Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 25 gennaio 2020

Libro Ratzinger-Sarah. Fraternità San Pio X: “Fallimentare difesa del celibato”

Dal mio libro sulla questione liturgica: " ...la liturgia non è né la festa della comunità né azione dell'assemblea, di conio conciliare, ma Azione teandrica (divino umana) di Cristo Signore che il sacerdote compie in persona Christi così come Lui stesso ce l'ha consegnata nell'ultima Cena fino alla fine dei tempi. Certamente c'è anche la partecipazione del credente col suo “sacerdozio battesimale”, ben distinto tuttavia sia in grado che in essenza, da quello ordinato (lo riconosce anche Lumen gentium, n.10, pur se occorre qualche distinguo)1. Elemento fondante e fondamentale, ontologico, che pare non essere chiaro, o forse peggio non vuole essere chiaro a chi, oggi, sembra negare la distinzione teologica ed escatologica tra i battezzati che partecipano al sacerdozio regale di Cristo, ed i battezzati consacrati col Sacramento dell’Ordine, i soli che, per mistero di grazia, partecipano invece al sacerdozio ministeriale di Cristo."

Il 15 gennaio 2020 ha visto la pubblicazione – altamente pubblicizzata – del libro scritto da Benedetto XVI e dal cardinale Robert Sarah intitolato Des profondeurs de nos cœurs (ed. Fayard). La baraonda mediatica non è dipesa dagli autori, ma dall’intervento sospetto dell’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della casa pontificia e segretario personale del papa emerito.
Il libro, che si presenta come una difesa del celibato sacerdotale, consiste in un’introduzione e una conclusione firmata dai due autori e in un testo personale di ciascuno di essi. Questa recensione si concentra sul testo di Joseph Ratzinger.

Una grave deviazione nell’interpretazione della Bibbia

Il contributo dell’ex papa è diviso in due parti. Il primo vuole «mettere in luce la struttura esegetica fondamentale che consente una corretta teologia del sacerdozio». Si tratta di superare il «difetto metodologico nell’accoglienza della Scrittura come Parola di Dio», all’origine dell’attuale crisi del sacerdozio. La confessione è grave, provenendo da un ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Denuncia al riguardo «l’abbandono dell’interpretazione cristologica dell’Antico Testamento» che «ha portato molti esegeti contemporanei a una teologia senza culto». Tanto che «alcuni sono giunti persino a rifiutare la necessità di un sacerdozio autenticamente cultuale nella Nuova Alleanza». Anche l’ex Papa fa un mea culpa su questo punto, precisando che, in una conferenza sul sacerdozio tenuta nell’immediato post-Concilio, ha creduto «di dover presentare il presbitero neotestamentario come colui che medita la Parola e non comeartigiano del culto”». Per correggere questa grave deviazione, Benedetto XVI difende oggi un’esegesi dell’Antico Testamento incentrata su Cristo.

Un’esegesi prigioniera del suo tempo

L’analisi del Papa Emerito, piuttosto difficile da seguire, utilizza considerazioni storiche sulla relazione tra i dati del Nuovo Testamento e il sacerdozio dell’Antico Testamento. Usa la nozione di “ministeri” – designata dai termini di apostolo, vescovo e presbitero – che ha ricevuto molta attenzione tra i teologi moderni, al seguito dei protestanti, e da una presunta prospettiva ecumenica.
Joseph Ratzinger descrive la sostituzione del Tempio con il corpo di Gesù Cristo, l’istituzione di un nuovo culto durante l’Ultima Cena e la formazione della gerarchia della Nuova Alleanza, che sostituisce il sacerdozio dell’Antica Alleanza .
Ma, osserva, il vecchio sacerdozio era ereditario, il che non è più il caso del sacerdozio che Cristo ha trasmesso alla sua Chiesa. È una prima difficoltà che obbliga ogni generazione a pregare per ricevere da Dio le vocazioni di cui la Chiesa ha bisogno. E, aggiunge con pertinenza, «un’ulteriore questione direttamente legata a questo problema. Ben presto (…) andò sviluppandosi come essenziale per la Chiesa la celebrazione regolare e addirittura quotidiana dell’Eucaristia. (…) Questo, però, ebbe una conseguenza importante che proprio oggi assilla la Chiesa». Riguarda la questione del celibato ecclesiastico.
Il Papa Emerito sottolinea giustamente che «i sacerdoti [della Vecchia Legge] e avrebbero dovuto attenersi all’astinenza sessuale nei periodi in cui esercitavano il culto e dunque stavano in contatto con il mistero divino. Il rapporto tra astinenza sessuale e culto divino era assolutamente chiaro nella coscienza comune di Israele». Cita il famoso passaggio del primo Libro di Samuele in cui il sommo sacerdote Achimelek, una volta assicuratosi che Davide e i suoi uomini soddisfino questa condizione, accetta di dare loro i pani consacrati come cibo.
Ma i sacerdoti dell’Antico Testamento esercitavano il loro sacerdozio solo per periodo. Di conseguenza, «matrimonio e sacerdozio risultavano senz’altro tra loro conciliabili». Tuttavia, per i sacerdoti del Nuovo Testamento, che assolvono quotidianamente il loro incarico, la cosa diventa impossibile: «Sulla base della celebrazione giornaliera dell’Eucaristia, e sulla base del servizio per Dio che essa includeva, scaturì da sé l’impossibilità di un legame matrimoniale». Questa spiegazione, abbastanza corretta, è ben accetta. Ha una certa forza a favore del celibato sacerdotale. Joseph Ratzinger ha anche chiarito che il celibato è antico quanto la Chiesa, perché «i sacerdoti sposati potevano ricevere il sacramento dell’Ordine se si fossero impegnati all’astinenza sessuale». Ciò è stato dimostrato da numerosi studi.

Culto in spirito e in verità

La seconda parte dello studio di Benedetto XVI è dedicata all’analisi di tre testi scritturali che illustrano le esigenze del «culto in spirito e in verità» (cfr Gv 4, 23-24). L’autore presenta questa parte nel modo seguente: «L’atto cultuale passa ormai attraverso un’offerta della totalità della propria vita nell’amore. Il sacerdozio di Gesù Cristo ci fa entrare in una vita che consiste nel diventare uno con lui e nel rinunciare a tutto ciò che appartiene solo a noi. Per i sacerdoti questo è il fondamento della necessità del celibato (…)». Il primo testo è tratto dal Salmo 15 (versetti 5 e 6) le cui parole, ricorda Joseph Ratzinger, «prima del Concilio Vaticano II erano utilizzate per l’accettazione nel clero». Ecco il testo: «Dominus pars hereditatis meae et calicis mei, tu es qui restitues hereditatem meam mihi», che ogni sacerdote tradizionale conosce a memoria. «Il Signore è la parte della mia eredità e del mio calice; sei tu che mi restituirai la mia eredità».
Nell’antica legge, questo salmo ricordava il fatto che la tribù di Levi, da cui provenivano i sacerdoti, non aveva possesso territoriale nella Terra Promessa, a differenza dei membri di altre tribù. Il motivo è che era consacrato a Dio, dedicato al servizio nel tempio e che Dio stesso era la sua eredità. Nella nuova legge, questo versetto esprime l’accettazione nella comunità sacerdotale.
Il secondo testo è tratto dalla Preghiera eucaristica II della Novus Ordo Missae, ma in realtà è una citazione del Deuteronomio, capitoli 10, 8 e 18, 5-8. Si tratta per la tribù di Levi di «stare davanti al Signore al suo servizio». Il Papa Emerito ne fa una lunga spiegazione e applicazione al sacerdozio cattolico.
Il terzo testo è tratto dalla preghiera sacerdotale di Cristo, riportata nel capitolo 17 del Vangelo di San Giovanni. Joseph Ratzinger commenta in particolare il versetto 17: «Consacrali [santificali] nella verità». Per il Papa Emerito, queste parole illustrano in modo particolare il risultato dell’ordinazione sacerdotale: poiché Cristo è la Verità, il sacerdote per la sua ordinazione è immerso in Gesù Cristo. Ciò significa che il sacerdote deve diventare un tutt’uno con Cristo, che deve essere purificato e invaso da Lui, «così che è Lui a parlare e agire» nel sacerdote.

