("Dum clamarem")
A proposito di antico e nuovo culto sviluppati nella meditazione di oggi richiamo uno degli effetti del concilio: La “Dottrina della sostituzione” della Sinagoga con la Chiesa è stata modificata con quella delle “due salvezze parallele” [qui]
Introitus Ps 54:17-20; 54:23 Dum clamarem ad Dominum, exaudivit vocem meam, ab his, qui appropinquant mihi: et humiliavit eos, qui est ante sæcula et manet in æternum: jacta cogitatum tuum in Domino, et ipse te enutriet. Ps 54:2-3 Exaudi, Deus, orationem meam, et ne despexeris deprecationem meam: intende mihi, et exaudi me. V Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio, et nunc, et semper, et in sæcula sæculorum. Amen. – Dum clamarem (usque ad Ps.). |
Introito Sl 54:17-20; 54:23 Mentre gridavo al Signore, esaudì la mia voce contro coloro che stavano contro di me e li umiliò, Lui che è prima dei secoli e che rimane in eterno. Getta le tue angosce nel Signore ed egli ti sosterrà. Sl 54:2-3 Vs. Esaudisci o Signore la mia preghiera e non rifiutare la mia supplica: ascoltami ed esaudiscimi. Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora, e sempre, e nei secoli dei secoli, Amen – Si riprende dall'antifona |
La rovina di Gerusalemme ha chiuso il ciclo profetico nella sua parte consacrata alle istituzioni e alla storia del tempo delle figure. L'altare del vero Dio, fissato da Salomone sul monte Moriah, era per il mondo antico il segno autentico della vera religione. Anche dopo la promulgazione del nuovo Testamento, la persistenza di quell'altare, riconosciuto una volta dall'Altissimo come il solo legittimo (Dt 12,13-14), poteva fino a un certo punto proteggere ancora i sostenitori dell'antico ordine di cose. Dopo la sua definitiva distruzione, non esiste più alcuna scusa; anche i ciechi sono costretti a riconoscere la completa abrogazione d'una religione ridotta dal Signore all'impossibilità di offrire ormai quei sacrifici che costituivano la sua essenza.
Le premure che la delicatezza della Chiesa conservava fin qui per la sinagoga morente non hanno più motivo di essere. E ormai continuerà ad andare alle genti con tutta libertà, per domare con la potenza dello Spirito i loro istinti feroci, unificarle in Gesù Cristo e stabilirle mediante la fede nel possesso sostanziale, benché non ancora visibile (Ebr 11,1), delle eterne realtà che la legge delle figure annunciava.
Il culto nuovo.
Il nuovo Sacrificio, che non è altro se non quello della croce e dell'eternità, appariva sempre più come l'unico centro in cui la sua vita è fissata in Dio con Cristo suo Sposo (Col 3,3) e da cui deriva l'attività che essa dispiega per convertire e santificare gli uomini delle successive generazioni. La Chiesa, sempre più feconda, rimane più che mai stabilita nella vita d'unione che le vale quella meravigliosa fecondità.
L'insegnamento della liturgia.
Non si deve dunque stupire se la Liturgia, che è l'espressione della vita intima della Chiesa, rifletta ora meglio che mai quella stabilità dell'unione divina. Ogni gradazione scompare, quanto alle formule preparatorie del Sacrificio, nella serie delle settimane che seguiranno. Nelle stesse lezioni dell'Ufficio della notte, a partire dal mese d'agosto, i libri storici hanno fatto o faranno subito posto agli insegnamenti della divina Sapienza, che saranno presto seguiti dai libri di Giobbe, Giuditta, Ester, senza altro legame fra loro che quello della santità in precetto o in atto. Gli accostamenti che si notavano ancora fin qui fra quelle letture e la composizione delle Messe del Tempo dopo la Pentecoste, non si incontrano più.
Dovremo dunque d'ora in poi racchiuderci, per ciascuna Domenica, nel commento dell'Epistola e del Vangelo, lasciando come la Chiesa allo Spirito divino la cura di far sorgere e svilupparsi, secondo che vorrà in ciascuno (1Cor 12,11), la dottrina che essa seminerà in unione con lui in modo così vario. È il consiglio che si ricava anche dall'Epistola del giorno.
