Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 9 gennaio 2015

D. Curzio Nitoglia, Apocalisse 5° - Breve Commento al Cuore dell’Apocalisse: Capitolo XX

Commenti dedicati da Don Curzio Nitoglia - che ringrazio per averceli messi a disposizione - ai capitoli centrali dell'Apocalisse. Con questa 5a ed ultima parte la pubblicazione è completata.
Riepilogo dei testi: Parte 1a - parte 2a - parte 3a - parte 4a - parte 5a

Prima parte (vv. 1-10)

Disfatta definitiva del dragone – il dragone viene legato per mille anni e poi è precipitato nell’inferno

Dopo aver parlato della rovina di Babilonia, della grande meretrice, dell’anticristo e del suo falso profeta (cap. XIX), S. Giovanni passa ora a parlare della disfatta completa di satana ossia del dragone rosso, del Giudizio universale, della fine del mondo e dell’entrata nell’eternità.

Landucci commenta:
“nel capitolo XVIII è stato descritto l’annientamento di Babilonia e nel capitolo XIX quello dell’anticristo, del falso profeta e di tutti i loro seguaci, che sono le manifestazioni umane del male diabolico e anticristico. In questo capitolo XX è presentato il crollo stesso di satana in una grandiosa ricapitolazione, che abbraccia tutta la storia della Chiesa sino al Giudizio universale. Aristotele chiamò catastrofe o spiegazione ricapitolativa l’ultima scena della tragedia greca, quella che scioglie il bandolo della matassa o il groviglio dei fatti; nel dramma dell’Apocalisse, siamo ora giunti a tale punto conclusivo: il crollo totale del mondo del peccato, a cui seguirà la Visione beatifica del paradiso (capp. XXI-XXII)” (Commento all’Apocalisse, cit., p. 213, nota 1).
Il capitolo XX segna l’epilogo del cuore dell’Apocalisse (capp. XI-XIII; XIX-XX). Il diavolo è sconfitto, Cristo ha trionfato, la Chiesa, nonostante le molteplici persecuzioni, è salva come pure i veri cristiani.

L’Apocalisse infonde, così, nei nostri spiriti un messaggio di pace e di sicurezza della vittoria di Dio sul maligno, della Chiesa sulla contro-chiesa o, come la definisce S. Giovanni, “la sinagoga di satana” (Ap., II, 9; III, 9) e dei martiri sui loro carnefici. Se le scene descritte prima della vittoria finale e definitiva (capp. XI-XIX) possono essere cruente e apparirci terrificanti bisogna leggerle alla luce del capitolo XX e della certissima vittoria finale di Dio e dei suoi santi contro le forze del male che li hanno perseguitati durante la loro esistenza terrena e li hanno sconfitti quanto al loro corpo, ma hanno contribuito a glorificarli nella loro anima.

Tuttavia, prima di annunziare e descrivere chiaramente sin nei particolari la sconfitta di satana, l’Apostolo si riallaccia al passato e parla di un certo periodo di tempo in cui il potere del demonio sarebbe stato limitato da Dio (XX, 1-6)1.

“Vidi un angelo che discendeva dal cielo e aveva la chiave dell’abisso e una grande catena in mano” (v. 1). Padre Sales commenta che l’abisso è l’inferno e la catena è lo strumento di cui si servono gli angeli alla fine del mondo per ridurre e rinchiudere definitivamente il diavolo nell’inferno, dopo che era stato precipitato sulla terra col permesso di tentare gli uomini (Ap., XII, 4), impedendogli, però, con la prima venuta di Gesù di fare tutto il male che vorrebbe (La Sacra Bibbia commentata, cit., p. 673, nota 1)2. Landucci nota che la “grossa catena” vuol significare un potere superiore a quello, pur notevole, del diavolo (ivi).
“L’angelo afferrò il dragone, il serpente antico, che è il diavolo e satana, e lo legò per mille anni” (v. 2). Giovanni non vuol lasciare spazio all’equivoco ed usa ben quattro termini (“draconem, serpentem antiquum, diabolus, satanas”) per specificare che si tratta del diavolo e mostrarne tutta la malizia.
L’angelo “lega” il diavolo, che è un puro spirito. Quindi la legatura di satana va interpretata come una “limitazione del potere” (Sales, cit., p. 673, nota 2) in senso metaforico come le altre parole del versetto precedente (“chiave, catena”) e del seguente (“mille anni”).

I mille anni

Mille anni” indicano un “numero pieno, rotondo per significare tutto lo spazio di un tempo” (Sales, cit. p. 673, nota 2).

Secondo Landucci è un numero simbolico che indica
“una durata lunghissima ma finita e innumerevole, ossia che non può essere contata in senso matematico. Esso corrisponde a tutta la Nuova Alleanza, che iniziò con la Natività di Gesù e terminerà con la Parusia. Quindi i mille anni simboleggiano la lunga durata e la stabilità della Chiesa di Cristo. Dopo l’Incarnazione del Verbo, in effetti, il diavolo è incatenato, ma non distrutto o rinchiuso definitivamente nell’inferno” (cit., p. 214, nota 3).
Dom De Monléon spiega che
“mediante la sua Passione Gesù ha come garrottato il diavolo, lo ha messo in stato di non nuocere, ma non in senso assoluto; tuttavia ha ristretto le sue capacità infernali senza annullarle completamente come avverrà solo alla fine del mondo. I mille anni significano la durata del tempo sino alla prossimità della fine del mondo, quando l’anticristo regnerà per tre anni e mezzo, poco prima della parusia e della fine del mondo. I mille anni sono da prendersi in senso simbolico e rappresentano il tempo che va dall’Incarnazione, quando il diavolo fu legato alla catena, sino al regno dell’anticristo finale, quando il diavolo scatenato potrà esercitare con la massima libertà il suo potere malefico, che era stato limitato. A partire da questo momento, per tre anni e mezzo, l’anticristo perseguiterà ogni fedele in tutta la terra ” (Le sens mystique de l’Apocalypse, cit., pp. 321-322).
Quanto al fatto che “dopo i mille anni il diavolo deve essere sciolto per poco” (v. 3) non significa, secondo Landucci (cit., p. 215, nota 3), che “sarà ridata a satana, sia pure per poco tempo, tutta la libertà che aveva prima dell’Incarnazione del Verbo. Infatti resterà immutato per sempre il fatto della sua sconfitta finale iniziata potenzialmente con il primo Avvento di Gesù. In quel breve tempo sarà solo permessa a satana una breve, violenta riscossa tentatrice (come avvenne a Giobbe), e ingannatrice, capace di rendere più difficile, ma non impossibile, la vittoria dei fedeli di Dio. Essa conoscerà la sua massima espansione e intensità col regno dell’anticristo finale (cfr. II Tess., II, 3)”.

Il millenarismo ossia il regno dei “mille anni”

Il millenarismo è un errore escatologico nato da una falsa interpretazione del v. 2 del capitolo XX dell’Apocalisse, secondo cui Gesù dovrebbe regnare visibilmente mille anni su questa terra, prima della fine del mondo. Già nel II secolo d. C. Cerinto applicò questa teoria in senso materiale, come godimento di tutti i beni temporali da parte di Israele (ricchezze, potere, trionfo politico), al capitolo XX dell’Apocalisse di san Giovanni.

Tuttavia vi è una forma mitigata di millenarismo, detta anche spirituale, che risale a Papia, il quale, in opposizione a Cerinto, intese il regno millenario in senso spirituale, come un godimento di gioie celesti. Tale forma fu ripresa in maniera più o meno temperata da qualche Padre della Chiesa (S. Ireneo, S. Giustino, S. Girolamo e S. Agostino, i quali poi la rigettarono), prima della sua condanna definitiva. Nel medioevo fu ripresa da Gioacchino da Fiore.

La Chiesa ha condannato anche il millenarismo mitigato (DB 423; S. Uffizio, Decreto del 21 giugno 1944, AAS, n. 36, 1944, p. 212; Decreto del 20 luglio 1950); mentre quello in senso carnale, di origine giudaica e apocalittica3, fu rigettato sin da subito come opposto al Vangelo e dunque ereticale. Le venute di Cristo in terra sono solo due: la prima 2000 anni fa nella sua Natività, la seconda nel Giudizio universale alla fine del mondo.

Non ve ne è quindi una terza con un regno millenario temporale o spirituale (Mt., XVI, 27): Gesù tornerà sulla terra solo per giudicare “i vivi e i morti”.

