Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 30 giugno 2013

Che n'è del Primato di Pietro?

Veniamo ai fatti, a partire dall'inizio in sordina - per chi non fosse addentro alla rivoluzione conciliare  -, per finire all'atto scoperto del 29 giugno 2013, nella Santa Messa e imposizione del pallio ai nuovi Metropoliti. [precedenti riflessioni] - [qui] - [qui] - [e qui]
... 3. Confermare nell’unità. Qui mi soffermo sul gesto che abbiamo compiuto. Il Pallio è simbolo di comunione con il Successore di Pietro, «principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione» (Conc. Ecum Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa  Lumen gentium, 18). E la vostra presenza oggi, cari Confratelli, è il segno che la comunione della Chiesa non significa uniformità. Il Vaticano II, riferendosi alla struttura gerarchica della Chiesa afferma che il Signore «costituì gli Apostoli a modo di collegio o gruppo stabile, a capo del quale mise Pietro, scelto di mezzo a loro» (ibid., 19). Confermare nell’unità: il Sinodo dei Vescovi, in armonia con il primato. Dobbiamo andare per questa strada della sinodalità, crescere in armonia con il servizio del primato. E continua, il Concilio: «questo Collegio, in quanto composto da molti, esprime la varietà e universalità del Popolo di Dio» (ibid., 22). Nella Chiesa la varietà, che è una grande ricchezza, si fonde sempre nell’armonia dell’unità, come un grande mosaico in cui tutte le tessere concorrono a formare l’unico grande disegno di Dio. E questo deve spingere a superare sempre ogni conflitto che ferisce il corpo della Chiesa. Uniti nelle differenze: non c’è un’altra strada cattolica per unirci. Questo è lo spirito cattolico, lo spirito cristiano: unirsi nelle differenze. Questa è la strada di Gesù! Il Pallio, se è segno della comunione con il Vescovo di Roma, con la Chiesa universale, con il Sinodo dei Vescovi, è anche un impegno per ciascuno di voi ad essere strumenti di comunione. [Privilegia il termine "Sinodo" in luogo di "Collegio"] (*)
Per comprendere questa enfasi sulla collegialità - trasformata addirittura in sinodalità - dobbiamo partire dai documenti conciliari, nei quali è facile trovare anche solo spigolando, disseminati a volte in maniera apparentemente 'casuale', elementi dissonanti e non condivisibili perché in rottura con la Tradizione; rottura a volte palese, a volte in nuce e riconoscibile solo dagli effetti che ora sono sotto i nostri occhi. Rottura che spesso contrasta con le affermazioni di principio iniziali, che risultano vanificate dalle eccezioni che, nella successiva applicazione operata dai solerti conciliari all'opera nella Chiesa ai più alti livelli, sono diventate la regola.

Prima di riportare di seguito, nei "Prodromi", uno stralcio della riflessione che ho già fatto sulla collegialità, legandone le insidie a quelle della cosiddetta chiesa-comunione, riepilogo brevemente gli atti che ne mostrano la graduale ma sempre più incisiva applicazione, della quale oggi assistiamo ad una pietra miliare dagli effetti certamente dirompenti: sembra un'accelerazione della costituzione di una Chiesa "altra" da quella che la Tradizione bimillenaria ci ha consegnato.
  1. 21 novembre 1964: nella Costituzione Dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, la collegialità è introdotta al n.22. Nel documento il termine "collegio" ricorre 28 volte, quello collegialità 1; nel Vangelo nessuna. La famosa Nota Explicativa praevia - redatta su indicazione del card. Ottaviani nell'intento di correggere le incongruenze che erano state prontamente rilevate - è stata regolarmente ignorata e dunque disattesa.

  2. Paolo VI depone la Tiara. Vi rimando dai link a questo documento ed a questo successivo nei quali la lettura dei fatti, che ora sembrano aver raggiunto un nuovo culmine, andava dipanandosi.

    Ne stralcio qui: La Tiara o Triregno, indossata dai Papi al momento dell'incoronazione fin quando non fu deposta da Paolo VI, reca tre corone a significare le tre potestà: coelestium, terrestrium, et infernorum. Veniva imposta dal proto-diacono, proferendo a voce alta e vibrata le famose parole: Accipe Tiaram tribus coronis ornatam, et scias Te esse Patrem Principum et Regum, Rectorem Orbis, in terra Vicarium Salvatoris N. J. C. cui est honor et gloria in saecula saeculorum (Ricevi la Tiara ornata di tre corone, e sappi che Tu sei Padre dei Principi e dei Re, Reggitore del mondo, Vicario in terra del Salvator Nostro Gesù Cristo, cui è onore e gloria nei secoli dei secoli). Detta alle origini semplicemente Regno, risulta consegnata da Costantino a Papa Silvestro, a significare la signoria della Chiesa alla fine delle persecuzioni cui erano stati fino allora sottoposti i cristiani. La seconda corona fu aggiunta da Bonifacio VIII e la terza da Benedetto XII.
    La deposizione della Tiara da parte di Paolo VI, fu attuata solo nella prassi e mai codificata se non con un cambiamento, sempre di prassi, sancito da Giovanni Paolo II.
    Sono a conoscenza di un dato storico proveniente da una testimonianza dell'allora protodiacono, card. Di Jorio. Quando Paolo VI manifestò l'intenzione di deporre la Tiara, non gli fu possibile farlo con una cerimonia come avrebbe voluto perché i cardinali-diaconi gli dissero: « Noi gliel'abbiamo imposta, noi non gliela leveremo ». E dunque egli entrò in Basilica portandola in mano e andò a deporla sotto l'Altare della Confessione... Ma oggi, di fatto la Tiara non c'è più, se non nei simboli custoditi dalle pietre e dalle vestigia storiche che ci tramandano il respiro di una fede millenaria.

  3. Giovanni Paolo II trasforma la collegialità in legge, inserendola nel nuovo Codice di Diritto Canonico (Costituzione Apostolica Sacrae disciplinae leges, 25 gennaio 1983)

  4. Benedetto XVI attua la collegialità in maniera soft, ma efficace, con una certa desistenza dal governo a favore di una maggiore responsabilizzazione dei vescovi. Come atto conclusivo, 'depone' la giurisdizione. [vedi qui] - [e qui] Che senso può avere che non abbia voluto modificare lo stemma?

