Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 13 gennaio 2015

«Scoperto il luogo dove Ponzio Pilato si lavò le mani». L'archeologia conferma sempre più la storicità dei Vangeli

Paolo Pasqualucci, colpito dalla notizia di cronaca sulla recente scoperta [qui] del lastricato - più propriamente il Litostrato - del pretorio, nota dimora di Ponzio Pilato in Gerusalemme, ha vergato l'articolo che segue - mi dice - proprio pensando a Chiesa e post concilio. Grata e felice, lo condivido subito con voi.

«Scoperto il luogo dove Ponzio Pilato si lavò le mani».
L’archeologia conferma sempre più la storicità dei Vangeli

Complesso sotterraneo adiacente il Museo della Torre di Davide:
attendibilmente il luogo dove secondo i Vangeli, fu processato Gesù
1. Scoperto il luogo dove Ponzio Pilato si lavò le mani. Così titolava un recente, breve articolo del Corriere della Sera del 6 gennaio 2015, p. 28, di Francesco Battistini. Il "luogo" si trova "all’ombra della Porta di Giaffa", dove Ponzio Pilato, il governatore romano (procurator), teneva la sua dimora e sede ufficiale, il pretorio, quando si trovava a Gerusalemme. La teneva nel massiccio Palazzo di Erode, costruito da Erode il Grande lungo le mura e incombente sulla porta della città dalla quale si dipartiva la strada che conduceva a Giaffa[1]. A questa conclusione è giunta una squadra di archeologi israeliani ed americani dopo ben quindici anni di accurate ricerche. E come hanno fatto, che metodo hanno seguìto? Il Vangelo, hanno seguìto.

"Bastava seguire le tracce del Vangelo di Giovanni", spiega il professor Shimon Gibson dell’Università di Charlotte, Nord Carolina, perché l’evangelista "è chiarissimo quando descrive il Pretorio vicino a una delle porte d’ingresso della città, con un pavimento di pietra irregolare. Non ci sono iscrizioni, ma ogni testimonianza archeologica, storica ed evangelica porta qui". Secondo la tradizione, ricorda il giornalista, il Cristo era stato mostrato alla folla urlante in un altro luogo della Città Vecchia, alla Porta della Fortezza Antonia, dalla quale sarebbe iniziata la Via Dolorosa. La fortezza Antonia, sulla collina più alta di Gerusalemme, costruita anch’essa da Erode il Grande e dominante massiccia la spianata del Tempio, era all’epoca occupata dalla guarnigione romana stanziale.

Che il luogo dove Pilato emise la condanna a morte di Cristo (intimidito dai Sinedristi che la invocavano a gran voce assieme ad una folla da loro aizzata), fosse davanti alla fortezza Antonia, non risulta tuttavia esplicitamente dai Vangeli.

Le indicazioni forniteci dal Vangelo di S. Giovanni sono le seguenti: 1. "Intanto condussero Gesù dalla casa di Caifa al pretorio. Era di mattino presto, ed essi [i Farisei] non entrarono nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Uscì dunque Pilato fuori, davanti a loro [ad eos foras, ϖςς e domandò: "Quale accusa portate contro quest’uomo?" etc. (Gv 18, 28-29). 2. "Da quel momento Pilato cercava di liberarlo. Ma i Giudei gridavano dicendo: ‘Se lo liberi, non sei amico di Cesare; chi, infatti, si fa re, va contro Cesare’. Pilato, dunque, udite queste parole, condusse fuori Gesù, e sedette in tribunale, nel luogo detto Litostrato, in ebraico Gabbata. Era la Parasceve della Pasqua, circa l’ora sesta…" (Gv 19, 12-13; corsivi miei). L’indicazione di S. Giovanni è molto precisa. Riporta il nome allora in uso di un luogo ben noto di Gerusalemme, in greco e in ebraico. Per gli archeologi si trattava dunque di trovare questo Litostrato : "et sedit pro tribunali, in loco, qui dicitur Lithóstrotos, Hebraice autem Gabbatha" "…ςϑϖ". Un luogo, di fronte all’allora residenza ufficiale del governatore romano (il pretorio), caratterizzato da una pavimentazione particolare. Così lo descrive il classico Lessico greco del Nuovo Testamento di Francisco Zorell: "lapidibus variis stratus, tessellatus" e come sostantivo "lithostrotum, locus variis lapidibus stratus", più o meno come il nostro "Mosaikboden, pavé de mosaïque". L’uso appare in Varrone, Plinio, due volte nell’Antico Testamento, in Epitteto. Nomen graecum loci Gabbatha, ubi Pilatus Jesum capitis damnavit : nome greco del luogo detto Gabbatha, dove Pilato condannò Gesù a morte"[2]. Si tratta di un selciato di "pietre diverse" intrecciate a mosaico, anzi di pietruzze piccole come le tessere dei mosaici (tessellae, diminutivo di tesserae, tessere del mosaico). Il tessellatum era un "pavimento fatto a mosaico" (vedi Dizionario Latino-Italiano, Georges-Calonghi, sub voce). Il termine greco è parola composta da lithos, pietra, e strotos, participio passato del verbo strónnumi, stendo, distendo, copro etc. (lat. sterno). Per cui: coperto di pietra, lastricato in pietra (vedi Dizionario Greco-italiano G. Gemoll, sub voce). Il termine non doveva però essere solo descrittivo, nel senso di indicare qualsiasi selciato o lastricato. Nella fattispecie indicava un selciato di tipo particolare, per l’appunto tessellato o fatto a mosaico. E proprio questo sono sicuri di aver trovato gli archeologi israeliani e americani, dopo ben quindici anni di ricerche!

