L'articolo pubblicato nei giorni scorsi a proposito della Messa Tradizionale celebrata da S.E. Mons. Massimo Camisasca ieri sera, a Correggio di Reggio-Emilia,ha creato diverse polemiche ed un discreto dibattito. Come era immaginabile che accadesse d'altronde.
Difficile era però aspettarsi che un articoletto scritto su un blog di "talebani", come qualcuno sicuramente ci considererà, potesse finire negli interessi del Vescovo reggiano, il quale durante l'omelia si è riferito- ovviamente non nominandolo - a questo blog e ai due articoli comparsi a proposito di questa vicenda.
Le parole pronunciate dal Vescovo sono state udite dalle stesse orecchie di chi scrive che, nonostante le domande spigolose, critiche, e se vogliamo anche provocatorie, si è recato alla Santa Messa a differenza di chi si fa promotore restando chiuso fra le quattro mure domestiche della propria cittadella. O, per dirla con Luciano Ligabue, correggese di nascita e di vissuto, pensa che basti la propria "piccola città eterna" per essere a posto con il mondo.
Prima di passare ad un breve resoconto seguito dall'analisi di qualche specifico punto, riportiamo e trascriviamo un estratto dell'omelia tenuta da Sua Eccellenza in occasione della Messa celebrata secondo il Rito di sempre, come ci piace chiamarlo. Qui si potrà intuire il chiaro riferimento alla controversia di questi giorni:
"Cari Fratelli e sorelle,
Perché il Vescovo è venuto qui? Vorrei iniziare subito rispondendo a questa domanda. La prima risposta: perché voi siete miei figli! E il Pastore, deve essere il Pastore di tutte le sue pecore; ciascuna secondo il suo dono e secondo la sua storia. Tutti coloro che sono dentro il nostro gregge, hanno il diritto di essere seguiti, ascoltati, corretti e amati dal Pastore. E perciò ho desiderato venire qui innanzitutto proprio per questa ragione.
La seconda ragione è più direttamente inerente alla celebrazione del rito straordinario. Perché io sono profondamente convinto che l'intuizione di Benedetto XVI non fosse contro la Messa di Paolo VI, ma a favore di essa. E cioè in modo che le due celebrazioni, le due forme diverse di celebrazione, potessero aiutarsi a vicenda. In particolare che il silenzio e la sacralità che accompagna il cosiddetto rito antico, possa aiutare tutti noi presbiteri che celebriamo la Santa Messa secondo il rito di Paolo VI, del Concilio Vaticano II, a custodire sempre quel gusto del silenzio, della meditazione e dell'essere davanti a Dio che deve connotare ogni celebrazione eucaristica. Se mi chiedete personalmente cosa penso, penso che sia stato un bene per la Chiesa la traduzione nelle lingue moderne, la traduzione della celebrazione eurcaristica; penso nello stesso tempo che sarebbe stato un bene anche custodire il latino all'interno della celebrazione eucaristica, nelle lingue moderne: ad esempio nel Prefazio, nel Canone o almeno in alcune celebrazioni. Perché la gente intuisce, capisce, sente. Ecco dunque le tre ragioni per cui oggi sono qui.
Oggi mi sono anche divertito leggendo alcuni blog. Di solito non li leggo mai, perché li ritengo un'assoluta perdita di tempo. Ma oggi mi sono un po' divertito, non di mia iniziativa ma per iniziativa dei miei cattivi segretari che mi hanno fotocopiato degli articoli sulla mia venuta qui. E vi assicuro... vabbè, diciamo che mi sono divertito; altrimenti uno si fa il sangue amaro! Ma siccome farsi il sangue amaro è una cosa negativa, allora bene, prendiamo le distanze. A me le letture politiche delle vicende ecclesiali non interessano; mi interessa la Chiesa, mi interessano i miei figli, mi interessa aiutare ciascuno nella situazione in cui è, secondo la sensibilità che ha e anche le necessità di correzione. Quindi vi supplico veramente di portare tutta la vostra sensibilità e la vostra storia nella edificazione della comunione ecclesiale della nostra Chiesa. Una Chiesa che vive talvolta lacerazioni, polarizzazioni, che possono nascondere quello che è invece il valore centrale della sua realtà: la comunione trinitaria che vive nel tempo."
Ebbene, ognuno da questa prima parte di omelia può farsi una sua idea, senza di certo nessuno che voglia convincere od obbligare a credere altre cose da quelle che si vogliono percepire. La seconda parte dell'omelia è stata improntata, come giusto che fosse, sulla Madonna: epperò senza nessun particolare riferimento a Fatima. Argomento forse, in senso generale, diventato tabù per la schiettezza e l'imbarazzo che può andare a creare. In sostanza: o si parla di Fatima come di rose e di fiori, di feste, coriandoli e festoni, oppure si evita in toto l'argomento onde evitare di spaventare qualcuno per la portata escatologica presente nell'essenza di queste apparizioni.
Per non risultare di essere accusati di negativismo chiuso, o di vedere tutto come male, diremo anche ciò che di bene si è potuto osservare prima di passare ad un'analisi veloce dei contenuti presenti nella parte di discorso del Vescovo sopra riportata: una chiesa gremita e tanta gente contenta di assistere alla Santa Messa tradizionale. Questo, ovviamente, è potenzialmente un bene.
Veniamo all'omelia. Pare superfluo commentare il nitido riferimento del Vescovo a questo blog, ché se anche ci sbagliassimo ad intenderlo come a noi rivolto, facendo una qualsiasi ricerca su internet si può notare che nessun altro ha trattato il tema se non limitandosi all'annuncio del tal evento. Ognuno dunque, può farsi una propria idea e un proprio pensiero su questo riferimento.
Vale lo stesso per ciò che Camisasca definisce il secondo motivo del suo essere stato presente a celebrare la Santa Messa "straordinaria", come la si usa chiamare in ambiente conservatore. Forse l'unica nota stonata in quel ragionamento è dire che le due Messe si aiutano a vicenda a migliorarsi: di solito, un buon conservatore, dice quantomeno che solo la Messa antica può aiutare la Messa nuova a migliorarsi, e mai viceversa. Tuttavia, visto che la posizione del sottoscritto è un'altra ma assolutamente irrilevante ai sensi del discorso, tralasciamo.
Il vero punto cardine è invece situato nella prima risposta che il Vescovo Massimo dà al perché della sua presenza in quella sede. E così dice: "Perché il Vescovo è venuto qui? (...) La prima risposta: perché voi siete miei figli! E il Pastore, deve essere il Pastore di tutte le sue pecore; ciascuna secondo il suo dono e secondo la sua storia. Tutti coloro che sono dentro il nostro gregge hanno il diritto di essere seguiti, ascoltati, corretti e amati dal Pastore".
