Al Sinodo per la Famiglia il Card. Robert Sarah ha coordinato il lavoro di uno dei “circoli minori” in cui si sono discusse le tesi della relatio post disceptationem, il documento stilato al termine della prima settimana di lavoro dei vescovi. Il suo intervento è stato tra i più critici nei confronti di alcuni passaggi della relatio. Ad esempio, sulle coppie gay, la conclusione del circolo da lui presieduto hanno richiesto di distinguere il giudizio sulla persona omosessuale da quello sull’atto omosessuale, affermando: «La Chiesa non ha mai giudicato le persone omosessuali, ma i comportamenti e le unioni omosessuali sono una grave deviazione della sessualità». In questi giorni in cui molto si parla di lui per la correctio del papa alla sua nota sul Magnum proncipium [qui], un lettore mi segnala il suo intervento, veramente esemplare che, insieme ai numerosi richiami alla 'riforma della riforma' in netta divaricazione con le tendenze dell'attuale pontificato, spiegherebbe le ostilità dell'ala progressista nei suoi confronti emergenti dall'agone mediatico. Mi è stato segnalato nella versione inglese a suo tempo pubblicata dal National Catholic Register [qui] ma mi sono ricordata che lo avevamo tradotto e pubblicato qui. Lo ripropongo di seguito perché vale la pena ripercorrerlo alla luce di quel che poi è accaduto con l'AL. Infatti, seppure il card. Sarah non ha firmato i Dubia, non c'è dubbio alcuno sulla sua posizione. E richiamo la vostra attenzione sulla nostra nota finale.
Intervento del Cardinale Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
1. Più trasparenza e rispetto tra di noi
Sento un forte bisogno di invocare lo Spirito della Verità e dell'Amore, la fonte di parrhesia nel parlare e umiltà nell'ascolto, ciò che solo può creare vera armonia nella pluralità.
Dico francamente che nella fase precedente del Sinodo, su varie questioni si è avvertita la tentazione di cedere alla mentalità del mondo occidentale secolarizzato e individualista. Riconoscere le cosiddette "realtà della vita" come un locus theologicus significa rinunciare alla speranza nella forza trasformatrice della fede e del Vangelo. Il Vangelo che, una volta trasformate le culture, ora è in pericolo di essere da esse trasformato. Inoltre, alcune delle procedure utilizzate non appaiono finalizzate ad arricchire la discussione e la comunione, per quanto si sono adoperate per promuovere un modo di vedere tipico di alcune frange delle chiese più ricche. Questo è in contrasto con una Chiesa povera, segno gioiosamente evangelico e profetico di contraddizione per la mondanità. Neppure si capisce perché alcune affermazioni non condivise dalla maggioranza qualificata nell'ultimo Sinodo siano finite nella Relatio e poi nei Lineamenta e nell'Instrumentum laboris mentre altre questioni urgenti e molto attuali (come l'ideologia di genere) vengono invece ignorate.
La prima speranza è quindi che, nel nostro lavoro, ci sia più libertà, trasparenza e obiettività. Per questo, sarebbe utile pubblicare i riassunti degli interventi, per facilitare la discussione ed evitare qualsiasi pregiudizio o discriminazione nell'accettare le dichiarazioni dei Padri sinodali.
2. Discernimento della storia e degli spiriti
Una seconda speranza: che il Sinodo onori la sua missione storica e non si limiti a parlare solo di alcune questioni pastorali (come ad esempio la possibile comunione ai divorziati risposati), ma aiuti il Santo Padre ad enunciare chiaramente le verità e una guida reale a livello globale. Perché ci sono le nuove sfide rispetto al Sinodo del 1980. Una discernimento teologico ci permette di vedere nel nostro tempo due minacce inaspettate (quasi come due "bestie apocalittiche") situate su poli opposti: da un lato, l'idolatria della libertà dell'Occidente; dall'altro, il fondamentalismo islamico: il laicismo ateo e per contro il fanatismo religioso. Per usare uno slogan, ci troviamo “tra l’ideologia gender e l’Isis”. I massacri islamisti e le pretese libertarie si contendono regolarmente le prime pagine dei giornali (ricordiamo cosa è accaduto lo scorso 26 giugno!) Da queste due radicalizzazioni arrivano le due principali minacce per la famiglia: la sua disintegrazione soggestivista nell’Occidente secolarizzato attraverso il divorzio breve e facile, l’aborto, le unioni omosessuali, l’eutanasia etc (cfr teoria del genere, le 'Femen', la lobby LGBT, IPPF ...). Dall’altra parte la pseudo-famiglia dell’islam ideologizzato che legittima la poligamia, la sottomissione femminile, la schiavitù sessuale, le spose bambine etc. (cf. Al Qaeda, Isis, Boko Haram ...).
