Un’omelia standard ricorre ogni domenica: Dio ti ama così come sei. Ma è proprio così?
Da un po’ di tempo noto che gran parte delle omelie che ascolto la domenica durante la Messa dicono sempre la stessa cosa. Qualsiasi siano le letture da commentare, come un singolare mantra ripetono lo stesso concetto che possiamo riassumere in questa frase: Dio ti ama così come sei.
L’attenzione é posta sulla misericordia di Dio, che ci accoglie nonostante le nostre debolezze e fragilità. In genere in queste omelie di “peccato” si parla ormai poco. La parola é sostituita appunto da debolezza e fragilità , davanti alle quali si prova di solito un sentimento di misericordia.
La conclusione di queste omelie fotocopia é quindi che non dobbiamo giudicare, non dobbiamo essere legalisti nel senso di rammaricarci se non riusciamo a rispettare la legge di Dio, e che l’unica cosa importante é ricambiare questo amore di Dio che, appunto, ci ama così come siamo.
In questo tipo di omelia, colui che pensa sia doveroso – proprio per amore di Dio – seguire la legge e i suoi comandamenti, viene considerato come un nuovo fariseo, che cerca la giustificazione seguendo delle regole esteriori e formalistiche. La morale naturale e cattolica viene quindi vista come “moralismo” e la dottrina morale come qualcosa di astratto che non tiene conto delle fragilità e delle debolezze umane.
Anche domenica scorsa mi é toccato di sentire questa predica, nonostante il brano evangelico del giorno fosse piuttosto duro e non permettesse per niente questa interpretazione. Il re che aveva fatto un banchetto per il matrimonio del figlio fa gettare fuori dal convito chi non si era presentato con l’abito adatto e lo fa buttare là dove c’é pianto e stridore di denti. Era evidente che si trattava di un giudizio di condanna. Ma l’omelia ha completamente trascurato questo aspetto, sostenendo che Dio invita tutti al banchetto, nonostante le nostre debolezze e fragilità che poi, una volta entrati, possiamo trasformare in cose buone. Nessun cenno al giudizio espresso dal Re e alla condanna.
La Chiesa ci ha sempre insegnato che Dio é misericordiosamente giusto e giustamente misericordioso. La filosofia cristiana ha sempre sostenuto che Dio é assoluta semplicità e quindi in Lui la misericordia e la giustizia sono la stessa cosa. Non c’é la prevalenza dell’una sull’altra. Ci ha anche sempre insegnato che la legge morale naturale (i dieci comandamenti per capirci) sono anch’essi precetti divini e che Dio non ci dà solo degli ideali ma anche degli ordini a cui obbedire. Tali precetti non sono astratti e lontani dalla vita concreta, ma sono le luci per poter affrontare le situazioni della vita concreta. Rappresentano sì un giogo, perché richiedono sacrificio, ma si tratta di un gioco “dolce” da sopportare e per il quale Dio ci dà il suo aiuto tramite la grazia santificante. Il peccato non é una fragilità, perché delle fragilità non siamo moralmente e religiosamente responsabili, mentre dei peccati sì. Il peccato non é solo un generico rifiuto di Dio, ma é anche il rifiuto dei suoi comandamenti, perché l’amore per Dio lo si dimostra seguendo quello che ci ha detto di fare.
Chi fa il peccato sa che così facendo non piace a Dio e, in fondo, non piace nemmeno a se stesso. Dopo il peccato Dio ci accoglie, ma pentiti e confessati in un sacramento da lui concessoci e che presuppone il giudizio e la condanna.
10 commenti:
Bravo!
LNBQ, Lorenzo Bertocchi,
A 50 ANNI DALL'HUMANAE VITAE
Avvenire getta la maschera sulla contraccezione
Bravissimo. Aggiungerei anche che non riesco più a trovare un sacerdote, anche anziano, che non abbia bisogno di leggere ogni singola parola. Ma come è possibile? Allora tanto varrebbe mettere un robot! Che tristezza...
"È chiaro a questo punto che la profonda divisione che percorre la Chiesa non è tra detrattori e fan di papa Francesco.
