Riprendiamo da Radio Spada l'interessante articolo di don Gleize, pubblicato sul Courrier de Rome n° 682 (gennaio 2025) e tradotto da UnaVox.
Le prossime consacrazioni episcopali nella FSSPX:
spiegazioni e chiarimenti
di don Jean-Michel Gleize
Una scadenza imminente?
1. Le consacrazioni episcopali del 30 giugno 1988 si svolsero ad Ecône quarant’anni fa.
Ripresa di una discussione
Possibili
Necessarie
11. Fin dove deve arrivare? Fin dove si estende la minaccia di questa protestantizzazione.
Senza grave danno (10)
Le obiezioni vecchie e nuove
1 – https://fsspx.ch/fr/publications/entretien-avec-le-superieur- general-la-fraternite-sacerdotale-saint-pie-x-48730 In italiano: http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV6382_ Intervista_a_Don_Davide_Pagliarani_1_novembre_2024.html
2 – https://fsspx.org/fr/ni-schismatiques-ni-excommunies-33260
3 – Per esempio, « Des sacres d’évêques : pourquoi ? » [Consacrazioni di vescovi: perché?], Editoriale di Chardonnet di luglio-agosto 1987, in Abbé Philippe Laguérie, Avec ma bénédiction. Quatorze ans au Chardonnet, Certitudes, 1997, p. 96-99.
4 – Si veda il numero di luglio-agosto 2022 del Courrier de Rome, in particolare l’articolo «L’opinion commune des théologiens sur l’épiscopat» [L’opinione comune dei teologi sull’episcopato].
5 – Noi evitiamo di scrivere «di natura sacramentale» perché la questione di sapere se la consacrazione episcopale sia un sacramento è disputata. Cfr. l’articolo «L’épiscopat est-il un sacrement ? » nel numero di settembre 2019 du Courrier de Rome.
6 – Si veda nel numero di luglio-agosto 2022 del Courrier de Rome, l’articolo «L’opinion commune des théologiens sur l’épiscopat» [L’opinione comune dei teologi sull’episcopato].
7 – Mons. Lefebvre, «Homélie à Ecône le 30 juin 1988 à l’occasion des consécrations épiscopales» in Vu de haut n° 13 (autunno 2006), p. 64. In italiano: http://www.unavox.it/Documenti/Doc0256_Omelia_Lefebvre_30.6.1988.html
8 – Si veda il numero di luglio-agosto 2008 del Courrier de Rome.
9 – Codice di Diritto Canonico del 1917, Canone 682; e nuovo Codice del 1983, canone 213.
10 – Su tutti i punti esposti in questo paragrafo, il lettore potrà riferirsi ai numeri di luglio-agosto e novembre 2022 del Courrier de Rome, in cui si trovano tutte le giustificazioni tratte dalla Tradizione magisteriale e teologica.
11 – Cfr. i numeri 6 e 7.
Imm. da: https://fsspx.news/it/news/le-consacrazioni-del-1988-e-laccusa-di-scisma-27850
di don Jean-Michel Gleize
Una scadenza imminente?
1. Le consacrazioni episcopali del 30 giugno 1988 si svolsero ad Ecône quarant’anni fa.
Quarant’anni di episcopato: fu il momento in cui Mons. Lefebvre espresse pubblicamente la sua intenzione di darsi dei successori consacrando dei vescovi.
Oggi, diverse circostanze sembrano indicare che sia giunto il momento favorevole per delle nuove consacrazioni.
In una intervista del 1 novembre 2024, pubblicata nella rivista degli Stati Uniti The Angelus del novembre-dicembre 2024, Don Davide Pagliarani, Superiore Generale della Fraternità San Pio X, evocando la recente chiamata a Dio di Mons. Tissier de Mallerais, ha infatti dichiarato:
«Evidentemente, la Provvidenza ci parla attraverso questo avvenimento. E’ molto chiaro che questa dipartita solleva la questione della continuità dell’opera della Fraternità, che ormai conta solo due vescovi, mentre la missione presso le anime appare ancora necessaria nei tempi di terribile confusione che vive oggi la Chiesa» (1).2. Se questa continuità dell’opera della Fraternità richiede delle nuove consacrazioni episcopali, è compito del Superiore Generale della Fraternità deciderne l’attuazione, nel momento che sarà indubbiamente voluto dalla divina Provvidenza, ma che tuttavia sarà fissato da lui, infatti la Provvidenza agisce ordinariamente per mezzo delle cause seconde, tra cui vi è l’autorità suprema, in una società come la nostra, che deve assumersi le responsabilità più gravi.