Finora, gli archeologi non avevano certezza di dove si fosse svolto il processo a Gesù, se davanti al pretorio o alla Porta della fortezza Antonia. Infatti, alcuni avevano ritenuto che "il luogo detto Litóstrato" potesse essere davanti alla fortezza, perché il cortile di quest’ultima, riportato alla luce, è risultato di una pavimentazione a lastroni, esprimibile, sembra, anch’essa nell’immagine del lithostrotos, nel senso generico di lastricato[3].

Ma tale pavimentazione non è quella di un tessellato o "fatto a mosaico". Inoltre, "il luogo detto Litostrato" non può esser stato (come pur si è ritenuto) un cortile lastricato, per di più frequentato dai pagani, cioè dai soldati e funzionari romani, cosa che, agli occhi dei Farisei, lo rendeva ritualmente impuro e intransitabile. San Giovanni ci testimonia che tutti gli accesi e concitati scambi verbali tra Pilato e i Farisei si svolsero dinanzi al Pretorio, con Pilato che entrava e usciva più volte, con Gesù e senza di Lui, sino al giudizio di condanna contro Nostro Signore, pronunciato da Pilato sempre davanti ai Farisei e alla folla e quindi sempre davanti al pretorio, all’aperto.

Alla fine, Pilato, dopo aver tentato per ore di salvare Gesù, udito che i Sinedristi lo accusavano perfidamente di non essere "amico di Cesare", perché non voleva condannare a morte questo predicatore accusato (falsamente) da loro di essere ribelle a Cesare, cedette: "fece condurre fuori Gesù [fuori dal pretorio, ancora una volta] e sedette in tribunale, nel luogo detto etc." (Gv 19, 13). Il "tribunale" (tribunal) non era una stanza ma una pedana mobile sulla quale si poneva la sedia curule del magistrato romano incaricato di giudicare[4]. Il "tribunale" fu dunque installato all’esterno del pretorio, sul "selciato a mosaico", di fronte agli accusatori e alla folla stipata all’intorno. Disse di nuovo ai Giudei "ecco il vostro re" e chiese di nuovo se doveva far crocifiggere il loro re, ottenendo la famosa risposta, una vera e propria apostasia da parte di quelli che gliela diedero: "Noi non abbiamo altro re che Cesare!" (Gv 19, 14-16). Dopo di che "lo diede nelle loro mani perché fosse crocifisso. Presero dunque Gesù", e lo condussero via (ivi, 19, 16), naturalmente con una scorta romana, guidata da un centurione (Longino, che poi, secondo una solida tradizione, si convertì). Il gesto di Pilato del "lavarsi le mani" per indicare che non era egli il vero responsabile della morte di Gesù, risulta da Mt 27, 24. (Il racconto di san Giovanni va integrato con quello dei Sinottici, non riportando esso tutti gli episodi del processo davanti a Pilato, ma arricchendo e completando il quadro da essi fornito).

Questa è solo l’ultima di una serie di belle e importanti scoperte, confermanti la verità dei fatti narrati nel Nuovo Testamento, delle quali siamo debitori alla validissima scuola archeologica israeliana, intesa in senso lato. Scoperte cui si è giunti, voglio sottolinearlo, prendendo alla lettera, come punto di partenza per la ricerca, le informazioni contenute nei Vangeli

2. E stata trovata dagli Israeliani anche la prigione di san Paolo a Cesarea. Nel 1997, seguendo la traccia fornita dagli Atti degli Apostoli, è stato trovato il luogo nel quale fu tenuto prigioniero san Paolo a Cesarea, nei ruderi del Palazzo di Erode, in "una cella sotterranea lunga sei metri e larga tre" (articolo di Lorenzo Cremonesi, Trovata la prigione di San Paolo, sul Corriere della Sera del 10 settembre 1997) [qui]. Gli Atti ci informano che san Paolo, perseguitato dai Giudei, svelò alle autorità romane di essere cittadino romano, venendo pertanto preso da loro in custodia e inviato come detenuto a Cesarea, dove venne "custodito nel pretorio di Erode"(At 23, 23-35), in attesa di esser inviato a Roma per esser processato regolarmente, in quanto civis romanus che si era appellato a Cesare. Il "pretorio di Erode" è stato trovato dagli archeologi israeliani. L’articolo riportava le dichiarazioni di Yosef Porat, capo della missione dell’Autorità archeologica israeliana, che scavò in quei luoghi a partire dal 1992. "Allora Cesarea contava quasi 50.000 abitanti, era diventata la vera capitale amministrativa della provincia di "Palestina" […] Tutto fa pensare che Paolo sia stato condotto qui. In quest’ultima campagna di ricerche abbiamo scoperto la vastità del palazzo del governatore. Un complesso voluto inizialmente da re Erode nel 22 prima di Cristo, come residenza di villeggiatura. Ma 28 anni dopo i dirigenti romani decisero di abbandonare Gerusalemme. Il Palazzo di Cesarea venne quindi ampliato, fino a coprire oltre 16.000 mq, con piscine, terme, giardini e un presidio militare [il pretorio]. Abbiamo portato alla luce un mosaico con un’iscrizione in latino indicante che qui era anche l’ufficio dei responsabili della sicurezza interna". La cella nella quale quasi sicuramente è stato rinchiuso san Paolo, "è una stanza scavata sotto i pavimenti del palazzo. Originariamente era una cisterna. Poi venne trasformata in cella, quando l’amministrazione costruì l’acquedotto. Lo provano le scritte sui muri, i nomi, alcuni caratteri in greco, qualche disegno sbiadito, proprio come si potrebbero trovare in qualsiasi prigione". Conferma piena, mi sembra, dei dati offertici dagli Atti.     