Il senso di tali affermazioni è sicuramente espresso in buona fede, tuttavia ascoltandolo lì per lì non ho potuto che interpretarlo così: il Vescovo è qui perché è stato chiamato, e perché tutto sommato noi abbiamo questa sensibilità, una delle tante sensibilità rientranti nell'ovile. Il tema della sensibilità è famosamente caro a Comunione e Liberazione, movimento dal quale Camisasca proviene e al quale è ancora ovviamente legato, per affetto o per formazione che sia.
Ragionandoci sopra un poco, facendo scorrere la prima impressione a caldo, sono arrivato a questa finale interpretazione: il Vescovo va da tutti, a seconda di chi lo chiami e accettando ogni tipo di sensibilità corrente. Chi pone, dunque, il limite alla sensibilità? Qui sorge l'errore a mio parere: il Vescovo, proprio per la carica che ricopre, deve andare dal Vero, non da tutti. Se poi volesse decidere di andare da tutti, dovrebbe andarci per portarli al Vero, ed è Vero solo ciò che è, per quel che è, e in quanto è nella suo perfetto ordine con Dio. Una superficiale considerazione della pastorale implica un rischio di interpretazione secondo il quale la Verità si edifica sulla sensibilità e sulla storia di ciascuno. Ma questo è l'esperienzialismo più becero! Chi ha creatività lo si lasci fare dunque, chi ha più interesse nel pregare per gli LGBT lo si accompagni e lo si faccia ragionare sulla propria sensibilità.
L'approfondimento richiederebbe molto più tempo, ma si è convenuto che tanto sarebbe tutto inutile: chi vuole capire capisce, chi non vuole capire si ostina a continuare per la propria tangente, relegando un fatto ad essere un solo fatto, improduttivo e privo di coerenza, tacciando gli altri di estremismo senza porre in campo, nelle disputationes, un ben che minimo argomento. Insomma potremmo dire che è l'esultanza per aver conquistato qualcosa in casa propria. Per bacco, tutto può avere un suo perché ed un suo seguito, ma in questo caso, quando si faceva emergere la paure del caso isolato, non ci si sbagliava di molto.
Se la condizione massima di ogni gesto verso i figli, pur fatto amorevolmente come di certo sarà stato fatto da Mons. Camisasca, è un occhio di riguardo verso la propria sensibilità , allora chiunque va bene purché mostri qualche legame con uno pseudo-cattolicesimo adulto, come dimostrò essere la Messa in grande memoria e pompa magna per Alcide De Gasperi, sempre tenutasi a Reggio-Emilia.
Può essere questa la via da percorrere? La domanda è lecita, ma le risposte solitamente tardano ad arrivare, se non con argomenti scadenti e privi di spessore.
Per il sottoscritto è poi difficile da credere al cento per cento a questa riverenza verso i figli; diversi sono i motivi, e certamente dettati ( a proposito ) dalla mia particolare storia ed esperienza. Mi è impossibile però dimenticare l'esperienza di due carissimi amici i quali, interfacciatisi con il mondo della tradizione non da moltissimo tempo, chiesero con filiale riverenza ed umiltà la possibilità di avere una chiesa per far battezzare il loro primogenito da un sacerdote della Fraternità Sacerdotale San Pio X, che peraltro si recò anche in Curia per presentarsi e parlare della sua presenza sul territorio reggiano.
Ai due amici fu ovviamente negata la chiesa e gli fu negato il Battesimo celebrato da questo sacerdote - al quale, quando si presentò in diocesi, gli fu a sua volta negata la possibilità di avere una chiesa ove celebrare una Messa al mese, cosa che invece gli ortodossi (scismatici e parzialmente eretici per chi lo avesse dimenticato) fanno ogni domenica nella chiesa di Cristo, un tempo cattolica.
Dove sta, allora, l'amore per i figli e per le loro sensibilità? Dove si pone il limite? Se il limite è il "cavillo" canonico - tralasciato sempre salvo le rare eccezioni appena menzionate - di quale amore si parla? Queste considerazioni rimangono ahinoi irrisolte.
Se poi la c.d. "sensibilità tradizionale" si dovesse portare a tutti per il bene della Chiesa, quale sarebbe il metodo per portarla a chi la rifiuta (cioè praticamente tutti: preti, vescovi, cardinali, nonché fedeli) per preconcetti? Andare da tutti, poi, pare un assunto privo di distinzione fra le azioni di ciascuno: sì al tempio indù, sì a Casa Cervi, no alla Processione.
Stando così le cose, allora non si può che andare fieri di fare parte del "no". Questo non per presunzione o pura cattiveria, ma per rispetto della coerenza e della razionalità di cui Dio ci ha fatti capostipiti in quanto uomini.
In conclusione e tornando alla Messa di ieri sera.
Al Vetus Ordo non è stato dato quel valore che ci si poteva aspettare, ma è stato di fatto descritto come una spinta per migliorare il Novus, senza però evidenziare nessun limite di esso - se non quello del poco silenzio. Va bene così e non è rilevante che il Vescovo, un Vescovo dei nostri giorni, sia d'accordo con tutto: non ci aspettavamo insomma un'abnegazione del Novus Ordo Missae. Cosa fare per ora? Che ne sarà di questa testimonianza e di questo fatto? Sempre per invocare e scomodare le coerenza, il minimo che da oggi in poi dovrebbe succedere per logica conseguenza dell'evento di ieri è la promozione della Messa di San Pio V ogni domenica, e non più solo una volta al mese. La "sensibiltà" di ieri sera si elevava al grido silenzioso e composto di 150 persone presenti in chiesa per assistere a quella Messa. Ché forse sono poche per testimoniare la propria storia e l'esigenza della Messa tradizionale per ogni domenica e ogni precetto?
Nel caso in cui questo non avvenga seduta stante, specie dopo tutte le richieste che già diversi fedeli avevano fatto in passato, la cosa avrebbe della clamorosa farsa.
Qualche considerazione andrebbe in fine fatta a proposito dei Gruppi Stabili e dei Coetus Fidelis venutisi a creare con il Motu Proprio "Summorum Pontificum". A questo, però, dedicheremo presto un capitolo a parte per snocciolare gli aspetti settari che spesso assumono, salvo poi tacciare gli altri di estremismo.
Speriamo infine pure che qualcuno si ricordi di come la liturgia, senza il ripristino della dottrina, perde il suo carattere funzionale. La liturgia può - questo accadendo purtroppo solo ai nostri giorni - essere ad intermittenza; la dottrina, come mi dice spesso un amico sacerdote, è più difficile essendo una verità calda che obbliga a cambiare.