«Venuto il momento», dichiara Don Davide Pagliarani, «noi sapremo prendere le nostre responsabilità, in coscienza». E certo si tratterà del momento che verrà quando lui l’avrà fissato, da buon artigiano della divina Provvidenza.
Ripresa di una discussione
3. Per adesso, noi vorremmo indicare le ragioni propriamente teologiche che devono condurre i fedeli cattolici a non esitare quando verrà il momento fissato dal Superiore Generale. Dal giugno 1988, queste ragioni non sono cambiate, esse furono esposte e sviluppate in diverse pubblicazioni, tra cui la più esauriente fu incontestabilmente l’articolo apparso nel numero 285 di settembre 1988 del Courrier de Rome, intitolato: «Né scismatici, né scomunicati» (2). Altre, apparentemente più modeste, ebbero tuttavia il grande merito di mettere subito più alla portata dei semplici fedeli gli argomenti destinati a tranquillizzare la loro coscienza eventualmente esitante o turbata (3).
Dell’una e dell’altra di questi due tipi di spiegazioni, la teologica e la pastorale, noi possiamo ritenere ed approfondire lo schema seguente: come quelle di ieri, le eventuali consacrazioni episcopali di domani, anche effettuate contro l’esplicita volontà del Sommo Pontefice, saranno a) possibili; b) necessarie; c) senza grave danno.
Possibili
4. La possibilità deve intendersi sul piano suo proprio, che è quello della natura stessa delle cose e che riguarda l’atto di consacrazione preso come tale, indipendentemente dalla sua conformità o meno con le regole fissate dal diritto – che si tratti di diritto divino o di diritto ecclesiastico. E’ possibile un atto la cui realizzazione non ripugna, non implica contraddizione intrinseca. In questo senso esso è possibile (anche se è gravemente illecito, cosa che è tutt’altra questione) che un prete ridotto allo stato laicale celebri validamente la Messa, perché il provvedimento canonico di cui è stato oggetto non gli ha tolto il carattere sacerdotale; di contro, è impossibile che un prete celebri validamente la Messa consacrando un panetto di granoturco o un calice riempito di birra, perché il diritto divino positivo fa dipendere la realizzazione del sacramento da una materia strettamente specificata, quali che siano le decisioni del diritto ecclesiastico che considera illecita una tale celebrazione.
5. E’ dunque possibile consacrare dei vescovi, anche contro l’esplicita volontà del Sommo Pontefice. Questo significa, né più né meno, che la consacrazione è valida, checché ne sia della sua liceità o della sua qualificazione sul piano morale. E qui è importante comprendere le ragioni di questa validità.
Certo, e siamo alla prima ragione che spiega questa possibilità, i due vescovi ormai rimasti alla Fraternità San Pio X: Mons. de Galarreta e Mons. Fellay, sono rivestiti della pienezza del sacerdozio e godono del potere di conferire il sacerdozio e l’episcopato, al pari di ogni altro vescovo validamente consacrato nella Santa Chiesa di Dio.
Ma oggi è importante sottolineare una seconda ragione che ha tutta la sua importanza.
6. L’episcopato corrisponde in realtà ad un doppio potere: da un lato, il potere episcopale di Ordine, che è il potere di ordinare dei sacerdoti, amministrare il sacramento della cresima e consacrare dei vescovi; dall’altro, il potere di giurisdizione, che è il potere di governare una parte della Chiesa (una diocesi) (4).
E’ possibile ad un vescovo conferire ad un sacerdote il potere dell’Ordine episcopale, tramite la consacrazione episcopale, anche se questa consacrazione è compiuta contro l’esplicita volontà del Sommo Pontefice. In effetti, anche se gravemente illecita perché contraria alla volontà del Papa, questa consacrazione rimane necessariamente valida, perché il potere di Ordine episcopale può essere comunicato da ogni vescovo, e non solo dal Papa, per mezzo di un atto di natura rituale (5), cioè per mezzo di un atto che produce il suo effetto di per sé o ex opere operato, indipendentemente da ogni volontà del Papa.
