Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 25 settembre 2018

Amerio: Tanto dogma, tanta Chiesa. Niente dogma, niente Chiesa

Convegno Internazionale su Vecchio e nuovo modernismo: le radici della crisi della Chiesa, Roma, 23 giugno 2018

Amerio: Tanto dogma, tanta Chiesa. Niente dogma, niente Chiesa
Enrico Maria Radaelli


Ringrazio la Fondazione Lepanto, il suo Presidente Prof. Roberto de Mattei, tutti i presenti.

Nel giugno del ‘26, a 21 anni, Romano Amerio vedeva pubblicato su Pagine nostre, periodico della diocesi di Lugano, un suo pensiero che si potrà ritenere cardinale: «Il problema dell’uomo è il problema dell’adorazione, e tutto il resto è fatto per porvi luce e sostanza». “Deus Trinitas first”.

AMERIO: "DEUS TRINITAS FIRST".
MODERNISTA: “DEUS TRINITAS NOTHING”.

La storia del mondo è teocentrica, anzi cristocentrica, e per nulla antropocentrica: l’uomo è in seconda fila. Una teologia che non esalti tale centralità scenica e sostanziale di Dio non è una teologia cattolica.
Tutto il contrario di ciò che vuole il modernista, per il quale il primo attore sui popoli e sulla storia è lo spirito del mondo: Deus Trinitas nothing.
Perché lo vuole? Per la sua libertà, per la sua indipendenza. Questa è la causa della lotta su tutti i fronti che sta avvenendo tra mondo e Chiesa.

Il principio d’autorità nasce da Dio, ed è stabilito in Gesù Cristo, mediatore san Paolo: « Se anche noi stessi, o un Angelo del Cielo, venisse ad annunciarvi un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato noi, sia egli anàtema » (Gal 1,8).

In Stat Veritas. Seguito aIota unum”, Amerio lo fissa così: « La parola è da più del parlante umano che la proferisce e non ha da confrontarsi, da commisurarsi, da verificarsi con qualche cosa che sia altro da sé ».

In Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX [qui], Amerio collega l’annidamento dello spirito del mondo, posto dagli Illuministi, allo spirito di indipendenza del mondo, fronteggiato invano da Pio IX, X e XII coi tre Sillabi del ‘874, ‘907 e ‘950. Invano, perché lo spirito di indipendenza si fa scaltro, e col Buonaiuti (« Non contro Roma né senza Roma, ma con Roma e in Roma ») capisce che per sconfiggere la divina Auctoritas bisogna seguirla. O almeno: così farle credere. 

Lo scopre Amerio, individuando nelle prime pagine del suo libro-cattedrale il primo cardine su cui ruota il sistema logico-metafisico della Chiesa (Iota unum, pp. 27-8 Lindau): « La legge della conservazione storica della Chiesa », scrive, permette di distinguere con precisione che « la Chiesa non va perduta nel caso non pareggiasse la verità, ma nel caso perdesse la verità » (marcature dell’Autore).

AMERIO: “SPAREGGIARE” LA VERITÀ NON È “PERDERLA”.
MODERNISTA: CAPITO. ORA SO COME PROCEDERE.

Come finemente segnala il de Mattei nel suo Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta [qui], astutamente servendosi della biforcazione individuata da Amerio: “spareggiare” non è “perdere”, due Pastori molto accorti, il cardinale Tisserant e Papa Roncalli, uno per averglielo suggerito, l’altro per averlo attuato, realizzarono il « colpo da maestro di satana » imprimendo al Vaticano II la forma magisteriale di secondo grado invece che di primo, ‘pastorale’ invece che ‘dogmatica’, come avrebbe dovuto essere per la presenza di un Papa e dunque per poter dar modo a un Papa di esprimersi, se ne avesse avuto necessità, al massimo di pienezza o entelechia di pronunciamento, com’era avvenuto nei venti Concili ecumenici precedenti, ex lege, anche se in due di essi (Lione II e Laterano IV) il dogma non era stato espresso, perché non ve ne era stata necessità. 

Con tale escamotage, il Papa usufruì di una libertà che la forma dogmatica mai gli avrebbe permesso, così costruendo il secondo perno individuato da Amerio, su cui gioca la Chiesa modernista: mettere la libertà prima della verità, l’efferato escamotage che il Luganese chiamerà « dislocazione della divina Monotriade » [qui] (Iota unum, p. 315 Lindau). 

LA LIBERTÀ SEGUE LA VERITÀ, COME L’ANCELLA LA SUA REGINA.
SE NON LA SEGUE, LA SPOGLIA, LA DERUBA, LA UCCIDE.

Questo è un delitto d’omissione, compiuto da tutti i Papi che si sono susseguiti sul Trono di Pietro dopo Pio XII, delitto cui si aggiunge quello del falso ideologico: di aver utilizzato appositamente il grado di insegnamento appena inferiore al dogmatico, quello di ‘magistero pastorale’, o ‘ordinario e autentico’, proprio per le sue due precise caratteristiche: 
1), di non essere dogmatico, ossia di non essere punto infallibile e irriformabile, così da avere la prerogativa di non chiamare in causa Dio, il che rassicura i suoi utilizzatori sulla propria vita, ben sapendo che non si chiama impunemente Dio a controfirmare una propria asserzione se essa non è più che vera (nel pronunciamento dogmatico Dio è chiamato in causa con l’uso del plurale maiestatico papale, il “Noi” dei due Soggetti: il papale e il divino);
2), però di poter ancora esigere, da tutta la Chiesa e da ogni fedele, un’obbedienza comunque forte, qual è in ogni caso quella del ‘religioso ossequio’, di fronte ad affermazioni che la Chiesa ritiene ‘verità connesse’, ossia verità direttamente discendenti dal dogma, come sono sempre state le verità insegnate prima che il Modernismo si fosse intronizzato dove mai avrebbe potuto con mezzi leciti.

La sintesi di queste due caratteristiche permette di affermare ciò che tutti quei Papi seguiti a Pio XII, che per il loro Modernismo camuffato avrebbero dovuto essere radiati dalla Chiesa, altro che canonizzati, ben sapevano: e la sintesi è che mai essi sarebbero potuti cadere in contraddizione col dogma dell’infallibilità pontificia proclamato da Pio IX, perché ciò sarebbe potuto avvenire solo se si fossero esposti al massimo dell’entelechia a loro e solo a loro possibile, il livello dogmatico, o ex cathedra, dove risiede la Potestas clavium, cui essi però si guardano bene d’accedere, i vigliacchi, per il modernistico inghippo trovato.

La Chiesa non si è mai trovata a un punto così vicino alla morte come in questi ultimi drammatici decenni seguiti al Vaticano II: da se stessa si è tolta il dogma, il magistero del dogma e la liturgia del dogma (quella del Rito cosiddetto “antico”, in realtà l’unico perenne e santo, per i motivi che fra poco ci spiegherà la dottoressa Guarini). 

E tutto ciò i Pastori della Chiesa hanno fatto alla presenza piena di tutte e tre le condizioni che determinano la gravità di una colpa, qui quelle d’omissione e di falso ideologico, nelle persone dei Papi e dei loro consiglieri (i cardinali e i prefetti di Curia) a partire dall’origine della devianza, il Vaticano II. E le tre condizioni sono: “piena avvertenza” e “deliberato consenso” per i soggetti degli atti omessi e falsificati, e “materia grave” per l’oggetto, il nascondimento, o aggiramento, o “oblio” del dogma.

Nell’Epilogo (p. 661) di Iota unum il Luganese rileva: « Le novità del Vaticano II sono lumeggiature di parte del dottrinale cattolico che corrispondono all’oblivione di altre parti. L’oblio copre il dogma della predestinazione sotto la verità della vocazione universale; quello dell’inferno sotto la verità della misericordia divina », e così via per altri sette esempi, v. p. 661 Lindau.  

SI DICE “BUONAIUTI”. SI PRONUNCIA “RATZINGER”.