Quindi il millenarismo mitigato viene comunemente reputato dai Dottori ecclesiastici (S. Tommaso d’Aquino, IV Sent., d. 43, q. 1, a. 3, quaestiuncula 1; S. Roberto Bellarmino, De Romano Pontifice, lib. III, cap. 17) come temerario ed erroneo. Secondo la retta dottrina cristiana nel regno di Dio in terra (Antico e Nuovo Testamento) vi saranno sempre delle sofferenze ed imperfezioni umane legate al peccato originale e la Chiesa sarà sempre perseguitata4. Anche Landucci commenta:
“Dall’infondata interpretazione di questi mille anni è sorto l’errore dei millenaristi, che attendevano, prima della fine del mondo, su questa terra, un periodo millenario in senso stretto di trionfo totale di Cristo e della Chiesa sul male fisico e morale, senza più lotte, sofferenze e persecuzioni” (cit., p. 214, nota 3).
Pure dom De Monleon affronta questo problema e lo confuta alla stessa maniera (cit., pp. 325-327).
Mons. Antonino Romeo (La Sacra Bibbia, cit., p. 843, nota 1) osserva che con la prima venuta di Cristo
“di fatto molti uomini rimangono estranei all’influsso salvatore di Cristo e quindi soggiacciono alla seduzione di satana. Non è ancora la soppressione totale e definitiva del potere di satana. La sua riduzione ad una certa impotenza relativa dura ‘mille anni’. Questo numero simboleggia una lunghissima data, che va dalla prima venuta di Cristo, quale Redentore, alla seconda o parusia, quale Giudice. I ‘mille anni’ quindi abbracciano quasi tutta la durata della Chiesa militante sulla terra, sin quasi alla fine del mondo, poco prima della quale satana sarà sciolto e si scatenerà per poco tempo”.
Mons. Romeo interpreta i tre anni e mezzo (42 mesi, 1260 giorni) in senso simbolico analogamente ai mille anni: “Mille alla stabilità, tre e mezzo alla precarietà” (ivi).

San Tommaso d’Aquino confuta mirabilmente l’errore millenarista (sistematizzato da Gioacchino da Fiore e dalla sua scuola). Nella Somma Teologica dimostra che la Nuova Alleanza durerà sino alla fine del mondo e non sarà soppiantata da un “regno millenario” (S. Th., I-II, q.106, a.4). Infatti, la Nuova Alleanza è succeduta alla Vecchia come il più perfetto al meno perfetto. Ora, nello stato della vita umana in questo mondo, nulla può essere più perfetto di Cristo e della Nuova Legge, poiché qualcosa è perfetto in quanto si avvicina al suo fine. Ora, Cristo ci introduce – grazie alla sua Incarnazione e morte – in Cielo. Quindi, non vi può essere – su questa terra – nulla (il regno millenario) di più perfetto di Gesù e della sua Chiesa.

Lo Spirito Santo, come perfezionatore dell’opera della Redenzione di Cristo, è inviato proprio da Cristo per confessare Cristo stesso, che ha promesso formalmente ai suoi Apostoli: “Lo Spirito Santo che Io vi manderò, procedendo dal Padre, renderà testimonianza di Me”. Quindi, il Paraclito non è l’iniziatore di una terza èra millenaria, ma testimonia e spiega Cristo agli uomini e li rafforza per poterlo imitare. Onde, dopo l’Antica e la Nuova Legge, su questa terra non vi sarà una terza Alleanza di “mille anni”, ma il terzo stato sarà quello dell’eternità, sempre felice nel Cielo o sempre infelice nell’Inferno.

Gioacchino erra nel trasportare la realtà ultramondana o eterna su questa terra. Il Regno, di cui parla l’abate da Fiore, non riguarda questo mondo, ma l’aldilà. Infatti lo Spirito Santo ha spiegato agli Apostoli, (il giorno di Pentecoste, del 33 d.C.), tutta la verità che Cristo aveva predicato e che loro non avevano ancora capito appieno. Il Paraclito non deve insegnare una nuovissima Legge o un altro Vangelo più spirituale di quello di Cristo, ma deve solo illuminare e dar forza per ben conoscere e ben vivere la dottrina cristiana, che ha perfezionata quella mosaica (S. Th., I-II, q.106, a.4). Inoltre la Vecchia Legge non fu solo del Padre, ma anche del Figlio (raffigurato e prefigurato da Mosè); come pure la Nuova Legge non fu solo del Figlio, ma anche dello Spirito promesso e inviato da Cristo ai suoi Apostoli. La Legge di Cristo è la Grazia dello Spirito Santo, che illumina, vivifica e irrobustisce per potere osservare La Legge divina come già nell’Antico Testamento illuminava e corroborava i Patriarchi e i Profeti, i quali, pur vivendo sotto la Vecchia Legge, avevano già lo spirito della Nuova e la vivevano eroicamente.

Quando Gesù insegna agli Apostoli che “Il Regno dei Cieli è vicino”, non si riferisce – spiega san Tommaso – solo alla distruzione di Gerusalemme, come termine definitivo della Vecchia Alleanza e inizio formale della Nuova, ma anche alla fine del mondo (S. Th., I-II, q.6, a.4, ad 4; III, q.34, a.1, ad 1; III, q.7, a.4, ad 3-4). Infatti il Vangelo di Cristo è la ‘Buona Novella’ del Regno (ancora imperfetto), della ‘Chiesa militante’ su questa terra e del Regno (oramai e per sempre perfetto) della ‘Chiesa trionfante’ nei Cieli.

Inoltre, nel Commento a Matteo sul discorso escatologico di Gesù (XXIV, 36), san Tommaso postilla:
“Qualcuno potrebbe credere che questo discorso di Cristo riguardi solo la fine di Gerusalemme…; però sarebbe un grosso errore riferire tutto quanto è stato detto solo alla distruzione della Città santa e quindi la spiegazione è diversa, … cioè che tutti gli uomini e i fedeli in Cristo sono una sola generazione e che il genere umano e la fede cristiana dureranno sino alla fine del mondo” (Expos. In Matth. c. XXIV, 34).
L’Angelico si basa su tale testo per confutare l’errore gioachimita, secondo il quale la Nuova alleanza o la Chiesa di Cristo non durerà sino alla fine di tempi; egli riprende l’insegnamento patristico (specialmente del Crisostomo e di s. Gregorio Magno) e lo sviluppa anche nella Somma Teologica (I-II, q.106, a.4, sed contra). Perciò il cristianesimo durerà sino alla fine del mondo non ci sarà bisogno di una ‘terza Alleanza pneumatica e millenaria’, ma la Chiesa di Cristo è il Regno del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, per cui non occorre sognare il rimpiazzamento del cristianesimo, basta solo viverlo sempre più intensamente.

Quindi (cfr. Sales, cit., p. 673, nota 2), secondo l’Apocalisse correttamente letta, i “mille anni” rappresentano lo spazio di tempo cha va dalla prima alla seconda venuta di Gesù (S. Aug., De civ. Dei, lib. XXX, cap. 7 ss.; S. Greg. Magnus, Moralia, lib. IV, cap. 1; S. Gir., In Is., XVII, 60). Infatti con l’Incarnazione del Verbo il potere del diavolo è stato notevolmente ridimensionato, benché sino alla fine del mondo egli possa continuare a tentare gli uomini (Mt., IX, 13; Lc., X, 18).

Inoltre p. Marco Sales (cit., p. 674, nota 4) specifica che il millenarismo, nato dalla cattiva lettura del capitolo XX dell’Apocalisse, è un errore teologico secondo cui – dopo la sconfitta dell’anticristo finale e prima del Giudizio universale – per mille anni, in senso stretto e matematico, vi sarà un regno di Cristo e dei suoi santi risorti su questa stessa terra.

Terminati questi mille anni, vi sarebbero stati il Giudizio universale, la resurrezione dei morti e la fine del mondo. Alcuni scrittori ecclesiastici (Tertulliano e Lattanzio) e persino qualche Padre ecclesiastico (S. Ireneo e S. Giustino) seguirono il millenarismo spirituale come semplice opinione e non come sentenza certa, ma vi apportarono delle restrizioni. Tuttavia la maggior parte dei Padri con consenso moralmente unanime si mostrò contraria a questa dottrina. S. Girolamo e S. Agostino che inizialmente la avevano abbracciata, la ripudiarono nella loro maturità.

