Gli occhi di tutto il mondo, non solo dei cattolici, sono rivolti in questo momento a San Pietro, per conoscere chi sarà il nuovo Vicario di Cristo. L’attesa che si manifesta alla vigilia di ogni Conclave è questa volta più accorata ed intensa, per il succedersi di eventi che lasciano sgomenti e confusi.
Massimo Franco scrive sul “Corriere della Sera” del 27 febbraio 2013 che «dentro la Città del Vaticano si sta consumando la fine di un modello di governo e di una concezione del papato» e paragona le difficoltà che oggi attraversa la Chiesa alla fase finale della crisi del Cremlino sovietico. «Il declino dell’Impero vaticano – scrive – accompagna quello degli Usa e di un’Unione Europea in crisi economica e demografica. Mostra un modello di papato e di governo ecclesiastico centralizzato, sfidati da una realtà frammentata e decentrata». La crisi dell’impero vaticano viene presentata come la crisi di un modello di Papato e di governo ecclesiastico inadeguato al mondo del XXI secolo. L’unica via di uscita sarebbe quella di un processo di “autoriforma" che salverebbe l’istituzione, snaturandone l’essenza.
In realtà ciò che è in crisi non è il governo “monocratico", conforme alla Tradizione della Chiesa, ma il sistema di governo nato dalle riforme postconciliari, che, negli ultimi cinquant’anni, hanno espropriato il Papato della sua autorità sovrana, per redistribuire il potere tra le conferenze episcopali e una onnipotente Segreteria di Stato. Ma soprattutto Benedetto XVI e il suo predecessore, pur così diversi di temperamento, sono rimasti vittime del mito della collegialità di governo in cui hanno sinceramente creduto, rinunziando ad assumere molte responsabilità che avrebbero potuto risolvere il problema dell’apparente ingovernabilità della Chiesa. La perenne attualità del Papato sta nel carisma che gli è proprio: il primato di governo sulla Chiesa universale, di cui il Magistero infallibile è decisiva espressione.
Benedetto XVI, dicono alcuni, non ha esercitato con autorità il suo potere di governo, perché è un uomo mite e mansueto, che non ha né il carattere né le forze fisiche per far fronte a questa situazione di grave ingovernabilità. Lo Spirito Santo lo ha infallibilmente illuminato, suggerendogli il supremo sacrificio della rinunzia al pontificato per salvare la Chiesa. Non ci si rende conto però di quanto questo discorso umanizzi e secolarizzi la figura del Sommo Pontefice. Il governo della Chiesa non si regge sul carattere di un uomo, ma sulla sua corrispondenza alla divina assistenza allo Spirito Santo.
Il Papato è stato occupato da uomini dal carattere imperioso e guerriero, come Giulio II, e dal temperamento mite ed amabile come Pio IX. Ma è stato il beato Pio IX, e non Giulio II, a corrispondere più perfettamente alla Grazia, ascendendo ai vertici della santità, proprio nell’esercizio eroico del governo papale. La concezione secondo cui un Papa debole e stanco si dovrebbe dimettere non è soprannaturale, ma naturalistica perché nega l’aiuto decisivo al pontefice di quello Spirito Santo che impropriamente viene invocato. Il naturalismo si trasforma a questo punto nel suo opposto: in un fideismo di impronta pietista, per il quale l’invadenza dello Spirito Santo assorbe la natura umana e diventa il fattore rigenerante della vita della Chiesa. Si tratta di eresie antiche che oggi affiorano proprio negli ambienti più conservatori.
L’errore, sempre più diffuso è quello di voler giustificare qualsiasi decisione venga presa da un Papa, da un Concilio, da una Conferenza episcopale, in nome del principio per cui «lo Spirito Santo assiste sempre la Chiesa». La Chiesa è indefettibile certo, perché, grazie alla assistenza dello Spirito Santo, «Spirito di Verità» (Gv. 14, 17), ha dal suo Fondatore la garanzia di perseverare fino alla fine dei tempi, nella professione della stessa fede, degli stessi sacramenti, della stessa successione apostolica di governo. Indefettibilità tuttavia non significa infallibilità estesa a tutti gli atti di Magistero e di governo, né tanto meno impeccabilità delle supreme gerarchie ecclesiastiche.