  5. 13 marzo 2013: Francesco depone tutti i simboli; 13 aprile 2013: "Consiglio della corona"/29 giugno 2013: rende operante la collegialità e apre indiscriminatamente ad eretici e scismatici
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I prodromi

Il 21 novembre 1964, per la chiusura del terzo periodo del Concilio ecumenico, Paolo VI afferma: « la Chiesa non si compone soltanto della sua struttura gerarchica, della sacra liturgia, dei sacramenti, dei suoi organismi » e cita la mistica unione con Cristo; ma poi, secondo una nuova visuale, traccia sostanzialmente il passaggio da una Chiesa, vista come gerarchica, come società perfetta, a una Chiesa vista come comunione di fratelli. Da una Chiesa vista come sempre tesa a difendere i suoi spazi e i suoi diritti, a una Chiesa che vuole essere solo lievito nella pasta. Lievito all’interno delle sue strutture, lievito all’interno delle altre religioni. Da una Chiesa vista come chiusa in se stessa preoccupata della sua conservazione – ma così era realmente? –  a una Chiesa come comunità aperta al mondo, popolo di Dio in cammino. Un principio che gli sembrò doversi esplicare in quanto fin allora implicito nell’ecclesiologia cattolica fu quello della collegialità, divenuto uno dei maggiori criteri di riforma della Chiesa.

Il problema nasce dalla contraddizione tra la democratizzazione che scaturisce da questa nuova visione di Chiesa e la sua costituzione divina. Viene inadeguatamente applicato alla Chiesa il principio che regola le comunità civili, ignorando la differenza tra esse e Chiesa di Cristo: le comunità civili prima si pongono in essere e poi si danno e formano il proprio governo. In ciò esercitano la loro libertà, mentre in esse stesse si fonda originariamente e fontalmente ogni giurisdizione comunicata alle autorità sociali. Al contrario, la Chiesa non si è data da se stessa né ha formato da sé stessa il suo governo, ma è stata fondata in toto da Cristo il cui disegno preesiste all’esistenza stessa dei fedeli. La Chiesa è dunque una società sui generis in cui il capo è anteriore alle membra e l’autorità viene prima della comunità.[1]

Quindi una dottrina che ponga la sua base nel popolo di Dio democraticamente concepito e nel sentimento e nell’opinione del popolo di Dio, è antitetica a quella della Chiesa dove l’autorità non è chiamata ma chiama, e dove tutti i membri sono servi di Cristo, obbligati al precetto divino.

Sui poteri del Pontefice e sul suo rapportarsi alla collegialità dunque molto influisce l’ambiguità della Lumen Gentium  alla quale Paolo VI, messo sull'avviso dai Padri del Coetus Internationalis Patrum, cercò di rimediare con la Nota Praevia stesa sotto la supervisione del Cardinal Ottaviani. E tuttavia tale nota, con molta coerenza progressista posta in calce alla Costituzione, viene sistematicamente "saltata" essendo, appunto, "praevia"...

La Chiesa è per sua natura gerarchica. E il Papa (CIC, can.331), in virtù della sua funzione di Vicario di Cristo, ha nella Chiesa un potere ordinario supremo, pieno, immediato e universale, che può sempre esercitare liberamente. Il potere gli deriva dalla sua funzione e non da una sorta di presidenza del collegio episcopale. Del resto, il can. 1404 recita: Prima Sedes a nemine iudicatur.

La dottrina del Vaticano I e del Vaticano II nella Nota praevia definisce il Papa principio e fondamento dell’unità della Chiesa, giacché è conformandosi a lui che i vescovi si conformano tra di loro. Non è possibile poggino la loro autorità su un principio immediato che sarebbe comune alla loro potestà e a quella papale. Ora con l’istituzione delle Conferenze episcopali e con gli organismi Sinodali la Chiesa è un corpo policentrico a vari livelli nazionali o provincie locali. Conseguenza immediata è un allentamento del vincolo di unità che si manifesta con ingenti dissensi su punti gravissimi.

La nuova ecclesiologia conciliare sancita da Lumen Gentium si armonizza con la “Pastor æternus” circa la giurisdizione universale del Romano Pontefice (n.18), però azzarda un avventuroso allargamento di questa mediante la dottrina della collegialità vescovile come organo di governo accanto e analogo a quello del Sommo Pontefice (nn.19, 22). Nonostante la “Nota esplicativa previa”, mons. Gherardini osserva che « dottrina della Chiesa è quanto la sua Tradizione, dagli Apostoli sino ad oggi, presenta e propone come tale: la collegialità non ne fa parte ».

Lumen Gentium, al n.19 dichiara: « Il Signore Gesù, dopo aver pregato il Padre, chiamò a sé quelli che egli volle, e ne costituì dodici perché stessero con lui e per mandarli a predicare il regno di Dio (cfr. Mc 3,13-19; Mt 10,1-42); ne fece i suoi apostoli (cfr. Lc 6,13) dando loro la forma di collegio…»

Non mancano perplessità, nelle posizioni più tradizioniste, se si pensa che il termine “collegio” per designare l'episcopato non ricorre né nella Sacra Scrittura né nella Tradizione della Chiesa antica. Apostoli vuol dire ‘mandati’: il Signore li manda due a due non in "collegio"... C’è anche da osservare che il “collegio” si fonda su una potestà giuridica e morale, mentre si diviene vescovi per via sacramentale, ovvero mediante un quid che è nel contempo fisico e mistico come lo è l'unità della Chiesa.

La collegialità, per effetto della creazione di strutture sovra diocesane come le Conferenze Episcopali, rischia di diminuire non solo l'autorità del pontefice ma anche quella dei singoli vescovi nelle loro diocesi. Inoltre non è peregrina l'osservazione che se i vescovi, per diritto divino, costituiscono un vero e permanente collegio in senso stretto, con a capo il romano pontefice, ne deriva come prima e non unica conseguenza che la chiesa in modo abituale dovrebbe essere governata dal Papa con il collegio episcopale. In altre parole, il governo della Chiesa, per diritto divino, non sarebbe monarchico e personale, ma collegiale. È Giovanni Paolo II che ha inserito la collegialità nel nuovo Codice di Diritto Canonico trasformandola così in legge (Costituzione Apostolica Sacrae disciplinae leges, 25 gennaio 1983).

In effetti si manifesta una duplice inconciliabilità nel principio del rapporto tra Primato e collegialità. Basti pensare alla tesi dell’unico soggetto (collegio dei vescovi e romano pontefice) e i dati del magistero che, pur senza posizioni dichiarative parlano di due distinti soggetti (LG 22). All’interno stesso di questa suddivisione, la stessa inconciliabilità si coglie tra le esigenze metafisiche dell’autorità nella vita sociale e la realtà ecclesiale compresa alla luce della rivelazione cristiana.

Lumen Gentium, al n. 22 evidenzia una tensione che, ultimamente, manifesta la difficoltà di « collocare all'interno di una concezione collegiale  del ministero episcopale che scaturisce da un'ampia prospettiva storico-salvifica della Chiesa come communio la dottrina del Vaticano I, la quale si distingue per una visione della Chiesa apologetica, giuridica  e astorica ed inoltre concentrata sul Papa »[2].

La Chiesa in tutte le epoche risente di -ismi di vario genere, dai quali la sua, che è anche la nostra, storia terrena non è mai esente. Ma assolutizzare certi aspetti per giustificare la rivoluzione Copernicana operata dal concilio è stata un’operazione prevenuta e ideologica. Di certo era necessario aggiornare ciò che era rinnovabile e meglio organizzabile, non rifondare la Chiesa.