Un altro articolo di Lorenzo Cremonesi, nel Corriere della Sera del 16 giugno 1999 [qui], riportava quest’importante notizia, all’epoca dell’acceso dibattito internazionale sull’autenticità della Sindone: "Sulla Sindone tracce dei rovi usati per le corone di spine" – "Due studiosi israeliani: impregnati nel lenzuolo pollini esistenti solo nella zona di Gerusalemme". Ma nemmeno si può dimenticare che un accademico israeliano, il prof. Shamarjahu Talmon, ha dimostrato che la data del 25 dicembre per la nascita di Nostro Signore deve ritenersi autentica.

3. Gesù è nato effettivamente il 25 dicembre. Quante volte non si è sentito dire che quel giorno era una data puramente simbolica perché la Chiesa aveva voluto cristianizzare quel giorno, celebrato dai pagani come festa del dio Sole, del "sole invitto", dies natalis solis invicti? Ebbene, nel 2003 il prof. Shamarjahu Talmon dell’Università Ebraica di Gerusalemme, ha dimostrato che la data del 25 dicembre deve ritenersi autentica. Come abbia fatto, l’ha spiegato per il grande pubblico un articolo di Vittorio Messori, apparso sul Corriere della Sera del 9 luglio 2003 [qui], nella pagina della cultura.
Il concepimento verginale di Maria (l’Annunciazione ad opera dell’angelo Gabriele) è avvenuto il 25 marzo, secondo la tradizione sempre mantenuta nei calendari cristiani, nove mesi prima del 25 dicembre. Sempre dal Vangelo di san Luca apprendiamo che san Giovanni Battista, il precursore del Signore, era stato concepito da Elisabetta sei mesi prima. Il concepimento del Battista non viene celebrato dalla Liturgia cattolica mentre lo è da quella delle antiche Chiese d’Oriente, tra il 23 e il 25 settembre, appunto sei mesi prima dell’Annunciazione. Questa la tradizione cristiana, ma come verificarla? San Luca ci narra che Elisabetta era sposata a Zaccaria, coppia ormai anziana e senza figli. Zaccaria, che apparteneva alla casta sacerdotale, un giorno che era di servizio nel Tempio di Gerusalemme, ebbe la visione di Gabriele che gli annunciava la prossima inaspettata paternità. Avrebbero dovuto chiamare il figlio Giovanni e sarebbe stato "grande davanti al Signore". San Luca ci fornisce un particolare di fondamentale importanza: Zaccaria apparteneva alla classe sacerdotale di Abia e quando ebbe l’apparizione "officiava nel turno della sua classe".

Da questa precisa notizia è partita l’analisi del prof. Talmon. "Coloro che nell’antico Israele appartenevano alla casta sacerdotale erano divisi in 24 classi che, avvicendandosi in ordine immutabile, dovevano prestare servizio liturgico al Tempio per una settimana, due volte l’anno. Sapevamo che la classe di Zaccaria, quella di Abia, era l’ottava, nell’elenco ufficiale. Ma quando cadevano i suoi turni di servizio? Nessuno lo sapeva. Ebbene, utilizzando anche ricerche svolte da altri specialisti e lavorando, soprattutto, su testi rinvenuti nella biblioteca essena di Qumram, ecco che l’enigma è stato violato dal prof. Talmon". Infatti, prosegue Messori, "lo studioso è riuscito a precisare in che ordine cronologico si susseguivano le 24 classi sacerdotali. Quella di Abia prestava servizio liturgico al tempio due volte l’anno, come le altre, e una di quelle volte era nell’ultima settimana di settembre. Dunque, era verosimile la tradizione dei Cristiani orientali che pone tra il 23 e il 25 settembre l’annuncio a Zaccaria. Ma questa verosimiglianza si è avvicinata alla certezza perché, stimolati dalla scoperta del prof. Talmon, gli studiosi hanno ricostruito la "filiera" di quella tradizione, giungendo alla conclusione che essa proveniva direttamente dalla Chiesa primitiva, giudeo-cristiana, di Gerusalemme. Una memoria antichissima, quanto tenacissima, quella della Chiesa d’Oriente, come confermato in molti altri casi". Conclusione: "Ecco, dunque, che ciò che sembrava mitico assume, improvvisamente, nuova verosimiglianza. Una catena di eventi che si estende su 15 mesi: in settembre l’annuncio a Zaccaria e il giorno dopo il concepimento di Giovanni; in marzo, sei mesi dopo l’annuncio a Maria; in giugno, tre mesi dopo, la nascita di Giovanni; sei mesi dopo, la nascita di Gesù. Con quest’ultimo evento arriviamo giusto al 25 dicembre. Giorno che, dunque, non fu fissato a caso".

