?
2) Difendere che la libertà religiosa è stata condannata in un senso per il magistero pre-conciliare e approvata in altro per Dignitatis Humanae, non è esattamente quello di non prendere in considerazione il “Quid Sit” del giudizio scolastico tomista fatto per i Papi?
3) Sarà possibile ridurre la condanna dell’arianesimo (o dell’altre eresie) a un senso e approvarli in altro?
4) Mons. Di Noia ha parlato bannesianesimo o del molinismo, ma questo se può paragonare alla questione della libertà religiosa?
Gentile dice,
Scutate, quando Mons Di Noia dice:
"The Church would perhaps have never said Mary was the Mother of God if Nestorius hadn’t denied it."
manifesta una conoscenza del Magisterio, della Chiesa e della storia, stupida ed ignorante...
sembra per Di Noia, il Spirito Santo non agisce nella Chiesa, fuori il Magisterio, . . ......?
Eppure uno di loro, un Vescovo, proclama apertamente una posizione che la Chiesa sta disperatamente cercando di sopprimere all’interno di sé: l’antisemitismo.
Per quanto riguarda l'antisemitismo, John Vennari ha fatto un bravissimo commento che molti tempo fa, non leggeva con la chiarezza che viene presentato nell'articolo "IL GIUDAISMO E LA CHIESA: prima e dopo il Vaticano II" dove dice:
"Nostra Aetate venne concepita per essere solo l’inizio di qualcosa di molto più grande. Fu il culmine di oltre due decenni di lavoro da parte di teologi filo-modernisti, che erano determinati a superare la teologia tradizionale e a stabilire una nuova base nei rapporti tra Cattolici ed Ebrei.
Su questo punto, il testo chiave della Nostra Aetate è nel quarto paragrafo del documento:
Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, […] gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. […] La Chiesa […] deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque…
È ovvio che nessun cattolico può favorire il maltrattamento degli Ebrei o di chiunque altro. Questo è un dato certo. Ma quello che preoccupa è l’ambiguità contenuta nella frase: “gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura.”
Questa frase manca delle necessarie distinzioni.
In primo luogo, tutti noi siamo membri di una “razza maledetta” - la razza umana. Nessuno di noi nasce cattolico, ma entra in questo mondo, contaminato dal peccato originale, in quanto figlio di Adamo ed Eva. Nasciamo quindi, come spiega il Beato Abate Marmion, “nemici di Dio”. I Salmi insegnano: «Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre» (Salmo 50, 7). E San Paolo afferma: «eravamo per natura meritevoli d’ira» (Efesini 2, 3). Siamo tutti nati come parte del Regno di Satana.
Per essere liberati da questo regno, abbiamo bisogno di essere “salvati”. L’eminente Mons. Joseph Clifford Fenton spiega: il processo di salvezza richiede un trasferimento dal regno di Satana al Regno di Dio. Questo Regno di Dio, secondo l’antica dottrina dei due regni, è la Chiesa cattolica, l’unica e sola società soprannaturale stabilita da Cristo, in cui si possa trovare la salvezza." http://www.unavox.it/Documenti/Doc0477_Williamson_26.01.2013.html
il riduzionismo di Mons. Williamson - esecrabile
Perchè? Non si può avere un'opinione, pure errata? Se un vescovo dice che gli Indiani d'America non sono stati sterminati (cosa certamente vera), viene scomunicato?
Andrea,
non è esecrabile di per sé il riduzionismo, se supportato da dati storici che la cultura egemone non ha alcun interessa a prendere in considerazione. Esecrabile è il fatto che in una tragedia così grande non mi pare argomento principe quello di rettificare il numero delle vittime o certe modalità di sterminio, peraltro sostenute da altre fonti.
Non ha alcun senso e serve solo per dare ai nemici materiale per qualificare come antisemita chi antisemita non è...
Che poi sia un dato storico e non di fede, sono stata la prima a sottolinearlo.
quello che é esecrabile é soprattutto che esista nella Chiesa gente come di Noia ...
Quello che è ancora più esecrabile è che non è dei peggiori!
Certo Mic. E poi ragioniamo: il denominatore comune (per non dire il motore) dell'aggiornamento conciliare é stato il cambiare il modo di presentrare le cose perché la gente ...CAPISSE MEGLIO (non solo i cattolici, tutti)
Questo criterio ha annebbiato e spesso annichilato, cio' che era di dottrina ma la ragione non poteva assimilare facilmente.
Ci si é allora spinti tanto in là nell'aggiornare che abbiamo avuto
1) cardinali (alla Martini) che hanno negato dottrine di fede perché mai provate dalla Storia, al fine di facilitare la comprensione all'uomo moderno (che da allora guistamente non ha capito più niente)
2) catechismi (all'Olandese) che negano tuttora in molti seminari l'antropofagia della transustanziazione, sempre per facilitare la comprensione all'uomo moderno, cui non possiamo proporre cose troppo difficili (benché un dogma della Chiesa dica che la fede non é contraria alla ragione!)