Si pretende dunque che la visione Chiesa-comunione sia la scoperta del Vaticano II e vada a sostituirsi a quella di società perfetta ed oggi appare dominante come se più vicina alle assonanze bibliche  specificamente neotestamentarie, come se potesse finalmente sintetizzare alla perfezione tutto il rapporto con Dio fino al concilio non esattamente compreso. Ma il rischio più grande è quello di ricondurre tutto ad un'interpretazione puramente psico-sociologica, ai bisogni e alle attese umane. Acquista valore la Chiesa locale, come se l’universalità della Chiesa e tutto il suo mistero prima del concilio non le appartenesse a pieno titolo.

Possibile che nessuno abbia mai detto a costoro che la Chiesa, fin dal suo nascere ad opera del Salvatore, se non fosse stata e rimasta “comunione” dei Suoi in Lui, non sarebbe mai stata LA Chiesa?
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1. Romano Amerio. Iota unum, Lindau 2009, 470
2. H. Rikhof, Il vaticano II e la "collegialità episcopale", 26

(*) Nota Magister sul suo Blog Settimo cielo: " ...Non è la prima volta che papa Jorge Mario Bergoglio fa capire d’essere intenzionato a rafforzare il ruolo del sinodo dei vescovi.
Ma questa volta si è espresso oralmente in una forma che – se messa per iscritto in anticipo – avrebbe fatto alzare il sopracciglio a qualche revisore della congregazione per la dottrina della fede. Perché un sinodo dei vescovi, istituto parziale e transeunte, non è la stessa cosa del collegio episcopale universale, costitutivo da sempre e per sempre della struttura della Chiesa". [...]

62 commenti:

Furio Fuori TEMA ha detto...

Fuori tema, ma neppure poi tanto. gIUDICATE VOI

http://www.dailymotion.com/video/x1158jb_la-manif-pour-tous-en-france_news#.Uc_lcdvnGPI

Anonimo ha detto...

Il link riporta alla consistente mobilitazione in Francia contro le note innovazioni antropologico-sociali della Legge Taubira.

La 'resistenza' (pacifica) - che denota maturità e responsabilità delle coscienze dei singoli - continua e si organizza sempre più.

Leggo proprio oggi:

""Quella dei Veilleurs Debout (letteralmente Vigilanti in piedi) è una nuova forma di resistenza pacifica del movimento francese nato in opposizione alla legge Taubira (Le marriage pour tous) e agli eccessi della polizia a nel soffocare ogni forma di dissenso ai matrimoni omosessuali.
Organizzata inizialmente per chiedere la liberazione del giovane Nicolas, condannato a quattro mesi di reclusione e incarcerato a Fleury-Mérogis , questa forma di protesta nasce spontaneamente il 25 giugno scorso a place Vendôme a Parigi, di fronte al Ministero della Giustizia: decine di uomini e donne di tutte le età si fermano immobili silenziosi a distanza di due metri l’uno dall’altro con il solo scopo di attirare l’attenzione.""

Sta di fatto che ci sono dei sindaci che applicano l'obiezione di coscienza e non celebrano i matrimoni omo...

Ma nella Chiesa, è diverso. La 'resistenza' dovrebbe essere guidata da "pastori" illuminati. Dove sono?

da il Sismografo ha detto...

....
Andrea Tornielli ha commentato: "Parole che lasciano presagire riforme sulla struttura del Sinodo dei vescovi e sul suo funzionamento, nel segno di una maggiore collegialità". C'è però molto di più nelle parole del Papa poiché la questione della collegialità il Papa la colloca in diretto rapporto con il Primato di Pietro e quindi con l'esercizio del ministero petrino (munus petrino). Alberto Melloni che della delicata questione se ne intende twitta: "Cade tabù epocale: il papa lega sinodo e primato e spiega la sinodalità. Chi crede che la notizia sia lo Ior è scemo".

Japhet ha detto...

Credo che la 'navigazione a vista' è conclusa: siamo finiti contro uno scoglio.

Unknown ha detto...

Il "grembiulino" Cordero Lanza di Montezemolo mente spudoratamente: fu sua l'idea di togliere la tiara dallo stemma. Ratzinger, uomo fin troppo mite, non si oppose, ma gli disse aggiungere i tre regni sulla mitria, per "salvare" la giurisdizione. Nell'ottobre 2010, infatti, ricomparve la tiara sullo stemma, lo vedemmo nel nuovo drappo durante un angelus. E scoppiò il fini-mondo.

renovatio ha detto...

Il picciolo problema di Melloni & socii è, fra l'altro, che, se niente niente, per assurdo ovvero per miracolo, un giorno la maggioranza dell'episcopato "tornasse alla Tradizione", costoro sarebbero i primi ad appellarsi al primato romano per strigliare tutto il "sinodo"..

Angelo ha detto...

http://www.antoniosocci.com/2013/06/una-clamorosa-e-sconosciuta-serie-di-miracoli-eucaristici-a-buenos-aires-con-bergoglio-vescovo/

Socci ha trovato il miracolo pure per Bergoglio

Anonimo ha detto...

Da questa lettura dei papi post- conciliari non si salva nessuno.
Ma non ci sono dei beati e un quasi santo?

Ric ha detto...

Magister ne parla qui
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/06/30/sinodo-o-collegio-il-traduttore-corregge-il-papa/

Anonimo ha detto...

Socci in realtà tenta la difesa d'ufficio di Papa Bergoglio.
Quel miracolo eucaristico è stato quasi nascosto al mondo e semmai aggrava la scarsa devozione eucaristica mostrata da Francesco.

Anonimo ha detto...

Detto in parole povere: il postconcilio e' un vero casino!
Solo Dio può riportare l'ordine laddove l'uomo ha creato disordine. Solo un miracolo può risollevare le sorti della catholica.

Magister - Settimo cielo ha detto...

Dal blog di Magister:

"... Confermare nell’unità: il Sinodo dei Vescovi, in armonia con il primato. Dobbiamo andare per questa strada della sinodalità, crescere in armonia con il servizio del primato. E il Concilio continua: ‘questo Collegio, in quanto composto da molti, esprime la varietà e universalità del Popolo di Dio’ (ibid., 22). Nella Chiesa la varietà, che è una grande ricchezza, si fonde sempre nell’armonia dell’unità, come un grande mosaico in cui tutte le tessere concorrono a formare l’unico grande disegno di Dio. E questo deve spingere a superare sempre ogni conflitto che ferisce il corpo della Chiesa. Uniti nelle differenze: non c’è un’altra strada cattolica per unirci. Questo è lo spirito cattolico, lo spirito cristiano: unirsi nelle differenze. Questa è la strada di Gesù! Il Pallio, se è segno della comunione con il Vescovo di Roma, con la Chiesa universale, con il Sinodo dei Vescovi, è anche un impegno per ciascuno di voi ad essere strumenti di comunione”.