Il dragone è precipitato definitivamente nell’inferno

Poi il Libro sacro riprende la profezia: l’angelo “sprofondò il drago nell’abisso e lo chiuse a sigillo affinché non seduca le nazioni sino a che siano compiuti i mille anni dopo i quali deve essere sciolto per un po’ di tempo” (v. 3).

L’Apostolo Giovanni usa tre espressioni molto forti (“sprofondare, chiudere, sigillare”) per “indicare la limitazione del potere del diavolo, che essendo legato non può sfogare tutta la sua ira contro i fedeli e la Chiesa” (Sales, cit. p. 673, nota 3).

Tuttavia, compiuti i “mille anni”, il diavolo sarà sciolto per un po’ di tempo ed allora, durante la grande apostasia (II Tess., II, 3) e il regno dell’anticristo (Ap., XI-XIII), “uscirà fuori con grande ira e muoverà guerra alla Chiesa di Dio” (Sales, cit., p. 673, nota 3).

L’Apostolo continua:
“Vidi dei troni, e sederono su questi, e fu dato ad essi di giudicare, e le anime di quelli che furono decollati a causa della testimonianza di Gesù, e quelli i quali non adorarono la bestia, né la sua immagine, né ricevettero il suo carattere sulla fronte o sulle loro mani, e vissero e regnarono con Cristo per mille anni” (vv. 4-5).
I versetti da 4 a 6 sono di difficile interpretazione (Sales, cit., p. 673, nota 4).
Secondo la lettura più comune essi ci mostrano quale sarà la sorte dei fedeli amici di Dio, elevati in cielo in contrapposizione all’inabissamento del diavolo nell’inferno.

“I troni” rappresentano i seggi del cielo destinati alle anime dei martiri e dei santi prima della resurrezione dei corpi, le quali regnano in cielo dopo la loro morte e partecipano al Giudizio universale assieme a Gesù sommo Giudice (Mt., XIX, 28; I Cor., VI, 2 ss.).

La parola “bestia” normalmente designa l’anticristo finale, ma qui è evidente che in senso stretto essa si riferisce a satana poiché l’anticristo apparirà solo verso la fine del mondo, mentre qui si parla dei santi e dei martiri di tutte le epoche. Inoltre in tutte le ere vi sono gli anticristi iniziali o i precursori dell’anticristo finale. Quindi in senso largo si può dire che i fedeli di tutte le epoche non hanno adorato la “bestia” o l’anticristo finale e venturo nella persona dei suoi precursori già venuti e soprattutto nella persona demoniaca del suo capo e ispiratore che è satana (Sales, cit., p. 674, nota 4). Questi santi regneranno con Cristo in cielo “per mille anni”, vale a dire “per i secoli dei secoli” (A. Romeo, cit., p. 844, nota 4).

Al versetto 5 l’Apocalisse ci rivela che “gli altri morti poi non vissero, fintantoché siano compiuti i mille anni”. Padre Sales commenta: “i peccatori morti in disgrazia di Dio, ossia morti non solo quanto al corpo, ma anche quanto all’anima, non vissero, cioè non ebbero parte alla vita eternamente beata nel paradiso” (cit., p. 674, nota 5).

Poi il Libro sacro continua:
“Beato e santo chi ha parte alla prima resurrezione: sopra di questi non ha potere la seconda morte” (v. 5).
Chi muore in grazia di Dio non soffre la seconda morte, ossia quella dell’anima con la conseguente dannazione eterna.

Al versetto 7 l’Apostolo riprende il tema dei mille anni di incatenamento di satana e del successivo scatenamento. Quindi introduce il tema dell’ultima battaglia tra Dio e satana e della sua sconfitta:
“compiuti i mille anni satana sarà sciolto e uscirà dalla sua prigione e sedurrà le nazioni dei quattro angoli della terra – Gog e Magog – e le radunerà in battaglia, il numero delle quali è come la sabbia del mare”.
Padre Sales commenta:
“si assiste alla formazione del regno dell’anticristo, in qualsiasi luogo della terra. Gog e Magog son due nomi simbolici tratti dal profeta Ezechiele (XXXVIII, 2 ss.), il quale annunziò che alla fine dei tempi Gog, re di Magog, alla testa di uno sterminato esercito composto da tutte le nazioni, muoverà guerra al popolo di Dio, ma sarà sconfitto. Quindi Gog e Magog rappresentano i poteri e le genti empie, che verso la fine del mondo cospireranno contro la Chiesa, che è il vero popolo di Dio e il vero Israele. La Chiesa è sempre combattuta, ma verso la fine del mondo, con l’aiuto dell’anticristo, si tenterà l’attacco finale contro di essa” (cit., p. 675, nota 7).
Landucci annota:
“Gog e Magog, che significano “tenebre” e “terra delle tenebre”, sono due nomi simbolici, tratti dalla lunga profezia di Daniele ai capitoli 38 e 39, i quali rappresentano qui le genti di tutta la terra, che saranno state sedotte e adunate per l’ultima battaglia contro la Chiesa di Cristo. L’invasore nemico di Dio – satana, l’anticristo e il suo falso profeta – subirà una clamorosa sconfitta. Le masse sedotte e adunate da satana e dall’anticristo verso la fine del mondo per combattere contro la Chiesa saranno numerose come la sabbia del mare che non si può contare. Gesù stesso lo annunziò con la sua domanda: ‘il Figlio dell’uomo troverà la fede sulla terra?’ (Lc., XVIII, 8). Ma il gran numero dei nemici servirà solo a rendere più smagliante la vittoria di Dio e della sua Chiesa” (cit., p. 219, nota 8).
Un fuoco spedito dal Signore

Tuttavia a questo ultimo formidabile attacco, guidato dall’anticristo, corrrisponde “un fuoco spedito dal Signore, che divorò tutte le empie genti: e il diavolo che le seduceva fu gettato in uno stagno di fuoco e di zolfo, dove anche la bestia e il falso profeta saranno tormentati di notte e di giorno per i secoli dei secoli” (vv. 9-10).

Sales commenta:
“Dio interviene direttamente e senza che abbia luogo alcuna guerra umana riduce al nulla tutta la forza dei nemici della sua Chiesa. Il diavolo, l’anticristo e i falsi profeti saranno egualmente gettati nel fuoco dell’inferno per tutta l’eternità e così Gesù ha riportato la vittoria completa sopra di essi e i loro seguaci” (cit., p. 675, nota 9).
Landucci commenta:
“non è descritta nessuna battaglia e nessun attacco dell’esercito di satana e dell’anticristo, come pure nessun contrattacco da parte degli assediati (i fedeli). Ma è presentato soltanto uno stravolgente intervento di Dio: un fuoco celeste che divora tutto l’esercito nemico, proprio come cadde il fuoco su Sodoma e Gomorra (Gen., XIX, 24; Mt., XI, 23) e così sarà sulla simbolica Babilonia. Non si parla di contrattacco dei fedeli poiché l’esercito di satana è talmente potente che solo l’Onnipotenza divina può vincerlo e in questo caso si richiede un intervento divino diretto e straordinario” (cit., p. 220, nota 9).
Come non collegare tale previsione ai tristissimi giorni nostri? Umanamente parlando la lotta tra la contro-chiesa e i fedeli della Chiesa di Cristo è sproporzionata.

“Le porte degli inferi” hanno raggiunto una profondità, un’espansione ed un parossismo di sovvertimento intellettuale, morale e spirituale che nessuna forza umana potrebbe resistere loro.

Dom De Monléon ne dà un’interpretazione simile, ma più mistica e simbolica:
“Gog significa ‘ciò che nasconde’ e rappresenta gli uomini carnali apertamente avversi a Dio, mentre Magog significa ‘ciò che sta nascosto sotto qualcosa’ e rappresenta satana e i sui seguaci segreti, le forze occulte della sovversione e della guerra contro Dio, che getteranno la maschera nel momento dell’ultimo assalto, in cui si troveranno fianco a fianco tutti i nemici della Chiesa: quelli che lottano alla luce del sole e quelli che lottano nelle tenebre” (Le sens mystique de l’Apocalypse, cit., p. 330).
A partire dal versetto 11° l’Apostolo e Profeta descrive il Giudizio universale eseguito da Gesù assiso su un “trono candido”. Siccome la materia comincia a diventare vasta e profonda mi fermo qui per non tediare il lettore ed in un prossimo articolo commenterò la seconda parte del capitolo XX dal verso 11° al 15°.


