Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 6 gennaio 2013

La grammatica dell'umano. Nuovi attacchi alla Tradizione dal fronte conciliarista.

Estraggo dall'ultimo articolo di Sandro Magister, che riprende il teologo americano Robert Imbelli[1], questa affermazione che va letta nel suo contesto, ma che, per quanto ci riguarda, mostra un altro tassello dell'inquietante e sempre più arrembante quadro della situazione della Chiesa, in questo nostro tempo calibrata sulle idee portanti della cultura egemone, quella che ormai possiamo definire chiesa conservatorista conciliare, perché davvero dal concilio in poi si è innescata una nuova realtà ecclesiale fondata su parametri nuovi che, con la scusa di riscoprire le fonti, si pongono essi come fonte inesauribile di una nuova idea di Chiesa e quindi anche di fede e di cristianesimo e, infine, di umanità...
[...] Nei documenti del concilio e nel magistero di Benedetto XVI questa "grammatica dell'umano" è in definitiva una grammatica cristologica. All'umano è resa giustizia solo quando è letto nella luce della rivelazione del nuovo Adamo, Gesù Cristo.
Quindi, a mio giudizio, il più profondo "ritorno alle fonti" del concilio è stato un "ritorno alla Fonte": la riscoperta della fondamentale identità in Cristo della Chiesa e dell'umanità. Questo "ritorno a Cristo" è molto più profondo del moralismo sociale dei "progressisti" o dell'immutabile proposizionalismo dei "tradizionalisti ". Piuttosto, esso è l'invito a entrare in una relazione che dà e cambia la vita con il Signore vivente, Gesù Cristo. [...]
Impropria e arbitraria attribuzione di proposizionalismo alla Tradizione

Il proposizionalismo, per venire al sodo, è legato all'astrattezza, e non c'è niente di più falso e pregiudiziale da tirar fuori nei confronti della Tradizione, che è vita non fissismo. E dunque si continua a proceder per luoghi comuni e affermazioni apodittiche. In realtà tutti questi defensores concilii stanno costruendo un dualismo che pone i tradizionalisti dal versante opposto dei progressisti, con la grammatica dell'umano e loro stessi nel mezzo. Ma questo mettere l'accento sulla grammatica dell'umano, se a livello di affermazione e per come è formulato dal Papa è esatto, quando poi invece è legato ad una pastorale che non si cura di espellere l'errore, rischia di diventare uno slogan e forse i veri proposizionalisti sono proprio loro! Penso che si sia completamente fuori strada nell'opporre una conoscenza operativa o relazionale ad una conoscenza proposizionale, che di per sé esiste solo in certi ambiti. L'autentica Tradizione, inverata da persone vive ed in relazione e non da manichini, custodisce vive e trasmette gli insegnamenti di Cristo, è portatrice della Sua Vita. Nei Dogmi, oltrepassati dall'avventurismo conciliare, non ci sono aride formule, proposizioni astratte. Non c'è niente di più concreto e vivo e vitalizzante di quanto il Signore ci insegna e di quanto la Chiesa ci ha sempre proposto di credere. Ed ora ci stiamo perdendo nella danza delle parole, tante parole che non fanno altro che aumentare la confusione e portarci lontano dalla semplicità e dalla verità che ogni vero credente cerca e riconosce quando la incontra o la ascolta.

Giova ricordare che il cristianesimo induce la più vera e autentica e viva delle relazioni uomo-Dio-altri-mondo, perché è l'icona ed anche l'irruzione nel mondo, attraverso il Verbo Incarnato Morto e Risorto, della pericoresi intra-Trinitaria. Quindi è assolutamente improprio negare alla Tradizione la vis relazionale, confinandola in un arbitrario proposizionalismo, solo perché custodisce e difende anche dialetticamente con un linguaggio definitorio e non immaginifico le verità fondanti che imprimono la loro vis intrinseca al pensiero e all'azione dell'uomo e della donna di ogni tempo.

