Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 1 gennaio 2022

1° Gennaio – Ottava di Natale. La circoncisione del Signore

Commemoriamo e nello stesso tempo disseppelliamo i nostri tesori.
Il mistero di questo giorno
L’ottavo giorno dalla Nascita del Salvatore è giunto; i Magi si avvicinano a Betlemme; ancora cinque giorni, e la stella a fermerà sul luogo dove riposa il Bambino divino. Oggi, il Figlio dell’Uomo deve essere circonciso, e segnare, con questo primo sacrificio della sua carne innocente, l’ottavo giorno della sua vita mortale. Oggi gli sarà imposto un nome; e questo nome sarà quello di Gesù che vuol dire Salvatore. I misteri riempiono questo grande giorno; accogliamoli, e onoriamoli con tutta la religione e con tutta la tenerezza dei nostri cuori.

Ma questo giorno non è soltanto consacrato a onorare la Circoncisione di Gesù; il mistero della Circoncisione fa parte di un altro ancora maggiore, quello dell’Incarnazione e dell’Infanzia del Salvatore; mistero che non cessa di occupare la Chiesa non solo durante questa Ottava, ma anche nei quaranta giorni del Tempo di Natale. D’altra parte, l’imposizione del nome di Gesù deve essere glorificata con una solennità speciale, che presto celebreremo. Questo grande giorno fa posto ancora a un altro oggetto degno di commuovere la pietà dei fedeli. Tale oggetto è Maria, Madre di Dio. Oggi, la Chiesa celebra in modo speciale l’augusta prerogativa della divina Maternità conferita a una semplice creatura, cooperatrice della grande opera della salvezza degli uomini.

Un tempo la Santa Romana Chiesa celebrava due messe il primo gennaio: una per l’Ottava di Natale, l’altra in onore di Maria. In seguito, le ha riunite in una sola, come pure ha unito nel resto dell’Ufficio di questo giorno le testimonianze dell’ammirazione per il Figlio alle espressioni dell’ammirazione e della sua tenera fiducia per la Madre.

Per pagare il tributo di omaggi a Colei che ci ha dato l’Emmanuele, la Chiesa Greca non aspetta l’ottavo giorno dalla Nascita del Verbo fatto carne. Nella sua impazienza, consacra a Maria il giorno stesso che segue al Natale, il 26 dicembre, sotto il titolo di Sinassi della Madre di Dio, riunendo queste due solennità in una sola, di modo che onora santo Stefano solo il 27 dicembre.

La Maternità divina
Noi figli maggiori della Santa Romana Chiesa, effondiamo oggi tutto l’amore dei nostri cuori verso la Vergine Madre, e ci uniamo alla felicità che Ella prova per aver dato alla luce il Signore suo e nostro. Durante il sacro Tempo dell’Avvento, l’abbiamo considerata incinta della salvezza del mondo; abbiamo proclamato la suprema dignità del suo casto seno come un altro cielo offerto alla Maestà del Re dei secoli. Ora Ella ha dato alla luce il Dio bambino; lo adora, ma è la Madre sua. Ha il diritto di chiamarlo suo Figlio; e lui, per quanto Dio, la chiamerà con tutta verità sua Madre.

Non stupiamo dunque che la Chiesa esalti con tanto entusiasmo Maria e le sue grandezze. Comprendiamo al contrario che tutti gli elogi che essa può farle, tutti gli omaggi che può tributarle nel suo culto, rimangono sempre molto al di sotto di ciò che è dovuto alla Madre del Dio incarnato. Nessuno sulla terra arriverà mai a descrivere e nemmeno a comprendere quanta gloria racchiuda tale sublime prerogativa. Infatti, derivando la dignità di Maria dal fatto che è Madre di Dio, sarebbe necessario, per misurarla in tutta la sua estensione, comprendere prima la Divinità stessa. È a un Dio che Maria ha dato la natura umana; è un Dio che Ella ha per Figlio; è un Dio che si è onorato, di esserle sottomesso, secondo l’umanità. Il valore di così alta dignità in una semplice creatura non può dunque essere stimato se non riavvicinandolo alla suprema perfezione del grande Dio che si degna così di mettersi sotto la sua dipendenza. Prostriamoci dunque davanti alla Maestà del Signore; e umiliamoci davanti alla suprema dignità di colei che Egli si è scelta per Madre.

Se consideriamo ora i sentimenti che tale situazione ispirava a Maria riguardo al suo divin Figlio, rimarremo ancora confusi dalla sublimità del mistero. Quel Figlio che Ella allatta, che tiene fra le braccia, che stringe al cuore, lo ama perché è il frutto del suo seno; lo ama, perché è madre, e la madre ama il figlio come se stessa e più di se stessa; ma se passa a considerare la maestà infinita di Colui che si affida così al suo amore e alle sue carezze, trema e si sente quasi venir meno, fino a che il suo cuore di Madre la rassicura, al ricordo dei nove mesi che quel Bambino ha passato nel suo seno, e del sorriso filiale con il quale le sorrise nel momento in cui lo diede alla luce. Questi due grandi sentimenti, della religione e della maternità, si confondono in quel cuore su quell’unico e divino oggetto. Si può immaginare qualcosa di più sublime di questo stato di Maria Madre di Dio? E non avevamo ragione di dire che, per comprenderlo in tutta la sua realtà, bisognerebbe comprendere Dio stesso, il solo che poteva concepirlo nella sua infinita sapienza, e realizzarlo nella sua infinita potenza?