Ieri sera si sono viste tante confraternite, tante cappe, tanto sfarzo, tane persone al settimo cielo per aver ottenuto il risultatone da postare su facebook: qualcosa di concreto trascenderà da questo giorno di libertà annuale? Ovviamente, forse deludendo qualcuno, noi speriamo di sì per il bene della Chiesa, pur con tutti i dubbi e le perplessità del caso.
39 commenti:
All'articolo risponde pienamente padre Elia col suo ultimo "Teologia in ginocchio".
Per fare una discussione a tutto tondo spero verrà pubblicato.
Tutte le volte che qualcuno dice che le due "forme" [sic] dello "stesso rito" [sic] debbono "aiutarsi a vicenda" [sic] sta ammettendo che il Novus Ordo ha dei problemi e ha bisogno di aiuto, e nel frattempo sta insinuando che il Vetus Ordo avrebbe ugualmente dei problemi e bisogno di aiuto.
Ma scusate, in cosa bisognerebbe mai aiutare il Vetus Ordo? Nessuno lo ha mai spiegato.
Mentre sulla problematicità del Novus Ordo esiste una vastissima letteratura (anche da parte dei suoi stessi fautori), per il Vetus Ordo nessuno ha portato argomenti.
Per cui riconosciamo la tipica mentalità da sagrestia secondo cui bisogna premiare buoni e cattivi (altrimenti i cattivi si sentono offesi), secondo cui bisogna punire buoni e cattivi (altrimenti i cattivi si sentono offesi), secondo cui bisogna ammorbidire i toni e mettere sullo stesso piano buoni e cattivi (altrimenti i cattivi si sentono offesi), ... cioè, in una sola parola, la mentalità modernista, quella per cui l'errore ha la stessa dignità della verità (cosa che genera poi nei buoni moderni l'ossessione del dover continuamente e pubblicamente rispettare e onorare l'errore).
E quindi il Camisasca, adoperando il tipico gergo da sagrestia, ci assicura che si è «divertito» a leggere i blog «altrimenti uno si fa il sangue amaro». Chiaro il sottinteso? Si è fatto il sangue amaro mentre fingeva davanti ai segretari di star divertendosi e, sempre secondo il metodo da sagrestia, infila il termine denigratorio "lettura politica" delle "vicende ecclesiali" (cioè personali). In breve, ha accusato il colpo e non ha saputo fare a meno di ammetterlo pubblicamente.
Secondo me il colpo è stato anzitutto il veder chiamato col proprio nome il contentino che ha dato ai fedeli legati alla Tradizione, che non è un'applicazione della direttiva del "le due forme devono aiutarsi a vicenda" ed ancor meno un inizio concreto di una lunga serie (i cui benefici spirituali per sé e per il popolo non dovrebbero essergli ignoti...).
"Speriamo infine pure che qualcuno si ricordi di come la liturgia, senza il ripristino della dottrina, perde il suo carattere funzionale. La liturgia può - questo accadendo purtroppo solo ai nostri giorni - essere ad intermittenza; la dottrina, come mi dice spesso un amico sacerdote, è più difficile essendo una verità calda che obbliga a cambiare."
GIUSTISSIMO, le due devono andare insieme. Solo insieme sono viventi.
Riguardo alle Eminenze, che hanno vissuto la loro giovinezza nella grande bolla del CVII, riprendere in mano la Dottrina della loro primissima infanzia non può che essere, per loro stessi, una rinvigorente potatura e per l'insegnamento ai nipoti, un riscoprire con loro il sì sì, no no, semplice e chiaro.
Per Emanuele,
avrà notato che non pubblico don Elia quando quello che afferma mi lascia molto ma molto perplessa. In attesa di chiarir meglio con lui.
Capisco. Però sarebbe utile per avere un quadro di insieme a mio parere che venisse pubblicato. Probabilmente molti fruitori del blog non sono d'accordo sugli articoli di Cristiano Lugli e sulle idee esposte pur avendo una sensibilità vicina alla Tradizione. E ciò consentirebbe in un periodo di forte confusione come l'attuale di avvalersi anche di pareri diversi al fine poi in coscienza di farsi, ognuno, dopo preghiera e approfondimenti anche col proprio padre spirituale, una propria idea e direzione da prendere.
Penso che comunque sarebbe un bel servizio.
Emanuele,
che significa 'sensibilità' vicina alla Tradizione? E' così che si cade in inganno.
E' rischioso, per la salvaguardia della verità, che chi si propone come guida proponga "terze vie" frutto di sintesi personali che sono per forza di cose soggettive. E allora siamo alla tradizione vivente storicista di conio conciliare, magari con sfumature all'apparenza più commestibili, ma che non è la Tradizione...
Non è questione di intransigenza, ma di rigore, che non è rigorismo né fissismo né superbia (sempre da verificare ma da non attribuire a chi non la pensa come noi). Perché il rigore costa, non soltanto quanto entra nel discorso e nelle riflessioni, ma soprattutto quando si vuole essere coerenti nella vita quotidiana. E questo solo la grazia lo consente con la nostra collaborazione e con l'aiuto di guide salde nel sì, si, no, no.
Il rigore costa anche perché per forza di cose risulta divisivo: "non sono venuto a portare pace, ma una spada". Non cito mai la scrittura, per principio, ma ora mi viene alla mente con forza e così la dico. La pace frutto di compromessi o di "terze vie" non né la vera Pace, "la mia Pace, non quella che vi dà il mondo", dice il Signore...
Attenzione agli slogan come "teologia in ginocchio": per Bergoglio è tale quella di Kasper!
A proposito di "sensibilità", riprendo questo passaggio di cristiano Lugli e rimando a ciò che lo precede e lo segue:
"... il Vescovo va da tutti, a seconda di chi lo chiami e accettando ogni tipo di sensibilità corrente. Chi pone, dunque, il limite alla sensibilità? Qui sorge l'errore a mio parere: il Vescovo, proprio per la carica che ricopre, deve andare dal Vero, non da tutti. Se poi volesse decidere di andare da tutti, dovrebbe andarci per portarli al Vero, ed è Vero solo ciò che è, per quel che è, e in quanto è nella suo perfetto ordine con Dio. Una superficiale considerazione della pastorale implica un rischio di interpretazione secondo il quale la Verità si edifica sulla sensibilità e sulla storia di ciascuno. Ma questo è l'esperienzialismo più becero! Chi ha creatività lo si lasci fare dunque, chi ha più interesse nel pregare per gli LGBT lo si accompagni e lo si faccia ragionare sulla propria sensibilità...."