Leggete poi quanto dice Francesco Arzillo[2], richiamato nell'articolo citato, e troverete gli stessi concetti espressi con altre parole e qualche proposizione in più:
La recente notizia secondo cui nell’Italia settentrionale il numero dei matrimoni civili ha superato quello dei matrimoni religiosi contribuisce a tenere desta l’attenzione sul tema della secolarizzazione e sulle strategie pastorali più adeguate a fronteggiarla, anche in un paese con una diffusa presenza della Chiesa.
È facile immaginare che un dato come questo possa essere adoperato – da parte degli esponenti delle posizioni ecclesiali e mediatiche maggiormente polarizzate in senso “tradizionalista” o in senso “progressista” – per mettere in discussione la scommessa cui è ispirata la pastorale ufficiale della Chiesa italiana sin dall’epoca della presidenza del cardinale Camillo Ruini: scommessa favorevole a valorizzare le peculiarità storiche e culturali di quella che appare essere una vera e propria “eccezione italiana” nel trend apparentemente irreversibile del processo di secolarizzazione europea.
In fondo, le due menzionate linee di pensiero – discordi quasi su tutto – paiono concordi nel denunciare un’eccessiva enfasi della gerarchia della Chiesa sulle questioni bioetiche e culturali, a discapito dell’attenzione al fondamento della fede. Anche se poi di questo fondamento i tradizionalisti e i progressisti danno letture ispirate a prospettive addirittura antitetiche, pur se sostanzialmente coincidenti nell’attribuire al Concilio Vaticano II un ruolo di sostanziale rottura rispetto al passato.
Le posizioni in campo e l'attuale tripartizione

Dunque le posizioni in campo sono tre: progressista, tradizionalista, conciliarista. Stranamente tutte le voci -e ne spuntano ogni giorno di nuove con l'input esiziale di Müller- appartenenti alla posizione della via mediana conciliarista sono concordi nel mettere agli estremi sullo stesso piano progressisti e tradizionalisti, le cui prospettive antitetiche non coincidono affatto nel ruolo di rottura attribuito al concilio, anche perché i "punti controversi" individuati e sviscerati da chi ama la tradizione non inficiano tutto il concilio ma solo alcuni suoi punti ben individuati. La netta convinzione di oltrepassamento del passato dei progressisti, invece, configura direttamente una vera e propria 'rottura', di fatto resa possibile proprio dal concilio e dal suo avventurismo sperimentale, anche se essi ne lamentano la mancata realizzazione fino in fondo; il che dimostra che la 'rottura' non solo c'è, ma che in parte ha anche operato.

E qui qualche problematica viene riconosciuta
[...] Occorre però intercettare più efficacemente questa domanda giovanile, che non è solo una domanda emotiva, ma anche una domanda di intelligenza – di un “senso intelligibile e vero” –, fornendo degli strumenti idonei a meglio pensare la fede, per meglio viverla e meglio comunicarla. E forse a questo fine occorrerebbe anche correggere qualcosa nella formazione del clero, che dovrebbe essere maggiormente centrata sul ruolo della catechesi dottrinale e della liturgia, che sono fondamento autentico di ogni altro operare cristiano. Ma non si può negare che esista una base su cui è possibile continuare a costruire.
Le narrazioni tradizionaliste e progressiste hanno difficoltà a confrontarsi con questo discorso, perché postulano – sia pure in forme diverse – la presa d’atto della fine della cristianità: i tradizionalisti a favore di un cristianesimo che sopravviverebbe in minoranze combattive, isole felici del tutto impermeabili alla cultura contemporanea; i progressisti inverandosi in una sorta di “puro vangelo”, annunziato da una Chiesa minoritaria pronta a celarsi come lievito nel mondo secolarizzato, assumendone per buona parte la cultura.
Anche le narrazioni tipiche dei movimenti ecclesiali incrociano questi due atteggiamenti, pervenendo a posizioni di vario segno, accomunate comunque dalla medesima convinzione di essere minoranza nella postcristianità.
Visione falsa e riduttiva del tradizionalismo