Madre di Dio! Ecco il mistero per la cui realizzazione il mondo era nell’attesa da tanti secoli; l’opera che, agli occhi di Dio, sorpassava infinitamente, come importanza, la creazione di un milione di mondi. Una creazione non è nulla per la sua potenza; egli dice, e tutte le cose sono fatte. Al contrario, perché una creatura diventasse Madre di Dio, egli ha dovuto non soltanto invertire tutte le leggi della natura col rendere feconda la verginità, ma porsi divinamente egli stesso in apporti di dipendenza, in rapporti di figliolanza riguardo alla fortunata creatura che ha scelta. Ha dovuto conferirle diritti su se stesso, accettare doveri verso di lei; in una parola, farne la Madre sua ed essere suo Figlio.

Da ciò deriva che i benefici di quella Incarnazione che dobbiamo all’amore del Verbo divino, potremo e dovremo, con giustizia, riferirli nel loro significato vero, benché inferiore, a Maria stessa. Se Ella è Madre di Dio, è perché ha consentito ad esserlo. Dio si è degnato non solo di aspettare quel consenso, ma di farne dipendere la venuta del suo figlio nella carne. Come il Verbo eterno pronunciò il FIAT sul caos, e la creazione usci dal nulla per rispondergli; cosi, mettendosi Dio in ascolto, Maria pronunciò anch’Ella il suo FIAT: sia fatto di me secondo la tua parola; e lo stesso Figlio di Dio ascese nel suo casto seno. Dobbiamo dunque il nostro Emmanuele dopo Dio, a Maria, la sua gloriosa Madre.

Questa necessità indispensabile d’una Madre di Dio, nel piano sublime della salvezza del mondo, doveva sconcertare gli artefici di quell’eresia che voleva distruggere la gloria del Figlio di Dio. Secondo Nestorio, Gesù non sarebbe stato che un uomo; la Madre sua non era dunque se non la madre d’un uomo: il mistero dell’Incarnazione era annullato. Di qui, l’antipatia della società cristiana contro un così odioso sistema. All’unisono, l’Oriente e l’Occidente proclamarono il Verbo fatto carne, nell’unità della persona, e Maria veramente Madre di Dio, Deipara, Theotocos, poiché ha dato alla luce Gesù Cristo. Era dunque giusto che a ricordo della grande vittoria riportata nel concilio di Efeso, e per testimoniare la tenera venerazione dei cristiani verso la Madre di Dio, si elevassero solenni monumenti che avrebbero attestato nei secoli futuri quella suprema manifestazione. Fu allora che cominciò nella Chiesa greca e latina la pia usanza di congiungere, nella solennità di Natale, la memoria della Madre al culto del Figlio. I giorni assegnati a tale commemorazione furono differenti, ma il pensiero di religione era lo stesso.

A Roma, il santo Papa Sisto III fece decorare l’arco trionfale della Chiesa di S. Maria ad Praesepe, la meravigliosa basilica di S. Maria Maggiore, con un immenso mosaico a gloria della Madre di Dio. Quella preziosa testimonianza della fede del V secolo è giunta fino a noi; e in mezzo a tutto l’insieme sul quale figurano, nella loro misteriosa ingenuità, gli avvenimenti narrati dalle Sacre Scritture e i simboli più venerabili, si può leggere ancora la nobile iscrizione con la quale il santo Pontefice dedicava quel segno della sua venerazione verso Maria, Madre di Dio, al popolo fedele: XISTUS EPISCOPUS PLEBI DEI.

Canti speciali furono composti anche a Roma per celebrare il grande mistero del Verbo fattosi uomo da Maria. Magnifici Responsori e Antifone vennero a servire d’espressione alla pietà della Chiesa e dei popoli, e hanno portato quell’espressione attraverso i secoli. Fra questi brani liturgici, vi sono delle Antifone che la Chiesa Greca canta con noi, nella sua lingua, in questi stessi giorni, e che attestano l’unità della fede come la comunità dei sentimenti, davanti al grande mistero del Verbo incarnato.

Messa
La Stazione è a S. Maria in Trastevere. Era giusto che si glorificasse questa Basilica che fu sempre venerabile fra quelle che la pietà cattolica ha consacrate a Maria. È la più antica fra le Chiese di Roma dedicate alla Santa Vergine, e fu consacrata da san Callisto, fin dal secolo III, nell’antica Taberna Meritoria, luogo celebre presso gli stessi autori pagani per la fontana d’olio che ne scaturì, sotto il regno d’Augusto, e scorse fino al Tevere. La pietà dei popoli ha voluto vedere in quell’avvenimento un simbolo del Cristo (unctus) che doveva presto nascere; e la Basilica porta ancora oggi il titolo di Fons olei [1].

Epistola (Tt 2,11-15)
Carissimo: Apparve la grazia di Dio nostro Salvatore a tutti gli uomini, e ci ha insegnato a rinunziare all’empietà ed ai mondani desideri, per vivere con temperanza, giustizia e pietà in questo mondo, attendendo la beata speranza, la manifestazione gloriosa del gran Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo: il quale diede se stesso per noi, affine di riscattarci da ogni iniquità e purificarci un popolo tutto suo, zelatore di opere buone. Così insegna ed esorta: in Gesù Cristo Signor nostro.

