Un doveroso ricordo di un grande testimone del nostro tempo ed anche un interessante e puntuale excursus sulla sofferta e vexata quaestio della scelta liturgica del Rito Romano antico secondo il Messale del 1962.
Jean Madiran e la “Storia della Messa interdetta”
di Roberto de Mattei
di Roberto de Mattei
Non è forse un caso che Jean Madiran sia scomparso, il 31 luglio 2013, all’età di 93 anni, proprio mentre nella Chiesa esplodeva il “caso” dei Francescani dell’Immacolata. I Frati francescani di padre Stefano Manelli si trovano infatti a vivere oggi un dramma che Madiran ed altri pionieri della resistenza cattolica al progressismo vissero negli anni Settanta del Novecento, all’indomani della promulgazione del Novus Ordo Missae di Paolo VI.
Jean Madiran, pseudonimo di Jean Arfel, nacque il 14 giugno 1920 a Libourne nel dipartimento della Gironda e fin da giovanissimo si mise in luce per i suoi talenti di scrittore e giornalista. Fu vicino a Charles Maurras, ma una conversione intellettuale profonda lo portò a riscoprire il pensiero di san Tommaso d’Aquino, alla scuola di maestri come Etienne Gilson e Charles de Koninck. A 36 anni, nel 1956, creò la rivista “Itinéraires”, destinata ad essere per quasi quarant’anni, il punto di riferimento del mondo della Tradizione in Francia e nel 1982, fondò il quotidiano “Présent”(1) su cui ha continuato a pubblicare i suoi lucidi editoriali, fino a poche settimane prima della morte. Fu, con Augusto Del Noce, Alain Besançon e pochi altri, uno degli studiosi più acuti delle radici ideologiche del comunismo (in particolare con La vieillesse du monde, Dominique Martin Morin, 1966), ma fu soprattutto osservatore impietoso del processo di autodemolizione della Chiesa con opere come L’Héresie du XX siècle (Nouvelles Editions Latines, 1968) e La révolution copernicienne dans l’Eglise (Editions de Paris, 2004).
L’eresia del XX secolo è il primo libro di Madiran pubblicato in Italia, nel 1972 dall’editore Giovanni Volpe. In quest’opera, in cui disse di avere espresso tutte le ragioni della battaglia intellettuale della sua vita (“Présent”, 13-14 maggio 1988), Madiran denuncia l’allontanamento dalla dottrina sociale della Chiesa dell’episcopato francese, vedendovi una delle cause principali della crisi del proprio tempo. Nel 2011 sono state tradotte altre due sue significative opere: L’accordo di Metz tra Cremlino e Vaticano (Editore Pagine) e La destra e la sinistra (Fede e Cultura). In quello stesso anno Jean Madiran è stato in Italia, ospite della Fondazione Lepanto, sorprendendo chi lo incontrò, per il suo vigore intellettuale e per la conoscenza che aveva delle opere critiche sul Concilio Vaticano II appena apparse nel nostro Paese.
L’eresia del XX secolo è il primo libro di Madiran pubblicato in Italia, nel 1972 dall’editore Giovanni Volpe. In quest’opera, in cui disse di avere espresso tutte le ragioni della battaglia intellettuale della sua vita (“Présent”, 13-14 maggio 1988), Madiran denuncia l’allontanamento dalla dottrina sociale della Chiesa dell’episcopato francese, vedendovi una delle cause principali della crisi del proprio tempo. Nel 2011 sono state tradotte altre due sue significative opere: L’accordo di Metz tra Cremlino e Vaticano (Editore Pagine) e La destra e la sinistra (Fede e Cultura). In quello stesso anno Jean Madiran è stato in Italia, ospite della Fondazione Lepanto, sorprendendo chi lo incontrò, per il suo vigore intellettuale e per la conoscenza che aveva delle opere critiche sul Concilio Vaticano II appena apparse nel nostro Paese.
Ma in questi giorni Madiran merita di essere ricordato anche per la sua indomita difesa della Messa tradizionale, di cui nella Histoire de la Messe interdite ( 2 voll.,Via Romana, 2007 e 2009) ha tracciato la storia. Dopo la Costituzione apostolica Missale Romanum con cui Paolo VI, il 3 aprile 1969, aveva introdotto la nuova Messa, il 12 novembre dello stesso anno apparve in Francia un decreto, firmato dal cardinale Marty, presidente della Conferenza episcopale, con il quale si stabiliva l’uso obbligatorio, in lingua francese, del nuovo Ordo Missae a partire dal 1 gennaio 1970. Ne seguiva che la Messa tradizionale, in vigore da secoli, sarebbe stata proibita a partire dal 31 dicembre 1969. Fu allora che iniziò una battaglia non ancora conclusa.
Fin dagli anni cinquanta del Novecento, se non prima – ricorda Madiran – i vescovi e i teologi francesi avevano preso le distanze dalla Chiesa di Roma, accusandola di essere prigioniera di una scuola teologica e giuridica repressiva. Il Vaticano II fu l’occasione per sferrare un attacco a fondo alla scuola teologica romana e per contribuire al capovolgimento liturgico di Paolo VI, sensibile, fin da giovane, alle suggestioni degli ambienti progressisti francesi. Quando il Concilio Vaticano II si aprì, nell’ottobre 1962, il padre Yves Congar, futuro cardinale, lo definì con giubilo “la Rivoluzione d’ottobre della Chiesa” (con riferimento alla Rivoluzione d’ottobre leninista del 1917): una Rivoluzione che non ebbe il suo punto culminante nei documenti del Concilio, ma nella Riforma liturgica che ad essi seguì.
Quando, nell’aprile 1969, il nuovo Ordo Missae entrò in vigore, alcuni membri eminenti della gerarchia ne svolsero una serrata critica. I cardinali Ottaviani e Bacci presentarono a Paolo VI un Breve esame critico del Novus Ordo Missae redatto da uno scelto gruppo di teologi di varie nazionalità, in cui si affermava che “il Novus Ordo Missae (…) rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella sessione XXII del Concilio Tridentino, il quale, fissando definitivamente i ‘canoni’ del rito, eresse una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del mistero”. La critica del Novus Ordo venne successivamente svolta da molti studiosi laici, tra i quali il francese Louis Salleron, l’inglese Michael Davies, il brasiliano Arnaldo Xavier da Silveira. In Francia Jean Madiran fu un ardente diffusore del Breve esame critico e raccolse su “Itinéraires” le voci di tutti coloro che, in coscienza, ritenevano di non potere accettare la Nuova Messa. Un eminente canonista, l’abbé Raymond Dulac ripubblicò nell’ aprile 1972, con un suo accurato commento, la bolla Quo primum (1570) di san Pio V, dimostrando come la costituzione Missale Romanum di Paolo VI non aveva abrogato e non poteva abrogare la bolla tridentina, che garantiva alla Messa restaurata da Papa Ghislieri un perpetuo indulto-privilegio.
Nel gennaio 1973 apparve sulla rivista “Itinéraires” una Lettera-appello di Madiran a Paolo VI, del 21 ottobre 1972, che iniziava con queste parole: “Beatissimo Padre, ridateci la Scrittura, il catechismo e la Messa, che ci vengono sottratte, ogni giorno di più, da una burocrazia collegiale, despotica ed empia che, a torto o a ragione, ma senza essere smentita, pretende imporsi in nome del Vaticano II e di Paolo VI. Ridateci la Messa cattolica tradizionale, latina e gregoriana, secondo il Messale romano di san Pio V. Voi fate dire che l’avreste proibita. Ma nessun pontefice potrebbe, senza abuso di potere, interdire il rito millenario della Chiesa cattolica, canonizzato dal Concilio di Trento. Se tale abuso di potere si fosse effettivamente prodotto, l’obbedienza a Dio e alla Chiesa sarebbe di resistere e non di subirlo in silenzio”. La lettera fu successivamente co-firmata e commentata da illustri personalità come Alexis Curvers, Marcel De Corte, Henri Rambaud, Louis Salleron, Eric de Saventhem, Jacques Trémolet de Villers, in un volume, di estrema attualità, dal titolo Réclamation au Saint-Père (Nouvelles Editions Latines, 1974).
Per Madiran il problema della Messa era strettamente legato a quello del catechismo e della Sacra Scrittura. La proibizione della Messa era stata preceduta infatti dall’interdizione generale nelle diocesi francesi di tutti i catechismi pre-conciliari, e soprattutto dell’aureo catechismo di san Pio X. Per 27 anni, dal 1965 al 1992, anno in cui fu promulgato da Giovanni Paolo II il nuovo Catechismo della Chiesa cattolica, la Chiesa francese rimase senza catechismi e, di fatto, senza istruzione religiosa dei bambini. Queste proibizioni si accompagnavano e si accompagnano tuttora ad un vandalismo esegetico che stravolge la Sacra Scrittura. Basti dire che i commentatori della Bibbia in lingua francese ritengono che tutte le parole di Gesù nei Vangeli sono state inventate dopo la sua morte. Dal 1965, inoltre, la parola “consustanziale”, introdotta nel linguaggio dogmatico dal concilio di Nicea (325), è stata messa al bando dai vescovi francesi. Da circa cinquant’anni, quando si recita il Credo, non si dice “della stessa sostanza”, ma “della stessa natura”, con l’assurdo pretesto che il termine “sostanza” avrebbe cambiato di significato nel tempo. Il che porta a vanificare il dogma centrale del Cristianesimo, espresso dal termine “transustanziazione”.