4. L’attuale Gerarchia cattolica sembra la meno interessata a valorizzare le scoperte di archeologi e papirologi che confermano nei particolari la storicità del Nuovo Testamento. Venendo da Israele il ritrovamento più recente (e a mio avviso anch’esso straordinario), ho voluto ricordare altri due importanti riscontri apportati alla storicità dei Vangeli dagli accademici di quel paese. Non dimentico ovviamente i contributi dell’archeologia italiana, a cominciare da quello famoso dell’illustre archeologa, prof. Margherita Guarducci, che ha trovato senza ombra di dubbio le ossa del Beato Pietro proprio sotto la Basilica di S. Pietro, sul colle Vaticano[5]. Cinque anni fa, gli archeologi italiani hanno inoltre trovato il carcere romano (il Tullianum) nel quale fu rinchiuso san Pietro. "Trovata la prigione di San Pietro", titolava un articolo del quotidiano romano Il Tempo, del 24 giugno 2010, p. 13. "Svolta storica nella ricerca dell’antico carcere Tullianum nel Foro Romano, il sito riconosciuto dalla tradizione cristiana medievale come il luogo di prigionia dell’apostolo Pietro. Il carcere è stato rintracciato ieri al di sotto della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, costruita nel XVI secolo. Il ritrovamento è arrivato alla conclusione di una lunga e complessa campagna di scavi, condotta dalla Soprintendenza speciale archeologica di Roma". [Notizie anche qui]

Mi sbaglierò, ma questi ritrovamenti, conseguìti grazie a procedure scientifiche di estremo rigore, che tutte oggettivamente dimostrano la verità dei fatti narrati nei Vangeli, non sembrano affatto suscitare nella Gerarchia attuale (salvo qualche ininfluente eccezione) l’interesse che indubbiamente meriterebbero ai fini della buona battaglia in difesa della fede contro un mondo sempre più ostile, nel quale prolifera una saggistica di terz’ordine, che osa addirittura negare l’esistenza storica di Cristo. Il fatto è che il Pontificio Istituto Biblico, affidato dai Papi ai Gesuiti, sin dai tempi del tristo cardinale Agostino Bea S.I., la cui nefasta influenza nel corso del Vaticano II è ben nota, ha subìto un’ impressionante deriva in senso protestante, lasciando che l’esegesi razionalistica, detta nel suo ultimo sviluppo "storia delle forme", del tutto chiusa al Sovrannaturale, penetrasse largamente fra gli studiosi cattolici. Oggi, infatti, di un’esegesi cattolica in senso proprio, non si può più parlare, è stata distrutta. (E mi chiedo se anche il presente "Papa Emerito" non porti qualche passata responsabilità in proposito, quand’era cardinale). Quando un illustre papirologo spagnolo, P. José O’Callaghan S.I., dimostrò nel 1972 [vedi qui] che un frammento papiraceo in greco trovato nella settima grotta di Qumran (7Q5), chiusa nel 68 AD dalla confraternita ebraica che l’utilizzava (gli Esseni, non cristiani ma non ostili al Cristianesimo, in fuga dinanzi alle legioni romane che si accampavano nei paraggi, iniziando l’assedio di Gerusalemme) era inequivocabilmente Mc 6, 52-53, nulla accadde. Una scoperta che ha poi raggiunto la certezza assoluta, grazie alle successive ed inoppugnabili dimostrazioni di uno dei più grandi papirologi al tempo esistenti, lo scomparso prof. Carsten Peter Thiede, tedesco di religione anglicana. La scoperta dimostrava quello che l’esegesi cattolica aveva sempre sostenuto (con argomenti logici e filologici) e cioè che i Vangeli erano stati composti parecchi anni prima del 70 AD, anno della distruzione di Gerusalemme. Si parlò di questa grande scoperta per una decina d’anni, nei media e in due importanti convegni scientifici, dalla metà degli anni Ottanta del secolo scorso alla metà degli anni Novanta. Poi il silenzio. All’epoca direttore dell’Istituto Biblico era il cardinale Carlo M. Martini S. I., e con questo si è detto tutto.

Il fatto è che gli esegeti "cattolici", succubi della falsa esegesi protestante (del ramo razionalista), non credendo più al Sovrannaturale, non potevano ritenere autentiche le profezie di Nostro Signore sulla distruzione di Gerusalemme. I Vangeli dovevano esser perciò posteriori al 70 d.C. Essi non testimoniavano fatti veramente accaduti ma l’immagine che la cosiddetta "comunità primitiva" dei credenti si era fatta del predicatore ebreo errante Gesù di Nazareth, in sostanza idealizzandolo, mitizzandolo e trasformandolo nel Figlio di Dio dei nostri Testi Sacri. Una teoria bislacca, che faceva dei nostri Vangeli un impasto di favole, miti, in sostanza il prodotto di una gigantesca impostura; teoria frutto di menti ottenebrate dalla superbia, dalla miscredenza, dal desiderio di compiacere il mondo. Ora, la scoperta fatta da insigni studiosi quali Padre O’Callaghan e C.P. Thiede, oltre a dimostrare ancora una volta la storicità dei Vangeli, avrebbe costretto a mandare al macero intere biblioteche di studi "esegetici". Tanti boriosi accademici in clergyman avrebbero dovuto riconoscere di essersi sbagliati, come scolaretti alle prime armi. Ovvio, pertanto, che quella grande scoperta sia stata dapprima accolta in silenzio, poi osteggiata (si è arrivati agli insulti personali contro il P. O’Callaghan), infine sepolta alla svelta nell’oblìo più completo.

Togliere queste scoperte dall’oblìo rientra, io credo, tra i nostri compiti, di fedeli che vogliono comunque battersi contro la tremenda decadenza della Gerarchia cattolica attuale e, anche in questo modo, prepararsi alla grande battaglia teologica per la difesa del dogma della fede, che si annunzia per il prossimo Sinodo della Famiglia di ottobre. 
Paolo Pasqualucci
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[1] Vedi la mappa dell’antica Gerusalemme allegata a:  Luc H. Grollenberg,Atlante biblico per tutti (Per meglio comprendere la Bibbia), presentaz. di mons Enrico Galbiati, Massimo, Milano, 1965.  O comunque una qualsiasi, consimile mappa.
[2][2] F. Zorell, S.I., Lexicon Graecum Novi Testamenti, Paris, Lethieulleux, 1904, rist. anast. Biblical Institute Press, Rome, 1978, su voce lithóstrotos (lιϑostrϖtoς).
[3] Vedi:  G. Ricciotti, Vita di Gesù Cristo (1941), rist. Mondadori, 1989, con pref. di V. Messori, pp. 660-661.
[4] Vedi l’accurata descrizione nella classica opera dell’Abate Ricciotti, op. cit., pp. 658-659.
[5] M. Guarducci, La tomba di San Pietro.  Una straordinaria vicenda, Rusconi, Milano, 1990.