Un’errata teologia del sacerdozio

Nelle circostanze attuali, Papa Ratzinger ha il merito e il coraggio di difendere il celibato ecclesiastico. Si oppone a tutti coloro che vorrebbero eliminare questa disciplina che fa parte della tradizione apostolica e che è profondamente radicata nel sacerdozio che Cristo ha trasmesso.
Tuttavia, nella presentazione della prima parte, l’ex Papa rimane dipendente da un approccio moderno, per non dire modernista. In effetti, la teologia del sacerdozio fu mirabilmente portata alla luce durante il Concilio di Trento per sconfiggere il protestantesimo che lo attaccava. Ma i modernisti hanno rifiutato questa dottrina tridentina e, in nome dell’ecumenismo, hanno sviluppato una nuova teologia del sacerdozio e della messa che è stata sancita dal Concilio Vaticano II.
L’aspetto sacramentale e l’aspetto cultuale, che sono note costitutive del presbiterato, sono d’ora in poi affidati a tutto il Popolo di Dio, rivestito del sacerdozio “comune”. Tutta la Chiesa è responsabile dell’evangelizzazione, quindi il sacerdote deve essere considerato un ministro di questo Popolo e la sua funzione è quella di rappresentare il Cristo-Capo. Questa è la teologia della nuova messa. Benedetto XVI dipende da questa teologia, che ha sviluppato e vissuto, il che lo porta a affermazioni completamente deplorevoli. Quindi rifiuta di considerare la Croce di Gesù come un vero sacrificio e quindi come un atto di culto. Il Papa Emerito scrive: «La crocifissione di Gesù in sé non è un atto di culto». La ragione che dà è assurda: «i soldati romani che la eseguono non sono dei sacerdoti. Essi compiono un’esecuzione, ma non pensano neanche lontanamente di porre un atto di culto». Questo è precisamente dimenticare che è Cristo che pone – e solo lui – questo atto di culto: è sia il Sommo Sacerdote della Nuova Legge sia la Divina Vittima, l’unico degno di essere approvato da Dio. La proposta di Benedetto XVI rientra inoltre nella condanna del Concilio di Trento: «Se qualcuno dice che il sacrificio della messa è solo un sacrificio di lode e ringraziamento, o semplice commemorazione del sacrificio compiuto sulla croce (…): che sia anatema» (sessione XXII, 17 settembre 1562, Denzinger 1753). La morte di Gesù Cristo sulla Croce è stata un vero sacrificio. Il sacrificio è il principale atto di culto dovuto a Dio. Sulla croce, quindi, c’è un vero culto, compiuto solo da Cristo.
Un altro canone dice allo stesso modo: «Se qualcuno dice che, con il sacrificio della messa, si commette una bestemmia contro il sacro sacrificio di Cristo compiuto sulla croce (…): che sia anatema» (Dz 1754). Negare che la Croce sia un atto di culto è incomprensibile. D’altra parte, i moderni affermano che il Nuovo Testamento attribuisce il sacerdozio solo a Cristo o al Popolo dei battezzati, ma mai ai suoi ministri. In questo modo, sostengono che questo sacerdozio deriva dal Popolo Sacerdotale, che è un ministero del Popolo di Dio. L’ex papa aderisce a questa falsa concezione. Dopo aver descritto l’aspetto cultuale dell’ultima cena e aver negato quello della Croce, scrive: «In tutto ciò, non si tratta mai direttamente del sacerdozio». Va di nuovo contro il santo concilio di Trento che afferma: «Se qualcuno dice che con queste parole: “Fate questo in memoria di me” (1 Cor 11, 24-25) Cristo non istituì gli apostoli sacerdoti, o che non ordinò che loro e gli altri sacerdoti offrissero il suo Corpo e il suo Sangue: sia anatema» (Dz 1752).

Il sacerdozio cattolico

La nozione di sacerdozio “comune” che è stata sviluppata nel Concilio Vaticano II non ci permette più di comprendere la profondità del sacerdozio cattolico. Facendo affidamento su un testo di Pio XII distolto dal suo significato (Lumen gentium, 21 novembre 1964, n. 10), il Concilio afferma l’esistenza di due autentici sacerdozi: il sacerdozio ordinato e il sacerdozio dei fedeli, che dipenderebbero ciascuno a modo suo del sacerdozio unico di Cristo, rappresentandoli entrambi. Tale dottrina spiega da un lato le sempre crescenti esigenze dei laici nella partecipazione alla liturgia, di cui documenti di lavoro del “cammino sinodale” tedesco offrono attualmente un esempio. Spiega anche la crisi del sacerdozio e la sua tendenza al secolarismo. Non sorprende quindi che il celibato sacerdotale non sia più compreso, neppure dai sacerdoti. Il contributo di Benedetto XVI al libro del cardinale Sarah fornisce indubbiamente giuste spiegazioni cercando di mostrare il legame intrinseco esistente tra sacerdozio e celibato. Ma non raggiunge pienamente il suo obiettivo, a causa del suo attaccamento a un’errata dottrina sul sacrificio, e quindi sul sacerdote, vero sacrificatore che segue Cristo: sacerdos alter Christus.
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Nota di Chiesa e postconcilio
Lumen gentium tuttavia, rispetto a Magnificate Dominum e Mediator Dei di Pio XII, introduce il solito baco conciliare che, alla fine, consente possibili deviazioni: "Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo". Ognuno a suo proprio modo sembra metterli sullo stesso piano. Ed  è così che la teologia neoterica può arrivare ad occultare il divario ontologico esistente tra il sacerdozio universale dei fedeli e quello sacramentale dei soli preti. Romano Amerio (Iota Unum) osserva che, nel misconoscere le essenze, tutto viene ricondotto a funzione di puro tipo umano. Dunque ecco riaffiorare il vizio di fondo più volte stigmatizzato introdotto dal concilio: l'antropocentrismo in luogo del Cristocentrismo [qui - qui].

49 commenti:

Anonimo ha detto...