In questo giorno, nel quale noi facciamo cominciare l’anno civile, i consigli del grande Apostolo vengono a proposito per avvertire i fedeli dell’obbligo che hanno di santificare il tempo che è loro dato. Rinunciamo ai desideri del secolo; viviamo con sobrietà con giustizia e con pietà; e nulla ci distragga dall’attesa della beatitudine che tutti speriamo. Il grande Dio e Salvatore Gesù Cristo, che appare in questi giorni nella sua misericordia per ammaestrarci, ritornerà nella sua gloria per ricompensarci. Il progredire del tempo ci avverte che il giorno si avvicina; purifichiamoci e diventiamo un popolo accetto agli occhi del Redentore, un popolo intento alle opere buone.

Vangelo (Lc 2,21)
In quel tempo: Come passarono gli otto giorni per la circoncisione del fanciullo, gli fu posto nome Gesù, com’era stato chiamato dall’Angelo prima che nel seno materno fosse concepito.

Il Bambino è circonciso; non appartiene più soltanto alla natura umana, ma diventa, per tale simbolo, membro del popolo eletto e consacrato al divino servizio. Egli si sottomette a quella cerimonia penosa, a quel segno di servitù, per compiere ogni giustizia. Riceve in cambio il nome di Gesù, nome che vuol dire Salvatore; Egli ci salverà dunque, ma ci salverà con il suo sangue. Ecco la volontà divina accettata da lui. La presenza del Verbo incarnato sulla terra ha per fine un sacrificio, e questo sacrificio comincia già. Potrebbe essere pieno e perfetto con quella sola effusione del sangue d’un Dio-Uomo; ma l’insensibilità del peccatore, del quale l’Emmanuele è venuto a conquistare l’anima, è così profonda che i suoi occhi contempleranno troppo spesso, senza che egli si commuova, l’abbondanza del sangue divino che è scorso sulla croce. Le poche gocce del sangue della circoncisione sarebbero bastate alla giustizia del Padre, ma non bastano alla miseria dell’uomo; e il cuore del divino Bambino vuole soprattutto guarire questa miseria. Per questo appunto Egli viene; e amerà gli uomini fino all’eccesso, perché non vuole portare invano il nome di Gesù.

* * *
Consideriamo, in questo ottavo giorno dalla Nascita del divino Bambino, il grande mistero della Circoncisione che si opera nella sua carne. Oggi la terra vede scorrere le primizie del sangue che deve riscattarla; oggi il celeste Agnello, che deve espiare i nostri peccati, comincia a soffrire per noi. Compatiamo l’Emmanuele, che si offre con tanta dolcezza allo strumento che deve imprimergli un segno di servitù.

Maria, che ha vegliato su di lui con tanta sollecitudine, ha visto venire l’ora delle prime sofferenze del suo Figlio con una dolorosa stretta al suo cuore materno. Sente che la giustizia di Dio potrebbe fare a meno di esigere quel primo sacrificio, oppure accontentarsi del prezzo infinito che esso racchiude per la salvezza del mondo, e tuttavia, bisogna che la carne innocente del suo Figlio sia già lacerata, e che il suo sangue scorra sulle delicate membra.

Ella vede, desolata, i preparativi di quella rozza cerimonia; non può né fuggire né considerare il suo Figlio nelle angosce di quel primo dolore. Bisogna che oda i suoi sospiri, il suo gemito di pianto, e veda scendere le lacrime sulle sue tenere gote. “Ma mentre egli piange – dice san Bonaventura – credi tu che la Madre sua possa contenere le lacrime? Essa stessa dunque pianse. E vedendola così piangere, il Figlio suo, che stava ritto sul suo grembo, portava la manina sulla bocca e sul viso della Madre, come per farle segno di non piangere, perché Colei che egli amava teneramente, la voleva vedere cessare di piangere. Similmente da parte sua la dolce Madre, le cui viscere erano fortemente commosse dal dolore e dalle lacrime del suo Figliuolo, lo consolava con i gesti e con le parole. Infatti, siccome era molto prudente, essa intendeva bene la sua volontà, per quanto ancora non parlasse. E diceva: Figlio mio, se vuoi che io smetta di piangere, smetti anche tu, perché non posso fare a meno di piangere anch’io se piangi tu. E allora, per compassione verso la Madre, il Figlioletto cessava di singhiozzare. La Madre gli asciugava quindi gli occhi, metteva il suo viso a contatto con quello di lui, lo allattava e lo consolava in tutti i modi che poteva” [2].

Ora, che cosa renderemo noi al Salvatore delle anime nostre per la Circoncisione che si è degnato di soffrire onde mostrarci il suo amore? Dovremo seguire il consiglio dell’Apostolo (Col 2,2) e circoncidere il nostro cuore da tutti i suoi affetti cattivi, sradicarne il peccato con tutte le sue cupidigie, vivere infine di quella vita nuova di cui Gesù Bambino ci reca dal ciclo il semplice e sublime modello. Cerchiamo di consolarlo di questo primo dolore, e rendiamoci sempre più disposti agli esempi che egli ci dà.

