Un sacerdote slovacco, don Ján Košiar, nostro lettore, ci manda il suo scritto in ottimo italiano che pubblico di seguito. Molto interessante per la panoramica della ricezione delle istruzioni di Benedetto XVI in diverse diocesi.
Ci è utile per approfondire ancor meglio la questione del pro multis, alla quale abbiamo già dedicato alcuni articoli: Benedetto XVI ai vescovi tedeschi [qui]; uno studio di don Manfred Hauke [qui]; una recensione al suo libro di Cristina Siccardi [qui].
Ci è utile per approfondire ancor meglio la questione del pro multis, alla quale abbiamo già dedicato alcuni articoli: Benedetto XVI ai vescovi tedeschi [qui]; uno studio di don Manfred Hauke [qui]; una recensione al suo libro di Cristina Siccardi [qui].
Pro multis – pro omnibus.
L’Eucaristia – cambio delle parole della consacrazione del Calice
Durante il breve pontificato di Benedetto XVI. abbiamo potuto osservare che preferiva celebrare la Santa Messa in latino; sia in Vaticano che nei suoi viaggi apostolici e visite fuori Roma ed all’Estero. Forse anche perché le parole della consacrazione del calice, nelle traduzioni in lingua moderna, tra cui l'italiano, sono diverse da quelle in latino.
Egli ha espresso Questa sua convinzione e ha voluto promuovere il ritorno alla tradizione originaria in tutta la Chiesa cattolica, e quindi ha chiesto al Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il cardinale Francis Arinze, di informare di ciò tutti i vescovi del mondo. Per espressa volontà del Santo Padre Benedetto XVI. nella preghiera eucaristica doveva essere cambiata la formula della consacrazione del calice.
Oggi, nella Messa il sacerdote dice: „...questo è il calice del mio sangue, versato per voi e per tutti...“ Invece, le parole „per tutti“ dovrebbero essere sostituite con „per molti“. Questo corrisponderebbe meglio al testo latino del Messale Romano, dove sta scritto „pro multis“, e non „per omnibus“.
Pertanto, il cardinale Francis Arinze ha scritto a tutti i vescovi del mondo la seguente lettera:Congregatio de Cultu Divino et disciplina sacramentorum
Prot. N. 467/05/L Roma, 17 Ottobre 2006
Eminenza / Eccellenza,
Nel mese di luglio del 2005 questa Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, d’accordo con la Congregazione per la Dottrina della Fede, ha scritto a tutti i presidenti delle conferenze episcopali per chiedere il loro parere autorizzato sulla traduzione nelle diverse lingue nazionali dell’espressione pro multis nella formula della consacrazione del prezioso Sangue durante la celebrazione della santa Messa (rif. Prot. N. 467/05/L del 9 luglio 2005).Le risposte ricevute dalle conferenze episcopali sono state studiate dalle due Congregazioni e un rapporto è stato inviato al Santo Padre. Secondo le sue direttive, questa Congregazione scrive ora a Vostra Eminenza / Vostra Eccellenza nei termini seguenti:
- Un testo corrispondente alle parole pro multis, tramandato dalla Chiesa, costituisce la formula che è stata in uso nel rito romano in latino fin dai primi secoli. Negli ultimi trent’anni, più o meno, alcuni testi approvati in lingua moderna hanno riportato la traduzione interpretativa „for all“, „per tutti“, o equivalente.
- Non vi è alcun dubbio sulla validità delle messe celebrate con l’uso di una formula debitamente approvata contenente una formula equivalente a „per tutti“, come già ha dichiarato la Congregazione per la Dottrina della Fede (cfr. Sacra Congregatio pro Doctrina Fidei, Declaratio de sensu tribuendo adprobationi versionum formularum sacramentalium, 25 Ianuarii 1974, AAS 66 [1974], 661). Effettivamente, la formula „per tutti“ corrisponderebbe indubbiamente a un’interpretazione corretta dell’intenzione del Signore espressa nel testo. È un dogma di fede che Cristo è morto sulla Croce per tutti gli uomini e le donne (cfr. Gv 11,52; 2 Cor 5,14-15; Tit 2,11; 1 Gv 2,2).