Seconda parte (vv. 11-15)

Il Giudizio universale

Il versetto 11° del XX capitolo inizia con la visione del Giudizio universale: “Vidi un gran trono candido ed uno che sedeva sopra di esso, dalla vista del quale fuggirono la terra e il cielo e non fu più trovato luogo per loro”. La bianchezza (Sales, La Sacra Bibbia commentata, cit., p. 675, nota 11) è simbolo della santità e della gloria del Cielo. Colui che siede sul trono glorioso o candido è Gesù (“Il Padre ha rimesso ogni giudizio al Figlio” Gv., V, 22), supremo Giudice dei vivi e dei morti (cfr. Mt., XXVIII, 18; Acta, X, 42). La terra e il cielo stellato sono tramutati in meglio e non annichilati completamente (cfr. S. Tommaso d’Aquino, S. Th., Suppl., q. 91) dalla conflagrazione universale del fuoco, strumento di Dio, che darà vita a “nuovi cieli e nuova terra” (Ap., VI, 12; I Cor., VII, 31; II Petri, III, 7).

“E vidi i morti, grandi e piccoli, stare davanti al trono, e si aprirono i libri, e fu aperto anche il libro della vita, e i morti furono giudicati secondo quello che era scritto nei libri riguardo alle loro opere” (v. 2). L’Apostolo parla della risurrezione dei morti, senza eccezione alcuna: “grandi e piccoli” di ogni età e di ogni stato sociale (Landucci, Commento all’Apocalisse di Giovanni, cit., p. 222, nota 11); “buoni e cattivi, martiri e peccatori, tutti senza eccezione alcuna” (A. Romeo, La Sacra Bibbia, cit., p. 847, nota 11). Poi accenna ai “libri”, che, in senso metaforico, rappresentano l’Intelletto di Dio in cui sono presenti e conosciute come se vi fossero scritte le azioni buone e cattive di tutti gli uomini. L’Apostolo usa anche il termine “libro della vita” – che già aveva usato al capitolo III, XIII e XVII – per indicare la prescienza divina, la quale conosce ab aeterno tutti coloro che si salveranno o no (Landucci, cit., p. 222, nota 12), secondo le opere buone e malvagie che avranno compiuto (cfr. S. Tommaso d’Aquino, S. Th., I, q. 24, ivi, q. 39, a. 8).

“Il mare rese i morti che giacevano nel suo fondo, e gli inferi e il regno dei morti resero i defunti che avevano” (v. 13). I morti risorti si presentano davanti a Cristo giudice (S. Tommaso d’Aquino, Summa c. Gent., lib. IV, cap. 81; S. Th., Suppl., q. 79, a. 1, ad 3) assiso sul trono bianco venendo da ogni parte del mondo, dal mare e dalle profondità della terra (gli inferi, l’ade o lo sheol che sono il regno dei morti, ossia la regione sotterranea dell’oltretomba; cfr. Landucci, cit., p. 223, nota 13).

E si fece il Giudizio di ciascuno secondo le sue opere. Gli inferi e il regno dei morti furono gettati nello stagno di fuoco” (v. 14). Coloro che hanno operato il male (inferi, morti) furono gettati nell’inferno. Qualcuno interpreta ciò come la perdita di potere sugli eletti da parte degli inferi e della morte, che non possono oramai più nulla su coloro che entrano nel Regno dei cieli (Sales, cit., p. 676, nota 15). In breve anche la morte corporale è sconfitta da Cristo nella sua Parusia.

Il Concilio di Lione (1274, DB 464) ha definito che “le anime giuste e pienamente purificate subito (mox) vengono ricevute in cielo, quelle che si trovano nel peccato mortale subito (mox) vengono precipitate nell’inferno” (cfr. anche Conc. Lateranense IV, DB 429). La S. Scrittura aveva già rivelato la immediata retribuzione dei buoni e dei cattivi al momento della loro morte; si veda la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro (Lc., XVI, 22); la canonizzazione del buon ladrone da parte di Gesù (“Hodie eris mecum in Paradiso”, Lc., XXIII, 43). La Tradizione patristica insegna la medesima dottrina: Ignazio (Rom., IV e VII; Trall., XIII); Clemente romano (I Cor., V, 4 e 7); Policarpo (Phil., IX) e tutti i Padri (con qualche incertezza presso Ilario e Ambrogio dovuta all’escatologia di Origene prima della sua condanna) sino alla scolastica (S. Tommaso d’Aquino, S. Th., Suppl., q. 88; Summa contra Gentiles, lib. IV, cap. 91; A. Piolanti, De Novissimis, Roma/Torino, Marietti, 1941).

L’Apocalisse conclude il XX capitolo: “Questa è la seconda morte” (v. 14), ossia la morte eterna, la dannazione (Simbolo Atanasiano, DB 40; Conc. Lat. IV, DB 429; Benedetto XII, Costituzione Benedictus Deus, DB 530), che è la prosecuzione per l’eternità dello stato di peccato mortale o della morte spirituale dell’anima, mentre la prima morte è quella del solo corpo, che risorge alla fine del mondo (cfr. S. Tommaso d’Aquino, S. contra Gent., lib. IV, cap. 95).

“Chi non si trovò scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco” (v. 15), cioè chi per le sue cattive opere viene conosciuto dalla mente di Dio come malvagio privo della vita della grazia viene gettato nell’inferno. Per il fuoco fisico e reale dell’inferno vedi S. Tommaso d’Aquino (S. Th., Suppl., q. 70, a. 3) e la Dichiarazione della S. Penitenzieria (30 aprile 1890). Il libro della vita (cfr. S. Tommaso d’Aquino, S. Th., I-II, q. 114) è la prescienza divina di coloro che si salveranno o danneranno alla fine del mondo a causa delle loro cattive opere e non di una predestinazione all’inferno da parte della volontà di Dio, come insegna il luteranesimo condannato dal Concilio di Trento (DB 809 e 842).

***

CONCLUSIONE

Il significato dell’Apocalisse

Padre Bonaventura Mariani scrive: «Gesù sa che la parusia deve essere preceduta da certi segni: l’apostasia, il mistero dell’iniquità, l’anticristo»5. Per quanto riguarda l’anticristo, p. Bonaventura, spiega che «in senso stretto […] si può intendere individualmente e collettivamente. Nel primo caso l’anticristo [finale] è una persona individua, che capeggia la lotta finale contro Cristo e la sua Chiesa. Nel secondo caso è il complesso di tutte quelle forze umane, morali, religiose, sociali [anticristi iniziali]6 di cui dispone satana per combattere Cristo»7. Dalle epistole di S. Paolo si evince che l’anticristo finale sarà coevo alla parusia (II Tess., II, 3-12). Questa sarà preceduta dall’apostasia generale”8. «Si parla di un uomo, la cui apparizione (parusia) nel mondo, insieme all’apostasia, è un fatto che deve precedere “la parusia di Gesù”. […]. L’anticristo farà seguaci tra coloro che non vollero accettare l’amore della verità. In questa maniera Dio li punisce, essi amarono l’errore, perciò divennero vittime della frode dell’empio (ivi, II, 10-11»9. Ma l’anticristo finale sarà annientato dal Signore Gesù.

Secondo monsignor Antonino Romeo Apocalisse significa: «rivelazione di una realtà occulta (mistero) ed ha spesso senso escatologico [i fini ultimi] (…) manifestazione di Gesù Cristo come sovrano e giudice (…). L’idea centrale è un’antitesi tra i due regni (Chiesa e mondo), tra Cristo e anticristo (…). La sintesi in cui si risolve questa antitesi è il Giudizio (…) che Dio esercita mediante Gesù, Signore e Giudice (…) Il messaggio di Giovanni ha lo scopo di corroborare nella fede e di confortare nella speranza; vuol premunire i fedeli, tendenti al rilassamento, contro la persecuzione che s’annunzia ognora più violenta (…): è un’esortazione alla perseveranza ed al martirio. Per quanto riguarda l’interpretazione, San Girolamo (Epistula 53 ad Paulinum) scrive: “Apocalypsis Ioannis tot habet sacramenta quot verba (ha tanti misteri quante sono le parole)” (…). I molti sistemi in cui è divisa l’esegesi cattolica dell’Apocalisse si possono ridurre a quattro. 1°) L’Escatologico: è il più antico e ancor oggi il più diffuso: l’Apocalisse (dal capitolo IV alla fine) predice gli eventi futuri della fine del mondo (persecuzioni e calamità, apostasie, anticristo, giudizio finale).