La linea di frattura corre tra chi è fedele all’immutabile Magistero dei Papi e chi si richiama a papa Bergoglio per inseguire il “sogno” di una chiesa nuova, diversa da quella fondata da Nostro Signore Gesù Cristo. Non c’è bisogno di essere degli storici per capire che stiamo vivendo una pagina assolutamente inedita nella vita della Chiesa. Non ci troviamo alla fine del mondo, ma alla nostra epoca si possono applicare le parole di Nostro Signore che, parlando del suo ritorno alla fine dei tempi disse con tristezza: «Quando tornerò, troverò ancora la fede sulla terra?» (Lc 18, 8)"
Che bravo Stefano Fontana!
Sto leggendo un paio di suoi libri ed è di una chiarezza semplice che rincuora.
Purtroppo per chi descrive in questo articolo ha anche ragione da vendere.
Come è possibile che persone che molto hanno studiato e molto hanno faticato e speso di se stessi (parlo dei nostri cari sacerdoti) si siano così tanto appiattite su logiche adulterate?
Credo che la spiegazione essenzialmente consista nel "vitello d'oro", l'idolo muto.
Il vitello d'oro è l'uomo, cioè la creatura, nel suo saeculum, il qui e ora.
Che ce ne facciamo della vita eterna? A tutti quanti importa essere ascoltato/felice oggi.
I diritti di Cesare sono a tema (pagare le tasse), quelli di Dio meno (i comandamenti).
Si entra in una chiesa senza alcun rispetto, non si adora Dio e si rende culto agli idoli.
In fondo Dio è sempre più una scusa per parlare d'altro, sentendoci buoni.
Chi dice la verità è rigido, se alzi la voce sei scontroso, se taci non va bene perché si sentono offesi del tuo silenzio che parla, se te nei stai per conto tuo sei un isolato che non costruisce ponti, se fai una domanda su quel che non quadra non ti rispondono...
Sono tutti così fragili e suscettibili, così giustificati nei loro psicologici bisogni comunicativi, così avidi di una comunicazione rispettosa (nei loro confronti), che tutto quel che nel vangelo stride con le loro gabbie semplicemente scompare di scena...
Chissà perché San Paolo parlava di atleti e i santi di lotta e di combattimento spirituale: qui sembrano tutti più orientati alle sfilate di moda, agli stilisti e alla manicure...
Magari il pretino in questione è un neocatecumenale.
Nella setta protestante-ebraica del Cammino Neocatecumenale vige infatti l'eresia secondo cui «l'uomo non può non peccare». Tant'è che l'autonominato "iniziatore" Kiko Argüello va insinuando che la confessione dei peccati mortali è facoltativa e rinviabile a piacere.
Una delle conseguenze dirette di tali eresie sulla libertà e la grazia è che all'interno della setta lo slogan più usato è «il Signore ti ama così come sei», con tutta la serqua di sottintesi (ad esempio nelle loro confessioni pubbliche uno prima racconta compiaciuto i suoi peccati - per lo più sessuali - e poi si autoassolve sorridende dicendo frasi tipo: "quando il Signore ti toglie la mano dalla testa, ne combini di ogni"). Altra conseguenza diretta: dopo diversi decenni di Cammino, in una delle ultime "tappe" (la formazione neocatecumenale per diventare "adulti nella fede" dura infatti più di tre decenni, e non per modo di dire), gli adepti devono partecipare ad un momento liturgico in cui pubblicamente devono dichiararsi «figli del demonio» (e non per modo di dire). Niente male per degli autoproclamati riscopritori del Battesimo.
Benché siano particolarmente esperti nel camuffarsi da santarellini cattoliconi (vedi la fondazione del movimentino delle pasionarie che ha mobilitato persino la Miriano, allo scopo di sfruttare il serbatoio di adesioni al Difendiamo la vita per portare avanti la canonizzazione dell'eretica Carmen Hernandez), benché il sabato mattina esibiscano lo striscione Tu es Petrus (per poi disubbidire al Papa poche ore dopo nelle loro carnevalesche celebrazioni liturgiche a porte chiuse), portano avanti con diabolica ostinazione il loro programma. Padre Enrico Zoffoli, un santo della nostra epoca censurato da tutti tranne che dai tradizionalisti, ebbe a dire che i neocatecumenali sono «gente fanatica, abilissima a mentire, malata di presunzione», e chi ha avuto a che fare con questi ultimi avrà avuto innumerevoli occasioni per verificarlo.