Non è la prima volta che papa Jorge Mario Bergoglio fa capire d’essere intenzionato a rafforzare il ruolo del sinodo dei vescovi.

Ma questa volta si è espresso oralmente in una forma che – se messa per iscritto in anticipo – avrebbe fatto alzare il sopracciglio a qualche revisore della congregazione per la dottrina della fede. Perché un sinodo dei vescovi, istituto parziale e transeunte, non è la stessa cosa del collegio episcopale universale, costitutivo da sempre e per sempre della struttura della Chiesa.

Così, quando il traduttore ufficiale in francese dell’omelia di papa Francesco, arrivato all’ultima riga della terza parte si è imbattuto in questa approssimazione, gli è scappato di… correggere il papa, mettendo tra parentesi la traduzione letterale accompagnata da un punto interrogativo:

“… avec le Collège (Synode?) des évêques…”.

Ai giornalisti accreditati presso la sala stampa vaticana, la prima versione in francese dell’omelia del papa è arrivata così come sopra, poco dopo la fine della celebrazione.

Solo più tardi, quando l’omelia è comparsa nel sito del Vaticano, la versione francese è apparsa pulita, senza più la glossa del traduttore.

“… avec le Synode des évêques…”.

Rossella ha detto...

Ascolto, leggo, osservo e prego col cuore in gola.
Ogni giorno cerco, tra le parole del papa nella messa quotidiana, quello che mi aspetto da un sommo pontefice: parole salde, chiare, pienamente cattoliche, certe, sulle quali si sa di poter appoggiare il piede... come sulla Roccia per l'appunto... e tutti i giorni non ne sento. Sento tante cose in sè buone, mica sbagliate in fondo.... ma anche così vacue, incerte, così generali che si prestano a ogni interpretazione. Potrebbero essere dette da un primate anglicano o da un pastore luterano...non ci trovo nulla di "cattolico". Sbaglio? esagero io?

Chiedo a MIC se può gentilmente spiegarmi meglio cosa intende con :"29 giugno 2013: rende operante la collegialità e apre indiscriminatamente ad eretici e scismatici"
Ho sentito l'omelia e ho rabbrividito anche io, ma l'aprire agli eretici non l'ho colto... grazie!
(...vorrà dire che aprirà anche alla FSPX?...)

p.s. la devo dire: quando sento "fratelli e sorelle...buongiorno!" mi viene da piangere

Anonimo ha detto...

Nessuno ha osservazioni su questo "unirsi nelle differenze"? Quali? Cosa implica?

Anonimo ha detto...

Ottima la distinzione di Magister tra "collegialità" e sinodalità.
In ogni caso la sinodalità è una funzione espletata nell'ottica della collegialità.

Japhet ha detto...

Dal discorso agli ortodossi:
... Questa mattina, il papa ha ricordato il lavoro della Commissione sul “delicato tema della relazione teologica ed ecclesiologica tra primato e sinodalità nella vita della Chiesa”. “È significativo – ha osservato – che oggi si riesca a riflettere insieme, nella verità e nella carità, su queste tematiche iniziando da ciò che ci accomuna, senza tuttavia nascondere ciò che ancora ci separa”.

http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/ecumenismo-ecumenism-ecumenismo-26047/

alessandra ha detto...

Innocenzo III che convocò il IV Concilio Lateranense, Rivolgendosi ai Padri Conciliari stabilisce e insegna che la Chiesa non è sinodale, ne collegiale, che il Ruolo del Romano Pontefice non è solo quello di Presiedere la Chiesa nella carità ,ma visto che il suo potere gli viene dato direttamente da Dio, è quello di Governarla , il mandato Cristo lo ha dato a Pietro e ai suoi successori legittimi non lo ha dato a tutti il potere di sciogliere è legare lo mette al di sopra di tutti il Papa Francesco nell'incoraggiare la collegialità e la sinodalità nella Chiesa rischia di incappare nell'eresia e di rompere con il magistero infallibile dei suoi predecessori

Anonimo ha detto...

Unirsi nelle differenze comporta l'indifferenziazione che è la matrice di ogni crisi. Significa che non c'è più un munus ma tutti sono sullo stesso piano, come una democrazia al cui interno agiscono i vari partiti. In altre parole non ci sarà più una Veritas calata dall'alto, da un'autorità, ma verrà dal basso, come somma delle differenza, una verità frutto di un compromesso.
Micus

Anonimo ha detto...

La rispozta all' "unione nelle differenze" risponde alla domanda di Rossella.

Anonimo ha detto...

Ho detto "rende operante la collegialità", ma come al solito siamo ad un de facto che difetta di un de iure che richiede un atto ufficiale esplicativo e argomentato, più specifico di quello che ha istituito il consiglio della corona...
La prassi ateoretica ma rivoluzionaria continua...

Anonimo ha detto...

Certo che la Chiesa nel corso del '900 ha messo in atto dei cambiamenti repentini...chi pensava, nel 1913 che saremmo arrivati a questi punti? Se Pio X tornasse riconoscerebbe la Chiesa?
A volte penso che la profezia di La Salette in cui si dice che sarebbero stati liberate legioni di demoni dopo il 1850, si sia tristemente avverata...

CLAUDIO ha detto...

E' la prima volta che intervengo e vi ringrazio.
Vorrei segnalare alla vostra attenzione le parole pronunciate da Bergoglio nell' udienza generale di Mercoledì 26 giugno 2013.

Parlando dell' UTILITA' che ognuno di noi ha in relazione alla costruzione della Chiesa- e sottolineo dell' UTILITA' IN RAPPORTO ALL' EDIFICAZIONE DELLA CHIESA, non di altre caratteristiche, come ad esempio la santità ( e comunque anche in questo caso il discorso che segue sarebbe falso) dichiara:

<< ...tutti siamo necessari per costruire questo Tempio! Nessuno è SECONDARIO. Nessuno è IL PIU' IMPORTANTE nella Chiesa, tutti siamo UGUALI agli occhi di Dio >>
e facendosi l' obiezione che un fedele di buon senso gli farebbe- sta infatti considerando, è bene ribadirlo, l' UTILITA', la NECESSITA' di un membro della Chiesa in ordine all' edificazione della Chiesa- continua così:

<< Qualcuno di voi potrebbe dire:'Senta Signor Papa, Lei non è uguale a noi'. SI', SONO COME OGNUNO DI VOI, TUTTI SIAMO UGUALI,siamo fratelli!...>>

Forse, dico io, ma lasciando a voi ulteriori commemti, in una casa, una piastrella, seppur bella e utile, è importante come le fondamenta? O cambiando metafora in un corpo umano, il dito mignolo, senz' altro utile, è importante come il cuore, è uguale sul piano dell' utilità alla testa?

Appare in queste parole un sovvertimento del genuino concetto di autorità, per cui anche il parlare di Primato o collegialità, cioè chiedersi a quale soggetto appartenga la somma autorità ecclesiastica, in questo contesto, è equivoco.
Sarà interessante ritornare sulla sostituzione, in corso a partire dal vaticano II, del vero concetto di autorità e sull' equivocazione che ne segue.
Grazie per lo spazio.