23 commenti:

Anonimo ha detto...

Notizia sensazionale......per i Tommaso. La Tradizione ininterrotta di duemila anni ha superato di millenni l'archeologia. Vogliono però le conferme scientifiche? Eccovele. Ma la Ragione intende sacrificare ben altro. Ecco una corposa prova della veridicità della fede Cattolica.

Lys ha detto...

Ho sempre saputo che l'Archeologia con la A maiuscola è la disciplina che darà ragione ai Vangeli ed è per questo motivo che laggiù vi è qualcuno che da sempre osserva attentamente.

Mi rimarrà sempre impresso l'evolversi del ritrovamento dei Rotoli di Qumram.

Dopo 15 anni di attività e di studi di un team di esperti tra cui c'era un Italiano, scoppia la famosa guerra dei 6 giorni.....

(da Wikipedia)

Fino al 1968 la maggior parte delle pergamene conosciute e dei frammenti sono stati custoditi nel Museo Rockefeller (già noto come Museo Archeologico della Palestina), a Gerusalemme. Dopo la guerra dei sei giorni, queste pergamene e frammenti sono stati spostati al Santuario del Libro, presso il Museo d'Israele, che tuttora ne conserva numerosi, mentre altri sono presso l'Istituto Orientale dell'Università di Chicago, al Seminario teologico di Princeton, all'Azusa Pacific University e nelle mani di collezionisti privati.


Anonimo ha detto...

Faccio osservare che l'asserita certezza circa il ritrovamento delle ossa di San Pietro al tempo degli scavi archeologici promosso da Pio XII, sostenuta da Margherita Guarducci, non risulta; poiché altri studiosi - vedi ad es. il padre Ferrua - hanno contestato la lettura del famoso frammento lapideo col "PETROS ENI". Pertanto, limitimaoci ad accettare come sicuro solo il sito della deposizione di quelle sacre ossa. Lo stesso Paolo VI, nella sua comunicazione al mondo, non ammise certezze: "ossa che si ritengono appartenute a San Pietro".
La Valtorta - ma pendiamo l'informazione per quello che vale - ebbe rivelata l'esatta ubicazione delle reliquie di San Pietro, da identificare nelle catacombe dei SS Marcellino e Pietro, sulla Via Casilina.

Anonimo ha detto...

prof. Carsten Peter Thiede, tedesco di religione anglicana.
IL prof. Carsten Peter Thiede era danese.

Rafminimi ha detto...

Lo stesso Paolo VI, nella sua comunicazione al mondo, non ammise certezze: "ossa che si ritengono appartenute a San Pietro".
C.V.D.
I dubbi montiniani, sono un argomento a favore dell'autenticità delle ossa di San Pietro.
State ben certi che, se qualcuno avesse trovato delle presunte ossa di Gesù [sic!], Montini (e, penso, pure Bergoglio) non ci avrebbero riso sopra. Magari alla fine giungerebbe la smentita, ma non prima di aver seminato confusione.
Il caso SINDONE docet.

Rafminimi ha detto...

Anonimo ha detto...
prof. Carsten Peter Thiede, tedesco di religione anglicana.
IL prof. Carsten Peter Thiede era danese.
Il suo libro, "E MATTEO SUBITO SCRISSE", che avevo e che non trovo, è diventato una sorta di "oggetto mysterioso". Esauritissimo e mai più ristampato.

Anonimo ha detto...

Il padre Carlo Maria Martini rispose a Paolo VI che gli gli chiedeva sul frammento attribuito ad un passo evangelico, che la cosa non era da prender troppo sul serio e che sarebbe stato meglio non parlarne.....

Anonimo ha detto...

Per quanto riguarda il padre Ferrua che contesta i risultati della Guarducci, non credo sia da prendere in considerazione un prete che fa archeologia con la zappa e che si porta a casa tenendoselo per molto tempo, un frammento importantissimo dei graffiti(e se lo portò proprio perchè ne intuì il valore). In seguito Pio XII ordinò al padre Ferrua di restituire alla Fabbrica di san Pietro il prezioso reperto che aveva illegalmente asportato e portato a casa.

Lys ha detto...

E alla fine c'è sempre qualcuno che è li pronto a smentire o minimizzare le scoperte e/o dichiarazioni di esperti che la ritengono tale. Apposta ho scritto Archeologia con la A maiuscola.

Così è stato per la Sindone appunto, l'appiglio di quei che continuano a negarne l'autenticità, si basano sull'esito infausto del C14 e da li questi signori hanno inteso smentire. Va da se che NON tutti però son dei bevitori di panzane.

Si da il caso che l'esame al radiocarbonio è valido solo se il reperto viene subito sepolto o sotterrato o sigillato, ossia che non sia mai stato a contatto con l'aria il che è impossibile. Checchè ne dicano gli "esperti di Tucson".

Il caso della Sindone poi ha dell'incredibile. Questi signori hanno prelevato un mixing di campionatura tra i più inquinati e come se non bastasse hanno chiuso un occhio sul fatto che la Sindone sia stata più volte esposta all'adorazione al fumo di candele, all'umidità, alla bruciatura ecc..