Preghiamo
O Dio, che per la feconda verginità della beata Vergine Maria hai procurato al genere umano il prezzo dell’eterna salvezza; concedici, te ne preghiamo, di sentire l’intercessione di Colei che ci offrì in dono l’autore della vita, nostro Signor Gesù Cristo.
(da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. – I. Avvento – Natale – Quaresima – Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 177-183)
________________________________
[1] Fino all’VIII secolo, il primo giorno dell’anno si celebrava con una festa pagana. La Chiesa la sostituì, fra il 600 e il 657, con una festa cristiana, l’Octava Domini; era una nuova festa di Natale con uno speciale ricordo dedicato a Marla, Madre di Gesù, e la Stazione si faceva a S. Marla ad Martyres, il Pantheon d’Agrippa. Questa festa sarebbe, a giudizio di alcuni, la prima festa mariana della liturgia romana (Ephem. Liturg. t. 47, p. 430). I calendari bizantini dell’VIII e del IX secolo, e prima ancora il canone 17 del Concilio di Tours tenutosi nel 567 e il Martirologio gerominiano (fine del VI secolo) indicano, per il 1° gennaio, la festa della Circoncisione. Inoltre, nel paesi ielle Gallie si digiunava in quel giorno per distogliere i fedeli dalle feste pagane del 1° gennaio. Solo nel IX secolo la Chiesa Romana accetta la festa della Circoncisione: si ebbe allora doppio Ufficio e doppia Stazione, una delle quali a San Pietro.
[2] Meditazioni sulla Vita di Gesù Cristo, Vol. I.

22 commenti:

Anonimo ha detto...

OTTAVA DI NATALE


INTRÓITUS
Is. 9, 6 - Puer natus est nobis, et fílius datus est nobis, cuius impérium super húmerum eius: et vocábitur nomen eius magni consílii Ángelus. Ps. 97, 1 - Cantáte Dómino cánticum novum: quia mirabília fecit. Glória Patri… Is. 9, 6 - Puer natus est nobis…

Isaia 9, 6 - Ci è nato un bambino, ci è stato dato un figlio, il cui impero poggia sugli ómeri suoi: e il suo nome sarà: Angelo del buon consiglio. Sal. 97, 1 - Cantate al Signore un cantico nuovo: perché ha fatto cose mirabili. Gloria al Padre… Isaia 9, 6 - Ci è nato un bambino…

S. MESSA CON GLÓRIA

ORÁTIO
Deus, qui salútis ætérnæ, beátæ Mariæ virginitáte foecúnda, humáno géneri præmia præstitísti: tríbue, quæsumus: ut ipsam pro nobis intercédere sentiámus, per quam merúimus auctórem vitæ suscípere, Dóminum nostrum Iesum Christum Fílium tuum: Qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sæcula sæculórum.
M. - Amen.

O Dio, che mediante la feconda verginità della beata Maria, hai conferito al genere umano il beneficio dell’eterna salvezza: concédici, Te ne preghiamo: di sperimentare in nostro favore l’intercessione di Colei per mezzo della quale ci fu dato di ricevere l’autore della vita: il Signore nostro Gesù Cristo, tuo Figlio: Che è Dio, e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli.
M. - Amen.

EPISTOLA
Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Titum, 2, 11-15

Caríssime: Appáruit grátia Dei Salvatóris nostri ómnibus homínibus, erúdiens nos, ut abnegántes impietátem et sæculária desidéria, sóbrie, et iuste, et pie vivámus in hoc sæculo, exspectántes beátam spem et advéntum glóriæ magni Dei et Salvatóris nostri Iesu Christi: qui dedit semetípsum pro nobis: ut nos redímeret ab omni iniquitáte, et mundáret sibi pópulum acceptábilem, sectatórem bonórum óperum. Hæc lóquere, et exhortáre: in Christo Iesu Dómino nostro.
M. - Deo grátias.

Fratelli: è apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo; il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone. Questo devi insegnare, raccomandare e rimproverare con tutta autorità. Nessuno osi disprezzarti!
M. - Deo grátias.

Anonimo ha detto...

GRADUALE
Ps. 97, 3-4 et 2 - Vidérunt omnes fines terræ salutáre Dei nostri: iubiláte Deo, omnis terra. Notum fecit Dóminus salutáre suum: ante conspéctum géntium revelávit iustítiam suam.

Sal. 97, 3-4 e 2 - Tutti i confini della terra videro la salvezza del nostro Dio: acclami a Dio tutta la terra. Il Signore ci fece conoscere la sua salvezza: agli occhi delle genti rivelò la sua giustizia.

ALLELÚIA
Allelúia, allelúia.
Heb. 1, 1-2 - Multifárie olim Deus loquens pátribus in prophétis, novíssime diébus istis. locútus est nobis in Fílio. Allelúia.

Allelúia, allelúia. Ebrei 1, 1-2 - Un tempo Iddio parlò in molti modi ai nostri padri per mezzo dei profeti, ultima mente in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio. Allelúia.

EVANGÉLIUM
Sequéntia S. Evangélii secundum Lucam, 2, 21

In illo témpore: Postquam consummáti sunt dies octo, ut circumciderétur puer: vocátum est nomen eius Iesus, quod vocátum est ab Ángelo priúsquam in útero conciperétur.
M. - Laus tibi Christe.

In quel tempo: quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.
M. - Laus tibi Christe.

ANTÍPHONA AD OFFERTÓRIUM
Ps. 88, 12 et 15 - Tui sunt coeli, et tua est terra, orbem terrárum, et plenitúdinem eius tu fundásti: iustítia et iudícium præparátio sedis tuæ.

Sal. 88, 12 e 15 - Tuoi sono i cieli e tua è la terra: Tu hai fondato il mondo e quanto vi si contiene: la giustizia e l’equità sono le basi del tuo trono.

