Il presepe fantasma, monumento all’Europa
che si vergogna di avere un volto
Che metafora perfetta: il vuoto è il nuovo pieno. E il mondo inclusivo lavora al Gesù profugo climatico siriano con tre mogli e trasformerà la capanna in una kaaba. Hanno vinto senza sparare un colpo
Che capolavoro!
Ecco il monumento più sincero che l’Europa abbia mai eretto a se stessa. Un monumento alla nostra viltà.
A Bruxelles è arrivato il presepe nella Grand Place e le tradizionali figure della Natività sono sostituite da manichini realizzati con stracci riciclati. I volti di Maria, Giuseppe, Gesù bambino e i Re Magi sono cancellati a favore di tessuto beige e marrone. Un mix inclusivo di “tutti i colori della pelle” è stato scelto “affinché tutti possano vedersi rappresentati”.
“Un cristianesimo compatibile con la sharia”, ha ironizzato l’antropologa Florence Bergeaud-Blackler. “La violenza simbolica di questo presepe, che si erge nella Grand-Place di Bruxelles, senza volto, letteralmente sfigurato in nome di un’inclusività salafita, cancella la specificità iconografica del mondo cristiano e, più in generale, della cultura occidentale”, sostiene la filosofa Valérie Kokoszka.
Tradotto per i profani: il cristianesimo reso compatibile con la sharia, quella legge coranica che vieta le raffigurazioni umane per non idolatrare l’uomo al posto di Allah. Brava Florence, hai centrato il bersaglio. Non è un caso che in Arabia Saudita o in Iran le statue vengano decapitate o fatte esplodere, e ora eccoci qui, a Bruxelles, a fare lo stesso per “inclusività”.
Se domani un gruppo di cattolici andasse in Arabia Saudita a pretendere un presepe in piazza a Riad, li farebbero a pezzi in dieci minuti netti.
Immaginate se facessimo lo stesso con l’Eid in Europa: niente mezzelune, niente dolci, solo pupazzi neutri per non offendere i cristiani. Risate inclusive? No, urla di razzismo dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu.
A Holsbeek, Bruxelles, non era stato allestito il presepe per “non offendere i musulmani”. Nella Grand Place della capitale europea avevano già installato un albero di Natale scristianizzato.
Ma chi è questo “altro” che si offende se Gesù ha un volto? La risposta è ovvia, anche se nessuno osa dirla ad alta voce nei corridoi del potere europeo: la legge islamica salafita e wahhabita, che considera haram (proibita) qualsiasi raffigurazione realistica di esseri umani, soprattutto profeti e figure sacre.
Che fare allora? Un presepe islamicamente corretto che sembra uscito da un campo di concentramento dell’arte contemporanea: pupazzi senza identità, senza anima, senza storia.
Niente facce, niente croci, niente che ricordi che il presepe è roba cristiana, non un buffet halal per anime sensibili.
Facce cancellate, come se fossero testimoni protetti in un processo contro la mafia salafita. Bruxelles non ha più un presepe. Ha un sudario. E noi europei ci stiamo avvolgendo dentro, tranquilli, sorridenti, inclusivi, mentre il mondo ride di noi.
Nel cuore della capitale d’Europa, davanti al Palazzo del Berlaymont, è comparso il presepe più onesto che il Vecchio Continente potesse partorire: un presepe senza Gesù, senza Madonna, senza Giuseppe, senza pastori, senza angeli. Niente facce. Letteralmente. È la resa definitiva. Il modo migliore per non offendere nessuno è non essere nessuno.
Il sindaco socialista Philippe Close, maestro nel parlare senza dire nulla, ha liquidato la polemica con la solita litania progressista: “Progetto ecosostenibile e inclusivo”. Inclusivo di chi, esattamente? Dei cattolici che vedono la loro festa più importante ridotta a un’installazione neutra da centro commerciale scandinavo? Degli atei che se ne fregano? O dei salafiti che, guarda caso, ottengono esattamente ciò che la loro dottrina esige: niente volti, niente immagini, niente che ricordi che questa terra è stata cristiana per duemila anni?
C’era una volta il paese dell’Adorazione dell’agnello di Van Eyck, della Madonna di Bruges di Michelangelo, dei quadri di Bruegel, della cattedrale di Anversa, del cane di Sant’Uberto e dell’Università di Lovanio (fondata da Papa Martino V).
Dunque fare un vero presepe si aggiunge alla lista delle cose che non potete più fare in una capitale europea caduta all’Islam, come portare la kippah o presentare un libro controverso in una libreria.