Di contro, è impossibile per un vescovo conferire a chiunque il potere episcopale di giurisdizione, dal momento che tale comunicazione sarebbe considerata contraria alla volontà del Papa, dato che è proprio un atto della volontà del Papa il fondamento necessario di tale comunicazione. Solo il Papa può comunicare ad un vescovo il potere di giurisdizione, sia immediatamente da se stesso, sia mediatamente per l’intermediazione di un altro vescovo delegato a questo scopo. La comunicazione del potere episcopale di giurisdizione compiuta contro la volontà del Papa sarebbe dunque puramente e semplicemente invalida, mentre la comunicazione del potere episcopale di Ordine, anche se compiuta contro la volontà del Papa, sarà certo gravemente illecita, ma perfettamente valida.
7. E’ così se si ammette la distinzione formale e radicale che separa il potere di Ordine e il potere di giurisdizione, distinzione che è stata sempre insegnata dalla Chiesa (6). Negare tale distinzione equivale ad affermare che il potere episcopale di giurisdizione è comunicato anch’esso da un rito che produce il suo effetto di per sé, ex opere operato: la comunicazione simultanea dei due poteri sarebbe allora valida, ma poiché compiuta contro l’esplicita volontà del Sommo Pontefice sarebbe necessariamente scismatica. Ma essa rimane sempre possibile.
Necessarie
8. Nell’omelia pronunciata il 30 giugno 1988, Mons. Lefebvre spiega in dettaglio perché le consacrazioni episcopali sono necessarie, anche compiute contro l’esplicita volontà del Papa. Egli afferma: «Noi ci troviamo in un caso di necessità» (7). Questa spiegazione si trovava già sintetizzata poco meno di un anno prima nella lettera dell’8 luglio 1987 che il prelato di Ecône inviò al cardinale Ratzinger: «Una permanente volontà di annientamento della Tradizione è una volontà suicida che autorizza, per ciò stesso, i veri e fedeli cattolici a prendere tutte le iniziative necessarie per la sopravvivenza e per la salvezza delle anime» (8).
9. Lo stato di necessità è una situazione straordinaria nella quale i beni assolutamente necessari alla vita naturale o soprannaturale si trovano gravemente compromessi a causa delle circostanze. Questo può verificarsi – tra altre circostanze – perché coloro ai quali spetta di applicare la legge lo fanno in maniera ingiusta e contro la volontà del legislatore. In questo modo, i sudditi si trovano solitamente obbligati, se vogliono salvaguardare i beni che sono loro vitalmente necessari, a prevalere sulla applicazione abusiva e tirannica della legge.
Infatti, la legge è essenzialmente destinata, nell’intenzione del legislatore, a procurare ai sudditi questi beni necessari, e nella Chiesa tutta la legge ecclesiastica è ordinata, per definizione, alla predicazione della dottrina della fede e all’amministrazione dei sacramenti (9).
Se l’applicazione della legge viene ad opporsi al fine della legge, voluto dal legislatore, essa non è più legittima, perché si pone in contraddizione con sé stessa. I sudditi possono e devono prevalere su di essa, per ottenere il fine della legge, malgrado le autorità che applicano la legge in contraddizione con la stessa legge.
10. Ora, è chiaro che a partire dal concilio Vaticano II, i fedeli della Chiesa cattolica si sono travati al cospetto di una tale situazione. Dal 1965, le autorità della Chiesa hanno imposto loro un nuovo Credo in tre articoli, con la libertà religiosa, l’ecumenismo e la collegialità; dal 1969, le stesse autorità hanno imposto loro una liturgia riformata: con una nuova Messa di spirito protestante e dei sacramenti rinnovati in senso ecumenico.
Questi Papi di dopo il Concilio hanno così imposto ai fedeli i gravi errori del neomodernismo, già condannati dai loro predecessori.
Di fronte a questa protestantizzazione generalizzata, ogni fedele cattolico, nella Chiesa, deve reagire.
Questo punto corrisponde a ciò che si chiama comunemente «la crisi della Chiesa» e «lo stato di necessità». E questo rende legittima la resistenza: è questa resistenza che spiega l’operato di Mons. Lefebvre e della Fraternità San Pio X.