SECRÉTA
Munéribus nostris, quæsumus, Dómine, precibúsque suscéptis, et coeléstibus nos munda mystériis, et cleménter exáudi. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat, in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sæcula sæculórum.
M. - Amen.

Ti preghiamo, o Signore, affinché gradite queste nostre offerte e preghiere, Ti degni di mondarci con questi celesti misteri e pietosamente di esaudirci. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli.
M. Amen.

PREFAZIO COMMUNICANTES DI NATALE

COMMÚNIO
Ps. 97, 3 - Vidérunt omnes fines terræ salutáre Dei nostri.
Sal. 97, 3 - Tutti i confini della terra videro la salvezza del nostro Dio.

POSTCOMMÚNIO
Hæc nos commúnio, Dómine, purget a crímine: et, intercedénte beáta Vírgine Dei Genitríce Maria, coeléstis remédii fáciat esse consórtes. Per eúmdem Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat, in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sæcula sæculórum.
M. - Amen.

Questa comunione, o Signore, ci purífichi dal peccato e, per intercessione della beata Vergine Maria Madre di Dio, ci faccia partecipi del celeste rimedio. Per lo stesso Signore nostro Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli.
M. Amen.

Per completezza: prefazio di Natale ha detto...

Præfatio
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.
V. Grátias agámus Dómino, Deo nostro.
R. Dignum et iustum est.

de Nativitate Domini
Vere dignum et iustum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium nova mentis nostræ óculis lux tuæ claritátis infúlsit: ut, dum visibíliter Deum cognóscimus, per hunc in invisibílium amorem rapiámur. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia cæléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes.

Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Anonimo ha detto...

"Disseppellire" e' il verbo piu' appropriato.

Anonimo ha detto...

Buon anno nuovo. Lo auguro a tutti, con tutto il cuore. Sarà un anno difficile, forse il più difficile di tutti. Ma noi abbiamo una stella sicura, la nostra Fede in Gesù Cristo.

Vi invito a leggere questo breve scritto profetico del beato Fulton J. Sheen, il vescovo statunitense salito al Cielo nel 1979. Ci aiuta a capire i tempi che stiamo vivendo e la portata della battaglia in corso.

“Il prossimo conflitto avverrà tra Religione di Dio e Religione di Stato, tra Cristo e Anticristo: quest’ultimo travestito da capo politico”

Mai prima d’ora nella storia umana il potere spirituale è stato così indifeso contro il potere politico; mai prima d’ora il potere politico ha usurpato in tanta misura il potere spirituale. Fu Gesù Cristo a patire sotto Ponzio Pilato; non fu Ponzio Pilato a patire sotto Gesù Cristo. Oggi, il vero pericolo non è la religione nella politica, ma la politica nella religione.

Per la prima volta nella storia del Cristianesimo, la politica, che iniziò con il dividersi dalla morale e dalla religione, ha capito che l’uomo non può vivere di solo pane, così ha tentato di catturare l’anima, attraverso ciascuna delle parole uscite dalla bocca di un Dittatore.

Per la prima volta nella civiltà occidentale Cristiana il regno dell’Anticristo ha acquistato forma politica e sostanza sociale, sovrastando e combattendo il Cristianesimo nella propria essenza di Anti-chiesa: con i propri dogmi, le proprie scritture, la propria infallibilità, la propria gerarchia, il proprio capo visibile, i propri missionari, e il proprio capo invisibile, troppo terribile perché se ne pronunci il nome.

Ai nostri giorni, in certe nazioni la religione esiste soltanto in quanto tollerata da un dittatore politico. Senza perseguitare attivamente la Chiesa, ne usurpa le funzioni, concede le tessere del pane solo a quelli che cospirano contro la religione, tenta di creare un’uniformità ideologica sopprimendo chiunque si opponga a questa ideologia, e, con il solo peso della propaganda di Stato, intende effettuare l’organizzazione sociale delle masse su una base meramente secolare e anti-religiosa.

L’istruzione, oggigiorno, si va politicizzando. Lo Stato moderno estende il proprio dominio su zone estranee alla propria giurisdizione: sulla famiglia, sull’educazione, sull’anima. Specialmente pericolosa diventa la concentrazione dell’opinione pubblica in un numero sempre più ristretto di persone, data la meccanicità con cui si può disseminare la propaganda. I contorni acquistano una crudezza particolare.

Il prossimo conflitto avverrà tra Religione di Dio e Religione di Stato, tra Cristo e Anticristo: quest’ultimo travestito da capo politico.

(Fulton J. Sheen, da “Characters of the passion” 1947)

..disseppellire . ha detto...

Miserere mei deus
14 nov 2007
https://www.youtube.com/watch?v=zd4HElJ1fS4
Educati al bello e santo : chissa' che trauma ...si saranno ripresi ?

Anonimo ha detto...

“Cristo Signore nostro..., per riscattarci dal peso della legge, secondo la legge fu circonciso.
Affermò così il valore dell'antico precetto, ma al tempo stesso rinnovò la natura dell'uomo liberandola da ogni impaccio e da ogni residuo del peccato.
Senza disprezzo per il mondo antico diede principio al nuovo; nell' ossequio alla legge divenne legislatore e, portando nella povertà della nostra natura la sua divina ricchezza, elargì nuova sostanza al mistero dei vecchi riti."
(dal Prefazio della Solennità nell'Ottava del Natale, Circoncisione del Signore)
Il genio del rito ambrosiano.

