Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 27 dicembre 2012

La falsa accusa di eresia a chi critica le nuove ed ambigue dottrine del pastorale Vaticano II

Un puntualizzazione da registrare, nella speranza che venga anche ascoltata nelle sedi dovute. Ne avevamo tempestivamente parlato anche noi.

Criticare le nuove ed ambigue dottrine del pastorale Concilio Ecumenico Vaticano II significa forse comportarsi da protestanti, da eretici?  No, di certo.  Eppure lo si è affermato e si è tornati a ripeterlo, anche in sedi autorevolissime.  È ormai celebre l’articolo apparso di recente sull’Osservatore Romano del 29 novembre 2012, a p. 5, a firma di S. E. l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Fede, [testo integrale qui] a proposito della “ermeneutica della riforma nella continuità” invocata – come sappiamo – da S. S. Benedetto XVI quale unica legittima chiave di lettura del Concilio:  “Quest’interpretazione è l’unica possibile secondo i principi della teologia cattolica, vale a dire considerando l’insieme indissolubile tra Sacra Scrittura, la completa e integrale Tradizione e il Magistero, la cui più alta espressione è il Concilio presieduto dal Successore di San Pietro come Capo della Chiesa visibile.  Al di fuori di questa unica interpretazione ortodossa esiste purtroppo una interpretazione eretica, vale a dire l’ermeneutica della rottura, sia sul versante progressista, sia su quello tradizionalista.  Entrambi sono accomunati dal rifiuto del Concilio; i progressisti nel volerlo lasciare dietro di sé, come fosse solo una stagione da abbandonare per approdare a un’altra Chiesa; i tradizionalisti nel non volervi arrivare, quasi fosse l’inverno della Catholica”.

Non so se sia giusto mettere sullo stesso piano le due opposte interpretazioni critiche del Concilio.  I “tradizionalisti” ne vogliono sanare le ambiguità ed espellerne gli errori, ponendo implicitamente anche il  problema della validità del Concilio. Sarebbero comunque lieti di vedere un Concilio riveduto e corretto dal Papa sulla base della dottrina di sempre della Chiesa.  I “progressisti” non si pongono certo il problema della validità del Concilio, né quello di ambiguità ed errori da eliminare perché in contraddizione con la dottrina di sempre, che per loro non esiste, visto che concepiscono tutto il Cristianesimo in chiave storico-evolutiva.  Per loro, il Concilio non è certo da riformare né tanto meno da invalidare.  Criticano invece i compromessi cui la mens progressista impostasi in Concilio ha dovuto sottostare, auspicando che in sede di attuazione pratica tali compromessi vengano finalmente a cadere del tutto, per far emergere nella sua compiutezza la “Chiesa dello Spirito” insufflata nelle parti ammodernanti dei documenti conciliari; la Chiesa visionaria dei fautori della Nuova Pentecoste, Chiesa di un Nuovo Avvento, senza gerarchie e totalmente ecumenico-comunitaria, aperta a tutte le istanze della Modernità, anche sul piano etico e dei costumi.  Chiesa di Satana, giova ricordarlo, per i Cattolici rimasti fedeli all’insegnamento perenne della Chiesa.

 Ai rilievi di Mons. Müller ha già risposto in maniera egregia il prof. Roberto de Mattei su questo stesso sito, il 5 dicembre 2012.  Da parte mia vorrei solo aggiungere qualcosa.  In primo luogo, ricordare che gli eretici in genere contrappongono all’insegnamento della Chiesa una loro versione personale del Cristianesimo.  E questo stanno facendo oggi i “progressisti” (o neomodernisti).  Coloro che sono oggi costretti dall’amarissima e perdurante crisi della Chiesa a criticare il Vaticano II in nome della Tradizione, non hanno né intendono avere una loro versione personale del Cristianesimo, da proporre in alternativa all’insegnamento attuale della Gerarchia, al quale invece oppongono, ove non vi si accordi, la Tradizione ossia l’insegnamento della Chiesa consolidato da quasi venti secoli di immutabile magistero.  In secondo luogo, che il Concilio insegna apertamente cose nuove e in documenti non dogmatici ma pastorali.   Ciò sicuramente rende lecito l’esame della conformità di queste novità con la dottrina tradizionale della Chiesa da parte del credente che se ne senta la capacità.  Vediamo quest’ultimo punto.  
  1. Per la prima volta nella storia della Chiesa, un Concilio ecumenico si propone di insegnare delle “novità”.    Nell’art. 1 della Dichiarazione conciliare Dignitatis humanae sulla libertà religiosa, si trova la famosa dichiarazione secondo la quale, “questo Concilio Vaticano rimedita la tradizione sacra e la dottrina della Chiesa, dalle quali trae nuovi elementi in costante armonia con quelli già posseduti [haec Vaticana Synodus sacram Ecclesiae traditionem doctrinamque scrutatur, ex quibus nova semper cum veteribus congruentia profert]”(DH 1).  Il Concilio dichiara, dunque, di insegnare “nuovi elementi” o “cose nuove” (nova) tratte dallo “scrutare” o “rimeditare” la Tradizione e la Scrittura.  Non dice di riproporre l’identica tradizione e dottrina in modo nuovo (nove), come si usava dire una volta, quando si parlava di progresso estrinseco del dogma ovvero di un approfondimento e di una miglior conoscenza di qualche verità di fede, che restava tuttavia assolutamente immutata quanto al suo concetto.  La sostituzione di nove con nova poteva naturalmente far nascere molte apprensioni, ragion per cui il testo precisò esplicitamente che era intenzione del Concilio “trarre le cose nuove” sempre in armonia con quelle vecchie, con il Deposito della Fede.  Ma già l’idea di “trarre cose nuove” dalla “tradizione sacra e dalla dottrina della Chiesa”, non era di per sé del tutto rivoluzionaria?

    È a mio avviso significativo che quest’ammissione dell’esistenza di  n o v i t à  nell’insegnamento del Concilio sia fatta nel “proemio” di un testo ampiamente innovatore come quello sulla “libertà religiosa”, il cui concetto, secondo i suoi critici, sembra mutuato quasi integralmente dal principio laico della stessa, in passato sempre vigorosamente respinto dal Magistero.  Come hanno ampiamente dimostrato Mons. Gherardini ed altri studiosi, nessuna delle “novità” proposte dal Concilio è fornita del sigillo della definizione dogmatica.  E le novità non le troviamo di sicuro in quei passi conciliari nei quali si riaffermano dogmi precedenti o si rinvia all’infallibilità del Magistero ordinario della Chiesa.  Come hanno notato a più riprese gli studiosi competenti, la “congruentia” delle “cose nuove” proposte con le “vecchie” non è ancora dimostrata dai riferimenti del Concilio ai dogmi del passato o ad insegnamenti del Magistero ordinario infallibile o dalle dichiarazioni di principio di fedeltà al dogma.  Tale “congruentia” deve esser dimostrata puntualmente, caso per caso, paragonando il nuovo al vecchio che esso viene specificamente a sostituire.  Per fare degli esempi:  confrontando tra loro la nuova definizione della Chiesa di Cristo, quella del famoso “subsistit in” di Lumen Gentium 8, con la vecchia, quale appariva, da ultimo, nello schema di costituzione dogmatica De Ecclesia mandato al macero dai Progressisti; il nuovissimo principio della creatività liturgica con quello che il Magistero preconciliare ne aveva sempre pensato; la nuova definizione dell’Inerranza biblica con la vecchia; la nuova definizione della collegialità con la vecchia ossia con tutto l’insegnamento precedente della Chiesa in proposito, e così via.

  2. Il fedele è legittimato ad indagare la “congruentia” delle “novità” professate da un Concilio ecumenico solo pastorale.  Stabilito questo punto fondamentale, e cioè che il Concilio insegna consapevolmente “cose nuove”, dobbiamo chiederci:  il semplice fedele è autorizzato o no, a confrontare tutte queste “novità” con l’insegnamento  tradizionale  della Chiesa, commentato e spiegato dai teologi ortodossi, per vedere se le novità siano tutte “in costante armonia con esso”?  Se si risponde di no, allora si impone di fatto al fedele di credere sulla parola all’esistenza di questa “armonia”:  di credere sulla parola senza discutere, come se ci trovassimo in presenza di un Concilio dogmatico, infallibile sulle verità di fede e sui costumi allo stesso modo del Tridentino o del Vaticano I.  Ma negare ai fedeli il diritto di confrontare la nuova pastorale e la nuova dottrina del non dogmatico Vaticano II con l’insegnamento p e r e n n e  della Chiesa, ciò costituisce una patente contraddizione, poiché implica attribuire al Vaticano II un carattere dogmatico negato espressamente dal Concilio stesso, nelle ben note Notificationes apposte in calce alle due costituzioni “dogmatiche”  Dei Verbum sulla divina Rivelazione e Lumen Gentium sulla Chiesa, in quest’ultima unitamente ad un’importante Nota explicativa praevia.   Proprio in appendice a queste due costituzioni, titolate dogmatiche, si è dovuta apporre una Notificatio sulla nota teologica degli insegnamenti conciliari, che fa capire come esse non siano affatto dogmatiche.  In effetti, “dato il fine pastorale del presente Concilio”, esse non definiscono alcun dogma né condannano alcun errore! 