11. Fin dove deve arrivare? Fin dove si estende la minaccia di questa protestantizzazione.
Ora, essa minaccia, se non l’esistenza stessa (come nel 1988), quanto meno la libertà di parola e di azione (come oggi) del sacerdote cattolico.
La consacrazioni episcopali compiute contro l’esplicita volontà del Papa diventano necessarie. In effetti, la trasmissione della fede richiede la predicazione della vera dottrina ed esige dei vescovi e dei sacerdoti indenni da tutti gli errori contrari a questa dottrina, e determinati, non solo a predicarla chiaramente, ma anche a denunciare altrettanto chiaramente e liberamente i detti errori.
La santificazione delle anime richiede l’amministrazione dei veri sacramenti e quest’ultima esige parallelamente dei sacerdoti validamente ordinati e decisi, non solo a rimanere fedeli ai riti tradizionali della Santa Chiesa, ma anche a denunciare alto e forte lo snaturamento di questi stessi riti, in senso protestante, compiuto dalla riforma di Paolo VI.
Ora, se non possono esserci dei sacerdoti senza vescovi che li ordinino, parimenti non possono esserci dei sacerdoti decisi a resistere quando necessario senza vescovi altrettanto fortemente decisi ad ordinarli in vista di tale resistenza così necessaria. Tutto si tiene.
12. E notiamo bene: tutto si tiene dall’inizio alla fine, perché tutto si basa sul giusto apprezzamento di questo stato di necessità. La difficoltà sta nel fatto che questo stato di necessità si constata: – «Noi siamo obbligati a constatare…», ripeteva Mons. Lefebvre, – e non si dimostra. Per constatarlo occorre cogliere l’eccessiva gravità degli errori e dunque l’assoluta importanza della verità alla quale essi si oppongono.
Se si ammette: 1) che vi è una crisi nella Santa chiesa di Dio, 2) e che la sua gravità è tale da giustificare l’operazione sopravvivenza della Tradizione, a tutti i livelli: allora, prima di tutto il mantenimento dell’antica disciplina e dell’antica formazione dottrinale contro il modernismo, poi le ordinazioni del 1976 per assicurare tale mantenimento; poi le consacrazioni del 1988 per assicurare le ordinazioni, seguiti da altre consacrazioni per continuare questa sopravvivenza del sacerdozio, al pari dell’attitudine di Mons. Lefebvre e della Fraternità ecco che è perfettamente giustificata.
Se 1) non si ammette che vi è una crisi, 2) o se non si ammette che questa crisi sia grave al punto da giustificare l’operazione sopravvivenza della Tradizione ricorrendo alla misura eccezionale delle consacrazioni episcopali senza mandato apostolico, allora l’attitudine di Mons. Lefebvre e della Fraternità non si giustifica: essa diventa estrema ed eccessiva rispetto a questi errori che non sembrerebbero così gravi al punto da rendere necessarie queste misure eccezionali.
Senza grave danno (10)
13. Se le consacrazioni sono necessarie – in maniera grave ed urgente – per salvaguardare il bene comune della Chiesa, esse sono lecite. E non può esservi alcuna ragione contraria, perché il bene comune della Chiesa è il principio, principio primo e supremo, di tutta la vita di una società, nella Chiesa come altrove.
La liceità canonica e la legittimità morale delle consacrazioni episcopali compiute contro l’esplicita volontà del Papa del momento, derivano dalla stessa definizione della Chiesa presa in tutta l’esigenza del suo bene comune, che si identifica nella salvezza delle anime. Perché se «è la Chiesa che ci salva», essa non ci salva senza di noi, fosse anche malgrado il Papa del momento, e in caso di necessità essa non potrebbe salvarci senza l’azione straordinaria dell’episcopato, che un giorno costituirà agli occhi di tutta la Cristianità il titolo di gloria di Mons. Lefebvre.