La protesta di Madiran e dei teologi di “Itinéraires” si saldò con l’appello a Paolo VI sottoscritto il 6 luglio 1971 da cinquantasette esponenti del mondo culturale inglese, tra i quali la nota scrittrice Agatha Christie (si veda il saggio di Gianfranco Amato, L’indulto di Agata Christie, Come si è salvata la Messa tridentina in Inghilterra, Fede e Cultura, 2013). Essi chiedevano alla Santa Sede “di voler considerare con la massima gravità a quale tremenda responsabilità andrebbe incontro di fronte alla storia dello spirito umano se non consentisse a lasciar vivere in perpetuità la Messa tradizionale”. Tra i firmatari, erano cento eminenti personalità di tutto il mondo, tra i quali, oltre agli scrittori inglesi Agatha Christie, Robert Graves, Graham Green, Malcolm Mudderidge, Bernard Wall, figuravano Romano Amerio, Augusto Del Noce, Marcel Brion, Julien Green, Yehudi Menuhin, Henri de Montherlant, Jorge Luis Borges. Gli appelli di fedeli di ogni nazionalità che chiedevano il ripristino, o almeno la “par condicio” per la Messa tradizionale, iniziarono a moltiplicarsi soprattutto per iniziativa dell’associazione “Una Voce”. Tre pellegrinaggi internazionali di cattolici si svolsero a Roma per riconfermare la fedeltà alla Messa e al catechismo di san Pio V.
Questo ampio movimento di resistenza si sviluppò tra il 1969 e il 1975, ben prima dell’esplosione del cosiddetto “caso Lefebvre”, scoppiato il 29 giugno 1976, quando l’arcivescovo francese conferì il suddiaconato e il sacerdozio a 26 suoi seminaristi, incorrendo nella “sospensione a divinis”. L’anno successivo, in una memorabile conferenza tenuta a Roma, a Palazzo Pallavicini, mons. Lefebvre pose delle domande che ancora non hanno avuto risposta: “Come può essere che continuando a fare quello che io stesso ho fatto per 50 anni della mia vita, con le congratulazioni, con gli incoraggiamenti dei Papi, e in particolare del Papa Pio XII che mi onorava della sua amicizia, che io mi ritrovi oggi ad essere considerato quasi un nemico della Chiesa? (…) Non credo che una simile cosa sia possibile e concepibile. C’è dunque qualche cosa di cambiato nella Chiesa, qualche cosa che è stato cambiato dagli uomini della Chiesa, nella storia della Chiesa”. Mons. Lefebvre, a torto presentato come il “capo” dei tradizionalisti, fu in realtà solo l’espressione più visibile di un fenomeno che andava ben al di là della sua persona e che aveva le sue radici e la sua causa prima nei problemi sollevati dal Concilio Vaticano II e dalla sua applicazione.
Nei 14 anni di pontificato di Paolo VI (1963-1978) il “partito montiniano” occupò tutti i posti di potere, dai vertici della Curia romana alla presidenza delle conferenze episcopali. Il processo di autodemolizione della Chiesa si fece drammatico e Giovanni Paolo II ereditò una situazione ingovernabile. A partire dal suo pontificato però, l’ostilità contro la Messa tradizionale cominciò a diminuire impercettibilmente. Il Papa formò una commissione segreta di 8 cardinali per studiare la questione liturgica. Essi conclusero che non esistevano ragioni, né teologiche né giuridiche, che consentissero di proibire il Rito tridentino. Il 3 ottobre 1984, la lettera Quattuor abhinc annos, indirizzata dalla Congregazione del Culto divino ai presidenti delle conferenze episcopali, decretò un indulto, per permettere le celebrazioni della Messa tridentina, fino ad allora considerata interdetta. La stragrande maggioranza dei vescovi rifiutò di applicare questo provvedimento e Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica Ecclesia Dei del 2 luglio 1988, successiva alla rottura tra Roma e la Fraternità San Pio X, ingiunse di rispettare “ l’animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un’ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla Sede apostolica, per l’uso del Messale Romano secondo l’edizione tipica del 1962”.
Anche il risultato di questo provvedimento fu profondamente deludente, per il sordo ostruzionismo dei vescovi. Il cardinale Ratzinger, che aveva sempre messo la liturgia al centro dei suoi interessi (si veda: La questione liturgica. Atti delle “giornate liturgiche di Fontgombault”, 22-24 luglio 2001, Nova Millennium, 2010), una volta eletto Papa decise di regolare personalmente la questione e il 7 luglio 2007 promulgò il Motu Proprio Summorum Pontificum, con cui restituiva libera e piena cittadinanza al Rito Romano antico. I “resistenti” degli anni Settanta, dopo quasi quarant’anni, vedevano finalmente premiati i loro sforzi. “Domenica scorsa – scriveva Jean Madiran il 6 settembre 2007 – sono tornato, e non ero il solo, nella chiesa che è a qualche passo da me, invece di fare venti chilometri all’andata e venti al ritorno. L’importante, certo, non è che siamo tornati noi, ma che sia tornata la Messa. Che grazia!” (Chroniques sous Benoît XVI, Via Romana, 2010, p. 197).
La Chiesa a cui Benedetto XVI ha restituito la Messa tradizionale è una Chiesa malata, occupata ai più alti vertici da prelati progressisti, che continuano a servirsi del Concilio Vaticano II come di una clava per colpire i loro nemici. È questo il caso dei Francescani dell’Immacolata, ingiustamente colpiti per il loro attaccamento alla Messa tradizionale con un decreto che rappresenta una violazione delle leggi universali della Chiesa, in particolare del motu proprio Summorum Pontificum di papa Benedetto XVI, mai abrogato, che concede, ad ogni sacerdote, la libertà di celebrare la Messa secondo la forma detta ‘straordinaria’.
Madre Maria Francesca delle Suore francescane di Città di Castello, in un suo scritto su Le origini apostolico-patristiche della Messa cosiddetta “tridentina” (in Il Motu proprio “Summorum Pontificum” di S.S. Benedetto XVI. Una speranza per tutta la Chiesa, vol. 3, a cura di P. Vincenzo Nuara O.P., Fede e Cultura, 2013, pp. 93-135), ha esaurientemente documentato come il Rito in vigore fino al 1969 risale, nei suoi elementi essenziali a Papa san Gregorio Magno e da lui, senza cesure, ai tempi apostolici, per riannodarsi all’Ultima Cena e al sacrificio cruento di Gesù Cristo, di cui ogni Messa è incruenta ripresentazione. Nel volume La Réforme liturgique en question che, nella sua edizione francese (Editions Sainte-Madeleine, 1992) ha la prefazione del card. Josef Ratzinger, mons. Klaus Gamber, il grande liturgista tedesco verso cui papa Benedetto ha sempre nutrito grande ammirazione, afferma che nessun Papa ha il diritto di mutare un Rito che risale alla Tradizione Apostolica e che si è formato nel corso dei secoli, quale è la cosiddetta Messa di san Pio V. Alla plena et suprema potestas del Papa sono chiaramente posti dei limiti e Gamber arriva a scrivere, richiamandosi ai teologi Suarez e Cajetano, che “un Papa diventerebbe scismatico se non volesse mantenersi, come è suo dovere, in unione e collegamento con l’intero corpo della Chiesa, al punto di tentare di scomunicare l’intera Chiesa o di mutare i Riti confermati dalla Tradizione Apostolica” (ivi, p. 37).
Il Motu proprio di Benedetto XVI ha reso chiaro che il Rito romano tradizionale della Messa non è mai stato (e non poteva essere) abrogato e che la nuova Messa di Paolo VI è facoltativa: in quanto tale la si può criticare e respingere. Nessun sacerdote può essere obbligato a celebrare la nuova Messa o a non celebrare liberamente quella tradizionale. Qualsiasi decreto od ordinanza che volesse imporlo sarebbe un abuso da denunciare e rifiutare. Jean Madiran, ha mostrato, con il suo esempio intellettuale, quanto ampio e legittimo sia lo spazio della resistenza cattolica agli ordini ingiusti. Egli non fu una voce isolata.
Alle sue esequie, celebrate secondo il Rito “straordinario” dal padre abate del Barroux, Dom Louis Marie, erano presenti gli esponenti delle principali comunità tradizionali, dalla Fraternità San Pietro all’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote, dall’Istituto del Buon Pastore alla Fraternità San Pio X. Jean Madiran, che si è definito un “testimone a carico contro il proprio tempo” (Intervista dell’abbé Guillaume de Tanoüarn, in “Certitudes”, luglio-settembre 2002) fu innanzitutto un cattolico militante. Fino agli ultimi giorni della sua vita, rivendicò con fierezza la sua ascendenza culturale e spirituale, riconoscendosi in quella scuola cattolica contro-rivoluzionaria, detta “ultramontana”, per il suo attaccamento al Primato Romano, che in Francia ha tra i suoi principali rappresentanti Louis Veuillot, dom Guéranger, il cardinal Pie. Di questa scuola di pensiero, non solo francese, egli ha riassunto i princìpi e ha tracciato un’ampia genealogia (L’école (informelle) contre-révolutionnaire, “Présent” 18 febbraio 2011). Chi critica con sufficienza il mondo tradizionale italiano, come hanno fatto , il 6 agosto, Gianni Gennari su “Il Foglio” e Paolo Rodari su “La Repubblica”, non si rende conto che questo mondo ha radici intellettuali profonde e mostra la sua vitalità proprio in occasione di controversie, come quella in corso sui Francescani dell’Immacolata e sulla Messa tradizionale. Ognuno di noi del resto, che ne sia consapevole o meno, appartiene a un partito, a una scuola, a una famiglia di anime. Nella vita si tratta di scegliere da che parte stare. Jean Madiran sarebbe stato dalla parte di tutti coloro che oggi continuano a manifestare con fermezza la loro incrollabile fedeltà al Rito Romano antico.