Ecco una schifezza di pupazzi di stoffa riciclata che sembrano i fantasmi di Guantanamo in versione soft. Gesù è un sacco informe che potrebbe essere un neonato, un cuscino o un pacco di kebab avanzato. Maria sembra un burqa. Un orrore che fa paura ai bambini e fa ridere i salafiti.
Non è una installazione natalizia. È una lapidazione simbolica.
È dhimmitudine in diretta, è il tributo che i vigliacchi pagano ai prepotenti. È il jihad più economico della storia: zero martiri, zero spese, solo qualche lacrima di coccodrillo inclusivo e Gesù finisce senza testa.
Pensateci: i musulmani non sono “ancora” maggioranza a Bruxelles, ma è la minoranza a dettare legge. Perché? Paura. Paura di fatwe, di no-go zone, di coltelli che volano per una vignetta. E i progressisti, quei campioni dell’uguaglianza, applaudono: “Bravi, inclusivi!”. Inclusivi un cavolo: è supremazia culturale camuffata da virtù. Il salafismo non è “diversità”, è regresso: donne velate, omosessuali lapidati, apostati impiccati. Ma guai a dirlo, sei islamofobo. Meglio decapitare Gesù che ammettere che l’Islam non è compatibile con la laicità che tanto decantiamo.
Caroline Sägesser, ricercatrice del Crisp belga, dice a L’Echo: “Bruxelles era in prima linea nella secolarizzazione prima di confrontarsi con una minoranza musulmana attiva. La prima religione a Bruxelles oggi è l’Islam. Questo ha ripercussioni nel dibattito politico, è logico”.
Non è più questione di “laicità”. È la cancellazione volontaria dell’identità. L’Europa che per duemila anni ha raccontato se stessa partendo da quella grotta di Betlemme, che oggi è venerata in Occidente meno di un tunnel di Hamas, tira giù la saracinesca e chiede scusa per essere esistita.
L’Occidente, terrorizzato dalla propria ombra, si autocensura per non urtare la “sensibilità” di chi, invece, non ha alcun problema a imporre la propria.
E il bello è che lo fanno con il sorriso ipocrita dell’inclusività. “Non è censura, è rispetto!”, strillano i benpensanti. Rispetto per chi? Per una minoranza che cresce demograficamente a ritmi vertiginosi e che, in molti casi, non ha la minima intenzione di integrarsi, ma solo di sostituire?
Ci mancava soltanto un cartello che lampeggia: “Questo spazio è vuoto perché voi non meritate di avere una storia”.
Una capanna di compensato riciclato (certificato C02-neutral) con dentro: niente.
Proprio niente. Legno recuperato dai barconi di Lampedusa? Sarebbe riciclaggio etico almeno, due piccioni con una fava: ecologia e senso di colpa incorporato. La capanna sembra uscita da un Ikea posseduto da Greta Thunberg.
Nemmeno il bue e l’asinello, perché gli animali potrebbero offendere i vegani e chi soffre di zoofobia.
Ecco il presepe più coraggioso della storia. Finalmente abbiamo sconfitto l’odio natalizio.
Le uniche figure presenti sono sagome di cartone ritagliate a forma di blob informe, colore beige inclusivo (“beige di Bruxelles”, quello che usano anche per le divise dei burocrati).
Un passante sussurra: “Ma allora è una moschea travestita da presepe?”.
Gli rispondono in coro: “No, è un presepe travestito da Europa”.
Il Bambino? Scomparso. Troppo cristiano, troppo bianco, troppo maschio, troppo… tutto.
La Madre? Eliminata. Una donna vergine che partorisce? Messaggio patriarcale tossico.
Giuseppe? Cancellato. Un uomo anziano che accetta di crescere il figlio di un altro? Modello familiare non abbastanza woke per il 2025.
I Re Magi? Impresentabili: tre uomini che portano oro, incenso e mirra. Roba da colonialisti.
È la metafora perfetta dell’Europa attuale: una culla senza bambino. Denatalità ai massimi, dice anche Mattarella.
Gesù: rimosso per “privilegio cis-maschio-bianco”. L’hanno mandato a Calais su un gommone. Tanto lì c’è ancora posto per i minori non accompagnati. Purché non si chiamino Gesù.
Maria: qualcuno propone di metterle un burqa con la scritta “My body, my choice, my sharia” in glitter.
Pastori: licenziati per rappresentazione classista del proletariato rurale.
Pecore: accusate di islamofobia (troppo simili al montone del kebab).
I Re Magi: condannati per reati di appropriazione culturale (oro africano, incenso arabo, mirra yemenita, tutto portato da uomini barbuti privilegiati).