14. La consacrazione episcopale, se la si intende come abbiamo detto prima (11), e la comunicazione rituale del solo potere episcopale di Ordine, non è, quando è compiuta contro l’esplicita volontà del Papa, un atto intrinsecamente cattivo sul piano morale, e illecita. Essa può esserlo e lo è quando equivale ad un atto di disobbedienza – cosa che si verifica ordinariamente e nella maggior parte delle circostanze, che non sono quelle dello stato di necessità. Ma essa non è di per sé (o intrinsecamente) un atto cattivo o illecito, essa può equivalere ad un atto moralmente buono, lecito e salutare, proprio in ragione della circostanza dello stato di necessità, in cui la consacrazione è il mezzo unico o privilegiato per resistere ad un abuso di potere da parte del Papa del momento.
15. Ed è così perché l’atto della consacrazione episcopale comunica di per sé il solo potere di Ordine e non il potere di giurisdizione, che può fare solo il Papa in ragione del diritto propriamente divino. Contro tale diritto non vi è alcuna ragione che valga, e comunicare ad un vescovo, contro la volontà del Papa, l’autorità di giurisdizione su una parte della Chiesa equivale ad un atto scismatico, del tutto invalido e illecito.
Ma la consacrazione episcopale che si limita a comunicare il solo potere di Ordine, anche contro la volontà del Papa, non va di per sé contro il diritto divino. In questo caso, essa esige né più né meno le condizioni richieste per la validità della consacrazione, che sono: la valida ordinazione del prelato consacratore e il rispetto della sostanza del rito di consacrazione, con l’intenzione che essa implica.
Le obiezioni vecchie e nuove
16. Cosa si potrà obiettare a tutto questo? Noi esamineremo qui degli ipotetici profili tipici, delle pure possibilità di reazione, tenendoci lontani da ogni giudizio nei confronti delle persone.
17. Gli uni negheranno molto semplicemente la necessità delle consacrazioni: si tratta di coloro secondo i quali non vi è alcuno stato di necessità nella Chiesa, almeno grave e urgente, poiché il concilio Vaticano II fu un buon concilio sotto tutti gli aspetti o quantomeno fu un vero e buon concilio, la cui attuazione purtroppo rimane ancora paralizzata e parassitata dal falso e cattivo «para concilio»: il famoso concilio dei media.
Si tratta dei sostenitori della tesi di Joseph Ratzinger, tesi che questi difese con una costanza notevole, sia quando fu Prefetto dell’ex Congregazione per la Dottrina della Fede, sia quando fu il duecentosessantacinquesimo successore di San Pietro. In più, per costoro, in conformità con la nuova ecclesiologia di Lumen gentium, la consacrazione comunica insieme i due poteri di Ordine e giurisdizione ed è per questo che ogni consacrazione episcopale, compiuta contro la volontà del Papa, sarebbe illecita e scismatica. In breve, per questi neoconservatori, le consacrazioni, quando anche fossero possibili, non sarebbero né necessarie né prive di grave danno.
Dove troviamo gli obiettori di questo tipo? Di certo non negli ambienti della Fraternità e nemmeno negli ambienti non tradizionalisti (o ufficiali) della Chiesa conciliare. Alcuni possono trovarsi in seno agli ambienti dell’Ecclesia Dei. Agli occhi di alcuni tra questi beneficiari del Motu Proprio di Giovanni Paolo II, infatti, il concilio Vaticano II mantiene tutto il valore dell’autorità magisteriale (a gradi diversi…): così, la dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa non sarebbe in contraddizione con la Regalità sociale di Cristo; la nuova ecclesiologia di Lumen gentium si armonizzerebbe con la Costituzione Pastor aeternus del Vaticano I; e la nuova Messa di Paolo VI al peggio sarebbe «meno buona» della Messa di San Pio V.
E tanto Amoris laetitia che Fiducia supplicans potrebbero essere oggetto di una lettura se non incoraggiante quanto meno benevola e, in ogni caso scagionante.
18. Gli altri concederanno fino ad un certo punto lo stato di necessità. Tra questi, gli uni non arriveranno fino a far valere la necessità delle consacrazioni, non valutando come si deve tutta la gravità e tutta l’urgenza della situazione, e riporranno la loro speranza nell’intervento ritenuto sufficiente di «buoni vescovi» e di «buoni sacerdoti», in realtà essi stessi preda dei falsi principi, ma indietreggianti davanti a tutte le loro conseguenze in campo pastorale e liturgico.