______________________________Alle sue esequie, celebrate secondo il Rito “straordinario” dal padre abate del Barroux, Dom Louis Marie, erano presenti gli esponenti delle principali comunità tradizionali, dalla Fraternità San Pietro all’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote, dall’Istituto del Buon Pastore alla Fraternità San Pio X. Jean Madiran, che si è definito un “testimone a carico contro il proprio tempo” (Intervista dell’abbé Guillaume de Tanoüarn, in “Certitudes”, luglio-settembre 2002) fu innanzitutto un cattolico militante. Fino agli ultimi giorni della sua vita, rivendicò con fierezza la sua ascendenza culturale e spirituale, riconoscendosi in quella scuola cattolica contro-rivoluzionaria, detta “ultramontana”, per il suo attaccamento al Primato Romano, che in Francia ha tra i suoi principali rappresentanti Louis Veuillot, dom Guéranger, il cardinal Pie. Di questa scuola di pensiero, non solo francese, egli ha riassunto i princìpi e ha tracciato un’ampia genealogia (L’école (informelle) contre-révolutionnaire, “Présent” 18 febbraio 2011). Chi critica con sufficienza il mondo tradizionale italiano, come hanno fatto , il 6 agosto, Gianni Gennari su “Il Foglio” e Paolo Rodari su “La Repubblica”, non si rende conto che questo mondo ha radici intellettuali profonde e mostra la sua vitalità proprio in occasione di controversie, come quella in corso sui Francescani dell’Immacolata e sulla Messa tradizionale. Ognuno di noi del resto, che ne sia consapevole o meno, appartiene a un partito, a una scuola, a una famiglia di anime. Nella vita si tratta di scegliere da che parte stare. Jean Madiran sarebbe stato dalla parte di tutti coloro che oggi continuano a manifestare con fermezza la loro incrollabile fedeltà al Rito Romano antico.
Fonte: Il Foglio 13 agosto 2013 by Corrispondenza Romana
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1. Da Présent, questo blog ha pubblicato: [1] - [2] - [3] - [4]
85 commenti:
Grazie cara mic, di questo post. E' proprio vero alla fine bisogna fare una scelta.
Questo contraddice di fatto chi vede nel concilio una sviluppo e non una rottura e chi pensa che il VO alla fine abbia lo stesso valore del NO.
I fatti purtroppo dicono il contrario.
Il Papa formò una commissione segreta di 8 cardinali per studiare la questione liturgica. Essi conclusero che non esistevano ragioni, né teologiche né giuridiche, che consentissero di proibire il Rito tridentino.
"Commissioni segrete", cosaaaa? Dove sono i risultati?
Non ci siamo, non ci siamo davvero!
Rimango sempre più convinto della mia posizione! P6 ha abrogato il Messale di San Pio V ed io, a differenza della fantomatica e segreta commissione, lo dimostro e fino ad ora non sono stato mai confutato!
http://lepaginedidoncamillo.blogspot.it/p/il-novus-ordo-e-stato-imposto.html
Quindi? Il VO sarebbe illegittimo? E' vero che Papa Paolo VI voleva abrogare il VO, ma non l'ha fatto.
Dove e' il documento firmato da Papa paolo VI che con le stesse espressioni della "Quo Primum Tempore" abbia abrogato il VO ed imposto il NO?
P.S.
don Camillo, ha per i caso i PDF di Don Curzio?
Ho letto, caro don Camillo, e... in effetti...
Chapeau.
Ori
Grazie, carissima Mica, per questa bellissima, profonda, organica testimonianza di de Mattei. Nulla da aggiungere, nulla da togliere. Nessun commento è necessario. Richiamando il quotidiano da lui fondato: "Jean Madiran: Presént"!!!
Il Papa formò una commissione segreta di 8 cardinali per studiare la questione liturgica. Essi conclusero che non esistevano ragioni, né teologiche né giuridiche, che consentissero di proibire il Rito tridentino.
Ricordo di aver letto la relazione di una commissione, della quale, se non sbaglio faceva parte - o aveva promosso - l'allora card. Ratzinger.
Guardo tra i miei atti e spero di trovarla. Ma, cercando, dovrebbe trovarsi anche sul web...
Infatti:
Nella primavera del 1989, nel numero di giugno/luglio di The Fatima Crusader, venne pubblicato un articolo in cui si sosteneva che una Commissione di nove cardinali aveva stabilito che la Messa tradizionale non era mai stata soppressa.
Nell’articolo si sosteneva che nel 1986 il Santo Padre aveva istituita una commissione di nove cardinali per esaminare lo stato giuridico del Rito tradizionale della S. Messa, comunemente conosciuto come “Rito tridentino”.
La Commissione era composta dai cardinali Ratzinger, Mayer, Oddi, Stickler, Casaroli, Gantin, Innocenti, Palazzini, e Tomko, essa fu incaricata di rispondere a due questioni
1) Il papa Paolo VI ha autorizzato i vescovi a proibire la celebrazione della Messa tradizionale?
2) Il prete ha il diritto di celebrare la Messa tradizionale in pubblico e in privato senza limitazioni, anche contro la volontà del suo vescovo?
La Commissione stabilì all’unanimità che il papa Paolo VI non aveva mai concesso ai vescovi l’autorità di proibire ai preti la celebrazione della Messa secondo il Rito tradizionale.
Circa la seconda questione, la Commissione stabilì che i preti non possono essere obbligati a celebrare la Messa secondo il nuovo rito; i vescovi non possono proibire, né porre limitazioni, alla celebrazione della Messa secondo il Rito tradizionale, sia in pubblico sia in privato.
http://www.unavox.it/Documenti/doc0115.htm
Che differenza c'é tra il Triduo Pasquale 2006 e quello 2008 ?
Che in mezzo ai due c'é stato il Motu Proprio SP il quale ha ristretto di molto (rispetto alla bolla di S.PioV) e a volte anche vietato l'uso del VOM in certe situazioni ben specifiche.
Se per il Triduo del 2006 era ancora possibile per un sacerdote appellarsi alla bolla di S.PioV per affermare che il VOM non é abrogato e celebrarlo, per il Triduo del 2006 é impossible farlo poiché il Motu Proprio LO VIETA espressamente durante quei tre giorni.
Allo stesso modo dal Motu Proprio in poi, un sacerdote che avesse per tutta la sua carriera dei superiori sempre contrari al VOM non potrebbe MAI dire quella Messa.
Per chi lo ha letto bene il Motu Proprio é la tomba della vera Messa...
...scusate il secondo triduo é ovviamente "il Triduo del 2008"
Francamente mi sembra un po' la stessa cosa che si dice dell'ermeneutica della continuità: si afferma, ma non si dimostra. Con la differenza, non trascurabile, che in questo caso l'affermazione è attribuita ad una commissione la cui esistenza non è provata.
L'articolo di don Camillo, con l'argomentazione di don Cekada, fornisce una dimostrazione che il "vetus ordo" era stato abolito. Se ne può discutere, si può contestare, ma l'argomentazione è lì. Una Voce invece riporta solo l'affermazione apodittica della commissione cardinalizia. Se questa commissione è davvero esistita avrà anche avuto le sue ragioni di arrivare a quella conclusione, ma dove sono queste ragioni?
Vi prego non spacciatemi per argomento quello per cui "non [si] può abolire una Messa che non solo è stata usata da secoli, ma che è stata la Messa di migliaia e migliaia di Santi e di fedeli", perché la seconda parte si può già applicare anche al "novus ordo", e per la prima è solo questione di tempo.
Se poi qualcuno eccepisse che i santi postconciliari non sono veri santi, non potrebbe che ricevere questa scontata risposta: "È una Sua opinione che non fa testo: il potere di legare e sciogliere non è stato dato a Lei".
Cioé fatemi capire...
La Commissione stabilì all’unanimità che il papa Paolo VI non aveva mai concesso ai vescovi l’autorità di proibire il VOM... bla bla bla
Eppure dal 2007 in poi lo stesso VOM é di fatto vietato A VITA tutti gli anni all'apice dell'anno Liturgico: il Triduo Pasquale.
Fatemi ancora capire... La Commissione stabilì all’unanimità che il VOM non si puo' proibire... bla bla bla
mentre il Motu Proprio di papa Ratzinger conferisce a Cardinali Vescovi e superiori vari il diritto di oppore un veto al Motu Proprio col loro disaccordo.
"È una Sua opinione che non fa testo: il potere di legare e sciogliere non è stato dato a Lei".
Come mai, invece, il Pontefice Benedetto XVI ha potuto affermare che il vecchio rito "non è mai stato abrogato"?
"Come mai, invece, il Pontefice Benedetto XVI ha potuto affermare che il vecchio rito "non è mai stato abrogato"?"
È quello che mi chiedo io e sicuramente anche altri a cui l'argomentazione contraria è sembrata valida. Vorrei poter leggere anche l'argomentazione a favore, non solo un'affermazione apodittica - anche se fatta da un Papa, anche se fatta da un Papa amato come Benedetto XVI.
Del resto è sempre Benedetto XVI che ha affermato, ma non dimostrato, che il Vaticano II è in continuità col magistero precedente. Mons. Gherardini e tanti altri stanno ancora aspettando la dimostrazione.
Caro Latinista,
la motivazione principale non è l'uso secolare, ma la derivazione Apostolica: vedi studio di Suor M.Francesca Perillo, citato nell'articolo e al quale ho messo anche il link.
Anche per il principio dello "sviluppo organico" della Liturgia, che non può essere "fabbricata a tavolino" come affermato già dal card. Ratzinger.
"Dove e' il documento firmato da Papa paolo VI che con le stesse espressioni della "Quo Primum Tempore" abbia abrogato il VO ed imposto il NO?"
Caro Marco Marchesini,
Ho un dubbio su questo tema, perchè S. Pio V con la Quo Primum Tempore ha conferito al suo messale garantie di perpetuità. Mentre il Messale da lui abrogato, me sembra che non aveva queste garantie. Così, se può paragonare le "due" abrogazione senza fare questa considerazione? Le garantie data per S. Pio V al suo messale che cosa significa? Le parole di S. Pio V quanto alle garantie alla perpetuità tiene ancora una validità?