Lo spostamento dell'attenzione liturgica con il popolo, con la comunità come celebranti nascono all'interno dell'Ebraismo prima e dei Protestantesimo dopo. Nella Messa VO vi era una precisa separazione tra la parte iniziale della Parola che i catecumeni potevano ascoltare e la seconda parte dove si attua il Sacrificio, il Mistero, l'indicibile azione che non abbiamo parole per esprimere perché restiamo senza parole, ammutoliti davanti a ciò che accade e che sottilmente percepiamo ma, che non cade sotto i nostri cinque sensi, questo accadere senza vedere, questo restare muti, questa sorta di incantamento cosmico lo chiamiamo appunto Mistero. Questo cambiamento della sostanza del pane e del vino, nel Corpo e Sangue di NSGC accade davanti a noi, noi non lo vediamo e impercettibilmente cambia anche qualcosa di noi, della nostra sostanza. Tutto questo Mistero avviene attraverso il Sacerdote in persona Christi.

Anonimo ha detto...

Chiaro e limpido, facilmente comprensibile a tutti, persino al sottoscritto. Senza bisogno di spaccarsi la testa nel tentativo di comprendere interminabili disquisizioni e linguaggi per addetti ai lavori che alla fine lasciano alla conclusione che si sia menato il can per l'aia.
Gian

mic ha detto...

Ben detto Gian. Non c'è niente di più semplice della verità.

Crisostomo ha detto...

Una domanda: chi, della Fraternità san Pio X, ha composto questo commento?

Alla base del sacerdozio classicamente inteso c'è una nozione gerarchica di Chiesa dove ogni anello è connesso all'altro con un legame di obbedienza, rettamente intesa.

Il problema di fondo è che oggi, con una società volgare e scardinata alle basi, ciò che difetta è proprio il concetto di obbedienza per cui ogni individuo fa legge a sè.

Tale impostazione anarchica non si riscontra solo nella scuola (dove gli insegnanti fanno sempre più fatica a farsi seguire) ma nella Chiesa stessa dove, come dice più di un vescovo, "i preti fanno quel che vogliono" e non è più possibile correggerli.

Se il sacerdozio si svincola dai legami di retta obbedienza (verso la gerarchia e verso la Tradizione) è logico che finisca fuori strada.
Di conseguenza, come a livello sociale siamo giunto ad un punto-limite per l'ordinata convivenza, così a livello ecclesiale regna l'anarchia.

Se questo dato vige già a livello societario è evidente che siamo in una svolta epocale che indica l'inabissamento della nostra civiltà e la contemporanea nascita, tra noi, di un altro tipo di mondo (mussulmano?).

La Chiesa come unico baluardo di civiltà è venuta meno e, con Bergoglio, si è pure fatta alfiere del disfacimento. Rebus sic stantibus, il sacerdozio non può non esserne intaccato in profondità, nella sua propria essenza. La questione del celibato è solo un dettaglio che indica tale rovina.

Non credo che il papa dimissionario abbia esaminato il sacerdozio con uno spettro così ampio che indica il dovere non solo della difesa del celibato e del sacerdozio ma del sano ordinamento ecclesiale che è andato a remengo già da molto, purtroppo.

Tutto si tiene o tutto crolla!

Anonimo ha detto...



Anche da Emerito, Ratzinger non riesce a liberarsi dai "bachi" che ne hanno sempre
inquinato la "teologia".
E' tipico del suo stile procedere con argomenti teologicamente ortodossi improvvisamente
contrati da uscite originali, dal contenuto eterodosso, come quella che "la Croce" sarebbe al fuori dell'atto di culto (vedi sopra) e simili.
Ma la Croce non rappresenta proprio il sacrificio espiatorio e propiziatorio liberamente accettato da Cristo, per soddisfare la giustizia del Padre e per la nostra salvezza? E non sarebbe questo sacrificio a venir rinnovato in modo incruento nell'Eucaristia dal sacerdote celebrante e solo da lui?
E'vero poi che il Concilio sembra equiparare i due sacerdozi, quello proprio, del prete, e quello dei fedeli, come se manifestassero un'unica sostanza. Ma il sacerdozio dei fedeli, ossia la loro partecipazione alla S. Messa, non viene esercitato "in voto" solamente, come diceva Pio XII? "Sacerdoti" noi fedeli solo in questo senso, traslato: partecipiamo solo idealmente, spiritualmente alla consacrazione dell'Ostia fatta dall'officiante. Il Popolo di Dio, come lo usa s. Pietro in una delle sue epistole, è titolo onorifico: prima eravate nelle tenebre del paganesimo, ora siete "popolo di Dio", equiparati agli Ebrei, che hanno avuto la vera Rivelazione, visto che ora credete nel vero Dio, e credendo appartenete spiritualmente a Lui non più agli idoli.
Sempre poi vengono fuori gli errori propalati dal Concilio. IL documento della FSSPX mette bene in rilievo il fatto che alla base della crisi c'è anche questa errata nozione del sacerdozio esteso ai fedeli, in modo simile all'errato concetto luterano dello stesso.
Finché non si affronterà pubblicamente il nodo velenoso del Concilio, non si potrà invertire la marcia verso l'abisso della Chiesa cattolica.
T.

mic ha detto...

Vedi incipit e nota che ho inserito a chiarimento della distinzione tra sacerdozio comune dei fedeli e sacerdozio sacramentale dei sacerdoti e vizio di fondo introdotto dal concilio.

Wisteria ha detto...

Si torna sempre, nei dubbi e nelle difficoltà, a Pio XII.

Ad Superna semper intenti ha detto...

Se Ratzinger esclude la croce dall'atto cultuale, come viene detto, pone non un baco al suo pensiero ma un abisso. La croce, l'atto sacrificale dell'Uomo-Dio, non solo sta alla base del sacerdozio ma innerva, altresì, l'essenza del Cristianesimo. Una Chiesa senza croce, ossia senza sacrificio a tutti i livelli e in tutti i sensi, cessa di essere redentiva quindi cessa di essere Chiesa.
A livello spicciolo, l'assunzione della croce rappresenta il terreno fertile sul quale nascono i sani rapporti e sul quale si edifica il vero amore. Gli sposi senza croce fanno presto a separarsi, il prete senza croce fa presto a spretarsi, i fedeli senza croce fanno presto a lasciare la Chiesa. Una società senza sacrificio non può che sfaldarsi e partorire anime malate in gran massa. E' quanto vediamo!

Anonimo ha detto...

Qui l'originale in francese tratto dal sito della FSSPX:

https://fsspx.news/fr/la-defense-bancale-du-celibat-sacerdotal-par-benoit-xvi-54525

lorenz ha detto...