S. Vincenzo di Lerino, perdona il ghost writer
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2017/10/11/0692/01515.html
San vincenzo di Lerino sarà stato felicissimo di vedersi pluricitato nel discorso di ieri al Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. Peccato che l'opera di cucito fatta dal ghost writer faccia a cazzotti con quanto propone l'Ufficio delle Letture di oggi:
""Le membra del lattante sono piccole, più grandi invece quelle del giovane. Però sono le stesse. Le membra dell'uomo adulto non hanno più le proporzioni di quelle del bambino. Tuttavia quelle che esistono in età più matura esistevano già, come tutti sanno, nell'embrione, sicché quanto a parti del corpo, niente di nuovo si riscontra negli adulti che non sia stato già presente nei fanciulli, sia pure allo stato embrionale.
Non vi è alcun dubbio in proposito. Questa è la vera e autentica legge del progresso organico. Questo è l'ordine meraviglioso disposto dalla natura per ogni crescita. Nell'età matura si dispiega e si sviluppa in forme sempre più ampie tutto quello che la sapienza del creatore aveva formato in antecedenza nel corpicciuolo del piccolo.
Se coll'andar del tempo la specie umana si cambiasse talmente da avere una struttura diversa oppure si arricchisse di qualche membro oltre a quelli ordinari di prima, oppure ne perdesse qualcuno, ne verrebbe di conseguenza che tutto l'organismo ne risulterebbe profondamente alterato o menomato. In ogni caso non sarebbe più lo stesso.
Anche il dogma della religione cristiana deve seguire queste leggi. Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l'età. È necessario però che resti sempre assolutamente intatto e inalterato.
I nostri antenati hanno seminato già dai primi tempi nel campo della Chiesa il seme della fede. Sarebbe assurdo e incredibile che noi, loro figli, invece della genuina verità del frumento, raccogliessimo il frutto della frode cioè dell'errore della zizzania.
È anzi giusto e del tutto logico escludere ogni contraddizione tra il prima e il dopo. Noi mietiamo quello stesso frumento di verità che fu seminato e che crebbe fino alla maturazione.""
Attenzione Mons. Camisasca, che il sangue troppo dolce fa venire il diabete.
È la malattia più diffusa nella Chiesa, vicina ormai al coma a forza di edulcorare il Vangelo.
Non siamo pecore della Sua diocesi, ma lo siamo del comune Signore Gesù Cristo, che le risposte le dava eccome!
Non si tirava indietro dinanzi a nessuno, tanto meno alle Sue pecore di allora che gli facevano domande.
E il Suo Sangue preziosissimo, non solo lo ha fatto diventare amaro, ma lo ha addirittura versato.
Come i suoi servi, i grandi santi, come San Francesco d'Assisi, il cui esempio è stato taroccato, mistificato, annacquato nello "spirito di Assisi" che non è altro che lo spirito del mondo a cui la Chiesa non si sta solo piegando, ma prostrando.
Il pastore che ama le pecore affidategli dal Signore, anche se non fanno parte della sua diocesi, non si tira indietro ai loro dubbi e alle loro umili domande di chiarimento, o critiche anche severe, ma RISPONDE
Anche se ciò fa venire il sangue amaro.
Chi è sicuro del fatto suo non di nasconde dietro silenzi sprezzanti, non abbandona le pecore che non riconoscono più la loro voce.
Quindi da quello che mi pare di capire se l'essere intransigenti e il rigore portano su una difficile china di contestare legittimi pastori (che hanno bisogno sì delle nostre correzioni secondo quanto dice il CCC al 907 e delle nostre preghiere, ma non del nostro contrasto aperto) e financo tutto o quasi il Magistero di papi post conciliari tra cui ci sono dentro anche un beato e un santo...mi pare che questa intransigenza o rigore non possa condurre a niente di buono. Ma possa essere solo sterile contrapposizione, umana e non per nulla divina.
Siamo sicuri che questo rigore quando in aperto contrasto non con pastori modernisti ma con bravi pastori della Chiesa post conciliari (e ne conosco tanti) che seguono i fedeli per la gloria di Dio e la salvezza delle anime sia corretto??? E non sterile???
Sarebbe ripeto positivo invece che a lecite posizioni condivisibili o meno come quelle dello scrivente l'articolo si affiancasse l'altra "campana" (di un sacerdote e pastore di anime comunque degno) e lasciare a chi legge farsi la propria legittima opinione. Se quanto si sostiene è la posizione corretta non si deve temere nulla anzi.
Caro Emanuele,
Qualche giorno fa è stato postato sul medesimo sito un articolo di don Giorgio Bellei: quello non le garba? Eppure trattasi di un bravo sacerdote diocesano, che celebra la Messa nuova e non si pone con intransigenza. Ci faccia a questo punto capire quale è la sua "sensibilità", se neanche il diocesano che interviene sul dibattito la soddisfa.
In realtà il don Max, così urtato da "alcuni blog" (Смерть шпионам!) che normalmente sarebbero "un'assoluta perdita di tempo", ha comandato ai presenti "prendiamo le distanze", chiedendo altresì di portare nei blog tutta la "sensibilità" necessaria a correggerli.
Non è più il don Max di una volta.
Segnali preoccupanti sull'intercomunione.
https://anonimidellacroceblog.wordpress.com/2017/10/14/spifferi-parte-l-si-allarga-il-cerchio-dellintercomunione-tra-cattolici-e-luterani-in-germania-nella-diocesi-di-stoccarda-rottenburg-di-fra-cristoforo/
contestare legittimi pastori (che hanno bisogno sì delle nostre correzioni secondo quanto dice il CCC al 907 e delle nostre preghiere, ma non del nostro contrasto aperto)
1. Cristiano Lugli non ha 'contestato' il legittimo pastore. Ha espresso perplessità ben motivate sulla situazione, annessi e connessi, che le parole del legittimo pastore di fatto non hanno affatto risolto.
2. Da quando in qua esprimere perplessità e formularne le motivazioni significa 'contrasto aperto'? E inoltre dov'è il tanto decantato dialogo?
Non sarebbe bene scrivere in italiano certe espressioni straniere, soprattutto se implicano invettive?
Così Mic sa come deve regolarsi, se del caso. Se ho capito bene l'espressione in russo (ma perché scrivere in russo?) dell'intervento del ciellino delle 16 e 14 vuol dire: "Morte alle spie!" (smiert spionam!) Chi sarebbe la spia? Si voleva forse offendere qualcuno?
Z.
http://catholicherald.co.ukwww.catholicherald.co.uk/news/2017/10/13/cardinal-muller-orthodox-theologians-should-not-be-punished/
Blondet si chiede se sia un vero miracolo,i filmati sembrano autentici.
Condivido.
http://www.maurizioblondet.it/nigeria-consacrata-al-cuore-immacolato-miracolo-del-sole/
Se quanto si sostiene è la posizione corretta non si deve temere nulla anzi.