Il grande evento che doveva segnare la consumazione delle profezie rovesciando le barriere giudaiche, ha affermato in maniera evidente l'universalità del regno dello Spirito santificatore. Dalla gloriosa Pentecoste in poi, esso ha infatti conquistato la terra (Sap 1,17); e la Chiesa, preoccupandosi poco ormai di seguire un ordine logico negli insegnamenti della sua Liturgia, professa di affidarsi, per la riforma delle anime, meno a un metodo qualunque che alla virtù del Sacrificio e della parola sacra, messa divinamente in opera dalla spontaneità di quello Spirito d'amore (Gv 3,8).
Questa Domenica può essere già la seconda della serie che una volta aveva il punto di partenza dalla festa di san Lorenzo, e traeva il nome (post sancti Laurentii) dalla solennità del grande diacono martire. Viene anche chiamata Domenica dell'umiltà o del Fariseo e del Pubblicano, a motivo del Vangelo del giorno. I Greci la computano come la decima di san Matteo e vi leggono l'episodio del Lunatico, riportato al capitolo XVII di quell'Evangelista.
Messa
EPISTOLA (1Cor 12,2-11). - Fratelli: Sapete che quando eravate Gentili vi lasciavate trascinare dietro agl'idoli muti a talento di chi vi conduceva. Per questo vi fo' sapere che nessuno, il quale parli per lo Spirito di Dio, dice anatema a Gesù e che nessuno può dire "Signor Gesù" se non per lo Spirito Santo. Or c'è varietà nei doni, ma è il medesimo Spirito e vi sono diversi ministeri, ma il Signore è lo stesso; e vi è diversità nelle operazioni, ma è lo stesso Dio che opera tutto in tutti. A ciascuno poi è data la manifestazione dello Spirito ad utilità (comune). Infatti ad uno è dato per mezzo dello Spirito il linguaggio della sapienza; all'altro il linguaggio della scienza, secondo il medesimo Spirito; ad un altro la fede, pel medesimo Spirito; ad un altro il dono delle guarigioni, per l'unico e medesimo Spirito; a chi la potenza d'operar miracoli, a chi la profezia, a chi il discernimento degli spiriti, a chi ogni genere di lingue, a chi il dono d'interpretarle. Ma tutte queste cose le opera l'unico e medesimo Spirito, che distribuisce a ciascuno come vuole.Virtù e carismi.
"I capitoli XII, XIII e XIV della prima Epistola ai Corinti sono relativi all'uso dei doni dello Spirito Santo. La Chiesa e le anime che la compongono sono animate dallo Spirito di Dio; ma l'influsso dello Spirito si esercita insieme nell'ordine della nostra santificazione e in vista dell'edificazione del prossimo. È così che esistono doni dello Spirito Santo che sono il complemento delle virtù. Essi costituiscono nell'anima un tesoro di disposizioni e di docilità interiori alla mozione dello Spirito di Dio riguardo alla preghiera, al pensiero e all'azione, quando preghiera, pensiero e azione si elevano al disopra delle capacità umane. Ma esistono inoltre doni spirituali, che sono in noi il frutto d'una attività superiore alla nostra, e che sono ordinati direttamente all'edificazione del prossimo. L'effusione di questi ultimi, i doni carismatici, fu abbondante alle origini della Chiesa, poiché la Chiesa non aveva storia; lo è meno oggi, poiché la storia e l'azione della Chiesa vi suppliscono con profitto. Quei doni spirituali formavano così la dote esteriore della Chiesa fino al giorno in cui non ne avrebbe avuto più bisogno; indicavano ai più superficiali che lo Spirito di Dio era in essa, e dirigeva i suoi membri.
"Nella IIa-IIae, q. 171, il Dottore Angelico ha parlato di queste grazie gratis datae e ha distinto quelle che illuminano l'intelletto, e alle quali da il nome generico di profezia; quelle che hanno per oggetto la parola e la comunicazione della verità, come il dono delle lingue; infine quelle che sono relative all'azione, e che designa anche con un termine comune: il dono dei miracoli. Questi carismi sono diversi, ma non vi è tuttavia che una stessa sorgente e uno stesso Spirito; i ministeri sono diversi, ma non esiste tuttavia che un solo Signore; differenti sono le funzioni, ma non vi è che un solo Dio il quale fa tutto in ciascuno di noi; e ognuno riceve da una stessa scaturigine il suo particolare vigore spirituale per la comune edificazione.