Anonimo ha detto...

Romano dice:

Secondo la dottrina di Bergolio, tutti noi siamo eguali a tutti noi, ECCETTO quelli testardi restorazionalisti trai noi ...

unità nelle differenze, ECCETTO quelli testardi tradizionalisti che non vogliono essere eguali...

Qundi, se io devo indovinare che vuole dire Bergolio, "egualità" significa niente più nella sua bocca che "libertà" o "democracia" nella bocca di Leni, Stalin, o Mao se Tung!

ciò la tirannia di rivoluzione...

Louis Martin ha detto...

Caro Romano,
è da sempre così, principio di tutti i progressisti, e ora della chiesa conciliare.

Pas de liberté pour les ennemis de la liberté!

Anonimo ha detto...

se gli Apostoli costituivano un "gruppo stabile", potevano chiedere l'applicazione del Summorum Pontificum...?

Anonimo ha detto...

La formulazione del papa è certamente strana se la sinodalità e la comunione con Roma passano attraverso il sinodo dei vescovi secondo la concezione degli ortodossi, non cattolica.

Ricorda le sfrenate sperimentazioni degli anni '70. Ma qui non si vuole può sperimentare...

Rossella ha detto...

segnalo questa intervista a
Joannis Zizioulas, metropolita di Pergamo. Mi sembra estremamente allarmante

http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/ortodossia-ortodhoxy-ortodhoxia-papa-el-papa-pope-26095/

Anonimo ha detto...

Zizioulas, è noto per alcuni insegnamenti, molto seguiti, ma che presentano pecche dal punto di vista dell'ortodossia cattolica.
Ovviamente noi per Ortodossia intendiamo la fedeltà ai fondamenti della Fede, che la nostra Chiesa custodisce e che rendono la nostra Fede viva e retta.

Dice Zizioulas:
"Gli ortodossi sono tradizionalmente preoccupati che il Papa voglia sottometterli e esercitare la giurisdizione su di loro. Potrà essere d’aiuto il fatto di mettere da parte esplicitamente ogni pretesa di giurisdizione. E questo ben si accorda con il fatto che Papa Francesco si presenta come il vescovo di Roma. Lui dice a me e a tutti i vescovi: io sono un vescovo, come lo sei anche tu. Tutti i vescovi, dal Papa ai Patriarchi fino all’ultimo di loro, sono uguali dal punto di vista del sacerdozio."

Se sono uguali dal punto di vista del sacerdozio, di cui tutti i vescovi condividono la pienezza, non lo sono per la funzione, soprattutto il Pontefice, che esercita la sua direttamente ricevuta dal Signore.
E non è un primus inter pares, come sembra prefigurarsi e presentarsi il nuovo Papa, che insiste su presentarsi come "vescovo di Roma", ma lascia monco il resto e così confonde tutti: proprio perché il vescovo di Roma è anche il Successore di Pietro, Vicario di Cristo non è 'pari', ma esercita un primato.

Anonimo ha detto...

A questo lik c'è un articolo di Inos Biffi pubblicato da Avvenire

http://ilblogdiraffaella.blogspot.it/2013/07/continuita-e-rinnovamento-nel-primato.html

Vi leggo:
Già il Concilio di fatto ha istituito il Sinodo dei Vescovi; allo stesso modo può essere diverso, quasi meno 'giuridico', il linguaggio con cui tale primato viene espresso.

Il Concilio non parla di Sinodo, ma di Collegio dei Vescovi, di cui Magister ci ha fatto notare la differenza: "Perché un sinodo dei vescovi, istituto parziale e transeunte, non è la stessa cosa del collegio episcopale universale, costitutivo da sempre e per sempre della struttura della Chiesa".

E' il Papa che negli ultimi discorsi tende a sostituire -impropriamente- il termine Sinodo a quello di "collegio", che già presenta difficoltà di per sé, perché neppure nei confronti del "Collegio" si può parlare di primus inter pares

Occorre, in ogni caso, che resti invariato e si riconosca imprescindibile il suo contenuto dogmatico, dovuto all’istituzione di Cristo, per la quale non esiste Collegio dei Vescovi in cui non sia presente e operante quale Capo il Vicario di Pietro ( cum Petro et sub Petro).

Il Papa non è "Vicario di Pietro" è "Successore di Pietro, "Vicario di Cristo"!

Lo stesso vale per questo successivo:
Ecco perché – di là dagli orientamenti o preferenze di scuole teologiche (se così si possono chiamare) o dalle simpatie e dalle buone intenzioni – non è affatto conforme con la dottrina di fede, riproposta dal Vaticano II, parlare, secondo un uso che si va diffondendo, del Sommo Pontefice semplicemente come di un «primo tra pari ( primus inter pares ) », proprio perché il Vicario di Pietro non è 'pari'.

Anonimo ha detto...

Altri prodromi: leggiamo Giovanni Paolo II

"... «Si dice - e questo è vero - che il Papa è vicario di Cristo. È vero e io l’accetto con tutta umiltà. L'accetto più facilmente dopo il Vaticano II perché nei documenti del Concilio questa stessa definizione di vicario di Cristo viene attribuita a tutti i vescovi: ciascun vescovo è vicario di Cristo per la sua Chiesa. Il Papa è vicario di Cristo per la Chiesa di Roma e a causa della vocazione, della caratteristica di questa Chiesa romana è anche vicario di Cristo per la Chiesa universale. Si tratta certamente di un'attribuzione, di una parola forte: una parola che fa trepidare. Devo dirvi che preferisco non abusare di questa parola e adoperarla raramente. Preferisco dire "successore di Pietro", sì; ma ancor più preferisco dire "Vescovo di Roma". Quell'altra parola deve venir riservata ai momenti più solenni dove la Chiesa deve presentarsi nella sua identità cristologica, nella sua dimensione cristologica, come corpo di Cristo. In questa circostanza e in questo contesto anche la parola "Vicario di Cristo" sembra più giustificata»...." Giovanni Paolo II, Agli studenti del Pontificio Seminario Romano Maggiore, 3 marzo 1984.

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1984/march/documents/hf_jp-ii_spe_19840303_sem-rom-maggiore_it.html

A parte il fatto che non esistono più questi "momenti più solenni dove la Chiesa deve presentarsi nella sua identità cristologica, nella sua dimensione cristologica, come corpo di Cristo. In questa circostanza e in questo contesto anche la parola "Vicario di Cristo"... ", perché più il tempo passa e più il papato si banalizza anche nei suoi aspetti esteriori; ma soprattutto non ci sono pronunciamenti ex cathedra...
Tuttavia, come si può esercitare un vero "governo" e come si può pretendere piena obbedienza, se già si limita la propria funzione ai momenti solenni, peraltro da tempo non più esercitati?

