Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 4 febbraio 2025

A rischio la nostra fede la nostra cultura, ma anche la vita insieme alla libertà

la dittatura, la violenza e l'avversione alla cultura, e in definitiva l'odio verso l'essere umano libero è un dato di fatto che caratterizza i musulmani, e non c'è da fare alcuna differenza fra sciiti e sunniti e le altre sottosezioni. A pronunciare il termine "islam", l'odierno papa col codazzo di pusillanimi clericali e tutta la sinistra italiana, non fanno altro che sottomettersi: non hanno il coraggio della verità come fece Ratzinger a Ratisbona, non hanno la fede sufficiente per additare la omicida violenza mascherata da fede religiosa insita nell'islamismo. Qui l'indice degli articoli sulla realtà distopica.

A rischio la nostra fede la nostra cultura, 
ma anche la vita insieme alla libertà 

Cinque giorni fa Salwan Momika, esule iracheno in Svezia, è stato ucciso nella sua casa in un sobborgo di Oslo mentre era in diretta streaming. Un omicidio in diretta quindi. Qualcuno deve aver suonato alla sua abitazione alle otto di sera. Sono entrate pare cinque persone e in diretta, dopo la lettura di una fatwa nei suoi confronti lo hanno freddato a colpi di fucile. Un omicidio in diretta.
Perché mi soffermo su questo? Perché si tratta di uno dei casi di pena di morte eseguita in Europa sulla base di una legge non europea, come si sa la pena di morte è stata abrogata ovunque in Europa. In questo caso è stata applicata la legge islamica che prevede la pena di morte per il reato di blasfemia. Ora questo reato è stato abolito in quasi tutti i Paesi europei o al massimo ridotto a reato amministrativo. Ma in Svezia, per proteggere la libertà di espressione, era tutelato il diritto di blasfemia. In base all'esercizio di tale diritto, l'esule iracheno, avvalendosi della protezione della polizia per la sicurezza nazionale, aveva bruciato per due volte il Corano, una volta fuori da una Moschea, un'altra fuori dell'ambasciata dell'Iran.
Potremo dire che il suo sia stato un atto "disgustoso", come si è espresso il Papa. Potremo anche dire che se le è andate a cercare e chiudere qui la questione, come farebbero in molti. Però questo giovane, lui profugo iracheno per motivi politici e religiosi, riteneva a suo avviso di agire per protesta contro un testo che "incita alla violenza". Fatto sta che è stato ucciso. In un Paese che non ha saputo o potuto tutelare i suoi diritti. In un Paese in cui non esiste la pena di morte ma questa è stata applicata, pare, da un Paese straniero, si parla dell'Iran.
Certamente è una vicenda molto controversa, di più di quella occorsa al povero professore di storia e filosofia Samuel Paty, che solo per aver mostrato in classe le vignette del giornale satirico Charlie Hebdo sul profeta Maometto, durante un dibattito sulla libertà di opinione fu brutalmente decapitato.
Si potrebbe dire: chi tocca I fili muore. Per cui si affrontano questi temi con molta esitazione e disagio, lo confesso.
Ma sono anche essenziali per stabilire in che modo venga tutelato il diritto alla libertà d'opinione (e se questa debba comprendere anche la blasfemia) nel nostro Occidente. Anche perché se passasse questo concetto dovremmo abolire, come da qualche parte si è proposto, anche l'insegnamento di Dante Alighieri.
Antonioalessandro Dottori

1 commento:

Resistenze e sfide al cambiamento necessario ha detto...

"FOLLIA TOTALE, SERVE UN CAMBIAMENTO": VIKTOR ORBAN SULLA SITUAZIONE NELL'UE E L'INFLUENZA DI TRUMP

Il Primo Ministro ungherese ha dichiarato in un videomessaggio pubblicato sui social media:
"Il tornado di Trump ha raggiunto Bruxelles e ha sconvolto tutto. Qui a Bruxelles regna la follia più totale, servono dei cambiamenti: non possiamo continuare la guerra, non possiamo continuare a sostenere le migrazioni e non possiamo continuare con la follia di gender”.

Ha sottolineato che i cambiamenti “non arriveranno da soli” ; la sfida è attuarli.

Orbán ha dichiarato anche alla Neue Zürcher Zeitung di avere piena fiducia in Mosca, perché Vladimir Putin mantiene sempre la parola data :
"L'esperienza degli ultimi 15 anni dimostra che l'Ungheria può fidarsi della Russia."