    Come semplice credente, non ho il diritto – tanto per fare un esempio – di verificare la dottrina dell’Incarnazione della Costituzione pastorale Gaudium et spes 22 [ne abbiamo parlato qui] con quella sempre insegnata dalla Chiesa?  Quando mi trovo di fronte ad una frase come questa:  “Infatti con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo”, la mia prima impressione è quella di un testo che dice una cosa strana, mai sentita prima e nello stesso tempo ambigua.  Ambigua, poiché non si capisce perché l’Incarnazione debba esser avvenuta “in ogni uomo” e che cosa voglia effettivamente dire “in certo modo” (il famoso quodammodo). Trovo poi che nell’ articolo 432 del Catechismo della Chiesa cattolica e nella prima Enciclica di Giovanni Paolo II (Redemptor hominis 13) l’inciso “in certo modo” è stato tolto. Cosa devo concluderne, allora?   Il Papa e il CCC ci forniscono l’interpretazione autentica della frase in questione.   Perciò il senso della frase è proprio quello di dire che l’Incarnazione non si è limitata al Cristo incarnatosi nell’ebreo Gesù di Nazareth, individuo storicamente esistito, ma si è effettivamente avuta “in ogni uomo”.

    Ne risulta, comunque, che, con o senza il quodammodo, il pastorale Vaticano II, un Concilio che avrebbe dovuto in teoria limitarsi ad esporre le verità di fede in modo più consono alla mentalità moderna,  m o d i f i c a  il concetto dell’Incarnazione di Nostro Signore, includendovi “ogni uomo”!  Questa dunque una delle grandi e straordinarie novità.  Che sia negativa per il dogma, non c’è bisogno di esser teologi per capirlo.  Non possiamo non chiederci:  come avrebbe potuto il Verbo, consustanziale al Padre secondo la divinità, unirsi alla natura peccaminosa di ciascuno di noi?  E il dogma dell’Immacolata Concezione avrebbe ancora senso?  E quello del peccato originale?  E in quale “uomo” si sarebbe incarnato il Figlio di Dio?  Solo negli uomini e nelle donne della sua generazione?  E gli altri?  Tutto l’impianto di GS 22 non implica forse l’idea che questa “incarnazione in ogni uomo” ha significato ontologico, costituendo una vera e propria impronta divina perenne nella natura di ciascuno di noi?  L’implica senza dirlo apertamente, contribuendo in tal modo all’ambiguità di un discorso che getta nella confusione la dottrina ortodossa dell’Incarnazione, rendendola incerta e divinizzando l’uomo.

    Se poi, procedendo sempre con il dovuto metodo, il semplice credente confronta GS 22.2 con l’insegnamento anteriore della Chiesa, cosa trova?   Forse qualche spunto che l’anticipi? Come hanno spiegato i teologi ortodossi, trova solo qualche espressione dei Padri della Chiesa, dal significato prevalentemente simbolico, che potrebbe prestarsi all’equivoco, se interpretata in modo errato.  In realtà, che nel pensiero dei Padri non ci sia posto alcuno per un concetto del genere, risulta da come intendono in generale l’Incarnazione nel suo rapporto all’uomo.  L’uomo resta sempre un peccatore da salvare e la possibilità della salvezza gli è offerta proprio dall’Incarnazione dell’Unigenito in Gesù di Nazareth,  in quest’unico individuo, la cui missione terrena è stata quella di “chiamare i peccatori non i giusti” (Mc 2, 17), affinché potessero salvarsi l’anima grazie alla Chiesa da Lui stesso fondata.

    Invece, situata la celebre frase di GS 22.2 nel contesto di tutto l’articolo, un’analisi diligente dimostra che essa giunge a coronamento di tutto un ragionamento annunciante l’ “altissima missione dell’uomo”, al quale il Cristo avrebbe “restituito la somiglianza con Dio resa deforme dal peccato originale”, in tal modo “svelando l’uomo a sé stesso” e innalzando la natura umana in generale ad una “dignità sublime”, in ogni uomo.  A parte il fatto, come ha ricordato lo scomparso teologo tedesco prof. Johannes Dörmann, che il peccato originale ci ha fatto perdere la “somiglianza con Dio” (Tridentino), tutta questa concezione (che riflette notoriamente la peculiare teologia personale di  Henri de Lubac S.I.) fa vedere un antropocentrismo completamente sconosciuto ai Padri della Chiesa.  Nella “Lettera teologica” di S. Leone Magno adottata all’unanimità dal Concilio di Calcedonia, che, nell’AD 451, come sappiamo, definì perfettamente le due nature di Cristo, non vi è traccia dell’idea di un’incarnazione “in ogni uomo”.  E che un’idea del genere rappresentasse una deviazione dottrinale, lo dimostra il fatto che essa fu combattuta da S. Giovanni Damasceno (morto nel 749), la cui critica fu ripresa e teologicamente approfondita secoli dopo da S. Tommaso.

  3. Negare  la “congruentia” dottrinale di un testo ambiguo del Concilio, non comporta alcun peccato di eresia.   In quest’analisi di GS 22, succintamente esposta, mi sono forse comportato da protestante, da eretico?  Ho forse fatto trasparire “l’ostinata negazione di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica [ossia come dogma] o il dubbio ostinato su di essa”, come recita la definizione canonica dell’eresia (CIC 1983, c. 751; CIC 1917, c. 1325 § 2)?  Niente di tutto ciò, come ognuno può vedere.  Analizzando con la dovuta diligenza la “novità” contenuta in GS 22.2 sono giunto alla conclusione, testi alla mano, che essa non appare per nulla in armonia con l’insegnamento tradizionale della Chiesa.  I testi parlano chiaro.  Se poi si dimostrasse che la mia interpretazione è sbagliata, non avrei nulla da obiettare.  Resto pertanto disciplinatamente in attesa di una confutazione, puntuale e documentata, secondo le regole del discorso razionale, rifiutando ogni condanna aprioristica, inflitta sul presupposto di un inesistente carattere dogmatico del Vaticano II o di una sua preconcetta armonia con il Magistero di sempre.  E se questa confutazione non dovesse venire, allora dovrei concluderne che gli apologeti del Vaticano II non hanno veri argomenti da opporre e nascondono questo fatto dietro la cortina fumogena di accuse di eresia del tutto inconsistenti.

    E poiché si è voluto portare il discorso sul piano dell’eresia, mi chiedo:  chi è veramente l’eretico o meglio il sospetto d’eresia?  Chi ha osato scrivere e chi accetta lo:  “Ipse enim, Filius Dei, incarnatione sua cum omni homine [quodammodo] se univit” o chi osa ribattere, testi alla mano, che questo nuovo concetto di Incarnazione non appare per nulla conforme al dogma dell’Incarnazione come insegnato dalla Chiesa cattolica nei secoli?   E non deve considerarsi eretico chi nega o mette in dubbio il dogma secondo il quale la Beatissima Vergine è rimasta sempre vergine, anche dopo il parto miracoloso di Gesù Bambino (DS 256/503; 993/1880) ?  È vero che in passato Mons. Müller ha manifestato dei dubbi sulla validità di questo dogma, senza mai ritrattarli pubblicamente?  E se criticare il non dogmatico Vaticano II è da eretici, anche Benedetto XVI diventerebbe allora imputabile di eresia per aver egli recentemente osato criticare (da un punto di vista sicuramente non “progressista”) la Gaudium et spes e la Dichiarazione conciliare Nostra aetate, la prima perché ci avrebbe dato una nozione tutt’altro che soddisfacente di modernità, la seconda per aver del tutto ignorato le forme “malate e disturbate di religione” presenti nelle religioni non cristiane!  
    Paolo Pasqualucci

45 commenti:

bernardino ha detto...

