Il calcestruzzo è un materiale che viene utilizzato nella progettazione di strade, edifici e ponti; sfortunatamente è destinato a danneggiarsi in meno di 50 anni.
Eppure, se guardiamo alle rovine e alle vestigia delle eredità storiche e architettoniche provenienti dagli Antichi Romani, molte di esse sono ancora in piedi, nonostante siano trascorsi ben due millenni.
Scienziati e ricercatori si sono a lungo interrogati sulla ragione di tutta questa “longevità” e sono arrivati a delle conclusioni molti interessanti: gli Antichi Romani erano soliti utilizzare un ingrediente speciale che rafforzava il cemento nel corso del tempo, anziché indebolirlo. Gli esperti sono venuti a conoscenza di un’antica ricetta per la malta, messa a punto dall’ingegnere romano Marco Vitruvio nel 30 A.C; essa comprendeva la miscela di cenere vulcanica [una sorta di pozzolana], ossido di calce a acqua di mare, mescolata con rocce vulcaniche e pressata con stampi di legno immersi in acqua di mare.
Storicamente, è possibile risalire alla lunga durata del calcestruzzo romano; ne è un esempio questa nota criptica scritta nel 79 A.C., nella quale il calcestruzzo era descritto come “una singola pietra impregnabile nelle onde e più forte giorno dopo giorno”.
Per rendere meglio l’idea di questa frase, alcuni ricercatori hanno studiato i fori di un porto romano nella baia di Pozzuoli, vicino a Napoli. Dopo averli analizzati, gli studiosi hanno scoperto che l’acqua di mare aveva sciolto i componenti della cenere vulcanica, consentendo a nuovi minerali di crescere e legare fra loro. In meno di un decennio, nel calcestruzzo si era formato un minerale idrotermale molto raro chiamato Al-tobermorite (alluminio-tobermorite). Questo minerale ha permesso alla struttura di diventare sempre più solida, impedendo alle crepe di propagarsi ed ingrandirsi.
Come afferma Marie Jackson, geologa all’Università dello Utah ed esperta di architettura romana,
“Gli antichi rimani hanno impiegato un'incredibile quantità di lavoro per sviluppare tutto questo, erano una civiltà davvero intelligente”.
Questa sostanza, che conferisce al cemento romano la sua forza, può essere prodotta in laboratorio, ma è difficile incorporarla nel calcestruzzo. In ogni caso, i ricercatori hanno scoperto che l’acqua di mare, attraverso una matrice di cemento, reagisce con la cenere vulcanica e i cristalli formando, oltre all’Al-tomermolite, un minerale poroso che prende il nome di phillipsite, come riportato su American Mineralogist.
Nonostante non manchino incognite e difficoltà, la strada per ricreare in chiave moderna il cemento degli Antichi Romani è ormai tracciata. Come ha dichiarato la Dott.ssa Jackson:
“Penso che questa ricerca sia destinata ad aprire una prospettiva completamente nuova su come produrre il calcestruzzo; quelli che abitualmente consideriamo come processi di corrosione possono invece contribuire a produrre un cemento minerale di qualità resiliente col passare del tempo ”.
8 commenti:
ED ECCONE UN ALTRO: IL PONTE SUL WADI AL KUF, LIBIA.
Progettato e realizzato sempre dal "nostro" Morandi. Chiuso da un anno per grave deterioramento strutturale e rischio crollo.
"Il 26 ottobre 2017 il Governo della Libia orientale di Abdullah al-Thani ha deciso la chiusura del ponte alla circolazione di autoveicoli e pedoni in seguito al suo deterioramento strutturale.
Il 7 agosto 2018 il sindaco di Beida comunicava al governo di Tobruch la pericolosità del ponte e il rischio di crollo dopo aver chiesto un urgente intervento alla società italiana per la manutenzione".
CIOE', IN LIBIA LO HANNO CHIUSO. A GENOVA NO.....
lavoro in un bar... vicino al ponte che è crollato... oggi sono arrivati un sacco di vigili del fuoco ....sono entrati al bar tutti sporchi... con le facce stanche... chiedono"scusa"se per caso "puzzano" ma son 3 giorni che scavano ininterrottamente.. lavoreranno fino a domenica .... poi tornano nella loro Lombardia... a dare il cambio arrivano i colleghi del Lazio...
mi chiedono da bere... qualcosa da mangiare... un via vai tutto il giorno.... beh ogni volta che venivano in cassa a pagare dicevo "è tutto offerto ragazzi"... (clienti a loro insaputa correvano a pagare). noi Genovesi saremo anche considerati degli SPILORCI.... TIRCHI.... ma in questo caso vi battiamo alla grandee!!!
