Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 4 settembre 2021

La fine di un mondo - A. De Benoist

La fine del mondo c’è stata, eccome! Non è avvenuta in un giorno preciso, ma si e spalmata su più decenni. Quello che è scomparso era un mondo, in cui la maggior parte dei bambini sapeva leggere e scrivere, si ammiravano gli eroi invece delle vittime, gli apparati politici non si erano ancora trasformati in macchine per stritolare le anime e si avevano a disposizione più modelli che diritti. Era un mondo, nel quale si poteva capire cosa intendeva dire Pascal, quando sosteneva che il divertimento ci distrae dall'essere veramente uomini. Era un mondo, nel quale le frontiere garantivano, a coloro che vivevano al suo interno, un modo di essere e di vivere che era di loro specifica pertinenza. Era un mondo, che aveva anche i suoi difetti e che talvolta è stato addirittura orribile, ma in cui la vita quotidiana della maggior parte delle persone era quanto meno garantita da dispositivi di senso, in grado di dare dei punti di riferimento, Attraverso i ricordi, quel mondo rimane familiare a molti. Taluni lo rimpiangono. Ma non tornerà.

Il nuovo mondo è liquido. Lo spazio e il tempo vi sono aboliti. Liberata dalle sue tradizionali mediazioni, la società è diventata sempre più fluida e segmentata, il che ne facilita la mercantilizzazione. Vi si vive alla maniera dello zapping. Con la scomparsa di fatto dei grandi progetti collettivi, in altre epoche portatori di visioni del mondo differenti, la religione dell’io - un io fondato sul desiderio narcisistico di libertà incondizionata; un io produttore di sé, a partire dal niente - è sfociata in una ”detradizionalizzazione” generalizzata, che va di pari passo con la liquidazione dei punti di rifermento e dei punti fissi, rendendo l’individuo più malleabile e condizionabile, più precario e più nomade. 

Da un mezzo secolo, la “osmosi finanziaria della destra finanziaria e della sinistra multi culturale”, come ha scritto Mathieu Bock-Cotè, si è sforzata, con il pretesto della "modernizzazione" emancipatrice, di fare confluire liberalismo economico e liberalismo societario, sistema di mercato e cultura marginale, grazie soprattutto alla strumentalizzazione mercantile dell'ideologia del desiderio, capitalizzando cosi sulla decomposizione delle forme sociali tradizionali. 

L’obiettivo generale è eliminare le comunità di senso, che non funzionano secondo la logica del mercato. Parallelamente, sono all’opera delle vere e proprie trasformazioni antropologiche, che toccano il rapporto con se stessi e con l’altro, il rapporto con il corpo, il rapporto con la tecniche. Domani arriveranno alla fusione programmatica fra l’elettronico e il vivente. 

Quando il desiderio di profitto si impone come unica motivazione, a detrimento di tutte le altre, il suo effetto performativo è quello di generalizzare lo spirito mercantile, che decompone la popolazione in semplici clientele. In questo contesto, il “politicamente corretto” è non una semplice moda un po' ridicola, ma un mezzo forte per trasformare il pensiero, restringere ulteriormente uno spazio comune, generatore di obbligazioni reciproche, e rendere impossibile la riabilitazione di un universo di senso oggi scomparso. Stiamo infine assistendo all'istituirsi della governance, una sorta di cesarismo finanziario che consiste nel governare i popoli tenendoli in disparte. Lo Stato terapeutico e gestionale, dispensatore di ingegneria sociale e “grande sorvegliante”, si impegna, dal canto suo, a sopprimere la barriera esistente tra l'ordine e il caos. 

Esso basa il proprio potere sulla costituzione assolutamente volontaria di una situazione subcaotica, sullo sfondo di una fuga in avanti e di un’illimitatezza generalizzate, creando in tal modo una condizione di guerra civile fredda. Il concetto stesso di classe sociale viene congedato da una sociologia vittimistica, che al suo posto colloca la denuncia della "esclusione" e la "lotta contro le discriminazioni", o da una "scienza" economica, che guarda al concetto di popolo come a una categoria residuale, nel momento stesso in cui la lotta di classe e più che mai in auge. 

Sotto l’effetto delle politiche di “austerità”, l’Europa sta scivolando nella recessione, quando non nella depressione. La disoccupazione di massa continua a estendersi, lo smantellamento dei servizi pubblici comporta la riduzione dei beni sociali e il potere d’acquisto crolla. Un quarto della popolazione europea (120 milioni di persone) e sotto la minaccia della povertà. 