Si tratta di una pregiudiziale in apparenza rassicurante pensare che le indicazioni sopra ricordate di papa Pacelli fossero tanto irrilevanti rispetto agli sviluppi successivi. Ma sarebbe prudente riconsiderare bene la cosa. Anche la riforma liturgica stessa è stata radicalmente impostata in quel pontificato. La svolta conciliare non fu così repentina e immotivata come può volersi ritenere. Mentre al contrario, davanti al presente scritto di Ratzinger ci troviamo di fronte a un ripensamento sincero che potrà ben essere apprezzato. In particolare, rispetto ai commenti che sopra si susseguono e si richiamano, va notato che lui qui non dice affatto che la Croce non sia di per sé l'atto stesso di culto anzi assoluto, ma piuttosto richiama che essa ricomprende in sé come evento unico di cui ne è il centro, tutto il sacrificio pasquale, che è anticipato nell'ultima Cena: in tal senso fatico perciò a capire l'obiezione sollevata nell'articolo, secondo la quale Ratzinger non intenderebbe comprendere il sacerdozio eucaristico a partire dal giovedì santo. Ossia, da una parte gli si obietta che darebbe troppo peso all'ultima cena come se con ciò svuotasse la Croce, dall'altra parte nel contempo gli si però anche rinfaccia di dargli invece poco valore, al giovedì santo, tanto da escludervene il legame con l'istituzione del sacerdozio eucaristico. Mentre invece, secondo Ratzinger è proprio per quanto Lui compie già nell'Ultima cena che poi Cristo vuole realmente Lui stesso esserlo, il Celebrante cultuale del sacrificio della Croce, non appunto come se invece la crocifissione fosse stata appena un evento che cultualmente lo fosse stato compiuto non di più che soltanto dai soldati profani. Non è assolutamente vero quindi che Ratzinger neghi che sia anzi Cristo stesso a compiere l'atto di culto supremo proprio in Croce. Proprio perché lo compie anche nella continuità con tutto il dono di sé nella sua Passione e non invece in commistione con un improbabile sacrificio in partenza comunitario che fosse stato compiuto dai suoi uccisori, possiamo comprendere che qui si tratti della sorgente del sacerdozio ministeriale e non affatto di quella di un sacerdozio comune di cui quello fosse appena espressione. Che è invece l'altra accusa che l'articolo disinvoltamente rivolge a Ratzinger e che faccio fatica ancor di più a capire.

tralcio ha detto...

Se il "nodo velenoso" risiedesse nel Concilio Vaticano II saremmo quasi a un passo dalla santità. Un "quasi" grande come una cattedrale o un centro commerciale, ma sempre alla portata di noi misere creature umane, capaci di combinare il guaio e in qualche modo di rimediarvi. Il nodo velenoso purtroppo sta molto a monte dell'ultimo cinquantennio, anche se quest'ultimo tratto di cammino ha abbondato di false indicazioni, abbagli e guida spericolata della nave.

La festa della conversione di San Paolo ci può essere preziosa per togliere le squame dagli occhi, con la mediazione di chi Dio sceglie, come Anania, per questa operazione. San Paolo era un incaricato dal potere religioso, munito dei documenti, con il mandato in piena regola, fornito di un manipolo di funzionari pieni di zelo. Gesù lo acceca e lo atterra nel suo tronfio pragmatismo, chiedendogli: "perché mi perseguiti?". Gesù si è tanto fatto comunione con noi da considerare un perseguitare Lui l'accanirsi contro i Suoi.

L'odio o il fastidio verso chi vive di Cristo è odio e fastidio per Lui, Nostro Signore. Chi vive di Lui, soprattutto chi si dono fino al punto da farsi Alter Christus per i fratelli nel cammino sulla "Via", si rende protagonista di una missione a beneficio di tante conversioni del cuore per poter dire a molti accecati e atterrati: "Alzati fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome".

Ecco il "nodo velenoso" smascherato dall'Emerito nella sua veste di Mediator Dei (Pio XII), cioè di revisore delle derive pericolose e saccenti di chi non si sente più di mediare bensì di manipolare, servendo non Dio (da uomo di Dio), ma le voglie dell'uomo di mondo.

Contemplare il mistero, adorando Gesù Presente, è un'azione trasformante per chi contempla. Ciarlare e brigare non trasforma nulla, ma tende a far significare le cose come ci piace.
Nella misura in cui ci lasciamo trasformare contemplando Dio, allora ci purifichiamo e diventiamo un cristallo che diffonde la luce di Dio, senza offuscarla di noi stessi.
Non è solo un problema di scuole di pensiero: è un problema di cuore e di conversione.

Il "nodo velenoso" si trova in chi, in ogni modo, muovendo da qualunque incrostazione, pone se stesso, l'uomo, al centro, incapace di fare i conti con il peccato, incapace di affidarsi all'Anania (verrebbe da dire l'insignificante Anania, dopo aver incontrato direttamente il Cristo) che invece Gesù vuole necessario perché a Paolo cadano le squame.

Ognuno di noi ha squame sugli occhi e ci serve un Anania, magari intimorito, magari stanco, magari con i suoi errori e confusioni, ma indubitabilmente necessario per Dio.
Saulo è un pericoloso persecutore, ma il Signore ne fa San Paolo. Stupidi sarebbero coloro che, quindici anni dopo, trovandoselo a criticare Pietro per i fatti di Antiochia, gli rinfacciassero il suo essere stato persecutore. No: Paolo è quello che, nel silenzio, nella conversione, nella luce di Dio, (2Cor 12,1-9) potrà vantarsi della propria debolezza avendo udito parole indicibili in cielo.

Il "nodo velenoso" è l'orgoglio, ogni orgoglio. Mentre la grazia soccorre l'uomo esule in questa valle di lacrime, che può vedere nella Madre, piena di grazia, un'altra potente mediatrice delle grazie necessarie finché saremo qui, nel luogo della volontà di Dio contrastata e contristata.

Bisogna morire alla terra, al regno del principe di questo mondo, per poter rinascere al Cielo, la casa del Padre, dove c'è solo la Sua volontà. Ogni Santa Eucaristia è mistero di questa distruzione e ri-creazione, nella consacrazione mediata dal sacerdote in persona Christi. Questo bisogna contemplare per poterne essere trasformati.
La grazia serve nell'immanenza, per poter entrare nella gloria della trascendenza.
Abbiamo dei Mediatori, mandati da Dio. Ascoltiamoli e ringraziamo il Signore di questa grazia. Non sentiamoci migliori di Anania o di Saulo. Cerchiamo di diventare San Paolo.

Angheran70 ha detto...

"Per correggere questa grave deviazione, Benedetto XVI difende oggi un’esegesi dell’Antico Testamento incentrata su Cristo".

Sì , è veramente una cosa indecente , per fortuna che ci sono certi tradizionalisti...

mic ha detto...

Angheran,
non è una cosa indecente, è monca. E ciò che resta monco poi nel tempo si cancella...
Dunque è provvidenziale che chi è in grado di 'vedere' non abbassi la guardia, per questa generazione e per quelle future.

mic ha detto...

Abbiamo dei Mediatori, mandati da Dio. Ascoltiamoli e ringraziamo il Signore di questa grazia. Non sentiamoci migliori di Anania o di Saulo. Cerchiamo di diventare San Paolo.