Ma, con la Lettera enciclica Spe salvi, Benedetto XVI non solo “dimentica” il dogma, ma lo sostituisce, ne inventa uno nuovo e tutto suo, come mostro prima in La Chiesa ribaltata [qui] e ora in questo articolo [che mostro]. Titolo: “Qualcuno nella Chiesa si è accorto che nell’Enciclica Spe salvi Papa Ratzinger ha cancellato l’Inferno?”. 

Il principio è sempre lo stesso: “dimenticare”, o sostituire, è lo stesso: l’importante è non “perdere”, ma limitarsi a “non pareggiare”, sicché mai dogmatizzare e mai anatemizzare

Se con ciò sembra si accusi di colpe particolarmente gravi uomini che poi la Chiesa ha canonizzato, si ricordi piuttosto che: 1), il magistero della canonizzazione è magistero fallibile, come ricordato anche dal compianto mons. Gherardini, sicché, se la Chiesa dovrà far ruzzolar giù dei santi dai propri altari, lo scandalo sarà enorme, ma la cosa, dal punto di vista canonico, non pone difficoltà; 2), all’opposto – particolare decisivo –, il magistero infallibile e irriformabile della Chiesa, il dogma, nelle Sacre Scritture, stabilisce quel principio che si diceva, per il quale la Parola divina è sempre e in ogni caso da più di qualsiasi parlante umano che la proferisce, fosse persino un Papa canonizzato.

Questo principio, affisso da san Paolo, è tanto superiore a qualsiasi altro, che se anche l’intera Chiesa, sempre disimpegnandosi dal livello dogmatico, insegnasse il falso, come fece con l’Arianesimo, l’intera Chiesa dovrà fare poi ammenda, come fece anche allora, se pur con grandi lotte, difficoltà, incomprensioni, battaglie.

Sono certo che qualche Pastore, almeno per via di quei miei due miserabili ma pubblici libri che le discutono denunciandone la pericolosità, fatti avere a decine di Prelati di sicura fede, troverà presto numerosi, forti e specialmente ben rigorosi argomenti contro la libera ma ereticale Teodicea che imperversa in Spe salvi e in Lumen Fidei, entrambe magistero papale privilegiato ‘ordinario e autentico’, dunque ‘vero e sicuro’, così da sollevare tutti i fedeli dall’ingiusto obbligo di ‘religioso ossequio’ che dovrebbero dar loro.

È dai tempi della mia Postfazione a Iota unum, pubblicata nel 2009, poi in ogni mio lavoro successivo, che segnalo ciò che solo Romano Amerio inchiodò come il temerario e sciagurato escamotage elaborato dai Pastori modernisti per aprirsi il varco al potere suggerito dal Buonaiuti, e non chiediamoci come mai, delle migliaia di teologi, accademici, tomisti, monsignori, vescovi e cardinali che lessero il libro (7.000 copie in tre edizioni, oltre alle 7 traduzioni nelle principali lingue dell’Occidente), nessuno rilevò la cosa e le astute ma vergognose conseguenze che permetteva.

Nessuno rilevò la cosa e le rovinose conseguenze che permetteva, perché tutti l’una e le altre conoscevano, ma nessuno doveva pubblicamente rilevarle: esse sono il mezzo sordido, nascosto, machiavellico, vigliacco, attraverso cui i Pastori perversi saliti al Trono di Pietro dopo il rigoroso Pio XII, nessuno escluso, hanno trovato il modo di inondare la Chiesa del «fumo di satana », cioè del Modernismo, senza che nessuno lo rilevasse.

SE IL DOGMA NON TORNA SUL SUO TRONO,
LA CHIESA MUORE. E CON ESSA 
– ANCHE SE NESSUNO CI CREDE – 
MUORE LA CIVILTÀ.

Si chiude con una domanda: come mai, in particolare, di fronte a un documento papale della gravità di Spe salvi, che è facile dimostrare come annienti realtà fondamentali come il concetto di peccato come ‘offesa a Dio’, l’Inferno, il Purgatorio, la grazia eccetera, nessun responsabile della Congregazione per la Dottrina della fede, nessun organo di stampa cattolico, come mai, dicevo, nessuno ha però nemmeno preso in considerazione, almeno finora, il dovere di confutare, correggere e censurare cattolicamente gli argomenti portati dal sottoscritto nei suoi libri contro quelle tesi aberranti, specie in La Chiesa ribaltata [qui], in Street Theology [qui] e ora in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo [qui]? Come mai?

È così che si difende, nell’ordine, Dio, la Rivelazione, la Chiesa, e un suo già sommo e, si crede, tanto benemerito Pastore?

Non sbugiardiamo niente e nessuno – rispondono –, così nessuno si accorgerà che c’è qualcosa e qualcuno da sbugiardare, e tutto va avanti nella pace e nella serena ignavia di tutti.

Ed è qui che si decidono le sorti della Chiesa: o il silenzio o la parola. Ma chi crede di vincere la Parola, il Logos, col suo silenzio, io dico che la sottovaluta, v. I Ts 5,2: « Il giorno del Signore verrà di notte come un ladro ». Ed è così che li vincerà. 

Viva Amerio. Viva il Logos. Viva il dogma. Grazie.

44 commenti:

irina ha detto...

"...Il principio è sempre lo stesso: “dimenticare”, o sostituire, è lo stesso: l’importante è non “perdere”, ma limitarsi a “non pareggiare”, sicché mai dogmatizzare e mai anatemizzare..."

Questo pensiero mi ha richiamato alla mente il capitolo 'La corruzione del linguaggio come corruzione della memoria storica' p.105 in Metamorfosi della gnosi, di E.Samek Lodovici, a cui rimando.

Il pensiero robusto ritempra e constatare il confluire di pensieri veri verso la Verità risveglia l'entusiasmo, assopito da tanta ipocrisia attuale che mente, non mantiene le promesse, tradisce.

Grazie al Prof. Radaelli ed alla Dott.ssa Guarini che lo propone.

Anonimo ha detto...

Penso che questo eccellente intervento del prof. Radaelli, che smaschera l'ignavia e le responsabilità di tutti i papi dopo Pio XII, come nel mio piccolo sostengo da tempo, fará venire le convulsioni anche a molte anime belle che frequentano questo blog.
Inutile dire, con mio grande godimento.
Sono anche certo che molti sceglieranno il silenzio... Bergoglio docet.
Antonio

Anonimo ha detto...

E grazie a Mic per il testo arricchito dai link di riferimento!

Anonimo ha detto...

OT: chiedo a tutti una preghiera per quel povero bambino che ieri a Genova si e' suicidato per la disperazione causata dal divorzio dei genitori e per una bimba dodicenne che l'anno scorso aveva fatto lo stesso. Per favore, una preghiera per accompagnare in Cielo queste povere vittime innocenti di questa schifosa società e delle sue leggi disumane.

Anonimo ha detto...

A me pare davvero assurdo dire che Papa Benedetto XVI nella Spe Salvi abbia negato l’inferno

Dalla Spe Salvi paragrafi 45 e 46

“Possono esserci persone che hanno distrutto totalmente in se stesse il desiderio della verità e la disponibilità all'amore. Persone in cui tutto è diventato menzogna; persone che hanno vissuto per l'odio e hanno calpestato in se stesse l'amore. È questa una prospettiva terribile, ma alcune figure della stessa nostra storia lasciano discernere in modo spaventoso profili di tal genere. In simili individui non ci sarebbe più niente di rimediabile e la distruzione del bene sarebbe irrevocabile: è questo che si indica con la parola inferno [37]. Dall'altra parte possono esserci persone purissime, che si sono lasciate interamente penetrare da Dio e di conseguenza sono totalmente aperte al prossimo – persone, delle quali la comunione con Dio orienta già fin d'ora l'intero essere e il cui andare verso Dio conduce solo a compimento ciò che ormai sono [38].