In quelle condizioni solo pinocchio poteva pensare di portare avanti l'esame, e infatti come volevasi dimostrare i risultati NON sono attendibili.

Lo stessa perplessità che provo con la datazione temporale delle catacombe ebraiche a Roma. Anche in questo caso il C14 "avrebbe" stabilito che risalgono a due secoli prima di quelle Cristiane,informando così che i primi ad inventare le catacombe furono quei di religione ebraica e quindi i primi ad essere perseguitati...

Con ciò i signori che hanno condotto lo studio al C14,eh, si son dimenticati che l'ambiente altamente umido produce funghi muschi e batteri, e di grazia, questi sono elementi che invalidano l'esame al carbonio e sfalsano le date.

Inoltre la storia antica e nessun documento di autori del tempo ha mai lasciato memoria di catacombe ebraiche bensì Cristiane, ma a "convincere" certi eruditi sono i dipinti di menorah e di scritte che dicono essere ebraiche. E di grazia chi può stabilire un simile fatto come certezza, se i primi Cristiani provenivano dalla Terra Santa e quindi potevano o no ricordare le loro tradizioni? E la lingua che parlavano così come l'alfabeto non era forse ebraico?

O vogliamo dire che S. Pietro e i suoi quando giunsero a Roma avessero dimenticato tutto? Oltre che assurdo lo trovo altamente improbabile.

Quanti misteri è piena la storia e quante opinioni vere o presunte circolano. Dal canto mio l'esame al C14 così come quei per datare le roccie per stabilire l'età della Terra non li posso considerare come prove, ma dei tentativi per supportare la tesi evoluzionista o per smentire fatti certi narrati e tramandati nei documenti.

Paolo Pasqualucci ha detto...

Paolo Pasqualucci risponde :
1. Carsten Peter Thiede nacque a Berlino (allora Berlino Ovest) l'8 agosto 1952. Figlio di un impiegato, gioco' saltuariamente a pallavolo nella BundesLiga. Studio' letterature comparate e storia a Berlino. Ando' poi ad Oxford a perfezionarsi e li' gli nacque la passione per la papirologia neotestamentaria. A Oxford si converti' all'Anglicanesimo. (fonte: de.wikipedia.org). Mori' a 52 anni d' infarto, lasciando tre figli. E' sempre presentato su tutti i testi come studioso tedesco. Da quale fonte risulta che fosse danese?
2. Circa le obiezioni del Padre Ferrua alla prof. Guarducci, mi sembra che siano state autorevolmente confutate a suo tempo.

Anonimo ha detto...

I dubbi montiniani, sono un argomento a favore dell'autenticità delle ossa di San Pietro.

Sono rammaricato che, spesso e volentieri, di Paolo VI si debba parlare male. E vada quando si tratta di materia liturgica, in cui effettivamente fu assai imprudente. Però, cerchiamo di rispettare tutti i papi - quelli legittimamente eletti, s'intende -. Ora, se Paolo VI fece scrivere "putantur" sul reliquiario delle ossa, voleva forse ammettere il dubbio circa l'autenticità. O no?

Ricordo a tutti che le ossa degli Apostoli Pietro e Paolo vennero traslate nella Basilica Apostolorum - poi di S. Sebastiano -, sulla Via Appia, durante la persecuzione di Valeriano del 258. La materia è complicata. Il prof. Testini ritiene ad es. che il cranio di S. Pietro sia sempre rimasto in Vaticano.

Piantiamola di dare addosso ai papi che non ci stanno simpatici. Grazie.

Mi permetto di linkare un sunto, tratto dal blog di Raffaella:

http://paparatzinger5blograffaella.blogspot.it/2012/07/losservatore-romano-ricorda-la-disputa.html

Rr ha detto...

Lys,
se le catacombe " ebraiche" fossero di due secoli anteriori a Cristo, sarebbero del 200 circa AC. C' erano Eebrei allora aRoma, tali e tanti da ritrovarsi per il loro culto in catacomba? A Roma che, notoriamente, tollerava tutti i culti, ed inizio' a perseguitare i Cristiani solo perche' accusati dell' incendio di Roma prima, sotto Nerone, e poi perché non riconoscevano al divinità' dell' IMperatore, poi, in epoca ormai tarda - tarda per la complessiva storia romana ?
Capisco essere "leche-pantoufles", ma fino a questo punto !!!Chi sono ' sti storici delle catacombe ebraiche?
E' notorio che la datazione C14 e' grossolana, ed e' influenzabile da molti fattori, prima di tutto la presenza di particelle combuste nel campione.
Per la Sindone, poi, NESSUNO a tutt' oggi e' riuscito a spiegare il "negativo" dell' immagine.
Rr

Lys ha detto...

Rr, grazie per la domanda “chi sono questi “storici delle catacombe ebraiche”?

Ebbene, gente che ha scambiato simboli prettamente Cristiani con quei ebraici.
E purtroppo non sono casi isolati, si pensi a decori geometrici che sarebbero attribuiti alla credenza islamica, insomma l’Arte in l’Italia , e in Europa in generale, l’avrebbero prodotta costoro….

Se non ci fosse da piangere mi metterei a ridere.
Mi metterei a ridere solo per l’enfasi con cui questi esperti hanno condotto simili “scoperte” e l’esaltazione che ne è uscita è pari alla "datazione" medioevale attribuita alla Sacra Sindone, grazie agli “esperti di Tucson”.

Incuriosita poco tempo fa, acquistai il libro:

“le catacombe ebraiche. gli ebrei di Roma e le loro tradizioni funerarie. gangemi editore, Rome, 2011. di elsa laurenzi"

Mi colse un profondo sconforto nel leggere la superficialità in cui si dava “prova” di paternità delle catacombe romane e non solo, alla credenza ebraica. Altresì ho trovato di cattivo gusto il metodo di datazione nelle quali l'autrice indicava con la sigla “a.e.c”. per stabilire a.C o “e.c”.per d.C.

In secondo luogo quel quadernetto si fa beffe della documentatissima simbologia Cristiana, ben individuata nei dipinti ritrovati nelle catacombe in questione.

E così la laurenzi, dottore di ricerca in archeologia classica presso la Sapienza di Roma, stabilisce che :

“ per identificare un monumento come ebraico, oltre a ricorrere a formule o alla lingua ebraica, spesso si sceglieva di raffigurare simboli religiosi come : la menorah,a 7 bracci posato su un treppiede, il ramo di palma, un frutto ovale coronato da foglioline, da identificare con un cedro,il vaso o l’anfora, per l’olio o il vino, i rotoli della torah, più rari il coltello sacrificale o soggetti animali o vegetali riconducibili alla sfera del sacrificio.”

Vediamo ora di controllare l’ attendibilità di alcune perle di “ricerca archeologica” appena enunciate:

A) La menorah con il “treppiede” come lo chiama la laurenti in realtà è il simbolo del Grembo di Maria, non a caso la maggioranza delle menorah Cristiane sono rappresentate così, con alla base un tridente rovesciato che rappresenta la M di Maria.

Il candelabro a 7 bracci, significa i 6 giorni della Creazione, con al centro il giorno del Signore, mentre la menorah prettamente ebraica ha un basamento pieno a gradoni a forma di esagono proprio come quello raffigurato nell’Arco di Tito.

Oltre, questi signori ritengono ebraiche anche le menorah prettamente Cristiane che alla base, invece di avere la M di Maria vi è un triangolo equilatero che significa la SS. Trinità.

B) Il ramo di palma, beh che dire, lo sanno anche i non addetti ai lavori che significa gloria e martirio, oppure dovremmo un giorno "scoprire" che i nostri S. Martiri in realtà non erano Cristiani ma aderenti alla credenza ebraica e che a Roma in realtà non ha mai avuto Santi Martiri e che è stata tutta una bufala storica e che quei uccisi appartenevano alla credenza ebraica?

C) Il cedro, il vaso o l’anfora, anche questi sono prettamente Cristiani e da sempre.

D) Cio'che la laurenti chiama “i rotoli della torah” già molto prima che ella nascesse, significava per i Cristiani il rotolo della Sacra Scrittura al cui interno era evidenziava la Profezia compiuta.

F) Che possiamo dire poi delle cosidette “catacombe ebraiche” di Villa Torliona? Questi “esperti” hanno dato la paternità alla credenza ebraica persino ad un simbolo squisitamente Cristiano come il delfino accostato o arpionato ad un tridente che da sempre è inteso come il richiamo al Crocefisso.

Questi è solo un esempio di cosa sia l’archeologia e la storia con la “a” e la “s” minuscola.

Quando ad un popolo viene storpiata la memoria storica già si è dato inizio alla sua uccisione.(segue)

Lys ha detto...

(continua)

A conclusione si può non solo intuire il tentativo in atto di riscrivere la storia ma di questo passo e seguendo le affermazioni di simili “esperti” nel suolo Italiano troveremo più resti di sinagoghe e di moschee, che di antiche Pievi…..e scopriremo altresì che l’Italia in realtà non è mai stata Cristiana ma ancor prima ebraica e islamica, così oltre al nostro suolo la nostra identità si aggiudicheranno anche la paternità della nostra Arte, complici i nostri politici malvagi e collusi con l'impero delle tenebre.

La gestione dei Beni Culturali così come quei Archeologici è volutamente caduta in basso come la politica italiana e da gente come questa ci dovremmo aspettare di tutto. Ecco spiegato il motivo del disinteresse per la nostra Arte Storia e Memoria che oltre ad essere un orgoglio nazionale e mondiale è anche fonte di economia che altri ci stanno portando via con l'inganno.

Anonimo ha detto...

Adesso l'Europa sa dove andare a lavarsi le mani.

Anonimo ha detto...

A Gerusalemme c'era un pavimento rialzato, cioè un lithostrotos detto anche gabbatha.
Luogo ben noto...
Si tratta dello Xystus, storicamente attestato (Giuseppe Flavio) e archeologicamente collocato (vedi Ritmayer), area antistante al Palazzo degli Asmonei, probabilissima sede del pretorio (luogo in cui l'autorità legale doveva distinguersi dall'occupante militare), che non era nella fortezza Antonia (sede della guarnigione romana).
Pilato risiedeva in posizione centrale, proprio davanti alla council house in cui i sinedriti "tennero consiglio" prima di consegnare Gesù a Pilato, ma senza entrare nel suo palazzo "per non contaminarsi". L'ora sesta (nel computo romano del tempo, usato nel vangelo di Marco, "di tre in tre") corrisponde all'intervallo di tempo che va dalle 9 del mattino a mezzogiorno; mentre nel computo che va "di uno in uno" (usato nel vangelo di Giovanni) l'ora sesta è dalle 11 a mezzogiorno.
Gesù fu mostrato alla folla, dopo la flagellazione, poco dopo le 9 del mattino. Giunse al calvario e fu crocifisso attorno a mezzogiorno.
Il luogo era lo Xystus.
Ci si poteva parlare a distanza, come trestimonia Giuseppe Flavio raccontando ciò che accadde tra Tito e il sommo sacerdote, poco prima della tragica piega che presero gli eventi nel 70.

Rr ha detto...

Lys,
grazie delle spiegazioni.
E' interessante rilevare come, sec. questi pseudo studiosi, ci siano tracce " evidenti" di presenze ebraiche a Roma, mentre piu' scavano in Israele, e meno trovano sugli Ebrei pre- epoca ellenistica.
Il problema e' che sulle mappe Google o iPad di Roma, sono indicate queste catacombe " ebraiche". Capisco che bisogna attrarre anche i turisti ebrei, ai quali evidentemente la visita all' ottocentesca sinagoga non puo' bastare, ne' quella dell' ex ghetto, una delle zone piu' romane e meno "ashkenazi" che ci siano.
Rr

Lys ha detto...

Rr,
molti pseudo esperti hanno posti di comando e così possono decidere sul da farsi.

Altra strana coincidenza da rilevare a tutto tondo, nella maggior parte di menorah Cristiane ritrovate nelle "catacombe ebraiche" è illegibile la base oppure in qualche caso sembrano presentare strane e confuse dipinture.

Questo perchè, quella M o quel Triangolo equilatero sono simboli esclusivi della Religione Cattolica.

E poichè giocano sull'ignoranza del popolo che loro stessi hanno ammaestrato, grazie a docenti di simil fattura, sono convinti di farla franca con la storia, che un giorno però, li seppellirà con una risata.

Prima accusavo l'ignavia e la collusione politica con i poteri delle tenebre,che permettono e anzi contribuiscono ad aumentare il numero di questi scempi storici, mi son dimenticata di aggiungere che la più grande responsabilità di questi atti sono da attribuire al clero postconciliare che non difende più l'Eredità storica e Spirituale della nostra Fede, l'unica e insostituibile madre e maestra del nostro Patrimonio Storico Culturale e Spirituale.

Non ho sentito nessun esperto alzare la voce contro queste indebite intromissioni eppure bastava consultare un semplice manuale di simbologia ante conciliare, dove la storia era allora considerata sacra e inviolabile, grazie a grandi studiosi tra cui emergevano sempre per rigore e serietà molti religiosi. Poi però è arrivata "nostra aetate" e l'ecumenismo....

Chi si occupa di Storia e di Archeologia o di Beni Culturali, onestamente non può non vedere che qualcosa non torna.

Anonimo ha detto...

""Il fatto è che gli esegeti "cattolici", succubi della falsa esegesi protestante (del ramo razionalista),"" ecc.ecc. spiega tutto . In nome di che ? In nome della pace ?
.

D.D. ha detto...

To: Ricordo il benedettino che ci faceva da a.e. ai campi di formazione per capi
scaut che diceva: la storicità dei vangeli è un concetto abbandonato. Ha rilevanza solo storica. Ovvero gli specialisti sanno che ci fu un'epoca si credeva che fossero testi storici. Per
il cristiano i vangeli non sono storia ma teologia. E ricordate che gli evangelisti erano cristiani.

Lys ha detto...

Innanzitutto la storicità dei Vangeli è ineludibile a prescindere dal fatto che per i Cristiani sono libri da cui deve scaturire la Teologia con la T maiuscola, giacchè fino a prova contraria, quel libro parla del nostro Dio Cattolico e la Teologia è una disciplina della filosofia che indaga su Dio, quel Dio che è apparso nella Storia dell'uomo si facendosi uomo, quindi reale e quindi storico ed è l'UNICO che ha potuto e dovuto proclamarsi Dio perchè lo è veramente.

Chi vuol distinguere e separare le due realtà insite nei Vangeli, ossia Storia e Teologia non può essere in buona fede.

Gesù NON è una persona astratta come lo sono gli idoli delle altre credenze tutte, Gesù è vissuto REALMENTE, con ciò appartiene alla Storia, è Dio quindi appartiene alla Teologia con la T maiuscola.

Silvano M. ha detto...

Grazie al prof. Pasqualucci per questo interessante approfondimento e a mic per la sua eclettica sensibilità.

Unknown ha detto...

Padre Ferrua si tenne 12 anni nel cassetto quel frammento, che distaccò dal muro rosso che conteneva il loculo marmoreo con le ossa di Pietro. Padre Ferrua tenne per se tale reperto che fu costretto a consegnare al Papa dopo esplicita richiesta di quest'ultimo. Per confutare il ritrovamento delle ossa di Pietro non bastano affermazioni generiche. Margherita Guarducci recuperò tutte le ossa nascoste da Ferrua (il perché le nascose bisognerebbe chiederlo a lui, che non volle rispondere allora e ora non può). Le ossa appartengono tutte ad un maschio robusto di circa 60 anni, all'esame ortografico mostrano di essere state seppellite nella stessa terra dove sorse poi il Trofeo di Gaio. Furono poi avvolte in in tessuto di porpora ed oro (imperiale),'quando Costantino le prelievo' da dove erano sempre state e le mise nel loculo del muro G, costruendo la basilica di San Pietro, tenendo il Trofeo di Gaio come centro perfetto della Croce Latina della basilica a 4 navate. Successivamente tutto rimase come prima anche nella basilica voluta da Papa Borghese, tanto che la nicchia dei pallii (la parte visibile del trofeo di Gaio), rimane al medesimo posto tuttora. Il rinvenimento, lo studio delle ossa e la decifrazione di tutti i graffiti, che Ferrua non si sogno' neppure di tentare sono la chiarissima testimonianza archeologica che solo una preconcetta ed esiziale ideologia pretende di negare.