E perché ritenere la dimensione cristologica limitata solo a questi momenti? Ad essi si applica tutt'al più l'"infallibilità"; ma perché questo 'distinguo'?
Di fatto il Papato lo dobbiamo considerare estinto proprio perché non si fanno più pronunciamenti solenni, ex cathedra? E anche perché sembra non tenersi più conto dei Dogmi solennemente proclamati dai Papi precedenti il concilio?

E sono atti di governo solo quelli solenni e non il pieno esercizio del munus petrino in tutta la sua interezza?

Ecco perché abbiamo una Chiesa senza "governo"... una strana ed esiziale desistenza, come la chiama Romano Amerio che ne deduce il dimidiamento, cioè il dimezzamento, l'indebolimento della mano di Dio.
"Rimane abbreviata la mano di Dio" "breviatio manus Domini" (Is 59,1- "ecco non è troppo corta la mano del Signore da non poter salvare")...

Anonimo ha detto...

Per chi volesse approfondire su Romano Amerio et alia:

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2010/07/romano-amerio-uno-zibaldone-di-recente.html

Anonimo ha detto...

Dal link di Vatican Insider:

Dice ancora Zizioulas:
Un ortodosso potrebbe attendersi ad esempio che il Papa riconosca al sinodo dei vescovi cattolici una autorità deliberativa e non solo una funzione consultiva. Permettere che il sinodo decida. Se si continua come è stato finora, il sinodo rimarrà un organo di consultazione che il Papa può anche ignorare. Ho saputo che Papa Francesco ha già costituito un gruppo di cardinali per consigliarlo nel governo della Chiesa e nella riforma della Curia.

E' questo quel che Bergoglio potrebbe "preparare".
In questo caso sarebbe ben più che la già seria desistenza di cui sopra!

Ma Dio non voglia, altrimenti, Signore, da chi andremo?

Angelo ha detto...

Se non vado errato, solo a Pietro Cristo ha conferito il potere di legare e sciogliere. Il primato è quindi giuridico, e dire che ogni vescovo è Vicario di Cristo mi pare un grave errore, peraltro contraddittorio: la potestà sta nel singolo vescovo, nel collegio o nel sinodo, addirittura?

Anonimo ha detto...

Avete una faccia tosta da primato: non riconoscete la democrazia nella Chiesa e tra le chiese ma vi lamentate del perché vi tengono fuori! E mic chiede da chi andremo? Non ti basta Cristo? Papa Francesco vi ha ben definito, questa volta non potrete giocare a fare i finti devoti come con BXVI.

Anonimo ha detto...

Anonimo, chi è che ci "tiene fuori" e da "cosa"?
Il fatto che 'leggiamo' difficoltà e rischi di confusione o peggio nei detti ed atti -peraltro non infallibili- di un papa, non ci "mette fuori" se non dai circuiti mentali dei "benpensanti" che confondono il corpo mistico di Cristo con una democrazia...

Louis Martin ha detto...

"non ci "mette fuori" se non dai circuiti mentali dei "benpensanti" che confondono il corpo mistico di Cristo con una democrazia"


Brava Mic! E così ci preserviamo dalla mondanità spirituale, di cui parla tanto Bergoglio ...

Immaculatum se custodire ab hoc saeculo!

rocco ha detto...

infatti la Chiesa oggi parla sempre piu' politichese e sempre meno cattolicamente. finiranno col parlare di repubblica democratica di Dio invece che di Regno, parola cosi reazionaria e politicamente scorretta, che presuppone la presenza di un Re e non di un presidente,cioe' che presiede. un Re non presiede, ma comanda. il papa regna come vicario di Cristo, ma evidentemente oggi preferisce presenziare all'assemblea, non solo di tutti i vescovi, ma anche di tutte le religioni. concettualmente siamo schiavi di un preconcetto che ci viene inculcato a scuola: democrazia=libertà. re=imposizione antilibertaria. i cattoprogressisti non ne sono immuni, anzi. il problema del cattomodernista e' la politica, non la Vera Fede.

rocco ha detto...

" non riconoscete la democrazia nella Chiesa e tra le chiese "

infatti il vangelo e la bibbia sono pieni di riferimenti alla futura e gloriosa chiesa democratica unita e ecumenica. Grazie a Dio proprio non riesco a vedere una Chiesa democratica e unita agli eretici e agli scismatici.

Gederson Falcometa ha detto...

Possiamo pensare molte cose sul questo passagio evidenziato dell'omelia di Papa Francesco.

La prima cosa evidente è che il testo della Lumen Gentium mette sotto il stesso piano, causa ed effetto, cioè, il Successore di Pietro è il principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità della fede e della comunione (per la parola "della fede" invece "nella fede" è stranea). Come se Cristo avesse mandato Pietro confermare i fratelli nella fede e comunione, ora, se Pietro conferma nella fede, la comunione è l'effetto di questa confermizione. Doppo la prima cosa evidente nel passaggio dell'omelia, è che il Papa Francesco non tratta della fede, ma sollo di unità e di comunione. Così, in questo estratto da omelia, egli inverte il rapporto tra causa (la fede) ed effetto (la comunione). Questo assomiglia al Cristo della fede di Loisy, che è nato proprio in base alla comunione tra le prime comunità cristiane. Poi dice:

"E la vostra presenza oggi, cari Confratelli, è il segno che la comunione della Chiesa non significa uniformità".

Qui se deve ricordare una parola di Benedetto XVI, che ha detto "La Babilonia era uniforme". Doppo questa parola di Benedetto XVI, la uniformità è diventata un male per molti cattolici. Ma ricordo che i per i profeti dell'Antica Alleanza, la Babilonia era una bestia e lei possiede un corpo, così la uniformità è naturale al suo corpo. Detto questo, domando:

La comunione è l'effetto della uniformizazione alla fede, adesso se la comunione della Chiesa non significa uniformità, che cosa significa allora?





Anonimo ha detto...

dice Claudio:

<< ...tutti siamo necessari per costruire questo Tempio! Nessuno è SECONDARIO. Nessuno è IL PIU' IMPORTANTE nella Chiesa, tutti siamo UGUALI agli occhi di Dio >>
e facendosi l' obiezione che un fedele di buon senso gli farebbe- sta infatti considerando, è bene ribadirlo, l' UTILITA', la NECESSITA' di un membro della Chiesa in ordine all' edificazione della Chiesa- continua così:
<< Qualcuno di voi potrebbe dire:'Senta Signor Papa, Lei non è uguale a noi'. SI', SONO COME OGNUNO DI VOI, TUTTI SIAMO UGUALI,siamo fratelli!...>>

sembra non rendersi conto del rischio di banalizzazione e relativizzazione del Primato petrino, del mandato unico del Successore di Pietro, e dell`autorità che gli appartiene, che quelle sue parole possono indurre.