In passato, si sono fatte rivoluzioni per molto meno. Oggi non accade niente di simile; certo, le delocalizzazioni, i licenziamenti e i piani sociali provocano delle proteste, ma non assistiamo ad alcun sciopero di solidarietà e meno che mai a scioperi generali: la lotta per il mantenimento del posto di lavoro non ha prospettive al di là di se stessa. Perché la crisi viene subita cosi passivamente? Perché i popoli sono sfiniti, sbalorditi, sgomenti? Perché hanno interiorizzato l’idea che non esistano alternative? I popoli vivono sotto l'orizzonte della fatalità. Attendono che ciò accada, ma non accadrà perché il capitalismo si scontra oggettivamente con limiti storici assoluti. 

Viviamo una crisi di un ampiezza assolutamente inedita, che tocca il sistema capitalista a un livello di accumulazione e di produttività mai raggiunto finora. Le crisi del XIX secolo avevano potuto essere superate perché la forma-capitale non si era ancora impadronita di tutta la riproduzione sociale, e quella del 1929 e stata superata grazie al fordismo, alla regolazione keynesiana e alla guerra. 

La crisi attuale, che interviene sullo sfondo della terza rivoluzione industriale, è una crisi strutturale, contrassegnata dalla completa emancipazione della finanza di mercato rispetto all’economia reale e dall’indebitamento generalizzato. Uno dei suoi effetti diretti e consistito nell’affidare il potere politico ai rappresentanti di Goldman Sachs e di Lehman Brothers, ma nessuno troverà una soluzione alla questione, perché non esiste un meccanismo che consenta di avere ragione della crisi. 

Le bolle finanziarie, il credito di Stato e la macchina che stampa banconote, vale a dire la creazione di capitale-denaro fittizio, non possono più risolvere il problema della desostanzializzazione generalizzata del Capitale; sia che ci si diriga verso un’inflazione incontrollabile in assenza di qualsiasi reale valorizzazione - trattando l’attuale crisi di solvibilità come una crisi di liquidità - sia che si vada verso un generalizzato default nei pagamenti, tutto ciò non può che finire con un terremoto.

In un’epoca come la nostra, esistono solo quattro tipi di uomini. Ci sono coloro che, del tutto consapevolmente, vogliono che ci si infili sempre più lontano nel caos e nella notte. Ci sono quelli che, volontariamente o no, sono sempre pronti a subire. Ci sono i diplodochi reazionari, che vivono la situazione attuale sul registro della deplorazione; fra geremiadi e commemorazioni, credono di poter far tornare il vecchio ordine, ragione per cui non fanno altro che registrare sconfitte, infine, ci sono coloro che vogliono un nuovo inizio: vivono nella notte ma non sono della notte, poiché vogliono ritrovare la luce, e sanno che al di sopra del reale c’è il possibile; a loro piace citare George Orwell:
In un’epoca di universale disonestà, dire la verità è un atto rivoluzionario”. - Fonte

22 commenti:

Anonimo ha detto...

Che bell’articolo!

Murmex ha detto...

Segnalo l'articolo su Corrispondenza romana di un certo prof Puccetti su vaccini e no-vax. Esprime preoccupazione: nel mondo tradizionalista i no -vax starebbero scivolando su posizioni libertarie, si tratterebbe in sostanza di inconsapevole neomodernismo . Mi pare una sparata esagerata. Qualcuno vorrebbe prendersi la briga di confutarlo?

mic ha detto...

Il nuovo mondo liquido e la sua neo-lingua non è perfettamente in linea col nuovo linguaggio conciliare fluido e non più definitorio, nonché con l'ermeneutica della rottura mascherata da "aggiornamento"?

mic ha detto...

Murmex, grazie della segnalazione.
Possiamo provarci a confutarlo, ma deduco che sarà un dialogo tra sordi...

Valeria Fusetti ha detto...

Per quale ragione prendere sul serio tale castroneria ? Se desiderano riaprire una specie di rissa che, fortunatamente, è stata stoppata da mons. Viganò per quale ragione riprenderla ? Che si rassegnino, o come si dice da queste parti "si aggiustino".

Anonimo ha detto...

@ Mic

non provateci nemmeno, è tempo perso. L'articolo qui sopra si può definire Un rayon de soleil dans l'eau froide, bellissimo, grazie.

Anonimo ha detto...

De Benoist non è né cattolico né cristiano. Non tutti i "tradizionalisti" sono cristiani. E il Cristianesimo NON è tradizionalismo.

mic ha detto...