Ne convengo. Tralcio carissimo! Ed è una esortazione di cui far sempre tesoro.
Tuttavia penso di poter aggiungere che questo andare oltre il mediatore di cui stiamo parlando, non significa che lo si disprezzi o ci si ritenga migliori con lo zelo di Saulo, ma che si cerchi - consci dei propri limiti e miserie umane - di corrispondere alla Grazia, davanti al Signore, condividendo quanto ricevuto nella e dalla Chiesa.

fabrizio giudici ha detto...

Intervista del card. Sarah sul Foglio, ma è a pagamento.

fabrizio giudici ha detto...

PS Magari mi sbaglio, perché non può che essere un'impressione di pancia non avendo potuto leggere l'articolo... Ma dal sottotitolo e dalle poche righe disponibili ho idea che ci sia l'ennesima contraddizione su Papa Francesco...

Anonimo ha detto...


Dal pistolotto di "Tralcio" si capisce solo che non bisogna criticare Ratzinger, "pope forever". E nemmeno tanto il Concilio, hai visto mai.
Meno fumisterie (che c'entra s. Paolo?) e maggior chiarezza non guasterebbero
T.

fabrizio giudici ha detto...

https://www.foxnews.com/media/president-trump-on-why-he-attended-march-for-life-rally-religious-liberty-is-under-siege

fabrizio giudici ha detto...

A Savona il vescovo Marino elogia sardine e gretini. Non mi risulta abbia mai elogiato p.es. le Sentinelle in Piedi.

https://www.ivg.it/2020/01/savona-il-vescovo-sardine-e-fridays-al-di-la-della-politica-i-giovani-in-piazza-sono-un-segno-di-speranza/

tralcio ha detto...

Carissima Mic, grazie a te. Convengo sul principio e mantengo il grazie a Benedetto XVI per quanto ha avuto la grazia di compiere, con il Card. Sarah, in questo momento così delicato.

Gentile Sig. T. 16:28, dal momento che non ho mai fumato in vita mia le "fumisterie" non mi appartengono, anche nel senso lato di arzigogolare. Se non sono stato chiaro, chiedo scusa.

Il "pistolotto" presupporrebbe retorica prosopopea. Niente di tutto ciò: semplice fede.
Non sono nessuno per difendere il Concilio, ma la fa troppo semplice chi pensa che la Chiesa dipenda soprattutto da un'assemblea, a Trento come altrove.
Non sono nessuno per difendere Benedetto XVI, ma che resta più chiaro lui a 90 anni suonati di tanti altri musicanti, sempre stonati.

San Paolo c'entra perché oggi è il 25 gennaio. Andando alla Santa Messa sarà capitato di sentirne parlare. E dà una bella lezione: sul peso e la realtà anche dura, dolorosa, spaventosa della conversione e di come guardare alla conversione.
Se poi c'è chi si crede a posto senza aver bisogno di Anania, le squame sono ben incollate.

Anonimo ha detto...

E fortuna che i bergogliani sarebbero buonisti e tolleranti. Il presidente della Conferenza episcopale italiana, Gualtiero Bassetti, ha evocato la scomunica per chi osa criticare Papa Bergoglio dentro la Chiesa cattolica. «Non vi sta bene l’attuale Pontefice? La porta è quella…». È quanto l’alto prelato di fatto dice in uno “sfogo” espresso davanti ai mass media. «Se a qualcuno non piace questo Papa lo dica perché è libero di scegliere altre strade. Criticare va bene ma questo distruttismo no». Bassetti è anche arcivescovo di Perugia. E lancia questo pesante avvertimento incontrando i giornalisti nel capoluogo umbro. E ciò in occasione dei festeggiamenti della categoria per San Francesco di Sales. Lo sfogo è stato ripreso dal sito para-vaticano Il Sismografo.
“C’è troppa gente – ha aggiunto – che parla del Papa e a qualcuno io ho detto ‘fai la scelta di evangelico, se non ti va bene la Chiesa cattolica, se è troppo stretta questa barca’. I nostri fratelli protestanti non hanno né il Papa né il vescovo, ognuno faccia le sue scelte. Scusatemi per lo sfogo ma l’obiettivo di tutti deve essere quello di cercare risposte per il bene della Chiesa e dell’umanità”.
È un attacco di una violenza inaudita, se consideriamo il ruolo che Gualtieri ricopre all’interno della Chiesa. Il suo non è infatti lo “sfogo” di uno qualsiasi. Ma un’invettiva in piena regola del presidente dei vescovi italiani. Qualcosa che assomiglia a una scomunica.
Che Bergoglio e i bergogliani non siano affatto tolleranti è cosa nota. E, a quanto si sa, nell’inner circle del Papa non vanno tanto per il sottile. Ad accelerare le critiche a Bergoglio è stato il recente Sinodo per l’Amazzonia, da molti giudicato sproporzionato e fuori luogo per la Chiesa. Lo scrittore Antonio Socci nel suo ultimo libro, Il dio mercato, la Chiesa e l’Anticristo (Rizzoli), accusa il Papa di appiattire il messaggio evangelico alle ideologie del mondo. E richiama il libro del filosofo russo Vladimir Soloviev dove si dipinge la figura dell’Anticristo. Si va sul pesante, nel mondo cattolico, da quando c’è Bergoglio a Santa Marta…
https://www.secoloditalia.it/2020/01/clima-teso-dentro-la-chiesa-il-presidente-della-cei-minaccia-la-scomunica-per-i-critici-del-papa/

Anonimo ha detto...

Il Messaggero specifica:

Il porporato stava annunciando la cornice programmatica del prossimo meeting che la Cei farà a Bari intitolato «Mediterraneo, frontiera di pace», quando si è irritato per i continui richiami negativi a questo pontificato per l'impegno che viene profuso da Francesco a favore degli immigrati.  «Scusatemi per lo sfogo – ha aggiunto – ma l’obiettivo di tutti deve essere quello di cercare risposte per il bene della Chiesa e dell’umanità». Un tema divisivo nella Chiesa, quello dei migranti, come del resto testimonia un elettorato cattolico spaccato e orientato verso la Lega. Ormai non è un mistero per nessuno che la predicazione dei "porti aperti" non sempre viene accolta in modo omogeneo nelle parrocchie e in tante diocesi.

Anonimo ha detto...

E con questo... fine del discorso sul celibato sacerdotale.
Amen.

«Il Sacerdote ha come campo della propria attività tutto ciò che si riferisce alla vita soprannaturale, ed è organo di comunicazione e di incremento della stessa vita nel Corpo Mistico di Cristo. Perciò è necessario che egli rinunci a “tutto ciò che è del mondo”, per curare solamente ciò “che è del Signore ” (1 Cor 7, 32.33). Ed è appunto perché egli deve essere libero dalle preoccupazioni del mondo per dedicarsi tutto al divino servizio, che la Chiesa ha stabilito la legge del celibato, affinché fosse sempre più manifesto a tutti che il Sacerdote è Ministro di Dio e padre delle anime. Con la legge del celibato, il Sacerdote, piuttosto che perdere il dono e l’ufficio della paternità, lo accresce all’infinito, giacché se non genera una figliolanza a questa vita terrena e caduca, la genera a quella celeste ed eterna. Quanto più rifulge la castità sacerdotale, tanto più il Sacerdote diventa insieme con Cristo “ostia pura, ostia santa, ostia immacolata”.»