Secondo le nostre esperienze, tuttavia, né l'uno né l'altro è il caso normale dell'esistenza umana. Nella gran parte degli uomini – così possiamo supporre – rimane presente nel più profondo della loro essenza un'ultima apertura interiore per la verità, per l'amore, per Dio. Nelle concrete scelte di vita, però, essa è ricoperta da sempre nuovi compromessi col male – molta sporcizia copre la purezza, di cui, tuttavia, è rimasta la sete e che, ciononostante, riemerge sempre di nuovo da tutta la bassezza e rimane presente nell'anima. Che cosa avviene di simili individui quando compaiono davanti al Giudice? Tutte le cose sporche che hanno accumulate nella loro vita diverranno forse di colpo irrilevanti? O che cosa d'altro accadrà? [.....]
Se l'opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l'opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco » (3,12-15). In questo testo, in ogni caso, diventa evidente che il salvamento degli uomini può avere forme diverse; che alcune cose edificate possono bruciare fino in fondo; che per salvarsi bisogna attraversare in prima persona il « fuoco » per diventare definitivamente capaci di Dio e poter prendere posto alla tavola dell'eterno banchetto nuziale.”

Semplicemente Ratzinger esprime l’idea che la maggior parte del genere umano possa salvarsi, seppur attraverso il Purgatorio, e che come sono poche le anime così pure da meritare subito il Paradiso, per Grazia di Dio non molte (ovviamente il “non molte” va inteso in senso proporzionale, non assoluto. Non molte solo in relazione alla Chiesa purgante e trionfante, perché a livello assoluto i dannati saranno probabilmente centinaia di milioni, considerando quelli che sono già stati dannati dall’inizio della storia umana fino ad arrivare ad oggi) sono quelle che andranno all’eterna rovina.

Dire che Ratzinger neghi l’inferno quando nella Spe Salvi afferma chiaramente che esistono persone totalmente chiuse all’amore di Dio, e quindi non redimibili perché non vogliono essere redente, non mi trova concorde.

Saluti.

Roberto Marchesi

Amici della Tradizione Cattolica - Forlì ha detto...

Lo ammette pure lui: i giovani non assegnano alcuna credibilità alla Chiesa (ai preti, vescovi). Dunque che si fa? Si continua con l'attuale "pastorale giovanile" o ci si affida direttamente all'Arcigay?
http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/09/25/papa-giovani-indignati-scandali-chiesa_88e5f438-3eda-4e16-b8b9-4b9fa2ad2767.html

Bertrandus ha detto...

Esatto come scrive Roberto Marchesi. Questo fuoco amico su Ratzinger è quanto meno ingeneroso se non ingiusto.
Detto senza alcuna volontà di polemica. Apprezzo molto il lavoro di chi cura questo blog.
Saluti ricambiati

Anonimo ha detto...

È LA PASTORALE DELL'INCLUSIONE GAY CALDEGGIATA DAL VATICANO E MESSA IN ATTO DA UN PUPILLO DEL PAPA...
Il cardinale Blase Cupich ha rimosso un sacerdote nella sua arcidiocesi dalla sua parrocchia in apparente rappresaglia per la sua decisione di bruciare una "bandiera dell'orgoglio arcobaleno" omosessuale precedentemente utilizzata dalla parrocchia per promuovere l'agenda omosessuale.
https://www.lifesitenews.com/news/cardinal-cupich-removes-pastor-for-burning-gay-flag-wants-psych-evaluation

Anonimo ha detto...


Il discorso di Ratzinger resta contorto.
Non dice che chi vive chiuso nell'odio, etc etc, se muore come è vissuto, se ne va all'inferno. In base alla citazione riportata, lascia la domanda in sospeso, sulla sua fine, e poi passa a parlare del Purgatorio, cioè di coloro che si salvano.
E perché non usa l'espressione tradizionale : peccatore impenitente o indurito nel male sino alla fine, che ha il pregio della chiarezza?

Anonimo ha detto...

anonimo 13,07 difensore Ratzinger. Leggo da quanto cita " la distruzione del bene è irrevocabile: è questo l'inferno" e oltre "se l'opera finirà bruciata si salverà come attraverso un fuoco". Ora qui io leggo che è abolito l'inferno come luogo oltre che come stato, e che sia anche un luogo, lo dice il Magistero bimillenario. Inoltre vedo che l'inferno è abolito del tutto perché l'opera bruciata si salva, cioè sarebbe solo un purgatorio come max.

Sacerdos quidam ha detto...

Il prof. Radaelli tratta più diffusamente dei temi critici presenti nella 'Spe salvi' qui:
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2496_Radaelli_Teodicea_deviata_nella_Spe_Salvi.html

Comunque il discorso radaelliano va oltre il tema specifico dei Novissimi nella Spe salvi, e sottolinea l'escamotage usato dai neomodernisti, Papi compresi, fin dal Vaticano II: aggirare il dogma attraverso l'uso spregiudicato di un magistero di valore obbligante inferiore, o addirittura attraverso la semplice prassi (si pensi ad esempio agli incontri interreligiosi ad Assisi). Il tutto, per sostituire in modo progressivo ed indolore il Cattolicesimo con la 'Nuova Religione Conciliare' di ispirazione teilhardiana.
Ma con Papa Francesco si è avuta un'imprudente accelerazione del processo rivoluzionario, per cui grazie a Dio molti cattolici si stanno svegliando dall'ipnosi.
Ed ora aspettiamo con fiducia che si sveglino anche i ratzingeriani... :-)

Anonimo ha detto...

@ Anonimo delle 22:00 e Sacerdos Quidam

No, prima si afferma che

“In simili individui non ci sarebbe più niente di rimediabile e la distruzione del bene sarebbe irrevocabile: è questo che si indica con la parola inferno”

Poi si portano ad esempio gli opposti, cioè i Santi

“Dall'altra parte possono esserci persone purissime, che si sono lasciate interamente penetrare da Dio e di conseguenza sono totalmente aperte al prossimo – persone, delle quali la comunione con Dio orienta già fin d'ora l'intero essere e il cui andare verso Dio conduce solo a compimento ciò che ormai sono “

Successivamente si dice però che nè l’uno nè l’altro sono il caso normale dell’esistenza umana.

“Secondo le nostre esperienze, tuttavia, né l'uno né l'altro è il caso normale dell'esistenza umana. Nella gran parte degli uomini – così possiamo supporre – rimane presente nel più profondo della loro essenza un'ultima apertura interiore per la verità, per l'amore, per Dio”

È a questa “gran parte” che si applica il discorso. Gli estremi erano già stati esclusi.

Roberto Marchesi

irina ha detto...

Ho ripreso, velocemente, la Spe Salvi e il Dizionario Della Bibbia, Andrè-Marie Girard, BUR, 1994.
Questa sera spero di potervi copiare la voce inferno, con tutti i rimandi nel VT e nel NT.

Si è radicato in me il convincimento che, coloro che hanno voluto vedere nel modernismo la loro strada, usano quella tecnica ben espressa qui da qualche anonimo a proposito di Montini, che parlava a destra ed agiva a sinistra.

Quindi noi ci si accapiglia, perchè chi vuol trovare, trova, quello che vuole trovare, perchè abbiamo tutto, in modo tale che nessuno esca scontento.

Nella fattispecie nel nostro caso, nel solito racconto descrittivo, narrativo ( che a mio parere non si addice ad un documento, pur nella forma di lettera pastorale, che è supposta andare in giro per il globo e in mano a milioni, si spera ) si trovano rimandi biblici, rimandi di biografie di Santi, rimandi al CCC , altri rimandi vari e pensieri personali dello scrivente. Ed è qui che casca l'asino.

Infatti in questi pensieri, da uomo ad uomo, l'essere umano non trova la guida che va cercando ma, la confidenza del suo simile che può anche risultargli gradita, mal comune mezzo gaudio ma, non l'aiuta a trovare la strada, nè a chiarirsi le idee, nè a trovare il fondamento, nè a mettere radici.

Questa è la tecnica del modernista, mettere di tutto un po' più qualche goccia di piombo. Radaelli sembra fissato, no. E sono certa che vuol solo la salvezza di J.Ratzinger e di tutti coloro che hanno imboccato una strada pericolosissima, in primis, per loro stessi.

Anonimo ha detto...


"E'questo che si indica con la parola inferno.."