Sapete cosa serve per salvare la Chiesa Cattolica Romana?
Il 99% di tutta la gerarchia postconciliare (che ormai e' sorda ad ogni richiamo, ed e' cieca davanti al fatto che chiese e seminari sono vuoti e la gente ha perso la fede - danni irreparabili forse per decenni o forse per secoli o forse decidera' l'Altissimo)deve mettersi le scarpe al collo e sparire da tutte le sedi di Cristo. - Alla fine, rimarra' come dice Gesu' un granello di senape e ricrescera'l'albero della salvezza. N.Signore si cerco' gli Apostoli uno ad uno e non promise loro ricchezze o troni, ma ad ognuno disse seguimi, lascia la tua casa e tutto cio' che hai prendi la tua Croce e seguimi. I signori della Chiesa ufficiale hanno abbracciato il tempo terreno ed hanno dimenticato Cristo, si sono innamorati del dio pagano delle ricchezze terrene. Davanti a loro hanno solo (e lo hanno dimenticato, perche' devono adorare il vitello d'oro) il Giudizio Universale davanti al volto di Dio Trinitario.

Silente ha detto...

Ottimo articolo. La confutazione delle dichiarazioni erronee del concilio sulla base della dogmatica di sempre è esercizio attuabile da chiunque. Così come è evidente a tutti la "discutibilità" canonica delle dichiarazioni conciliari alla luce della dottrina e dello status autoassegnatosi dal concilio.
Purtroppo l'insidia viene, in perfetto metodo conciliare, da una "dogmatizzazione" del concilio in via extra-dottrinale e extra-canonica, attraverso l'utilizzo ambiguo della pastoralità e della mediaticità.
Il paradosso, tragico e grottesco assieme, è che la repressione e la negazione della Tradizione avviene attraverso il ricorso a concetti e categorie canoniche tradizionali, da sempre esplicitamente negate dai modernisti, quali, ad esempio, quello di eresia.
Curiosa, italianizzante attitudine, quella dei modernisti: fare sì la rivoluzione, ma con i Carabinieri al fianco.

Anonimo ha detto...

Caro Silente,
stiamo vivendo una situazione paradossale tragica e grottesca proprio nel senso che dici tu e terribilmente sviante per chi si affida a scatola chiusa a quelli che dovrebbero essere i Pastori...

Anonimo ha detto...

Paolo Pasqualucci non conosce la dottrina autentica dell'incarnazione di Cristo il quale afferma che la Persona del Verbo ha assunto la natura umana non una persona umana (vedi Summa Teologica e sentenze di Pietro Lombardo).
E poichè condividiamo con Cristo, ognuno di noi, la natura umana, a ragione il Concilio II dice che egli si è unito in qualche modo ad ogni uomo.

SV: basta studiate!

Anonimo ha detto...

Riconoscere, come di fatto è (Concilio di Efeso) che è la Seconda Persona della SS. Trinità, e dunque il Verbo che "unendo a se stesso ipostaticamente una carne animata da un'anima razionale, [...] si fece uomo", non significa che automaticamente TUTTA l'umanità è redenta. Lo è potenzialmente, ma per esserlo in atto bisogna conoscere e accogliere il Signore e "rimanere" in Lui realizzando così, in Lui con Lui e per Lui, il progetto del Padre...

Ed è per questo che il suo Sangue Prezioso il Signore lo dice "versato per voi e per "i molti".

Egli è venuto per tutti, ma la Redenzione non opera in automatico, ma opera in coloro che lo accolgono, "a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati" assumendo non la natura divina - come insegna un falso profeta di oggi che lei segue - ma quella che i Padri chiamano Theosis cioè la divinizzazione: l'Adozione a figli nel Figlio diletto.

Per questo non può perdere di attualità né l'Annuncio né il fatto che la Salvezza sussiste nella Chiesa cattolica e non altrove, se non nei casi che solo Dio conosce.

lister ha detto...

Si identifichi almeno con un nickname l'anonimo delle 2,25; così sapremmo se è sempre lo stesso a dire fesserie o sono più

Anonimo ha detto...



http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=1808

giuseppe ha detto...

Dottrinalmente ha ragione l'anonimo 02:25. Con l'Incarnazione il Verbo ha ASSUNTO la natura umana, non si è personalmente "trasformato" in un uomo e tanto meno in un individuo quasi impossessandosene. Si è manifestato nella carne, in Cristo Gesù di Nazareth che è DIO, consustanziale al Padre.

Per questo si dice che Gesù è vero Dio e vero Uomo (con la "U" maiuscola), nuovo Adamo. La natura umana è stata ASSUNTA dal Verbo tutta intera, nella sua condizione totale, tranne che nel peccato.

Pertanto, il problema posto da Pasqualucci non esiste; è assolutamente esatto dire che con l'Incarnazione il Verbo Eterno si è unito in certo modo a tutti gli uomini di tutti i tempi. Nessun uomo è estraneo alla Redenzione, per ciascuno e per tutti sono state riaperte le porte del Paradiso.

Altrettanto esatto è dire che i frutti dela Redenzione dell'umanità, perfettamente operata, sono applicati ad ogni persona umana secondo la sua natura di creatura libera e responsabile (a immagine di Dio), per cui si dà anche che conoscendoLo io possa rigettarLo e così precludermi la Vita eterna.

Anonimo ha detto...

Pertanto, il problema posto da Pasqualucci non esiste; è assolutamente esatto dire che con l'Incarnazione il Verbo Eterno si è unito in certo modo a tutti gli uomini di tutti i tempi. Nessun uomo è estraneo alla Redenzione, per ciascuno e per tutti sono state riaperte le porte del Paradiso.


Giuseppe, si rilegga il mio post delle 10:51, per favore...

Areki ha detto...

Per "mic"

Anche se l'argomento è "fuori luogo" cioè non riguarda questi commenti, vorrei invitare a trattare la questione del confratello sacerdote Parroco a Lerici e mi pare anche esorcista della diocesi sottoposto ad una campagna mediatica senza che nessuno dico nessuno alzi il dito per difenderlo.....
Oltre al suo Vescovo, pare anche che il Card. Bagnasco non lo difenda......
sono estremamente disorientato. I Pastori non difendono un sacerdote che non mi pare abbia detto nulla di male: Gesù non ha forse detto che chi scandalizza i "piccoli" è meglio che si metta una macina al collo e si butti nel mare? Le mode indecenti sono opera del diavolo (la Madonna a Fatima) e certamente la pornogrtafia in cui il corpo femminile è esposto non favorisce poi il rispetto e l'onore che meritano le donne...... la donna nel cristianesimo ha sempre avuto una altissima dignità sottolineata dal valore della verginità e dal posto che ha nel cristianesimo la sempre vergine Maria.

Quello che è sconcertante è il comportamento di certa gerarchia cattolica che non sta difendendo don Corsi e anche la dottrina cristiana che vuole che le persone (donne e uomini) vadano vestite decentemente.....

Mi pare che qui stiamo assistendo ad un segno evidente dell'obnubilamento di certa gerarchia in seguito anche alla umbriacatura conciliare.....

Ne parlavo proprio oggi col mio padre spirituale (che non è nemmeno della tradizione), ma che era dispiaciuto dal fatto che don Corsi è stato lasciato solo....

Gentile "Mic" lo so che questa questione è abbastanza "calda" tuttavia penso che se ne debba parlare perchè evidenzia in modo tragico la deriva conciliare.....

don Bernardo

Luisa ha detto...

Vi segnalo un`intervista a mons. Marchetto attorno au suo nuovo libro.
Leggo fra l`altro:

"Nel Concilio Tradizione e rinnovamento si sono abbracciate e questa è stata per me la sua grandezza, come espressione di un Concilio ecumenico e di una Chiesa cattolica in comunione con Roma."

Ci sono abbracci mortiferi.

"Il mezzo usato per giungere a delle conclusioni in cui tutti potevano riconoscersi è stato il dialogo, il voto, l’accettazione dell’altro. “Audiatur et altera pars”, “Si ascolti anche l’altra parte”.

Perchè tacere le discordie, le lotte, gli sgambetti avvelenati,le alleanze che da subito hanno portato quel Concilio sulla sponda progressista?
Ascolto dell`altro?

"Come diceva il cardinale Frings: non sono compromessi, ma trovare una formulazione sulla quale tutti possiamo assentire."

Ma proprio il card. Frings doveva citare?
Il promotore, o uno dei promotori, dell`Alleanza del Reno che tutto cercava salvo un compromesso e l`ascolto dell`altro?
Perchè non citare Suenens e Küng che hanno ammesso che i testi conciliari sono stati redatti in modo da permettere in seguito le libere interpretazioni?
Si vuole chiamare "compromesso" quella voluta ambiguità?
Ok, ma non si dica che tutti hanno assentito, che quelle formulazioni ambigue hanno fatto l`unanimità, e se di compromessi si trattava, vediamo oggi a quale caos hanno portato.