Numerosi indizi ci permettono di intuire la stessa origine demoniaca di questi due movimenti. Diversamente dallo Spirito di Verità che promuove la comunione nella distinzione (perichoresis), essi incoraggiano la confusione (omo-gamia) o subordinazione (poli-gamia). Inoltre, chiedono una regola universale e totalitaria, sono violentemente intolleranti, distruttori delle famiglie, della società e della Chiesa, e sono apertamente cristianofobi.
"Non dobbiamo lottare contro creature di carne e sangue ...." Dobbiamo essere inclusivi e accoglienti per tutto ciò che è umano; ma quello che viene dal Nemico non può e non deve essere assimilato. Non si possono accomunare Cristo e Belial! Ciò che il nazifascismo e il comunismo erano nel 20° secolo, le ideologie omosessuali e abortiste occidentali e il fanatismo islamico sono al giorno d'oggi.
3. Proclamare e servire la bellezza della monogamia e della Famiglia
Di fronte a queste due sfide mortali e senza precedenti ("omo-gamia" e "poli-gamia"), la Chiesa deve promuovere una vera "epifania della Famiglia". A ciò possono contribuire sia il Papa (come portavoce della Chiesa) che i singoli Vescovi e Pastori del gregge cristiano: cioè, "la Chiesa di Dio, che Egli si è acquistato con il suo sangue" (Atti 20:28).
Dobbiamo proclamare la verità senza paura, ossia il Piano di Dio, che è la monogamia nell'amore coniugale aperto alla vita. Tenuto conto della situazione storica appena ricordata, è urgente che la Chiesa, nel suo vertice, dichiari definitivamente la volontà del Creatore sul matrimonio. Quante persone di buona volontà e di buon senso si unirebbero in questo luminoso atto di coraggio, di svolta mediante la Chiesa!
Insieme ad una parola forte e chiara del supremo Magistero, i Pastori hanno la missione di aiutare i nostri contemporanei a scoprire la bellezza della famiglia cristiana. Per fare questo, si deve innanzitutto promuovere tutto ciò che rappresenta una vera iniziazione cristiana degli adulti, la crisi del matrimonio è essenzialmente una crisi di Dio, ma anche una crisi di fede, e ciò significa un'iniziazione cristiana insufficiente. Poi dobbiamo discernere quelle realtà che lo Spirito Santo sta già suscitando fino a rivelare la verità della famiglia quale intima comunione nella diversità (uomo e donna), che è generosa nel dono della vita. Noi Vescovi abbiamo il compito urgente di riconoscere e promuovere i carismi, i movimenti, e le realtà ecclesiali in cui la famiglia è veramente rivelata, questo prodigio di armonia, di amore per la vita e di speranza nell'eternità, questa culla della fede e scuola di carità. E ci sono tante realtà offerte dalla Provvidenza, insieme con il Concilio Vaticano II, nel quale viene offerto questo miracolo.
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Nota di Chiesa e post-concilio
Il termine offerto dalla Provvidenza riferito al concilio ci lascia abbastanza costernati. Torna a riproporsi con insistenza, la mitizzazione di un evento che si è rivelato certamente rivoluzionario, ma i cui punti controversi costituiscono i presupposti della crisi che stiamo attraversando. Finché non si riconosceranno le radici del male, non si potranno attuare i rimedi. In fondo il bergoglismo, pur nella sua inedita singolarità gesuitico-portena, compresa la corte dei miracoli che la affianca, non è altro che il frutto maturo della riforma travestita da aggiornamento che ha preso le mosse proprio da lì.
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Nota di Chiesa e post-concilio
Il termine offerto dalla Provvidenza riferito al concilio ci lascia abbastanza costernati. Torna a riproporsi con insistenza, la mitizzazione di un evento che si è rivelato certamente rivoluzionario, ma i cui punti controversi costituiscono i presupposti della crisi che stiamo attraversando. Finché non si riconosceranno le radici del male, non si potranno attuare i rimedi. In fondo il bergoglismo, pur nella sua inedita singolarità gesuitico-portena, compresa la corte dei miracoli che la affianca, non è altro che il frutto maturo della riforma travestita da aggiornamento che ha preso le mosse proprio da lì.