Emanuele, Lei auspica che Mic pubblichi un certo articolo di don Elia motivando:
All'articolo risponde pienamente padre Elia col suo ultimo "Teologia in ginocchio". Per fare una discussione a tutto tondo spero verrà pubblicato. (Emanuele 14 ottobre 2017 10:14).
Anch'io l'avrei pubblicato, ma purtroppo non Mic, e ha ben spiegato i suoi motivi. D'altronde se non vuole pubblicarlo innegabilmente ne ha tutto il diritto.
Da una parte sarebbe auspicabile pubblicare ogni articolo di don Elia, per poi giustamente lasciare che i lettori intervengano in un dibattito aperto e sincero. Anche perché il fatto di limitarsi a pubblicare solo alcuni, cioè solo ciò che è "commestibile", produce poi il rischio che quanto è problematico non venga mai affrontato e sviscerato a dovere, con la conseguenza che chi legge don Elia solo su questo blog potrebbe essere indotto a farsi un'idea non completa e non realistica dell'Autore.
D'altra parte si rischia di dare voce, importanza e visibilità a tesi ingannevoli, come qui sopra ha già ben spiegato Mic. (14 ottobre 2017 15:11).
Ma il problema in realtà non sta qui.
Non sta nel fatto di pubblicare o no i suoi articoli su chiesaepostconcilio.
Il problema di una mancanza di confronto e dialogo sta a monte.
Mi spiego: io temo che sia proprio don Elia stesso a non desiderarlo.
Faccio un esempio.
Il sabato 7 ottobre don Elia pubblicava il suo settimanale post intitolato "Col senno di poi", nel quale ancora una volta sparava a zero verso la FSSPX, contro la quale già in precedenza riconosceva di avere il dente avvelenato.
Proprio nei giorni precedenti si era diffusa la notizia di una discussa sortita del card. Burke sul fatto che la Fraternità è priva di riconoscimento canonico, e così don Elia se ne faceva forte per corredare il suo scritto con la seguente nota a piè di pagina:
(1) Il cardinal Burke ha recentemente ricordato, fra l’altro, che non è lecito a fedeli cattolici frequentare liturgie celebrate da vescovi o sacerdoti in situazione irregolare.
Dove cliccando sulla parola "ricordato" si apriva il link del discorso del cardinale.
Per due volte, a distanza di una settimana io ho inviato alla Scure un mio commento, che ora trascrivo qui, senza ottenere alcuna pubblicazione:
Caro don Elia, se, per essere rigidamente rigorosi in temperie di sfascio dottrinale come l'attuale, questo principio è valido per chi non gode di giurisdizione canonica pur non essendo né scismatico né eretico, anzi mantenendosi da sempre fedele alla Fede di sempre e al Papato (come p.es la FSSPX cui Lei allude), non dovrebbe a maggior ragione valere anche per quelle confessioni che sono manifestatamente e pervicacemente sia scismatiche che eretiche (come i cosiddetti "ortodossi" versi cui Lei ha spesso manifestato grandi simpatie e propensioni, e -come emerso- perfino organizzato un pellegrinaggio per assistere ad un loro rito liturgico)?
Il fatto di non avere ottenuto pubblicazione palesa che don Elia, al contrario di quanto Lei auspica avvenga su questo blog, non è per nulla propenso alla discussione. Naturalmente pure lui ne ha tutto il diritto, come si diceva sopra per Mic.
Ma, come detto, il problema sta appunto a monte, cioè nella Scure, piuttosto che a valle, cioè in CEPC.
Se egli non è disponibile al confronto giocando in casa, dove, essendo a capo della moderazione dei commenti, può comunque sempre godere del privilegio dell'ultima parola, come pensa possa esserlo "in trasferta", dove da fuori è innegabilmente molto più arduo gestire il contraddittorio con decine e decine di lettori?
Eppure, come ben Lei dice, Se quanto si sostiene è la posizione corretta non si deve temere nulla anzi.
L'ortodossia è l'estremo opposto dall'eresia. Quindi, chi reagisce all'eresia con l'ortodossia, anda, non cade, in uno estremo opposto. Chi non sceglie tra eresia e ortodossia o non vuole combattere o sceglie l'eterodossia. L'estremo non è male in se stesso, il proverbio dice "In medio virtus", non "In medio veritas".
Il Padre Guido Mattiussi è stato uno dei maggiori antimodernisti, la ragione della sua funzione (e anche dalla sua vita) era il combattimento, lui era un apologeta (un grande). Anche Louis Veuillot era un apologeta e era laico (come Prospero dell'Aquitania). Quindi, se alcuni sono chiamiti alla spiritualità altri sono chiamiti a fare apologetica. Il servizio di entrambi sono per il bene comune della Chiesa. Una cosa non esclude l'altra: S. Francesco di Sales è stato un maestro di spiritualità e un grande apologeta. Anche l'apologeta al combattere le deviazioni dottrinali portano le persone all'amore di Dio e al vero Vangelo.
Allora, vedere Karl Rahner come il male assoluto è la caduta in uno estremo. Prima di tutto il Concilio ha avuto la partecipazione di Karl Rahner perchè qualcuno lo ha invitato. Come l'uomo di Santa Marta non sarebbe diventato Papa se prima qualcuno non lo avesse fatto sacerdote, vescovo e cardinale. La dottrina del soprannaturale della Gaudium Et Spes, non è cattolica, e non è di Karl Rahner, ma di De Lubac. Come non è cattolico in concetto di tradizione di Yves Congar, quindi, come senza Karl Rahner il Concilio avrebbe riaffermato la verità cattolica in perfetta continuità con la Tradizione ? Sarà cattolico la liberta religiosa affermatta dal cardinale Bea al Concilio?
Mons. Lefebvre non ha fondato una altra Chiesa ha conservato la Messa e la fede. Un'altro che ha fondato un'altra Chiesa ha ricevuto l'elogio di Benedetto XVI "Lutero è stato un'apassionato per Gesù" e da Bergoglio "Riformatore di intenzione non sbagliata". Altri aspettano ricevere "molto dall'oriente"... Per favore!!!
Marius,
Non intendo affatto pubblicare solo ciò che è "commestibile".
Si dà il caso che gradualmente mi è capitato di prendere le distanze da alcuni atteggiamenti, ma volevo evitare discussioni pubbliche per chiarire direttamente. Cosa difficile perché non ho la possibilità di incontrare don Elia e, in attesa dell'occasione, non ho ancora neppure scritto perché i miei impegni sono tanti. E tu ne sai qualcosa. Ma nel frattempo ritengo non dover alimentare una divisione inopportuna oltre che dolorosa.
