Molti eventi centrali della nostra fede si susseguono in questi giorni e la Chiesa con i suoi Riti millenari li ripercorre e li rivive per rendere gloria a Dio col culto che gli è dovuto che è anche efficace per l'edificazione del corpo mistico di Cristo Signore, La Sua Chiesa, noi fedeli. Ma quello oggetto della meditazione di Mons. Carlo Maria Viganò che trovate di seguito è fons e culmen di tutto. E ci aiuta a vivere questo tempo oscuro in Cristo Signore che ha attraversato la Passione e ha vinto la morte.
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Sacra Parasceve
Venerdì Santo, 15 aprile 2022
ASTITERUNT REGES TERRÆ, et principes convenerunt in unum, adversus Dominum, et adversus Christum ejus (Ps 2, 2). I re della terra e i principi si sono alleati contro il Signore e contro Cristo, declama lapidario il Salmo che dà inizio al primo Notturno dei Mattutini di oggi. Spezziamo le loro catene, gettiamo via da noi il loro giogo! Non è quel che vediamo accadere, sotto i nostri occhi, da tanto, troppo tempo? Non vogliono i potenti e le élite cancellare ogni vincolo con Dio, ribellarsi alla Sua santa Legge? Non cercano di sfigurare l’immagine del Creatore dalla creatura, e la somiglianza con la Trinità nell’uomo? E quante volte, noi stessi, siamo tentati di sottrarci al dolce giogo di Cristo, finendo per renderci schiavi del mondo, della carne, del diavolo?
Tutta la liturgia di oggi risuona dello sdegno della Maestà divina; dello sgomento del Padre provvidente dinanzi alla rivolta dei Suoi figli; del dolore del Figlio per l’ingratitudine dell’uomo; dell’amarezza del Paraclito per la folle ostinazione nel male di quanti si rendono ciechi alla Verità e sordi alla Parola di Dio.
Il silenzio della Sposa dell’Agnello, che ieri si è spogliata nei suoi altari ricordando la spartizione delle vesti del suo Signore, ci riporta alla severa liturgia del Calvario, alla solenne azione sacra della Passione, il cui divino Celebrante intonò l’antifona Deus, Deus meus, quare me dereliquisti? (Ps 21, 1), incompreso da quanti assistevano a quel rito. Eliam vocat iste, commentavano i presenti, ignari di aver dinanzi a sé quel Dio incarnato che portava a compimento, sotto i loro occhi increduli, proprio quanto Davide aveva profetato nel Salmo vigesimoprimo. Speravit in Domino, eripiat eum: salvum faciat eum, quoniam vult eum. Ed essi ripetevano, come leggiamo nel Passio, si Filius Dei es, descende de cruce! E ancora: Diviserunt sibi vestimenta mea, et super vestem meam miserunt sortem. Ai piedi della croce, i soldati si giocarono ai dadi la tunica inconsutile del Signore, senza sapere che con quel gesto essi prendevano parte alla sacra rappresentazione profetata dalla Scrittura.
Se sei Figlio di Dio, scendi dalla croce! Quanta stoltezza. Non capivano che proprio perché quell’uomo sfigurato dai tormenti del Pretorio, dalla flagellazione, dalla coronazione di spine, dalla salita al Golgota e dalla crocifissione era Figlio di Dio, non voleva scendere da quella croce. Il sacrificio di un uomo, anche il più eroico e atroce, mai avrebbe potuto riparare l’infinita gravità della colpa originale e dei peccati di tutti i tempi: per poterci riscattare da figli dell’ira e restaurarci nell’ordine della Grazia, occorreva che su quella croce morisse Dio, anzi l’Uomo-Dio, Colui che dall’eternità del tempo aveva risposto Ecce, venio alla voce del Padre; Colui in vista dell’Incarnazione del quale la divina Sapienza aveva preparato la Vergine Immacolata, degnissimo tabernacolo dell’Altissimo, Domus aurea, Arca della nuova ed eterna Alleanza, Sede della Sapienza. Foderunt manus meas et pedes meos: dinumeraverunt omnia ossa mea. E quelle mani santissime, quei piedi benedetti trafitti dai chiodi – quando l’uso romano prevedeva che il condannato venisse solo legato alla croce – avrebbero dovuto aprire gli occhi ad un popolo che nelle sinagoghe sentiva ripetere quelle parole, che i Sommi Sacerdoti conoscevano a memoria, che i dottori della Legge insegnavano ai giovinetti ebrei. Potaverunt me aceto, ammoniva il Salmo, mentre con una canna un soldato cercava di dar da bere al Signore morente.