- Ci sono, tuttavia, molti argomenti a favore di una traduzione più precisa della formula tradizionale pro multis:
- I Vangeli Sinottici (Mt 26,28; Mc 14,24) fanno specifico riferimento ai „molti“ (polloi) per i quali il Signore offre il sacrificio, e questa espressione è stata messa in risalto da alcuni esegeti in relazione alle parole del profeta Isaia (53,11-12). Sarebbe stato del tutto possibile nei testi evangelici dire „per tutti“ (per esempio, cfr. Lc 12,41); invece, la formula data nel racconto dell’istituzione è „per molti“, e queste parole sono state tradotte fedelmente così nella maggior parte delle versioni bibliche moderne.
- Il rito romano in latino ha sempre detto pro multis e mai pro omnibus nella consacrazione del calice.
- Le anafore dei vari riti orientali, in greco, in siriaco, in armeno, nelle lingue slave, ecc., contengono l’equivalente verbale del latino pro multis nelle loro rispettive lingue.
- „Per molti“ è una traduzione fedele di pro multis, mentre „per tutti“ è piuttosto una spiegazione del tipo che appartiene propriamente alla catechesi.
- L’espressione „per molti“, pur restando aperta all’inclusione di ogni persona umana, riflette inoltre il fatto che questa salvezza non è determinata in modo meccanico, senza la volontà o la partecipazione dell’uomo. Il credente, invece, è invitato ad accettare nella fede il dono che gli è offerto e a ricevere la vita soprannaturale data a coloro che partecipano a questo mistero, vivendolo nella propria vita in modo da essere annoverato fra „i molti“ cui il testo fa riferimento.
- In conformità con l’istruzione Liturgiam authenticam, dovrebbe essere fatto uno sforzo per essere più fedeli ai testi latini delle edizioni tipiche.
Le Conferenze episcopali di quei paesi in cui la formula „per tutti“ o il relativo equivalente è attualmente in uso sono quindi invitate a intraprendere la catechesi necessaria ai fedeli su questa materia nei prossimi uno o due anni per prepararli all’introduzione di una traduzione precisa in lingua nazionale della formula pro multis (per esempio, „for many“, „per molti“, ecc.) nella prossima traduzione del Messale Romano che i vescovi e la Santa Sede approveranno per l’uso in quei paesi.
Con l’espressione della mia alta stima e rispetto, rimango della Vostra Eminenza / Vostra Eccellenza
devotissimo in Cristo
+ Card. Francis Arinze, Prefetto
Quindi: „Nel Messale dei cattolici slovacchi nel prossimo futuro ci sarà il cambiamento delle parole della consacrazione del vino in sangue di Cristo”, ha scritto 5 giugno 2010 nel suo blog il Prof. Jan Duda, Presidente della Società slovacca di diritto canonico.
„Questo cambiamento”, secondo il prof. Duda „è stato introdotto gradualmente nelle traduzioni del Messale Romano sulla base di istruzione del 17 ottobre 2006, quale fu inviata dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ai presidenti delle Conferenze Episcopali dei singoli Paesi del mondo. La ragione di questo cambiamento è soprattutto il fatto che l’editio typica latina del Messale Romano usa l’espressione „pro multis“ [per molti], e non „pro omnibus“ [per tutti].”
Tuttavia, i lavori in tutto il mondo, sembra procedano molto lentamente, e forse anche per questo il Papa Benedetto XVI in data 14 aprile 2012 ha scritto una lettera al presidente della Conferenza episcopale tedesca l’arcivescovo Robert Zollitsch, ed anche al presidente della Conferenza episcopale austriaca l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn. In questa lettera il Papa personalmente spiega la traduzione della preghiera di consacrazione durante la Santa Messa, quanto il vino diventa il Sangue di Cristo. [vedi]
Papa Benedetto XVI. offre una dettagliata analisi della questione anche nel suo libro Gesù di Nazaret.
Le parole della consacrazione sul calice „pro multis” erano tradotte in italiano dal latino non precisamente „per tutti”. Similmente fu fatto anche nelle altre lingue moderne: tedesco: für alle; spagnolo: por todos los hombres; lo slovacco: za všetkých. In inglese dal 27 novembre 2011, i.a., dalla nuova edizione del Messale in inglese (Editio Typica Tertia), for all fu sostituito for many.
Circa „pro multis“ vs. „pro omnibus“ furono, erano e sono sempre le polemiche a vari livelli, anche agli alti livelli teologico ed episcopale. C'è stata anche una presa di posizione, purtroppo non favorevole, da parte della Conferenza episcopale italiana. Il desiderio del Papa non fu accolto. Nel novembre del 2010, in una votazione, su 187 vescovi votanti soltanto 11 si schierarono per il „per molti“. A favore del „per tutti“ votò una maggioranza schiacciante, incurante delle indicazioni vaticane. Poco prima, anche le conferenze episcopali delle sedici regioni ecclesiastiche italiane, con la sola eccezione della Liguria, si erano pronunciate per il mantenimento della formula „per tutti“.