[Purtroppo abbiamo dovuto tradurre dall'unico testo integrale trovato in inglese, che è stato a sua volta tradotto dall'originale italiano]
30 commenti:
Solito riferimento obbligato al Vat II, qui sul finale e come evento provvidenziale, cui sembra necessario rendere il dovuto omaggio anche quando c'entra come i cavoli a merenda.... pena l'apparire troppo legato alla Chiesa perenne, bimillenaria e "giuridica"... ?
Peccato che il medesimo giá introdusse in nuce una confusione sui fini del matrimonio, poi il seme ha dato i suoi frutti.
Nella mia modesta opinione, formata dal confronto con insigni sacerdoti, il Concilio Vaticano II, sia sulla questione morale che soprattutto su quella liturgica, non è l'origine di ogni male, ma la prima conseguenza di essi. Contestazioni in seno alla Madre Chiesa sulla dottrina del matrimonio, sciatteria liturgica, idolatria del Papa come persona, voglia di ecumenismo fallace, erano già ampiamente presenti e diffusi nei pontificati di Pio XI e Pio XII. Il Concilio non fece che recepire questa mentalità e trasferirla su un piano superiore, pronto ad essere accettato da tutti come il nuovo volto della Chiesa. Le innovazioni che introdusse, riforma liturgica compresa, sono solo il primo dei molti e sempre peggiori frutti cattivi prodotti da quella malata mentalità del XX secolo.
I firmatari dei dubia sono sei. Di due non si conosce ancora il nome. Potrebbe essere uno dei sei anche il card. Sarah. Ma anche no.
OT https://www.lifesitenews.com/news/vatican-iis-lost-condemnations-of-communism-revealed-to-public-for-first-ti
https://leonardolugaresi.wordpress.com/2017/10/25/la-gogna-del-cardinale-sarah/
Sono il primo Anonimo.
La mondanitá è sempre stata antitetica rispetto alla Chiesa e c'è sempre stata, e per coloro che la seguono Gesù NON ha pregato.
Il Vaticano II ha sancito e codificato la volontá degli uomini di Chiesa (attenzione: degli uomini, non della Chiesa) di trovare un accordo con il nemico, al prezzo di oscurare la Vetitá (ad es. non dicendola tutta intera o non condannando l'errore).
I Papi sono sempre stati consci di ciò e in specie a partire da quelli coevi alla rivoluzione francese non hanno mancato di far sentire la loro ferma condanna per questa mondanitá che nei secoli XIXe XX si esplicava nel liberalismo e derivati nelle varie declinazioni tutte esecrabili (socialismo, modernismo etc)
Poi d'un tratto è venuta una primavera e una pentecoste e sono andati tutti in vacanza .... e con un bel rompete le righesi è trasmessa l'illusione che la guerra fosse conclusa quando invece si è fatta più grave.
Misconoscere la realtá del Vaticano II come effettiva svolta nell'atteggiamento di guerra al peccato, al mondo e al suo dannato principe è veramente un mistero, uno sbaglio certamente permesso per un bene superiore.
Condannare gli effetti ed esaltarne le cause mi sembra contraddittorio e certamente parte di questo mistero.
Io avrei una domanda per mic, senza alcuna vena polemica. Da premettere: sono convinto che dopo il Concilio Vaticano II ci sia stato un peggioramento generale nella Chiesa, pur non avendo io vissuto l'epoca pre-conciliare. Tuttavia come può spiegarsi, nell'ottica della fede ("a te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli") che un Concilio possa essere sbagliato? Non è più corretto affermare, come fanno molti consacrati, che molte interpretazioni del Concilio siano state errate? Non riesco razionalmente a capacitarmi dell'erroneità di un intero Concilio, per me significherebbe iniziare a dubitare su altro ancora.
Io pur essendo psicologo non parlerei di persone omosessuali ma solo di comportamenti omosessuali in quanto nessuno nasce e quindi È omosessuale ma semmai si comporta in modo tale.
Non riesco razionalmente a capacitarmi dell'erroneità di un intero Concilio, per me significherebbe iniziare a dubitare su altro ancora.