Che cosa indica R. con la parola inferno? Quel luogo soprannaturale costituito dal "fuoco eterno" nel quale Cristo NS manderà alla fine dei tempi e per sempre i peccatori induriti e impenitenti? "Via da me maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per gli angeli suoi.."(Mt 25, 41). Si noti bene: "preparato", sin dall'inizio dei tempi. Invece R. ci dice che l'inferno sarebbe "la distruzione irrevocabile del bene" negli individui totalmente dediti all'odio, chiusi all'amore etc.
Ma che vuol dire, perché questo linguaggio sempre oscuro, che obbliga sempre a complicati sforzi ermeneutici? I Vangeli non sono chiari al proposito?
Tale "distruzione" sembra essere quella del bene in senso morale: questi individui (malvagi) hanno distrutto completamente il bene nel loro modo di pensare e di agire: questo sarebbe l'inferno. Ma ciò non corrisponde a quello che ha detto GC: l'inferno non è l'atto o il pensiero malvagio, con il quale distruggiamo il bene, non è l'intenzione o l'azione peccaminosa, è la p u n i z i o n e inferta per quell'azione o intenzione, che non sia mai stata espiata, con il pentimento e la conversione. L'inferno, non riguarda il modo di essere del peccatore ne è la conseguenza, che dura in eterno. E'la sanzione ultraterrena di questo modo di essere contro Dio, mantenuto sino alla fine della vita del singolo peccatore. Sanzione costituita appunto da un luogo sovrannaturale, come luogo sovrannaturale è il Paradiso. E il Purgatorio.
R. intorbida il discorso, dando dell'inferno una definizione sbagliata, dal punto di vista della corretta dottrina.

irina ha detto...

"Inferno.
Tutte le cosmogonie e le religioni antiche hanno il loro inferno o i loro inferi. Gli autori dell'Antico Testamento immaginarono gli inferi singolarmente vuoti e spogli e chiamarono la dimora dei morti Sheol o Abisso. Alcuni di essi tra i più fantasiosi o i più recenti immaginarono però una fossa profonda-analoga al Tartaro dei Greci e dei Romani- dove venivano puniti i colpevoli (Siracide 21, 9-10 o 10-11 a seconda delle versioni; Isaia 24, 22; Ezechiele 32,23; Daniele 12,2 ecc.;) E' questo il nucleo del nostro inferno,luogo di punizione dei peccatori dannati.

Il Nuovo Testamento chiama questo luogo di tormenti Geenna (Matteo 5,22, 29-30; 10, 28; 18, 9; Marco 9, 43, 45, 47; Luca 12, 5; Giacomo 3,6) o Ade (Matteo 11, 23; 16, 18; Luca 10, 15 e forse 16,23); ma quest'ultima formula, derivata dai miti greci,designa piuttosto la dimora generica dei morti (Atti 2,27 e 31; Apocalisse 1, 18), nelle misteriose 'parti inferiori della terra' ( Inferiores partes terrae, nella Vulgata) dove anche Cristo discese prima della resurrezione (Efesini 4, 9; Filippesi 2,10; 1Pietro 3,19). Per distinguere nettamente l'inferno del castigo dalla regione degli inferi, regno della morte che Cristo ha vinto, i testi neotestamentari ricorrono a formule fortemente evocative; i colpevoli son gettati dove 'la pula brucia con fuoco inestinguibile'(Matteo 3, 12; Luca 3, 17; Marco 9, 43 e 48; cfr. Isaia 66, 24; Giuditta 16,7; Siracide 7, 17 o 19 a seconda delle versioni), nella fornace dove 'saranno pianto e stridore di denti'(Matteo 8, 12; 13, 42 e 50; 22, 13, 24, 51; 25, 30), nel 'fuoco eterno' (Ivi 18, 8; Giuda 7) 'nello stagno di fuoco ardente di zolfo' preparato per il diavolo (Matteo 25, 41; cfr. 2 Pietro 2, 4) e i suoi angeli (Apocalisse 19, 20), lo stesso dove il diavolo, la Bestia ed il falso profeta ' saranno tormentati giorno e notte nei secoli dei secoli'(Ivi 20, 10) secondo l'Apocalisse.
Non è possibile sostenere che queste immagini siano una descrizione realistica dell'inferno; ma esse non vanno neppure interpretate come formule puramente letterarie. Il contesto in cui appaiono esprime un severo insegnamento. Dei tormenti destinati agli spiriti malvagi in rivolta contro il loro Creatore (Ivi 12, 7-9) e agli uomini che la morte ha colto in un atteggiamento di contrapposizione a Dio ( Matteo ;24, 42; 25 13; Marco 13, 35; Luca 12, 40; 21, 36) il principale e più temibile è certamente di ordine spirituale; la privazione della vita eterna in Dio. I teologi cristiani tradizionalisti ritengono che questi passi delle Scritture annuncino pene inflitte all'intera persona umana anche sul piano fisico."

André-Marie Gerard, Dizionario della Bibbia, p. 828, BUR, 1994-2002

Sacerdos quidam ha detto...

Oltre a ciò che giustamente dice l'anonimo delle 10.28, occorre sempre tener conto della mentalità e della prassi dei modernisti, vecchi e nuovi, che prevede l'uso di prudenti circonlocuzioni e di espressioni ambigue per far passare il loro messaggio novatore in modo il più possibile nascosto. Giustamente il prof. Radaelli faceva notare, nel suo articolo che ho linkato sopra, come sarebbe stato facile, per Ratzinger, fare un discorso chiaro e apertamente cattolico adoperando i concetti normali - peccato mortale, peccato veniale, ecc.. Ma questa chiarezza è appunto ciò che ogni modernista aborrisce, e che dunque evita, perché non gli permette di operare sibillinamente per cambiare dall'interno la dottrina cattolica.
Invito a (ri)leggere a questo proposito (la tattica dei modernisti) la perfetta descrizione che ne fa San Pio X nell'Enciclica 'Pascendi'. Cerchiamo di non cadere nell'ingenuità...

irina ha detto...

Il nostro corpo sarà, credo, tipo quello di NSGC risorto, mangia, cammina, è qui e là, passa attraverso porte chiuse e altro, sarà questo nostro, nuovo corpo che parteciperà o non parteciperà alla vita gloriosa del Signore.Quindi, a parer mio, non si tratta di essere tradizionalisti o non esserlo.Se crediamo nella Resurrezione Sua, in qualche modo, non possiamo fare a meno di credere alla nostra. La nostra mediamente non sarà sfolgorante come la Sua ma, simile; quindi un corpo che cammina nel Regno dei Cieli o dove sarà pianto e stridor di denti l'avremo. Poi Lui darà le nuove istruzioni.
Quelli dalla dura cervice devono iniziare, presto, a porsi qualche domanda sui loro pensieri, parole, opere ed omissioni ed inoltre, prendere in considerazione che è tempo, per tutti, di recitare il Confiteor, in ginocchio, con la faccia a terra.

Anonimo ha detto...

Tralasciando l’indifendibile Bergoglio, nei documenti di Magistero di Benedetto XVI non vedo nulla nè di modernista nè di altri epiteti affibbiati. Ratzinger è stato un modernista da giovane, da Papa non lo era.

@Anonimo delle 10:28

“Tale "distruzione" sembra essere quella del bene in senso morale: questi individui (malvagi) hanno distrutto completamente il bene nel loro modo di pensare e di agire: questo sarebbe l'inferno. Ma ciò non corrisponde a quello che ha detto GC: l'inferno non è l'atto o il pensiero malvagio, con il quale distruggiamo il bene, non è l'intenzione o l'azione peccaminosa, è la p u n i z i o n e inferta per quell'azione o intenzione, che non sia mai stata espiata, con il pentimento e la conversione. L'inferno, non riguarda il modo di essere del peccatore ne è la conseguenza, che dura in eterno. E'la sanzione ultraterrena di questo modo di essere contro Dio, mantenuto sino alla fine della vita del singolo peccatore. Sanzione costituita appunto da un luogo sovrannaturale, come luogo sovrannaturale è il Paradiso. E il Purgatorio.
R. intorbida il discorso, dando dell'inferno una definizione sbagliata, dal punto di vista della corretta dottrina.”