Ora si sta preparando l'Editio Typica Tertia in italiano, come anche nelle altre lingue.
Anche in Germania, in patria di Papa Benedetto XVI., si rilasciano varie dichiarazioni contraddittorie che trovano eco nei media. In pratica finora nulla è cambiato, ma il presidente della Conferenza episcopale tedesca, l’arcivescovo di Friburgo Robert Zollitsch, giá 24 aprile 2012 ha espresso un parere in cui ha scritto, tra l’altro:
„La nuova traduzione del Messale, che è attualmente in preparazione segue le posizioni base del documento vaticano Liturgiam authenticam del 2001. Questo include anche una traduzione adeguata delle parole sopra il Calice, circa le quali in passato c' era un ampio dibattito. Il Santo Padre si è espresso in proposito in una lettera ai vescovi nei Paesi di lingua tedesca. Questa lettera offre un chiarimento ed è la conclusione di questa discussione.„In altre parti del mondo si sta tornando all’uso del „per molti“: in America latina, in Spagna, in Ungheria, negli Stati Uniti. Spesso con contestazioni e disobbedienze.“
L'Arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente della Conferenza episcopale magiara, il Cardinale Péter Erdő 11 maggio 2009 ha scritto una lettera in cui ha ordinato che da Pentecoste dello stesso anno per la consacrazione del Calice si utilizzi al posto della parola ‚mindenkiért’ [pro omnibus] parola ‚sokakért’ [pro multis].
Particolare è la situazione in Repubblica Slovacca, dove vive una minoranza magiara e la maggior parte di essa appartiene alla Chiesa Cattolica Romana. Per esempio nelle parrocchie della Arcidiocesi di Trnava (confina con la Arcidiocesi Esztergom-Budapest) dove si celebra la santa messa anche in lingua magiara, il testo nei messali è stato coperto con una striscia adesiva con il testo „pro multis”. Autore di queste si è permesso di scrivere e chiedere all’arcivescovo di Trnava S. E. Ján Orosch, se non si potrebbe allo stesso modo fare con il testo nei messali in lingua slovacca. La risposta è stata negativa – bisogna aspettare la nuova edizione del Messale. E così nella stessa chiesa nei paesi e nelle città – ce ne sono parecchi nell'Arcidiocesi di Trnava – alla SS.messa in magiaro lo stesso sacerdote dice sia ‚sokakért’ [pro multis] come anche „za všetkých“ (pro omnibus).
Nel caso della Chiesa bizantina bisogna tener presente un fatto importante, e cioè che che il Concilio Vaticano II e le successive modifiche nella celebrazione eucaristica non hanno avuto alcun influsso sulla liturgia e dopo il Concilio nelle Chiese orientali non c'è stata alcuna riforma liturgica. Il Concilio ha solo sottolineato che le chiese cristiane orientali unite con Roma devono mantenere il loro rito in conformità con le loro tradizioni e costumi di questa o quella particolare Chiesa. L’unica cosa che ha toccato la liturgia delle Chiese Orientali, è stato il fatto che si è cominciato a tradurre nelle vive lingue locali (anche se va notato che nelle Chiese Orientali anche prima del Concilio Vaticano II non è esistita una lingua unica). I greci celebravano in greco, i melchiti in aramaico, le nazioni slave in slavo antico, etc. Come afferma nella sua (sopracitata) lettera al paragrafo 3c il cardinale Francis Arinze, il testo corrisponde al latino „pro multis”.
All’inizio degli anni 40 del 20° secolo inizia una serie delle singole edizioni dei libri liturgici per i grecocattolici sulla base della Unione di Brest e Uzhorod, la cosiddetta Editio rutena (...) Questo tocca i grecocattolici ucraini, slovacchi e ruteni sia che vivano in patria che nella diaspora. Le Metropoli rutene negli Stati Uniti, come anche le metropoli ucraine negli USA ed in Canada a partire degli anni 60 del 20° secolo hanno cominciato a preparare le traduzioni dei testi liturgici in lingue moderne - in inglese e ucraino, ma comunque hanno seguito fedelmente il testo comune slavo antico.