3) dialoghi ecumenici (alla AssisiIII) in cui si tacciono verità cattoliche per facilitare la comprensione (di cosa??) alle altre religioni, agli atei...
E in questo clima molle in cui non solo non si esige niente da nessuno ma si svende di tutto purché la gente non abbia la spiacevole sensazione di essere minimamente forzata, il diNoia-cheNoia ha la faccia tosta (dimensioni campo da calcio)di venirci a dire che tutto quello che dobbiamo fare é accettare il concilio senza discutere"
ma come?? allora si esige ancora?? ma non ce la facciamo! é troppo difficile per la nostra ragione accettare cosi', senza fiatare cose oggettivametne contrarie a 2000 anni di Magistero !!
Perché non si smollano le viti anche per noi? Bella domanda. Perche?
Perché noi non vogliamo, mica per altro. Perché lo sanno bene che non cediamo! Se domani la SPX perdesse la testa e dicesse cha Martini aveva ragione cose credete che faccia DiNoia.
Ce l'ha appena detto:
Non importa che interpretazione venga scelta, la fazione che la promuove...
non c'é nessuna verità al di fuori del fatto che il Concilio é santo e immacolato.
Quello che è ancor più esecrabile è che noi spacchiamo il capello per Williamson, che certo non avrà grossi vantaggi dalla sua espulsione, e cerchiamo ancora di vedere qualcosa di buono in chi mette alla CDF uno che nega la verginità di Maria.
Quello che è ancor più esecrabile è che noi spacchiamo il capello per Williamson, che certo non avrà grossi vantaggi dalla sua espulsione,
Non ho mai spaccato il capello nei confronti di Mons. Williamson, mi sono limitata a nominarlo in un punto in cui la citazione era pertinente. E non ho mai discusso sui suoi contenuti, mi spiace a volte il suo stile e, soprattutto quanto è accaduto che non credo giovi a nessuno, tranne che a fare il gioco dei 'nemici' (in senso evangelico)...
e cerchiamo ancora di vedere qualcosa di buono in chi mette alla CDF uno che nega la verginità di Maria.
beh, perché non dovremmo? del resto lo 'sdoganamento' del Rito romano non è un miracolo?
Quanto anche ad altre di nomine, lo sconcerto è al massimo livello!
Ma pare che quest'altalena di atti contraddittori sia diventata la regola e non c'è niente di più destabilizzante. E' difficile mantenere la rotta, oggi, se non fosse che abbiamo le ricchezze perenni e immutabili della nostra Chiesa e la fiducia nelle promesse dell'Unico che non ci delude!
Ho usato la prima plurale: excusatio non petita...
mi spiace a volte il suo stile
Ne fai una questione di stile, mentre la Chiesa Cattolica è mezza morta, checchè ne dicano Gherardini e de Mattei. Forse si dovrebbe parlare un po' più di altri stili, che però non fanno problema nella neochiesa. Questo, ad es., è il più grossolano: http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2012/12/19/APahrYEE-custode_diritti_pannella.shtml
Bagnasco, impegnato con Monti, e BXVI, che continua a scrivere documenti di fatto nulli e/o incomprensibili, tacciano di fronte a tali abominii.
Lo sdoganamento del rito romano non è un miracolo, ma una tattica: l'inserimento della "tradizione" (molto addomesticata) nella neochiesa ratzingeriana, in questo ancor più all'avanguardia del predecessore (atei a Assisi, ebrei padri, etc.). Questo lo hanno capito pure i polli: v. p. 19 istruzione "Un Eccl".
Forse ti si è incantato il disco: le promesse di Cristo certamente valgono, ma non possiamo adattarle...
Ho usato la prima plurale: excusatio non petita...
ero stata io a citarlo nella chiosa.
mi spiace a volte il suo stile
Ne fai una questione di stile, mentre la Chiesa Cattolica è mezza morta, checchè ne dicano Gherardini e de Mattei. Forse si dovrebbe parlare un po' più di altri stili, che però non fanno problema nella neochiesa...
Non è solo questione di stile, nel senso di formalismo. Nello stile e nel comportamento, tranchant e intransigente (si può essere saldi nella verità senza lanciare accuse e invettive), c'è l'atteggiamento interiore. Convengo che la situazione è difficoltosa e presta il fianco a timori e sfiducia; ma se non vengono oltrepassati correndo anche dei rischi (senza dover scendere per questo a compromessi) non ci sarà una soluzione che penso invece non dovrebbe tardare. Certo questo discorso non è accettabile per chi tende o aderisce a derive sedevacantiste, ma per me sta in piedi.