Dovremmo chiederci se l’ignoranza del popolo ebraico a causa della corruzione del Sinedrio non suoni come tremendo monito per i Sommi Sacerdoti odierni, parimenti colpevoli dell’ignoranza del popolo cristiano; e se la minaccia che quelli vedevano nel mite Nazareno che compiva miracoli e predicava il Vangelo, al punto da tramare per mandarlo a morte per mano dell’autorità civile, non dovrebbe far tremare questi, che ancor oggi negano la divinità di Nostro Signore, che ancor oggi ricorrono ai re della terra e ai principi per impedire il Suo Regno, col solo intento di mantenere il potere e il prestigio sociale.
Vinea mea electa, ego te plantavi: quomodo conversa es in amaritudinem, ut me crucifigeres, et Barabbam dimitteres? Sepivi te, et lapides elegi ex te, et ædificavi turrim. Sono le parole del Responsorio del primo Notturno: O mia vigna prediletta, sono stato io a piantarti: come hai potuto darmi frutti amari, al punto da crocifiggermi e lasciar libero Barabba? Io ti ho recintata, ho tolto dal tuo terreno le pietre, vi ho costruito una torre di guardia. A questa vigna, coltivata con mille premure, la divina Sapienza grida il suo monito amorevole e straziato: Convertere ad Dominum Deum tuum, e lo ripete nello spasimo della Passione, nel contemplare il tradimento di Gerusalemme, l’apostasia di Israele. Tremiamo, cari figli, nel pensare quale può esser lo strazio del Nostro Salvatore al contemplare il tradimento di chi, redento nel Suo Preziosissimo Sangue e riacquistato a prezzo di mille patimenti, oggi manda nuovamente a morte il Signore e sceglie di liberare Barabba. Tamquam ad latronem existis cum gladiis et fustibus comprehendere me: quotidie apud vos eram in templo docens, et non me tenuistis: et ecce flagellatum ducitis ad crucifigendum. Ogni giorno abbiamo udito il Signore insegnare nelle nostre chiese, per bocca dei Suoi Ministri, ed oggi vi è chi si muove contro di Lui con spade e bastoni, come se si trattasse di un malfattore. Adversus Dominum, et adversus Christum ejus.
E se lo strazio del Signore tradito dai suoi, abbandonato dagli Apostoli, rinnegato e lasciato solo in balìa dei Suoi nemici non fosse sufficiente a commuoverci e a detestare le nostre infedeltà, pensiamo all’atroce dolore della Sua Santissima Madre, che quell’Uomo-Dio ha concepito, allattato, cresciuto, visto diventare adulto, accompagnato per trent’anni per vederlo tradito da coloro che maggiormente aveva beneficato, mandato a morire da coloro che pochi giorni prima Lo acclamavano come Figlio di David e Re di Israele.
Contempliamo l’Addolorata, il Cui Cuore Immacolato fu trafitto da una spada, rimanere in piedi sotto la Croce, assieme a San Giovanni. In quelle ore tremende la divina Maternità della Vergine Santissima dovette conoscere in modo unico ed intimo la Passione del Suo Figlio amatissimo, meritando Ella il titolo di Corredentrice. Al Suo strazio per le sofferenze di Nostro Signore si aggiunsero quelle per i nostri peccati, causa di tanto dolore del Salvatore. Ognuno di essi trafisse il Cuore Sacratissimo di Gesù e il Cuore Immacolato di Maria, unendo misticamente nella Passione il Figlio divino e la Madre purissima. Dovrebbe bastare questo, cari figli, per farci detestare i nostri peccati e per spronarci non solo a convertirci, ma a fare di ogni nostro respiro, di ogni palpito del nostro cuore, di ogni nostro pensiero un motivo di sollievo e di conforto per Loro, in spirito di riparazione e di espiazione.
Nel silenzio della Parasceve, quando la stessa natura assiste muta all’immolazione di Dio – di Dio! – quasi incredula dinanzi alla durezza di tanti cuori, prostriamoci dinanzi alla Croce, ripetendo con San Venanzio Fortunato le solenni parole dell’inno con cui accompagneremo il Santissimo Sacramento dal Sepolcro all’altare: O Crux, ave, spes unica! Pieghiamo il ginocchio al legno della salvezza consacrato dal novello Adamo. Salve ara, salve, victima: salute a te, altare; salute a te vittima. Beata, cujus brachiis pretium pependit sæculi: statera facta corporis, tulitque prædam tartari. Te beata, ai cui bracci fu appeso il prezzo del riscatto del mondo: sei divenuta bilancia del corpo che strappò all’inferno la sua preda.