Nel testo di Pe. Cekada sembra che Paolo VI abroga il Messale Tridentino come S. Pio V ha abrogato il Messale precedente, lui non considera la mancanza delle garantie di perpetuità del Messale abrogato da S. Pio V e le garantie di perpetuità che lui conferisce al Messale riformato. Questo tiene un valore per la questione?
Per fine, nel senso che Pe Cekada tratta la questione le garantie non sono niente. Così, in questo modo di affrontare la questione, me sembra che possiamo considerare anche il Messale di Paolo VI con garantie di perpetuità...
Però sembra che il card. Stickler abbia dato come motivazione l'uso secolare ecc., non la derivazione apostolica.
Io non sono in grado né di confermare né di smentire alcunché, caso mai ci fosse bisogno di specificarlo. Ma ho sentito fautori del "novus ordo" negare che la messa tridentina sia di derivazione apostolica, e mi risulta che il "novus ordo" abbia inteso, dico inteso, riprendere usi del cristianesimo primitivo (il famoso archeologismo che salta a piè pari la tradizione). Questo solo per dire che certi argomenti possono essere considerati opinabili e magari rovesciati da alcuni.
E beninteso, con questo non voglio nemmeno prendere posizione nei confronti dell'articolo di suor M. Francesca Perillo - in effetti confesso di non essere mai riuscito a leggerlo, ma voglio proprio farlo.
Ennesimo segno dei tempi: per Sabelli Fioretti, Bergoglio sì, Gesù di Nazareth no...
http://blog.iodonna.it/claudio-sabelli-fioretti/2013/08/11/questo-papa-e-eccezionale/
(E così batte ogni record: altro che "Cristo sì Chiesa no"!)
Gederson Falcometa:
"lui non considera la mancanza delle garantie di perpetuità del Messale abrogato da S. Pio V e le garantie di perpetuità che lui conferisce al Messale riformato. Questo tiene un valore per la questione?"
Credo che molto, se non tutto, dipenda dalla risposta ad una domanda che avevo posto giorni fa a questo proposito: aveva Papa Pio V l'autorità per vincolare alla sua bolla tutti i suoi successori?
Per l'idea che mi sono fatto inclinerei a pensare di no, e quindi quelle garanzie sarebbero state valide finché una pari autorità (un altro Papa) non le avesse abrogate. Smentite?
Tutto questo, beninteso, a prescindere dal valore dei due riti o forme che dir si voglia.
"Vi prego non spacciatemi per argomento quello per cui "non [si] può abolire una Messa che non solo è stata usata da secoli, ma che è stata la Messa di migliaia e migliaia di Santi e di fedeli", perché la seconda parte si può già applicare anche al "novus ordo", e per la prima è solo questione di tempo."
Ma questa argomentazione è piuttosto valida: significa un unico rito per la Chiesa visibile e quella invisibile, per la Chiesa militante, purgante e trionfante. Lo stesso dicasi per il latino.
Come mai, invece, il Pontefice Benedetto XVI ha potuto affermare che il vecchio rito "non è mai stato abrogato"?
Riporto ciò che Augé (noto liturgista) ha scritto:
"Ma oggi, parlare ancora di rito mai abrogato giuridicamente, è solo una scocchezza, una paraculata come si dice a Roma. Di cui il papa si serve per fingere di non avere restaurato niente e quindi di non essere reazionario, e i tradizionalisti timorosi di essere "scismatici" a causa dell'amore per i pizzi si servono, per fingere obbedienza al papa e alla legge."
http://liturgia-opus-trinitatis.over-blog.it/article-un-tormentone-il-messale-del-1962-abrogato-74030144.html
Riporto ciò che Augé (noto liturgista) ha scritto:
Non mi sembra degno di grande stima un "noto liturgista" che, liquidi l'affermazione di un Papa con termini come "sciocchezza" e "paraculata". E, facendolo con un'affermazione apodittica (oltre che di cattivo gusto) senza argomentare il perché - al di là dei pizzi e del "fingere" -, dimostra solo di essere un modernista-e-basta.
Devo darmene il tempo, che adesso non ho, ma argomenterò.
Qualcuno non si fa una ragione del fatto che possa dire la Messa di sempre grazie a papa Benedetto XVI. Spero sinceramente che non debba prima o poi farsi una ragione di non poterla più dire "grazie" al Vescovo di Roma.
A Sabelli Fioretti invece direi: Cristo sì, la Chiesa sì, il Papa sì, Bergoglio NO!
Luigi
Desidero ringraziare la Redazione di Chiesa e post concilio per aver diffuso la notizia della Messa celebrata all'alba della festa dell'Assunta ( chiesa miracolosamente gremita di fedeli ).
Un gruppo di fedeli molisani mi ha detto : " Abbiamo visto su Chiesa e post concilio " la notizia ... e siam venuti.
Grazie di cuore !
Andrea
"Come mai, invece, il Pontefice Benedetto XVI ha potuto affermare che il vecchio rito "non è mai stato abrogato"?"
Questo è un po confuso, perchè nel Motu Proprio il Papa afferma che il Messale Tradizionale "non è mai stato abrogato come forme straordinaria". L'affermazione di che lui non è stato mai abrogato giuridicamente è stata fatta nella Lettera ai vescovi che ha accompagnato il Motu Proprio (sarebbe una temerità il papa mentire ai vescovi di tutto il mondo).
Se questo viene affermato per un Papa, anche che sia in una lettera ai vescovi, quello che dicono gli altri, sono solo opinioni. Forse, in certo senso se può anche dire che il Motu Proprio e l'affermazione nella lettera ai vescovi, diventano la Costituizione di Paolo VI una legge dubbia. Al meno è anormale una riforma liturgica che non abroga il rito che vuole riformare.
Il discorso fondamentale è che il Papa non può fare ciò che vuole. E la Divina Liturgia più che millenaria del Rito Romano non può essere abrogata: non è proprietà papale, è proprietà di tutta la Chiesa, e come tale non si tocca. Qualcuno se lo stampi bene in mente.
Altrimenti allo stesso modo dovremmo accettare senza batter ciglio la follia di un Papa che, improvvisamente, ordinasse di radere al suolo tutte le venerabili Basiliche e chiese di Roma e dell'orbe, solo per il suo capriccio di far qualcosa di nuovo.
Cerchiamo di non cadere nel ridicolo.
Secondo me sarà necessario trovare risposta alla validissima domanda di Latinista.
Occorre individuare le ragioni (anche non esplicite) in base alle quali Pio V ha fondato il suo solenne e fermo comando -perpetuo- e contemporanea interdizione, a salvaguardia.
Questo Auge' sara' "noto liturgista"ma per l'articolo privo di carita'non ha la mia stima ! Forse sarebbe il caso che leggesse e meditasse "la regola dell'Ordine di S.Agostino" .
Credo che molto, se non tutto, dipenda dalla risposta ad una domanda che avevo posto giorni fa a questo proposito: aveva Papa Pio V l'autorità per vincolare alla sua bolla tutti i suoi successori? Per l'idea che mi sono fatto inclinerei a pensare di no, e quindi quelle garanzie sarebbero state valide finché una pari autorità (un altro Papa) non le avesse abrogate. Smentite?"
Caro Latinista,
Nella lettera della Bolla Quo Primum sembra che S. Pio V pensava avere questa autorità, vede:
"Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione."
In latino sembra essere più chiaro:
"Nulli ergo omnio hominum liceat hanc paginam nostrae permissionis, statuti,
ordinationis, mandati, praecepti, concessionis, indulti, declarationis,
voluntatis, decreti et inhibitionis infringere, vel ei ausu temeratio contraire."
Lui dice "nessuno e in nessun modo" si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento. Che pensare?
Al fianco della questione che lui ha sollevato sta il problema proprio della riforma di Paolo VI. Se leggiamo il "Breve esame critico", "La Messa di Lutero" e altre tante scritti sul NOM, non se può pensare che questa riforma è una violazione e una trasgressione della Quo Primum Tempore?
Can. 20 - La legge posteriore abroga la precedente o deroga alla medesima, se lo indica espressamente, o è direttamente contraria a quella, oppure riordina integralmente tutta quanta la materia della legge precedente; la legge universale però non deroga affatto al diritto particolare o speciale, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto.
Can. 21 - Nel dubbio la revoca della legge preesistente non si presume, ma le leggi posteriori devono essere ricondotte alle precedenti e con queste conciliate, per quanto è possibile.
Can. 331 - Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l'ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente.
In conclusione, se non si è in presenza di diritto divino, per definizione immutabile, un papa non ha autorità di vincolare i papi successivi.
Il problema è piuttosto stabilire, a fronte della canonizzazione della Messa voluta da Pio V, quanto della liturgia debba dirsi indisponibile in quanto di diritto divino e non di semplice diritto della Chiesa. Le forme liturgiche sono infatti da considerarsi come parte della Tradizione quale fonte della rivelazione (cfr. ad esempio Catechismo di Pio X).
Il problema non è allora l'autorità di Paolo VI (autorità che aveva), ma il suo esercizio (se in rottura o meno con la Tradizione). Il problema è dunque sostanziale, non formale.
E' del tutto legittima la domanda di Latinista.
Anche io ho avuto le stesse perplessita' in merito alla non abrogazione.
Ho paura della risposta che alla fine sia questa: il NO non puo' costituire una legge perche' in se' stesso non e' buono.
Se il NO e' legittimo e' buono come giustificare il rifiuto in coscienza di disobbedire all'autorita' che lo vieta? Che senso ha due forme cosi' diverse dello stesso rito? L'autorita' stessa con i suoi attuali divieti ai Francescani sta dimostrando che le due Messe sono incompatibili.