Il testo slavo antico delle parole della consacrazione del Calice precedente il Concilio Vaticano II è lo stesso di oggi, ed è questo: „Bevetene tutti. Questo è il mio sangue, quello del Nuovo Testamento, che per voi e per molti è sparso in remissione dei peccati.
I Vescovi slovacchi in riunione plenaria della Conferenza nel giugno 2012 affrontano la proposta di adattare i testi liturgici nella Editio Tipica Tertia del Messale Romano in slovacco ed hanno accolto la modifica proposta da Papa Benedetto XVI circa le parole della consacrazione del Calice. Le parole „per tutti“ devono essere cambiate ‘per molti „. Ma il cambiamento si applicherà solo alla prossima uscita della Editio Tipica Tertia del Messale Romano.
Sembra che i migliori conoscitori della lingua latina che hanno lavorato sulla traduzione del messale post-conciliare, ad esempio, siano stati i francesi („pour la moltitude“) i portoghesi („por muitos“), i polacchi („za wielu“) o i bielorussi („за многiх“). Essi quindi non hanno bisogno di correggere nulla o spiegare qualcosa alla gente.
Con l’aiuto di Dio e le nostre preghiere, ma anche con lavoro concreto saremo certamente in grado di farcela, e faremo la gioia al Santo Padre con il nuovo Messale. Peccato che non si sia riusciti durante il pontificato di Papa Benedetto XVI, il quale ce lo chiaramente chiesto.
Videant consules.Sac. Ján Košiar
21 commenti:
Letto su Fb.
Solo apparentemente OT perchè la questione del pro multis si inserisce proprio nello sfaldamento generale.
INEVITABILE DECLINO CATTOLICO: IL LAVORO DEI NUOVI "BRAVI". CHI SARA' IL DON ABBONDIO DI TURNO?
Due post di due uomini espressione del potere: il teologo Grillo e il giornalista Spadaro. Cosa dicono?
Il primo afferma candidamente che la Transustanziazione non è un dogma (per duemila anni abbiamo scherzato) e il secondo ci informa che Francesco risponde a tutte le domande, tranne ai falsi dubbi.
Cosa c'è che non quadra? Il primo sappiamo che sta lavorando nell'equipe che sta preparando la famosa Messa Ecumenica, pertanto ha sentito tutta la necessità di comunicare al mondo i progressi che stanno facendo: una Messa dove non è previsto professare la presenza reale di Gesù nel pane e nel vino eucaristici.
Il secondo ci sta informando che nessuno, fosse anche un cardinale, può permettersi di avere un dubbio che metta in dubbio gli insegnamenti di un Papa. Agli inizi delle elementari, la maestra diceva: mi raccomando, se avete dubbi, se non avete capito quello che dico, fate le domande, chiedete, perchè capoccia che non chiede si chiama zucca.
Visto che stiamo vicino alla festa delle zucche, credo proprio che il futuro che si va costruendo è stracolmo di zucche vuote, forse che portano cappello, ma sempre zucche sono.
Chissà perchè mi ritorna alla mente un episodio letterario: "Queste domande non s'hanno da fare!"... poveri i tanti Abbondi incarcerati nei loro episcopi dorati, incapaci di proferire parola e, ove possibile, trovare le vicine vie di fuga pur di non incorrere nelle sentenze di questi novelli Bravi. Novelle icone del servilismo cortigiano clericale.
Pazienza, è andata così....
"la Transustanziazione non è un dogma (per duemila anni abbiamo scherzato) e il secondo ci informa che Francesco risponde a tutte le domande, tranne ai falsi dubbi."
Quanta spocchia ! Quanta sicumera !
Compassione e preghiera al Custode di Gesu' e della Chiesa Cattolica .
Ave, Giuseppe, uomo giusto, la Sapienza è con te.
Tu sei benedetto fra tutti gli uomini
e benedetto è il frutto di Maria tua Sposa fedele, Gesù.
San Giuseppe, degno padre putativo di Gesù,
prega per noi peccatori e ottienici la divina Sapienza,
adesso e nell'ora della nostra morte.
Amen!
La preghiera Ave Giuseppe è stata scritta da San Luigi Maria Grignon de Monfort.