Marcello,
a questa domanda abbiamo risposto più volte affermando, alla scuola di Mons. Gherardini ad esempio, dal quale, cito:
... Il riferimento all’ uomo ed al mondo richiama d’ambedue la nativa finitezza, la creaturalità, la temporalità, il dinamismo, l’incessante evolversi, sul quale pende la spada di Damocle d’una sempre possibile involuzione. Ciò dà evidenza alla loro condizione variabile e contingente, ma anche alla problematicità dell’applicazione pratica di quei principi dottrinari che son in gran parte assoluti ed irriformabili. Anche la nota avverte una tale aporia e la segnala; ma non la risolve. Anzi, la complica nel momento stesso in cui stabilisce che “la Costituzione dovrà interpretarsi secondo le norme generali dell’ermeneutica teologica, tenendo conto… delle circostanze mutevoli cui sono intrinsecamente connesse le materie trattate”. In realtà, se la pastorale dovesse consistere in questo balletto di sì-e-no, una sua definizione sarebbe impossibile. È detto che al contingente va applicata l’indiscutibilità della dottrina; ma se codest’applicazione riducesse a contingente la dottrina o rendesse indiscutibile ed assoluto il contingente, stravolgerebbe l’uno e l’altro elemento : il sì a braccetto col no. Capisco perché già nell’Aula conciliare GS fu il testo più discusso e più ostacolato, cui poco valse l’affidamento a commissioni e sottocommissioni, ed altrettanto poco il passaggio attraverso ben quattro riformulazioni: la difficoltà, al limite della hibris, è nell’affermazione simultanea del sì e del no.
È forse dipeso da questa irrisolta aporia la problematicità che accompagna tuttora, dopo circa mezzo secolo di postconcilio, ogni discorso sulla pastorale. In pratica, essa serve per legittimar un po’ tutto ed il suo stesso contrario. Le due ermeneutiche conciliari, alle quali s’è spesso riferita l’analisi del Santo Padre, quella che fa del Vaticano II l’inizio d’un nuovo modo d’esser Chiesa e quella che lo collega invece alla vivente Tradizione ecclesiale, son ambedue legittimate dall’irrisolta aporia. Nelle due ermeneutiche, infatti, Il Vaticano II:
assume, sul piano dottrinario, l’aspetto e il valore d’un concilio dogmatico: l’una ne fa un super-concilio, l’altra la sintesi dottrinale di tutt’i precedenti concili;
sul piano pastorale, appare come un contenitore indifferenziato dalla sua stessa qualità pastorale, una sorta di “battitore libero” cui per ragioni pastorali è consentito di dire simultaneamente il sì ed il no.
S’impone, a questo punto, un giudizio sereno ed obiettivo sulla qualità complessiva del Vaticano II, che affrettatamente ed ingenuamente fu chiuso nell’area pastorale.
4 – I quattro livelli del Vaticano II – Chi ha dimestichezza non con la sola GS, ma con tutt’i sedici documenti conciliari, si rende ben conto che la varietà tematica e la corrispettiva metodologia collocano il Vaticano II su quattro livelli, qualitativamente distinti:
1. quello generico, del Concilio ecumenico in quanto Concilio ecumenico;
2. quello specifico del taglio pastorale;
3. quello dell’appello ad altri Concili;
4. quello delle innovazioni.
.....
L'intero intervento qui:
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2011/01/convegno-di-roma-sul-vaticano-ii.html
---segue
....
5 – Conclusione – L’adesione al Vaticano II è, per quanto sopra esposto, qualitativamente articolata. In quanto tutti e quattro i descritti livelli esprimono un magistero conciliare, tutti e quattro pongono al singolo ed alle comunità cristiano-cattoliche il dovere d’un’adesione, che non necessariamente sarà sempre “di Fede”. Questa va soltanto alle verità del terzo livello e solo in quanto provengono da altri Concili, sicuramente dogmatici. Agli altri tre livelli è doveroso riservare una religiosa e rispettosa accoglienza, fino a che qualcuno dei loro asserti non urti contro la perenne attualità della Tradizione per evidente rottura con l’ “eodem sensu eademque sententia” di qualche sua variante formale. Il dissenso in questo caso, specie se sereno e ragionato, non determina né eresia, né errore. Quanto al secondo livello, quello pastorale, bisogna proprio pensare, come ho accennato nella nota n. 19, che i Padri conciliari non conoscessero l’ipoteca illuminista da loro stessi pagata con l’apertura del Concilio ad una pastorale la quale, fin dall’inizio, secondo la logica illuminista da cui dipendeva, aveva dato lo sgambetto a Dio per sostituirgli l’uomo e talvolta per identificare nell’uomo lo stesso Dio. Fu infatti la pastorale del XVIII sec. a mettersi dietro le spalle le motivazioni, le fonti, i contenuti ed il metodo della teologia dogmatica. E a spalancare le porte del fortilizio teologico al primato del naturale, del razionale, del temporale, del sociologico.