Vedere nei tradizionalisti unicamente minoranze combattive, isole felici del tutto impermeabili alla cultura contemporanea appare una visuale riduttiva e qualunquista da osservatore esterno che ha imparato, come frutto del concilio, ad accogliere la cultura contemporanea senza discrimine ed ora, nel momento in cui molti nodi stanno venendo al pettine, si trova a criticarne i risvolti negativi nella sfera morale (vedi le recenti posizioni anche sociologiche sulla bioetica e sulla negazione del genere) senza considerare che l'etica non nasce dal nulla o solo dalla "legge naturale", ma è impressa nel cuore del credente che accoglie la Verità e la vive spinto e trasformato dalla sua Grazia. Quindi una sana etica nasce da una sana dottrina: tolta questa, se ne recidono i fondamenti.

Il quadro che emerge dallo scenario delineato da Arzillo, realisticamente include anche il fenomeno dei movimenti, ognuno chiuso e nella sua realtà separata e originale, nel senso anche della sua propria particolare visione e applicazione della Rivelazione Apostolica, più o meno avulsa dalle sue sane radici perenni. È un quadro di minoranze separate e non comunicanti anch'esse frutto del concilio; quadro tanto più imprevedibile ed inatteso, se davvero il concilio avesse realizzato la Chiesa-comunione tanto sbandierata come sua scoperta [vedi qui]; come se la Comunione non fosse, da sempre, il collante della Chiesa, proprio perché essa è solo nel Signore e da Lui creata in e tra coloro che condividono non solo i Suoi insegnamenti ma l'adesione alla Sua Persona.

L'analisi prosegue:
[...] Non si tratta, infatti, di una somiglianza stilistica estrinseca, ma di una somiglianza di logica interna: il tentativo, felicemente riuscito, di tenere assieme – come facevano un Agostino e un Giovanni Crisostomo – la radicale essenzialità del fondamento della fede con le dinamiche della società contemporanea, in un discorso mai ideologico e sapientemente articolato sui diversi ma connessi piani del kerygma, della dottrina, della liturgia, della vita.
In quest'ottica anche la grande disputa ecclesiale sul concilio Vaticano II, che lungi dal placarsi acquista toni sempre più radicali, può essere ricondotta nel giusto alveo.
La Chiesa oggi non può non porre al primo posto l’attuazione di questo grande e universale concilio, della cui validità canonica e della cui significatività non sussiste alcun serio motivo di dubitare, per un cattolico.
Ma, proprio per questo, la Chiesa deve distinguere ciò che il concilio ha realmente detto dal groviglio delle sue interpretazioni ideologiche, non rispondenti alla pienezza dell’insegnamento contenuto nei suoi documenti.
Non si tratta di un compito impossibile, se si pensa all’assistenza divina di cui beneficia il "munus" magisteriale, i cui pronunciamenti odierni vengono facilmente disattesi, sia dai progressisti, sia dai tradizionalisti, con l’impiego di letture unilaterali e selettive, come tali neppure rispondenti a un autentico principio cattolico.
Dov'è la Chiesa-Comunione?