Ratzinger ha parlato di persone che hanno distrutto il bene dentro di loro completamente perché sono quelle che spesso rimangono impenitenti fino alla fine, decidendo liberamente di morire in peccato mortale, lontani da Dio per sempre.

Quel modo di essere in un certo senso è l’inferno perché chi è così si attirerà sicuramente su di se la condanna eterna, da se stesso, con l’impenitenza finale.

Come ha spiegato anche Santa Faustina Kowalska nel suo Diario

“La misericordia di Dio raggiunge molte volte il peccatore nell'ora estrema in un modo singolare e misterioso. Esteriormente si direbbe che ormai tutto sia perduto, ma non è così. L'anima, illuminata dal raggio di una potente ultima grazia, nel momento conclusivo può rivolgersi a Dio con tanta forza d'amore che, in un attimo, riceve da lui il perdono delle colpe e il condono delle pene. Esternamente però, non vediamo nessun segno di pentimento, né di contrizione, perché il morente non reagisce più visibilmente. Quanto la misericordia di Dio è inscrutabile! Ma, orrore! Vi sono ancne delle anime che, volontariamente e coscientemente, respingono perfino l'estrema grazia con disprezzo!
Sia detto, dunque, che anche in piena agonia, la divina misericordia depone nell'intimo dell'anima questo momento di chiarezza, mediante il quale l'anima, se vuole, trova la possibilità di ritornare a lui. Accade tuttavia che vi siano anime di un tale interiore incallimento, da scegliere consapevolmente l'inferno, rendendo vane non solo le preghiere innalzate a Dio per esse, ma vanificando perfino gli sforzi medesimi di Dio.”

Non vedo contrasti con la dottrina. Io eviterei di sparare a zero su un pastore straordinario come Papa Benedetto XVI. IN questi cinque anni e mezzo di desolazione avremmo dovuto aver imparato ad apprezzarlo ancora di più.

Roberto Marchesi

Anonimo ha detto...

Per i difensori d'ufficio di Ratzinger propongo questo articolo, apparentemente fuori tema.
Naturalmente sono certo che nulla possa scalfire le loro false convinzioni, tanto meno la realtà.

http://www.arcsanmichele.com/index.php/vita-della-chiesa/44-attacchi-alla-chiesa/11505-dalla-decadenza-alla-farsa-grottesca-enzo-bianchi-un-laico-eretico-che-con-il-plauso

Antonio

Anonimo ha detto...

@Antonio

Degli errori nella pastorale come quelli fatti da San Giovanni Paolo II e Ratzinger sono gravi, nessuno lo mette in dubbio, ma qui stavamo parlando dell’ortodossia della Spe Salvi.

Roberto Marchesi

Anonimo ha detto...


# Roberto Marchesi

Per quanto lei si sforzi, non riesce tuttavia a far dire a Ratzinger quello che non ha detto: ossia che il peccatore impenitente va sicuramente all'inferno, nel l u o g o rappresentato dal fuoco eterno più volte menzionato da Nostro Signore.
Che l'impenitente attiri su se stesso la condanna eterna, lo dice lei non si evince con chiarezza dal testo di Ratzinger.
La citazione di Santa Faustina non c'entra, nel senso che santa Faustina mostra di credere all'esistenza dell'inferno in senso tradizionale, visto che nomina quelle anime che, indurite nel peccato sino alla fine, scelgono consapevolmente l'inferno (che evidentemente non può qui essere una condizione interiore dello stesso peccatore).
(Che lo scelgano consapevolmente, tra l'altro, nemmeno si può dire con certezza, visto che molti, in particolare oggi, non ci credono o credono che sia destinato a restar vuoto.)

Nella sua famosa 'Introduzione al Cristianesimo', da lui riproposta inalterata anche quando era Pontefice, come commenta R. la proposizione del Credo : "Di là ha da venire a giudicare i vivi e i morti"? (pp. 260-269 ed. 1969, Queriniana). Ci si aspetterebbe qui una pronunzia chiara sull'inferno. Ma non c'è. Cosa risulta dalla Scrittura? che il Cristo Giudice dividerà il genere umano in Eletti e Reprobi, per sempre. E i reprobli staranno d e n t r o l'inferno, per sempre separati da Dio. Questa è la divina giustizia. Invece R., nel par. citato, si sforza di dimostrare che il Giudizio non deve esser inteso come terrificante "giorno dell'ira", come nel MedioEvo. Esso rappresenta un incontro con Dio che deve esser vissuto anche (e soprattutto) con speranza e gioia. Cerca, inoltre, Ratzinger, basandosi su Teilhard de Chardin espressamente citato [proprio così!], di dimostrare che l'uomo e il cosmo costituiscono un'unità basata sull'amore, un "tutto unico", che non lascia evidentemente spazio alla grande divisione di Eletti e Reprobi rivelata dai Testi. INvito a (ri)leggere le pagine 261-262 della Introduzione di Ratzinger.

Anonimo ha detto...

@Anonimo delle 17:02

E va bene, allora facciamo dare l’erneneutica della Spe Salvi dal suo stesso autore, cioè Benedetto XVI http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2008/february/documents/hf_ben-xvi_spe_20080207_clergy-rome.html

“Noi crediamo in questa risurrezione della carne, nella quale non tutti saranno uguali. Oggi si è abituati a pensare: che cosa è il peccato, Dio è grande, ci conosce, quindi il peccato non conta, alla fine Dio sarà buono con tutti. È una bella speranza. Ma c'è la giustizia e c'è la vera colpa. Coloro che hanno distrutto l'uomo e la terra non possono sedere subito alla tavola di Dio insieme con le loro vittime. Dio crea giustizia. Dobbiamo tenerlo presente. Perciò mi sembrava importante scrivere questo testo anche sul purgatorio, che per me è una verità così ovvia, così evidente e anche così necessaria e consolante, che non può mancare. Ho cercato di dire: forse non sono tanti coloro che si sono distrutti così, che sono insanabili per sempre, che non hanno più alcun elemento sul quale possa poggiare l’amore di Dio, non hanno più in se stessi un minimo di capacità di amare. Questo sarebbe l’inferno. D’altra parte, sono certamente pochi — o comunque non troppi — coloro che sono così puri da poter entrare immediatamente nella comunione di Dio. Moltissimi di noi sperano che ci sia qualcosa di sanabile in noi, che ci sia una finale volontà di servire Dio e di servire gli uomini, di vivere secondo Dio. Ma ci sono tante e tante ferite, tanta sporcizia. Abbiamo bisogno di essere preparati, di essere purificati. Questa è la nostra speranza: anche con tante sporcizie nella nostra anima, alla fine il Signore ci dà la possibilità, ci lava finalmente con la sua bontà che viene dalla sua croce“

Cosa c’è di non chiaro? Benedetto XVI ha parlato di “distruzione” (ricordare Gesù che parlava anche Lui figurativamente di distruzione del corpo e dell’anima nella Gehenna) e di persone “insanabili per sempre”. Dice anche che ha cercato di dire che forse le persone così non sono poi così tante, così come non sono tante quelle così pure da meritare subito la Beatitudine.

A me sembra molto chiaro il tutto, e sinceramente anche leggendo la Spe Salvi la prima volta 11 anni fa non mi è mai passato per la testa che Benedetto XVI stesse negando l’inferno.

Le idee del giovane Ratzinger del ‘69 non sono quelle di Benedetto XVI. Ratzinger è stato un modernista, non lo è rimasto.

Roberto Marchesi

Anonimo ha detto...