Per dare principio al nuovo, occorre compiere l’antico.

Senza dimenticanze o cancellazioni.

Essere fedeli alla legge, così come si può, perché il suo peso si faccia leggero.

E risplenda la sostanza sotto la polvere dei riti.

Senza disprezzo per la forma, che plasmò il passato, e rese possibile il nuovo.

Così per la vita minuta e greve
di ciascuno.

Che niente si cancelli, di ciò che ci ha portato fin qui.

In una misteriosa provvidenza, senza che noi lo volessimo.

Così guardare indietro è ricapitolazione e slancio.

Ad aprire la novità che mai finisce di accadere.

Tessuta della trama di ogni ieri.
Che si ricompone in un disegno sempre nuovo.

Così può dare inizio,
e conservare.

Senza opposizione alcuna.

E siano lieti i giorni,
quiete e placide le notti.

Di un’altra pace.

Caro al Cuore di Gesu': ha detto...

Feast of the Circumcision
Streaming avviato 23 minuti fa
ICKSP
https://www.youtube.com/watch?v=f9eES9wLp5M
Guardate questo piccolo ministrante come assolve bene il suo compito!

Anonimo ha detto...

ANNO NUOVO:CHE SAPPIA D’ANTICO.
Che l’anno nuovo sappia di antico.
L’antico è una “maniera di esistere”, non anchilosata, datata, superata.
Porta con sé altri valori, un campo semantico sontuoso : affidabilità, credibilità, coerenza, fermezza non autoritaria ma autorevole, forza del carattere, ottimismo della volontà e della ragione, riservatezza, discrezione, generosità, nobiltà d’animo, gentilezza.
È possedere charme, stile, coltiva il buonsenso, la ragione mite, la meditazione, la moderazione, la tolleranza.
Ascolta il non detto, adora il silenzio, considera la cura dell’altro.
Antico è ciò che è prezioso; è la luce fioca che splende nel buio fitto: dobbiamo seguirla, perché pensavi di averla perduta ed invece potrà rischiarare gli angoli più reconditi.
È istante intensamente vissuto, che riscatta le mediocrità e il grigiore delle insignificanze attuali.
Occorre riconoscere il “vento dell’antico”: è quello dei poeti, di gente che sa fare il pane, che ama gli alberi, i fiori profumati ed odorosi, sente l’afflato del mare.
Antico è uno scrigno ove è custodito il tessuto pregiato di stati d’animo che abbiamo vissuto e che la nostalgia richiama, facendoci commuovere al ricordo che vorremmo sempre con noi: il tempo si dovrebbe fermare, non corrodere irreversibilmente, perché il presente è spreco di giorni, irresolutezza; è acefalo, senza un centro unificante: è scomposizione.
Antico è l’incanto: esprime eleganza, delicatezza, grazia, bellezza, tenerezza, comprensione verso le fragilità; si oppone alla arroganza, alla volgarità, alla maleducazione, a ogni forma di insensibilità, all’insana spregiudicatezza.
È “una parola senza confini”, che attraversa e taglia il tempo, un’emozione che si rinnova che cerca una desiderosa eternità.
È lentezza sapiente, finezza rara, carezza sul volto che sorride alla luna.
Antico è “delicato ricominciamento”.
“Senti allora, se pure ti ripetono che puoi fermarti a mezza via o in alto mare, che non c’è sosta per noi, ma strada, ancora strada, e che il cammino è sempre da ricominciare”.
L’antico, non come rammarico, ma come scelta di vita, come “un fiotto luminoso di giovinezza”.

(a margine del libro di Duccio Demetrio. All’antica. Una maniera di esistere).

Viator ha detto...

VENI CREATOR SPIRITUS

Inno che fa parte della liturgia della Pentecoste ed è in uso anche in tutte le orazioni, sia ufficiali e sia private, rivolte allo Spirito Santo. Recitandolo il primo giorno dell’anno, con l’intenzione di invocare lo Spirito Santo sull’anno che inizia, si lucra l’indulgenza plenaria.
Il Veni Creator non è di Sant'Ambrogio, sebbene il santo vi sia imitato; nemmeno è di S. Gregorio Magno, come s'è anche detto, non avendosene prova alcuna. I più antichi manoscritti che se ne conoscono non sono anteriori al sec. X, e perciò la sua data non può essere anteriore alla seconda metà o alla fine del sec. IX. Non può, dunque, ritenersene autore, come anche s'è detto già dal 1200, Carlomagno. Più probabile è la paternità di Rabano Mauro (morto nell'856), ma non si può stabilire con certezza. Il Wilmart, che per ultimo ha studiato il problema, lo ritiene "opera d'un poeta sconosciuto che fioriva sul tramonto del secolo nono", e, quindi, della rinascenza carolingia. Il Veni Creator, nella liturgia latina oggi in uso, ha subito alcune modificazioni metriche, come altri inni, e non riproduce la tradizione manoscritta.
La musica tradizionale di questo inno appartiene a quel tipo di canto, che i teorici del gregoriano chiamano concentus e, come avviene nella poesia strofica cristiana, è uguale per tutte le strofe. La melodia è del quarto tono autentico, e siccome abbraccia l'ambitus di una sesta, è di modo imperfetto. La sua andatura ha un carattere solenne, ma ardente, come dimostra la linea ascendente delle prime tre frasi; mentre la quarta frase conclude con una reverente discesa verso la nota tonale. Vi è aggiunta una breve frase per l'Amen.