I suoi sostenitori sono: S. Gregorio Magno, S. Beda, Alcuino, S. Alberto Magno, Dionigi Certosino (…) S. Roberto Bellarmino, Cornelio A Lapide, Juan Mariana (…). 2°) Lo Storico antico: è quasi agli antipodi del primo: l’Apocalisse descrive la lotta del giudaismo e del paganesimo contro la Chiesa (…) il ciclo profetico dell’Apocalisse sarebbe compiuto col IV secolo (…). 3°) Lo Storico universale: ritiene che l’Apocalisse abbracci tutti i tempi… Gioacchino da Fiore inaugura la teoria delle sette epoche della Chiesa col coronamento di un millenarismo spirituale (…) Tale interpretazione ebbe gran voga essendo stata lanciata da Lutero presso i protestanti, da Bartolomeo Holzhauser presso i cattolici… Questo sistema superficiale diventa sommariamente arbitrario quando sminuzza la profezia in notizie di cronaca (…). 4°) Il Ricapitolativo: è l’unico, con il 1°, ossia l’escatologico, che possa dirsi tradizionale. L’Apocalisse non espone gli eventi in una serie progressiva continua, ma descrive alcuni eventi supremi della lotta tra Cristo e Satana… sino all’esito conclusivo: il Regno di Dio militante e trionfante. La recapitulatio è ammessa da s. Agostino De Civitate Dei, XX, 8. L’Apocalisse predice le direttrici della storia spirituale dell’umanità dall’Incarnazione alla fine del mondo, senza attardarsi alle contingenze particolari [come il 3° sistema “storico universale”, nda]»10.

Monsignor Francesco Spadafora segue – sostanzialmente – l’interpretazione di monsignor Romeo e aggiunge che secondo l’Apocalisse «nella lotta violenta, sanguinosa e senza quartiere, che il giudaismo condurrà contro la Chiesa, non questa soccomberà, ma il primo (…). Il paganesimo dell’Impero romano, e particolarmente il culto da tributare all’imperatore trovava nel cristianesimo un’opposizione irriducibile (…). I fedeli potevano dedurre che “scomparso” il giudaismo e l’odio dei giudei (sinagoga di Satana) seminatori di errori – primo nemico acerrimo – la Chiesa avrebbe trovato la pace, ora dopo il 70 dovevano costatare che il Regno di Dio incontrava ostacoli e persecuzioni dappertutto (…). Perché Gesù non manifestava la potenza contro i nemici del suo regno? Ed ecco la risposta di Giovanni. Il trionfo del Redentore e della sua Chiesa è sicuro (…) la venuta di Cristo per ciascuno di noi [giudizio particolare, nda] è vicina. [Quanto all’interpretazione - lo Spadafora - spiega che] la scuola gesuita spagnola restringe il ciclo profetico dall’Apocalisse al IV-V secolo… mentre tra gli acattolici moderni (E. Renan, A. Loisy) e modernisti lo spazio storico cui allude l’Apocalisse è ristretto al solo periodo contemporaneo a san Giovanni (seconda metà del I secolo d.C.)»11.

In breve l’Apocalisse è il libro divinamente ispirato che ci spiega ciò che è successo dall’Avvento di Cristo sino ad ora e ciò che dovrà succedere sino alla fine del mondo; questa è l’interpretazione comune dei Padri della Chiesa. Solo essa può aiutarci a scorgere, nel chiaro-oscuro della fede, i tempi che verranno, permettendoci di approdare alla filosofia e alla teologia della storia.

San Massimiliano Kolbe, nel luglio del 1939, ha scritto: “viviamo in un’epoca che potrebbe essere chiamata l’inizio dell’era dell’Immacolata12. In una lettera a padre Floriano Koziura (30 maggio 1931) ha specificato: “Sotto il suo stendardo combatteremo una grande battaglia ed innalzeremo le sue bandiere sulle fortezze del potere delle tenebre13.

Un avvenimento inquietante aveva fatto capire a fondo la natura della massoneria a p. Kolbe «Negli anni precedenti la guerra, a Roma, la mafia massonica […] non rinunciò neppure a sbandierare per le vie della città, durante le celebrazioni in onore di Giordano Bruno, un vessillo nero con l’effige di San Michele Arcangelo sotto i piedi di Lucifero e tanto meno a sventolare le insegne massoniche di fronte alle finestre del Vaticano»14.

Di fronte a tale flagello p. Kolbe, come già Pio IX nel 1849, capì – grazie ad una conferenza di p. Ignudi nel 75° anniversario dell’apparizione della Madonna all’ebreo Ratisbonne15 in S. Andrea delle Fratte del 20 gennaio 1917 – che solo Maria Immacolata, la quale ha schiacciato sin dal primo istante del suo concepimento il capo del serpente infernale, poteva sconfiggere la pestilenza massonica. Egli si chiese «In che modo ci possiamo opporre a questa pestilenza, a quest’arma dell’anticristo? L’Immacolata, Mediatrice di tutte le grazie, può e vuole aiutarci»16.

Padre Kolbe si rendeva conto che i tempi a lui presenti erano eccezionalmente dominati da satana e che le cose sarebbero andate sempre peggio. Quindi fondò la “Milizia dell’Immacolata” il 16 ottobre 1917 assieme a sei confratelli del “Collegio Serafico Internazionale” di Roma. Ora, la lotta contro satana, che è un puro spirito anche se decaduto, non può vincerla l’uomo, ma solo l’Immacolata, la quale tuttavia vuole la nostra povera cooperazione.

FINE
d. Curzio Nitoglia
3/1/2015
___________________
1. Cfr. M. Sales, La Sacra Bibbia commentata, cit., p. 673, nota 1. 
2. Prima di Gesù satana era totalmente scatenato e poteva tentare gli uomini con la massima intensità. Con la prima venuta di Gesù il diavolo è incatenato e può tentare ancora gli uomini, ma in maniera molto più limitata: “latrare potest, mordere non potest nisi volentem/il diavolo può abbaiare come un cane  legato ad una catena, ma non può mordere a meno che tu voglia essere morso” (S. Agostino). Solo alla parusia il diavolo sarà totalmente vinto e non potrà più nuocere ai fedeli redenti da Gesù.
3. Monsignor Francesco Spadafora qualifica l’Apocalittica come «odio atroce contro i Gentili, morbosa attesa della rivoluzione e della liberazione futura di Israele. All’Apocalittica si deve la formazione del più acceso nazionalismo  ebraico, che sfocerà nella ribellione all’Impero romano. Tramite essa si spiega la fiducia cieca dei Giudei per straordinarie rivincite nazionali vaticinate dai ‘falsi profeti’» (Dizionario Biblico, III ed., 1963, Roma, Studium, voce “Apocalittica”, p. 42). Monsignor Antonino Romeo specifica: «l’Apocalittica ha falsificato il Vecchio Testamento e, abbassando l’ideale messianico dei Profeti, ha ostruito le vie al Vangelo, ha predisposto i Giudei a respingere Gesù. Presentando un Messia che ridona a Israele l’indipendenza politica e gli procura il dominio universale, l’Apocalittica accentuò il particolarismo nazionalistico e spinse Israele alla ribellione contro Cristo e contro Roma, quindi al disastro» (voce “Apocalittica”, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1948, I vol., col. 1624). Su di essa si è formato il millenarismo temporale giudaico di Cerinto (v. B. Altaner, Patrologia, Casale Monferrato, Marietti, ed. VII, 1977, p. 58) ed in parte anche quello spirituale di Papia, vescovo di Gerapoli, discepolo di S. Giovanni e compagno di S. Policarpo, caduto nell’errore millenarista attorno al 130 (v. B. Altaner, Patrologia, Casale Monferrato, Marietti, ed. VII, 1977, pp. 54-55).
4. Cfr. A. Piolanti, Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, pp. 268-270, voce “Millenarismo”.
5. Cento problemi biblici, Assisi, Pro Civitate Christiana, 1962, 2a ed., “La fine del mondo in S. Paolo”, p. 584.
6. Padre Bonaventura Mariani parla di “un anticristo tipico e tanti anticristi quanti ne produrrebbe lo spirito di eresia […], uno solo alla fine del mondo, altri anche nelle epoche precedenti” (Cento problemi biblici, cit., pp. 594-595). 
7. Cento problemi biblici, cit. , p. 588. 
8. Cento problemi biblici, cit., ivi. 
9. Ibidem, p. 589. 
10. A. Romeo, Apocalisse, Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, vol. I, 1948, coll. 1660-1614. 
11. F. Spadafora, Dizionario biblico, Studium, Roma, 3ª ed. , 1963, voce Apocalisse, pagg. 35-41.
12. Gli Scritti di S. Massimiliano Kolbe, tr. it, Firenze, Edizioni Città di Vita, 1975-1978, vol. III, p. 555.
13. Ibidem, vol. I, p. 550.
14. Gli Scritti di San Massimiliano Kolbe (d’ora innanzi con la sigla “SK”) 1254; Gli attuali nemici della Chiesa (d’ora innanzi con la sigla “PMK”), n° 925, vol., 6, SK 1328; PMK, vol. 7, n° 1194, pp. 444-450. 
15. Il 20 gennaio del 1842 la Madonna apparve all’ebreo Alfonso Ratisbonne e lo convertì. Egli chiese il battesimo, poi entrò in seminario e divenne sacerdote. 
16. SK 1254; PMK,vol. 6, n° 925, p. 172. 