A proposito del link segnalato da Fabrizio Giudici:
la mancata condanna del comunismo fu un'altra delle tragedie del Vaticano II, in genere meno evidenziata rispetto alle altre (falso ecumenismo, liberalismo, collegialità).
Da questa mancata condanna derivò non solo un'ulteriore espansione del comunismo nel mondo, ma anche lo sviluppo della teologia della liberazione filomarxista con tutte le disastrose conseguenze anche attuali nella Chiesa.
Davvero importante dunque l'iniziativa di Life site news di tradurre per la prima volta i testi di condanna del comunismo già preparati durante i lavori della Commissione preparatoria del Vaticano II sotto la direzione del Card. Ottaviani (tre Dichiarazioni) e poi 'mandati al macero' dai neomodernisti fin dalle prime battute in aula conciliare, insieme a tutti gli altri testi da essa elaborati (tranne uno), troppo tradizionali e cattolici per i loro gusti.
Enorme anche qui la colpa di Giovanni XXIII che avallò il colpo di mano neomodernista.
Nel 1965 ci fu poi una petizione ufficiale affinché il Vaticano II condannasse apertamente il comunismo, firmata da centinaia di Padri conciliari, che ovviamente finì insabbiata da parte dei soliti noti, stavolta con l'avallo di Paolo VI.
Il Card. Sarah farebbe meglio a lasciarlo perdere, 'sto Concilio...
Sacerdos quidam,
per favore, può inviarmi la sua mail?
a romaperenne@gmail.com
Sacerdos quidam - Felice
per favore, potete inviarmi la vostra mail?
a romaperenne@gmail.com
la mancata condanna del comunismo fu un'altra delle tragedie del Vaticano II, in genere meno evidenziata rispetto alle altre (falso ecumenismo, liberalismo, collegialità).
Io mi chiedo se non sia stata la più grave - tenendo conto che non solo di comunismo si parlava, ma di tutto quel filone post-marxista che poi ci avrebbe invaso nei decenni successivi. Forse i "buchi" aperti sugli altri fronti non sarebbero stati così disastrosi se si fosse tenuto quel punto. E qui il problema di quell'omissione è chiaramente conciliare, non post-conciliare.
http://www.catholicherald.co.uk/news/2017/10/24/cardinal-sarah-every-nation-has-a-right-to-distinguish-between-refugees-and-economic-migrants/
http://www.culturacattolica.it/attualit%C3%A0/in-rilievo/ultime-news/2017/10/25/scriviamo-la-nostra-amicizia-e-stima-al-card-robert-sarah?ui=object18118#object18118
OT: Gender-follia alla Regione Lazio
Venerdì prossimo si terrà un convegno dedicato alle "varianze di genere in età evolutiva". Tra i relatori Polly Carmichael che, nella sua clinica di Londra, somministra ormoni che inibiscono lo sviluppo sessuale ai bimbi, in attesa che decidano su quale genere puntare!!!
La Regione Lazio s'è sempre distinta per non aver mancato una, una sola cxzzxtx, ha un senso apposito alla bisogna, sviluppatissimo. Tutto ciò che è ingiusto lo fa suo, lo sbandiera, propagandolo. Avrà dei benefits occulti!
E una follia collettiva, ancorchè è quella di una minoranza la cui tirannia sta dominando il mondo occidentale, pazzi i medici, pazzi i genitori, pazze le autorità, e ancora dicendo che sono pazzi si sminuisce la loro responsabilità, le sole vittime sono i bambini, sono i giovani diventati gli strumenti necessari di quella follia, una mente sensata può solo essere sconvolta dalla realtà ormai in atto, e autorizzata, che dei medici sospendono lo sviluppo sessuale di un giovane in attesa, dicono, che si decida di sapere se è maschio o femmina, a quale genere vuole appartenere!
Follie che ci sono presentate come delle vittorie, dei progressi dei diritti umani, della libertà, mentre sono solo le deviazioni estreme di una società malata e decadente.
E' questa tipa il relatore ?
http://gids.nhs.uk/who-we-are/polly-carmichael
CV2 non ha parlato sul comunismo, come oggi Bergoglio non parla sull'impero gay. Diversi tempi, diversi ordini, stessi padroni.
Per chi ne fosse all'oscuro, la mancata condanna del comunismo durante il Vaticano II fu il frutto dell'accordo segreto stipulato per ordine di Giovanni XXIII, - su suggerimento del card. Montini (naturalmente...) - tra il suo inviato card. Tisserant ed il metropolita Nicodemo del Patriarcato di Mosca.