Tenere insieme la radicalità del fondamento della fede con le dinamiche della società contemporanea è vero che dipende dal discorso non ideologico sapientemente articolato sui connessi -e inseparabili- piani del kerygma: dottrina-liturgia-vita. Ma ciò che è accaduto è proprio l'aver allentato la retta connessione tra essi, con lo sfaldamento della dottrina e lo scempio della liturgia, il resto non è che conseguenza. Il fatto che la disputa acquisti toni radicali porta a chiedersi se non sia proprio qualcosa di radicale che li ha prodotti e continua ad alimentarli perché evidentemente la pienezza dell'insegnamento dei documenti conciliari esiste solo nella convinzione di chi stigmatizza le cosiddette interpretazioni ideologiche, facendo di ogni erba un fascio. Inoltre, non distinguendo tra interpretazioni innovative e tentativi di riaggancio alla Sorgente, resta a sua volta invischiato nella validità canonica del concilio, che neppure i tradizionalisti mettono in dubbio. Però la discussione non è sulla validità canonica del concilio, ma sui famosi "punti controversi" ormai ben noti a tutti. E, forse la lettura unilaterale e selettiva è anche di quella parte mediana "allineata", che si ostina a credere che risponda ad un autentico principio cattolico, ciò che in realtà ha sfigurato e non poco il cattolicesimo e continua a sfigurarne quel che ne resta: e si tratta proprio di quei famosi fatidici punti che nessuno vuole mettere in discussione. E dunque non si riesce ad uscire dal circolo vizioso nel quale siamo tuttora invischiati...
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1. Robert Imbelli è sacerdote dell'arcidiocesi di New York, docente di teologia al Boston College e autore di note e commenti su "Commonweal" e "L'Osservatore Romano".
2. Francesco Arzillo, un magistrato amministrativo, cui S. Magister riconosce profonda competenza filosofica e teologica.

22 commenti:

Luisa ha detto...

Si sta delineando e consolidando il movimento della via mediana dei conservatori conciliari, che poi conta nei suoi ranghi molti progressisti mascherati, i suoi ranghi si stanno gonfiando partendo dall`imput esiziale di mons. Müller.
Accostare i tradizionalisti ai modernisti è subdolo, arbitrario e perverso.
La visione dei cattolici tradizionali è faziosa e menzognera.
Mi ricordo chi su Mil usava etichette sprezzanti e menzognere, tipo tradiprotestanti, seguendo l imput natalizio di Tornielli...
L`inganno continua, cambia la forma ma non la sostanza.
Tante sono le parole, exit lo spirito del Concilio(a parole), ritorna il corpo del Concilio, veniamo rinviati ai testi conciliari,ma dove sono gli atti che concretizzano le parole?

Anonimo ha detto...

il card. Koch sull"unità visibile" della Chiesa:

"... L’unità visibile della Chiesa risulta essere una mera somma delle varie realtà ecclesiali, cosicché viene in mente, per analogia, l’immagine di tante case monofamiliari, in cui le famiglie conducono la propria vita in maniera indipendente e si invitano a pranzo di tanto in tanto”. Per la Chiesa cattolica, ha precisato il card. Koch, “il modello originario dell’unità ecumenica è la Trinità”. O, detto in maniera più precisa e utilizzando le parole dell’allora card. Ratzinger, “il vero obiettivo dell’ecumenismo deve essere quello di trasformare il plurale di Chiese confessionali separate le une dalle altre nel plurale di Chiese locali, che, nella loro varietà di forme, sono realmente un’unica Chiesa”.

Stranamente la "casa monofamiliare" della Tradizione, che dovrebbe essere la casa-comune di tutti i cattolici, è l'unica a non aver posto in questo nuovo melting pot definito unica-Chiesa.

http://www.news.va/it/news/il-card-koch-lunita-visibile-della-chiesa-non-e-un

Anonimo ha detto...

I conservatori conciliari allineati col potere egemone sono i nuovi cattolici, che si fregiano dell'assoluta fedeltà al Papa, e con questa tentano di tappare la bocca a chiunque non è meno fedele al Papa se lo stima e lo segue senza idolatrarlo, ponendosi e ponendogli alcuni sofferti interrogativi...

Anonimo ha detto...

Romano dice,

"la grammatica dell'umano" è una nuova confezione per una lettura neo-modernistica del concilio che prova di diffondere umanismo inveche che la Feda Cattolica eterna unica vera...

Anonimo ha detto...

Il Papa la formula in modo chiaro e non equivocabile nella sua Udienza del 21 novembre 2012:

"[...] Nel Vangelo viene inaugurato un nuovo umanesimo, un’autentica «grammatica» dell'uomo e di tutta la realtà. Afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La verità di Dio è la sua sapienza che regge l’ordine della creazione e del governo del mondo. Dio che, da solo, «ha fatto cielo e terra» (Sal 115,15), può donare, egli solo, la vera conoscenza di ogni cosa creata nella relazione con lui» (n. 216).