22 commenti:

viandante ha detto...
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viandante ha detto...

Complimenti per l'interessante esposizione.

Mi sorge una domanda: La Madonna dice che alla fine il suo Cuore Immacolato vincerà.
Cosa si intende? Infatti vi sono voci che sostengono che L'Immacolata vincerà e vi sarà un lungo periodo di pace.
Ma è compatibile questa lettura con la spegazione qui fornitaci dell'Apocalisse? O l'Immacolata vincerà con suo Figlio quando ritornerà glorioso alla fine dei tempi?

seraafino ha detto...

Complimenti per l'interessante esposizione.
Mi sorge una domanda: La Madonna dice che alla fine il suo Cuore Immacolato vincerà.
Cosa si intende? Infatti vi sono voci che sostengono che L'Immacolata vincerà e vi sarà un lungo periodo di pace.
Ma è compatibile questa lettura con la spiegazione qui fornitaci dell'Apocalisse? O l'Immacolata vincerà con suo Figlio quando ritornerà glorioso alla fine dei tempi?
A parte il fatto che, quelle fornite da don Curzio sono delle validissime e ricche di valide referenze, note esplicative, ma che, penso, faremmo torto prima a lui, se pensassimo che le voglie imporre come analisi certe, in tutti e singoli i punti, credo che la vittoria ed i Regno del Cuore Immacolato di Maria, se liberati da sensi millenaristici, sono concetti compatibili con entrambe le possibilità. Ovvero: TANTO l'Immacolata vincerà con suo Figlio quando ritornerà glorioso alla fine dei tempi; QUANTO, prima delle fine dei tempi,L'Immacolata vincerà e vi sarà un (più o meno) lungo periodo di (relativa) pace, comunque un 'epoca in cui si tornerà ad adorare Dio e godere dello splendore della Chiesa, come era prima della rivoluzione francese. Don Curzio mi perdonerà se dico che, questa seconda ipotesi è quella che più mi piace? Certo, l'unica "Terra promessa" è il Paradiso; certo, come disse una volta proprio don Curzio, ci dovrebbe consolare l'idea che abbiamo la pienezza di tutte le grazie necessarie e sufficienti per salvarci, se lo vogliamo. Ripeto: si meraviglia, trova disordinato, o almeno, "imperfetto" che, chi ha famiglia possa trovare più consolante, per il proprio impegno e per le proprie preghiere, la speranza che possa venire un giorno in cui, i figli dei propri figli possano trovare meno difficile (quindi forse meno meritorio, ma più alla portata) vivere in mondo/modo tale da poter fare profitto di tali grazie?

Anonimo ha detto...

Ecco, poniamo l’accento su quella congiunzione - etportæ inferi non prævalebunt –. Non si promette – evidentemente – che il “non prævalebunt” sia strettamente legato alla funzione assunta, da quel momento, dal Principe degli Apostoli e dai suoi legittimi successori. Cristo non promette che, a motivo di questa "presenza petrina", la Chiesa sarebbe stata inaffondabile. Anzi, S. Paolo lo esclude, perché avvisa che quel potere dovrà essere prima rimosso. Allora l’empio sarà rivelato e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta (2Ts 2,8).

L’Antico Testamento conferma questo annuncio di una “Crisi del Papato”, cui potrà rimediare solo una figura messianica: Non sarà tolto lo scettro da Giuda | né il bastone del comando tra i suoi piedi, | finché verrà colui al quale esso appartiene| e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli (Gn 49,10). Dovremmo perciò pensare che, nel momento storico in cui i suddetti passaggi biblici verranno a determinarsi, il Successore legittimo del Principe degli Apostoli sia confinato nel “recinto di Pietro”, e che la vera lotta escatolgica – determinante – si combatta tra le potenze infernali e il Cristo che si manifesta “dinamicamente” nella sua Parusia. Nel suo vaticinio, Isaia conferma appunto, anticipando S. Paolo, che quest’Uomo-Dio con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio (Is 11,4).

Tutto ciò, in verità, si spiega benissimo, perché La dimensione mariana della Chiesa precede la sua dimensione petrina (Mulieris dignitatem 27).

Ecco, voi tutti che accendete il fuoco,
che vi circondate di frecce incendiarie,
andate alle fiamme del vostro fuoco,
tra le frecce che avete acceso.
Dalla mia mano vi è giunto questo;
voi giacerete nel luogo dei dolori.

(Is 50,11).

Versetti che potremmo tranquillamente identificare con altri presenti nell’Apocalisse, oggetto della nostra riflessione.

Ecco, ricordo come debbano intendersi uniti e concordanti, nella promessa fatimita consegnata al mondo dalla Madre di Dio e della Chiesa, la drammatica “Crisi del Papato” – in divenire davanti ai nostri occhi – e quel trionfo del suo Cuore Immacolato, che noi tutti auspichiamo avvenga al più presto.

Don Curzio si chiede alfine: Come non collegare tale previsione ai tristissimi giorni nostri? Umanamente parlando la lotta tra la contro-chiesa e i fedeli della Chiesa di Cristo è sproporzionata. “Le porte degli inferi” hanno raggiunto una profondità, un’espansione ed un parossismo di sovvertimento intellettuale, morale e spirituale che nessuna forza umana potrebbe resistere loro..

Così S. Massimiliano Kolbe: “viviamo in un’epoca che potrebbe essere chiamata l’inizio dell’era dell’Immacolata … Sotto il suo stendardo combatteremo una grande battaglia ed innalzeremo le sue bandiere sulle fortezze del potere delle tenebre”

Convengo con entrambi.

Anonimo ha detto...

Ripropongo questa parte, che in verità andava prima. Forse la cancellazione è dovuta a chi cura il blog. Non saprei.

Ecco, partendo proprio dalle sopradette domande poste da altri commentatori circa il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria, da Lei promesso a Fatima il 17 luglio 1917: come conciliarlo con l’Apocalisse? Che significato esso assume all’interno dell’ultimo libro canonico della Bibbia?

Giustamente don Curzio ribadisce che il millenarismo è una dottrina condannata dal Magistero della Chiesa. Tuttavia, l’allora Prefetto per la Dottrina della Fede, card. Ratzinger ha ammesso, a proposito della Venuta intermedia del Cristo, che «la S. Sede non si è ancora pronunciata in modo definitivo».

I due asserti – trionfo del Cuore Immacolato di Maria e Venuta intermedia del Cristo – si tengono perfettamente qualora si consideri questa “Parusia intermedia” nella sua giusta ottica. Ritorniamo, per un momento, al Capitolo XII dell’Apocalisse: come torna Cristo? Cosa sono quei “dolori del parto”, che accompagnano la nascita – evidentemente spirituale – di Colui a cui viene attribuito un titolo messianico?: Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro (Ap 12,5).

Cos’altro vorrebbe intendere il profeta Isaia, in quei passi in cui annunzia l’Emmanuele?: Egli mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene (Is 7,15). Può il “Dio-con-noi” commettere il male?