In cambio della presenza di rappresentanti 'ortodossi' di quel patriarcato durante il Vaticano II, Papa Giovanni (e Montini) prometteva(no) il silenzio sul comunismo da parte del Concilio:
« “Il patto scellerato tra il Vaticano e il Cremlino”. Così lo chiama il giornalista-scrittore Antonio Socci in un articolo-rivelazione pubblicato sul quotidiano “Libero” il 21 gennaio 2007. Le persone informate già sapevano, ma lui ha scovato ulteriori prove.
Così esordisce:
“Ecco dunque la ‘pistola fumante’. La prova documentata, nero su bianco; sta in un appunto che Paolo VI in data 5 novembre 1965, fece pervenire a Mons. Felici, segretario generale del Concilio. In tale ‘annotatio’ Montini invita a rispettare ‘gli impegni del Concilio’ evitando condanne esplicite del comunismo (…).
Paolo VI si riferiva agli impegni sottoscritti dal Vaticano con il Patriarcato ortodosso di Mosca, ossia con il Cremlino e il Kgb, per legare le mani al Concilio. I suddetti impegni si trovano elencati esplicitamente dal Papa stesso nel suo appunto: ‘di non entrare in temi politici, di non pronunciare anatemi, di non parlare di comunismo’. [...]
Di temi politici il Concilio parlò diffusamente [...] . Solo del comunismo non si occupò, perché c’era il veto di Mosca accettato da Roncalli in cambio di (si noti bene!) due osservatori ortodossi al Concilio, ben selezionati dal Kgb.
Nelle centinaia di pagine dei documenti conciliari non si trovano neanche i vocaboli ‘comunismo’ e ‘marxismo’ ( di cui si erano tanto occupati i Pontefici fino ad allora). Fu una svolta storica.
La nota di Paolo VI richiama la data 1962 perché proprio nell’agosto di quell’anno è l’accordo, stipulato a Metz, fra il Card. Tisserant (per conto di Giovanni XXIII) e il Metropolita Nicodemo (per conto del Patriarcato di Mosca – ossia del Cremlino).
Questo appunto di Paolo VI era ‘sepolto’ nel mare immenso di documenti del Concilio Vaticano II.
Mons. Giorges Roche, per trent’anni segretario del Card. Tisserant, conferma, in una lettera, gli accordi di Metz tra Roma e Mosca, precisando che l’iniziativa dei colloqui fu presa personalmente da Giovanni XXIII dietro suggerimento del Card. Montini (cfr Jota Unum, pp.66-67). »
( https://www.radiospada.org/2013/09/lautodemolizione-della-chiesa-cattolica-4-il-patto-scellerato/ )
Viva il Vaticano II...
Purtroppo la fedeltà al CV II è diventata una condizione di credibilità.
Se lo si critica è come se ci so ponesse fuori dalla Chiesa, si diventase scismatici, ribelli, pericolosi.
Quindi ogni cosa viene detta dal 'critico', anche la più profonda e corretta, non è più credibile.
Stessa cosa avviene dall'altra parte, la nostra:
il card. Sarah ha detto altre cose giuste, soprattutto per il clima esistente, ma la sua dichiarazione di fedeltà al CVII le fa passare in secondo piano, nessuno mi pare che le abbia apprezzate.
Per questo non credo che si riuscirà mai ad eliminare le crepe del CV II.
Ci si potrà arrivare se la maggioranza dell'alto clero ne prenderà coscienza e convocherà un altro Concilio per rimediare.
Ma cio' non mi sembra possibile perche' la maggior parte dell'alto clero lo ritiene corretto e intoccabile e l'altra buona parte ha forse dei dubbi, ma non li esterna perche' teme di essere emarginato perche' nemico, retrogrado, inaffidabile.
Forse potrà verificarsi una correzione dopo la piena realizzazione delle parti più protestanti del CVII e dell'interpretazione postconciliare, portandole alle estreme conseguenze, come sta face do Bergoglio.
La Chiesa si spaccherà sempre piu' e, forse, solo allora l'alto clero prenderà coscienza degli errori e dei conseguenti disastri, e rimedierà, tornando al Magistero perenne e alla sana Dottrina.
E solo allora interverra' il Signore, ma ovviamente tutto ciò non sarà indolore, ma un cammino di Passione. Io la vedo così.