E' vero che davanti a Dio siamo tutti uguali, perché il suo amore si riversa su tutti. Ma è necessario anche sottolineare le diverse funzioni (le diversità delle membra in Paolo ai Corinzi) e la chiamata diversa che ognuno di noi riceve.
E anche la diversa responsabilità in base alla funzione che l'autorità, soprattutto la sua, comporta.
Glissare su questo, significa, al suo solito, banalizzare tutto. E così non è che rende più comprensibile il messaggio di fede. Con le sue frasi ad effetto, chiarisce un dato e ne oscura e vanifica mille altri che vi sono collegati.

rocco ha detto...

ecco un fulgido esempio di cio che dicevo...da notare l'intestazione del sito e i colori usati...pace e arcobaleno...."buona" lettura.

naturalmente abbiamo anche un fulgido esempio di come distorcere le parole dio Gesu

http://www.mosaicodipace.it/mosaico/a/10986.html

Anonimo ha detto...

La comunione è l'effetto della uniformizazione alla fede, adesso se la comunione della Chiesa non significa uniformità, che cosa significa allora?

Infatti Gederson, si tratta di una unità fittizia, non in Cristo Signore e creata da Lui perché ci rende UNO, in Lui; ma fatta dall'uomo, "unendo le differenze": mettendo dunque sullo stesso piano verità ed errore, anche quando la differenza induce in errore...

Questa non è unità in senso teologale, cioè vera comunione,quella che rende la Chiesa ciò che essa è nella Comunione dei Santi in Cristo. Questa è "uniformizzazione" (anche se definita "non uniformità") e alla fine non altro che un insieme disomogeneo: è consorteria...

Anonimo ha detto...

LG 27 - I vescovi reggono le Chiese particolari a loro affidate come vicari e legati di Cristo (BENEDETTO XIV, Br. Romana Ecclesia, 5 ott. 1752, § 1: Bullarium Benedicti XIV, t. IV, Romae 1758, 21: "Il Vescovo l’immagine di Cristo e compie le sue funzioni". PIO XII, Encicl. Mystici Corporis, l.c. [nota 15], p. 211: "I singoli nutrono e reggono i singoli greggi di Cristo loro assegnati" [Dz 3804; Collantes 7.200].

Anonimo ha detto...

Anonimo 15:35
Lo dice anche il CCC:

N. 1560: «Ogni vescovo ha, quale vicario di Cristo, l'ufficio pastorale della Chiesa particolare che gli è stata affidata, ma nello stesso tempo porta collegialmente con tutti i fratelli nell'episcopato la sollecitudine per tutte le Chiese».

La invito a pesare bene il senso delle parole: il vescovo è Vicario di Cristo nell' "ufficio pastorale" della sua diocesi, come del resto ogni sacerdote agisce in persona Christi nell'offrire il Santo Sacrificio. Del resto lo stesso pallio vescovile simboleggia il Buon Pastore.

Il Pontefice, invece, è "Vicario di Cristo" nel "confermare nella fede" e nel "governo" della Chiesa universale; il che gli conferisce -appunto- il primato, che il Signore ha affidato a Pietro e non ai 12, che ha costituito uniti-in-Lui (unione mistica) e non in "collegio" (organismo in qualche modo giurisdizionale). Il collegio dei vescovi struttura la Chiesa, ma non condivide la funzione di Pietro, è un soggetto distinto, sussidiario e non equivalente.

Angelo ha detto...

Mi sbagliavo, quindi: anche i vescovi sono vicari di Cristo. Ma, visto che ad essi in quanto collegio non è stata datta alcuna potestà di "legare e sciogliere", la loro non è evidentemente una somma autorità giuridica.

Anonimo ha detto...

La seconda parte dello stesso n.1560 recita

... ma nello stesso tempo porta collegialmente con tutti i fratelli nell'Episcopato la sollecitudine per tutte le Chiese: " Se ogni Vescovo è propriamente Pastore soltanto della porzione del gregge affidata alle sue cure, la sua qualità di legittimo successore degli Apostoli, per istituzione divina, lo rende solidalmente responsabile della missione apostolica della Chiesa ".

Questa affermazione può già trarre in inganno; ma "responsabilità solidale" non è responsabilità personale, unica, diretta esercitata dal Pontefice.

Anonimo ha detto...

Del resto ogni Battezzato è "solidarmente responsabile" secondo la sua chiamata, se Pio XII dice nella Mystici Corporis:

"... Mistero certamente tremendo, né mai sufficientemente meditato: che cioè la salvezza di molti dipenda dalle preghiere e dalle volontarie mortificazioni, a questo scopo intraprese dalle membra del mistico Corpo di Gesù Cristo, e dalla cooperazione dei Pastori e dei fedeli, specialmente dei padri e delle madri di famiglia, in collaborazione col divin Salvatore."

Gederson ha detto...

"LG 27 - I vescovi reggono le Chiese particolari a loro affidate come vicari e legati di Cristo"

Non conosco bene la questione, ma considerando che la jurisdizione vienne al vescovo tramite al Papa (e non direttamente di Cristo) me sembrava che i vesvovi erano vicari e legati del Papa nel governo delle Chiese particolare. Non sapeva che anche gli vescovi era considerati vicari di Cristo. Per quanto riguardà il Collegio dei vescovi, anche questo apparre come un Vicario del Papa sulla Chiesa universale....



Anonimo ha detto...

Secondo la mia sensibilità avrei usato il termine "comunionalmente responsabile", perché il solidalmente riguarda la "solidarietà", che attiene già all'umano e non al Soprannaturale, da cui nasce invece il legame, il vincolo autentico di unità profonda nel Signore, che appartiene al Suo corpo mistico che è la Chiesa.

Angelo ha detto...

E' una mia impressione o la Fraternità sta perdendo molti pezzi? Scusate il fuori tema.

Gederson Falcometa ha detto...

"Infatti Gederson, si tratta di una unità fittizia, non in Cristo Signore e creata da Lui perché ci rende UNO, in Lui; ma fatta dall'uomo, "unendo le differenze": mettendo dunque sullo stesso piano verità ed errore, anche quando la differenza induce in errore..."

Mic, sono d'accordo con te, perffetto il tuo commento.

RIC ha detto...

Magister oggi:




ROMA, 1 luglio 2013 – A cinque giorni dalla deflagrante sentenza della corte suprema degli Stati Uniti contro la creaturale differenza di sesso tra uomo e donna, ancora il pastore supremo della Chiesa cattolica non ha proferito verbo.

È sempre possibile che lo faccia dopodomani, nel corso della settimanale udienza pubblica del mercoledì, o in un altro momento successivo.

Ma visto il personale riserbo con il quale ha affrontato questo e altri temi analoghi a forte impatto politico nei primi cento giorni del suo pontificato, in linea generale Francesco sembra preferire che su questi temi siano i vescovi di ciascuna nazione a parlare. In questo caso, in primo luogo i vescovi degli Stati Uniti, notoriamente tra i più battaglieri, come hanno mostrato fin dalle prime reazioni alla sentenza.