Facciamo nostri i versi consolanti del Crux fidelis: Flecte ramos, arbor alta, tensa laxa viscera, et rigor lentescat ille quem dedit nativitas, ut superni membra regis mite tendas stipite. Piega i rami, albero sublime, per dar sollievo a quel corpo teso, e si pieghi quella rigidità che avesti dalla nascita, per concedere alle membra del Re celeste un tronco tenero. Pange, lingua, gloriosi lauream certaminis et super crucis trophæo dic triumphum nobilem, qualiter Redemptor orbis immolatus vicerit. Celebra, o lingua, la vittoria del glorioso combattimento, e racconta del nobile trionfo davanti al trofeo della croce: in che modo il Redentore del mondo, facendosi vittima, abbia vinto. E così sia.
+ Carlo Maria, Arcivescovo15 Aprile 2022
Feria VI in Parasceve
10 commenti:
"...Dovremmo chiederci se l’ignoranza del popolo ebraico a causa della corruzione del Sinedrio non suoni come tremendo monito per i Sommi Sacerdoti odierni, parimenti colpevoli dell’ignoranza del popolo cristiano; e se la minaccia che quelli vedevano nel mite Nazareno che compiva miracoli e predicava il Vangelo, al punto da tramare per mandarlo a morte per mano dell’autorità civile, non dovrebbe far tremare questi, che ancor oggi negano la divinità di Nostro Signore, che ancor oggi ricorrono ai re della terra e ai principi per impedire il Suo Regno, col solo intento di mantenere il potere e il prestigio sociale..."
"...non suoni come tremendo monito per i Sommi Sacerdoti odierni, parimenti colpevoli dell’ignoranza del popolo cristiano..."
"... dovrebbe far tremare questi, che ancor oggi negano la divinità di Nostro Signore, che ancor oggi ricorrono ai re della terra e ai principi per impedire il Suo Regno, col solo intento di mantenere il potere e il prestigio sociale..."
LA CROCE, SIMBOLO DELLA POTENZA DI DIO
Ὁ λόγος γὰρ ὁ τοῦ σταυροῦ τοῖς μὲν ἀπολλυμένοις μωρία ἐστίν, τοῖς δὲ σῳζομένοις ἡμῖν δύναμις θεοῦ ἐστιν. (S. Paolo, Cor,1,18)
"La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio".
Secondo la dottrina cristiana, Dio ha redento l'umanità con il sacrificio sulla croce di Gesù Cristo. Il termine Cristo infatti deriva dal lat. Christus, gr. Χριστός, «unto», a sua volta traduzione dell’ebr. māshīah cioè «unto del Signore». La croce quindi è perenne e vivo ricordo della passione, della morte e della risurrezione di Gesù che vince la sofferenza e la morte. Pertanto Cristo, sofferente e innocente sulla croce, diventa speranza-certezza per l'umanità vessata ed oppressa, eterno monito ed insegnamento ad accettare pazientemente la tribolazione e la sofferenza, a confidare in un futuro riscatto e nel premio eterno celeste.
Anima Christi, sanctifica me
Corpus Christi, salva me
Sanguis Christi, inebria me
Aqua lateris Christi, lava me
Passio Christi, conforta me
O bone Iesu, exaudi me
Intra vulnera tua absconde me
Ne permittas a te me separari
Ab hoste maligno defende me
In hora mortis meae voca me
Et iube me venire ad te
Ut cum Sanctis tuis laudem te
In infinita saecula saeculorum
Amen
Anima di Cristo, santificami.
Corpo di Cristo, salvami.
Sangue di Cristo, inebriami.
Acqua del costato di Cristo, lavami.
Passione di Cristo, confortami.
O buon Gesù, esaudiscimi.
Dentro le tue ferite nascondimi.
Non permettere che io
mi separi da te.
Dal nemico maligno difendimi.
Nell'ora della mia morte chiamami.
Comandami di venire a te,
perché con i tuoi Santi io ti lodi.
nei secoli dei secoli.
Amen.
Mai come oggi avverto su di me l'incombere di poteri avversi rispetto ai quali sono umanamente indifeso. Sento ostile lo Stato, mi sento estraneo in parrocchia, la diocesi mi è indifferente, il Vaticano mi turba. Molti che conosco hanno idee strane sulla scuola e sull'educare. Chi lavora arranca, pare che invece di aiutarli li si voglia solo ostacolare e tassare. Accendere la TV e ascoltare un TG è propaganda allo stato puro. Non pare possibile avere un pensiero diverso senza esserne accusati.