Nella storia della Chiesa, spiega Pio XII, «si sono avvicendate vittoria e sconfitta, ascesa e discesa, eroica confessione con sacrificio dei beni e della vita, ma anche in alcuni suoi membri, caduta, tradimento e scissione. Una testimonianza della storia è univocamente chiara: portae inferi non praevalebunt (Mt. 16, 18); ma non manca anche l’altra testimonianza, anche le porte dell’inferno hanno avuto i loro parziali successi» (Discorso Di gran cuore del 14 settembre 1956). Malgrado i successi parziali e apparenti dell’inferno, la Chiesa non rimane scossa né dalle persecuzioni, né dalle eresie o dai peccati dei suoi membri, anzi attinge nuova forza e nuova vitalità dalle gravi crisi che la colpiscono.
Ma se gli errori, le cadute, le defezioni non ci devono scoraggiare, esse, quando accadono, non possono essere negate. Fu, ad esempio, lo Spirito Santo ad ispirare la scelta di Clemente V e dei suoi successori di trasferire la sede del Papato da Roma ad Avignone? Oggi gli storici cattolici concordano nel definirla una decisione gravemente sbagliata, che indebolì il Papato nel XIV secolo, aprendo la strada al Grande Scisma d’Occidente.
Fu lo Spirito Santo a suggerire l’elezione di Alessandro VI, un Papa che tenne una condotta profondamente immorale prima e dopo la sua elezione? Nessun teologo, ma anche nessun cattolico, potrebbe sostenere che i 23 cardinali che elessero Papa Borgia fossero illuminati dallo Spirito Santo. E se ciò non avvenne in quella elezione, si può immaginare che non avvenne in altre elezioni e conclavi, che videro la scelta di Papi deboli, indegni, inadeguati alla loro alta missione, senza che ciò pregiudichi in alcun modo la grandezza del Papato.
La Chiesa è grande proprio perché sopravvive alle piccolezze degli uomini. Può essere eletto dunque un Papa immorale o inadeguato. Può accadere che i Cardinali del conclave rifiutino l’influsso dello Spirito Santo e che lo Spirito Santo che assiste il Papa nel compimento di tutta la sua missione sia rifiutato. Questo non significa che lo Spirito Santo venga sconfitto dagli uomini o dal demonio. Dio, e solo Lui, è capace di trarre il bene dal male e perciò la Provvidenza guida ogni vicenda della storia. Nel caso del Conclave, spiega nel suo trattato sulla Chiesa il cardinale Journet, assistenza dello Spirito Santo significa che se anche l’elezione fosse il risultato di una cattiva scelta, si ha la certezza che lo Spirito Santo, che assiste la Chiesa volgendo al bene anche il male, permette che ciò avvenga per fini superiori e misteriosi. Ma il fatto che Dio tragga il bene dal male compiuto dagli uomini, come accadde per il primo peccato di Adamo, che fu causa dell’Incarnazione del Verbo, non significa che gli uomini possano commettere il male senza colpa. E ogni colpa va pagata, in cielo o in terra.
Ogni uomo, ogni nazione, ogni assemblea ecclesiastica, deve corrispondere alla Grazia, che per divenire efficace ha però bisogno della cooperazione umana. Di fronte al processo di autodemolizione della Chiesa, di cui già parlava Paolo VI, non si può dunque rimanere con le mani conserte, in uno stato di ottimismo pseudo-mistico. Bisogna pregare ed agire, ognuno secondo le proprie possibilità, perché questa crisi abbia fine e la Chiesa possa mostrare visibilmente quella santità e quella bellezza che non ha mai perso, e mai perderà fino alla fine dei tempi. (Roberto de Mattei)
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[Fonte: Corrispondenza Romana, 5 marzo 2013]
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[Fonte: Corrispondenza Romana, 5 marzo 2013]
20 commenti:
Chiaro e illuminante.