"È la storia che mi dice che nel Vaticano II c’è stato questo mettere insieme, questo desiderio di rinnovamento nella continuità, questo “e” “e”, non rompere ma costruire e fare una riforma"

Il "rinnovamento nella continuità", perchè allora è nata la "Chiesa postconciliare" che segnava un nuovo inizio che lasciava dietro di sè il passato, schernito e sepolto?
Perchè la Liturgia è diventata un laboratorio dove degli apprendisti stregoni facevano, e continuano a fare, le loro esperienze, anche le più folli e pericolose?
Perchè sono nati e cresciuti movimenti emblematici della rottura la più radicale che hanno raccolto l`adesione entusiasta di chi usciva da quel Concilio che non avrebbe voluto la rottura ma la continuità?

Ci sono le parole, torrenti di parole, si vuole ad ogni costo assolvere il Vaticano II, innocente di ogni colpa, anche la più piccola, e ci sono i fatti, e i fatti ci parlano di interpretazioni e applicazioni di ROTTURA con la Traduzione SUBITO dopo il Vaticano II, ad opera dei Padri conciliari ( o da loro legittimati e incoraggiati) che avevano studiato e approvato i documenti conciliari, dunque non si può parlare di ignoranza o cattiva interpretazione.

http://www.korazym.org/index.php/component/content/article/54-la-discussione/3419-nel-concilio-vaticano-ii-tradizione-e-rinnovamento-si-sono-abbracciati-.html




Amicus ha detto...

Comunque, a mio avviso,in futuro bisognerà porsi il problema della validità del Vaticano II:
- un Concilio che rigetta, come atto preliminare, tutti gli Schemi dottrinali preparati in antecedenza, agisce in modo cattolico?
- Un Concilio che dopo questo colpo di mano - un ammutinamento interno, in pratica - sostituisce i predetti schemi con altri elaborati sotto il diretto influsso di teologi chiaramente neomodernisti (de Lubac, Congar, Rahner &C) già condannati o sospettati dal Sant'Uffizio, agisce in modo cattolico?
- Un Concilio che, al suo termine, è esaltato da Paolo VI come un abbraccio della Religione del Dio che si fa uomo con quella dell'uomo che si fa dio, è un Concilio cattolico?
Può moralmente un Papa - Paolo VI in questo caso - approvare un tale Concilio?
In fondo, si può fare un paragone con l'"approvazione" papale della 'Comunione sulla mano': può moralmente un Papa approvare e legittimare una prassi che inevitabilmente conduce alla profanazione delle Specie Eucaristiche? Evidentemente no.

giuseppe ha detto...

L'ultimo rilievo di Amicus è coerente, alla fin fine è lì che si va a parare: dalla validità del Concilio discende tutto il resto.

Anche le singole domande hanno un loro spessore, nel senso che costituiscono un percorso utile per quanti avvertono la necessità di approfondire sul piano teologico, più particolarmente ecclesiologico, e in ultimo magisteriale, le difficoltà che ancora sembrano frapporsi alla soluzione e - finalmente! - alla fuoriuscita dalla crisi post-conciliare.

Se vogliamo essere ottimisti, considerato questo "focus" appropriato, possiamo dire che l'abbrivio verso la fuoriuscita non è lontano.
Le questioni poste, infatti, sono risolvibili, e a questo punto delle due l'una:

-o si tratta di un sinodo invalido, ipotesi del tutto inedita e priva di supporti minimamente credibili, che può dirsi quindi solo di scuola, la cui affermazione porterebbe chi la sostenesse all'abbraccio delle sette più chiaramente sedevacantiste e simili;
-oppure si tratta di un atto autentico di Magistero solenne, nel solco di tutti i precedenti Concilii, ed allora non si può fare altro che applicare le regole interpretative della Tradizione, che ammettono gli sviluppi ma non gli errori.

Il Papa chiede che ci si convinca della seconda ipotesi, la quale non esclude le possibili imperfezioni negli asserti non definitori e non definitivi (lui stesso ne ha enunciate un paio), con la conseguente opportunità di ulteriori coerenti approfondimenti e chiarificazioni, né il carattere transeunte e contingente di qualche elemento puramente discorsivo o descrittivo solo storicamente connotato.

Tanto basta e speriamo bene.

Anonimo ha detto...

-o si tratta di un sinodo invalido, ipotesi del tutto inedita e priva di supporti minimamente credibili, che può dirsi quindi solo di scuola, la cui affermazione porterebbe chi la sostenesse all'abbraccio delle sette più chiaramente sedevacantiste e simili;
-oppure si tratta di un atto autentico di Magistero solenne, nel solco di tutti i precedenti Concilii, ed allora non si può fare altro che applicare le regole interpretative della Tradizione, che ammettono gli sviluppi ma non gli errori.

Personalmente quella più percorribile realisticamente mi pare la seconda soluzione, del resto proclamata (anche dal Papa) ma di fatto non attuata in termini di definizioni risolutive, che solo a lui competono ed alle quali non dovrebbe sottrarsi, esercitando così in pieno la sua funzione. Non basta qualche sporadica critica che la vulgata corrente non recepisce e la cui efficacia risulta smentita da un peana successivo. E non basta neppure qualche sporadico esempio che nessuno segue...

E' questo il punctum dolens della situazione da quando si analizzano i "punti controversi" di un Concilio che non va considerato in blocco come un evento monolitico e intangibile, ma per quello che è: una somma di documenti di diversa e variabile importanza e richiedenti, di conseguenza, diversi gradi di assenso nonché un discernimento secondo le regole interpretative della Tradizione (quella bimillenaria, non quella "vivente" che cambia le carte in tavola).

Luisa ha detto...

Non è così facile aderire alle tesi di chi afferma la volontà di continuità con la Tradizione che avrebbero avuto i Padri Conciliari, sono tante le prove che questa volontà era assente in chi ha preso subito in mano le redini del Vaticano II, e per chi ha vissuto il dopo Concilio ai suoi inizi sa come la bufera rivoluzionaria ci è caduta addosso immediatamente senza che nessuno venisse a contrastarla.

Se veramente erano errori di interpretazioni e cattive applicazioni perchè chi normalmente sapeva dove stava la verità dei documenti conciliari ha lasciato fare?
Non è forse perchè sapeva e forse sperava e anche voleva che quella fosse esattamente l`applicazione auspicata che rivoluzionava prassi e dottrina?
La medicina della misericordia non scusa tutto.

Per chi legge il francese, qui alcune parole di Rahner e Congar che non lasciano alcun dubbio sull`intenzionalità dell`ambiguità di certi passaggi di certi documenti.

http://www.fecit-forum.org/forum.php?id=23929

Anonimo ha detto...

Gentile "Mic" lo so che questa questione è abbastanza "calda" tuttavia penso che se ne debba parlare perchè evidenzia in modo tragico la deriva conciliare.....

Caro don Bernardo,
raccolgo il tuo suggerimento. Mi riprometto di parlarne quando me ne sarò fatta un'idea più precisa. E' un episodio che non ho molto seguito.

viandante ha detto...

-o si tratta di un sinodo invalido,
-oppure si tratta di un atto autentico di Magistero solenne, nel solco di tutti i precedenti Concilii


Non vi sono altre possibilità? Così posto il problema parrebbe che non vi siano alternative.
E ciò é vero nel caso si tratti di un concilio che affronta problemi dogmatici.
Ma come la mettiamo con un concilio, unico del suo genere, che si definisce pastorale? E che, sembra quasi un'ironia, sostiene di non voler definire nulla di nuovo, nessun nuovo dogma?
Io credo che in questo caso la validità dei dogmi e della dottrina Tradizionale sia per forza valida ed infallibile.
E questo senza andare a scomodare validità, infallibilità o altro riguardo al Concilio nel suo complesso. Riguardo alla pastoralità, l'ambito al quale il Concilio si rivolge, il discorso non può che essere subordinato alla validità della dottrina.
Quindi,riportiamo anzitutto la pastoralità ai principi dottrinali che la supportano e che per ammissione dei papi conciliari non é stata modificata (ed é quindi valida la dottrina Tradizionale) e in seguito vediamo come é stata tradotta nella pratica.