Bibliografia: A. Wilmart, Aueurs spirituels et textes dévots du Moyen Âge latin, Parigi 1932.

Testo latino
Veni, creátor Spíritus,
mentes tuórum vísita,
imple supérna grátia,
quæ tu creásti péctora.

Qui díceris Paráclitus,
donum Dei, Altíssimi,
fons vivus, ignis, cáritas,
et spiritális únctio.
Tu septifórmis múnere,
dextræ Dei tu dígitus,
tu rite promíssum Patris,
sermóne ditans gúttura.
Accénde lumen sénsibus:
infúnde amórem córdibus:
infírma nostri córporis
virtúte firmans pérpeti.
Hostem repéllas lóngius,
pacémque dones prótinus:
ductóre sic te prævio
vitémus omne nóxium.
Per te sciámus da Patrem,
noscámus atque Fílium,
te utriúsque Spíritum
credámus omni témpore.
Deo Patri sit gloria,
et Filio, qui a mortuis
surrexit, ac Paraclito,
in saeculorum saecula.
Amen.

Nel Graduale Romanum, 1974, viene riportata anche questa preghiera:
V. Emitte Spiritum tuum et creabuntur. (T.P. AllelUia.)
R. Et renovabis faciem terrae. (T.P. Alleluia.)
V. Oremus.
V. Deus, qui corda fidelium Sancti Spiritus illustratióne docuisti: + da nobis in eodem Spiritu recta sapere, * et de eius semper consolatione gaudere. Per Christum Dóminum nostrum.
R. Amen.

Anonimo ha detto...

Guardi che esistono i messalini..

Anonimo ha detto...

Il nome di Gesù è nome divino annunziato a Maria per parte di Dio da S. Gabriele: Et vocabis nomen eius Iesum (Luc. I, 31). Che perciò fu chiamato Nomen super omne nomen (Phil. II, 9). E fu chiamato nome in cui solamente si trova la salute: In quo oportet nos salvos fieri (Act. IV). Questo gran nome dallo Spirito Santo è assomigliato all’olio: Oleum effusum nomen tuum (Cant. I, 2). Per ragione, dice S. Bernardo, che siccome l’olio è luce, è cibo ed è medicina; così il nome di Gesù è luce alla mente, è cibo al cuore ed è medicina all’anima. È luce alla mente. Con questo nome si convertì il mondo dalle tenebre dell’idolatria alla luce della fede. Noi che siam nati in queste regioni, dove prima della venuta di Gesù Cristo tutti i nostri antenati erano gentili, tutti saremmo ancora tali, se non fosse venuto il Messia ad illuminarci. Quanto dobbiamo dunque ringraziare Gesù Cristo del dono della fede! E che sarebbe di noi, se fossimo nati nell’Asia, nell’Africa o nell’America, in mezzo agli eretici o scismatici? Chi non crede è perduto: Qui … non crediderit condemnabitur (Marc. XVI, 16). E così verisimilmente saremmo perduti noi ancora. - In oltre il nome di Gesù è cibo che pasce i nostri cuori; sì, perché questo nome ci ricorda quel che ha fatto Gesù per salvarci. Onde questo nome ci consola nelle tribolazioni, ci dà forza a camminare per la via della salute, ci dà animo nelle diffidenze, c’infiamma ad amare, ricordandoci quel che ha patito il nostro Redentore per salvarci. – Questo nome finalmente è medicina all’anima, mentre la rende forte contro le tentazioni de’ nostri nemici. Trema l’inferno e fugge all’invocazione di questo santo nome, secondo quel che disse l’Apostolo: In nomine eius omne genu flectatur caelestium, terrestrium et infernorum (Philipp. II, 10). Chi è tentato e chiama Gesù, non cade; e sempre che l’invocherà, non caderà e sarà salvo: Laudans invocabo Dominum, et ab inimicis meis salvus ero (Ps. XVII, 4). E chi mai s’è perduto, ch’essendo tentato ha invocato Gesù? Si perde chi non l’invoca in suo aiuto o chi persistendo la tentazione lascia d’invocarlo.

[Tratto da “Del nome di Gesù”, in “Meditazioni per l’ottava di Natale e per gli altri giorni sino all’Epifania” di di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori]

Santa festa della Circoncisione di Nostro Signore Gesù Cristo e Ottava del Suo Natale a tutti voi!

..disseppellire ha detto...

La gran parte delle nuove generazioni conosce/sa dell'esistenza dei messalini?

Anonimo ha detto...

No, nel modo più assoluto. Già negli anni 80 del secolo scorso, quando nel 1984-85 mi trovavo al servizio militare alla Caserma Piave di Padova e quindi avevo l'opportunità di frequentare le cerimonie in S. Simon Piccolo, a Venezia (l'ultima Messa celebrata dalla Fraternità S. Pio X fu il 15 settembre 1985,festa dell'Addolorata), i miei camerati non sapevano dell'esistenza della S. Messa di sempre e ascoltavano incuriositi i miei racconti al riguardo. Qualche mese fa, invece, un ragazzo, convinto che la S. Messa di sempre sia la messa-cena protestante moderna, mi ha chiesto se c'è la S. Comunione e la stretta di mano!
Una delle mie gioie più grandi è quella di aver fatto conoscere e amare il S. Sacrificio della Messa ad alcuni giovani, i quali di esso si sono innamorati. Dopo anni di completo abbandono di ogni pratica religiosa, grazie al S. Sacrificio della Messa, la loro vita spirituale è rifiorita rigogliosamente.
Se per altre questioni non è il caso di coltivare pie illusioni, riguardo al S. Sacrificio della Messa invece possiamo essere certi che esso ritornerà a risplendere ovunque e che la pagliacciata della nuova messa-cena protestante finirà miseramente. La rinascita del mondo sarà innanzitutto spirituale e strettamente legata alla S. Messa di sempre.

mic ha detto...