Confidiamo allora che il nostro impegno nell’ evangelizzazione aiuti a ridare nuova centralità al Vangelo nella vita di tanti uomini e donne del nostro tempo. E preghiamo perché tutti ritrovino in Cristo il senso dell’esistenza e il fondamento della vera libertà: senza Dio, infatti, l’uomo smarrisce se stesso. Le testimonianze di quanti ci hanno preceduto e hanno dedicato la loro vita al Vangelo lo confermano per sempre. E’ ragionevole credere, è in gioco la nostra esistenza. Vale la pena di spendersi per Cristo, Lui solo appaga i desideri di verità e di bene radicati nell’anima di ogni uomo: ora, nel tempo che passa, e nel giorno senza fine dell’Eternità beata."

Questo, anzi, è un punto in cui si afferma l'"umanesimo cristiano", che in altre occasioni, invece, resta purtroppo un semplice umanesimo che senza la qualificazione di cristiano, scade nell'umanitarismo e resta confinato nell'ordine orizzontale, nel quale il Soprannaturale irrompe e opera solo con e in Cristo Signore...

Anonimo ha detto...


http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2012/documents/hf_ben-xvi_aud_20121121_it.html

Gederson Falcometa ha detto...

"Si sta delineando e consolidando il movimento della via mediana dei conservatori conciliari"

Cara Luisa,

La via mediana è essenzialmente la via del Concilio Vaticano II. Guarda quello che ha detto Giovanni Paolo II, nel libro "Memoria e identità":

"Nei documenti del Vaticano II se può trovare una suggestiva sintesi del rapporto tra cristianesimo e illuminismo ". Giovanni Paolo II, Memoria e identità, Ed Objetiva, Rio de Janeiro, 2005, p. 126

Quello che sembra è che la síntesi non è stata tanto suggestiva, perchè rimane nella Chiesa la tese (trazidizionalismo) e l'antitesi (progressismo). Allora se dobbiamo chiedere all'autorità:

Che cosa è questa suggestiva síntese tra cristianismisno e illuminismo?





Luisa ha detto...

Caro Gederson, ne leggiamo tante sul CVII, il vocabolario italiano sembra non soddisfare più gli esegeti incondizionati di quel Concilio, certo si è fatta strada una versione nemmeno immaginabile solo qualche anno fa, cioè si ammette che certe formulazioni di certi documenti avrebbero potuto essere più chiare..( vedi Ocariz su OR) e che su questo si può discutere, ma laddove sorgessero dubbi il CVI deve essere comunque letto in continuità con la Tradizione perchè sul fondo non possono esserci errori, insomma, a prescindere, il CVII è innocente e non ha nessuna responsabilità e colpa nella crisi che tenaglia la Chiesa oggi.
Le colpe e responsabilità vanno cercate nelle errate applicazioni, ok d`accordo, ma come la mettiamo se sappiamo,e lo sappiamo, che i primi "cattivi interpreti"( se seguiamo la vulgata odierna) sono i Padri appena usciti dal Concilio?
Tutti ignoranti?
Non hanno capito quel che hanno studiato e firmato?
O sapevano perfettamente quel che facevano perchè sapevano che i documenti conciliari erano stati redatti in modo da permettere quelle applicazioni?
Questo è la logica e il buon senso a suggerirlo, ma sembra inutile lottare per aver ragione sulle cause dello scempio dottrinale e liturgico della Chiesa, la realtà è là, e aspetta solo che la somma autorità della Chiesa intervenga concretamente, che dalla più alta cattedra, vengano, insieme alle parole chiarificatrici, questo sì, questo no, anche atti concreti che agiscono direttamente sulle piaghe ormai purulenti.
Ma il potere nella Chiesa è ancora oggi in mano ai progressisti, senza dimenticare le diverse lobby e gruppi di pressione, oserà il Papa affrontarli?
Lo vorrà?
Troverà un modo tutto suo, per raggirare il dragone e usare il bastone?