Quel che non posso condividere sono gli attacchi sempre più frontali alla Fraternità. È noto che anche nella fraternità, come nel resto della Tradizione, ci sono diverse 'anime'. Ma da qui a farne un contesto settario e scismatico ce ne corre.
Per il resto sono esausta e ne ho fin sopra i capelli. La situazione è apocalittica su tutti i fronti e non intendo perdermi in rivoli di discussioni che so in partenza non ci porteranno da nessuna parte.
Marius là dove ti seguo è che gira e rigira ""don Elia"" finisce sempre per dare addosso alla FSSPX contro la quale per sua stessa ammissione ha il dente avvelenato, ma non solo anche i cattolici tradizionali non godono della sua simpatia:) e sono oggetto regolarmente dei suoi apprezzamenti poco gradevoli, appunto per questo motivo ha ragione, a mio avviso Maria, di non dare spazio ai post che non condivide innazituttto perchè è lei la padrona di casa che apre e chiude la porta a chi vuole lei e in seguito perchè si è già visto che ""don Elia"" non è propenso a reagire e mettersi in discussione.
Come hai detto, quel sacerdote che conosciamo ( non tutti....) unicamente attraverso un nome virtuale ha un suo blog, chi ha qualcosa da dire non ha che da reagire sul suo blog, perchè portare, e-o continuare qui una discussione nata altrove ancor più quando la padrona di casa ha scelto di non darle spazio qui?
Non ne vedo nè l`utilità nè l`interesse e ancor meno l`urgenza, basta rispettare la volontà di Maria.
Se poi ""don Elia"" non dà spazio sul suo blog ai tuoi commenti è solo la prova dei suoi giudizi che sono apparentemente pregiudizi granitici che non sopportano la discussione.
Per Lugli.
Quanto afferma don Bellei può essere condivisibile o meno ma la posizione da cui parte, l'essere un sacerdote diocesane in piena comunione con la Chiesa, gli da il pieno diritto secondo il CCC al 907 di esprimere una sua opinione. E lo fa con rispetto al di là che sia condivisibile o meno ripeto.
Quanto lei esprime invece, condivisibile o meno per carità, oltre al fatto che non si attiene al succitato articolo del Catechismo (è ravvisabile a mio avviso il "non rispetto dei sacri pastori") ha un punto di partenza non equilibrato. Ovvero di una fraternità che ha fatto della sua autonomia giurisdizionale (che nessuno le ha dato) una posizione di scisma di fatto.
Quindi a mio avviso un lettore di questo blog non appartenente ad essa ma confuso in questo periodo di attuale turbine confusionale sarebbe tentato magari di iniziare a contestare apertamente tutti i sacri pastori (ben venga a tu per tu la correzione filiale di quelli in errore come da 907 e l'informare i fedeli nel caso questi continuino, ma esistono anche tuttora pastori degni di tal nome) e poi fare armi e magagni e trasferirsi a questa fraternità che è nella posizione di cui sopra (non parliamo per favore dello stato di necessità che è solo un artificio dialettico poggiante sul niente se non la soggettività).
Quindi è per questo che chiedo la pubblicazione dello scritto di padre Elia, così un lettore non schierato si può fare una sua legittima opinione e decidere il da farsi in tutta coscienza. Tutto qua.
Relativamente a quanto dice Marius posso dire questo: non sono nella testa di padre Elia ma quanto lei scrive "come i cosiddetti "ortodossi" versi cui Lei ha spesso manifestato grandi simpatie e propensioni, e -come emerso- perfino organizzato un pellegrinaggio per assistere ad un loro rito liturgico", quanto scrive soprattutto la parte finale, quella sull'organizzare un pellegrinaggio per assistere ad un loro rito liturgico, è una affermazione falsa (perché non corrisponde al vero) e ravvisante grave calunnia verso padre Elia (come è già successo in questo blog velatamente o apertamente gli si da dello scismatico o, cosa ancora più grave, dell'eretico).
In generale penso questo: quando ci si muove e si argomenta bisogna essere mossi sempre dallo spirito di Carità come ben spiegato da San Paolo in una sua lettera.
In coscienza quanto ho chiesto l'ho faccio quindi per dovere e in spirito di carità.
Auguro una Santa Domenica a tutti
Emanuele,
francamente trovo eccessiva la sua insistenza e il suo affabulare, che non è basato su argomenti solidi ma punta l'accento sulle 'sensibilità' diverse sulle quali ci siamo già espressi senza che lei ne tenga alcun conto.
Noto che la sua dialettica sofista sfrutta una segnalazione di Marius per ritorcergliela contro. Ora, se è vero che l'evento stigmatizzato non era il fulcro del pellegrinaggio, è altrettanto vero che qui nessuno se ne è scandalizzato perché secondo me non c'è nulla di cui scandalizzarsi a questo riguardo. Ma il vero intento di Marius è quello di stigmatizzare (e in questo caso evidenziare la contraddizione) la propensione di don Elia nei confronti degli orientali, che scismatici ed eretici lo sono davvero.
Inoltre trovo scorretto che lei lo tacci di calunnia e gli faccia dire ciò che non ha detto e che non pensa, come del resto nessuno qui, è cioè che don Elia sarebbe eretico.
Non ho il piacere di conoscerla e quindi mi baso su ciò che emerge dal suo comportamento e dal suo stile che mostra propensione al fanatismo rispetto alla disputa argomentata, visto che agli argomenti vengono sostituiti gli anatemi e gli espedienti dialettici.
Sul fatto che un lettore di questo blog sarebbe tentato magari di iniziare a contestare apertamente tutti i sacri pastori la prendo come un'iperbole perché le nostre più che argomentate (soprattutto teologicamente) denunce non penso possano sfociare nella "contestazione ad oltranza". E mi pare che molto servano a "ripareggiare" la verità per chi ha orecchi per intendere.
Uno che dice che lo stato di necessità che è solo un artificio dialettico poggiante sul niente se non la soggettività mi chiedo se non abbia una percezione della realtà altrettanto soggettiva ma di segno opposto.
Inoltre replico a quando dice : ben venga a tu per tu la correzione filiale di quelli in errore come da 907 e l'informare i fedeli nel caso questi continuino, ma esistono anche tuttora pastori degni di tal nome.
Premesso che sappiamo bene che ci sono ancora pastori degni di tal nome, che senso può avere la "correzione a tu per tu" quando l'errore dilaga pubblicamente urbi et orbi e ci si trova di fronte ad interlocutori che dialogano con tutti tranne che con la Tradizione? Se la confusione è la cifra della situazione, non le pare che l'unico modo per tentare di diradarla sia la riaffermazione pubblica delle verità cattoliche? E, per riaffermarle efficacemente, è necessario individuare e denunciare gli elementi estranei pubblicamente, così come pubblicamente essi vengono introdotti nella prassi da un magistero liquido sganciato totalmente dalla dottrina.