È chiaro a questo punto che la profonda divisione che percorre la Chiesa non è tra detrattori e fan di papa Francesco.
Purtroppo. Non hanno il coraggio e l'intelligenza per dare nome al cancro.
Ringrazio irina per aver ripreso l`argomento "attualizzazione dell`Humanae vitae" , avevo in un post precedente dato il link all`articolo di Avvenire , riportandone qualche passaggio, tanto l`argomento mi sembra importante, ma non ci sono state reazioni.
Anche per l`Humanae vitae è questione di dottrina dinamica, di dottrina come percorso dinamico, dicono che "la realtà è superiore all’idea", che bisogna mettere in sintonia il quadro normativo di Humanae vitae con la tensione al rinnovamento alla luce del primato della coscienza che si respira in Amoris laetitia perché la Parola di Dio non può essere conservata in naftalina come se si trattasse di una vecchia coperta da proteggere contro i parassiti! "
O come prendere la gente per i frondelli, dicono di non voler rottamare Humanae vitae ma è esattamente quel che bolle in pentola.
http://www.lanuovabq.it/it/avvenire-getta-la-maschera-sulla-contraccezione
A proposito di fotocopie potremmo anche citare quelle di chi copia incolla il pensiero di Bergoglio su Amoris laetitia (che mi si dica dove si trova la laetitia nel caos attuale), hanno tutti le stesse parole, le stesse espressioni, almeno tutti coloro che vogliono aprire ufficialmente la porta della Comunione ai divorziati risposati, l`ultimo esempio che ho letto è quello del cardinale Barbarin per la sua diocesi di Lione, e ripreso in Francia (Barbarin è primate delle Gallie).
Barbarin racconta l`incontro dei sacerdoti della sua diocesi con Bergoglio, durante un`ora e mezzo hanno parlato solo di Amoris laetitia, dice che Bergoglio, che non si priva di etichettare chi non gli aggrada in modo offensivo, ha chiesto di non metter più etichette, che non bisogna più dire... divorziato, sposato, risposato aggiungendo che lui stesso, in Amoris laetitia ha vegliato a mai utilizzare il linguaggio del permesso e del proibito!
Barbarin ha chiesto scusa a chi si è sentito escluso (= divorziati risposati) , occultando la verità che si sono volutamente auto-esclusi, in fondo e in sintesi porte spalancate ai divorziati risposati che vogliono comunicarsi, è la persona che decide se comunicarsi o no, per taluni il cammino di fede li porterà a partecipare alla Messa senza comunicarsi, per altri il loro cammino li porterà a comunicarsi, se non poter fare la Comunione allontana dalla Chiesa allora bisogna aprire le porte per non rinchiudere le persone nell`amarezza, aggiunge anche che se un divorziato risposato decide di comunicarsi ...nessuno lo giudica e che dire questo non è far prova di lassismo ma accogliere e amare ognuno come è e là dove si trova...
Mi domando con che onestà intellettuale i grandi difensori di AL possono pretendere che non c`è nessun problema quando la realtà è che l`interpretazione e l`applicazione di quel documento papale, che tocca ben tre sacramenti, VARIA non solo da una Conferenza episcopale all`altra, ma fra un vescovo e l`altro, fra un parroco e l`altro.
È il caos, un caos programmato e voluto e che continua nel silenzio sempre più deprecabile dei sedicenti custodi della dottrina.
San Paolo diceva pure che la "carità è paziente".
Mi interessa davvero il bene dei fratelli e la gloria di Dio? O desidero " impazientemente" la realizzazione della mia volontà?
Gesù vuole che siamo perfetti a immagine del Padre, il quale = prosegue poi = fa sorgere il sole "sui buoni e sui cattivi dui giusti e sugli ingiusti". E così ci rimanda, dopo l'esortazione alla santita` all'immensa pazienza del Padre.
Posta un commento