Che De Benoist non sia cattolico non impedisce che dica cose condivisibili. I veri cristiani cattolici amano la Tradizione punto. Il "tradizionalismo", infatti, è una ideologia.

Anonimo ha detto...

La crisi è dell'uomo europeo del XXI secolo. Non ha più Volontà ne Desiderio. Che poi le manifestazioni siano edonismo, finanza, comunismo, vittimismo, dirittismo etc...è secondario.
E' la fine di un "impero", tutte le civiltà nascono, crescono, diventano adulte e poi invecchiano e muoiono. Noi siamo alla vecchiaia.
Sta a noi decidere quanto farla durare la vecchiaia. Prima si muore prima si risorge. Dovremmo prendere esempio dai cristiani del tardo impero che tra mille difficoltà riuscirono a traghettare un mondo morente ad uno nuovo. Ci vollero generazioni ma il Desiderio e la Volontà vanno oltre un paio di vite umane.
In questo sito che mi sembra diretto e letto da persone senza ombra di dubbio Intelligenti (per come lo intende la Bibbia ed il mondo antico, "intellegere"), c'è anche spazio per Desiderio e Volontà? oppure, se lo scopo qui è solo di mostrare il marciume oramai imperante, mi sapete consigliare qualche altro spazio dove poter finalmente parlare di Desideri? grazie e cordiali saluti.

Anonimo ha detto...


Buon articolo.
Una sola osservazione.
Vede la crisi dal punto di vista della sua origine nell'economia o meglio nell'involuzione rappresentata dal fatto che l'economia oggi è sempre più dominata da un capitale finanziario che nessuno riesce a mettere sotto controllo, operante ad ogni secondo su scala "globale", alla velocità della luce. Quest'origine della crisi esiste sicuramente.
Oggi, sembra l'aspetto più eclatante.
Ma non è tutto.
L'alta finanza e il grande capitale sostengono l'abortismo e la rivoluzione sessuale, il femminismo, che sono gli agenti disgregatori più evidenti all'opera. Ma non li ha creati.
Cioè: l'involuzione dei costumi si è affermata per via indipendente, grazie ai contributi di una cultura votata alla filosofia della dissoluzione (si pensi al ruolo svolto nel secondo dopoguerra dall'esistenzialismo di Sartre, messo in pratica da lui e dalla sua corrottissima ganza, Simone de Beauvoir - sono stati il modello di un'intera generazione entusiasta). E grazie al tracollo della Chiesa, con il Vaticano II, che ha introdotto il concetto della renovatio accomodata ai valori (ai falsi valori) del Secolo. Si pensi a quanto sia stata grave la mancata condanna degli errori del Secolo (in particolare del marxismo e dell'esistenzialismo e della psicoanalisi) da parte del Concilio.
C'è stata quindi un'origine culturale, ideologica della presente crisi, ben anteriore alla scesa in campo delle forze dell'alta finanza e del capitalismo.
C'è stata la decomposizione sia del pensiero laico che di quello cattolico.
Z.

Anonimo ha detto...

Nessuno sa cosa accadrà, nella realtà di ogni giorno entra sempre l'imprevisto imprevedibile piccolo o grande, buono o cattivo che sia. Ogni essere umano si trova in una certa ora di un certo giorno in una situazione che può migliorare o ignorare.

Manca nell'educazione la consapevolezza del riflesso che hanno i nostri pensieri, parole,opere ed omissioni sul tutto, se siamo arrivati fin qui dobbiamo chiederci che quota di responsabilità abbiamo avuto.

Ci siamo lasciati corrompere dalle illusioni e più procedeva la corruzione più il singolo e le comunità perdevano forza.

Veramente ormai è solo il singolo che può ribaltare il tavolo. Le moltitudini di singoli che hanno compreso faranno la differenza imprevista ed imprevedibile, schierate al seguito delle schiere Angeliche.

Aloisius ha detto...

Ottimo articolo, mi sembra che inquadri bene la situazione.
Si può anche approfondire:
è vero, come dice Z, che la dissoluzione è iniziata prima;
ed è vero, come dice Mic, che la stessa fluidità sociale e linguistica si è avuta nella Chiesa.