Chi non è d'accordo, padronissimo di comportarsi diversamente, ma continui a farlo nel suo contesto.
Mic ha fatto bene e ha chiarito
Ha spiegato ad abundantiam perché non ha voluto pubblicare gli ultimi interventi di Don Elia. Perché insistere? Don Elia l'ho letto quasi sempre solo sul blog di Mic. Eccezionalmente, ho voluto leggere il suo intervento di una settimana fa, citato da Marius. In effetti, contro la FSSPX dice delle cose che non stanno né in cielo né in terra. Per tacere di altri aspetti per nulla condivisibili dell'impostazione di don Elia. Ma "Emanuele", chiunque sia, dimostra anch'egli un certo astio verso la FSSPX.
Padronissimo, Emanuele, di detestare chi vuole.
Sulla natura supposta scismatica della Fraternità bisognerebbe avere però le idee chiare. Nemmeno il card. Burke, nel suo infelice intervento contro la Fraternità, ha osato accusarla di scisma in senso formale (ha detto: 'Lefebvre ha fatto scisma', in generale). E lo stesso "Emanuele" parla di "scisma di fatto". Ora, bisogna chiedersi, uno scisma di fatto è un vero scisma? No, evidentemente. Allora, cos'è? Detto in altro modo: qual'è allora la vera posizione della Fraternità? Il cardinale Castrillon Hoyos disse, addirittura nel 2005: la FSSPX non è eretica [è bene ricordarlo alle anime pie] e non è scismatica in senso formale. Si trova in una situazione di separazione "anche se non si è trattato di uno scisma in senso formale". Una situazione indubbiamente particolare e in apparenza paradossale. Se non è scismatica in senso formale (e il vero scisma è solo formale, animato cioè dalla volontà`dimostrata di istituire una chiesa parallela negando in tal modo la summa potestas del Papa) perché è in una situazione di separazione? Perché non è stata ancora inquadrata nella parte III del nuovo CIC del 1983, dove si detta la nuova disciplina per le congregazioni di un tempo, e formalmente è stata soppressa (ma invalidamente) dall'Ordinario locale nel 1975. E non è stata ancora inquadrata perché manca tuttora il famoso accordo con Roma. Diciamo che si trova "tra color che son sospesi". Ma solo dal punto di vista del diritto canonico.
Una situazione del tutto particolare, a Dio piacendo. Definirla di scisma di fatto significa a mio modesto avviso offrire una spiegazione che non spiega ma anzi confonde ulteriormente.
E'meglio dire che la FSSPX si trova al momento fuori dal nuovo Codice di Dir. Canonico ma non fuori dalla Chiesa. Dalla quale non è mai uscita. Definire poi un "artifizio dialettico" lo stato di necessità nel quale si è trovata e si trova la Fraternità, appare come minimo avventuroso. E noi, fedeli, in che stato ci troviamo, oggi?
PP
Mi preme di ricordare all'articolista e ai commentatori che gli Ortodossi, secondo l'opinione dei Padri del Concilio Fiorentino e della maggior parte dei teologi successivi, sono scismatici ma non eretici.
Non entro per il resto nella polemica.
Gentilissimo,
Quanto lei afferma non è propriamente vero, per diversi motivi: anzitutto perché il fatto di considerare "solo" scismatici gli Ortodossi è dovuto al loro rifiuto di sottomettersi al Ministero Petrino. Oltre al fatto che questo implichi una serie di considerazioni gravi da loro sostenute, la faccenda non finisce lì. Il discorso sarebbe lungo, ma ci sono diverse negazioni degli Ortodossi che li portano ad essere anche e molto potenzialmente eretici. Ridurre tutto alla questione del Romano Pontefice, per quanto importante e vitale che sia, è riduttivo.
La rimando volentieri a questo articolo del Prof. Corrado Gnerre, che spiega tutto nel dettaglio, e di gran lunga meglio di me.
http://www.ilgiudiziocattolico.com/1/88/le-differenze-fra-la-chiesa-cattolica-e-le-chiese-ortodosse.html
Cordialità,
Cristiano
La vera natura degli "Ortodossi", scismatici ed eretici
A rinforzo della precisazione di C. Lugli ricordo, cosa che mai si vuol menzionare, che per gli Ortodossi noi cattolici siamo eretici al 100%, proprio a cominciare dalla questione del Filioque. Hanno cambiato opinione dopo l'apertura dello sciagurato "dialogo" deuterovaticano? Non credo proprio. Quindi, facciamoci i nostri conti.
Inoltre,tanto per dare una ripassata, loro non ammettono il Purgatorio, non considerano evidentemente indissolubile il matrimonio [Putin, qualche anno fa, ha divorziato, sposandosi una donna più giovane, comodo no?], respingono il dogma dell'Immacolata Concezione [chi respinge un dogma di fede, non è eretico?], respingono (ovviamente) il dogma dell'infallibilità papale [altra eresia] respingendo essi il Primato, operano la Transustanziazione non con le parole della consacrazione ma con l'Epiclesi, cioè la successiva invocazione dello Spirito Santo [ciò dipende dal rifiuto del Filioque?]. Non tendono poi a cadere nel "liturgismo", con conseguente prevalere di pratiche esteriori [belle Messe, culto delle icone, candele etc.] sull'effettivo esercizio delle virtù cristiane?
La faccenda del Filioque merita evidentemente un discorso a parte. Al concilio di Firenze si elaborò una formula di compromesso, mi sembra, rappresentando l'Ortodossia più come avrebbe dovuto essere che come in effetti era. Tutti gli accordi di unione con Roma rimasero lettera morta, fallirono completamente per la reazione del clero e della popolazione locali, che li rifiutò in pieno, sia in Grecia che in Russia. Che poi le due formule "Dal Padre e dal Figlio"(cattolica) e "Dal Padre mediante il Figlio"(Ortodossi) dicano in modo diverso la stessa cosa, non è del tutto vero, nel senso che dalla tesi ortodossa si possono trarre implicazioni ereticali.
"La formula di coordinazione [cattolica] e quella di subordinazione [ortod.] si accordano sull'essenziale, sul fatto che attestano entrambe il principiare dal Padre e dal Figlio e si completano a vicenda. Tuttavia, mentre la prima sottolinea soprattutto l'unicità e la non-divisione del principio, la seconda fa apparire che il Padre è il primo principio [Agost., De Trin., XV, 17, 29 : de quo procedit principaliter] e che il Figlio, in quanto Deus de Deo è un principio derivato, poiché con il suo essere riceve dal Padre anche la potenza spirativa [che si manifesta, ontologicamente, con lo Spirito Santo]"(L. Ott, Précis de théol. dogmatique, tr. fr. P. M. Grandclaudon, Ed. Salvator, 1955, pp. 100-1). Nella formula degli Ortodossi c'è quindi l'implicazione eterodossa di far apparire il Figlio un "principio derivato".