Che questa sia la linea dell'attuale pontificato, sui principi che Benedetto XVI definiva "non negoziabili" perché inscritti nella natura stessa dell'uomo, è per ora più un'ipotesi che una certezza.

In ogni caso, nel perdurante silenzio della cattedra di Pietro, alcuni vescovi e cardinali si sentono oggi ancor più tentati che in passato di distanziarsi dal magistero della Chiesa quale espresso dai due precedenti pontificati, ad esempio esprimendosi a favore della legalizzazione delle unioni tra omosessuali

E il fatto che tra costoro ci sia il presidente del pontificio consiglio per la famiglia, monsignor Vincenzo Paglia, è indicativo di come la curia vaticana sia un serio problema molto più per la confusione di alcuni suoi membri che per l'inadeguatezza di certe sue strutture.

Louis Martin ha detto...

Cara Mic,

la solidarietà, rettamente intesa, è propria del sistema cattolico.
Siamo tutti solidali nel peccato dei progenitori in virtù della tradux peccati e tutti redenti dal sacrificio di Cristo (tutti, inteso, coloro che si fanno figli di Dio per adozione).
Ecco la solidarietà: l'unità solidale dell'umanità nella caduta e nella grazia.
Pagine memorabili a tale riguardo sono quelle scritte dal Marchese di Valdegama, di cui suggerisco la lettura. In particolare, a questo proposito, si può vedere il Libro III, Capitolo III, del celebre Saggio.

http://evropanazione.files.wordpress.com/2012/01/juan-donoso-cortc3a8s-saggio-sul-cattolicesimo-il-liberalismo-e-il-socialismo.pdf

La tua osservazione è nella sostanza corretta, ma spesso noi tradizionalisti (rectius: cattolici!) ci lasciamo scippare concetti che appartengono a pieno titolo alla Tradizione: penso anche a quello di giustizia, sequestrato dal mondo progressista.

Anonimo ha detto...

E' una mia impressione o la Fraternità sta perdendo molti pezzi? Scusate il fuori tema.

Caro Angelo,
se leggessi Tradinews, ti accorgeresti che, se circolano voci del genere, sono infondate. E lo spero tanto.

Anonimo ha detto...

Siamo tutti solidali nel peccato dei progenitori in virtù della tradux peccati e tutti redenti dal sacrificio di Cristo (tutti, inteso, coloro che si fanno figli di Dio per adozione).

Grazie Louis,
giusta precisazione.
Ti sarai accorto che ogni tanto ne dico una delle mie ;)

Louis Martin ha detto...


Cara Mic,
niente affatto, è che l'oblio della dottrina di Cristo Signore ci colpisce tutti. E talvolta gli animi sono turbati.
Ragione in più per stare in cordata!
La differenza la fa la buona fede, che nel nostro caso non manca.

Dante Pastorelli su Blog Raffaella ha detto...

A proposito delle parole di Inos Biffi citate più su:

Biffi mi sembra confonda sinodo con collegio, e, pertanto funzioni e prerogative. Inoltre riveste il Vaticano II d'un'autorità infallibile che non ha: l'ultimo concilio non può - con la giustificazione di un aggiornamento interpretativo - contraddire la Pastor Aeternus del Vaticano I, indiscutibile ed immutabile.
Il Papa VICARIO DI PIETRO? Via, la solita solfa modernista: in una pagina la verità, se la giri trovi l'eresia. Pietro è il Vicario di Cristo e tutti i Papi, in quanto di Pietro successori, di Cristo son vicari.
Tragico che certe posizioni appaiano sull'organo della S. Sede.
Intanto da parte ortodossa si continua ad asserire - con continuità ammirevole - l'errore del solo primato d'onore.

Anonimo ha detto...

Ragione in più per stare in cordata!

E' importante. Il confronto ci aiuta ad approfondire e a condividere. La correzione fraterna a custodire e a non perdere l'orientamento.
Ringraziamo il Signore che ce lo rende possibile, anzi ce ne fa dono!

Gederson ha detto...

"Biffi mi sembra confonda sinodo con collegio, e, pertanto funzioni e prerogative. Inoltre riveste il Vaticano II d'un'autorità infallibile che non ha: l'ultimo concilio non può - con la giustificazione di un aggiornamento interpretativo - contraddire la Pastor Aeternus del Vaticano I, indiscutibile ed immutabile."


Interessante il commento di Dante, ma purtroppo i problemi dei documenti pastorale del Concílio è che contradicono documenti infalibile della Chiesa. Così apaiono na pratica come infalibili de fatto, in quanto i documenti infalibi come la Pastor Aeternus, Quanta Cura e altri apaiono adesso solo come infalibili di diritto. La domanda sul questo è:

É lecito sostituire i documenti dogmatiche per i documenti pastorali?

La domanda manca ancora di riposta. Peró, anche le autorità che ha promulgato i documenti pastorale dovevano obbedire ai documenti infalibile (che hanno cambiato per documenti pastorale). Ma all'invece della obbedienza...


Per quanto riguarda la domanda:

Il Papa VICARIO DI PIETRO?

È utile ricordare quello che diceva altro Dante, o Alighieri nel De Monarchia, III, 3:

“Il Sommo Pontefice, vicario di Gesù Cristo e successore di Pietro cui dobbiamo non ciò che è dovuto a Cristo, ma solo ciò che è dovuto a Pietro”.

Me sembra che nella Collegialità, il Papa è solo il capo del Collegio dei vescovi, dove non se considera pienamente (o in nessuno modo) la dignità papale. Lui apparre come il "primo inter paris" degli ortodoxi per i quali il Papa è veramente solo il Vicario di Pietro, non di Cristo.

Anonimo ha detto...

La risposta, dal punto di vista conciliare, sta nella "diversa concezione di sé" della Chiesa che, da corpo mistico di Cristo che la identifica perfettamente e presuppone, anzi esige, il Capo (e dunque il suo vicario) è regredita alla nozione veterotestamentaria di "popolo di Dio", più generica, con la fondazione di una nuova ecclesiologia.
La struttura si sta dunque trasformando, col perdere la centralità e la pregnante Autorità del Capo visibile come Vicario di Cristo ed erede anche del suo potere-regale di insegnamento e di governo.
Il Regno di Dio non è di questo mondo, ma nel Signore comincia già qui. E richiede, oltre alla sua grazia assicurata dalla Sua presenza e dal suo Spirito di Risorto, anche l'ordine e la struttura che Cristo stesso ha dato alla sua Chiesa. Non è bastato vedere gli esiti funesti di frammentazione e di confusione generati dalla perdita dell'Autorità centrale primaziale e della sua funzione reggente e unificante nelle comunità riformate?

Anonimo ha detto...

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-collegialit-ma-il-primato-di-pietronon-si-tocca-6777.htm
Il primato non si tocca....parola di intrivigne. Sembrano tutti ciechi!

Anonimo ha detto...

Ne ho discusso dettagliatamente nell'articolo del 2 luglio.