Giuste riflessioni, ma non dicono nulla di nuovo.
L'abdicazione del papato in favore della collegialità ormai è fatto acquisito.
E' la voce di tutti coloro che, a prescindere dalle cause note e non note, avvertono disagio e inquietudine per le conseguenze immediate e remote del gesto di Benedetto XVI, anche in riferimento alle derive post-conciliari.
<>?
Un conclave che da' l'imprimatur alla nuova chiesa conciliare....?
<<>>. (Atti,4).
Papa Benedetto XVI se voleva riformare la chiesa poteva farlo, non l'ha voluta riformare, perchè diciamolo chiaramente nel suo profondo era delle stesse posizioni del suo collega teologo svizzero Hans Kung.Poi io non credo che Dio lo ha chiamato sul monte sempre se dio non gli appaia con la faccia del suo segretario di stato Tarcisio Bertone che lo persuada a rinunciare per poter con questa mossa aprire una discussione sul papato chiesto dalle sette protestanti e dalle chiese scismatiche ortodosse svegliatevi Benedetto è stato il papa che ha rinunciato no per servire Dio nella cella o nel chiostro perchè se così fosse stato non avrebbe mai permesso di essere chiamato papa emerito e non indosserebbe l'abito bianco ma bensì un saio lui ha rinunciato perchè non crede che il papa sia il vicario di Cristo ma semplicemente un Vescovo Presidente che organizza le altre chiese locali .Bertone è riuscito a distruggere il Papato e la Chiesa
Bertone è riuscito a distruggere il Papato e la Chiesa.
Non darei meriti troppo facilmente a nessuno.
Tutt'al più potremmo dire che Gesù Cristo ha permesso che capitasse questo alla sua Chiesa; ma anche questo non deve scandalizzarci, già Gesù la sera del Giovedì Santo redarguì Pietro e gli altri apostoli che lo volevano difendere.
Se Lui vuole, può manifestare a tutti la Sua regalità già tra un minuto! Se non lo fa non é perché non ne sia capace, ma perché ha altri disegni. I suoi disegni non sono i nostri.
E ricordiamo che la Provvidenza divina si può servire di tutto, anche dei nemici, per ottenere quel che Dio vuole.
Torno a ripetere che al di là del giudizio particolare a cui pure Benedetto XVI dovrà sottomettersi, questo suo gesto può nascondere sviluppi o aiuti per la Chiesa provvidenziali.
Ad esempio, chissà, sull'onda degli ultimi discorsi tenuti dal papa dimissionario e per certi versi sconvolgenti, cosa ci avrebbe potuto dire durante questo anno della fede?
O gli intrighi di curia? Anche quelli potrebbero aiutare ad aprire gli occhi!
Se il tempo dovesse stringere (chi lo può escludere a priori?)é richiesta a tutti una posizione chiara: o con Cristo e la sua Tradizione o con il concilio conciliante col mondo e quindi già fuori della Chiesa.
un'idea folle mi ha attraversato la mente quando ho letto qui
http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/dimissioni-ratzinger-papa-puo-essere-laico-1476287/
che non é necessario essere né cardinale né vescovo né prete per essere papa. Un maschio celibe (anche non battezzato) puo' fare l'affare.
stai a vedere che eleggono kiko...
Anche Giovanni XIX era un laico non ordinato:
http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Giovanni_XIX
No, caro hpoirot: non è più così da papa Wojtyla, che ha modificato le norme. A memoria non so citare il documento, che ho letto a suo tempo e ho anche stampato su fogli che al momento non trovo, ma posso assicurarti che oggi è indispensabile avere ricevuto l'Ordine sacro, almeno nel grado del presbiterato. Che l'influenza di Kiko sia nefasta e immensa nella Chiesa è purtroppo un'altra verità.