Altri ancora arriveranno fino ad accordare la necessità delle consacrazioni episcopali in seno alla Tradizione, ma arrendendosi all’idea falsa della natura intrinsecamente cattiva e scismatica di una consacrazione compiuta contro l’esplicita volontà del Papa, dal momento che secondo loro la comunicazione del potere di giurisdizione sarebbe intrinsecamente legata in un modo o in un altro a quella del potere di Ordine.
Anche se idealmente necessarie, le consacrazioni sarebbero ai loro occhi sempre illecite e anche scismatiche. La loro resistenza si accontenta di predicare la buona dottrina, di celebrare la buona Messa, ma di tacere sugli errori.
Tra costoro, Fiducia supplicans ha suscitato solo l’eco di uno sconcertante silenzio.
19. Checché ne sia di queste diverse reazioni, le prossime consacrazioni gioveranno a tutti, dando alla Chiesa di Dio il mezzo della sua indefettibilità, a maggior gloria di Dio e per la salvezza delle anime. Nel momento voluto da Dio e fissato dalla prudenza del Superiore Generale della Fraternità.
____________________1 – https://fsspx.ch/fr/publications/entretien-avec-le-superieur- general-la-fraternite-sacerdotale-saint-pie-x-48730 In italiano: http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV6382_ Intervista_a_Don_Davide_Pagliarani_1_novembre_2024.html
2 – https://fsspx.org/fr/ni-schismatiques-ni-excommunies-33260
3 – Per esempio, « Des sacres d’évêques : pourquoi ? » [Consacrazioni di vescovi: perché?], Editoriale di Chardonnet di luglio-agosto 1987, in Abbé Philippe Laguérie, Avec ma bénédiction. Quatorze ans au Chardonnet, Certitudes, 1997, p. 96-99.
4 – Si veda il numero di luglio-agosto 2022 del Courrier de Rome, in particolare l’articolo «L’opinion commune des théologiens sur l’épiscopat» [L’opinione comune dei teologi sull’episcopato].
5 – Noi evitiamo di scrivere «di natura sacramentale» perché la questione di sapere se la consacrazione episcopale sia un sacramento è disputata. Cfr. l’articolo «L’épiscopat est-il un sacrement ? » nel numero di settembre 2019 du Courrier de Rome.
6 – Si veda nel numero di luglio-agosto 2022 del Courrier de Rome, l’articolo «L’opinion commune des théologiens sur l’épiscopat» [L’opinione comune dei teologi sull’episcopato].
7 – Mons. Lefebvre, «Homélie à Ecône le 30 juin 1988 à l’occasion des consécrations épiscopales» in Vu de haut n° 13 (autunno 2006), p. 64. In italiano: http://www.unavox.it/Documenti/Doc0256_Omelia_Lefebvre_30.6.1988.html
8 – Si veda il numero di luglio-agosto 2008 del Courrier de Rome.
9 – Codice di Diritto Canonico del 1917, Canone 682; e nuovo Codice del 1983, canone 213.
10 – Su tutti i punti esposti in questo paragrafo, il lettore potrà riferirsi ai numeri di luglio-agosto e novembre 2022 del Courrier de Rome, in cui si trovano tutte le giustificazioni tratte dalla Tradizione magisteriale e teologica.
11 – Cfr. i numeri 6 e 7.
Imm. da: https://fsspx.news/it/news/le-consacrazioni-del-1988-e-laccusa-di-scisma-27850
5 commenti:
"...distinzione formale e radicale che separa il potere di Ordine e il potere di giurisdizione, distinzione che è stata sempre insegnata dalla Chiesa."
Questo non è vero. Infatti la Chiesa da sempre ha collegato le due cose, ordine e giurisdizione. Non c'è vescovo senza diocesi su cui avere giurisdizione. Perfino ai sacerdoti che lavorano nella curia vaticana e che vengono consacrati vescovi viene attribuita una diocesi (fasulla, perché storica e non più esistente), così come agli emeriti: in entrambi i casi si parla di "Vescovo titolare di..."