“Vidi dei troni, e sederono su questi, e fu dato ad essi di giudicare, e le anime di quelli che furono decollati a causa della testimonianza di Gesù, e quelli i quali non adorarono la bestia, né la sua immagine, né ricevettero il suo carattere sulla fronte o sulle loro mani, e vissero e regnarono con Cristo per mille anni” (20, 4-5).

Don Curzio argomenta: La parola “bestia” normalmente designa l’anticristo finale, ma qui è evidente che in senso stretto essa si riferisce a satana poiché l’anticristo apparirà solo verso la fine del mondo, mentre qui si parla dei santi e dei martiri di tutte le epoche.

Questa spiegazione – “bestia” starebbe per Satana tout court - verrebbe a demolire buona parte del significato stesso del libro. No, la “bestia” è proprio l’anticristo finale, il quale – come dicono giustamente i Padri e non pochi esegeti – rappresenta una persona in carne ed ossa.

Ancora don Curzio: Dalle epistole di S. Paolo si evince che l’anticristo finale sarà coevo alla parusia (II Tess., II, 3-12). Questa sarà preceduta dall’apostasia generale”.

Molto vero. Difatti S. Paolo annuncia che, prima del manifestarsi del mistero dell’iniquità e del diffondersi dell’apostasia, dovrà essere tolto di mezzo colui che lo trattiene (katéchon). Molti esegeti, ancora ai giorni nostri, sostengono – a ragione – che questo “potere frenante” sia rappresentato dal Papato: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa» (Mt 16,18).

viandante ha detto...

Anonimo 19.07
Interessante anche il suo commento, però mi lascia un po' perplesso la questione della Parusia intermedia.

Nel Credo noi diciamo che Cristo tornerà di nuovo ( nel senso di una seconda volta) per giudicare i vivi e i morti.

San Bernardo parla di tre avventi di Cristo, quello di 2000 anni fa, quello al giudizio finale ed un avvento, che avviene solo per gli eletti, tra queste due venute. Questo avvento "intermedio" va però inteso nel senso che ad ogni consacrazione Gesù Cristo torna tra noi in Corpo, Sangue, Anima e Divinità sull'altare!

E poi se ammettesimo tale parusia intermedia, cosa ci sarebbe tra quella e l'ultima venuta? Un Regno messianico senza Cristo?
A meno di intendere la venuta gloriosa di Cristo estesa su un lungo periodo: una prima fase in cui tutti gli eletti vivranno un periodo felice in cui si potranno ulteriormente purificare (parusia intermedia?) in previsione del giudizio finale che avrà luogo subito dopo questo periodo. Ma è una ipotesi che non so se regge.

mic ha detto...

E poi se ammettesimo tale parusia intermedia, cosa ci sarebbe tra quella e l'ultima venuta? Un Regno messianico senza Cristo?

Ci sono molte forme di millenarismo 'spurie' in giro...
E occorre fare attenzione perché non sono sempre immediatamente riconoscibili.

seraafino ha detto...

Vedete,
mi sembra che, "ripulito" da orpelli millenaristici, il "Regno di Maria", possa essere simile alla situazione descritta da RALPH BENSON, nel romanzo "L'Alba di tutto" (Edizioni Fede & Cultura, Euro 16). Si tratta del"seguito/rovesciamento" ideale del più celebre "Padrone del mondo". Ripeto: don Curzio e la nostra gentile dottoressa Mic, si meravigliano, trovano disordinato, o almeno, "imperfetto" che ci sia auguri, si preghi e si speri che un giorno Dio si muova in modo da farla realizzare, una situazione simile?

seraafino ha detto...

Nessuno argomenta? Nemmeno per contestare?

MICHELE ha detto...

@ Seraafino
Si potrebbe contestare, eccome, anche per confutare, ma non serve a niente. Dicono che ci sono molte forme di millenarismo spurie in giro (ma la Chiesa non le condanna tutte), per cui tanto vale aspettare come andrà a finire: non tarderà molto tempo e si vedrà se è veramente la parusìa finale, o solo una tribolazione intermedia con seguito di ripresa trionfante del cattolicesimo. Chi vivrà vedrà.

viandante ha detto...

@Seraafino

È più che giusto chiedere la cosa più meritevole per i propri figli al Signore.
Su questo non si discute, ma ciò presuppone che sappiamo quale sia questa cosa veramente meritevole o prioritaria per i nostri figli.

È sicuro che sia un mondo senza nessuna difficoltà? Siamo convinti che possa sussistere in un mondo pur sempre scosso dal peccato originale, la possibilità di vivere tranquilli e felici senza problema alcuno?
Non sarebbe più cattolico chiedere al Signore che i nostri figli possano avere la Grazia per affrontare i problemi che si trovano di fronte e nel contempo rafforzarsi nella fede, potendo esercitare la carità, sicuri nella speranza di un vita ultraterrena in Paradiso?

Ecco nella sua domanda di partenza mi sembrava, magari sbaglio e se del caso mi scuso anticipatamente, di intravedere quell'affannarsi tipico di molti genitori (e certamente segno di amore) che pensano che togliendo le difficoltà e le prove dalla vita dei loro figli questi avranno maggiori possibilità di riuscita sia umana che spirituale.
Purtroppo non mi sembra che sia così, il nostro segno distintivo è la croce, è quella la via per la quale ci salviamo.

So benissimo che si aspira ad avere salute, di che mangiare ed un tetto sotto cui vivere, ma non dimentichiamo che siamo stati creati per conoscere, amare e servire Dio in questa vita e goderlo in Paradiso e tutto dovrebbe essere finalizzato a questo.

seraafino ha detto...

Caro Viandante,
lo ha letto " "L'Alba di tutto" (Edizioni Fede & Cultura, Euro 16)? Penso di no.
Se lo procuri e lo leggerà con piacere. E' stato scritto nel 1911. Benson, che col suo Lord of the World (1907) aveva
inorridito i lettori con la profezia di un mondo completamente
scristianizzato (oggi rivelatasi per molti aspetti spaventosamente reale),
si diverte ora ad immaginare lo scenario opposto: che succede se vincono i
nostri? L'avvento del Regno di Dio sulla Terra si va a delineare sullo
sfondo di un'Europa futuribile e sorprendente, che l'autore dipinge con
geniali intuizioni tecnologiche (i collegamenti satellitari, il pc, la
guerra aerea) e profetiche (le Guerre Mondiali, il pericolo del Nazionalismo
tedesco, l'esperimento del Socialismo Reale e il suo fallimento...).
Attraverso gli occhi sconcertati del protagonista, in tutto e per tutto un
uomo dei nostri tempi, il lettore imparerà ad orientarsi in un mondo nuovo,
dove Fede e Scienza non sono in contrasto, il concetto di democrazia è
superato, e il latino è parlato comunemente in ogni nazione.
Ripeto: mi sembra che, "ripulito" da orpelli millenaristici, il "Regno di Maria", possa essere simile a tale situazione. Trovate disordinato, o almeno, "imperfetto" che ci sia auguri, si preghi e si speri che un giorno Dio si muova in modo da farla realizzare, una situazione simile? Non è l'assenza di problemi. Legga il romanzo e mi faccia sapere.

seraafino ha detto...

Riecco ciò che ho scritto:
Certo, l'unica "Terra promessa" è il Paradiso; certo, come disse una volta proprio don Curzio, ci dovrebbe consolare l'idea che abbiamo la pienezza di tutte le grazie necessarie e sufficienti per salvarci, se lo vogliamo. Ripeto: si meraviglia, trova disordinato, o almeno, "imperfetto" che, chi ha famiglia possa ***trovare più consolante***, per il proprio impegno e per le proprie preghiere, la speranza che possa venire un giorno in cui, i figli dei propri figli **possano trovare meno difficile** (quindi *****forse meno meritorio, ma più alla portata*****) vivere in mondo/modo tale da poter fare profitto di tali grazie?

viandante ha detto...

@Seraafino

Certo se dovessi trovare un attimo di tempo lo leggerei volentieri.

Per restare comunque alla sua domanda, constatato che nelle premesse mi dice:
si diverte ora ad immaginare lo scenario opposto: che succede se vincono i nostri?

Eh sì, purtroppo tutto questo ce lo possiamo immaginare solamente su questa terra, perché la premessa di partenza non collima con quanto asserito dalla Scrittura, dove invece si parla di Principe di questo mondo, che sarà definitivamente assogettato solo dal ritorno glorioso di Cristo.