No, quando mai? Per essere eletto Papa occorre solo essere cattolico, maschio e sano di mente. Giovanni Paolo II ha modificato l'elezione abrogando la possibilita' del compromesso e dell'acclamazione, lasciando come valida modalita' unicamente lo scrutinio, ma non ha cambiato nient'altro. Tanto che il Codice prescrive che qualora l'eletto non sia costituito nell'ordine sacro "statim ordinetur". Felice
Sbaglierò, ma mi pare che l'ultima parte del discorso di De Mattei contraddica la prima.
Fu lo Spirito Santo a suggerire l'elezione di Alessandro VI? Cioè, fu questa la volontà di Dio? E fu la volontà di Dio che il Papato si trasferisse ad Avignone? E aggiungo io, fu la volontà di Dio che la Chiesa del X secolo attraversasse la fase della pornocrazia? Che il Papato si inventasse la donazione di Costantino? Che San Pietro rinnegasse Cristo tre volte? Che Cristo stesso venisse ucciso come un malfattore?
Insomma, Dio può volere qualcosa che a noi sembra così inequivocabilmente male? De Mattei sembra dire di no, ma a me pare che un cattolico possa rispondere tranquillamente di sì, e nell'ultimo caso è il Vangelo stesso a dirglielo (cito a memoria: "Padre, allontana da me questo calice, ma sia fatta la tua volontà, non la mia"). E questo proprio perché, come dice anche De Mattei, lo Spirito Santo permette che il male avvenga per fini superiori e misteriosi - e a volte, col senno di poi, neanche tanto misteriosi.
Questo non per dire che il male non sia male e gli errori non siano errori. È necessario che gli scandali avvengano, ma comunque guai a chi fa scandalo. Su questo sono d'accordo con De Mattei. È lui che non mi sembra del tutto d'accordo con sé stesso; e questo, quando si vuole convincere chi ci legge, è controproducente. Correggetemi se sbaglio.
Pur avendo apprezzato l'articolo, credo che l'intervento di Latinista abbia riportato la questione sui binari più ragionevoli.
Non possiamo pensare e dire che il male sia voluto da Dio per fini che non conosciamo. Sappiamo che Dio lo permette, nel senso che non forza la libertà dell'uomo; ma che anche dal male, può tirar fuori il bene e anche per questo si serve della collaborazione dell'uomo, non perché ne abbia bisogno, ma perché così ha voluto nel crearlo libero. Che poi ci sia anche la Grazia antecedente che agisce sull'uomo o che Dio possa intervenire per mettere i confini al male, rientra nell'onnipotenza divina. Ma Dio, Sommo Bene, non può servirsi del male per realizzare i suoi fini misteriosi. Che il male ci sia e produca i suoi effetti nefasti è un altro discorso e sappiamo da cosa è stato generato. Tutto questo è diverso dal volere il male direttamente per fini misteriosi.
Nel "fiat" di Gesù alla volontà del Padre, la volontà del Padre non era la morte del Figlio, ma il darsi di un atto di totale obbedienza, capace di neutralizzare e invertire, nella natura umana dal Figlio assunta e condivisa, l'atto di superbia e disobbedienza originale e quindi restaurare, insieme alla giustizia divina violata, la natura ferita. Dono di Sé supremo totale e gratuito, per amore del Padre e di ogni uomo, di ognuno di noi, che ci ha riscattati, vincendolo il male e inghiottendo la morte in quell'atto supremo, sublime e terribile.
dice De Mattei:
"La concezione secondo cui un Papa debole e stanco si dovrebbe dimettere non è soprannaturale, ma naturalistica perché nega l’aiuto decisivo al pontefice di quello Spirito Santo che impropriamente viene invocato.
Il naturalismo si trasforma a questo punto nel suo opposto: in un fideismo di impronta pietista, per il quale l’invadenza dello Spirito Santo assorbe la natura umana e diventa il fattore rigenerante della vita della Chiesa. Si tratta di eresie antiche che oggi affiorano proprio negli ambienti più conservatori."