VENERABILE PIO XII

Anonimo ha detto...


Caro Tralcio,
S. Paolo, Anania, squame che non si scollano dagli occhi. Ma a chi si deve applicare tutto questo? Lo spiega lei chiaramente? Non mi pare. Ci vuole l'interprete.
Ma forse ho capito, alla fine: Papa Francesco da convertire, come s. Paolo. Un persecutore della Chiesa, come era stato S.Paolo, prima della famosa Apparizione sulla via di Damasco.
Quindi, niente critiche, per carità. Chi siamo noi, per criticare? Chi critica l'andazzo attuale, musicante è, superbo è. Non è l'umiltà la prima qualità che si richiede al cattolico?
Solo pregare dunque, chiusi nella propria stanzetta, perché Bergoglio-Saulo trovi anche lui la sua conversione, l'Apparizione sulla via verso Damasco che sta percorrendo, impegnatissimo a distruggere la dottrina e la morale cristiana a ritmo accelerato.
Saulo magari aveva vero zelo per Dio, anzi ne aveva persino troppo, non era un eretico come PF, un eresiarca come pochi se ne sono visti, nella storia della Chiesa, per fermare il quale sette anni di giaculatorie non sono servite finora assolutamente a niente. Anzi.
Un piccolo dettaglio questo, no? Forse da prendere in considerazione?
T.

Anonimo ha detto...

Se le critiche non cessano bisogna capire se hanno un qualche fondamento. Non si può indicare l'uscita ai critici. Quasi tutti i critici hanno auspicato per l'errante, con parole e scritti, un'autocorrezione, una rinnovata conversione del cuore e della mente. La critica base può essere sintetizzata con 'il troppo stroppia'. Non è solo l'errore qua e là ed ovunque ma è la sua ripetizione ossessiva. Certamente i venerandi prelati avranno dei vuoti di memoria, basta rifornirsi di una rubrica e alla lettera I scrivere immigrati accanto si registreranno tutte le date, ore e luoghi in cui si è pronunciata e/o scritta questa parola da sola o in un qualsiasi contesto; poi si farà una somma delle volte in cui è stata pronunciata e/o scritta la parola in questione e la somma la si dividerà per i giorni di pontificato, così si avrà la media quotidiana in cui il santo gregge ha ascoltato questa parola e l'errante capirà cosa si intende con 'il troppo stroppia'. Stroppia la chiesa e stroppia l'umanità. Il bene della Chiesa e delle genti è parlar di Gesù Cristo, che ormai non citandolo neanche per caso, chi lo cita, lo si cita come Innominato. Il troppo stroppia, anche se qui si tratta del troppo silenzio che avvolge il Re dei Re. Lo si vorrebbe portare in trionfo per l'universo invece rimane nascosto sulla Croce in qualche armadio ed anche qui 'il troppo stroppia'. Stroppia il troppo nascondimento in cui NSGC è tenuto per non urtare la sensibilità degli altri. Anche ignorare la sensibilità del proprio gregge è un troppo che stroppia, stroppia la morte santa di tanti cristiani martiri, stroppia il loro sacrificio ignorato, stroppia il tacer dei morti per rispetto umano dei loro assassini. Il troppo stroppia e quando il troppo ha stroppiato non resta per il troppo che vergogna e disonore.

Anonimo ha detto...

Forse è tardi per piangere sul latte versato. In parte Mons Lefevre aveva ragione e la storia gli sta dando ragione e sta dando torto a chi lo ha combattuto. Adesso capisco perché tanto astio ed odio nei suoi confronti da parte dell'apparato gerarchico. Purtroppo la chiesa cattolica secondo me così com'era qualche decennio fa, non ci sarà più. Ormai è in mano ai modernisti. E chiunque verrà dopo Bergoglio non potrà che continuare l'iter in atto. Basta vedere la composizione dei cardinali attuali...

Valeria Fusetti ha detto...

Stralcio. Scusa ma trovo strana l' affermazione " la Chiesa non dipende da un' assemblea,a Trento come altrove" perché a Trento vi fu un Concilio, e non mi risulta che sia stato "pastorale". È pur vero che non tutti i Concili hanno avuto lo stesso "peso" dogmatico, ma trovo bizzarra una tale disinvoltura nel sminuire, per così dire, il Concilio di Trento, che come il Concilio di Nicea,o di Calcedonia, tanto per fare due nomi,furono Concili fondamentali per la definizione di dogmi altrettanto fondamentali per la vita di fede della Chiesa. È evidente che in questo processo fu la presenza dello Spirito Santo ad ispirarne i lavori , questo è ovvio, ma è ovvio anche per il Concilio di Trento, dove i Padri sinodali si trovarono a contrastare nemici non meno pericolosi di Ario e compagni.E a ridefinire con più chiarezza la dottrina generale della Chiesa.E sempre non a caso fu posta una cura estrema nell' elaborazione di una chiara dogmatica, il cui culmine fu, a mio parere, il bel Catechismo tridentino o romano (!) che, senza voler sminuire l' apporto di nessuno, fu comunque il capolavoro di San Carlo Borromeo. Per concludere, la Chiesa dipende da Nostro Signore, che ha usato anche dei Concili per edificarla, sostenerla e purificarla. In cordibus Jesus et Mariae.

Anonimo ha detto...

I VERI MOTIVI IN PRO DEL CELIBATO ECCLESIASTICO, (Motivi che, in genere, sfuggono anche ai suoi APOLOGETI più ferrati-TESTO RIELABORATO A PARTIRE DA STUDI DI MONS.LEFEBRVE E DEL Cardinale Stickler- quest'ultimo ci scrisse a suo tempo un libro-).
I VERI MOTIVI IN PRO DEL CELIBATO ECCLESIASTICO:
1) Motivo di ordine METAFISICO (il più importante). Il prete è L'ALTER CHRISTUS. Gesù è Vergine, pertanto si conviene che il prete sia vergine, se proprio anche di corpo (AUSPICABILE) almeno di spirito. Tale verginità di spirito è compatibile con il matrimonio?
La Chiesa che, da buona madre, conosce, anche grazie a Lumi Superni, la mentalità umana ha concluso per il NO, tranne situazioni particolari (che confermano la regola);
2)Motivo di ordine PRATICO: in tempo di persecuzione, il celibe è meno ricattabile.

Anonimo ha detto...

Cpncordo sopratutto dove scrive " i cattolici non capiscono nulla di quanto sta accadendo " e questo perche' purtroppo mancano le fondamenta.
Bruna Antonia

Anonimo ha detto...

L'articolo ha solo rettificato dove era necessario. In fin dei conti, lo sappiamo tutti, Ratzinger non si è liberato del tutto delle posizioni del concilio ma se avesse occasione di leggere questo articolo son quasi certa che riconoscerebbe di essere in fallo. L'ha affermato lui stesso che un papa può e deve essere ripreso se necessario.

tralcio ha detto...