Viene quindi l'enumerazione dei doni spirituali: a uno lo Spirito di Dio da, nell'interesse interiore ed esteriore della Chiesa, il potere di manifestare la sapienza e di esporre i misteri più nascosti di Dio e delle sue opere; a un altro il potere o il discorso della scienza e dell'insegnamento della dottrina, ma secondo lo stesso Spirito. Un terzo riceverà, ma sempre dallo stesso Spirito, quel vigore di fede che produce i miracoli e trasporta le montagne; per un altro vi saranno, ma sempre nello stesso Spirito, le guarigioni miracolose, i prodigi, la profezia, il discernimento degli spiriti, il dono delle lingue, la loro interpretazione, in una parola tutta la gamma dei doni carismatici. Qualunque ne sia il numero, essi derivano da un solo e medesimo Spirito che, secondo la sua volontà, definisce il compito di ciascuno" [1].
Quale pratica conclusione trarremo noi, se non quelle stesse parole che riassumono la dottrina dell'Apostolo: In voi stessi stimate tutti questi doni come l'opera dello Spirito Santo che in diverso modo arricchisce mediante essi il corpo sociale (1Cor 12,11-30); non ne disprezzate alcuno (ivi 14,39); ma quando li scoprirete, preferite come migliori (ivi 12,31) quelli che tornano a maggior profitto della Chiesa e delle anime (ivi 14,12).
Infine, e soprattutto, ascoltiamo san Paolo che ci dice ancora: "Vi insegno una via più sublime! (ivi 12,31). Quand'io parlassi le lingue degli uomini e degli Angeli, e quando avessi la profezia e conoscessi tutti i misteri ed ogni scienza, e quando avessi la fede che trasporta i monti, se non ho la carità, sono un niente. Le profezie passeranno, cesseranno le lingue, avrà fine la scienza: la carità non finirà, essa vince tutto" (ivi 13,1-13).
VANGELO (Lc 18,9-14). - In quel tempo: Gesù disse pure questa parabola, per certuni i quali confidavano in se stessi, come giusti e disprezzavano gli altri: Due uomini ascesero al tempio a pregare; uno era Fariseo, l'altro pubblicano. Il Fariseo, stando in piedi, così dentro di sé pregava: O Dio, ti ringrazio di non essere io come gli altri: rapaci, ingiusti, adulteri, come anche questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana, pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, stando da lungi, non ardiva nemmeno alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Vi assicuro che questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro; perché chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.Giudei e Gentili.
Il Venerabile Beda, commentando questo passo di san Luca, ne spiega così il significato recondito: "il fariseo, è il popolo giudaico il quale, valendosi delle giustizie della legge, vanta i propri meriti; il pubblicano è il gentile il quale, rimasto lontano da Dio, confessa i suoi peccati. L'orgoglio dell'uno fa sì ch'egli si allontani umiliato; l'altro, sollevato dai suoi gemiti, merita di avvicinarsi nella lode. È dei due popoli, come di ogni umile e di ogni superbo, che è scritto anche altrove: L'innalzamento del cuore precede la rovina, e l'umiliazione dell'uomo la sua elevazione in gloria" (Pr 18,12).