Precisato ciò, bene fa la Fraternità ad ordinare nuovi vescovi, però abbia il coraggio di dire la verità, cioè che al di là delle parole si è strutturata come una diocesi senza territorio. Diocesi perché ha una gerarchia (i vescovi), un clero, delle cappelle che funzionano da parrocchie (vi si celebrano tutti i sacramenti), e il popolo dei fedeli. E mons Fellay puntava infatti ad ottenere dal Vaticano lo status di Prelatura Personale, ovvero quanto di più simile ad una diocesi all'interno del CJC.
Altra incongruenza, che i vescovi della Fraternità siano soggetti al Superiore Generale, non necessariamente vescovo, come l'attuale don Pagliarani.
Il teologo ufficiale della FSSPX giustifica e prepara il terreno alle prossime consacrazioni episcopali nella FSSPX che non tarderanno ad arrivare. Penso che a suo tempo le autorità della FSSPX comunicheranno a Roma i candidati e la data per le consacrazioni episcopali e non mi stupirei se Papa Bergoglio in qualche maniera le approvi.
Chiederanno a Bergoglio il
licet? La divisione tra giurisdizione ed ordine suona strana , perchè anche il decidere di ordinare Vescovi ha a che fare con una scelta di giurisdizione, di giudizio cioè , oltre alla consacrazione che rientra negli ordini necessariamente, come arricchimento del Sacerdozio ( tenendo conto che la giurisdizione in senso lato è quella sui fedeli, che la fraternità mantiene pubblicanente, mentre la giurisdizione in senso stretto sarebbe quella giudiziaria e quindi meno usata, ma anche di fatto obbligatoriamente usata nella gestione dei fedeli. Ho sentito pure parlare di non liceità confessione e matrimoni legati alla giurisdizione. ). Comunque mi chiedo: il papa eretico puó essere colui che concede di nominare o non nominare vescovi? Il papa pagano, in termini spicci, ha valore in ció? Un probabile, per esser generosi, non papa ha potere di approvare o disapprovare? Puó farlo o no, ma il potere non lo ha.
Bene, caro Anonimo 12:41, concordo con lei al 100%, sperando che il Superiore della FSSPX non cada nel tranello tesogli dal vaticano apostata e traditore di NSGC; come soleva ripetere Mons. Léfèbvre "nessun accordo con Roma se prima non ritorna cattolica"; ricordo quando si parlava della concessione di una prelatura personale al Superiore della Fraternità, purché rinunciasse a criticare il CVII e il magistero vaticansecondista; mi sembra di ricordare, inoltre, che Mons. Richard Williamson si sia allontanato dalla Fraternità, nel 2012, proprio a causa del riavvicinamento dei suoi vertici alla Roma modernista. Dio non voglia che la Fraternità cada in questo subdolo tranello !
Mi sembra che questo documento di giustificazione di prossime consacrazioni episcopali abbia un difetto di fondo, ovvero usare come pezze d'appoggio i documenti provenienti dalla FSSPX stessa (vedi le note)... È la stessa tecnica di Bergoglio, che nei suoi documenti ereticali cita in nota... l'autorità di Bergoglio. Meglio sarebbe stato se il Padre Gleize avesse prodotto un documento più inattaccabile, invece che il solito deja vu, a meno di non voler essere di nuovo oggetto di una campagna di stampa della Bussola.
Nota n. 5 – Noi evitiamo di scrivere «di natura sacramentale» perché la questione di sapere se la consacrazione episcopale sia un sacramento è disputata. Cfr. l’articolo «L’épiscopat est-il un sacrement ? » nel numero di settembre 2019 du Courrier de Rome.
Questa nota dice il vero, anche se rimanda sempre alla letteratura lefebvriana e per lo più in francese. Infatti nel Catechismo del Concilio di Trento (n. 276), contrariamente a quanto affermato anche in alcune versioni (corrette?) del Catechismo di San Pio X e fino alla riforma di Paolo VI, a proposito di sacramento dell'Ordine, si parla di Ordini maggiori: suddiaconato, diaconato, sacerdozio. La vetta è il sacerdozio. Con la riforma e l'abolizione degli ordini minori e perfino del suddiaconato, i tre gradi dell'Ordine diventano: diaconato, presbiterato ed episcopato, dove la vetta viene ad essere l'episcopato. Questa modifica del sacramento può essere uno dei motivi per cui le ordinazioni episcopali Novus Ordo, per così dire, sono nulle, a detta di qualcuno.
Posta un commento