Ma scusatemi se il mio atteggiamento é però altro e più pragmatico: in 50 anni la società é cambiata e anche la pastorale non può rimanere immutata.
Quindi, dimentichiamo la pastorale del Concilio e approntiamone una più adeguata ai nostri tempi (il Concilio in sé é già pastoralmente vecchio) e approfittiamone per essere finalmente chiari, trasparenti e legati alla dottrina di sempre in modo inequivocabile.
Per una simile pastorale non c'è bisogno di un nuovo Concilio, ma solo di coerenza e realismo.
E tutto ciò con buona pace delle ermeneutiche riguardanti il Concilio Vaticano II.

Anonimo ha detto...

Dice Luisa:
Ci sono le parole, torrenti di parole, si vuole ad ogni costo assolvere il Vaticano II, innocente di ogni colpa, anche la più piccola, e ci sono i fatti, e i fatti ci parlano di interpretazioni e applicazioni di ROTTURA con la Tradizione SUBITO dopo il Vaticano II, ad opera dei Padri conciliari ( o da loro legittimati e incoraggiati) che avevano studiato e approvato i documenti conciliari, dunque non si può parlare di ignoranza o cattiva interpretazione.


E' dunque questo il problema scottante e ineludibile: chi ha applicato le innovazioni coincide con chi le ha volute, anche se forse non era tra i modernisti più accesi e di fatto purtroppo efficaci nelle loro rivoluzionarie influenze neppure più tanto nascoste né velate.

La conseguenza ovvia è che se pur si è disposti a criticare qualche virgola, quello che non è né criticabile e risulta inesorabilmente intangibile è il nuovo impianto pastorale che continua ad allargare la divaricazione dalla Tradizione, quella bimillenaria, non più fondata sull'oggetto-Rivelazione, ma trasformata in "vivente" e quindi mutevole con i tempi e l'unico soggetto-Chiesa che li attraversa.

E' concepibile il rinnovamento di un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso (discorso 22 dicembre), ma che risulta sganciato dalla sua autentica vis trasformante trasferita, ma soprattutto 'piegata', all'impatto con i tempi nuovi e le loro suggestioni ed esigenze?

giuseppe ha detto...

"E' concepibile il rinnovamento di un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso (discorso 22 dicembre), ma che risulta sganciato dalla sua autentica vis trasformante trasferita, ma soprattutto 'piegata', all'impatto con i tempi nuovi e le loro suggestioni ed esigenze?"
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Il "rinnovamento", riferito alla Ecclesia militans nella storia, nel secolo, non solo è concepibile ma è necessario in quanto riferito a un organismo vivente, animato dal Risorto e affidato anche a uomini peccatori: Ecclesia semper reformanda.

Quanto al risultare "sganciata...", sta qui il tentativo satanico di tipo "fumogeno" disperatamente realizzatosi. Che si riassume nel grande equivoco: l'idea - che abbiamo visto all'opera - per la quale la ripresentazione (pastoralmente) adeguata del Dogma cattolico si trasforma nel suo abbandono perché la mentalità dogmatica sarebbe inadatta all' "uomo nuovo" della modernità, adulto, emancipato (tutti quelli delle generazioni precedenti erano evidentemente fessi creduloni, immaturi...).

Il fumo obnubila la vista, e molti sono stati obnubilati: questo è un fatto.
E qui torniamo alla validità. L'idea che, nella prassi, ha fatto strame del Dogma (cioè delle verità di fede, del Depositum fidei) è l'esatto tradimento del Concilio. I contenuti veri e reali del Concilio, valido e duque divinamente assistito, chiedono l'opposto: non di "piegare" la Chiesa alle esigenze del mondo, ma di recuperare (sempre, di nuovo) il mondo alle esigenze della Fede.

Per intendere questo, e il perché e il come, si deve avere riguardo non alle letterine oscure, ma ai testi e agli atti sinodali, e riaffermare di fatto (come ottimamente suggerisce Viandante) l'intero patrimonio dogmatico tradizionale: questo intende il Papa quanto invita tutti ad abbandonare le elucubrazioni dei teologi e tornare ai testi.
Così ci si schiarisce la vista, si riafferma l'articolo di fede in gioco ("Credo la Chiesa Una, Santa...") e si supera la crisi.

Anonimo ha detto...

Il "rinnovamento", riferito alla Ecclesia militans nella storia, nel secolo, non solo è concepibile ma è necessario in quanto riferito a un organismo vivente, animato dal Risorto e affidato anche a uomini peccatori: Ecclesia semper reformanda.

Non ho detto che la Chiesa, proprio in quanto organismo vivente, non debba rinnovarsi. Ho trovato problematico e foriero di perdita di orientamento e di identità un rinnovamento basato sul soggetto-Chiesa e non sull'oggetto-Rivelazione, direttamente proveniente dal Signore che l'ha consegnata -includendovi se stesso- nel costituire la Chiesa...

Attenzione! Ecclesia semper reformanda è lo slogan dei protestanti, che infatti hanno attuato una esiziale riforma

Lo stesso Giovanni XXIII ha sempre parlato di aggiornamento, che ora è stato chiamato con un'espressione paradossale riforma nella continuità, ma -guarda caso- la continuità viene attribuita all'unico soggetto-Chiesa e non all'oggetto-Rivelazione...

bernardino ha detto...

Amicus, io il problema del Vaticano II non me lo pongo proprio, per me e' una cosa che non mai accaduta. Pe me la Chiesa Cattolica ed Apostolica Romana ha avuto 20 Concilii Ecumenici che hanno parlato di Fede e di errori, di dogmi e di santita', pertanto il tutto e' fermo al XX Concilio del Vaticano I. Tutto l'altro e' un altra chiesa protestantizzata, ed il Papa e' Papa fin quando parla ex Cattedra Petrina oltre e' un dottore qualsiasi al quale non debbo alcuna obbedienza. finche' parla da successore di Pietro e' il mio Papa e Chiesa visibile, oltre mi rimetto a Dio Trinitario. Non voglio mettere in dubbio la mia fede in Dio.

Amicus ha detto...

Non mi sembra che si cada nel sedevacantismo, ma forse mi sono espresso in modo impreciso: sto parlando infatti della validità morale globale del Vaticano II, non della sua finale approvazione canonica. Credo comunque che in futuro la cosa migliore sarà quella di 'dimenticare' questo pessimo Concilio e di non parlarne più.

bernardino ha detto...

Meglio essere accusati falsamente di eresia dai postconciliari/eretici che non criticare e lottare contro le nuove ed ambigue dottrine del V.II (quello, si, veramente eretico/ebraico-protestante.)

Anonimo ha detto...

E qui torniamo alla validità. L'idea che, nella prassi, ha fatto strame del Dogma (cioè delle verità di fede, del Depositum fidei) è l'esatto tradimento del Concilio. I contenuti veri e reali del Concilio, valido e dunque divinamente assistito, chiedono l'opposto: non di "piegare" la Chiesa alle esigenze del mondo, ma di recuperare (sempre, di nuovo) il mondo alle esigenze della Fede.

Potresti dire che è quel che è stato fatto - e che si sta facendo -attraverso la 'pastorale' post-conciliare?

Per intendere questo, e il perché e il come, si deve avere riguardo non alle letterine oscure, ma ai testi e agli atti sinodali, e riaffermare di fatto (come ottimamente suggerisce Viandante) l'intero patrimonio dogmatico tradizionale: questo intende il Papa quanto invita tutti ad abbandonare le elucubrazioni dei teologi e tornare ai testi.

Scusa, ma cos'hanno fatto i teologi se non tornare ai testi e, raffrontandoli col Magistero infallibile per dichiarata dogmaticità, individuarvi le ambiguità e le innovazioni foriere di 'rottura' con la Tradizione?

Così ci si schiarisce la vista, si riafferma l'articolo di fede in gioco ("Credo la Chiesa Una, Santa...") e si supera la crisi.

La vista se la schiarisce chi è disposto a 'vedere' e a mettere in discussione qualcosa che ora sembra diventato indiscutibile e inoppugnabile in toto e senza appello!

E quando mi riferisco all'oggetto-Rivelazione (che non evolve, ma è dato e va custodito, inverato e trasmesso con fedeltà ad ogni e attraverso ogni generazione) non intendo sminuire l'importanza del soggetto- Chiesa, alla cui funzione che è anche responsabilità appartiene l'inveramento (incarnazione) e la trasmissione di Colui -ché di Lui si tratta- che si è fatto uomo ed è vissuto, ha patito, è morto e risorto, asceso al cielo, ha inviato e invia il Suo Spirito per la nostra Salvezza...

viandante ha detto...

questo intende il Papa quanto invita tutti ad abbandonare le elucubrazioni dei teologi e tornare ai testi.