Il bue e l’asinello: denunciati dalla Lega antivivisezione e da Hamas per “sfruttamento animale” e per “simbolismo ebraico troppo evidente”.
Una civiltà che ha deciso di non riprodursi più – né biologicamente né culturalmente – e che, per non sentire il rimorso, rimuove anche il ricordo di quando era capace di generare qualcosa di grande. Guardatelo bene, quel presepe senza volto: è il ritratto dell’uomo europeo del 2025.
Senza radici, senza sesso, senza storia, senza futuro.
A Molenbeek brindano con il tè alla menta: “Ancora dieci presepi così e ci ridanno pure la Spagna e la Sicilia”.
Standing ovation. Qualcuno singhiozza. È il commissario al Bilancio che ha appena scoperto quanto è costato il nulla.
Mi immagino quel bambino di cinque anni, portato lì dalla maestra per l’ora di educazione alla decristianizzazione, con la maglietta “Free Palestine From The River To The Kindergarten”, indica la capanna vuota e chiede: “Ma dove è Gesù?”. La maestra risponde: “Gesù è un costrutto sociale, tesoro. Oggi può essere chiunque. Qui adesso c’è il vuoto, che è molto più inclusivo di un ebreo. E Gesù può esserlo anche un profugo climatico siriano con tre mogli e un bonus bebè belga”.
I giornalisti di regime applaudono in piedi. Solo un cronista freelance osa fare la domanda sbagliata: “Ma non è un po’… vuoto?”.
Risposta corale delle autorità: “Esattamente! Il vuoto è il nuovo pieno”.
Un manichino ben vestito che chiede permesso prima di esistere, che si scusa per il solo fatto di essere nato qui e non altrove. Natale è diventato “festa delle luci”.
Presto sarà “festa del nulla”.
E quando anche le luci si spegneranno – perché consumano troppa CO₂ e offendono i talebani del clima – resterà solo la capanna vuota.
Benvenuti nell’Europa inclusiva. Dove tutti sono benvenuti, tranne noi. E fra vent’anni la Grand Place avrà una kaaba in miniatura.
Le Vif-L’Express (la principale testata giornalistica in lingua francese) ha pubblicato una prima pagina provocatoria intitolata “Bruxelles musulmana nel 2030”.
Nei centri culturali finanziati dal Qatar brindano con il succo d’arancia. Hanno vinto senza sparare un colpo: basta fare la faccia offesa per cinque minuti e l’Occidente si genuflette da solo. Siamo il continente che si scava la fossa e poi paga l’impresa funebre perché sia “eco-friendly”.
E mentre cala la sera, le luci a led della capanna si accendono di verde smeraldo. È l’ora della preghiera. I tappetini sono già pronti sotto il pavimento rimovibile. Il presepe vuoto diventa una moschea piena. Perché a Bruxelles il Natale dura cinque minuti, la preghiera cinque volte al giorno.
I pochi turisti cristiani vengono gentilmente invitati a togliersi le scarpe. Uno osa protestare. Gli agenti della Polizia del Pensiero gli spiegano: “Signore, qui vige la sharia light: o ti converti o paghi la tassa sul Natale”.
Un imam sussurra al microfono spento: “L’anno prossimo ci mettiamo direttamente il minareto, tanto la capanna già c’è”.
Si sa, in Europa c’è posto per tutti. Tranne che per chi c’era prima. Svegliamoci, prima che l’inclusività ci renda tutti senza volto.
Domani i titoli dei giornali: “Record storico: presepe con zero visitatori cristiani.
Obiettivo raggiunto”. Buon suicidio assistito, ex Europa. Firmato: i vostri padroni, che almeno loro un’identità ce l’hanno.
Giulio Meotti
Obiettivo raggiunto”. Buon suicidio assistito, ex Europa. Firmato: i vostri padroni, che almeno loro un’identità ce l’hanno.
Giulio Meotti

2 commenti:
Ma se non ci credono, che lo fanno a fare!
Quest'anno, sulla Grand Place di Bruxelles, le figure del presepe erano limitate a Gesù, Giuseppe, Maria e un asinello. La caratteristica di quest'anno è che le figure non avevano un volto. I loro volti sono sostituiti da un patchwork di tessuto multicolore, presumibilmente a rappresentare il multiculturalismo. L'aspetto sottile e perverso di tutto ciò è che in Francia, alcune bambole destinate ai bambini musulmani sono anch'esse senza volto. La spiegazione fornita è che solo Allah crea i volti, non l'uomo.
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