In latino ho trovato altri documenti sul Messale di S. Pio V che può essere utili in alcun modo, vede:
Breve Clementis p.p. VIII "Cum Sanctissimum"
Breve Urbani p.p. VIII "Si quid est"
Bulla Pii p.p. X "Divino afflatu"
De anno et ejus partibus
Tabula paschalis antiqua reformata
Tabula paschalis nova reformata
Ritus servandus
Ordo Missae
De defectibus in celebratione Missarum occurrentibus
http://www.documentacatholicaomnia.eu/01p/1570-07-19,_SS_Pius_V,_Missale_Romanum,_LT.pdf
Anche il testo "Le Costituzioni Quo Primum di san Pio V e il Missale Romanum di Paolo VI" (http://www.vatican.va/news_services/liturgy/details/ns_lit_doc_20100426_quo-primum_it.html) sembra potere aiutare.
Per Latinista.
Sulla "Quo primum tempore" ho trovato questo articolo che puo' essere interessante:
http://archives.sspx.org/motu_proprio/legitimacy_of_quo_primum_today.htm
Per Gederson Falcometa,
Il rito di San Pio V ha avuto alcune piccole modifiche ovviamente non sostenziali, ma accidentali.
Pensa all'introduzione del nome di San Giuseppe nel Canone.
Se si considera la "Quo primum tempore" come vincolante in eterno, allora si devono escludere le modifiche accidentali al rito.
Con il NOM si sono avute delle modifiche sostenziali, anche le sono rimaste essenzialmente le parole della Consacrazione, del tutto necessarie alla validita' della Santa Messa.
Per quanto riguarda la riforma di S. Pio V, secondo le informazione del testo "Le Costituzioni Quo Primum di san Pio V e il Missale Romanum di Paolo VI" l'abrogazione fatta per S. Pio V è troppo diversa di quella fatta per Paolo VI, come se può vedere:
"Al fine di comprendere meno superficialmente la rilevanza di tale avvenimento, può risultare opportuno un breve riferimento che inquadri storicamente la Bolla di san Pio V. Prima del Concilio di Trento, esistevano nella Chiesa latina innumerevoli libri liturgici che, osservando consuetudini liturgiche locali (territoriali) e particolari (ordini religiosi, confraternite, ecc.), presentavano un'ampia molteplicità di forme rituali della Celebrazione eucaristica. Essi, pur conservando la medesima struttura celebrativa, differivano per una non identica disposizione consequenziale delle parti della Messa, per l'uso di formulari e preghiere tipiche, per invocazioni a santi specifici, per l'aggiunta inopportuna di elementi aventi non raramente un carattere superstizioso o addirittura eterodosso".
Secondo il testo non sembra che S. Pio V ha abrogato un Messale Universale, ma " innumerevoli libri liturgici che, osservando consuetudini liturgiche locali (territoriali) e particolari (ordini religiosi, confraternite, ecc.), presentavano un'ampia molteplicità di forme rituali della Celebrazione eucaristica". Dove me sembra che un paragone che non tiene questo in conto, è sbagliato. Inoltre, la Costituzione di Paolo VI conferisce un permesso per aggiungere elementi culturale locale al NOM. Questo nella pratica ha restaurato il contesto anteriore al Concilio di Trento. No lo so Italia, ma qui in Brasile per esempio, abbiamo la Messa Afro, la Messa Sertaneja, la Messa Rock, la Messa Crioula e tantissime altre tipo de Messa.
Quando parlo con miei amici sul questo, dico:
Questo che fanno i pretti con la Messa di Paolo VI, me ricorda Nietzche che diceva "l'unico cristiano è stato Gesù Cristo". Anche la Messa di Paolo VI è stata celebrata solo per lui o in roma, perchè con questa riforma liturgica se la Messa non è diventata qualcosa di personale, è diventata una celebrazione locale...
"Se si considera la "Quo primum tempore" come vincolante in eterno, allora si devono escludere le modifiche accidentali al rito".
Caro Marco,
Sembra di no, perchè come tu dice la modifiche è stato accidentali, non sostanziale. Altri Papa hanno fatto alcune riforme nel Messale di S. Pio V, ma nel senso della Tradizione. Per questo non vedo nella Quo Primum Tempore un divieto di riformare il Messale nel senso della Tradizione, il problema è non riformare, ma sostituirlo con un rito fabricato.
Non mi sembra degno di grande stima un "noto liturgista" che, liquidi l'affermazione di un Papa con termini come "sciocchezza" e "paraculata". E, facendolo con un'affermazione apodittica (oltre che di cattivo gusto) senza argomentare il perché - al di là dei pizzi e del "fingere" -, dimostra solo di essere un modernista-e-basta.
MIC, potete dire quel che vi pare ma l'unico che ha colto la questione è solo Latinista che ringrazio. Questo MP è stato basato su una menzogna, P6 è Papa ed ha abrogato il Messale di SAN PIO V! Non posso sopportare che per salvarsi B16 ha dato dell'inetto e dell'incapace a P6... una sorta di sedevacantismo a comando, mentre cioè P6 emanava la Legge non era PAPA!
Io non vedo altre strade che l'apellarsi all'Epikeia della Legge.
Ribadisco quel che ho detto alle 21:25
Secondo me sarà necessario trovare risposta alla validissima domanda di Latinista.
Occorre individuare le ragioni (anche non esplicite) in base alle quali Pio V ha fondato il suo solenne e fermo comando -perpetuo- e contemporanea interdizione, a salvaguardia.
Devo rileggere meglio il testo di Cekada, ma non sono convinta.
Resta valida anche la conclusione di chi ha puntato l'accento sul fatto che si tratta di una questione sostanziale più che formale.
Vedremo, domani...
"Con il NOM si sono avute delle modifiche sostenziali, anche le sono rimaste essenzialmente le parole della Consacrazione, del tutto necessarie alla validita' della Santa Messa."
Caro Marco,
Particolarmente non sono certo sul questo, i card. Ottaviani e Bacci nel "Breve esame" dicono:
"«Le parole della Consacrazione, quali sono inserite nel contesto del Novus Ordo, possono essere valide in virtù dell’intenzione del ministro. Possono non esserlo perché non lo sono più ex vi verborum o più precisamente in virtù del modus significandi che avevano finora nella Messa [i due punti narrativi hanno rimpiazzato il punto a capo della forma esplicitamente consacratoria, ndr]. I sacerdoti, che, in un prossimo avvenire, non avranno ricevuto la formazione tradizionale e che si affideranno al Novus Ordo al fine di “fare ciò che fa la Chiesa” consacreranno validamente? È lecito dubitarne»"
"Il problema è piuttosto stabilire, a fronte della canonizzazione della Messa voluta da Pio V, quanto della liturgia debba dirsi indisponibile in quanto di diritto divino e non di semplice diritto della Chiesa."
Grazie all'Anonimo delle 21:58, anche per la citazione delle fonti giuridiche (è probabile che il codice in vigore ai tempi di Pio V fosse un altro, ma credo che i principii generali fossero gli stessi: credo che quelli del can. 20 risalgano al diritto romano, visto che si ritrovano anche nell'ordinamento civile e sono espressi pure da brocardi latini).
Mi pare che centri un problema fondamentale: dire infatti che la liturgia semplicemente "non si tocca" - non me ne voglia Amicus - è assurdo perché è smentito dalle tante riforme liturgiche del corso della storia, che non potranno essere state tutte illegittime.
Invece se si ammette che la liturgia si può ritoccare fino a un certo punto, come del resto è stato sempre fatto, si tratta di capire qual è quel punto. Non so se sia possibile, e ho l'impressione che su questo ci siano opinioni insanabilmente diverse.
Grazie a Marco Marchesini per la segnalazione di quell'articolo. Ho dato una prima scorsa alla parte VII ("La bolla è valida per sempre?"), ma non l'ho trovata convincente. A parte che l'argomentazione non mi sembra seguire un chiaro filo logico, si parte dal principio per cui un Papa non ha potere su un altro Papa, ma si conclude affermando che la bolla di Pio V vincola tutti i successori - una contraddizione della premessa. Motivo? Se capisco bene il successore, avendo il diritto di abrogare gli atti del predecessore, ma essendo espressione dello stesso potere, deve usarlo solo per motivi gravissimi, motivi che avrebbero spinto anche il predecessore a fare lo stesso.
Supplisco io (nell'articolo non è chiaro) che Pio V, avendo inteso rendere perpetua la sua bolla, non l'avrebbe mai abrogata, e quindi non la devono abrogare neanche i suoi successori.
(Caro Gederson Falcometa, Pio V sembra aver creduto di poterlo fare, ma questo non significa che lo potesse fare davvero.)
Mi pare che si cada nel solito vizio di logica, e cioè il ragionamento può essere ribaltato:
anche il predecessore dovrebbe cautelarsi dal fare qualcosa che un successore non farebbe. O perché il successore dovrebbe tener conto della volontà del predecessore e non viceversa? Perché dovrebbe prevalere la volontà del predecessore?
Io credo che in punta di diritto la bolla di Pio V sia stata abrogata, validamente e anche lecitamente. Si tratta però di capire se era lecito *quel* cambiamento della liturgia - e ovviamente su questo mi chiamo fuori dalla discussione.
Il VO non è mai stato abrogato, altrimenti come spiegare i provvedimenti di GP2 Quattuor abhinc annos del 1984 ed Ecclesia Dei adflicta del 1988? E come spiegare l'erezione nel 1988 della FSSP sempre da parte di GP2? E la concessione dell'indulto di Agatha Christie?
Tutto ciò non sarebbe stato possibile se il VO fosse stato abrogato.
Micus
aalora si potrebbe vedere come in 2000 anni e per quali motivi e attraverso quali atti, la liturgia si sia evoluta. non si puo ridurre il discorso al solo contraasto tra due autorita. proprio perche la volonta' del papa dovrebbe uniformarsi alla verita'. come nel tempo sono stati stabiliti dogmi, ma essi erano gia in nuce, e fu necessario definirli, per difenderli.
Caro Latinista,
Mi scusa, ma suona un po strano dire: S. Pio V sembra aver creduto di poterlo fare, ma questo non significa che lo potesse fare davvero.