Roberto Marchesi sono l'anonimo del 25 h22,34. Confermo quanto già contestatole e ribadisco che anche il paradiso, non nominato, sembra essere nella sua citazione stessa, un non luogo, uno stato soltanto di purissimi esistenti. Quindi l'inferno gli esistenti malvagi totali, il paradiso i purissimi totali, il purgatorio la GRAN PARTE che non è né totalmente malvagia né purissima. Come lei stesso cita riguarda SOLO il caso dell'ESISTENZA umana. Quindi inferno, paradiso e purgatorio IN TERRA. A conferma di ciò si parla di purgatorio come di persone con un'apertura non totale al bene. Ma questo è sulla terra, nel dopo morte c'è la purgazione dei santi, i purganti sono i santi che ormai VOGLIONO SOLO il bene, non hanno aperture PARZIALI. Sono discorsi orribili, contorti, di sofisti questi ma il succo è chiaro ed è questo. Poi nelle catapulte di Ratzinger salta fuori un vero purgatorio, non inferno, SOLO purgatorio , dopo la morte. Infatti scrive " x la VERA COLPA...NON possono sedere SUBITO …". No, non possono subito ma non possono più MAI sedere…. Quanto al modernismo di R. è stato confermato da cardinale e da pontefice

irina ha detto...

Credo che l'errore stia nel volersi mettere nei panni di Dio che, secondo il nostro giudizio e secondo come tira il vento, è solo Amore e/o Misericordia. Prima di tutto è Verità. Ora noi nel pensier ci fingiamo, guardando noi stessi, cosa fa , cosa pensa, come giudica Dio. Siamo un po' sopra le righe. Non lo sappiamo e non possiamo saperlo. Sicuramente non è un bonaccione, tant'è che sui tiepidi (che sono proprio quelli nel mezzo) vomita dalla Sua bocca. Certo non è possibile prenderLo per i fondelli. Quindi atteniamoci all'Inferno classico che non sbagliamo; poi se qualcuno vuol vedere l'effetto che fa l'Inferno, proceda. Ricordo che tanti Santi, sul serio, erano certi dei loro grandi peccati e temevano di non farcela neanche ad entrare in Purgatorio. Adesso forse sono stati emessi buoni sconto paradisiaci. Meglio però volare basso e lavorare sodo per diventare buoni,che soppesare al posto di Dio, nel fine vita altrui, il resto di bontà rimasto nei cuori. Arzigogoli.

Anonimo ha detto...


# "Cosa c'è di non chiaro?"

Di non chiaro c'è ad esempio che R. afferma: "questo sarebbe l'inferno". Come
sarebbe a dire, "sarebbe"? Perchè usa una forma al condizionale? E'o non è.
E questa realtà che "sarebbe" l'inferno, che realtà è? Vale a dire: da che cosa è costituita, dal "fuoco eterno" preparato per i malvagi impenitenti ab aeterno, come ci ha rivelato Nostro Signore? NO. La realtà che "sarebbe l'inferno" attiene sempre al soggetto, a quel soggetto che si sarebbe distrutto, che sarebbe "insanabile" perché ha perduto la "capacità di amare". L'inferno sarebbe questo suo modo di essere del tutto negativo. Ma questo "inferno" non è quello del quale ci ha parlato Nostro Signore, mi sembra evidente. E'una concezione per così dire esistenzialistica dell'inferno (l'inferno è qui, dentro di noi), caratteristica di chi si è formato appunto su Heidegger, Buber, Teilhard de Chardin, etc.
Da notare poi che Ratzinger evita sempre accuramente di usare il termine "peccatore" e anche "peccato" mi sembra. Mi sbaglio?
E nell'ultima frase non sembra esserci un passaggio indebito? Consideri bene: "..alla fine il Signore ci dà la possibilità [della salvezza], ci lava finalmente con la sua bontà che viene dalla sua croce". Dalla possibilità si passa a concludere con la salvezza acquisita grazie alla bontà del Signore. E in mezzo, non c'è il nostro contributo? Dov'è? Non dobbiamo bussare, affinché "ci venga aperto"?
AA(Anonimo 17:02)

Sacerdos quidam ha detto...

@ Roberto Marchesi che dice:"Le idee del giovane Ratzinger del ‘69 non sono quelle di Benedetto XVI. Ratzinger è stato un modernista, non lo è rimasto."

Bene, per far le cose semplici semplici, lasciamo parlare su questo argomento lo stesso Joseph Ratzinger. Dal libro-intervista "Rapporto sulla Fede", edito nel 1984, in cui
Vittorio Messori scrive:
"... nel 1964 il professor Ratzinger è tra i fondatori di quella rivista internazionale Concilium in cui si riunisce la cosiddetta "ala progressista" della teologia. ... Vent'anni fa Joseph Ratzinger era là, tra i fondatori e i direttori di un giornale-istituzione che doveva divenire l'interlocutore assai critico proprio della Congregazione per la dottrina della fede. Cosa ha significato questa collaborazione per colui che sarebbe poi diventato Prefetto dell'ex-Sant'Ufficio? Un infortunio? Un peccato di gioventù? E che è successo nel frattempo? Una svolta nel suo pensiero? Un "pentimento"? Glielo chiederò un po' scherzoso, ma la risposta sarà pronta e seria:
"Non sono cambiato io, sono cambiati loro....".

Dunque Ratzinger stesso riconosceva nel 1984, già Cardinale Prefetto dell'ex S. Uffizio, di essere rimasto un modernista in versione 'anni del Concilio', mentre i colleghi modernisti di Concilium avevano iniziato a correre troppo per i suoi gusti.
Nessuna "svolta", nessun "pentimento" come insinuava Messori: Ratzinger come modernista 'moderato', insomma, ma comunque modernista. E se lo diceva lui...

Il tutto è consultabile alla pag. 9 del suddetto libro in PDF scaricabile qui:
http://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2014/07/RAPPORTO-SULLA-FEDE-V.Messori.pdf

Anonimo ha detto...

Irina:
"Non è possibile sostenere che queste immagini siano una descrizione realistica dell'inferno".
Attenzione a non dare troppo credito a chi bolla le parole dello stesso Gesù come "descrizioni non realistiche".
Posto che noi non abbiamo il diritto di dubitare delle parole di Nostro Signore, il dogma ci insegna che nell'inferno ci sarà sia la pena del danno che quella del senso, quindi è errato dire " I teologi cristiani tradizionalisti ritengono che questi passi delle Scritture annuncino pene inflitte all'intera persona umana anche sul piano fisico." :
NON SONO I "TEOLOGI TRADIZIONALISTI", E' LA CHIESA CATTOLICA CHE INFALLIBILMENTE CI INSEGNA CHE ALL'INFERNO CI SARANNO ANCHE DELLE SOFFERENZE FISICHE !
Ratzinger voleva negare queste sofferenze fisiche? In questo caso avrebbe sbagliato. Voleva confermarle? In questo caso avrebbe avuto ragione ma poteva essere molto più chiaro ed esplicito.
Non ci è lecito credere a niente che contrasti con le verità già definite infallibilmente dalla Chiesa.

irina ha detto...

@Anonimo
26 settembre 2018 22:40

Infatti, quella è tutta una citazione presa da: 'André-Marie Gerard, Dizionario della Bibbia, p. 828, BUR, 1994-2002', cioè Rizzoli, che non è un'editrice cattolica doc ma, divulgativa, rigorosa anche nel rispecchiare l'opinione del tempo. Come lei ha notato, ed anch'io avevo sottolineato in parte nel commento seguente, materiale per mettere i punti sulle i puntini sulle i è presente e rappresentativo di una mentalità diffusa nel mondo contemporaneo.

E' tuttavia interessante per mostrare che tanti pensieri che riteniamo nostri o di tizio o di caio in realtà sono parte della mentalità costruita nel tempo da altri. Nello specifico noi stiamo parlando di un consacrato che non solo è anche figlio del suo tempo ma, un figlio che non ha lasciato passare forse un solo anno della sua vita senza scrivere e pubblicare. Questo nella veste di uno che insegna a nome di Un Altro.

Scrive bene e tutti ne siamo rimasti ammirati. Forse anche lui ha mancato la sua vera vocazione, quella di scrittore, forse saggista, forse romanziere. Il suo talento l'ha messo a disposizione di Dio ma, troppo fiducioso nelle parole del suo tempo e dei suoi compagni di strada e sicuramente le ha sopravvalutate , facendole sue insieme ai pensieri, alla mentalità del suo tempo e dei suoi compagni; così ha finito col trascurare la Parola, a servizio della quale si pose. Credo che questo sia il suo dramma, aver dato fiducia a tanti amici, che amici non erano. Basta un cattivo amico,un cattivo maestro per rovinarti la vita, se non sei desto e non saldamente ancorato in NSGC e nella Sua Chiesa. In particolare quando non resti curato di campagna.

irina ha detto...