Ahimé, su questo però non sono così d'accordo. Il papa quando dice di ritornare ai testi, normalmente intende quelli conciliari e quindi siamo nuovamente al punto di partenza.
Altrimenti detto cadiamo in un circolo vizioso, nel gatto che si morde la coda.
Per superare l'inghippo si deve tornare ai testi preconciliari e ai testi e alle interpretazioni dei Padri della Chiesa. Alla Tradizione della Chiesa. E con questi giustificare i documenti conciliari.
Non possiamo giustificare le novità sulla base dei documenti che le hanno sancite.
E un altro punto che il papa dà per scontato, ma che non ha ancora dimostrato, é che la continuità sussista.
Infatti anche quando ci si riferisse agli scritti dei Padri della Chiesa e del Magistero, questi vanno intesi con lo stesso spirito di chi li ha scritti, non stravolgendone significato ed intenti.
Come dire che il lavoro da fare sarebbe immane; perciò dicevo che conviene passar oltre e reimpostare tutto solo sulle valide fondamenta dottrinali che la Tradizione ci ha trasmesso.
E la pastorale, come giusto che sia (anche se siamo abituati al contrario), al suo seguito.

Anonimo ha detto...

Infatti anche quando ci si riferisse agli scritti dei Padri della Chiesa e del Magistero, questi vanno intesi con lo stesso spirito di chi li ha scritti, non stravolgendone significato ed intenti...

E' questo il primo nodo da sciogliere, come dicevo anche sopra, dopo aver individuato le ambiguità e le innovazioni improprie...

Come dire che il lavoro da fare sarebbe immane; perciò dicevo che conviene passar oltre e reimpostare tutto solo sulle valide fondamenta dottrinali che la Tradizione ci ha trasmesso.

Riconoscere che il lavoro sarebbe immane, significa anche rendersi conto che i cambiamenti sono stati seri e, infatti lo iato generazionale che si riscontra è davvero grande e non fa che aumentare drammaticamente!
Assistiamo a frotte di Vescovi che vanno a lasciarsi evangelizzare da un laico e non si accorgono delle abissali distorsioni dalla Rivelazione apostolica che loro propina!
Chi può colmare questa divaricazione che va facendosi sempre più drammatica e rischia di divenire incolmabile?

E la pastorale, come giusto che sia (anche se siamo abituati al contrario), al suo seguito.

E' proprio questa che tanto inesorabilmente quanto efficacemente in direzione "altra" sta introducendo la Chiesa nel terzo millennio!
Resistere è difficile, ma non impossibile, nel Signore...

Anonimo ha detto...

dice Bernardino:
Amicus, io il problema del Vaticano II non me lo pongo proprio, per me e' una cosa che non mai accaduta. Pe me la Chiesa Cattolica ed Apostolica Romana ha avuto 20 Concilii Ecumenici che hanno parlato di Fede e di errori, di dogmi e di santita', pertanto il tutto e' fermo al XX Concilio del Vaticano I.

Questo è irrealistico. Non si può cancellare la storia. Bisogna esser tanto determinati da scriverla secondo il Progetto del Padre, con l'aiuto del Signore!

Anonimo ha detto...

Non mi sembra che si cada nel sedevacantismo, ma forse mi sono espresso in modo impreciso:

Sono d'accordo con te. Non si capisce perché ogni tanto si ripropone quell'inesorabile aut-aut...

sto parlando infatti della validità morale globale del Vaticano II, non della sua finale approvazione canonica. Credo comunque che in futuro la cosa migliore sarà quella di 'dimenticare' questo pessimo Concilio e di non parlarne più.

La tua valutazione è chiara e precisa. Ma, se pensi quanto è difficile mettere in discussione qualche stortura, figuriamoci come può esserlo la "validità morale globale" di un concilio che si sta trasformando sempre più sotto i nostri occhi in nuovo super-dogma!

Occorre resistere e confidare nell'aiuto del Signore, cogliendo ogni possibile spunto per difendere e diffondere la nostra Fede.

Luisa ha detto...

"questo intende il Papa quanto invita tutti ad abbandonare le elucubrazioni dei teologi e tornare ai testi."

Ma è qui, purtroppo, il problema, è che se si torna ai testi, si ritrovano quelle ambiguità, quelle formulazioni ambigue, che hanno portato la Chiesa là dove si trova oggi, e non saranno di certo i vescovi e i sacerdoti, figli del Vaticano II, ai quali ci rinvia il Papa come guide per la rilettura, che sapranno e vorranno fare chiarezza, visto che è dalle loro cattedre, dai loro amboni, che è venuta la confusione.
Solo dal Papa aspettiamo quella corretta rilettura, solo dal Papa aspetto che mi dimostri e mi convinca che certi documenti del CVII sono in continuità con la Tradizione.
In assenza del suo insegnamento, questi tre anni e quelli che verranno serviranno solo a santificare il "Concilio", a farne non più solo un "mitico evento che ha segnato una svolta epocale nella e della Chiesa"( vulgata ricorrente) ma un superdogma al quale dovremo tutti credere e aderire, pena altrimenti di essere considerati....eretici.

bernardino ha detto...

Si, Maria, non si puo' cancellare la storia, e' irrealistico e' vero, ma e' anche vero che questa storia la dobbiamo combattere con ogni forza per portare alla luce la verita' che e' ilcontrario di cio' che ha detto e fatto il Vat.II. La nuova chiesa e' entrata nel mondo per parlare all'uomo di oggi, come se l'uomo di oggi non fosse come quello di ieri,(di che cosa devo ancora capirlo) la Chiesa bimillenaria sono 2000 anni che parla all'uomo, ma gli parla della Dottrina della Fede e non parla ad un uomo divenuto dio. Giusto scrivere la storia secondo il progetto del Padre con l'aiuto del Signore, ma questo non lo fa' la chiesa ufficiale attuale. Non si puo' parlare di un dio pagano come lo fa' oggi unitamente alle altre religioni che non adorano un Dio Trinitario, non lo fa' baciando come testi sacri i testi delle altre religioni false e pagane, cos'altro devo dirti? Io adoro un solo Dio che e' il nostro Dio quello vero ed eterno. Spero che la mia fede non venga mai intaccata, se Dio mi ha scelto (come dice Romano Amerio su Stat Veritas) solo Lui sa' perche' di questa scelta, perche' e' Lui che sceglie noi e non noi Lui, e cosa vuole da me.

Jacobus ha detto...

In assenza del suo insegnamento, questi tre anni e quelli che verranno serviranno solo a santificare il "Concilio", a farne non più solo un "mitico evento che ha segnato una svolta epocale nella e della Chiesa"( vulgata ricorrente) ma un superdogma al quale dovremo tutti credere e aderire, pena altrimenti di essere considerati....eretici.

Insomma non resta che da chiedersi: da chi andremo (per essere confermati)?

Giampaolo, in altro thread, ma sempre attuale ha detto...

Un' idea perversa di Magistero si sta facendo largo da un cinquantennio a questa parte, per cui da regula proxima si sta trasformando in regula ultima, e dunque da mezzo di conservazione della verità in fine, ovvero verità in sé. E' poi chiaro che con siffatta concezione di Magistero ci sarà sempre "continuità" l'ultimo che arriva, pur se dicesse l'opposto di chi lo ha preceduto, sarà sempre in continuità con i predecessori, istituendo lui stesso il Dogma. Il trionfo del soggettivismo moderno in teologia.

giuseppe ha detto...

In conclusione, e cogliendo un richiamo di mic sull'espressione "Ecclesia semper reformanda" che mi ha fatto riflettere e che ringrazio, vi propongo la lettura di una pagina di ecclesiologia divulgata del Prefetto della CDF Card. J. Ratzinger, tratta da un libro molto famoso:
http://www.ansdt.it/Testi/CulturaMonastica/Ratzinger-Messori/index.html

Per il resto, non so cosa aggiungere... due parole solo su uno spunto di Viandante. La lettura e lo studio diretti dei testi del Concilio riservano non poche sorprese, lo dico per esperienza. Tra l'altro facilitano proprio la conoscenza dei Padri, del Magistero anteriore e della Tradizione bimillenaria, fonti alle quali con molta frequenza rimandano.

Grazie a tutti i miei interlocutori.

Anonimo ha detto...

Giuseppe,
leggere dal tuo link certe affermazione di Ratzinger, che si dimostra consapevole di diverse storture che tra l'altro collimano con le nostre valutazioni, francamente sconcerta, perché chi le ha fatte ora è Papa e avrebbe - e dovrebbe usarlo - il potere di attuare dei rimedi concreti.