Vi chiedo di chiarire, per gentilezza, che cosa vuoi dire.
quando non dormo leggo!
pagina interessante della treccani
http://www.treccani.it/enciclopedia/storia-della-messa-in-italia_%28Cristiani-d%27Italia%29/
e poi
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2013/05/sr-maria-francesca-petrillo-fi-le.html
"Questo MP è stato basato su una menzogna, P6 è Papa ed ha abrogato il Messale di SAN PIO V! Non posso sopportare che per salvarsi B16 ha dato dell'inetto e dell'incapace a P6... una sorta di sedevacantismo a comando, mentre cioè P6 emanava la Legge non era PAPA!"
Beh, passo sull`abituale picca velenosa e deprecabile di don Camillo contro Benedetto XVI, che quel sacerdote ci dica dove si può leggere l`atto ufficiale, il documento vaticano, che abroga il VO.
NON ESISTE.
Che l`intenzione di Paolo VI fosse quella non c`è alcun dubbio, ma il Signore vegliava, e il documento che avrebbe esplicitato in modo ufficiale quella sua intenzione NON c`è.
"Riporto ciò che Augé (noto liturgista) ha scritto:...."
Che sia noto, posso al rigore concordare, le sue opinioni invece, ancor più quando espresse in quel modo, devono essere lette attraverso il filtro modernista di colui che era allievo e amico di Bugnini.
Che l`intenzione di Paolo VI fosse quella non c`è alcun dubbio, ma il Signore vegliava, e il documento che avrebbe esplicitato in modo ufficiale quella sua intenzione NON c`è.
Non c'è perché non lo vuoi vedere! Stiamo parlando di una vigenza di una Legge Liturgica, non di un Dogma di Fede o di un pezzo della Rivelazione. La Perillo si argomenta, ma anche Bugnini argomenta e anche molto bene sulla bontà del suo aggiornamento che vanta la stessa "antichità" anzi...
De Mattei e i suoi sodali sembrano aver capito "da che parte stare"...beati loro... dicono: "è così e BASTA!!!... l'ha detto il PAPA (ovviamente quello che mi sta più simpatico?), quindi è vero per forza".
Mi pare che sei stata proprio tu a metterlo in evidenza in altri argomenti, che questo modo di procedere non va bene!
Osseravore dice,
tanti di voi, ovviamente, non ha letto mai gli scritti di Michael Davis...mi pare tradotti e ristampati da Centro Lepanto...
sieti come bimbi sul argomento della validità perenne di Quo Primo...
aveva Papa Pio V l'autorità per vincolare alla sua bolla tutti i suoi successori?
Secondo me il problema si pone a monte e si esplicita con due altre domande
Dov`è il documento dove sta scritto NERO SU BIANCO che il VO è stato abrogato.
La prego di darmi il link per consultarlo.
Grazie.
La sua antipatia per Benedetto XVI è tale che è capace anche di sostenere che il VO, che mi sembra lei non detesti, è stato abrogato.
Mah!
Quello che mi par di aver capito è che Paolo VI con la Missale Romanum abbia abrogato la bolla di S. Pio V e il messale "vecchio", secondo quanto stabilito anche dal diritto canonico:
"Can. 20 - La legge posteriore abroga la precedente o deroga alla medesima, se lo indica espressamente, o è direttamente contraria a quella, oppure riordina integralmente tutta quanta la materia della legge precedente; la legge universale però non deroga affatto al diritto particolare o speciale, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto." Il NOM è chiaramente un riordino integrale di tutta la materia e P6 era Papa quanto S.Pio. Non serviva un'ulteriore documento. E in più nella Costituzione MR si dice chiaramente che viene abrogato tutto quello precedente. Non serviva un'altro documento. Poi resta da vedere se un papa possa o meno "creare" un nuovo Ordo Missae. Su questo avrei qualche dubbio, come lo aveva Gamber. Pio V non creò un nuovo Ordo Missae ma estese alla Chiesa universale quello che in sostanza era il Messale della Curia Romana. Nessuno, a quanto so [smentitemi se sbaglio], ha mai creato un nuovo "Ordo Missae" dal "nulla" come è stato fatto da P6. E qui sta il punto fondamentale: un Papa ha l'autorità di "creare" una nuova liturgia? Se sì allora il NO è Legittimo e lecito; altrimenti no. Ma se si procede su questa strada si arriva con Cantoni e Cavalcoli ad assolutizzare il Magistero che potrebbe in pratica creare anche una nuova rivelazione. A sto punto siamo come i mormoni che hanno il profeta permanente che un giorno dice una cosa e il giorno dopo un'altra! L'Ordo Missae è o no di derivazione apostolica? se sì allora noi dobbiamo attenerci a quello accettando tutti gli sviluppi che ha avuto nel corso dei secoli ma rifiutando recisamente quello di P6 che è artificiale, altrimenti se L'OM è stato "creato" artificialmente nel IV sec. o nel XVI bisogna dire che quello che P6 ha fatto è giusto e sacrosanto e se un domani ci sarà un Novissimus Ordo Missae stile neocat dovremo accettare anche quello e dire come faranno cavalcoli e Cantoni che è in continuità col Novus e col Vetus perchè così stabilisce l'Autorità.
Così, tanto per far bollire il sangue a don Camillo, una piccola dose di Joseph Ratzinger:
""Rimasi sbigottito per il divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia""
http://papabenedettoxvitesti.blogspot.ch/2009/07/rimasi-sbigottito-per-il-divieto-del.html
Risposta alla domanda se S. Pio V avesse l'autorità di impegnare i successori con la Quo primum:
"Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione."
L'Autorità non deriva a Pio V solo da fatto di essere il Pontefice che stava curando il riordino e l'unificazione del Messale Romano, ma dal fatto che in esso ha codificato e riconosciuto la Tradizione millenaria della Chiesa in sintonia con quella Apostolica.
Questo atto può essere messo in discussione soltanto se si sovverte, come è stato fatto il concetto di Tradizione e lo si sposta dall'oggetto-Rivelazione al soggetto-Chiesa.
Dobbiamo riagganciarci al discorso fondamentale, ricordato da Amicus: il Papa non può fare ciò che vuole, ma la sua autorità incontra, oltre ai limiti riferiti alla costituzione essenziale della Chiesa, alla legge divina e al diritto naturale, i limiti dogmatici che lo vincolano alla rivelazione e alla testimonianza autorevole che di essa ha dato la Chiesa in precedenza.
Dunque, se è vero che un Papa può cambiare una regola sancita da un suo predecessore, egli può farlo soltanto entro questi limiti. E la Divina Liturgia più che millenaria del Rito Romano non è proprietà papale, è proprietà di tutta la Chiesa, costituendone la forma cultuale consolidatasi in due millenni di Tradizione ininterrotta, sedimentatasi intorno al nucleo centrale del canone che risale all'epoca Apostolica. Ed è proprio questo che è stato -e non poteva- essere sovvertito, insieme all'Ordo mirabile che ne è preludio e compimento.
Il problema, ineludibile, è che sono stati introdotti elementi protestanti nella tradizione cattolica ed è proprio ciò che il Messale di San Pio V intendeva solennemente e perennemente evitare. Inoltre non è ammissibile che nella Chiesa una pseudo-tradizione improvvisata e "fabbricata a tavolino" possa cancellare e sostituire quella autentica e perenne. A meno, ripeto, di aver sovvertito, come di fatto è avvenuto, il concetto stesso di Tradizione; il che non è accettabile perché ne va della 'continuità' ontologica della Chiesa.
Il fatto che l'abbia promulgata un papa, per quanto abbia usato termini perentori e autoritari - sia pure inconsueti nella promulgazione neppure univoca - non ci esime dal rifiutarla, anche se ciò ci fa correre il rischio di metterne in conto le conseguenze, di estrema gravità, che non saremo noi a trarre, ma che la storia e un papa futuro sapranno distinguere e sancire.
Questo non significa che la Liturgia sia immutabile. Ma deve conoscere uno "sviluppo organico", che tuttavia non può riguardare la sua struttura portante, ma solo elementi secondari: si è parlato ad esempio del santorale e di alcuni prefazi...
Ora, nella riforma di Paolo VI non si è trattato di sviluppo organico, ma, come scritto in più occasioni da Ratzinger/Benedetto XVI, si è trattato di una "fabbricazione a tavolino" di un "edificio nuovo", previa distruzione di "quello vecchio" del quale sono stati presi solo alcuni elementi che, nel tempo, vanno perdendo lo loro saporosa sapienza soffocata dall'insipiente banalizzazione del resto...
eScusate,sto cercando di capire,non sono addentro alla materia come voi e forse dirò una banalità.Le argomentazioni di d Camillo a favore dell'abrogazione mi paiono non superficiali.D'altra parte,se Benedetto,in un atto ufficiale,dal valore giuridico(non in una intervista,in un libro,comunque come dottore privato)afferma la non abrogazione,non dovrebbe essere questa affermazione interpretazione autentica degli atti giuridici compiuti da Paolo VI, interpretazione compiuta dall'unica autorità in grado di farla,al di là di tutte le nostre elucubrazioni?
hpoirot,
non pubblico, perché il cuore ancora sanguina, il tuo riferimento al Benedetto del 14 febbraio, di cui abbiamo già parlato.
E comunque, se leggi le mie considerazioni sopra, è superato da ciò che ha affermato col motu proprio.
mic, fai come credi sai che hai la mia stima anche quando non siamo d'accordo.
comunque le mia esperienza (trentennale) di Ratzinger che é un abilissimo politicante. Ogni volta (ripeto OGNI VOLTA) che ho trovato in lui qualcosa di Tradizionale sono stato smentito prima o poi dalle sue stesse parole che affermavano il contrario.
E' da sempre il grande problema con Ratzinger: se isoli un frase é S.PioX se lo prendi nell'insieme ognuno puo' vederci quello che vuole. Con Ratzinger accontenti tutti, Kung e Martini a Mons.Fellay.