Anonimo ha detto...

Abbiamo pubblicato, tempo fa, un interessantissimo articolo su "rottura riforma rinnovamento", di Bernard Dumont.

Anonimo ha detto...

Romano dice:

Mic, la prego di leggere qualche cosa sulla "anthropological somersaults of Karl Rahner" per capire che dire che il Concilio propone una grammatica humana, inveche di dire che il Vangelo propone la grammatica divina, e soltano un errore ermenutica che scaturisce dal spostamento della vera fede da un umanesimo idololatrico.

Il Santo padre, prima che fu tale, sciveva tanti libri pieno di viste teologiche Rhaneristice...

Ma non tutto che dice il Santo Padre è un excerizio del magisterio inequivocabile...infatto molti discorsi dei santi padri dopo il concilio seguono il equivocabilismo del concilio, essendo che la moda letteraria di oggi è l'equivocare...

Anonimo ha detto...

"grammatica dell'umano" di per sê rimanda alla sfera naturale e resta uno slogan se non completata dal rapporto e dal radicamento in

Cristo

Marco ha detto...

Qualcuno tra voi ha letto il capitolo "La rivoluzione conciliare" di Gherardini nel suo "Alle radici di un equivoco" ed il libro di Vian sul modernismo? Gradirei avere informazioni su questi due lavori, grazie.

Gederson Falcometa ha detto...

Luisa, sono d'accordo con te, veramente questo è ciò che accade con la Chiesa attualmente. Molto di quello che dicono equivale a un disprezzo per la nostra intelligenza. Sembra che l’autorità della Chiesa soffre di un profondo indifferentismo religioso. Dove Roma non parla più per chiudere le domande, ma per aprirle.
Nel caso del discorso di Benedetto XVI alla Curia romana, dove ha parlato dell’ ermeneutica della riforma e della rottura il Papa ha appena riaperto una questione che non sembra avere la minima volontà di chiudere. Mentre dall'altro lato afferma e ribadisce l'ecumenismo e altre "decisioni" del Concilio, come irreversibili, ma come se non hanno l'ermeneutica della riforma?
Adesso vediamo le ultime notizie:
Nel discorso di Natale alla Curia di Roma di questo anno, Papa Benedetto XVI ha parlato del tema dell'omosessualità, per questo ha usato il lavoro di un rabbino;
Adesso abbiamo il concetto di unità del Cardinale Koch, che è un concetto molto simile alla definizione di Stato laico (la somma di tutti i cittadini);
In questo anno Paolo VI sarà beatificato e Giovanni Paolo II canonizzato;
Abbiamo adesso una “grammatica dell’umano”;
In questo mese deve uscire l’enciclica di Benedetto XVI sulla fede...
Ci sono ancora altre novità, ma queste sembrano sufficienti per chiedere:
La Roma conciliare ha perso i freni?

Ora torniamo alla questione dell'ermeneutica, il Papa vuole davvero una ermeneutica della riforma (anche della liturgia) o semplicemente una distrazione per noi, mentre si va a fare altre cose? Confrontiamo ciò che è stato fatto per l’ermeneutica della riforma (anche liturgica) con quello che è stato fatto per il dialogo interreligioso e l'ecumenismo. Il primo c'è la disastrosa Corte dei Gentili e la seconda il non meno disastroso Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. ma per l’ermeneutica della riforma, che cosa ce? Adesso confrontiamo fino adesso quello che ha fatto il Papa in persona per il dialogo interreligioso e l'ecumenismo, con quello che ha fatto per l'ermeneutica della riforma. Beh, lui ha visitato non so quante chiese protestanti, ha visitato sinagoghe, moschee e persino fatto l'incontro di Assisi, ma ciò che ha reso per l'ermeneutica della riforma, al di là del discorso del 22 dicembre 2005?