La mancata condanna del comunismo al Concilio
Riflessione: la mancata condanna del comunismo toglie a priori ogni valore alla costituzione Gaudium et spes sulla Chiesa e il mondo contemporaneo, dal momento che, come notava Romano Amerio, il comunismo (al tempo trionfante e dilagante in Occidente e non solo) rappresentava l'essenza stessa del mondo contemporaneo, ateo, miscredente ed ostile al Cristianesimo. Occorreva un confronto intellettuale di alto livello. Questo confronto era bene impostato nei famosi schemi dottrinali preparati dalla Curia e fatti naufragare dai Novatori in Concilio, con la complicità di Giovanni XXIII.
Il punto della mancata condanna al comunismo, oltre ad Amerio, è stato approfondito analiticamente anche da De Mattei, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Lindau, To, 2010, cap. VI, par. 9."Concilio e comunismo: storia di una mancata condanna, pp. 492-506.
La petizione di ben 454 Padri richiedente che si discutesse del comunismo fu bloccata dal sacerdote francese Achille Glorieux, segretario della Commissione mista responsabile della preparazione e della revisione dello schema sulla Chiesa nel mondo moderno, con il pretesto di non voler intralciare il lavoro delle commissioni (De Mattei, p. 500).
Chi era mons. Achille Glorieux? Di Lilla, era il teologo del card. Liénart e perito conciliare. Teneva una mezza dozzina di posizioni in Vaticano (lo afferma Wiltgen, che documenta accuratamente il sabotaggio effettuato da Glorieux e la confusione che regnava nelle Commissioni miste, imposte da Roncalli su suggerimento di Bea, per sottrarre il Concilio alla Commissione dottrinale della Curia, di Ottaviani e Tromp). Liénart, elemento di punto dei Novatori, fu colui che interruppe lo svolgimento del Concilio alla prima seduta (si doveva solo votare) chiedendo un aggiornamento per dar modo ai Padri di conoscersi e votare loro le Commissioni, dopo aver sentito le Conferenze Episcopali, commissioni già preparate invece dalla Curia, come da prassi. Si trattava di un piano ben preparato dagli elementi progressisti e ben noto alla storiografia più attenta.
PP
Concilio VAticano II valido o invalido? i criteri di validità di un Concilio Ecumenico
Si rifiuta ovviamente di poter considerare invalido il pastorale VAticano II nella sua totalità. Ma ci si rifiuta anche di considerare che possano esser teologicamente eterodosse certe sue ambigue o comunque nuove impostazioni. Il che non implicherebbe di per sé l'invalidità dell'intero concilio ma porrebbe comunque il problema di cosa fare delle sue parti non ortodosse o comunque ambigue e fonti di possibili errori. Il Concilio è pastorale, non ha proclamato dogma alcuno, non si commette peccato alcuno nel criticarlo né lo commetterrebe quel Papa o quel Concilio del futuro che intervenisse su di esso con il bisturi o ne dichiarasse l'invalidità. Cosa in futuro non impossibile, a mio modesto avviso, data l'impossibilità nei documenti di separare il grano dal loglio senza demolirli: non mettiamo limiti all'azione della Provvidenza.
Nell'ambito della presente discussione credo sia utile a tutti richiamare il seguente punto, a mio avviso di fondamentale importanza, che ho richiamato nei lavori con i quali mi sono occupato del Concilio, ma che credo per forza di cose ignoto ai più. Si tratta della determinazione dei criteri per potersi avere la validità di un Concilio ecumenico.
In tutta la storia della Chiesa, questi criteri furono enunciati una sola volta, nel secondo Concilio di Nicea (787) che fulminò l'eresia iconoclastica.
Nel dichiarare non ecumenico il sinodo di Costantinopoli del 753, che voleva legittimare l'iconoclasmo, si stabilì che tale assemblea non poteva considerarsi legittima perché non c'erano i requisiti di base. E cioè: 1. Non c'era stata partecipazione o invio di legati del Papa e dei 4 Patriarchi apostolici; 2. non si era professata una dottrina conforme a quella dei precedenti [sei] Concili ecumenici; 3. le sue decisioni non erano state ricevute dalle chiese.
Qui interessa in particolare il punto n. 2 di per sé autoevidente, ma comunque (è importante) elevato a criterio formale di validità. Nella traduzione di Vittorio Peri: "...Come potrebbe a suo turno [essere, questo Concilio di Costant. voluto dagli iconoclasti] il settimo [dei Conc. Ecum.] quello che non concorda con i sei santi ed ecumenici concili precedenti ad esso?". Come potrebbe essere un vero Concilio, visto che la sua dottrina "non concorda" con quella dei precedenti? Il non concordare recita, nel greco, lett.: "non è in sinfonia", non è in armonia, noi diremmo (e me symphoniousasa). Fonte: V. Peri, I concili e le chiese, Ed. Studium, Roma, 1965, pp. 24-25, che traduce il passo, riportando l'originale in nota.