Basta prendere ad hoc quello quello che si vuole (e non quello che ci fa sanguinare...)
Mi sembra che nel merito abbia lasciato alcune motivazioni valide Klaus Gamber nel suo "La Réforme liturgique en question" a pag. 36-37.
Dice lo studioso che l'autorità piena e suprema del Papa sulla Chiesa universale, per quanto riguarda la disciplina e il governo, non può essere applicata al rito della messa. Infatti, dice Gamber, la Messa non rientra in alcun modo nel concetto di disciplina, né vi è alcun documento che esplicitamente parli di un diritto del Papa, come pastore supremo della Chiesa, ad abolire un rito tradizionale.
A sostegno della sua tesi cita il noto passo di san Vincenzo di Lerino, il quale pone dei limiti alla plena et suprema potestas del Papa in campo dogmatico. Richiama pure il pensiero di Suarez, che si riferisce al Caietano, per il quale "il Papa sarebbe scismatico se non volesse mantenere l'unità dell'intero corpo della Chiesa, per esempio se tentasse di scomunicare tutta la Chiesa o se volesse modificare tutti i riti confermati dalla tradizione apostolica"
Inoltre Gamber rammenta come già nel 1965 il rito della Messa era stato modificato secondo le indicazioni della "Sacrosanctum Concilium" e ancora nel 1966 il card. Cicognani definisce il Messale del 1965: «...il risultato perfetto della Costituzione liturgica del Concilio.» Quindi nessuno si apettava di lì a tre anni un nuovo messale che avrebbe sovvertito il rito tradizionale
A mio avviso il rito romano antico poteva in teoria essere abrogato validamente da un Papa, ma solo per fare posto ad un altro rito pienamente cattolico. Avrebbe potuto farlo validamente, ma con molta difficolta' senza peccare contro la prudenza.
Nonostante la intenzioni di Papa Paolo VI questa abrogazione non c'e' stata sia perche' manca il documento giuridico che certifichi l'abrogazione, sia perche' il NO non e' un rito che esprime in maniera chiara la Fede cattolica.
Ovviamente Benedetto XVI ha certificato solo la prima motivazione. Solo la seconda pero' e' davvero determinante e puo' risolvere tutti i dubbi fino ad ora espressi.
Io continuo a ritenere che un Papa non possa abolire il Rito Romano [e pure Gamber che non era l'ultimo arrivato come me], neanche - per assurdo - per lasciare spazio ad un rito migliore. Sarebbe comunque una creazione umana, non sarebbe il Rito di derivazione apostolica. Sarebbe qualcosa di artificiale, sintetico. Un po come le bistecche fatte in laboratorio finanziate da Google. Mi da l'idea di qualcosa di superomistico di "diabolico", un voler creare un'essere artificiale un nuovo Frankestein. Insomma una cosa da Massoni. E infatti di Bugnini si dice questo ...
Scusate, ma di derivazione apostolica non e' il solo Canone Romano?
Nel NOM tale Canone e' stato modificato nelle parole della Consacrazione , orrendamente mutilato con quelle assurde opzioni ed inserito in un contesto diverso dal suo naturale.
Don gianluigi, Marco Marchesini, MaxT. e tutti gli altri, ognuno con la propria consapevolezza ben aargomentata.
Grazie, perché contribuite a trarre conclusioni ormai ineludibili, dal momento che appare sempre più evidente ormai che resistere, ora come allora, è questione di sopravvivenza.
Per me l'obiezione capitale che possiamo muovere a tutta la riforma liturgica è nell'ispirazione. Paolo VI ha approvato una riforma ispirata da una mens prevenuta nei confronti della Tradizione. Non vedeva nella Messa l'eredità degli Apostoli, ma le incrostazioni di una liturgia via via peggiorata da Costantino in poi. Il risultato è stato quello dei riformatori protestanti: Lutero e Cranmer, che si sono posti al di sopra della liturgia e l'hanno modificata a tavolino. La nostra Messa oggi assomiglia più a quella di Cranmer e di Lutero che a quella tradizionale. E penso che tutto avrebbe potuto fare Paolo VI ma non approvare una Messa in cui regna l'ambiguità e in cui tutto è permesso tranne riprendere la Tradizione.
Almeno per me il fatto fondamentale e' che l'autorita' punisce chi critica il concilio ed il NO mentre lascia impuniti coloro che sono ad esempio favorevoli al "matrimonio" civile tra omosessuali.
Quindi essere favorevoli a questo e' del tutto in linea con questa chiesa, con il sentire con questa cheisa; la Tradizione no.
Ormai i testi del Magistero, anche attuale, sono visti come spunti di riflessione e niente altro.
Caro hpoirot, ormai sai bene che non sorvolo su alcune cose solo perché fanno sanguinare il cuore, ma che le inserisco in un contesto nel quale, se non sono commestibili, sono almeno superabili.
Lo vedrai nell'articoo che pubblicherò come sintesi di questa appassionante discussione.
Una domanda:
in una Chiesa che espelle la sua Tradizione o ne cambia i connotati, da che parte sta lo scisma?
Anonimo credo che il problema sia da che parte sta il papa... ma al momento non voglio neppure pormelo.
Lo vedremo da come concretamente, al di là di esternazioni estemporanee, si porrà nei confronti di chi ama la tradizione (che non è tadizional-ISTA), ma semplicemente cattolico apostolico e anche romano e da come si svilupperà il "caso" dei FI.
Max T ha detto...
Insomma una cosa da Massoni.
Peccato che, per esempio, tra i firmatari dell'appello che generò il famoso indulto Agatha Christie, si dice che c'erano esponenti della massoneria inglese, così come tra le file della nascente UNA VOCE.
don gianluigi ha detto...
Lutero e Cranmer, che si sono posti al di sopra della liturgia e l'hanno modificata a tavolino. La nostra Messa oggi assomiglia più a quella di Cranmer e di Lutero che a quella tradizionale.
Peccato che durante il Concilio un gruppo di Luterani chiese con insistenza che non venisse modificato il Lezionario domenicale delle letture che era "tradizionalmente" uguale a quello dei protestanti.
Luisa ha detto...
Dov`è il documento dove sta scritto NERO SU BIANCO che il VO è stato abrogato.
Chi interpreta le leggi del Papa? la risposta: “ognuno, tranne il Papa”. P6 lo dice, lo ridice e lo scrive! Ti rilinko lo studio di Cekada.
http://lepaginedidoncamillo.blogspot.it/p/il-novus-ordo-e-stato-imposto.html
Se tutto fosse così netto, così chiaro, quelli sono i buoni, quelli i cattivi, quelli colpevoli, quelli innocenti... la crisi si sarebbe già conclusa da anni, non credete?
Don Camillo, non è un argomento tirare in ballo che anche in certi contesti ci siano massoni, primo perché non è comunque verificabile (mentre ci sono le prove su Bugnini e tanto attendibili quanto inquietanti indizi su altri), secondo perché non è un argomento direttamente collegato all'abrogazione e alla sua validità.
Per mantenere il punto stai allungando il brodo, non schiodi da lì e non vengono altri contributi...
Mic,
essendo che Francesco ha mostrato se stesso tanto contrario alla Tradizione e alla fede e alle devozioni perenni cattoliche, sembra necessario che facciamo tutto di mettere in evidenza chi è lui, e chi sono i suoi.
Al questo scopo, ho parlato lungo con un parente negli Stati Uniti, che conosce le vicende dei tradizionalisti a Boston, dove il Cardinale O'Malley, il scelto di Cardinale Law, uno dei super-cardinali scelti da Francesco, li ha perseguitato con ignanno per quasi dieci anni.
Primo le tradizionaliste sono stato "collocati" nel quartiere Cinese-Omosessuali si Sud Boston, in una chiesa bellissima tedesca. Poi la chiesa fu affidato a un amico di Law, e durante il suo incarico egli (l'amico) ha rubato più che 70 milla dollari dai fondi della parrochia. Quando i fideli, membri del consiglio pastorale della parrochia, ha scoperto, il Cardinale O'Malley ha chiuso la parrochia e ha venduto la chiesa per proprietà secolare!
Poi sono stati collocati a una parrochia inaccessibile, nella parte occidente della Città...
Nel fra tempo, Cardinal O'Malley ha deciso di vendere le parrochie per salvare la diocesi dal peso di danni imposti dai tribunali: una brava cattolica giudici ha mandato il Cardinali di mettere sotto la luce pubblica tutti i documenti in regardo al quasi 500 pedofili sacerdoti DELLA diocesi.
Il Cardinale spesso ha venduto le parrochie a persona che in turno ha rivenduto per guadagno di 100.000 milla dopo soltano qualche giorno di possesso; al stesso tempo HA VIETATO la vendita delle chiese AI cattolici.
Il Cardinal ha spostato la sua residenza da una villa accando il Collegio (Università Cattolica) di Boston, al quartiere omossessuale.
In fine, qualche volte i giornalist ha scoperto Cardinal O'Malley nascondendo più colpevoli sacerdoti dopo tanti promessi di essere trasparente.
In una parola, si conosce una persona dagl'amici che ha...
Francesco!
Se B16 riabilitando il VO, con la motivazione che non era mai stato abrogato ha detto una castroneria, allora l'hanno detta anche GP2 e P6. Ben tre Papi. Infatti Micus afferma che:
"Il VO non è mai stato abrogato, altrimenti come spiegare i provvedimenti di GP2 Quattuor abhinc annos del 1984 ed Ecclesia Dei adflicta del 1988? E come spiegare l'erezione nel 1988 della FSSP sempre da parte di GP2? E la concessione dell'indulto di Agatha Christie?
Tutto ciò non sarebbe stato possibile se il VO fosse stato abrogato."
È possibile che tre Papi si contraddicano l'uno con l'altro?