@Anonimo
26 settembre 2018 22:40

Infatti, quella è tutta una citazione presa da: 'André-Marie Gerard, Dizionario della Bibbia, p. 828, BUR, 1994-2002', cioè Rizzoli, che non è un'editrice cattolica doc ma, divulgativa, rigorosa anche nel rispecchiare l'opinione del tempo. Come lei ha notato, ed anch'io avevo sottolineato in parte nel commento seguente, materiale per mettere i punti sulle i puntini sulle i è presente e rappresentativo di una mentalità diffusa nel mondo contemporaneo.

E' tuttavia interessante per mostrare che tanti pensieri che riteniamo nostri o di tizio o di caio in realtà sono parte della mentalità costruita nel tempo da altri. Nello specifico noi stiamo parlando di un consacrato che non solo è anche figlio del suo tempo ma, un figlio che non ha lasciato passare forse un solo anno della sua vita senza scrivere e pubblicare. Questo nella veste di uno che insegna a nome di Un Altro.

Scrive bene e tutti ne siamo rimasti ammirati. Forse anche lui ha mancato la sua vera vocazione, quella di scrittore, forse saggista, forse romanziere. Il suo talento l'ha messo a disposizione di Dio ma, troppo fiducioso nelle parole del suo tempo e dei suoi compagni di strada e sicuramente le ha sopravvalutate , facendole sue insieme ai pensieri, alla mentalità del suo tempo e dei suoi compagni; così ha finito col trascurare la Parola, a servizio della quale si pose. Credo che questo sia il suo dramma, aver dato fiducia a tanti amici, che amici non erano. Basta un cattivo amico,un cattivo maestro per rovinarti la vita, se non sei desto e non saldamente ancorato in NSGC e nella Sua Chiesa. In particolare quando non resti curato di campagna.

Anonimo ha detto...


Sulla continuità del pensiero di Ratzinger, nelle sue ambiguità

R. ha fatto ristampare nell'edizione delle sue Opere curata dal card. G. Mueller (vedi un po'di cosa si occupano Papi ed ex Papi mentre la Chiesa sprofonda) tutti i suoi scritti "giovanili" senza cambiare una virgola. La sua discussa tesi di dottorato, inizialmente bocciata dal suo relatore perché considerata non ortodossa in alcuni punti, l'ha fatta ristampare tale e quale.
La sua "Introduzione al Cristianesimo" è frutto del suo pensiero già maturo, di quando insegnava alla facoltà di teologia dell'Università di Monaco, dopo il Concilio. Anche quella non l'ha mai cambiata. Come è noto, vi si trovano diverse cose che lasciano perplessi, a cominciare dall'elogio di Teilhard de Chardin, del quale sembra condividere la visione "cosmica" del rapporto tra l'individuo e il Tutto, sostanzialmente panteistica.

Ci si imbatte spesso nell'ambiguità, una sorta di "girare intorno" alla cosa senza affrontarla direttamente.
Circa le apparizioni di Nostro Signore risorto ai discepoli, con il corpo (episodio di S. Tommaso) troviamo, per esempio: "il Signore è veramente risorto. Colui che giaceva nella tomba, non si trova più là, ma vive nuovamente e realmente in persona. Egli poi a sua volta, che ormai si era trasferito nell'altro mondo di Dio, aveva però saputo mostrarsi potente al punto, da manifestare sino alla tangibilità come fosse proprio lui stesso che ora stava loro davanti, facendo vedere come in lui la potenza dell'amore si fosse palesata più forte della potenza della morte"(p, 253, Intr. al Crist., ed. Queriniana). Dunque: "come fosse proprio lui stesso che ora stava loro davanti..". Come fosse? Era o non era? La Scrittura ci dice più volte che è risorto con il corpo,che San Tommaso ha toccato col dito le sue piaghe rimarginate. Mi sbaglierò, ma R. non dice mai che Cristo è risorto con il corpo. Anzi, afferma che "Paolo, ripetiamolo ancora una volta, afferma dottrinalmente non la risurrezione dei corpi bensì quella delle persone; e facendo poi consistere quest'ultima non nella ricostituzione dei 'corpi di carne', ossia delle strutture biologiche, che egli designa esplicitamente come impossibile ["il corruttibile non può diventare incorruttibile"], bensì nella diversità specifica che caratterizza la vita della risurrezione, così come si è presentata esemplarmente a noi nel Signore risorto"(p. 296 e p. 297, che continua sul punto, richiamando ancora "il punto Omega" di Teilhard). Chiaro? Per me no, lo confesso.
E forse un conoscitore della Scolastica potrebbe illuminarci su quest'altra affermazione: "quando si crede la 'comunione dei santi'l'idea di 'anima separata'(di cui parla la teologia scolastica) risulta ormai superata" (p. 291). Di nuovo Teilhard al posto di S. Tommaso?
R., lo dice lui stesso, voleva presentare il Cristianesimo in modo accessibile alla mentalità dell'uomo contemporaneo.
AA

Angheran70 ha detto...

Mattioli volle essere sepolto nella tomba di Guglielma la Boema e allo stesso tempo volle ardentemente che "Iota Unum" fosse pubblicato, al punto da finanziare Amerio e l'uscita dell'opera. Il suo più illustre discepolo potrebbe spiegare come mai. La risposta è semplice , se la Chiesa si è dissolta nella modernità non resta che la nuda gnosi, il vero obiettivo della dinamica che vorrebbe portare i cattolici al di fuori di essa. Certo è più comodo estrapolare passaggi da un libro di 50 anni fa e ignorare il magistero successivo alla stregua dei sedevacantisti di ieri e di oggi. Ovviamente quella generazione non ammetterà mai di essere stata ingannata , per sfuggire alle secche materialistiche , finì sugli scogli iniziatici..[to be censored as usual]

irina ha detto...

@ Angheran
"...Ovviamente quella generazione non ammetterà mai di essere stata ingannata , per sfuggire alle secche materialistiche , finì sugli scogli iniziatici..."

Interessante come ipotesi.
Tuttavia personalmente credo che i chierici, per la maggior parte, pur forse trovandosi tra Scilla e Cariddi, tra materialismo e gnosi, erano immemori del loro sapere specifico, della loro autentica identità, della loro storia, della eredità da loro ricevuta, eredità che guardavano ormai come antichità e/o reperto archeologico. Questo essere stati incapaci di tenere in vita, incapaci di far fruttificare quello che avevano ricevuto, è stato quello che, in parte, ha perduto loro e noi.

Il materialismo è stato da molti riconosciuto come eresia cristiana e la gnosi è stata distinta, ad esempio da Don Ennio Innocenti, in gnosi pura e gnosi spuria, cioè in una conoscenza cristiana e una pagana, la prima fa tesoro dell'insegnamento di NSGC, l'altra del paganesimo( con tutto ciò che si intende con questo termine).

Che è poi la condizione in cui si trovano i cattolici da decine di anni, i quali infatti fanno proprio o il materialismo, diventando catto- comunisti, o lo gnosticismo paganeggiante, diventando catto-esoteristi in senso vago e lato.

Non credo che nè Amerio, nè Radelli abbiano avuto di questi sbandamenti, mi sembra più probabile, per quello che riguarda il finanziamento, che, con la pubblicazione del libro, abbiano sperato di portare comunque un piccolo gruppo indenne tra Scilla e Cariddi. Solo così mi spiego, oggi, la fortezza di Radaelli di tenere alta la bandiera del suo maestro, e di analizzare nel dettaglio, con acribia, il teologo di maggiore produzione e diffusione, che è per molti versi esemplare di un'intera epoca culturale e spirituale. Antropologica.

Per quello che riguarda Mattioli forse il suo scopo era proprio quello del trasbordo dei cattolici fuori dalla Chiesa. Non so. Suppongo, seguendo il suo commento.

Sacerdos quidam ha detto...