Non si poteva dunque scegliere, nel santo Vangelo, un insegnamento che convenisse meglio dopo il racconto della caduta di Gerusalemme. I fedeli che videro la Chiesa, nei suoi primi giorni, umiliata in Sion sotto l'arroganza della sinagoga, comprendono ora quelle parole del Savio: È meglio essere umiliati con i pii che dividere le spoglie con i superbi! (Pr 16,19). Secondo un'altra massima dei Proverbi, la lingua del Giudeo, quella lingua che rimproverava il pubblicano e accusava il gentile, è diventata nella sua bocca come una verga d'orgoglio (ivi 14,3) che l'ha colpito a sua volta attirando su di lui la rovina. Tuttavia la gentilità, mentre adora le giuste vendette del Signore che celebra i benefici, deve evitare di prendere essa stessa la via nella quale si è perduto il popolo disgraziato di cui occupa il posto. La colpa d'Israele ha posto il principio della salvezza delle genti, dice san Paolo (Rm 11,11), ma l'orgoglio di lui sarà anche la loro rovina; e mentre Israele è assicurato dalle profezie circa un ritorno alla grazia alla fine dei tempi (ivi 25-27), nulla garantisce una seconda chiamata della misericordia alle genti ridiventate colpevoli dopo il battesimo. Se oggi la bontà dell'eterna Sapienza fa portare ai gentili frutti di gloria e d'onore (Eccli 24,23), non dimentichino mai la loro primitiva sterilità; allora l'umiltà che sola può custodirli - come è stata la sola ad attirare poco fa su di essi gli sguardi dell'Altissimo - resterà facile, e nello stesso tempo comprenderanno la considerazione di cui deve sempre, malgrado le sue colpe, essere circondato l'antico popolo.
L'umiltà.
L'umiltà, che produce in noi il timore salutare, è la virtù che pone l'uomo al suo vero posto, nella propria stima, riguardo a Dio come riguardo ai suoi simili. Essa risiede nella coscienza intima, che la grazia ci mette in cuore, del tutto di Dio nell'uomo e del vuoto della nostra natura, umiliata per di più dal peccato, al disotto del nulla. La sola ragione basta per dare a chi riflette un poco la convinzione del nulla di ogni creatura; ma allo stato di conclusione puramente teorica, questa convinzione non è ancora l'umiltà: essa s'impone al demonio nell'inferno, e il dispetto che gli ispira è il più attivo alimento della rabbia del principe degli orgogliosi. Al pari dunque della fede, la quale ci rivela ciò che è Dio nell'ordine del fine soprannaturale, l'umiltà, la quale ci insegna ciò che siamo noi di fronte a Dio, non procede dalla pura ragione e non risiede nel solo intelletto; per essere vera virtù, deve ricavare dall'alto la sua luce, e muovere nello Spirito le nostre volontà. Nello stesso tempo in cui lo Spirito divino fa penetrare nelle anime nostre la nozione della loro piccolezza, le inclina dolcemente all'accettazione e all'amore di quella virtù che la ragione da sola sarebbe tentata di trovare importuna.
Meditiamo questi pensieri; comprenderemo meglio come i più grandi santi sono stati i più umili degli uomini quaggiù, poiché è ancora così perfino nel cielo, dove la luce aumenta per gli eletti in proporzione della loro gloria. Presso il trono del suo divin Figliolo come a Nazareth, la Madonna è sempre la più umile delle creature, poiché è la più illuminata, poiché comprende meglio dei cherubini e dei serafini la grandezza di Dio e il nulla della creatura.
Preghiamo
O Dio, che mostri la tua onnipotenza soprattutto nel perdonarci e nel compatirci, moltiplica su di noi la tua grazia, affinché ci faccia raggiungere la patria celeste alla quale aneliamo dietro le tue promesse.
_________________________ [1] Dom Delatte, Epitres de saint Paul, I, p. 352-354.
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 463-469)
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 463-469)
10 commenti:
Sunday 14th August 2022: 10th Sunday after Pentecost
Streaming avviato 35 minuti fa
https://www.youtube.com/watch?v=JxZ14qM8Flo
Sacred Heart Church - Limerick - ICKSP
https://www.youtube.com/watch?v=XipcbgqwVp4
Omnípotens sempitérne Deus, qui Immaculátam Vírginem Maríam, Fílii tui genitrícem, córpore et ánima ad coeléstem glóriam assumpsísti: concéde, quǽsumus ; ut, ad superna semper inténti, ipsíus glóriæ mereámur esse consórtes.
DOMENICA X DOPO PENTECOSTE
PROPRIO DELLA S.MESSA
INTROITUS
Ps 54:17; 54:18; 54:20; 54:23- Dum clamárem ad Dóminum, exaudívit vocem meam, ab his, qui appropínquant mihi: et humiliávit eos, qui est ante saecula et manet in ætérnum: iacta cogitátum tuum in Dómino, et ipse te enútriet. ~~ Ps 54:2- Exáudi, Deus, oratiónem meam, et ne despéxeris deprecatiónem meam: inténde mihi et exáudi me. ~~ Glória ~~ Dum clamárem ad Dóminum, exaudívit vocem meam, ab his, qui appropínquant mihi: et humiliávit eos, qui est ante saecula et manet in ætérnum: iacta cogitátum tuum in Dómino, et ipse te enútriet.