PP
...quella sull'organizzare un pellegrinaggio per assistere ad un loro rito liturgico, è una affermazione falsa (perché non corrisponde al vero) e ravvisante grave calunnia verso padre Elia (come è già successo in questo blog velatamente o apertamente gli si da dello scismatico o, cosa ancora più grave, dell'eretico).
Grazie Mic, per la precisazione. Da parte mia confermo di aver tacciato e di tacciare di scisma e di eresia i cosiddetti Ortodossi, ma non certo don Elia.
E neppure ho inteso dare indirettamente dell'eretico scismatico a don Elia in virtù della proprietà transitiva (come insinua Emanuele), per cui essendo loro evidentemente eretici scismatici lo sarebbe di conseguenza anche chi ne prova simpatia e propensione, cioè nella fattispecie don Elia.
Un conto è essere eretico e scismatico in modo certificato e codificato, e un conto è avere simpatie e propensioni, anche se questa è comunque una via certamente pericolosa e non senza conseguenze sia per il sacerdote sia per i fedeli che lo seguono.
Ringrazio PP per l'opportuno ripasso su questa sempre troppo sottovalutata questione, sottovalutata sempre dietro l'onda emotiva della simpatia e dell'ammirazione per la loro bella liturgia (non assolutizziamo: a seconda dei casi ve ne sono anche di penose) e per tutta l'aura di tradizione incontaminata che li circonda.
La questione del pellegrinaggio è semplice, ed Emanuele può negare l'evidenza fin che vuole, ma ciò non cambia nulla.
Chi vuole può andare a rileggersi il post ed i relativi commenti su questo blog (http://chiesaepostconcilio.blogspot.ch/2017/08/don-elia-consacrazione-della-santa-sede.html) dove emerge da testimonianze dirette di partecipanti che in quel contesto si è pellegrinato per andare ad assistere ad un rito "ortodosso", cosa accaduta anche se questo non era annunciato come lo scopo principale dell'evento, che era la consacrazione della S.Sede al Cuore Immacolato di Maria.
CATECHISMO MAGGIORE DI SUA SANTITA' SAN PIO X
230. Chi sono gli scismatici?
Gli scismatici sono i cristiani che, non negando esplicitamente alcun dogma, si separano volontariamente dalla Chiesa di Gesù Cristo, ossia dai legittimi pastori.
231. Chi sono gli scomunicati?
Gli scomunicati sono quelli che per mancanze gravissime vengono colpiti di scomunica dal Papa, o dal Vescovo, e sono quindi, siccome indegni, separati dal corpo della Chiesa, la quale aspetta e desidera la loro conversione.
Qui risulta chiaro chi è scismatico, cosa che di sicuro riguarda appunto i cd. "ortodossi".
Non è scismatico invece chi è solo privo di regolarità canonica e di giurisdizione.
Quindi il card Burke, visto che vuol essere così preciso e visto che è addirittura un esperto canonista dovrebbe usare il termine "scisma" in modo consono al suo significato specifico, non allargarne il significato in modo generico per portare acqua al mulino delle sue tesi personali come se avessero una valenza oggettiva.
Ariecco il vizietto dei lefebvriani di dividere il mondo in buoni e cattivi: Burke ieri buono, Burke oggi cattivo.
Ma "ieri" Burke l'assurdità di un supposto quanto indefinibile "scisma" da parte di mons.
Lefebvre, non l'aveva ancora detta.
Esistenzialmente P.
io non divido il mondo in buoni e cattivi, come fa Lei a riguardo dei lefebvriani che non Le piacciono, ma distinguo tra cose buone e cattive indipendentemente dalla loro provenienza.
Quindi sostengo o critico Burke a seconda del caso. Posso?
E allora quale sarebbe la cosa "cattiva" di Burke? L'aver elencato delle ovvietà ineccepibili dal punto di vista del Diritto Canonico?
A me pare che parecchi nodi vengano al pettine quando gli artifizi retorici adoperati in ambiente lefebvriano vengano applicati anche altrove.
Per esempio, qualcuno potrebbe spiegare come mai Lefebvre era in stato di necessità e Williamson non può esserlo.
Allo stesso modo, se prendiamo le considerazioni del Burke "cattivo" e vi sostituiamo Lefebvre con Williamson, improvvisamente Burke diventa "buono".
Allora, sì, si può ragionevolmente concludere che il "sostengo o critico Burke a seconda del caso" è lo stesso metodo del tifoso che giudica un calcio di rigore "meritato" o "immeritato" a seconda della squadra di calcio beneficiaria.
Che l'accusa alla FSSPX non sia altro che un'ovvietà ineccepibile dal punto di vista del Diritto Canonico, è cosa tutta da dimostrare.
Tant'è vero che una tesina di laurea in diritto canonico in un'Università Pontificia di un sacerdote americano di diversi anni fa (non certo un "lefebvriano"), sosteneva, in base al Codice del 1983, che la scomunica inflitta a mons. Lefebvre era invalida e che lo scisma in ogni caso non c'era.
Sì, è esattamente ciò che riassumevo sopra: stando ai tifosi della FSSPX, se uno si ordina vescovi senza il mandato del Papa allora è scismatico e scomunicato a meno che non si chiami Lefebvre, che ha il diritto di ordinarsi vescovi a giugno senza mandato del Papa nonostante gliene fosse stato promesso uno per la «prossima festa mariana» del 15 agosto (con mandato del Papa).
Fra parentesi la rimozione della scomunica del 2009, operata da Benedetto XVI senza adeguato pubblico pentimento degli scomunicati, riguardava i quattro vescovi, non il Lefebvre.
Ma a dire queste cose si viene immediatamente traslati dal reparto "buoni" al reparto "cattivi" della lavagna, sia che si tratti del sottoscritto, sia che si tratti di Burke.
Per chi vuol farci caso, questo atteggiamento da tifoseria danneggia la FSSPX molto più di tutti gli attacchi esterni.
Be', mons. Lefebvre era già morto nel 2009, come si faceva a rimuovere la scomunica?
Anche i professori della Gregoriana che a suo tempo approvarono la tesi del sacerdote americano, negante codice alla mano ogni scisma e sostenente l'invalidità della scomunica, erano "tifosi di mons. Lefebvre"? Il "tifo" lasciamolo agli stadi.
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