Quel che ho letto di più ragionevole è:
"Dice lo studioso che l'autorità piena e suprema del Papa sulla Chiesa universale, per quanto riguarda la disciplina e il governo, non può essere applicata al rito della messa. Infatti, dice Gamber, la Messa non rientra in alcun modo nel concetto di disciplina, né vi è alcun documento che esplicitamente parli di un diritto del Papa, come pastore supremo della Chiesa, ad abolire un rito tradizionale."
Con le mie parole semplici posso solo dire che non posso andare alla Messa riformata perchè mi è estranea ed io mi sento estranea ad essa, non solo, mi sento male, quel sentimento e quella reazione di estraneità non possono nascere che dalla percezione che quel rito è un "qualcos"altro" rispetto alla Santa Messa che mi ha formata.
Più che un commento, desidero avanzare due proposte:
1) promuovere il finanziamento della trasmissione in diretta internet della Santa Messa da una della cappelle dove esaa viene celebrata tutti i giorni (es.: Vocogno, San Simeon piccolo ecc.)
2) estendere al maggior numero possibile di luoghi di culto "novus ordo" l'indagine fatta svolgere qualche anno fa da Camillo Langone, predisponendo però un questionario ad hoc (es:
la consacrazione è fatta coram Deo? le concelebrazioni sono limitate ai casi previsti dalla S.C.? ecc. - Grazie
"...dire infatti che la liturgia semplicemente "non si tocca" - non me ne voglia Amicus - è assurdo perché è smentito dalle tante riforme liturgiche del corso della storia, che non potranno essere state tutte illegittime."
Ma qui si parlava dell'ipotetica
ABROGAZIONE della S. Messa Romana da parte di Paolo VI, non di ritocchi, aggiunte e piccole modifiche.
Ripeto - e più sopra qualcuno ha postato un commento che cita in proposito mons. Klaus Gamber - che neppure il Papa può ABROGARE un Rito cattolico tradizionale, non ne ha l'autorità: ma è proprio così difficile da capire?
Qui il diritto canonico, i motu proprio, gli indulti et similia non c'entrano assolutamente NULLA.
L'unico Papa che ha abrogato alcuni riti è stato proprio San Pio V, ma il provvedimento riguardava solo quelli non più antichi di 200 anni, e dunque senza radici nella Tradizione cattolica.
Ripeto: anche la semplice discussione su una possibile abrogazione di un Rito quasi bimillenario della Chiesa è, in se stesso, un fatto assurdo, improponibile.
Anonimo 14:00
non si tratta di tre papi che si contraddicono, ma di due papi che dimostrerebbero, sia pure un modi diversi, la non abrogazione del VO da parte di Paolo VI.
Mi incuriosisce l'affermazione di Don Camillo (13:03)secondo cui "tra i firmatari dell'appello che generò il famoso indulto Agatha Christie, si dice che c'erano esponenti della massoneria inglese, così come tra le file della nascente UNA VOCE." Affermazione decisamente controintuitiva, ma poiché stimo Don Camillo, e sono spesso d'accordo con lui, mi piacerebbe che venisse documentata meglio. Mi sono andato a rileggere le biografie dei firmatari del famoso appello che poi genererà il cosiddetto "Indulto di Agatha Christe" contenuto nel bel libro di Gianfranco Amato, ma di massoni non ne è ho trovati. E, a scanso di facili obiezioni, ricordo che l'appartenenza alla massoneria anglosassone è pubblica, contrariamente a quella delle logge latine, che è riservata.
Poi, ancora, più curiosa è l'affermazione secondo cui tra i fondatori di "Una Voce" ci fossero massoni. Pur con tutta la severità con cui si può giudicare la decadenza attuale di questo nobile sodalizio, potrebbe Don Camillo portare uno straccio non dico di prova, ma almeno di indizio rispetto a questa sua bizzarra affermazione?
don Camillo dixit: Peccato che durante il Concilio un gruppo di Luterani chiese con insistenza che non venisse modificato il Lezionario domenicale delle letture che era "tradizionalmente" uguale a quello dei protestanti.
Caro don Camillo Lutero e Cranmer hanno distrutto la Messa Cattolica partendo da due prospettive diverse, che, però, hanno ottenuto lo stesso risultato. Lutero ha minato la dottrina, negando alla Messa il significato sacrificale, abolendo il sacerdozio ministeriale, pur mantenendo la struttura esteriore. Cranmer, invece, ha distrutto gli altari, sostituendoli con delle mense, ha cambiato la posizione del celebrante per togliere l'idea di sacrificio e inoculare quella di pasto fraterno, ha imposto la celebrazione in inglese di tutte le parti con il Prayer Book e ha preteso la proclamazione ad alta voce del Canone. Il risultato fu che dopo poco tempo anche la dottrina eucaristica risulto devastata come quella di Lutero.
Oggi la nuova Messa risulta molto più simile a quella di Cranmer, anche se per fortuna non sono stati espunti i passaggi sacrificali, mentre esteriormente potrebbe sembrare più tradizionale una celebrazione luterana. In ogni caso c'è poco da stare tranquilli.
Don Camillo portare uno straccio non dico di prova, ma almeno di indizio rispetto a questa sua bizzarra affermazione?
Riporto solo la testimonianza di un illustre conoscitore ed esperto della materia, ovviamente lui era certo di quel che diceva, come certo di alcuni nomi di persone a lui conosciute, io ho solo riportato il fatto raccontatomi con un più mite "si dice". I suoi argomenti sembravano a me più che convincenti.
Non tutte le Logge erano uguali, mi diceva, certa nobiltà romana, abituata a certi fasti e certa sacralità (in un certo senso scimmiottata anche in Loggia) non si rassegnò mai ad un rito banale e svilito.
Possiamo forse dire noi che fossero delle "eccezioni" non allineate? che agivano privatamente? o Logge conservatrici rispetto a Logge progressiste? La riservatezza dei fatti interni è come sappiamo, tombale. Ma sicuramente il mondo della Massoneria è diviso basta pensare ad esempio, all'unica cosa a noi nota: la diatriba secolare sul ammettere le donne: Palazzo Giustiniani, per esempio continua a rifiutare questa "novità" che va contro la (loro) tradizione.
Bizzarro... Per quanto si ritenga che un'istituzione laica ed antidogmatica quale è appunto la Massoneria, non possa permettersi - per così dire - di discriminare.
don gianluigi, tutto vero quel che dici, io non parlo però di sacramentaria ma di mero confronto tra riti.
La desacralizzazione e la banalizzazione avvenuta al Rito Romano con la riprova recentemente avvenuta a Rio è imparagonabile alle seppur abominazioni impetrate da Cranmer e Lutero.
Per esempio il Rito della Comunione Anglicana Tradizionale fatto da Cranmer e poi rimaneggiato è esteticamente solenne ed elegante, di un inglese forbito mai banale, altari a muro organo e corali settecentesche.
Così come le messe luterane tradizionali che si celebrano ancora oggi: altari a muro, tedesco aulico e solenne, corali di Bach che tutti cantano a memoria.
(Basta che ti fai un giro su youtube)
E poi il loro sgomento sul cambiamento del Lezionario domenicale, che per - attenti bene - "ragioni ecumeniche" chiesero che rimanesse intatto nella sua forma mistagogica plurisecolare perchè ci sono, ad oggi, comunità luterane che utilizzano le Lezioni domenicale del Messale Tridentino.
Fu padre Cipriano Vagaggini (cattolico e monaco!!!!) che fece pressione contro le remore degli stessi protestanti, spuntandola con adeguate catechesi successive "la prima consultazione" grazie anche all'ostentato appoggio di P6 che ebbeRO (lui ed il compare Bugnini) prontamente.
"la Riforma Liturgia" di A. Bugnini pag. 207.
Caro Don Camillo,
che un certo tradizionalismo ingessato e fossilizzato o anche ideologizzato possa essersi attaccato al vecchio rito per fissismo, mi sembra un elemento da non tirare in ballo perché è un argomento dei detrattori e dei demolitori. In ogni caso quanti vuoi che siano questi 'fossili'?
E inoltre, le persone che amano la tradizione e vivono la sacralità del rito come ce l'ha consegnato il Signore, i tanti giovani e meno giovani che la stanno riscoprendo, le tante anime assetate che ne sarebbero nutrite e ristorate se potessero conoscerla, cos'hanno a che fare con queste sterili argomentazioni che ci stai portando adesso?
La desacralizzazione e la banalizzazione avvenuta al Rito Romano con la riprova recentemente avvenuta a Rio è imparagonabile alle seppur abominazioni impetrate da Cranmer e Lutero.
e allora?
Ha ragione don Camillo. Il guaio del NO è che non esistono più rubriche degne di questo nome e, in pratica, tutto è possibile. Quindi se uno ha una formazione tradizionale, anche la celebrazione del NO risulterà dignitosa. Ma se un cristiano cresce con l'idea della messa "sentimentale" dove ciò che conta è il provare emozioni, dandosi la mano al Padre Nostro, sentendo o partecipando al canto che "mi emoziona" ecc. se ne vedranno di tutti i colori.
Gederson Falcometa:
"Mi scusa, ma suona un po strano dire: S. Pio V sembra aver creduto di poterlo fare, ma questo non significa che lo potesse fare davvero.
Vi chiedo di chiarire, per gentilezza, che cosa vuoi dire."
Mi scusi Lei, nelle ultime settimane non mi è stato possibile frequentare la rete. Forse ormai non mi leggerà più, ma per correttezza Le rispondo, non si sa mai.
Volevo dire che non basta credere di avere un certo potere per averlo davvero. Il fatto che Pio V credesse di avere quel potere non dimostra che lo avesse effettivamente.
Purtroppo non ho più potuto seguire la discussione. Mi pare che sia prevalsa l'opinione per cui il messale tridentino non era abrogabile e quindi non fu abrogato. Non ne sono convinto, e stavo per scrivere una mia riflessione in proposito, ma credo che ormai cadrebbe nel vuoto, quindi me la risparmio.
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