Anche recentemente ha fatto dichiarazioni critiche sulla Gaudium et spes e sulla Dignitatis humanae; ma poi tesse i peana del concilio e di fatto obbliga la FSPX ad accettarlo a scatola chiusa...

D'altronde non basta proclamare che il Concilio può essere letto in continuità: di questo siamo tutti convinti, Mons. Scneider lo ha dimostrato, ma solo il Papa ha il potere -e direi anche il dovere- di chiarire ciò che lui stesso constata problematico.

Ma il vero problema è il fatto che sotto molti aspetti, ad esempio sulla DH, arriva fino ad un certo punto, poi prevale una visione non del tutto restauratrice...

Ora, non è detto che tutti gli aggiornamenti siano da restaurare. Tuttavia di fatto lo sono tutte le innovazioni svianti mascherate da aggiornamenti...

giuseppe ha detto...

Cara mic, considerazioni come quelle che hai la gentilezza di propormi nel'ultimo commento, le quali fanno oggetto di esame e di giudizio critico la condotta, la dottrina, l'opera e il Magistero di Benedetto XVI, non mi hanno mai convinto. Mi considero assolutamente inferiore al Papa sotto ogni aspetto, e completamente impreparato, pertanto, a prenderle in esame e tanto meno a condividerle.

Posso solo dire che quelle poche volte che ho provato ad approfondie singoli punti, attraverso ricerche adeguate sui Suoi atti Magisteriali (ma anche - come accennavo - attraverso i testi originali e relative note del Concilio, ove possibile anche attraverso gli Acta Synodalia dello stesso Sacro Sinodo, cioè il lavoro delle commissioni sui "modi" e corrispondenti "responsa" che ne accompagnavano la redazione), ho sempre riscontrato con straordinaria chiarezza le ragioni che supportano il Magistero del Papa e il torto - per converso - dei critici.
In tutta onestà, non posso che dar conto di questo; un esempio è dato dai rilievi critici su GS, 22 di Pasqualucci da cui hanno preso spunto i miei interventi in questa discussione.

Il che, come vedi, non mi impedisce di seguire e condividere in qualche modo la vostra ricerca, giacché qualcosa di portentoso è effettivamente accaduto nel post-concilio, e ancora ne piangiamo le conseguenze, che non devono verderci passivi.
Del resto sono convinto che le soluzioni di una crisi come questa, nei tempi e nelle modalità, ultimamente non appartengano a nessuno, neanche al Papa come persona, giacché a guidare la Chiesa, Suo Corpo Mistico, infine, è il Risorto.

Il Papa, però, è per così dire il "Generale" garantito. Una garanzia che si è sperimentata sin dal giorno della Pentecoste, e da lì in tutte le tempeste della storia; e anche oggi la sperimentiamo costantemente. E' Lui che occorre seguire, la rotta che Lui traccia è quella giusta, specialmente nelle scelte fondamentali da fare. Chi si fosse smarrito dovrà recuperare questa rotta, finalmente senza esitazioni.

Infine, permettimi di notare che certe iperboli come "peana" o "scatola chiusa" non sono per niente adatte alle indicazioni di Benedetto XVI.

Anonimo ha detto...

Caro Giuseppe,
comprendo e condivido l'ammirazione ed il rispetto per Benedetto XVI sia come Papa che come teologo.
Non condivido, invece, la convinzione che la soluzione a crisi come questa non appartenga a nessuno perché, se è vero che la Chiesa è guidata dal Risorto, il Risorto affida ai Suoi -al suo Vicario in primis-, la guida della Chiesa, della quale appartiene anche ai fedeli l'essere Sacramento che incarna, mostra e porta Lui, la Sua Vita e i Suoi insegnamenti nel tempo.

E, dunque, se si riconosce che c'è una crisi e se ne individuano alcune cause, non ci se la può cavare dicendo che abbiamo un "Generale" garantito di cui seguire la rotta. Perdonami -mi costa dirlo- ma io questa rotta così luminosa e sicura non la vedo, mentre vedo alcuni sentieri luminosi (omelie, esempi, discorsi vari) e molte lande desolate (atti e discorsi 'altri' e dunque discordanti e disorientanti) in cui il fedele rischia di perdersi e soprattutto di perdere la Via Maestra... ambiguità e avventurose derive mi sono compagne in questa Roma post-conciliare. Non riesco ad ignorarle.

Quanto a GS 22, per esempio, vedo che il mio post 28 dicembre 2012 10:51, anche successivamente richiamato, è come acqua fresca, scivola via senz'alcun effetto. Almeno potresti confutarlo...

Piccola chiosa: continuare a definire il concilio "unica bussola" non è un peana? Indicare la sua accettazione assoluta senza discuterne alcune asperità non equivale forse ad accettazione "a scatola chiusa" e dunque anche "conditio sine qua non" difficilmente accettabile?

Perché, ad esempio non ha fatto la stessa cosa col Cammino Neocatecumenale, di cui ha riconosciuto la necessità di 'purificazione'; ma, di fatto lo ha accettato, questo sì, a scatola chiusa, applicando una sorta di 'inclusivismo' a senso unico?

giuseppe ha detto...

Cara mic, se vogliamo andare avanti - non mi dispiace affatto! - cerchiamo di uscire dal generico, dalla retorica e dalle etichette.

Per esempio, cominciamo da qui: ti dispiace segnalarmi un testo (discorso, lettera, enciclica o altro) nel quale il Papa avrebbe "definito" il Concilio "unica bussola"?

Un punto, un argomento alla volta, e allora si può tentare qualche passo avanti, senza fretta e studiando le cose per bene.


Post scriptum:
non ho confutato il tuo post 28.12 10:51 perché lo trovo sommariamente convisibile; direi che abbiamo insieme "confutato" (parola grossa per poche righe approssimative, ma esatta) l'affermazione di Pasqualucci circa la erroneità(!!) di GS, 22.
Anche qui, possiamo tornarci se vuoi, ma senza fare confusione.

Anonimo ha detto...

non ho confutato il tuo post 28.12 10:51 perché lo trovo sommariamente convisibile; direi che abbiamo insieme "confutato" (parola grossa per poche righe approssimative, ma esatta) l'affermazione di Pasqualucci circa la erroneità(!!) di GS, 22.

Mi pare una conclusione un po' troppo sommaria, che dimostra di non aver recepito il senso di quel che dicevo. Il mio post non confutava neppure da lontano l'analisi già di per sé validissima di Pasqualucci. Mostrava l'incongruenza di GS 22 attraverso un altro percorso, che non smentisce la sottile e argomentata disquisizione di Pasqualucci, ma coglieva uno spunto più semplice.

E dunque giova ripetere e specificare che nell'assumere la natura umana, cioè con la sua sola Incarnazione -nella quale non ha assunto il peccato, che ha preso su di sé solo per espiarlo- Gesù non ha aggiunto nulla alla natura dell'uomo peccatore, inesorabilmente decaduta (dato ontologico) a causa del peccato originale.
L'Incarnazione di Cristo rispetto alla natura umana dimostra solo -e non è poco!- quanto l'uomo è prezioso per Dio. Ma l'uomo segnato dal male e distaccato da Dio per effetto del peccato originale, non può ricevere solo per effetto dell'Incarnazione una impronta divina perenne, dal momento che il suo peccato è riscattato non dall'Incarnazione, ma dal Sacrificio del Figlio che ha richiesto un'obbedienza: "non la mia ma la tua volontà sia fatta" che ha cancellato la terribile disobbedienza di Adamo, riscattando col suo Sangue il peccato e le sue conseguenze...
E in più, la stessa Redenzione operata da Cristo per TUTTI, non agisce in automatico, ma richiede la risposta consapevole e fedele di ogni uomo che riceve l'Annuncio della Salvezza di cui la Chiesa è portatrice perché è portatrice anche di Colui che salva...

La "somiglianza con Dio" perduta a causa del peccato, è stata recuperata soltanto dopo l'espiazione e il Verbo, la Seconda Persona della SS. Trinità, non si è incarnato in ogni uomo, ma solo nell'uomo-Gesù-di-Nazareth. E' lo Spirito del Risorto che opera la "configurazione" a Cristo in coloro che lo accolgono e quindi ricevono l'adozione a Figli (Giovanni Prologo) e "rimangono" in Lui nella fedeltà ai Suoi comandamenti, resa possibile dalla Sua Grazia presente e operante in ogni cuore Redento.