Segnalo un'altra incongruenza nella traduzione in italiano delle parole dell'Istituzione: "tradetur", "effundetur" sono futuri primi, quindi dovrebbero essere tradotti con "sarà consegnato", "sarà versato". L'evento cruento della croce, durante l'ultima cena, è collocato nel futuro di Gesù, ed assume quindi una valenza escatologica per tutta la Chiesa, crea un dinamismo verso il futuro, che coinvolge i presenti di allora, gli apostoli, e i presenti di oggi, noi. Tradurre "tradetur", "effundetur" con il participio passato "offerto (in sacrificio)", "versato", in italiano, rinchiude l'evento nel passato, privandolo della sua naturale prospettiva escatologica: un evento tutto conchiuso in se stesso. E' solo un abbozzo e un interrogativo, ma mi chiedo come mai nessuno ci fa caso.
"..."Pro multis – pro omnibus..."
Il ricco quadro della disubbedienza dei principi della Chiesa è la dimostrazione lampante che del "pro multis" si tratta.
Poiche' sara' versato per tutti ma solo molti se ne avvantaggeranno ci sprona a far di tutto per essere fra i " molti ".
« Anime care! Imparate dal vostro modello, che l'unica cosa necessaria, quantunque alla natura ripugni, è il sottomettersi umilmente e l'offrirsi a fare la volontà di Dio.
« Volli anche insegnare alle anime, che ogni azione importante dev'essere preceduta, preparata e vivificata dalla preghiera, perché nell'orazione l'anima si rinvigorisce per affrontare le difficoltà e Dio le si comunica, consigliandola, inspirandola; ancorché essa non se ne accorga.
« Oh, anime che mi fate soffrire in tal modo! Sarà questo Sangue salute, vita per voi? Sarà possibile che tale angoscia, tale agonia e tal Sangue restino inutili, per tante anime? ».
« Dove eravate voi, Apostoli e Discepoli, testimoni della mia vita, della mia dottrina, dei miei miracoli?
« Contemplate le mie ferite e vedete se c'è altri che tanto abbia sofferto per dimostrarvi il suo amore!... ».
LA PASSIONE DEL SIGNORE RIVELATA A SUOR JOSEFA MENENDEZ
Con approvazione del Card. Pacelli, futuro Pio XII
Riporto un brano del mio saggio con alcuni accenni al 'pro multis' ed altri temi ricordati in messaggi qui su, poi sviluppati più ampiamente in altre parti.
"...La Mediator Dei afferma e conferma che il Sacrificio di Cristo è uno ed unico ed appartiene a Lui solo. E non è un caso che le parole mysterium fidei siano pronunciate al momento della Consacrazione del Calice e quindi del Sangue della Nuova ed eterna Alleanza qui pro vobis et pro multis* effundetur = sarà sparso: è un futuro che diventa un eterno presente, la prefigurazione del Calvario nell’imminenza di quanto sarebbe accaduto. Questa formula ci comanda di fare haec — questo — in sua memoria fino alla fine dei tempi. Anche le parole mysterium fidei appartengono a Cristo, che suggella così la sua Azione espiatrice e redentrice e qui non ci resta che adorare e accogliere. Non si può far a meno di notare che, invece, nel Novus Ordo quelle parole vengono messe in bocca all’assemblea e pronunciate ad alta voce in un momento in cui bisognerebbe solo adorare davanti al Sacrificio. E invece si parla addirittura della «attesa della tua venuta», inopinatamente richiamando la parusia proprio nel momento in cui il Signore si è fatto realmente presente: presenza ineffabile che dovrebbe essere accolta vissuta e adorata con maggiore consapevolezza e sacralità.
*nota:
Il “pro multis” richiama l’attenzione sull’erronea traduzione, in molte lingue volgari, del Messale NO con “per tutti”. È vero che il Signore è morto per tutti; ma la sua Grazia e la salvezza redentiva ha effetto su “coloro che Lo accolgono” (i molti altrimenti si sarebbe detto omnes) [cfr. testo greco πολλοι (polloi = i più) e non παντες (pantes = tutti)]. (Lo ribadisce la Lettera 17 ottobre 2006 della Congregazione per il Culto Divino ai Presidenti delle Conferenze Episcopali). E dunque non esclude la responsabilità dell’adesione personale e della fedeltà vissute nella Sua Chiesa, anche se le vie del Signore sono infinite. In una lettera ai vescovi tedeschi del 14 aprile 2012, richiamando l’istruzione vaticana Liturgiam authenticam del 2001, Benedetto XVI spiega che la fedeltà dei testi liturgici contemporanei al “pro multis”, per molti, dei Vangeli di Matteo e Marco (mentre nei racconti di Luca e Paolo Gesù si rivolge direttamente ai discepoli che il suo sacrificio è “per voi”) rimanda alla fedeltà del linguaggio di Gesù al capitolo 53 del libro biblico di Isaia. E non è modificabile arbitrariamente.
Purtroppo una volta accettata la rivoluzione liturgica del 1969, è inutile tentare di fermarne o rallentarne l'avanzata con aggiustamenti e precisazioni.
Come avviene in ogni rivoluzione, il Novus Ordo Missae bugninmontiniano ha inaugurato un processo sovvertitore che non potrà essere arrestato se non con l'eliminazione del principio rivoluzionario stesso, ossia il N.O. Non comprendere questo, significa illudersi.
E' l'unica soluzione, anche se a livello gerarchico ufficiale sono decisi a non tornare indietro, anzi proseguono nella via della protestantizzazione a marce forzate.
L'azione dovrebbe partire dal basso, con l'obiezione di coscienza mossa da sacerdoti che rifiutino categoricamente di celebrare il N.O. e passino radicalmente al Rito antico, magari con una tappa nel rito del 1965 (che è praticamente identico a quello del 1962).
Ciò costerà loro caro - perdita degli incarichi ufficiali in diocesi - ma sarà anche l'inizio della riscossa contro i neomodernisti al potere.
- Il Catechismo Tridentino spiega bene il senso del "per molti".
"Le parole 'per voi e per molti' [nella consacr. del vino] prese separatamente da Mt 26, 28 e da Lc 22, 20, sono riunite dalla S. Chiesa, ispirata da Dio, per esprimere il frutto e l'utilità della passione. Infatti, se consideriamo l'efficace virtù della passione, dobbiamo ammettere che il sangue del Signore è stato sparso per la salute di tutti; ma se esaminiamo il frutto che gli uomini ne hanno ritratto, ammetteremo facilmente che ai vantaggi della passione partecipano non tutti, ma soltanto molti. Perciò dicendo: -per voi, ha voluto significare i presenti, con cui parlava, eccetto Giuda, oppure gli eletti del popolo ebreo, quali erano i discepoli. Ed aggiungendo: - per tutti, trattandosi qui soltanto dei frutti della passione, la quale apporta salute soltanto agli eletti. In questo senso bisogna intendere anche le parole dell'Apostolo: Gesù Cristo fu offerto una volta sola per togliere i peccati di molti (Ebr 9, 28); e quelle del Signore: Prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che mi hai dati, perché sono tuoi (Gv 17, 9)."(Cat. Trid. tr. it. di Tito S. Centi, OP, Cantagalli, 1981, p. 261).
Il NO è l'espressione dell'abominevole principio di creatività nella liturgia, introdotto dal Vaticano II, cost. Sacrosanctum Concilium (22, 37-40, 44). Già l'aver spostato il "misterium fidei" a subito dopo la Consacrazione, accoppiandolo ad una frase tolta da S. Paolo, per conferirgli un inappropriato significato escatologico, mostra all'opera il nefasto principio di creatività.
Sac. Quidam ha ragione: dovrebbero i sacerdoti cominciare a rifiutarsi di celebrare il rito montiniano. Ma per affrontare le inevitabili rappresaglie, ci vorrebbe una fede granitica. Giovanni Paolo II ha sempre detto "per tutti", se non erro. E certamente non poteva ignorare che l'Institutio del Messale NO portava ancora "pro multis".
PP
L'azione dovrebbe partire dal basso, con l'obiezione di coscienza mossa da sacerdoti che rifiutino categoricamente di celebrare il N.O. e passino radicalmente al Rito antico, magari con una tappa nel rito del 1965 (che è praticamente identico a quello del 1962).
Sacerdos Quidam, concordo in pieno. Ma mi permetta di dubitare fortemente sulla tappa del nel rito del '65.
A che pro?
Forse che una tappa intermedia potrebbe essere di utilità e giovamento per i fedeli?
Forse perché qualche parte del rito lì viene pronunciato in volgare e con ciò il fedele medio dovrebbe essere più facilitato?
A parte il fatto che non mi sembra che un prete possa scegliere spontaneamente di celebrare secondo questo Messale (non mi sembra, non ne sono sicuro, anzi ne dubito, ma questo me lo potrà dire meglio Lei, che è sacerdote), mettendosi nei panni di un fedele che deve affrontare un cambiamento, come potrà accoglierlo egli questo cambiamento già sapendo che poi ne seguirà un altro? Un altro a breve o a lungo termine?
I messalini dei fedeli sono già bilingui, per cui permettono un'adeguata comprensione dei testi.
Per esperienza diretta e osservando gli altri posso affermare che l'adattamento al rito tridentino avviene per gradi e senza problemi, cosa che mi fa escludere la necessità di una fase intermedia, pure a livello di pura ipotesi.
Dico questo a livello pratico.
Ma soprattutto son di questo avviso a livello di principio: per raggiungere un obiettivo occorre andarci diritto e in modo determinato. Vi fossero difficoltà vi si fa fronte senza (inutili) deviazioni. La Messa di sempre è questo obiettivo. Come dice Lei: occorre passare radicalmente ad esso.
Tanto oggi è la festa delle zucche...
Maledizione o sacrificio?
https://intuajustitia.blogspot.it/2017/10/il-vero-significato-di-halloween-omelia.
sdoganiamo, sdoganiamo sempre, paganeggiando, immemori del battesimo ricevuto
http://www.famigliacristiana.it/articolo/halloween-sono-un-giovane-cristiano-ma-la-festa-mi-chiama.aspx
http://blog.messainlatino.it/2017/10/ravenna-pontificale-cardburke.html?m=0
Permettetemi di ringraziare di cuore il Sacerdote don Ján Košiar e lei gentile padrona di casa per la catturante riflessione ......
@ PP - Il Catechismo Tridentino spiega bene il senso del "per molti".
manca un pezzo dalla frase citata, che su un altro post ho trovato citata così:
Perciò dicendo "per voi", ha voluto significare i presenti con cui parlava, eccetto Giuda, oppure gli eletti del popolo ebreo, quali erano i discepoli. E aggiungendo "per molti" ha voluto intendere gli altri eletti, Ebrei e Gentili. Con ragione dunque non è stato detto "per tutti", trattandosi qui soltanto dei frutti della passione, la quale apporta salute soltanto agli eletti.
--In effetti, manca un pezzo, disattenzione mia o scherzo del computer
Ricontrollando sulla traduzione pubblicata da Cantagalli:
"[...] Ed aggiungendo p e r m o l t i , ha voluto intendere gli altri eletti, Ebrei e i Gentili. Con ragione dunque non è stato detto : p e r t u t t i , trattandosi qui soltanto dei frutti della passione etc."
Ringrazio per la segnalazione.
PP
Una precisazione: la mia non voleva essere una critica all'articolo del confratello don Jan (in ottimo italiano, complimenti), che fa una cronaca precisa ed interessante sulla questione del 'pro multis'.
La critica verte invece sul fatto che anche un'eventuale traduzione corretta dell'originale N.O. latino non risolverebbe il problema.
Avrebbe cioè gli stessi effetti della somministrazione di tachipirina ad un malato di broncopolmonite doppia: abbasserebbe la febbre per un po', ma senza risolvere il problema dipendente dal focolaio batterico. Il problema è proprio il Novus Ordo Missae in sé stesso.
@ Marius:
in realtà la Messa del 1965 è identica a quella del 1962, le due differenze principali consistono nell'assenza delle preghiere iniziali ai piedi dell'altare ed del Prologo di San Giovanni dopo la benedizione finale.
Nel Messale del 1965 si adotta poi la lingua vernacolare nelle parti 'udibili' dai fedeli, mentre le altre parti, compreso il Canone, restano in latino. Una differenza praticamente nulla, che non pone alcun problema di coscienza a chi vuol restare fedele alla Liturgia e alla dottrina cattoliche.
Ho proposto una tappa intermedia in seguito alla mia esperienza personale. La maggior parte dei fedeli, ormai drogati da quasi 50 anni di N.O., trova una grande difficoltà a passare improvvisamente al latino (non è appunto questione di Rito, ma di lingua). Non tutti, certo, ma molti si allontanano (forse per sempre) dal Rito tradizionale per questo motivo.
Lo so che è irrazionale, che ci sono i messalini, ecc.: ma se una cosa ho imparato in decenni di sacerdozio, è che molti fedeli per lo più agiscono in modo istintivo ed irriflessivo, e vanno presi con un'infinita pazienza (che io spesso non sempre ho avuto e non ho, purtroppo) venendo loro incontro - finché si può, ovviamente.
Quanto alla liceità del Messale del 1965, teoricamente occorrerebbe il permesso dell'Ecclesia Dei, ma essendo questo praticamente la 'fotocopia' del Messale del 1962 non avrei nessun problema di coscienza ad usarlo in ogni caso. Così come non ho avuto alcun problema di coscienza a celebrare nel Rito del 1962 fin da parecchi anni prima del Summorum Pontificum.
L'abolizione delle preghiere dello Introito, ricalcate sui Salmi, e del Prologo del Vangelo di Giovanni alla fine, facevano già capire, nel 1965, che stava tirando un'aria mefitica per la liturgia. "Mi accosterò all'altare di Dio - Al Dio che allieta la mia giovinezza.." così comincia la Messa OV. E la Messa NO non ha forse abolito l'altare, sostituendolo con la tavola rivolta verso i fedeli? Difatti, i "riti di introduzione" della Nuova Messa sono del tutto piatti, quasi inesistenti...
La recita finale del Prologo del Vangelo di Giovanni ci ricorda che "Gesù è Dio, che si è incarnato, che quelli che lo hanno ricevuto con fede e con amore diventano figli di Dio".
@ Sacerdos Quidam
Capisco la preoccupazione pastorale, ma secondo me entra in gioco un elemento ben più importante.
Il Concilio ed il suo post hanno inaugurato un'epoca di creatività e sperimentazione liturgica. Vi è dunque il pericolo reale e non senza conseguenze che introducendo una fase intermedia si perpetui questo deleterio modo di intendere.
La Messa Cattolica è una; col '65 si è dato avvio a quel processo di modificazione iniziando tramite la semplice traduzione del testo (unitamente anche ad epurazioni), processo che fu già il medesimo presso la riforma anglicana.
Per tornare "a casa" senza incorrere e indurre in continue confusioni occorre puntare direttamente all'obiettivo, con misure pastorali accompagnatorie, come p.es. una particolare attenzione alla fornitura in chiesa di Messalini bilingui completi e semplificati nonché alla proposta costante e mirata di catechesi liturgiche.
Nel Messale del 1962 le preghiere ai piedi dell'altare sono già omesse molte volte: in tutte le Messe per i defunti (anche quelle votive quotidiane nei giorni di IV classe, piuttosto frequenti) e nei giorni a partire dalla prima Domenica di Passione fino alla Veglia Pasquale: ma a nessuno è mai venuto in mente di dire che questa omissione costituisce un pericolo di scivolare verso una Messa 'modernista'.
L'ultimo Vangelo è omesso nella Terza Messa del giorno di Natale: e nessuno ha mai gridato al pericolo per la Fede.
Giusta la prudenza e comprensibile anche la diffidenza, ma direi che non bisogna vedere pericoli anche dove non esistono.
Detto questo, se si vuol iniziare i fedeli direttamente al Vetus Ordo del 1962 va benissimo, nulla da dire: ma non vedo un reale motivo per non utilizzare all'inizio il Messale del'65.
Mi sembra (ma se così non fosse, mi si corregga pure) che i sacerdoti del sito 'Radicati nella Fede' usarono, quand'erano parroci, un metodo graduale per condurre senza traumi i fedeli al rito Romano antico del '62.
Loro iniziarono però con graduali modifiche al rito N.O., riuscendo con questo metodo a far adottare alle loro parrocchie il Vetus Ordo (credo che il progetto si sia svolto con il consiglio di qualche membro della FSSPX).
Purtroppo il tutto fu 'stoppato' dalla Santa Sede (ed era Papa Benedetto XVI...), ed i sacerdoti in questione - che giustamente ormai non volevano celebrare altrimenti che col Messale del '62 - furono destituiti e 'ricollocati' nelle sedi che ancor oggi occupano.
Interessante comunque constatare che il metodo graduale era riuscito: e qualunque sacerdote abbia esperienza di parrocchie sa che si trattò di un risultato straordinario.
Certo, io un metodo graduale che preveda comunque inizialmente la celebrazione del N.O. sia pure 'modificato' non lo adotterei neppure con una pistola puntata alla tempia, ma bisogna comprendere la situazione di partenza di quei sacerdoti.
Riscossa cristiana, “La svolta” – racconto di Alfonso Indelicato
By Redazione On 31 ottobre 2017 ·
http://opportuneimportune.blogspot.it/2017/11/alcune-riflessioni-sul-rito-della-messa.html
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