Perchè l'uomo conosca la gloria di Dio è necessario che incontri il Signore e stia con Lui.
Dato che le nostre misure, creaturali, sono piccola cosa, è stato Dio a farsi umile.
Così Dio si è fatto uomo, donandosi fino a morire in croce, per le nostre miserie.
Tali miserie, frutto del peccato, ce le "ispira" l'orgoglio di una creatura angelica decaduta.
L'umiltà creaturale che incontra l'umiltà di Dio è la sola che possa non ostacolare la grazia.
La grazia ci serve in questa vita, per poter fare comunione con la gloria di Dio in Cielo.

Ognuno di noi è sempre un po' lontano dal non frapporre ostacoli alla grazia, perchè c'è sempre quel minimo di orgoglio o di errore che impedisce alla luce di brillare pienamente.
Anche Joseph Ratzinger, come qualsiasi creatura, anche le più santa (San Carlo Borromeo si confessava frequentissimamente).

La Chiesa ha avuto bisogno di stabilire che cosa fosse verità ed errore, essendoci la possibilità di sbagliare. Ma la Verità c'è già, prima che la Chiesa la riconosca.
Non è dunque l'assemblea a stabilire la verità, altrimenti un'altra assemblea la cambierà.
Sono sette anni che soffriamo "il potere costituito" e le sue assemblee deliberanti e risentiamo negativamente dei guasti cinquantennali di un'altra pretesa aggiornatrice.

L'umiltà è il solo antidoto all'orgoglio di stare "nell'assemblea giusta".
Ratzinger ha avuto tanti difetti, ha commesso i suoi errori, ma ha sempre mostrato umiltà.
L'umile operaio della vigna non ha pretese sul "podere", ma cerca di garantire un buon raccolto. La Madre Santissima ha già visto che non c'è più vino. Tranquilli: se non sarà per l'uva, basterà l'acqua e con un po' di fede ci sarà il vino migliore di sempre.

mic ha detto...

https://www.youtube.com/watch?v=BIAw7Dun-60
INTROIT • 3rd Sunday after Epiphany (“Adoráte Deum”)

Anonimo ha detto...

Quella finita è stata una delle campagne elettorali più violente degli ulti 70 anni, non solo in Emilia Romagna, ma in Italia. Il potere non ha mancato di far sentire la sua morsa, con metodi che, sinceramente, hanno fatto rimpiangere il peggior autoritarismo. Due esempi su tutto: quello cheè successo a Iolanda di Savoia, dove sono state minacciate ed eseguite ritorsioni ad un comune il cui sindaco si è presentato con la Borgonzoni, e quello che è successo recentemente a Bologna, con un ristoratore che è stato costretto a cancellare un pranzo con Salvini e 150 invitati a causa delle minacce, che lui cita apertamente, da parte della Regione.
https://scenarieconomici.it/emilia-romagna-fine-di-una-pessima-campagna-elettorale-si-vota-anche-per-il-senato-imperiale-in-una-galassia-lontana/

Anonimo ha detto...

Coronavirus e altro.

A peste, a fame, a bello, libera nos, Domine!

Ovviamente, la Chiesa, finalmente al passo coi tempi, questa semplice e bella preghiera l'ha abolita. In cambio, però, adesso ci sono Sequeri, frate metallo, le suore ballerine.... e le chiese vuote. Amen.

Anonimo ha detto...


I concili dogmatici della Chiesa semplici "assemblee" che non garantiscono la verità della nostra religione?
Attenzione, caro Tralcio, che a parlare sempre per enigmi ed in modo oracolare non si finisca fuori dal seminato.
T.

Anonimo ha detto...


La campagna elettorale più violenta.

Una violenza che porta il marchio di fabbrica. INiziata o incrementata assai con l'apparizione del movimento delle Sardine, organizzato dai (post)comunisti con il preciso scopo di mettere il bastone fra le ruote a Salvini. Un movimento che esprime il nulla, intellettualmente, ma ribadisce tutti i dogmi del sinistro politicamente corretto dominante, occupando le piazze con l'intento dichiarato di escluderne la Lega e il centrodestra. Intento che contiene una minaccia tipica del clima da guerra civile che per i comunisti, post o non post, è quello più naturale.

Anonimo ha detto...

Commentucolo da parte di un esimio ignorante tal qual sono, il libro è, nell'insieme, molto bello, scritto proprio col cuore, elegante e più difficile il testo ratzingeriano, semplice ma profondamente vissuto, quello del cardinale Sarah, un atto di amore e riconoscenza per il dono del sacerdozio e del celibato visti come dedizione assoluta a Cristo e alla Sua Sposa da parte di entrambi.

P.S.Vi chiedo ferventi preghiere per noi che oggi votiamo, che vadano tutti a votare e lo facciano con coscienza e che Dio ci assista, il momento è molto grave. Lupus et Agnus.

Anonimo ha detto...

E anche questo riferimento temporale chiarisce come mani oscure tessevano trame mentre un’intera classe politica veniva portata in carcere in manette e mentre i competenti in procinto di entrare al potere agitavano cappi in Parlamento.
Una crociera prima negata additando come paranoici complottisti coloro che ne parlavano e poi disvelata dal Presidente Cossiga in tv e da quel punto derubricata a banale cocktail tra amici. Ora, a quasi trenta anni la prova inoppugnabile che non si trattò di una scampagnata a spese della Corona Britannica ma di un vero e proprio atto eversivo ai danni del popolo italiano.

https://www.maurizioblondet.it/le-responsabilita-di-mario-draghi-il-mangiafuoco-del-bfritannia/

mic ha detto...

Ora, a quasi trenta anni la prova inoppugnabile che non si trattò di una scampagnata a spese della Corona Britannica ma di un vero e proprio atto eversivo ai danni del popolo italiano.

Due sono i casi, se queste cose vengono esplicitate ora: o vengono allo scoperto perché ormai il loro scopo è raggiunto oppure qualcuno sta gettando granelli di sabbia nell'ingranaggio allo scopo di provocarne rallentamenti o suscitare nuove reazioni ancora possibili.

mic ha detto...

L’accordo di Metz: La tragedia dell’accordo fra Chiesa cattolica e mondo comunista. Matteo D’Amico
https://www.youtube.com/watch?v=-l9YLkJ3QSo&feature=youtu.be

Anonimo ha detto...

Ottima analisi, chiara ed esaustiva
Valerio Duilio Carruezzo

Anonimo ha detto...

CUCU'. LATUA VIGNA NON C'E' PIU'
L'ULTIMA AZIONE SPREGEVOLE DEL DITTATORE IDOLATRA VENUTO DALL'ARGENTINA
Quella vigna era stata impiantata nel 2012,in onore di BXVI, il quale,appena eletto,si era definito "un umile lavoratore nella vigna del Signore"
E' evidente che radere al suolo quei filari significa mandare un messaggio esplicito "all'umile lavoratore nella vigna del Signore".E dunque: fatti da parte. Non disturbare il manovratore, cioè Papa Eugenio I, che dalle colonne di Repubblica sta dettando la linea della nuova Chiesa. L'ha anche dichiarato bergoglio, nel suo colloquio pastorale sul quotidiano dell'aborto, del divorzio, dicendosi "mosso dal desiderio di aggiornare lo spirito collettivo della nostra Chiesa alla società civile e moderna", in perfetta sintonia con il comitato di redazione di Repubblica.