Luisa ha detto...

Mi intrometto sulla punta dei piedi e mi ritiro subito, ma definire il Vaticano II una "bussola sicura" come fece Giovanni Paolo II o dire come Benedetto XVI :I documenti del Concilio Vaticano II, a cui bisogna ritornare, liberandoli da una massa di pubblicazioni che spesso invece di farli conoscere li hanno nascosti, sono, anche per il nostro tempo, una bussola che permette alla nave della Chiesa di procedere in mare aperto, in mezzo a tempeste o ad onde calme e tranquille, per navigare sicura ed arrivare alla meta.", e tenendo conto che di bussola può essercene una sola, o diverse ma che indicano la stessa direzione, ciò equivale nei fatti a fare di quel Concilio una "unica bussola", se la logica ha ancora un senso.

Luciana Cuppo ha detto...

@ Mic e Giuseppe:

Eh si', "confutato" e' una parola veramente grossa. Ed a proposito del Verbo che "si uni' in certo qual modo ad ogni uomo" (cum omni homine quodammodo se univit) di GS 22/b, l'asserto:

"Mantiene, se pur attenuato - ma non si sa in che senso e misura - il significato delle sue parole, questo: non tutti presenti nel Verbo incarnato, ma il Verbo presente in tutti, essendosi egli in tutti incarnato, sia pur in un modo indefinibile. Efeso e Calcedonia, quindi, cancellati. E cancellata l'assunzione della sostanza umana individua e perfetta da parte del Verbo. E cancellate pure l'unione e la distinzione delle due nature. Con Cristo, tutto il divino e' ormai non in tutto l'umano, ma in ogni umano soggetto. La deriva antropocentrica del divino non avrebbe potuto aver una proclamazione piu' significativa di questa: "Ipse enim, Filius Dei, incarnatione sua cum omni homine quodammodo se univit."

La citazione e' tratta da Gherardini, 'Il Vaticano II. Alle radici d'un equivoco' p. 188.
Qualche tempo addietro Mic scrisse su questo blog di essersi segnata alcuni passi di 'Alle radici d'un equivoco', ripromettendosi di pubblicarne qualcuno sul blog stesso. Sarebbe ora il momento di farlo?

Anonimo ha detto...

Cara Luciana,
Varrà la pena pubblicare tutte le sapienti pagine dedicate proprio all'antropocentrismo della GS, di cui abbiamo già parlato in diverse altre occasioni (basta inserire le parole chiave nella ricerca), ma che il nostro Maestro ci riconferma aggiungendo elementi di grande chiarezza ed illuminante sintesi, tracciando tra la nebbia fitta e il fumo denso di un discorso allusivamente e innovativamente approssimativo, un sentiero luminoso ed inequivocabile ecclesialmente preciso, cioè veritativamente definitorio.

Sarà il prossimo articolo. Ti ringrazio per l'input e buon Anno Nuovo a te a a tutti.

giuseppe ha detto...

Ecco che cercando di andare a fondo di un singolo argomento le cose si precisano meglio.

@mic: "...con la sua sola Incarnazione -nella quale non ha assunto il peccato, che ha preso su di sé solo per espiarlo- Gesù non ha aggiunto nulla alla natura dell'uomo peccatore, inesorabilmente decaduta (dato ontologico) a causa del peccato originale."

Quella di essere "inesorabilmente decaduta" era la condizione nella quale si trovava il genere umano prima della Redenzione. Cioè, in termini tradizionali, non era in alcun modo CAPACE di salvezza. Altro che, pertanto, se l'Incarnazione, Morte e Risurrezione di NSGC ha aggiunto qualcosa alla natura umana decaduta: l'ha ASSUNTA, risanata, riscattata; e così ha reso ogni persona umana (senza nessuna esclusione) nuovamente CAPACE di salvezza, attraverso l'atto di Fede personale.

Quindi, il Verbo incarnato, cioè Gesù Cristo, si è unito ad ogni uomo nella natura; NON si è unito ad ogni persona in quanto tale, né a una singola persona individua: Gesù non è una persona umana, né due persone, una umana e una divina. E' una sola persona, il Verbo che è Dio. Gesù è Dio, ha assunto la natura umana che appartiene a tutti, così risanandola, elevandola a "sublime dignità". Ogni persona umana è quindi chiamata (ecco la "vocazione") a far sì che i meriti di Cristo siano per lei PERSONALMENTE efficaci.

Occorre applicare e non abbandonare, anche se difficili, le distinzioni necessarie, secondo l'analogia fidei e nei termini della Tradizione: Calcedonia docet, come i Concilii costantinopolitani II e III, anche attraverso l'ultimo Concilio.

Mi pare che sia un errore grave il ricercare le formule e quindi i contenuti della Fede nei testi di Pasqualucci o di altri, piuttosto che in quelli del Concilio Ecumenico valido, divinamente assistito e perciò parte integrante della Tradizione cattolica.

Buon Anno!

Anonimo ha detto...

così risanandola, elevandola a "sublime dignità".

Ripeto: Gesù Signore ha risanato la natura umana, dunque elevandola a sublime dignità con il Suo Sacrificio, che poi ha comportato la Risurrezione. Non sarebbe bastata l'Incarnazione.

Inoltre dire che Cristo ha "assunto la natura umana" non significa dire che si è incarnato in ogni uomo, del quale non può assumere la "natura di peccato", ché tale è la nostra senza la Redenzione, che è resa operante dalla risposta di ogni singola anima, anche in modi che solo Dio conosce. Ma normalmente accade nella e attraverso la Chiesa, Sacramento di Salvezza e portatrice di Colui che salva, come ho già detto e ripetuto. Cristo si è incarnato nell'uomo-Gesù-di-Nazareth. In tutti gli uomini che lo accolgono avviene la Cristificazione, la paolina "configurazione" a Lui; il che non equivale a ricevere la natura divina per effetto di una fantomatica incarnazione universale, ma la l'adozione a Figli, come insegna il Vangelo e come la Chiesa non mistificata ci propone di credere.

Che poi tu mi citi Incarnazione-Morte-Risurrezione come fossero un unico evento, anche se racchiudono l'intero Mistero del Verbo incarnato, mi fa capire che ragioni in modo sommario e superficiale e non sei abituato a sviluppare e sviscerare gli argomenti nella loro complessa e precipua complessità...

Mi pare che sia un errore grave il ricercare le formule e quindi i contenuti della Fede nei testi di Pasqualucci o di altri, piuttosto che in quelli del Concilio Ecumenico valido, divinamente assistito e perciò parte integrante della Tradizione cattolica.

Quello che non hai capito e non credo vorrai capire è che Pasqualucci (oltre ad applicare una logica aletica, cioè veritativa) non parla da se stesso, ma cita i Padri e quel che la Chiesa ha sempre insegnato, così come non ammetterai mai che il concilio sedicente "divinamente assistito" di ambiguità e storture ne contiene. Eccome!

Che poi lo si voglia ritenere infallibile per definizione, questo è un altro discorso, che non mi trova affatto d'accordo né come credente né come persona ragionevole. Di ragioni ne ho fornite a bizzeffe e non io sola. Ne è pieno il blog, a partire dai documenti posti tra quelli basilari.

giuseppe ha detto...

L'importante è che ci siamo sforzati di approfondire e di chiarirci, magari senza riuscirci del tutto e pazienza.

"Cristo si è incarnato nell'uomo-Gesù-di-Nazareth".
Questa formula è in sé dogmaticamente errata, e lo puoi verificare facilmente nei Canoni cristologici dei primi Concilii.

Dubito fortemente che i Padri possano aver mai affermato quel che scrive Pasqualucci. Può accadere che avendoli letti non abbia capito e quindi finisca per scrivere quelle cose.
C'é poco da "ammettere" che un Concilio Ecumenico della Chiesa Cattolica sia divinamente assistito: è un dato di fede. Poi le petizioni di princpio sono un'altra cosa.

Ti rinnovo gli auguri di buon anno, che estendo a tutti i bloggers.

Anonimo ha detto...

Questa formula è in sé dogmaticamente errata, e lo puoi verificare facilmente nei Canoni cristologici dei primi Concilii.

Vedi, quando fai un'affermazione del genere devi anche argomentarla, esplicitare i canoni che citi e fare ragionamenti sullo stile di quelli che non hai recepito.

Comunque, vatti a leggere l'ultimo articolo che ho inserito con le pagine di Mons. Gherardini sull'argomento.
Scannerizzarle è stata la mia ultima fatica dell'anno che sta per finire.

Buon anno a tutti e ormai alla prossima!