-.-.-.-.-.-.-.-.-
Finalmente una precisazione rigorosa, che ci viene proposta da un cattolico autorevole, su come intendere rettamente il gesto del papa!
Vorrei ora che si prendesse atto, non solo su questo blog, ma su tanti altri dove la gran massa dei lettori ha applaudito, con lacrime di profonda "solidarietà umana" più forti e coinvolgenti di ogni altro pensiero, lacrime che hanno preso il nome di "fede", plaudendo "con tutto il cuore" all'"umile e fiducioso gesto, segno di fede, grande esempio dato ai piccoli...") che le ragioni di chi non si accodava al coro dei "pietosi" erano giustissime, non segni di crudele indifferenza o impassibilità, accuse di cui sono stati fatti bersaglio quelli che dissentivano dall'applauso commosso al protagonista che "esce di scena".
I giudizi del coro quasi unanime sui media erano dettati dalla "solidarietà umana", la quale non coincide con la compassione "per-con-in Cristo", quella che, come cristiani, sempre dobbiamo usare "da" e "verso il Corpo Mistico" e tutte le sue membra, compreso il Capo visibile.
Con molta serietà De Mattei finalmente rimette al giusto posto ogni cosa, indicando ai cattolici smemorati il vero senso del SOPRANNATURALE.
Tante volte i bloggers più riflessivi, che seguono cioè la retta ragione + la Fede (non fideismo), guardando uomini ed eventi sub specie aeternitatis, si trovano a cozzare contro un muro di post-romantici, che intendono il "soprannaturale" a modo loro,cioè come un'"ente" sfumato, nebbioso, vago e sentimentale, inafferabile e soprattutto...irrazionale, nel quale così PROIETTARE tutti i nostri sentimenti personali, e quindi contraddittorio, poichè incline ad assecondare tutte le debolezze della carne umana, TUTTE le sue decisioni e azioni, QUALUNQUE siano, riferendole illusoriamente a una presunta "volontà di Dio", come se Dio agisse di necessità attraverso le fragilità e i peccati dell'uomo, come se ne avesse BISOGNO !
...>
"Dio non puo' fare il male perche' non puo' volerlo" (catechismo di San Pio X). Dio pero' puo' usare il male che gli uomini liberamente fanno, e che avrebbero potuto e dovuto non fare, per arrivare egualmente ai Suoi scopi d'amore. Non era certo la volonta' del Padre che Cristo morisse in croce: se gli ebrei dell'epoca avessero accolto la Sua parola, si fossero convertiti accogliendo la logica delle beatitudini, probabilmente non sarebbe stato necessario che Gesu' morisse in quel modo per realizzare i duisegni del Padre. Ma davanti al rifiuto dell'uomo, e alla sua libera scelta di male, arrivata all'estrema conseguenza con la volonta' di uccidere Gesu', Dio riesce ugualmente, usando il male che gli uomini hanno voluto e fatto contro la Sua volonta', a raggiungere i Suoi scopi di amore e salvezza. Felice
Ed ecco che, da quei neo-cattolici post-romantici che fraintendono il "soprannaturale", vien creato uno pseudo "Spirito divino" a misura di uomo: lo si vede soprattutto nel deviante carismatismo mostrato dai pente-cattolici conciliari inseriti o con-senzienti e partecipi (a loro insaputa: ci son caduta anch'io in passato, in quel consenso del "cuore" mal-inteso all'emotività naturale) con le varie sfumature del movimentismo.
Essi hanno messo il "cuore" (nella sua varia fragilità carnale) al posto dell'anima.
Qui c'è la falsificazione della Grazia, indotta dalle perniciose catechesi conciliarizzate (nonchè omelie decadute nelle messe, per oltre 40 anni, scivolate nel buonismo-melassa che tutto giustifica in nome "dell'uomo amato -così com'è- da Dio", in una religione melensa, superficiale, tutta immanente, perdonista e "vabenista", dove non esiste più nè peccato nè conversione nè collaborazione con la Grazia: Gesù ti-ama-ha-già-risolto-tutto! quindi qualunque cosa tu faccia andrà bene, pensa Lui a tutto....).