Abbiamo non solo il diritto, ci incombe il dovere, di fronte alla crisi spaventosa della Chiesa, di indagare "l'armonia" della dottrina del Vat. II con la dottrina perenne della Chiesa.
PP
Non so come andranno le cose. So che noi laici abbiamo le mani più libere dei consacrati e la testa vincolata solo a Dio,Uno e Trino. Tutto quello che possiamo, dobbiamo farlo. Parlare, per esempio,della stranezza che dall'assise del concilio non è uscita mezza virgola di condanna, nè generici discorsi intorno al comunismo, è interessante e porta a tante altre situazioni a noi contemporanee. Ormai la chiesa si è talmente legata al comunismo o alla sua trasformazione liberal-democratica politicamente corretta che anche le persone più preparate non rispondono, non fanno domande, temendo che tutta la loro costruzione, che a questo punto non è solo politica, nè solo ecclesiale ma, anche di pensieri e sentimenti personali forgiati da questo torbido connubio, che le persone dunque temono di rimaner schiacciate dal crollo di tutto l'apparato che hanno fatto proprio. E l'hanno fatto proprio perchè hanno preferito starsene al calduccio nel gruppone, piuttosto che dar fiducia alla loro coscienza, quando ancora desta, che inevitabilmente li avrebbe separati ed esposti alle tempeste dell'Eterno.
Forse pensavano di poterlo cavalcare .
Il problema del Concilio Vaticano 2 è troppo complesso, dopo 60 anni la soluzione consensuale anche tra i tradizionali è ancora lontana. È dunque una questione divisiva. La crisi bergogliana è urgente, esige una azione unanime che non si può legare alla soluzione del problema conciliare.
Il "caso Bergoglio" e il problema del Concilio
Nessuno pretende di legare la "soluzione" del "caso Bergoglio" alla soluzione del problema rappresentato dal Concilio. La "soluzione" del caso Bergoglio potrebbe cominciare se i 2 o più cardinali dei Dubia si decidessero finalmente a stilare la c.d. "Correzione dottrinale", che non ha bisogno nell'immediato di mettere sotto accusa il Concilio, nel suo intento (si suppone) di ristabilire la vera dottrina della Chiesa sul matrimonio e i Sacramenti.
Tuttavia, resta il dato di fondo: il non aver fatto e il continuare a non far chiarezza sul Concilio (si rinvia all'infinito) rende gli eventuali tentativi di restaurazione della vera dottrina privi di un solido fondamento, facendone (temo) qualcosa di non sufficientemente chiaro e nitido, destinato pertanto a incider poco.
Esempio: è giusto richiamare l'insegnamento di GPII sul matrimonio per contrapporlo alle storture dottrinali che si possono ricavare dal testo ambiguo di Papa Francesco (AL). Tuttavia, il concetto di matrimonio difeso da GPII è quello del Vat II, di Gaudium et Spes, 48, ove si dice, come si sa, che l'istituto del matrimonio e l'amore coniugale "sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento [fastigium - iisque veluti suo fastigio coronantur]". La procreazione ed educaz. dei figli da scopo primario a "coronamento" o culmine del matrimonio: è forse lo stesso concetto? E se lo è, perché esprimersi in questo modo non chiaro? La non-chiarezza di certi testi del Concilio non si riflette forse in certe ambiguità di Papa Francesco?
Le voci critiche hanno notato a suo tempo: non c'è più qui la netta distinzione e subordinazione tra scopo primario (procreazione) e scopo secondario del matrimonio (rimedio alla concupiscenza), nella migliore delle ipotesi i due fini sono messi sullo stesso piano. Il che, comunque, non è conforme all'insegnamento di sempre della Chiesa sul matrimonio.
Comunque, anche con i suoi inevitabili limiti, l'iniziativa della Correzione dottrinale sarebbe ugualmente di fondamentale importanza. Restiamo sempre in fiduciosa e grata attesa.
PP
L'educazione cristiana dei figli è lo scopo legato indissolubilmente alla santa convivenza degli sposi.
Il coronamento è quello di spine. Non tanto per il dolore, quanto per l'impegno che richiede la convivenza santa e l'educazione cristiana dei figli. Da soli si sale sulla croce, della propria santificazione e di quella di coloro che NSGC ci ha affidato, con buona pace delle melasse e delle svenevolezze romantiche e/o erotiche.
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