Sono circondato da persone che parlano davvero lingue diverse, senza idea della Pasqua; quei pochi che riconosco non sanno che farsene del triduo. Si infilano nel centro commerciale e fanno la spesa.
Non è più casa mia. Lo hanno deciso da tempo. Mi hanno preso quasi tutto e quelli del mio paese lo hanno accolto con favore, un guadagno.
Siamo più poveri di tutto, ma il prete mi dice che sono ricco e devo essere generoso. Hanno in mente solo le cose materiali, è evidente. Forse presto saremo ancora di più poveri se dovessero mancare anche il cibo o l'energia elettrica. Però sento la povertà del vuoto di senso di questo fine settimana in cui anche chi si aggira in una chiesa avverte il degrado del peso che si dà ai gesti di sempre.
Chi predica sta ripetendo slogan pieni di filantropia, Gesù è diventato un testimonial per le nostre iniziative, ma amarlo davvero è diventato difficile: non chiede niente, non dice niente...
Anzi no: dice che devo mettermi a disposizione dei servizi alla comunità. Devo accogliere tutti, vivere la gioia degli incontri...
Che gioia infatti, mentre tento di pregare, ascoltare chi chiacchiera di tutto, ad alta voce, rispondendo al telefonino, transitando davanti al tabernacolo come si passa davanti alla vetrina del macellaio. Anche i preti, sì, anche loro.
Allora taccio e vivo la Parasceve pensando a Gesù dalla cattura alla morte in croce, poi la deposizione e la chiusura del sepolcro. Tutto, una dopo l'altra, aggiungendo umiliazione a dolore, sofferenza a ingiustizia. Tutto solo per amore mio. Questa è oggi l'opera di Dio.
Sconcerta la presente condizione dell'umanità, più di 2000 anni passati come se niente fosse accaduto. Ogni generazione ripete gli stessi errori con la stessa superbia. C'è di che annoiarsi a questo spettacolo. E umanamente non si può far niente. Ricordo che qualcuno anni fa disse:'se 12 uomini avessero pregato con cuore sincero la II guerra mondiale non ci sarebbe stata.' Allora come ora, evidentemente, i 12 oranti sinceri furono e sono assenti. Credo che la chiesa visibile stia solo terminando il suo crollo. Per non parlare dello stato italiano, parlamento assente, governo e colle prendono ordini dall'estero. Solo un miracolo può salvarci. Un Miracolo. Occorre grande, molto grande. Un Miracolo Grandissimo, che non meritiamo affatto. Difficile eh!!! Forse lo stanno meritando per tutti noi i morti causa pandemia causa vaccino, lo stanno meritando i morti a causa della guerra ucraino(usa)/russa. Sì, uniamo alla passione, morte e resurrezione del Signore i meriti di questi defunti, dei nostri defunti, dei defunti di tutte le malattie e di tutti i veleni e dei defunti di tutte le 'inutili stragi'. San Michele Arcangelo li accolga nelle sue schiere e li porti davanti al Signore Gesù Cristo quali soldati del Cielo affinché CONVERSIONE E PACE regnino nei cuori degli uomini sulla terra.
@15 aprile 2022 11:42
Mi accodo al suo pensiero appena esposto e mi permetto di aggiungere un mio pio desiderio:
Indizione di pubbliche processioni con Papa,Vescovi, Presbìteri, fedeli e uomini di buona volonta'dovunque sia stata seminata la Parola di Cristo. Esortazione a tutti i popoli ad unirsi a Roma Caput Mundi al/col digiuno. Alla testa delle processioni portare la Croce con la reliquia del Preziosissimo Sangue. A piedi scalzi (chi puo'), il capo coperto di cenere e piccole croci in mano da baciare chiedendo perdono. Esortazione ai popoli a sopportare con giusto pentimento la sventura e a riformare la sua condotta.
Per Pio Desiderio.
La situazione della Chuesa non permette iniziative corali siffatte.
Papa: quale?
Vescovi,Presbiteri e fedeli: Chi? Di quale orientamento?
Piedi scalzi, digiuno, ecc. : nessuno accetterebbe.
Roma Caput Mundi: ci credono in pochi, che vengono ritenuti "fascisti".
Pentimento e riforma della condotta: può essere solo iniziativa di pochi eletti.
Esortazione ai popoli: chi ha la possibilità di comunicare globalmente ha altre idee.
Siamo arrivati al punto che pochi si salveranno, fidando in se stessi e nella Divina Provvidenza.
Crux fidelis, inter omnes
arbor una nobilis
nulla silva talem profert
fronde, flore, germine
dulce lignum, dulces clavos,
dulce pondus sustinet.
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