Ps 54:17; 54:18; 54:20; 54:23- Quando invocai il Signore, esaudì la mia preghiera, salvandomi da quelli che stavano contro di me: e li umiliò, Egli che è prima di tutti i secoli e sarà in eterno: abbandona al Signore ogni tua cura ed Egli ti nutrirà. ~~ Ps 54:2- O Signore, esaudisci la mia preghiera e non disprezzare la mia supplica: ascoltami ed esaudiscimi. ~~ Gloria ~~ Quando invocai il Signore, esaudì la mia preghiera, salvandomi da quelli che stavano contro di me: e li umiliò, Egli che è prima di tutti i secoli e sarà in eterno: abbandona al Signore ogni tua cura ed Egli ti nutrirà.
Gloria
ORATIO
Orémus.
Deus, qui omnipoténtiam tuam parcéndo máxime et miserándo maniféstas: multíplica super nos misericórdiam tuam; ut, ad tua promíssa curréntes, coeléstium bonórum fácias esse consórtes. Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.
Preghiamo.
O Dio, che manifesti la tua onnipotenza soprattutto perdonando e compatendo, moltiplica su di noi la tua misericordia, affinché quanti anelano alle tue promesse, Tu li renda partecipi dei beni celesti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
LECTIO
Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Corínthios.
1 Cor 12:2-11
Fratres: Scitis, quóniam, cum gentes essétis, ad simulácra muta prout ducebámini eúntes. Ideo notum vobisfacio, quod nemo in Spíritu Dei loquens, dicit anáthema Iesu. Et nemo potest dícere, Dóminus Iesus, nisi in Spíritu Sancto. Divisiónes vero gratiárum sunt, idem autem Spíritus. Et divisiónes ministratiónum sunt, idem autem Dóminus. Et divisiónes operatiónum sunt, idem vero Deus, qui operátur ómnia in ómnibus. Unicuíque autem datur manifestátio Spíritus ad utilitátem. Alii quidem per Spíritum datur sermo sapiéntiæ álii autem sermo sciéntiæ secúndum eúndem Spíritum: álteri fides in eódem Spíritu: álii grátia sanitátum in uno Spíritu: álii operátio virtútum, álii prophétia, álii discrétio spirítuum, álii génera linguárum, álii interpretátio sermónum. Hæc autem ómnia operátur unus atque idem Spíritus, dívidens síngulis, prout vult.
Fratelli: Sapete che quando eravate pagani, eravate trascinati verso i muti idoli. Perciò io vi avverto che nessuno, che parli per lo Spirito di Dio, dice: Maledizione a Gesù. E nessuno può dire: Signore Gesù, se non dallo Spirito Santo. Vi sono bensì diversità di grazie, ma lo Spirito è uno solo. E vi sono diversità di ministeri, ma non v’è che un solo Signore. E vi è anche diversità di operazioni, ma non v’è che un solo Dio, che opera tutto in tutti. Infatti a ciascuno è concessa la manifestazione dello Spirito a fini utili. Dallo Spirito, ad uno è concessa la parola della sapienza, a un altro la parola della scienza sempre dal medesimo Spirito, a un altro la fede nello stesso Spirito, a un altro il dono delle guarigioni nell’unico Spirito, a un altro il dono di operare miracoli, a un altro la profezia, a un altro il discernimento degli spiriti, a un altro ogni genere di lingue, a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutto questo è il medesimo e unico Spirito che lo opera, dando a ciascuno secondo che gli piace.
GRADUALE
Ps 16:8; 68:2
Custódi me, Dómine, ut pupíllam óculi: sub umbra alárum tuárum prótege me.
V. De vultu tuo iudícium meum pródeat: óculi tui vídeant æquitátem.
Custodiscimi, o Signore, come la pupilla dell’occhio: proteggimi sotto l’ombra delle tue ali.