Questo è il sentire e il "capire" che ispira tutti i movimenti ecclesiali nati dallo spirito-del-concilio, purtroppo, e anche di gran parte del "popolo di Dio" che giudica tutto secondo il sentimento
=cuore tenero verso la debolezza della natura, ma non disposto a riconoscere i diritti di Dio al di sopra dei nostri: misericordia illimitata, ma non giustizia, un babbonatale tenerino e lezioso, che tutto permette tutto scusa, che asseconda il male? connivente? (magari chiudendo gli occhi dietro occhiali rosa, per "lasciar andare tuto ciò che accade", NO-PROBLEM, "pensiamo positivo!" avanti così, stiamo a vedere, perchè tanto poi...ci pensa lui a rimediare, tranquilli tutti; quindi pecchiamo pure a volontà, tanto siamo sicuri di salvarci ; siamo giunti con tale insegnamento palese ed opcculto alla
presunzione di salvezza senza merito: è proprio il merito, lo sforzo personale che viene svalutato da questa mentalità! la fatica dei Santi, la crocifissione QUOTIDIANA della carne non si usa più, non la si insegna più a piccoli e grandi, (i preti non danno l'esempio, non cercano la santità, non viene loro insegnata nei seminari, la si dà per SCONTATA, grazie al cv2),
sbilanciando così arbitriariamente la vera natura di Dio, come ci fu insegnata per 19 secoli: Perfetta Giustizia e Perfetta Misericordia.
Era proprio questo nocciolo, messo in luce da De Mattei, che sostenevano alcuni blogger qui in quei giorni, di accese discussioni sull'abdicazione, mentre venivano biasimati dalla maggioranza degli interlocutori, giudicati come "incapaci di aver compassione del vecchio papa, di comprendere la sua debolezza fisica, e il suo presunto "atto di umiltà" e affidamento a Dio" ecc.
Avevano ragione allora i pochi fuori dal coro: quella presunta "fiducia in Dio" di un Vicario che rinuncia è dettata agli osservatori "pietosi" e commossi dal PIETISMO qui precisamente evidenziato.
Infatti il Papa si disse consapevole della gravità del suo gesto; ma ha seguito la sua coscienza, quindi con una decisione su base SOGGETTIVA, fondata su criteri del tutto personali, (direi naturalisti: forze che calano, vecchiaia e connessa inabilità psico-fisica....); Dio non poteva ordinargli una cosa tanto grave, magari imponendola al povero Benedetto indeciso, suggerendo con potenza il presunto "Dimettiti per il bene della Chiesa" magari a tale scopo usando "la faccia di Bertone", come argutamente diceva qualcuno (Di J)....
Non riesco a persuadermi di alcune obiezioni che mi sono state fatte. Il punto chiave è che Dio non voleva la morte di Cristo, perché era male e Dio non può volere il male. Tutto il resto segue questo punto.
Tralascio che "Dio non può" mi è sempre sembrata una contraddizione in termini, qualunque cosa segua quel "non può", e che mi è sempre sembrata una bella insolenza che gli uomini vogliano determinare ciò che Dio non può. Sarà solo una mia impressione, e ammettiamo pure che Dio non possa volere il male, ma solo permetterlo.
Resta pur vero che Cristo nell'orto degli ulivi parla proprio della volontà di Dio. E questa volontà di Dio, che Cristo teme, che vorrebbe evitare, ma a cui si sottomette, in quel momento, quando gli Ebrei hanno ormai rifiutato la sua predicazione, quando a Cristo è chiaro quale sarà il suo destino, difficilmente può essere altro che la sua passione e morte.