Sembra più importante parlare con chi è al di fuori della Chiesa, che parlare con i cattolici al meno per veramente capire quello che il Vaticano II ha insegnato. L’ermeneutica della riforma del Concilio e della liturgia, sono sole parole non sono fatti. Solo un intervento divino può dare una soluzione per questa situazione della Chiesa, perchè in quanto dipende dalle attuali autorità, ci approfondiremo più in questa crisi che affligge la Chiesa per quasi 50 anni...

Un saluto dal Brasile

Anonimo ha detto...

Per Marco,
non ho letto il libro di Vian.
In quello di Gherardini riconosco una grande acribia e profondità e, sopratutto noto la concordanza di alcune testimonianze (penso agli scritti di Mons. Spadafora).
Se hai qualche punto specifico da segnalare o da approfondire, puoi farlo.

Marco ha detto...

Ti ringrazio, Mic. Ero in particolare interessato alla questione della (eventuale) relazione causa-effetto tra Concilio e anni '60, e per questo citavo quel capitolo di Gherardini. Molti dicono "La Chiesa si è adattata al mondo", mentre forse sarebbe da indagare sull'altra questione: quanto la Chiesa ha influito sul '68, ad esempio. Mi pare che molti abbiano avanzato questa ipotesi; il linguaggio di alcuni documenti conciliari, a volte, pare analogo a quello "rivoluzionario": si pensi al termine "prassi", "esperienza", anche se non sono certo che questi siano stati utilizzati nei documenti del VII.

Anonimo ha detto...

Caro Marco,
secondo la mia esperienza e secondo quel che mi appare, c'è stata di certo un'osmosi tra il linguaggio e le istanze dell'epoca e linguaggio ed istanze che hanno pervaso il concilio. La cosa sarebbe semplicemente fisiologica, come è normale accada in tutte le epoche, se non si fosse persa la bussola, rifiutando il passato indiscriminatamente, con il prevalere dell'intenzione di voltar pagina; per cui l'auspicabile aggiornamento è diventato riforma se non rivoluzione.
E' un discorso da approfondire e ti saprò dire se Mons. Gherardini ne parla ed in che termini.

viandante ha detto...

Per mic e Marco, non so se può interessare, ma penso ne sarete sicuramente a conoscenza, nel documentario su Lefebvre, Un évêque dans la tempête, ad un certo punto si cita il discorso del vescovo o arcivescovo di Parigi di allora in merito ai moti del '68. naturalmente con toni elogiativi...

Marco ha detto...

Grazie, spero potremo incontrarci lunedì sera al cinema per la proiezione del documentario.

Anonimo ha detto...

Lo spero anch'io, Marco :)

Anonimo ha detto...

Per Marco

Mons. Gherardini esclude che il Concilio abbia prodotto il 68 anche se menziona la correlazione che de Mattei trova nel comune progetto di trasformazione.

Quel progetto ha una comune radice: quella di "un umanesimo naturalizzato", cioè privato del suo respiro metafisico, religioso, soprannaturale, di fatto estraniato dalla Rivelazione Cristiana.

Sono pagine interessanti, con molte citazioni, che scannerizzerò per farne oggetto di un prossimo articolo.
Ok?

Marco ha detto...

Ti ringrazio, cara Mic. In effetti, una relazione causa-effetto mi pare non probabile, ma certamente una relazione c'è (altri, come Beretta, la affermano). Grazie per l'articolo, cui ovviamente sono molto interessato.

Gederson ha detto...

Questa "grammatica dell'umano" , non sarà una risposta alla domanda di Henri De Lubac, guarda:

"Si chiedeva il teologo de Lubac al termine dell’Assise: «La Chiesa cattolica stessa resterà in mezzo agli uomini testimone di Dio, oppure diventerà una società antropocentrica?». La citazione è ripresa da Padre Serafino Lanzetta F.I. nel suo libro Iuxta Modum. Il Vaticano II riletto alla luce della Tradizione della Chiesa" (Cantagalli, Siena 2012, pp. 184, € 15.00). http://www.conciliovaticanosecondo.it/2012/09/02/il-libro-di-padre-serafino-lanzetta-lultimo-concilio-riletto-alla-luce-della-tradizione/