Non solo Gherardini e de Mattei, ma anche Amerio e qualunque cattolico che non chiude gli occhi e non vive nell'indifferenza riconoscono la seria e grave crisi nella Chiesa (non della Chiesa), ma non considerano per questo la Chiesa "mezza morta".
Quanto agli altri stili, non sono da meno...
Lo sdoganamento del rito romano non è un miracolo, ma una tattica:...
Il miracolo non è di certo opera dell'uomo... e può servirsi dell'eterogenesi dei fini.
Forse ti si è incantato il disco: le promesse di Cristo certamente valgono, ma non possiamo adattarle...
Mi perdonerai se ho tolto le ultime parole: questione di stile, appunto, o di sedevacantismo, che non ha spazio qui.
Le promesse di Cristo riguardano LA Chiesa, ché tale resta anche quando alcuni (o parecchi) uomini di Chiesa scantonano.
una soluzione che penso invece non dovrebbe tardare.
Aspetta e spera.
Mi perdonerai se ho tolto le ultime parole: questione di stile, appunto, o di sedevacantismo, che non ha spazio qui.
Certo, i sedevacantisti non hanno spazio qui: fanno schifo, e voi siete troppo raffinati per accoglierli. Anzi, già che ci siamo diamo loro tutte le colpe del Concilio, e teniamoci ben stretti gli ultimi libri di Gherardini, oltre che, in mancanza d'altro, il nuovo messale architettato da un massone e da una cricca di scribacchini. Gherardini, qui, sorvola, e quindi sorvoliamo pure noi.
Le promesse di Cristo riguardano LA Chiesa, ché tale resta anche quando alcuni (o parecchi) uomini di Chiesa scantonano.
Salvati capre e cavoli: ma questa è la democrazia cristiana, non la Chiesa.
Andrea, vedo che continui a non capire. Non è questione di "raffinatezza" e non c'è nessuna idea di schifo per nessuno, se non se ne condividono le idee e le scelte.
Viviamo tutti un momento oscuro, e quindi di difficoltà interiori ed esteriori, come tanti forse, nel corso dei secoli, o forse unico per gli stravolgimenti che ci toccano profondamente perché non riguardano questioni banali, ma spiritualmente ed esistenzialmente fondamentali. Dunque l'equilibrio non è facile da trovare. E, per equilibrio, non intendo la coincidenza degli opposti o una via mediana o "democristiana" come insinui tu. Per equilibrio intendo la scelta più saggia, meno emotiva, e più profondamente vicina ma soprattutto radicata nella Verità.
Può darsi, ma spero proprio di no, che il seguito della storia ci induca a scelte più radicali, ma al momento non posso che dire che la "Roma perenne" è a Roma, sfigurata e irriconoscibile, ma è lì e non altrove... E allora non resta che custodire, difendere, scegliere per la vita sacramentale le oasi ancora indenni (poche ma ci sono) e continuare a pregare sperare vivere e aver fiducia, indignandosi quando occorre (e purtroppo di questi tempi non è raro), ma senza coltivare il risentimento che porta allo zelo amaro.
Non so cosa intendi per "Gherardini sorvola". Credo che anche qui non sei generoso con una persona che ha detto con grande perresìa e sapienza quando c'era di dire. Se c'è ancora dell'altro verrà fuori e certo non ci lasceremo silenziare. I risultati non sono nelle nostre mani...
dopo gli sforzi fatti per tentare un riavvicinamento, dal giorno della lettera voltagabbana, maturo sempre più l'idea cha questa chiesa un giorno sarà scomunicata in toto. non c'nessun'altra possibilità.
esistono papi eretici nella storia, che hanno predicato eresie dalla cattedra di Pietro ma TUTTI sono stati condannati o deposti a posteriori. La misura é colmma da tempo e la situazione é nettamente peggiorata negli ultimi mesi perché la volontà di fare del 21mo concilio pastorale la sola verità cattolica (a scapito delgi altri 20, molto più dogmatici!) é sempre più d'attualità, proclamata gridata ad alta voce.
dal giorno della lettera che ha bruscamente interrotto l'accordo Roma SPX
* il papa Benedetto XVI,
* il n°2 del Vaticano card.Muller
prefetto CDF
* il n° 3 card Koch presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani e della Commissione per le Relazioni Religiose con gli Ebrei
* il n° 2 della Ecclesia Dei Mons Di Noia
hanno tutti ribadito pubblicamente e per iscritto che "non si é cattolici se non si accetta il Concilio"
Per condire il tutto hanno ribadito che i documenti più controversi (NE,DH su tutti) sono intoccabili e indispensabili per essere considerati in comunione con Roma e hann pure offerto una prelatura personale (simile a quelle per cui la SPX ha discusso per due anni!) ai protestanti...