Valentina Tarasco
Valentina Tarasco Grazie x la notizia...!!!! Sono orgogliosa della mia Italia!!! Tutti vi siamo vicini come possiamo! Coraggio!!!!!
Valentina Tarasco, grazie per avere fornito in poche righe un quadro perfetto di quello che è lo spirito dei genovesi. Solidarietà, operosità e generosità nel silenzio e nell'anonimato. Tutto il contrario di altre zone dell'Italia fove sempre bisogna suonare le trombe, sempre bisogna gonfiare le vose e parlare a vanvera teatralizzando tutto. Da una parte niente fumo e tutto arrosto, dall'altra niente arrosto e tutto fumo.
Ai tempi dei romani sui ponti non passavano né passano macchine e tir....
Non vi entusiasmate
Ovvio che il peso ingente dei tir e l'intensità del traffico influiscano sull'usura e dunque sulla durata.
Ma, se legge bene l'articolo, potrà notare come il 'calcestruzzo' dei romani avesse una miscela di componenti e una sua peculiare preparazione oggettivamente efficaci, in termini sia di durata che di solidità, a partire dal loro impiego nella costruzione...
Il commentatore delle 13:45 ha ovviamente ragione. Aggiungo che con le tecnologie degli antichi romani non si potevano costruire ponti con campate molto ampie, né molto alti, né gallerie molto lunghe, né grattacieli. A parte gli ultimi (di cui potremmo benissimo fare a meno), delle altre infrastrutture abbiamo bisogno. Aggiungo l'altra considerazione fondamentale, che le infrastrutture o vengono mantenute o, prima o poi, diventano inutilizzabili, anche se magari non crollano. Per come intendo io l'articolo, non si vuol dire che era meglio la tecnologia dell'epoca dei romani da un punto di vista pratico.
Il punto da sottolineare è un altro, e non ha tanto implicazioni tecniche, quanto interpretazione da segno dei tempi. Quando le opere in calcestruzzo furono costruite, cinquant'anni fa, venivano esaltate nelle loro caratteristiche; il fenomeno che porta alla loro rapida usura - al netto delle condizioni particolari dell'ambiente del ponte di Genova - si chiama carbonatazione e fu scoperto _dopo_. Il classico risveglio alla realtà dopo il "sogno" moderno/ista. Oggi le tecnologie sono anche migliorate, ma si sa che ogni opera realizzata in questo modo ha una durata limitata. Molti anni fa - purtroppo non riesco a recuperare il video nell'archivio RAI - l'architetto Fuksas (uno che non può certo essere sospettato di anti-modernità) in un documentario spiegava la consapevolezza, propria e dei colleghi, del limite temporale delle opere che costruisce (all'epoca mi pare che disse uno-due secoli) e dell'inevitabile destino di essere distrutte, perché oltre quel limite diventerà più economico demolirle e rifarle. Infatti, come dicevo giorni fa, è per questo motivo che i grattacieli negli USA durano poco, e vengono costruiti anche con soluzioni tecniche che ne facilitino la demolizione. E gli va bene così: dunque hanno rinunciato all'eterno, e il segno mi sembra fortissimo, tipico dell'uomo contemporaneo. Le orribili chiese in cemento armato tra 100-150 anni saranno ridotte a ruderi, mentre gran parte delle cattedrali in pietra costruite anche quasi mille anni fa dureranno fino al Giorno del Giudizio... Io, fossi architetto in erba, fuori da considerazioni pratiche (ripeto: abbiamo bisogno di tunnel e viadotti, e chi li costruisce ha motivi di "vanto") sarei molto più invidioso di un anonimo architetto medievale, le cui opere stanno ancora in piedi e staranno ancora in piedi, che di un Morandi o di un Fuksas...
Bisognerebbe spendere due parole sull'ipotesi del crollo del ponte causa dolo, ferme restando tutte le manifeste lacune evidenziate, fin qui, nella costruzione, nei materiali usati, nella manutenzione. Una televisione tedesca ha parlato di bomba.
Sembra che in Europa ogni paese stia guardando i propri ponti in cemento e la loro usura, con grande preoccupazione.
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