Ma a prescindere dall'analisi interessantissima sulle origini della crisi sociale e nella Chiesa cattolica, dal punto di vista delle soluzioni e del comportamento concreto, è importante essere - e su questo abbiamo l'esempio luminoso di San Paolo, non di De Benoist - come

"... coloro che vogliono un nuovo inizio: vivono nella notte ma non sono della notte, poiché vogliono ritrovare la luce, e sanno che al di sopra del reale c’è il possibile; a loro piace citare George Orwell:
“In un’epoca di universale disonestà, dire la verità è un atto rivoluzionario"

e non essere

".... diplodochi reazionari, che vivono la situazione attuale sul registro della deplorazione; fra geremiadi e commemorazioni, credono di poter far tornare il vecchio ordine, ragione per cui non fanno altro che registrare sconfitte..."

Qui va fatta però una precisazione.
Nella vita da fedele della Chiesa, non essere un "diplodoco reazionario" non vuol dire diventare modernista, ma il contrario.

Siccome la Chiesa postconciliare è guidata dall'eresia modernista, forma un clero modernista che a sua volta plasma fedeli modernisti, aggrapparsi alla Tradizione e al Magistero preconciliare, seguirlo nella propria vita spirituale e difenderlo pubblicamente, nei limiti di quanto ci è concesso nel nostro piccolo e dal rispetto dell'ordine ecclesiastico, non vuol dire essere un "diplodoco reazionario", ma vuol dire rimanere cattolico e fedele al Signore Gesù.

Nella Chiesa attuale, invece, siamo "diplodochi reazionari" (mi ci metto anch'io) quando ci adagiamo in un vittimismo sterile, quando ci lamentiamo ma non ci esponiamo, quando parliamo ma non agiamo coerentemente con quello che diciamo.
È vero che, da fedeli, non abbiamo la possibilità di fare più di tanto, ma quello che possiamo fare, anche nel nostro piccolo, abbiamo il dovere di farlo in prima persona, perché dovremo rendere conto al Signore di come abbiamo usato i nostri talenti.
Manifestare il proprio pensiero ovunque, pur sapendo che genera scompiglio, è sicuramente un primo passo, la situazione è sempre più pesante e ci vuole coraggio, sia nel sacri che nel profano.

Aloisius

Pio ha detto...

Più che di fluidità parlerei di fragilità; l'uomo del nostro tempo non è mai stato così fragile, nonostante le apparenze. L'uomo non controlla più la Tecnica, ma la subisce, ne è diventato una protesi. L'emancipazione da Dio lo ha reso estremamente indifeso, squilibrato, nel suo forsennato superamento di ogni senso del limite. La Chiesa cattolica, ultimo baluardo contro questa corsa verso l'abisso, ha rinunciato alla sua missione, almeno a partire dagli anni 60. Il neopaganesimo in cui siamo precipitati lascerà una terra desolata, in cui solo la fede in Cristo potrà illuminare le Tenebre. Paradossalmente, non è mai stata così evidente come oggi l'incompatibilità tra il cristiano e questo mondo, per cui la via maestra è chiara davanti a noi.

tralcio ha detto...