"Mattioli volle essere sepolto nella tomba di Guglielma la Boema e allo stesso tempo volle ardentemente che "Iota Unum" fosse pubblicato, al punto da finanziare Amerio e l'uscita dell'opera. Il suo più illustre discepolo potrebbe spiegare come mai."

E' interessante notare come i 'ratzingeriani' si comportino a volte come i bergogliani nel caso Viganò. Di fronte alle precise critiche di Amerio in Iota unum, non le confutano (perché sarebbe impossibile) ma attaccano la persona e le supposte intenzioni . Mattioli approvava Iota unum, dunque Iota unum serviva a disgregare la Chiesa: allo stesso modo in cui i bergogliani dicono oggi che il rapporto Viganò serve in realtà a screditare la Chiesa...
Io invece preferirei una leale confutazione in merito. L'attendo con poca fiducia di ottenerla.

Anonimo ha detto...


Angheran

E'più comodo estrapolare da un libro di 50 anni fa...

E'la solita accusa dei conformisti, settore orfani di Ratzinger. Ma lei l'ha letta l'Introduzione di Ratzinger?
E'non è un libro di 50 anni fa. E'un libro riproposto per decenni come libro
sempre attuale e proposto ancor oggi come una sorta di pietra miliare del Magistero
della Chiesa. Sul blog non posso mica riportare pagine su
pagine di quell'incredibile testo. Gli estratti non estrapolano niente. INdicano
fedelmente quello che c'è in quel libro. Delresto, ho invitato nell'intervento a
leggere e rileggere il libro stesso, per accertare la veridicità di quello che dico.
Certo, se uno preferisce restare nell'ignoranza... Ma allora, che discutiamo a fare?
AA

Rr ha detto...

Io credo che, banalmente, basti osservare i frutti degli ultimi 50-60anni di pontificati, cardinalati, vescovati: la quasi completa scomparsa della Cristianità non solo nei luoghi ove nacque (Palestina), ma soprattutto dove si sviluppo’ e maturò, cioè Europa, che o è cristiana cattolica o non è.
Ci sarà chi e’ più responsabile, chi meno, ma si tratta di una differenza quantitativa, non qualitativa.
Ovviamente anche noi fedeli siamo colpevoli, perché faceva comodo a tutti non sentirsi più dire ed insegnare certe cose, ma è il pastore che deve guidare il gregge, o il gregge che guida il pastore ?

Anonimo ha detto...

Penso che smetterò di seguire questo blog, naturalmente con sommo gaudio di molti. Sono stufo di dover combattere non,come logico, con i modernisti ma, purtroppo, con i tanti,troppi, falsi difensori fella Tradizione.
Anonimo delle 15_26, hai perfettamente ragione, solo che l'ignoranza voluta è colpevole e si chiama malafede.
Antonio

viandante ha detto...

@Antonio
Caro Antonio,è scritto nei libri sacri che colpito il pastore, il gregge si disperde. Anche quello tradizionalista e per vari motivi. Tutti noi dobbiamo purificare la nostra fede, ravvivare la nostra carità e assaporare con maggior convinzione la speranza cristiana.
Discutere su un blog come questo può aiutare chi scrive, chi ti risponde e tutti quelli che ti leggono. E aiuta a sviluppare la capacità di sopportare gli altri, di esercitare la pazienza e anche l'autocritica. Anche il Signore deve spesso sopportare noi e quanto tempo continua a metterci a disposizione perché ognuno di noi possa progredire spiritualmente!
Evidentemente ci sono anche molte altre possibilità.

Anonimo ha detto...


Antonio - Non parlerei di malafede, manteniamo le giuste proporzioni (senza offendere) e non assumiamo
se possibile atteggiamenti sbagliati

E'un vocabolo che non userei, malafede. Nel riferirmi all'ignoranza (dei testi) sottolineavo l'atteggiamento di chi preferisce non approfondire, non andare a leggersi o a rileggersi quanto è necessario. Ma tale atteggiamento non implica come tale la malafede. Non voler
approfondire e poi accusare i critici di Ratzinger di basarsi su frasi isolate dal
contesto: questo è l'atteggiamento sbagliato. Capisco quanto dispiaccia dover
criticare Ratzinger. Dispiace anche a me. Ma siamo costretti a farlo, se vogliamo perseguire la verità, liberarci finalmente da certi equivochi.
Tutto il discorso di Ratzinger sui Novissimi, nella Introduzione ma anche nella Spe Salvi, inclina ad una prospettiva che mira a superare la nozione di una salvezza individuale per aprirsi invece ad una visione cosmica che manterrebbe (pare di capire) l'unità del genere umano anche nell'aldilà. Non per nulla elogia apertamente sia de Lubac che Teilhard de Chardin. Naturalmente, questo spostamento di prospettiva non viene enunciato in modo chiaro e sintetico ma in lunghi e tortuosi periodi. Dove ogni tanto si trovano frasi che lasciano stupefatti, come il superamento della nozione scolastica di "anima separata". Che vuol dire? Che la Salvezza deve ritenersi collettiva?
AA

Anonimo ha detto...

"Che vuol dire? Che la Salvezza deve ritenersi collettiva?"

La salvezza collettiva è insegnata anche nell'ambito neocatecumenale: l'individuo assorbito dalla comunità. Lo slogan "la salvezza è a grappoli" e ciò che salva è la comunità....

fabrizio giudici ha detto...

Letto l'articolo e tutti i vostri commenti. Da semplice fedele, non leggo nel pezzo di Benedetto XVI una negazione secca dell'esistenza dell'inferno. Ma certamente vedo troppe "prudenti circonlocuzioni" e verbi al condizionale dove invece il Magistero permette benissimo il modo indicativo. Per cui mi rimane il dubbio: non leggo nel pezzo citato una negazione dell'inferno perché io, a priori, all'inferno ci credo; ma come legge quel pezzo chi invece non ci crede o vuole assolutamente non crederci? Il verbo coniugato al modo indicativo toglierebbe i suoi dubbi; quello al condizionale gli lascia una porta aperta. Per di più viviamo in un'epoca in cui si vuole far non credere all'inferno e gli scritti dei papi vengono manipolati... non possiamo permetterci questa ambiguità.

Cosa costava a Benedetto usare espressioni chiare invece di "prudenti circonlocuzioni"? Esprimendosi diversamente, avrebbe svolto il suo dovere di confermare i fedeli molto meglio.

Anonimo ha detto...

AA, non si tratta di un singolo testo, ma la negazione di tutti i testi di Ratzinger-Benedetto XVI, che certamente conoscono e fingono di ignorare. Ribadisco sia la malafede sia il fatto che, oramai, su questo blog, bisogna combattere più con i falsi difensori della Tradizione che con i modernisti. In ogni caso il buonismo lo lascio a voi.
Antonio

mic ha detto...

Adesso i 'buonisti' saremmo noi, che cerchiamo semplicemente di essere equilibrati.
Qui si cerca di usare la ragione illuminata dalla fede e si portano argomenti che, se non si è d'accordo, vanno confutati con altri argomenti e non con etichette...

Sacerdos quidam ha detto...

E' ovvio, nessun (neo)modernista DOC smentirà mai seccamente qualche verità di fede o di morale; la loro tattica è sempre stata - anche durante il Vaticano II - quella di esprimersi, appunto, con "prudenti circonlocuzioni" e "verbi al condizionale" per insinuare i loro errori in maniera progressiva. Dopo decenni di questo lavorìo semisotterraneo, il risultato lo abbiamo sotto gli occhi: la Nuova Religione Conciliare teilhardiana, in tutto il suo splendore sulfureo.

Anonimo ha detto...

A parte il fatto che non mi riferivo a te, gli argomenti ci sono e lo sai molto bene. Sono quelli a cui mi riferisco che dovrebbero confutare nel merito e non lo fanno mai. A loro dovresti chiedere le confutazioni non a me. Con il tuo, ma a questo punto dovrei dire il vostro, concetto di equilibrio, ci lascerebbe le penne pure S.Atanasio.
Comunque non ha importanza, non replicherò più.
Antonio