Mario Giordano, La Verità, 19 Gennaio 2020

Viator ha detto...

https://vigiliaealexandrinae.blogspot.com/2020/01/la-fsspx-e-la-nouvelle-vague.html

La FSSPX e la nouvelle vague antiratzingeriana. Il triste caso di una recensione di Des profondeurs de nos coeurs

Unknown ha detto...

Cuca'. Non c e' più nemmeno quello che chiede preghiere per non fuggire davanti ai lupi. Emeriti. Non erano lupi veri ma presumibilmente umani.

Anonimo ha detto...

"La contrapposizione tra il Padre, che insiste in modo assoluto sulla giustizia, e il Figlio che ubbidisce al Padre e ubbidendo accetta la crudele esigenza della giustizia, non è solo incomprensibile oggi, ma, a partire dalla teologia trinitaria, è in sé del tutto errata.

Il Padre e il Figlio sono una cosa sola e quindi la loro volontà è "ab intrinseco" una sola. Quando il Figlio nel giardino degli ulivi lotta con la volontà del Padre non si tratta del fatto che egli debba accettare per sé una crudele disposizione di Dio, bensì del fatto di attirare l’umanità al di dentro della volontà di Dio. […]

Ma allora perché mai la croce e l’espiazione? […] Mettiamoci di fronte all’incredibile sporca quantità di male, di violenza, di menzogna, di odio, di crudeltà e di superbia che infettano e rovinano il mondo intero. Questa massa di male non può essere semplicemente dichiarata inesistente, neanche da parte di Dio. Essa deve essere depurata, rielaborata e superata". Bastano dieci giusti a salvare l'intera città di Joseph Ratzinger -
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351256.html

Unknown ha detto...

La vigna era rimasta senza lavoratore?
Grazie per avere pubblicato una critica fuori da questo coro.

Gederson Falcometa ha detto...

Breve esame critico del «Novus Ordo Missæ», Presentato al Pontefice Paolo VI dai Cardinali Ottaviani e Bacci:

"Il mistero della Croce non vi è piú espresso esplicitamente, ma in modo oscuro, velato, impercepibile dal popolo (9)".

"Come è fin troppo evidente, l'accento è posto ossessivamente sulla cena e sul memoriale anziché sulla rinnovazione incruenta del Sacrificio del Calvario. Anche la formula «Memoriale Passionis et Resurrectionis Domini» è inesatta, essendo la Messa il memoriale del solo Sacrificio, che è redentivo in sé stesso, mentre la Resurrezione ne è il frutto conseguente. Vedremo piú avanti con quale coerenza, nella stessa formula consacratoria e in generale in tutto il Novus Ordo, tali equivoci siano rinnovati e ribaditi".

Niente nuovo. Ratzinger appena afferma ciò che era già stato mostrato dai cardinale Ottaviani e Bacci nel Breve esame critico. La novità è l'argomentazione assurda:

"La crocefissione di Gesù non è in se stessa un atto cultuale. I soldati romani che l’eseguono, non sono sacerdoti".

Il sacrificio sulla croce è adempiuto dal proprio Cristo come sommo sacerdote. È ovvio che chi non è capace di vedere chi è il sacerdote e a vittima, non è capace di capire la natura cultuale del sacrificio che è stato fatto. Per questo il sacrificio sulla croce di espiatorio cambia il significato in "...trasformazione di un atto di crudeltà umana in un atto d’amore e di offerta si sé". Nel senso ratzingeriano voglio che qualcuno me dica: quale la differenza tra il sacrificio fatto sulla croce da Nostro Signore e quello che ha fatto il grande San Massimiliano Maria Kolbe ad Auschwitz?

Gederson Falcometa ha detto...

"Pelagio, Abelardo, Hermes [Georg Hermes, 1775-1831, teologo tedesco razionalista e soggettivista. N.d.R.] si rifiutarono di riconoscere che la morte del Cristo ha il valore di una compensazione penale e di una immolazione intrinsecamente efficace, e la ritennero un esempio di eroismo sublime, un'eloquente testimonianza dell'amore, ma non certo un vero sacrificio.

I Sociniani pretendevano che Gesù Cristo non fosse stato sacerdote in questo mondo, ma solamente al Suo ingresso nel cielo, dove d'altronde tutto il suo ufficio sacerdotale consisterebbe nell'intercedere per noi davanti a Dio; la Sua passione non sarebbe stata dunque un sacrificio, ma solo una preparazione al sacrificio che Egli offre nella gloria interpellando suo Padre a favore dell'umanità.

Quanto ai critici razionalisti, Ritschl, Sabatier e gli altri, la morte di Cristo ha avuto solamente l'efficacia di un'abnegazione bell'e buona, come quella del cavalier d'Assas.La Redenzione considerata come sacrificio". La Redenzione considerata come sacrificio il sacrificio di Gesù Cristo, (Seconda parte)
III - Il sacrificio della croce. — Gli errori. — La fede della Chiesa - http://progettobarruel.hostfree.pw/novita/11/Hugon_sacrificio_II.html

Anonimo ha detto...

Ma chi ha mai pensato che i soldati romani attorno alla Croce fossero lì per compiere un atto di culto?
Come mai viene in mente a Raztinger di fare un paragone del genere?
Si trattava dell'esecuzione di una sentenza capitale, servizio di polizia ed esecuzione
della sentenza, appunto, cosa c'entra il culto? Quale culto?
Giustamente Gederson nota che R. non sembra capace di vedere la natura autentica del sacrificio di Cristo, sommo sacerdote che sacrifica se stesso per la nostra salvezza al posto degli agnelli e dei capri degli olocausti del Tempio (vedi Lettera agli Ebrei). Scrive R. che l'Ultima Cena "significa l'anticipazione della sua morte e resurrezione. Ciò significa la trasfformazione di un atto di crudeltà umana in un atto d'amore e di offerta di sé". Offerta, per che cosa? Forse lo dice nel resto della pagina? Sacrificio di espiazione e propiziatorio?
Non è poi corretto rappresentare la crocifissione come "un atto di crudeltà umana", come se si fosse trattato di un atto ingiustificato, messo in atto da criminali. La crocifissione era una pena crudele, impartita da tutti gli Stati dell'antichità, per crimini particolarmente gravi, quali la ribellione, la corruzione dei costumi accompagnata da reati di vario tipo (processo dei Baccanali), la pirateria, da sempre una delle peggiori forme di delinquenza. Una pena crudele, per punire e per dissuadere, ma un atto legittimo di un'autorità legittima, dello Stato. Nel caso di Gesù era stata irrogata ingiustamente ma questo non la trasformava in un "atto di crudeltà" cioè in un atto la cui causa deve ritenersi solo la crudeltà umana, malvagità pura, immotivata.
La motivazione c'era, solo che era falsa. L'atto di crudeltà l'hanno compiuto i capi dei farisei, che hanno organizzato il falso processo di Gesù, e poi la scena madre di fronte a Pilato, a base di false accuse.
T.