Trovo acuta l'esegesi di mic, per cui la volontà di Dio non sarebbe in sé la morte di Cristo, ma la sua obbedienza in riscatto della disobbedienza di Adamo. Dio quindi direbbe a Cristo: "Obbediscimi", e Cristo, sottomettendosi, neutralizzerebbe il peccato originale e il suo effetto - la morte, il non poter più mangiare dell'albero della vita.
Ma in che cosa consiste questa sottomissione? Cristo, per obbedire, non deve morire sulla croce? La Chiesa non insegna che è con la sua croce che Cristo ha redento il mondo? Non era questo nel progetto di Dio?
Mi sembra che mic dica il vero, ma non consideri che l'obbedienza di Cristo alla volontà di Dio comporta appunto e nient'altro che la sua morte sulla croce. In questo senso mi pare che non si possa negare che la morte di Cristo sulla croce fosse la volontà di Dio.
Come se ne esce? Io credo solo in due modi: o ciò che a noi sembra così inequivocabilmente male a volte agli occhi di Dio non lo è; oppure Dio può anche volere il male per trarne un maggior bene.
Non sono certo un esperto di teologia, sono solo un latinista, ma vorrei capire.
Non riesco a persuadermi di alcune obiezioni che mi sono state fatte. Il punto chiave è che Dio non voleva la morte di Cristo, perché era male e Dio non può volere il male. Tutto il resto segue questo punto.
Latinista,
dire che Dio non può è un'espressione ovviamente paradossale. Ma in Dio non c'è posto per il male, è Sommo Bene, e dunque come si può ipotizzare che voglia il male sia pure per fini misteriosi?
Quanto alla morte di Cristo, ho detto ed è stato confermato da altri che la volontà del Padre non era la morte del Figlio (causata dalla cattiveria degli uomini), ma l'obbedienza restauratrice. Si parla anche di "espiazione vicaria"; ma anch'essa è conseguenza del male da riparare e non diretta volontà di Dio. E comunque un Dio che si dona fino in fondo, si tuffa nel nostro niente e arriva fino a morire per noi lasciando inchiodare su una Croce tutto il nostro male per vincerlo, è da vertigini!
E' questa la volontà divina da sottolineare, non la volontà diretta al male...
Il fatto che tragga un bene (per maggiore che sia) anche dal male, questo è un altro discorso!
Ma non ha certo bisogno del male (misteriosamente volendolo) per tirar fuori il bene! Anche se, in fondo, nel male noi ci siamo immersi ed è da lì che ci fa venir fuori, non ci immette.
Non sono teologo neanche io, come Latinista, e ho un po' di difficoltà anch'io con l'idea che la volontà di Dio non fosse la morte espiatrice di Cristo sulla croce.
Certamente Lui avrebbe potuto vincere la morte ed il peccato in altro modo.
Invece ha scelto la croce.
Ho difficoltà a pensare che per redimerci dal peccato originale sia stato costretto a questo "solo" da delle contingenze, ma che la reale volontà fosse un'altra.
Ho sempre ritenuto questo suo gesto e sacrificio non come l'esito estremo del male, ma esattamente l'opposto, ovvero il limite estremo cui si può spingere l'atto d'amore.
Quindi obbedienza sì, ma che si dimostra anche con l'offerta estrema e concreta della nostra vita.
Correggetemi se mi sbaglio.
Ho sempre ritenuto questo suo gesto e sacrificio non come l'esito estremo del male, ma esattamente l'opposto, ovvero il limite estremo cui si può spingere l'atto d'amore.
Infatti!
La Croce e la Morte di Gesù Signore non possono essere viste come esito estremo del "male", ma come dono supremo per vincerlo, il male... Questo non esime dal qualificare "male" il comportamento di chi lo ha condannato e torturato; ma non possiamo pensare che questo stato "voluto" dal Padre. Il male era già nel mondo e operava, come opera ancora. Il Signore lo ha attraversato liberamente e volontariamente proprio per togliergli il potere sull'uomo che, in Lui, è vincitore del male.
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