La fragilità contemporanea non è senza spiegazione, essendo ​il frutto cattivo di una pianta cattivissima.
Questa pianta è stata coltivata meticolosamente da tenaci seminatori di zizzania nel campo.
La seminagione geneticamente modificata, ricevuta dai laboratori che l'hanno ideata, produce frutti belli a vedersi e gustosi al palato eppure pieni di veleni.
Che cos'è che dice oggi il frequentatore medio delle parrocchie, sentendosi anche confermato dalla predicazione ordinaria? Che Gesù ha già sistemato tutto, che non bisogna essere rigidi o scrupolosi, che siamo deboli e fragili, che è umano discostarsi qua e là dai comandamenti...
La cosiddetta fragilità è il modo per ribattezzare il peccato, tacendone l'essenza.
Che, nel caso del peccato mortale, è materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso.
Nel caso del peccato veniale può non essere materia grave, può non esserci piena avvertenza, possono esserci circostanze che fanno sì che il nostro consenso sia limitato.
In tutti i casi il peccato resta un peccato e se si ama Gesù dovrebbe prevedere consapevolezza d'averlo fatto, pentimento, proposito di combatterlo, confessione e richiesta sincera di perdono, da ricevere nel sacramento, per fare nuovamente comunione con l'Agnello di Dio, che si è offerto in sacrificio prendendo su di sé i peccati del mondo.
Quindi l'essere fragili, deboli o feriti non cancella il peccato e i sacramenti.
Gesù in croce, crocefisso, morto e risorto, prende su di sé questo terribile peso, ma non ne toglie l'esistenza e tanto meno la necessità per ciascuno di farci i conti.
Chi vuol seguire Lui deve prendere la propria croce e seguirlo. Dove? Ad espiare i peccati.
Lui non li mai commessi, mentre noi, tanto quanto non li combattiamo, possiamo commetterne.
Siamo fragili, ergo autorizzati a peccare?
Siamo umani, quindi qualche peccato mortale ci sta?
Siamo credenti e quindi, tanto, ci pensa Gesù a far quadrare tutto?
Se la "fragilità" diventa un lasciapassare, il green pass per smettere di far comunione con il Signore, il mondo non potrà che scivolare verso Satana, spintovi persino dai chierici.
In fondo il cristianesimo è una lotta e una guarigione: lottare contro il Male per guarire.
Amare veramente il Bene, Gesù, per vivere meglio qui e in eterno.
Se lotto contro il peccato, chiamato per nome, rimuovo da me Satana e faccio spazio a Dio.
Se ammicco al peccato, detto fragilità, tengo lontano Dio e Satana prende piede in me.
Gesù è il massimo dell'essere umano: per essere umani bisogna fare comunione con Lui.
Gesù ci spinge ad essere "perfetti come il Padre" Suo! Altro che essere fragili...
Peccare è disumano, ci rende disumani, ci fa morire spiritualmente e ci consegna al vizio.
Cianciare a vanvera di fragilità e di debolezza toglie vigore alla lotta.
Essere santi è da persone forti e determinate. Umili, nel sapersi attaccabili, ma confidenti nella Provvidenza, per ricevere per grazia ciò che da soli non potremmo darci.
Essere santi perciò non è essere dei farisei vanitosi della propria coerenza.
Possiamo non essere santi come chi donò tutto, ma possiamo donare molto.
Possiamo non essere santi come chi digiunò sempre, ma possiamo digiunare.
Possiamo non essere santi come chi pregò misticamente, ma intanto preghiamo.
Possiamo essere santi. Basta non parlare di fragilità per mascherare il piacere di peccare.
Perchè peccare, senza porsi il problema, certi di farla franca pensando persino Dio dalla nostra parte, sarebbe solo una furbizia... E il serpente è la più astuta delle bestie, mentre il peccato imbestialisce. Lasciamo da parte le misericordie che riducono il peccato a fragilità, debolezza e umanità... Il Verbo fatto carne, vero Dio e vero uomo, il peccato l'ha chiamato con il suo nome, consegnandosi alla croce per salvarci proprio dalla accondiscendenza alla tentazione, liberandoci dal Male: quella è la misericordia di Dio.

Anonimo ha detto...

Un bellissimo scritto. Conosco diverse opere di A. de Benoist. Sul suo sito - Les Amis d'Alain de Benoist - vi sono diversi scritti interessanti scaricabili gratuitamente.

Anonimo ha detto...

È uno scritto interessante ma,confesso, non mi è chiaro dove va a parare.
Quale via propone?
Senza polemica, se qualcuno, come sembra, conosce bene questo autore potrebbe aiutarmi a capire?
Indietro non si torna, va bene, non ci si lamenta, va bene, non ci si aggrappa alla tradizione, va bene, ma che cavolo si fa? Sarò limitato, sicuramente,ma non l'ho capito.

mic ha detto...

Mi pare già importante riuscire a decifrare la temperie in cui ci troviamo: problemi, cause e sfaccettature. Un punto di partenza non semplicistico né superficiale ineludibile per trovare le soluzioni. Innanzitutto, come credenti, è il nostro essere che già lotta, nella comunione dei santi nella Chiesa militante, nella sfera spirituale.
In quella materiale, oltre al discernimento occorre realismo e responsabilità, ognuno nella sua situazione. Senza polemica, secondo lei intanto, che cavolo possiamo fare?

Anonimo ha detto...

Io non lo so di certo e non chiedevo a nessuno la risposta, sono stato frainteso.
La mia sincera domanda era, per chi lo avesse capito, quale strada propone De Benoist, politicamente parlando.

tralcio ha detto...

L'autore non propone una via, ma prende atto della via che stiamo percorrendo, sgomento nell'osservare la "banalità del male" cui si è assoggettata la massa, che pure veniva dalla grande retorica della politica, della democrazia, dei diritti e della partecipazione.
D'un tratto sono state sospese le Costituzioni d'accordo i loro garanti e sospese le Messe d'accordo i pastori...
Mons. Viganò ha tratteggiato l'accaduto riconducendolo ad una lunga gestazione e in effetti lo dice anche De Benoist: va da sé che "la fine del mondo" e il "nuovo ordine" non capitano come un meteorite, ma sbocciano al termine di una meticolosa seminagione di zizzania, irrigata con pazienza, venuti meno progressivamente gli anticorpi.
La Scrittura dice apertamente che il manifestarsi dell'uomo iniquo, osannato dal falso profeta e in nome dell'Anticristo, corrisponde all'eclissi del katechon, ma presentandosi alle folle inebetite con grandi promesse, la filantropia, l'ambientalismo, l'ideale di pace e sicurezza (1 Ts 5,3).
Il Catechismo conciliare prospetta una prova decisiva per la Chiesa negli ultimi tempi.
Il Terzo Segreto di Fatima, mai rivelato, è sospettato di trattare di queste cose e l'anno in cui leggerlo era il 1960.
De Benoist spiega che le bolle finanziarie, il credito di Stato e la macchina che stampa banconote, vale a dire la creazione di capitale-denaro fittizio, non possono più risolvere il problema della desostanzializzazione generalizzata del Capitale; sia che ci si diriga verso un’inflazione incontrollabile in assenza di qualsiasi reale valorizzazione - trattando l’attuale crisi di solvibilità come una crisi di liquidità - sia che si vada verso un generalizzato default nei pagamenti, tutto ciò non può che finire con un terremoto.
Ecco allora spiegato perché il Principe di questo mondo, adorato dai negatori di Cristo, abbia ispirato tanta fretta all'uomo iniquo. Sanno di non averne prima che deflagri il mostro che hanno partorito e hanno pensato il reset per riscrivere a proprio vantaggio il redde rationem. Per loro Dio è ... "l'altro", come ha spiegato Mons. Viganò.
Per loro non è Gesù la luce, perché sarebbe il loro Lucifero quello che illumina la scena.
Hanno fretta e la loro fretta è un ottimo segno, per quanto possa causare disastri.
Politicamente non ci sono grosse alternative, almeno nel panorama italiano.
La Scrittura dice "maledetto l'uomo che confida nell'uomo". Però c'è la Provvidenza.
C'è la Verità, che rimane sopra e fuori dalle gabbie dorate dei propagandisti dell'inganno.
La situazione è ingravescente da almeno un secolo e c'è chi ancora rimpiange 60 anni fa.
De Benoist elenca quattro ipotetici partiti:
-di coloro che, consapevolmente, vogliono che ci si infili sempre più nel caos e nel buio.
-quelli che, volontariamente o no, sono sempre pronti a subire.
-i diplodochi reazionari, deploranti: credono di poter far tornare il vecchio ordine
-coloro che vogliono un nuovo inizio: vivono nella notte, ma non sono della notte.

Il quarto gruppo non sta aspettando il great reset di Gates e Dragone, grazie ai draghetti.
In questo caso non si tratta nemmeno di rimpiangere i secoli dal seicento al novecento.
E' ben altro ciò di cui ha bisogno l'umanità, dopo che questo pallone gonfiato esploderà.
“In un’epoca di universale disonestà, dire la verità è un atto rivoluzionario”

Anonimo ha detto...

https://www.aier.org/article/the-totalitarian-roots-of-vaccine-mandates

Anonimo ha detto...

Metti insieme il ragionamento di Tralcio e quello di Marcello Veneziani, La Verità (5 settembre 2021)ed avrai il quadro esaustivo.
L'indottrinamento dell'ignoranza,del tutto e subito delle varie personalita' maleficient televisive ha permesso al loglio di crescere e soffocare il grano.

Anonimo ha detto...

Il Premio Nobel e virologo, Luc Montagnier, si scaglia ancora contro la vaccinazione di massa. A suo parere la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente!
- Con questi vaccini la struttura della proteine dell'organismo viene cambiata, creando situazioni sconosciute a lungo termine.
- Coloro che sono stati inoculati con questi vaccini non solo hanno più possibilità di essere attaccati dalle varianti, ma sono più a rischio di chi non è ancora stato inoculato.
- Le ultime varianti sono favorite dalla diffusione dei vaccini.
- Bispogna che tutti sappiano che questa malattia si cura e si guarisce, mentre quello che cercano di innescare nella mente della gente è che sia una malattia incurabile. Abbiamo i mezzi e le cure per affrontarla. Chiunque, se curato bene dall'inizio, può guarire.
- Bisogna abbandonare l'idea folle di inoculare con questi vaccini i bambini.