V. Venga da Te proclamato il mio diritto: poiché i tuoi occhi vedono l’equità.
ALLELUIA
Allelúia, allelúia
Ps 64:2
Te decet hymnus, De us, in Sion: et tibi redde tu votum in Ierúsalem. Allelúia.
Alleluia,
alleluia
A Te, o Dio, si addice l’inno in Sion: a Te si sciolga il voto in Gerusalemme. Alleluia.
EVANGELIUM
Sequéntia ☩ sancti Evangélii secúndum Lucam.
Luc 18:9-14.
In illo témpore: Dixit Iesus ad quosdam, qui in se confidébant tamquam iusti et aspernabántur céteros, parábolam istam: Duo hómines ascendérunt in templum, ut orárent: unus pharisaeus, et alter publicánus. Pharisaeus stans, hæc apud se orábat: Deus, grátias ago tibi, quia non sum sicut céteri hóminum: raptóres, iniústi, adúlteri: velut étiam hic publicánus. Ieiúno bis in sábbato: décimas do ómnium, quæ possídeo. Et publicánus a longe stans nolébat nec óculos ad coelum leváre: sed percutiébat pectus suum, dicens: Deus, propítius esto mihi peccatóri.Dico vobis: descéndit hic iustificátus in domum suam ab illo: quia omnis qui se exáltat, humiliábitur: et qui se humíliat, exaltábitur.
In quel tempo: Ad alcuni che si ritenevano giusti e disprezzavano gli altri, Gesù disse questa parabola: Due uomini salirono al tempio per pregare: uno era fariseo, l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così entro di sé: Signore, Ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, o come anche questo pubblicano. Io digiuno due volte il sabato e do le decime di tutto quello che posseggo. E il pubblicano, stando lontano, non osava neppure levare lo sguardo in alto, ma si percuoteva il petto, dicendo: O Dio, sii clemente con me peccatore. Orbene, io vi dico che questi ritornò a casa sua giustificato a preferenza dell’altro, poiché chi si esalta verrà umiliato e chi si umilia verrà esalato.
Credo
OFFERTORIUM
Ps 24:1-3
Ad te, Domine, levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam: neque irrídeant me inimíci mei: étenim univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur.
A Te, o Signore, ho innalzata l’anima mia: o Dio mio, in Te confido, che io non abbia ad arrossire: che non mi irridano i miei nemici: poiché quanti a Te si affidano non saranno confusi.
SECRETA
Tibi, Dómine, sacrifícia dicáta reddántur: quæ sic ad honórem nóminis tui deferénda tribuísti, ut eadem remédia fíeri nostra præstáres. Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.
A Te, o Signore, siano consacrate queste oblazioni, che in questo modo volesti offerte ad onore del tuo nome, da giovare pure a nostro rimedio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
COMMUNIO
Ps 50:21.
Acceptábis sacrificium iustítiæ, oblatiónes et holocáusta, super altáre tuum, Dómine.
Gradirai, o Signore, il sacrificio di giustizia, le oblazioni e gli olocausti sopra il tuo altare.
POSTCOMMUNIO
Orémus.
Quaesumus, Dómine, Deus noster: ut, quos divínis reparáre non désinis sacraméntis, tuis non destítuas benígnus auxíliis.Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.
Preghiamo.
Ti preghiamo, o Signore Dio nostro: affinché benigno non privi dei tuoi aiuti coloro che non tralasci di rinnovare con divini sacramenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
https://lanuovabq.it/it/in-che-anno-mori-erode-un-test-per-i-lettori
radicatinellafede rnf
X Domenica dopo Pentecoste in rito tradizionale a Vocogno in Val Vigezzo (VB). Domenica 14 Agosto 2022
Omelia di don Alberto Secci: i nuovi farisei.
https://www.youtube.com/watch?v=ARYf73d4IOA&t=9s
Una omelìa? No, piuttosto una Catechesi,
Una radiografia dello stato attuale della Chiesa e del nostro stato.
Deus, qui omnipoténtiam tuam parcéndo máxime et miserándo maniféstas : multíplica super nos misericórdiam tuam ; ut, ad tua promíssa curréntes, cæléstium bonórum fácias esse consórtes. Per Dóminum (Colletta X Domenica dopo Pentecoste)
Posta un commento