Caro Hpoirot.
Tutto esatto, purtroppo!
Solo che quella dell'Ordinariato ai luterani spero sia un boutade di Muller, altrimenti non saprei proprio cosa pensare o dire...
In appendice alla Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, fu apposta la seguente Notificazione:
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È stato chiesto quale debba essere la qualificazione teologica della dottrina esposta nello schema sulla Chiesa e sottoposto alla votazione. La commissione dottrinale ha dato al quesito questa risposta: « Come è di per sé evidente, il testo del Concilio deve sempre essere interpretato secondo le regole generali da tutti conosciute». In pari tempo la commissione dottrinale rimanda alla sua dichiarazione del 6 marzo 1964, di cui trascriviamo il testo:
«Tenuto conto dell'uso conciliare e del fine pastorale del presente Concilio, questo definisce come obbliganti per tutta la Chiesa i soli punti concernenti la fede o i costumi, che esso stesso abbia apertamente dichiarato come tali.
«Le altre cose che il Concilio propone, in quanto dottrina del magistero supremo della Chiesa, tutti e singoli i fedeli devono accettarle e tenerle secondo lo spirito dello stesso Concilio, il quale risulta sia dalla materia trattata, sia dalla maniera in cui si esprime, conforme alle norme d'interpretazione teologica».
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Dunque la risposta è distinta in due parti, che vanno attentamente esaminate distinguendone i contenuti. Ne desumo due considerazioni.
Primo, il testo che ho riportato non si può tralasciare e anzi deve orientare chiunque si ponga un problema di interpretazione. Il postulato di base acquisito è che si debbano operare delle distinzioni, ed esattamente le distinzioni lì indicate.
Secondo, non si può ridurre il tutto alle apparenti petizioni di principio o tautologie, né fermarsi alle espressioni generiche o indeterminate quali "spirito", "materia", "maniera"; occorre invece procedere alle determinazioni e specificazioni necessarie, per dare un senso compiuto e un contenuto applicativo concreto agli indirizzi esplicitati, e considerarli vincolanti. Ogni altro metodo risulterebbe stravagante.
Di conseguenza, non possono non venire in primo piano TRE indicazioni precise che si ricavano dal testo, da cui si desumono tre domande, che attendono risposta:
1. Quali sono le "regole generali da tutti conosciute" da applicare nella interpretazione dei testi del Concilio?
2. Quali sono i punti che il Concilio ha "apertamente" dichiarato obbliganti per tutta la Chiesa?
3. In quali "maniere" il Concilio si è espresso nelle "materie" trattate e, in rapporto a ciò, quali "norme di interpretazione teologica" sono di volta in volta da adottare?
E' chiaro che l'unica cosa che non si può ammettere è che la Commissione - e tanto meno il Concilio - si siano espressi "a vanvera". Altrettanto chiaro è, pertanto, che si devono specificare i contenuti e i significati di ogni asserzione, nel momento in cui la diatriba interpretativa si avvita su sé stessa.
Chiunque si accorge che un lavoro di ordinamento dei lunghissimi testi del Concilio, secondo il metodo e le distinzioni sommariamente dettati dalla Commissione teologica, implica, alla base, una serie di chiarificazioni di natura logica/epistemologica che possono risultare ardue e non del tutto pacifiche. Ma forse è arrivato il tempo di farlo questo lavoro esegetico. Non tanto per chi, come nel mio caso, non trova difficoltà ad agganciare le dottrine del Concilio alla Tradizione costante della Chiesa, quanto per coloro (e non si tratta solo della FSSPX) che queste difficoltà ancora le vivono anche con sofferenza.
implica, alla base, una serie di chiarificazioni di natura logica/epistemologica che possono risultare ardue e non del tutto pacifiche.
Questo non sembra sfiorare minimamente i nostri dilaganti "conciliaristi" compreso, purtroppo, il Papa!
"Tenuto conto dell'uso conciliare e del fine pastorale del presente Concilio, questo definisce come obbliganti per tutta la Chiesa i soli punti concernenti la fede o i costumi, che esso stesso abbia apertamente dichiarato come tali."
Se define un testo obbliganti allo stesso tempo che è noto il bisogno di un'ermeneutica della riforma nella continuità. Qualcuno capisce qual è la logica ?
January 14, 2015
Cardinal Gerhard Muller's doctrinal error was placed on the Vatican website and found on Edward Pentin's webpage.The editors at the National Catholic Register approved it
http://eucharistandmission.blogspot.it/2015/01/cardinal-gerhard-mullers-doctrinal.html
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