Certamente vi sono stati momenti nella storia, penso alla cristianità medioevale, dove al di là delle difficoltà pratiche della vita, l'organizzazione sociale e religiosa permetteva di tenere a bada il nemico, che comunque non era mai vinto definitivamente.

Poi c'è la questione di Maria e della vittoria del suo Cuore Immacolato, che anche io ho sollevato.
Sicuramente se la vittoria del suo Cuore Immacolato è totale significa che il Principe di questo mondo è stato sconfitto definitivamente e quindi siamo contemporaneamente alla venuta gloriosa di Cristo.
Se la vittoria è parziale, si può pensare ad una rifioritura della civiltà cristiana.
Ma è concepibile una vittoria solo parziale di Maria?

Però mi ripeto, il modo per poter trarre maggior profitto dalle grazie donateci da Dio, ci porta inevitabilmente ad un livello molto superiore a quello della vita semplicemente naturale. La grazia ci è donata per vivere la gioia di Dio ad un livello soprannaturale, pur comprendendo che la grazia sempre suppone la natura.

Anonimo ha detto...

Viandante: Siamo convinti che possa sussistere in un mondo pur sempre scosso dal peccato originale, la possibilità di vivere tranquilli e felici senza problema alcuno?

Non sarà più così: «Ecco l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo».

Siamo ancora in attesa di un esegeta "geniale" - nel senso di "visitato in modo speciale dallo Spirito Santo" -, che venga a fare piena luce su queste parole del Battista. Si tratta, in verità, di una Parola divina che si spiega appieno col preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria; ne appare il complemento: forse quell'Esegeta è già tra noi ...

mic ha detto...

Quell'Agnello che ha preso su di sé il peccato del mondo è già venuto e il peccato lo ha già vinto una volta per tutte sulla Croce e ora siede, Risorto, alla destra del Padre.
La Chiesa sta vivendo la sua "passio". Ma anche noi vinciamo il male e il peccato, visto che siamo Suoi, se "rimaniamo" in Lui...
E, se ci sarà la sua parusia come giudice definitivo, non sappiamo quando.
Ci sono segnali inquietanti; ma non possiamo dire se è un passaggio epocale come ce ne sono stati tanti nella storia, anche se il male sembra particolarmente scatenato in tutte le sue forme, oppure se si avvicina la fine dei tempi.
Dobbiamo solo continuare a custodire nella semplicità.

Rafminimi ha detto...

Viandante: Siamo convinti che possa sussistere in un mondo pur sempre scosso dal peccato originale, la possibilità di vivere tranquilli e felici senza problema alcuno?

Non sarà più così: «Ecco l'Agnello di Dio, che *toglie* il peccato del mondo".
AATTENZIONE: *toglie* e' un TOSCANISMO. in Toscana sposarsi si dice "TOGLIER MOGLIE", nel senso di portarsela con sè. La traduzione corretta, come ha fatto notare la nostra gentile dottoressa Mic, e come BXVI voleva che fosse modificato (e la CEI rispose "No, grazie, orami sono abituati così") e':«Ecco l'Agnello di Dio, che *SI CARICA* del peccato del mondo".

viandante ha detto...

Concordo con Mic e Rafminimi.
È incredibile però quante cose gli esegeti siano capaci di inventare. Ultimamente ho notato che sempre più sacerdoti si accostano agli UFO ritenendo anche questi partecipi del disegno salvifico di Cristo.
Da inorridire...

Anonimo ha detto...

Ecco, Viandante, Rafminimi, mic e tutti gli altri. Spiegate voi, cosa intendeva Benedetto XVI con le parole pronunciate a Fatima nel 2010: "Possano questi sette anni che ci separano dal Centenario delle Apparizioni, affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria, a gloria della Santissima Trinità. Amen".

Spiegate voi cosa sia questo benedetto Trionfo. Spiegatelo con argomenti razionali, teologici ... prima del 2017, s'intende. Sono curioso di leggere. Si evitino però i soliti dotti ghirigori, che ripetono sempre le stesse cose, senza spiegarci nulla. Grazie.

Rafminimi ha detto...

Spiegate voi, cosa intendeva Benedetto XVI con le parole pronunciate a Fatima nel 2010: "Possano questi sette anni che ci separano dal Centenario delle Apparizioni, affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria, a gloria della Santissima Trinità. Amen".
Mero e pio auspicio/desiderio, cui mi associo volentieri. Non ho remore ha pregare e sperare che davvero si giunga a qualche cosa che somigli a ciò di cui parla Benson in quel suo bel romanzo, cioè un (più o meno) lungo periodo di (relativa) pace e di splendore anche terreno della Chiesa . Penso, però, che, stando a ciò che abbiamo visto fino ad ora, ciò è difficile. Sembrerebbe meno difficile che si giunga proprio alla grande tribolazione che precede la Parusia. Comunque:per un verso "IN UN'ORA, DIO LAVORA". E,per l'altro verso, a ciò che mi risulta, neppure i più grandi entusiasti di BXVI, hanno mai parlato che abbia doti profetiche.

Anonimo ha detto...

mic. Quell'Agnello che ha preso su di sé il peccato del mondo è già venuto e il peccato lo ha già vinto una volta per tutte sulla Croce e ora siede, Risorto, alla destra del Padre.

Giusta precisazione, che tuttavia non spiega il significato ultimo delle parole del Battista: "Ecco l'Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo" (Gv 1,29). Leggendo questo passo del Vangelo di Giovanni, si rimane colpiti dall'uso ripetitivo dell'espressione "Il giorno dopo ..." . Il capitolo 2°, che narra delle Nozze di Cana - prefigurazione delle Nozze escatologiche dell'Agnello con la sua Chiesa - ha questo incipit: Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la Madre di Gesù. Fu invitato anche Gesù con i suoi discepoli (Gv 2,1s).

E' vero, col Battesimo il peccato originale viene cancellato; tuttavia - lo sappiamo - rimane nella persona una "tara", le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Possiamo anzi sostenere che, in questi nostri tempi confusi e travagliati, le conseguenze del peccato originale si manifestano in un modo spaventoso, mai visto prima. Nel mondo, ogni giorno, si commettono miliardi di peccati, senza contare che ci sono intere popolazioni che non hanno mai ricevuto il Battesimo. Come giustificare, dunque, le parole del Battista?

In questo contesto, mi sarebbe difficile entrare troppo nel dettaglio. Tuttavia, ribadisco che il Battesimo che "toglie il peccato" non può che essere un "battesimo di sangue", con il quale si porta a compimento la storia della salvezza, riproponendo l'evento salvificio per antonomasia, cioè la Pasqua del Popolo ebraico: il passaggio dalla schiavitù d'Egitto alla Terra Promessa, in cui è prefigurato il Battesimo cristiano nel passaggio tra le "acque" del Mar Rosso, non prima di aver ricevuto il segno salvificio del "sangue" dell'agnello pasquale.

A questa prima Pasqua rimanda la Pasqua definitiva, che noi attendiamo:

Non voglio stancare fino alla noia; si rilegga Mc 10,39, in cui è annunciato in che modo avverrà quest'ultima Pasqua. L'evento Fatima, il trionfo del Cuore Immacolato di Maria, hanno diretta attinenza con questa Pasqua cosmica, definitiva.


Così Benedetto XVI:

Il significato pieno del battesimo di Gesù, il suo portare «ogni giustizia» si rivela solo nella croce: il battesimo è l’accettazione della morte per i peccati dell’umanità, e la voce dal cielo «Questi è il Figlio mio prediletto» (Mc 3, 17) è il rimando anticipato alla risurrezione. Così si comprende il motivo per cui nei discorsi propri di Gesù la parola «battesimo» designa la sua morte (cfr Mc 10, 38; Lc 12, 50). (Gesù di Nazaret, Città del Vaticano 2007, p. 38).

Ecco, sono sempre in attesa di qualche dotto teologo - uno di quelli che vanno per la maggiore: un cattedratico, un prelato particolarmente erudito - che mi venga a spiegare nel dettaglio cosa sia questo benedetto Trionfo del Cuore Immacolato di Maria. Attendo e spero ...

Anonimo ha detto...

Vedo che non ha pubblicato nulla. Spero voglia almeno "studiare" la questione teologica che ho sollevato; tenerla a mente. E' destino che la Chiesa debba andare incontro alla sua passione finale, e che solo in extremis venga riconosciuto un ruolo a colui che è destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro.