È il secondo, della serie di articoli dedicati da don Curzio Nitoglia alla filosofia romana, per trarne insegnamenti validi ancor oggi all’uomo contemporaneo soprattutto europeo, che ha smarrito le sue radici intellettuali, morali ed etniche e ha fatto propria la contro-filosofia soggettivista moderna e nichilista post-moderna.
Ne metto in risalto alcune motivazioni, puntualmente sottolineate dal nostro Josh nello sfondo di continua, ossessiva, martellante falsificazione palese, che vale in tutti gli argomenti e discipline e pressoché in tutti i contesti, pressapochismo ecclesiastico compreso.
Infatti, CHI a parte pochissimi potrà ancora far tesoro della limpidezza del pensiero greco latino classico, come base preparatoria (verità anche storica peraltro) per il Cristianesimo? Se ci si reinventa pure la storia a reti unificate ormai? E non solo in TV, come nel recente discusso caso di Porta a Porta in cui un musulmano ha potuto lamentare, senza che nessuno lo correggesse, la cacciata dei 'mori' dalla Spagna, come se questa fosse loro patria e non terra invasa e occupata.
Tutto il mondo in realtà è un po' come il caso della Francia della Rivoluzione. Si volle abbattere la Vera religione, in vista, dicevano, della 'Dea Ragione'... la ragione da sé senza la Grazia è donna poco seria.... e ora vincono ovunque menzogne, falsificazioni e superstizione.
Infatti, CHI a parte pochissimi potrà ancora far tesoro della limpidezza del pensiero greco latino classico, come base preparatoria (verità anche storica peraltro) per il Cristianesimo? Se ci si reinventa pure la storia a reti unificate ormai? E non solo in TV, come nel recente discusso caso di Porta a Porta in cui un musulmano ha potuto lamentare, senza che nessuno lo correggesse, la cacciata dei 'mori' dalla Spagna, come se questa fosse loro patria e non terra invasa e occupata.
Tutto il mondo in realtà è un po' come il caso della Francia della Rivoluzione. Si volle abbattere la Vera religione, in vista, dicevano, della 'Dea Ragione'... la ragione da sé senza la Grazia è donna poco seria.... e ora vincono ovunque menzogne, falsificazioni e superstizione.
Dunque la riscoperta del pensiero classico come base di alcuni aspetti che il Cristianesimo svilupperà, è più che mai necessaria per vari motivi, tra cui:
_la vera metafisica e il metodo;
_ribadire l'immutabilità, proprio nella logica umana, del principio di non contraddizione, contro le follie hegeliste, sia in filosofia sia in teologia;
_ristabilire una vera storicità del Cristianesimo, peraltro sempre più comprovata, sempre contro l'hegelismo, il modernismo, il qualunquismo alogico e le parentele spurie del Cristianesimo d'oggi, in cui oltre alla deriva Rahner, sempre presente, si profila una misticheggiante, massonica, newageista deriva Panikkar, cercando minimi comuni denominatori e "cristi" incogniti in false religioni dell'estremo oriente, col risultato di snaturare il Vangelo, quindi lasciare tutti nella superstizione e non salvati.
Altri autori, oltre a Cicerone: Lucio Anneo Seneca - Marco Aurelio -
Altri autori, oltre a Cicerone: Lucio Anneo Seneca - Marco Aurelio -
MARCO TULLIO CICERONE
Eclettismo o probabilismo etico ciceroniano
Cicerone[1] è il massimo rappresentante dell’eclettismo romano, eclettismo più morale (e moderatamente “scetticheggiante”*) che dogmatico.
Più che un filosofo speculativo o morale in senso stretto Cicerone è un retore, un avvocato, un oratore, un uomo di cultura. Giovanni Reale definisce il pensiero di Cicerone “il più bel paradigma della più povera delle filosofie, la più antispeculativa delle speculazioni” (Storia della filosofia greca e romana, Milano, Bompiani, 2004, vol. 6°, p. 96)[2].
Cicerone ha introdotto a Roma la filosofia greca
Tuttavia non si può negare che Cicerone è stato il ponte principale attraverso il quale la filosofia greca è entrata a Roma e nell’Europa intera.
La sua opera più importante dal punto di vista filosofico è il De Officiis, che tuttavia viene collocata “a valle della filosofia” (G. Reale, cit., p. 96).
Antologia filosofica greca
Cicerone ha letto quasi tutti i filosofi greci (compresi Platone e Aristotele) ed ha ripreso molti concetti da loro, tranne che dagli epicurei con i quali ha polemizzato aspramente. Egli ha operato una fusione eclettica delle varie correnti greche, lette in funzione pratica conformemente allo spirito romano. Inoltre si parla di “scetticismo”* ciceroniano, in senso molto largo e moderato, poiché la diversità di opinioni dei filosofi ha spinto Cicerone a negare la possibilità della certezza nella dottrina filosofica e ad accontentarsi della sola probabilità. Quindi Cicerone non afferma la impossibilità di conoscere la realtà, come insegna, invece, lo scetticismo filosofico in senso stretto.
Cicerone riprende da Filone di Larissa il probabilismo eclettico secondo cui su ogni questione bisogna valutare il pro e il contro e scegliere la soluzione più probabile o verosimile.
Il pro e il contro di ogni problema
Quindi leggendo Cicerone 1°) si conosce una vasta antologia della filosofia greca classica; 2°) si ha una valutazione seria della consistenza delle tesi opposte dei filosofi greci; 3°) si ha quindi la possibilità di scegliere la soluzione più conveniente o probabile; 4°) il tutto scritto in un ottimo latino e condito da una ricca retorica (e questi punti sono il vantaggio del ciceronismo).
Cicerone non è uno scettico*, come abbiamo visto. Quindi il confronto delle tesi opposte non porta alla sospensione del giudizio e al relativismo, ma all’adesione dell’intelletto alla tesi probabile o verosimile e alla pratica dell’esercizio retorico[3].
Tuttavia Cicerone non risolve le difficoltà in base alla filosofia teoretica (e questo è il suo limite). Egli dà molto peso al dissenso dei vari filosofi circa la soluzione dei problemi posti e ciò che lo porta ad aderire ad una certa tesi è il consenso largo, che non esita a rendere criterio di probabilità. Il criterio della verità non è la corrispondenza del giudizio alla realtà, ma il numero maggiore delle autorità filosofiche che hanno aderito ad una tesi. Siccome il dissenso non rende possibile la certezza, almeno il maggiore e più ampio consenso rende possibile la probabilità. Eclettismo e probabilismo (più che “scetticismo”*) sono intimamente connessi in Cicerone.
Il fine della filosofia per Cicerone è cogliere lo scopo dell’uomo, che è il sommo Bene, ma per poter far ciò occorre stabilire il criterio della verità[4].
Il valore dell’esperienza sensibile
In primo luogo Cicerone si basa sulla testimonianza dei sensi, i quali, però, non ci danno la certezza ma solo la probabilità. Ciò che appare evidente ai sensi, ossia l’esperienza sensibile, è un primo criterio di verità e chi nega questa evidenza sovverte la possibilità razionale della vita umana[5]. In secondo luogo il consenso universale o maggiormente esteso degli uomini è criterio di verità.
Conformemente al carattere pratico morale del romano antico Cicerone mostra poco interesse per i problemi ontologici, fisici e cosmologici. Tuttavia il problema di Dio, non studiato metafisicamente ma eticamente, occupa grande spazio nel sistema ciceroniano. Infatti per quanto riguarda la metafisica Cicerone si avvicina di molto allo scetticismo in senso proprio perché egli insegna che “sulla natura delle cose è molto più facile dire ciò che non è la verità di ciò che è”[6].
Il problema di Dio
Qui Cicerone dà il meglio di sé. L’esistenza di Dio è indubitabile. Infatti il consenso di tutti i popoli sull’esistenza di una divinità è la prova più concreta e probabilissima di essa[7].
Anche la Provvidenza è indubitabile. Infatti le cose esterne mostrano di essere state finalizzate in funzione dell’uomo e la composizione del corpo umano dimostra la sua organizzazione finalistica o provvidenziale e non casualistica o “fatale”. “Se si gettano le lettere dell’alfabeto in aria a caso esse non produrranno mai gli Annali di Ennio”[8].
Per quanto riguarda la natura di Dio Cicerone è meno sicuro. Tuttavia egli crede all’unità di Dio e rigetta il politeismo e parla di Dio come di “uno Spirito indipendente e libero (“mens soluta et libera”), privo di ogni elemento corruttibile”[9]. Tuttavia, data la mancanza di metafisica, Cicerone non ha il concetto di soprasensibile e dunque si rifà allo stoicismo per attribuire a Dio una materia spiritualizzata tipo il fuoco o l’aria[10].
L’anima umana
Cicerone non nutre dubbi sull’immortalità dell’anima poiché tutti si preoccupano di ciò che sarà dopo la propria morte. Inoltre l’anima è il punto di congiunzione tra l’uomo e Dio, come insegnava Platone. Quindi essa è immortale[12].
Naturalmente anche quanto alla natura dell’anima troviamo delle incertezze in Cicerone proprio come per il problema di Dio. La mancanza metafisica del concetto di ultrasensibile o immateriale lo porta ad assegnare all’anima umana una natura ignea o eterea[13].
La morale ciceroniana e l’uomo d’oggi
La morale ciceroniana la troviamo nel De officiis e nel De finibus honorum et malorum.
In Cicerone è regina la attività pratica individuale e sociale. Egli respinge totalmente la morale epicurea e prende ecletticamente il meglio da quelle stoiche, accademiche e peripatetiche. Tra tutte predilige quella stoica.
Cicerone ci invita ad agire secondo la nostra natura che è fatta di anima e di corpo. Quindi bisogna vivere da animale razionale e libero, che non può fare a meno del suo corpo. Egli, perciò, tempera la morale stoica totalmente a-passionale e a-corporea e rivendica i diritti del corpo umano, subordinato a quelli dell’anima, ma non inesistente. Infatti senza il corpo la ragione non potrebbe agire. In ciò Cicerone si schiera dalla parte degli aristotelici, ma poi torna agli stoici nel ricondurre la vita virtuosa soprattutto alla intellezione. Stoicamente egli ritiene che l’uomo sia moralmente e virtuosamente autosufficiente e bastevole per la vita felice. Infine il vero saggio deve essere totalmente libero dalle passioni e completamente imperturbabile. [14]
Per quanto riguarda la natura della libertà egli è ancora molto distante dalle conquiste di Seneca.
Il suo contributo maggiore dato alla filosofia è quello di averla fatta penetrare in ambiente romano e di averla divulgata in maniera molto semplice e a-metafisica perché “nessun greco sarebbe stato capace di diffondere, come ha fatto Cicerone, il pensiero greco per il mondo” (C. Marchesi, Storia della filosofia latina, Milano, 1971, VII ed., p. 317).
Conclusione
Il messaggio ciceroniano per l’uomo contemporaneo è il seguente: 1°) la realtà è realmente conoscibile da parte dell’uomo e lo scetticismo sarebbe la rovina della vita umana; 2°) l’esperienza sensibile, ossia ciò che viene constatato dai nostri sensi, non può ingannarci ed è fonte di verità; 3°) l’esistenza di Dio è indubitabile perché il consenso di tutti i popoli sull’esistenza di una divinità è la prova più concreta di essa; 4°) anche la Provvidenza di Dio è indubitabile perché le cose esterne mostrano di essere state finalizzate in funzione dell’uomo; 5°) non si può nutrire dubbi sull’immortalità dell’anima poiché tutti si preoccupano di ciò che sarà dopo la propria morte; 6°) quindi bisogna vivere da animale razionale e libero, che non può fare a meno dell’anima ed anche del proprio corpo.
Certamente il messaggio ciceroniano sfigura davanti a quello che ci dà Seneca. Tuttavia è sempre utile all’uomo d’oggi, che sembrerebbe, nella misura in cui si fa nichilista, segnare la fine della catena dell’homo sapiens ed essere il principio di un’involuzione contro-darwiniana dall’uomo all’umanoide. Quindi di fronte a tale sfacelo di questi tristissimi tempi si può ricorrere, con profitto, agli insegnamenti pratico-pratici del grande avvocato di Arpino.
d. Curzio Nitoglia
_______________________
1. Cicerone nacque il 106 a. C. ad Arpino (vicino l’odierna Frosinone). Studiò sin da giovane la filosofia assieme al diritto e alla politica. Fu ucciso nel 43 a. C. dai soldati di Marc’Antonio sulla via di Gaeta.
2. Per la lettura di Cicerone si può consultare il testo bilingue latino-italiano Tutte le opere di Cicerone, Milano, Mondadori, 1962 ss.
3. Tusculanae Disputationes, II, 3, 9.4. Academica priora, II, 9, 29.
5. Academica priora, II, 31, 99.
6. Academica priora, II, 39, 122
7. Tusculanae disputationes, I, 13, 30.
8. De natura deorum, II, 37, 93.
9. Tusculanae disputationes, I, 27, 66.
10. Tusculanae disputationes, I, 26, 65.
11Tusculanae disputationes, I, 14, 31.
12. Tusculanae disputationes, I, 27, 66.
13. Tusculanae disputationes,I, 26, 65.
14. De officiis, I, 31, 110.
7 commenti:
grazie della citazione...:)
Fuori tema, ma importante:
Ognuno cardinale elettore ha il diritto di avere il Sacro Collegio investigare e risolvere lo Scandalo del Team Bergoglio
in inglese, qui:
https://fromrome.wordpress.com/2015/01/17/every-single-cardinal-elector-has-right-to-demand-resolution-of-team-bergoglio-scandal/
grazie della citazione...:)
Il blog è fatto anche dai vostri contributi. Specie quando sono così qualificati :)
Grazie al bravo don Curzio per questo scritto e a Mic per averlo pubblicato.
Mi permetto di ricordare un altro merito di Marco Tullio Cicerone: la precisazione teoretica, dopo Aristotele, del concetto di "diritto naturale": cioè di una legge eterna, razionale, comune a tutti gli uomini e "insita" in ciascuno di noi.
Scrive Cicerone nel De Legibus: "Lex est ratio summa, insita in natura, quae iubet ea quae facienda sunt, prohibetque contraria. E nel De Republica: "Est quidem vera lex, recta ratio, naturae congruens, diffusa in omnibus, constans, sempiterna; quae vocet ad ufficium, iubendo; vetando, a fraude deterret (...). Nec erit alia lex Romae, alia Athenis, alia nunc, alia posthac, sed omnes gentes, et omni tempore una lex, et sempiterna, et immutabilis continebit."
Il tema del diritto naturale verrà poi ripreso da S. Paolo, S. Agostino, ovviamente S. Tommaso (come "partecipazione della legge eterna nella creatura razionale").
Il principio del diritto naturale (di origine divina) è essenziale nella dottrina cattolica, nell'apologetica, nella pastorale.
Quando si può affermare, a buon diritto, che le battaglie contro l'aborto, l'infanticidio, l'omosessualismo sono battaglie universali, prima ancora che cattoliche, ciò è possibile anche grazie a Cicerone, richiamando quel principio di norme "insite in natura" e valide per tutti, da sempre e per sempre, così ben scolpite dal grande Arpinate.
Scrive giustamente Nicolas Gomez Davila (In margine a un testo implicito, Adelphi, pag.97): "E' un perfetto cattolico solo chi edifica la cattedrale della sua anima su cripte pagane."
di corsa, aggiungo che proprio in base alla concezione latina del diritto naturale, anche nel mondo romano ...il matrimonio negli scritti di Cicerone è tenuto in grande onore (lo ribadisco dato il sinodo sulla famiglia in corso, e contro l'idea che il mondo romano-latino fosse licenzioso-omosessualista-orgiastico e basta, perchè hanno provato a venderci anche questa...)
"Il matrimonio è il nucleo primo della città e quasi il semenzaio dello Stato"
(Cicerone, De officiis).
alcune osservazioni
http://www.cooperweb.it/societaeconflitto/giusnaturalismo.html
http://www.dirittoestoria.it/8/Tradizione-Romana/Kofanov-Fas-ius-naturae-Cicerone-giuristi-romani.htm
OT:
segnalo articolo di Dal Bosco su Effdieffe sul buddhismo ed il viaggio del VdR in Ceylon.
Rr
Grazie Rosa,
ho pubblicato la parte conclusiva dell'articolo di dal Bosco, sconcertato quanto noi.
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