Guardi che esistono i messalini..

Se pubblico certi post e anche certi articoli per 'disseppellire', è proprio perché i nostri tesori sono stati sepolti e rischierebbero l'oblìo definitivo.
Quanto ai messalini, li conosce solo il ristretto numero di fedeli legati alla tradizione e non tutti i lettori del blog lo sono. E mi risulta che sono in tanti a gioire per la riscoperta, quando non per la scoperta, delle radici della propria fede!

Anonimo ha detto...

Trovo essenziale tornare all'ABC, ci sono ricchezze che, anche se non state fisicamente sepolte, ripetute sempre a macchinetta senza nessuna consapevolezza di quello che si dice sono cadeverini che escono dalla bocca. Meglio il rock!

mic ha detto...

Beh, non è che si debba sempre insistere sull'ABC che da queste parti è già ampiamente ribadito... Inoltre lo stesso ABC ancor più rifulge quando si va ad approfondire!

mic ha detto...

... chi ha orecchie per intendere,
di fronte alle ricchezze riproposte, non le sente ripetute a macchinetta, anche se non ha mai approfondito... i cadaverini restano tali persino quanto all'ABC per chi non ha orecchi per intendere : la giusta disposizione... E poi vogliamo mettere limiti alla Grazia di Dio?

Anonimo ha detto...

Il mio appunto partiva solo dall'ABC per rendere più chiaro a tutti l'importanza di un'articolazione delle parole che sia ad un tempo suono e significato articolato pieno, chiaro, consapevole e comprensibile poiché siamo sempre in ambito del Verbo Vivente. Non si escludono gli approfondimenti, la giusta disposizione né la Grazia di Dio, ma si sottolinea l'importanza di una pronuncia pienamente 'umana'non trasandata, né artefatta, che sappia riscoprire di volta in volta la vita, il significato, questo sì di volta in volta sempre a nuovo riscoperto quindi approfondito, di quello che si dice. Questo esercizio lo si può e lo si deve cominciare con l'ABC, il Rosario ad esempio, oppure le preghiere del mattino e/o della sera. Una volta la lettura anche solo personale veniva fatta ad alta voce, questo certamente nei conventi, ma anche ora quando si comincia a leggere è d'uso farlo ad alta voce, così quando si memorizza una poesia. In questo leggere e memorizzare è implicita una sorta di meditazione immaginativa della parola,dei segni che la dicono, del significato che veicolano,delle immagini personali che suscitano.
Quelle parole non solo diventano nostre, ma ne approfondiamo di volta in volta il significato e le capiamo meglio. Certo col tempo la parola conosciuta rischia di consumarsi e venir ripetuta meccanicamente, a macchinetta appunto, per questo è necessaria tutta la nostra amorevole attenzione per rinverdirla ogni volta con la cura che richiede il muoversi nel regno del Verbo vivente.
Ma questo non è solo una questione religiosa è una questione pienamente umana. Non stiamo noi discutendo del linguaggio in questi giorni? parole che sostituiscono altre parole allo scopo di cambiare il nostro stesso modo di essere? di pensare? di credere? Il riappropriarci della nostra identità di persone e di popolo passa per la strada delle parole veritiere e chiaramente scandite, articolate, sempre di nuovo approfondite col il cuore e con la mente di ognuno e pacatamente pronunciate in tutta la loro autentica vitalità e con il nostro amorevole rispetto.

Ne ha sentito parlare... ha detto...

Confermo ( nel caso ce ne fosse bisogno) quanto espresso da Mic e dal lettore del 2 gennaio 2022 11:29. Il giovane tabaccaio che esercitava sotto il mio stabile ha venduto la licenza per rimettersi a studiare. Nel salutarlo mi ha rivelato che vuol riprendere i suoi studi universitari al fine di insegnare Religione, al che l'ho invitato a venire alla Messa V.O. a Sant'Anna . Risposta dello stesso :" La Messa in latino? Sì, ne ho sentito parlare"..
Eta'dell'ex tabaccaio = intorno ai 45 anni
Ho avuto l'impressione che non gli interessasse.
Cosa andra' ad insegnare se il suo sogno andra' in porto?
Desumo : storia delle religioni.

Anonimo ha detto...

P.S.
Grazie Mic per aver dissepolto, portato e/o ri-portato alla luce molto del nostro patrimonio cristiano cattolico e per tutti i vari articoli di informazione e/o di riflessione. E' come l'agricoltore che ara la terra , prima o poi con l'aiuto del Buon Dio la semente attecchira'!

Anonimo ha detto...

La vera professione di fede è quella urlata dall'abisso del dolore, dal silenzio della solitudine, dal paradosso dell'incredulità. Oppure è quella appena sussurrata dal mite, dall'umile di cuore e dal povero in spirito.
Il resto è solo tiepida e vaga adesione sentimentale, culturale e intellettuale.
Il resto, in gran parte, siamo noi.