Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 19 aprile 2014

Cornelio Fabro, poco noti e molto edificanti aspetti di un vero teologo

Riprendo l'interessantissimo articolo che segue da Disputationes Theologicae: intervista alla segretaria che per decenni fu la più stretta collaboratrice di Cornelio Fabro

Domenica delle Palme 2014
Disputationes Theologicae ringrazia Suor Rosa Goglia - autrice di Cornelio Fabro, profilo biografico (Edivi, Segni 2010), libro particolarmente rivelatore della personalità del grande filosofo e teologo stimmatino - per la disponibilità con cui ha accettato di rispondere alle nostre domande. Ci scusiamo con Suor Rosa per il ritardo con cui esce questo suo contributo, ritardo dovuto alle incombenze legate alla nuova fondazione ecclesiastica; siamo particolarmente contenti di pubblicarlo visto appunto il suo notevole valore disvelatore del grande uomo di Dio che sta dietro l’alta produzione metafisica.
1)  Cornelio Fabro passa alla storia come il grande metafisico, forse il più grande del secolo appena trascorso. Come viveva il suo essere teologo?

Fabro è un pensatore radicale, non è un uomo di corrente o di scuola, egli si pone di fronte ai temi decisivi per l’esistenza e prende posizione. Il peso stesso dell’erudizione non appiattisce mai l’inquieta ricerca e la religiosa “cura dell’anima”. Non era un uomo immerso nell’accademismo astratto, la Commissione per il concorso a cattedra dell’Università di Bari lo definì “degno di molta considerazione per la sue doti teoretiche”, ma non mancò di scorgere i suoi accenti “polemici” e “tendenziosi”, evidentemente sul centrale “problema di Dio”. Il Cornelio Fabro filosofo è un tutt’uno col teologo e con l’uomo di Dio, per il quale il problema essenziale di Dio è il problema essenziale dell’uomo.

In ogni suo scritto si legge l’indispensabile esigenza di restituire alla ragione la sua dimensione metafisica in grado di attingere il trascendente.

2) Un aspetto poco conosciuto di questo grandissimo intellettuale è, in effetti, la sua passione per il creato…

Nelle sue memorie ci parla della sua infanzia con gli animali domestici, le piccole sorgive nella zona di Flumignano (UD) suo paese natale, e si intuisce il ruolo che l’osservazione del creato ebbe fin dalla sua infanzia molto provata da serie malattie e conseguente immobilità. Frequenta per tre anni i corsi di Scienze naturali all’Università di Padova, si occupa di biologia, di embriologia, di genetica, di fisiologia comparata, di natura della vita e specialmente degli stretti rapporti tra biologia e filosofia. Per osservare la biologia marina caldeggiò la realizzazione di un laboratorio a Roma con acqua di mare, ricordiamo anche l’argomento della sua tesi di laurea in zoologia: “modificazioni istologiche nell’utero del pescecane” e le sue innumerevoli visite alla stazione di zoologia di Napoli, ma anche allo zoo di Roma.

3) Forse anche questi elementi hanno aiutato, sotto il profilo umano, il suo approccio realista?

Rimane colpito da quel modus scientifico che riscontra nell’ambiente della ricerca e dal modo di affrontare i problemi che “ti costringe a fare i conti col reale”, questa esperienza lo accompagnerà quando lascia il campo scientifico per dedicarsi alla filosofia.  Di qui il suo “realismo della res”, un tutt’uno col realismo gnoseologico.
C. Fabro si confronta sempre con quella “realtà che ti prende e ti costringe a fare i conti con essa, senza fumosità pseudo teoriche e divagazioni formali semantiche”. Da qui la sua avversione all’ideologismo e ai sistemi troppo razionalisti, che sono per lui “una forma d’immanentismo”. Il suo impegno era ed è “ridare alle intelligenze il gusto della verità e consolidare negli animi il fondamento della libertà”, e Cornelio Fabro usa la sua raffinatissima intelligenza di filosofo come un bisturi per individuare ed esaminare le fibre più interne, profonde e sottili del conoscere e dell’essere. Rispondendo all’esigenza teoretica di scandaglio della fondazione metafisica della cogitativa, come forma inferiore di razionalità e forma superiore di sensibilità, C. Fabro coglie tomisticamente quell’anello di congiunzione che si situa fra l’intelletto e la sensibilità e che spiega e legittima il realismo gnoseologico.

A questi punti fermi si ancora il suo invito all’“immersione nella realtà”, all’ “elasticità concettuale”, alla “conversio ad praesentiam”. Ovviamente sarà la lettura dei suoi scritti ad ancorarci a queste solide basi.

4) Gli ultimi decenni della sua produzione filosofico-teologica sono stati segnati anche nella cultura cattolica dall’ideologia dell’ “apertura al mondo”, apertura che, come riconobbe con accenni autocritici il Santo Padre Paolo VI, è divenuta un’invasione della Chiesa da parte del pensiero mondano…

L’attitudine al compromesso del mondo cattolico lo feriva e gli causava dolore, più tardi si rese addirittura conto che il suo infarto nel marzo del ‘74 era legato all’atteggiamento del mondo cattolico, troppo disponibile a compromessi sulle tematiche del divorzio e dell’aborto. Vedeva l’Italia che si allontanava dai principi cristiani e vedeva che ciò avveniva con leggi firmate dai governi democristiani.

Più in generale la sua sincerità lo portò sempre ad essere “contro i movimenti tiepidi di compromesso tra trascendenza cristiana e immanenza moderna”, come pure sempre aborriva i gruppi di potere che per utilità nascondono la verità nella volontà e “unificano” ciò che non è nemmeno lontanamente assimilabile.

5) Diversi uomini di Chiesa, anche autorevolissimi e anche di formazione moderna, hanno denunciato una gravissima deriva dottrinale nel mondo cattolico odierno. Cosa pensava Fabro di tale fenomeno?

C. Fabro scrive a proposito degli errori filosofici moderni e della necessità che il clero li conosca per difendersene : “ gli sbandamenti nella dottrina e nella morale cattolica seguiti al Concilio, forse tra i più aberranti e gravi nella storia delle eresie, che hanno coinvolto anche larghi strati della gerarchia, che non ha seguito spesso le direttive del Vicario di Cristo, dipendevano e dipendono da questo”. Dipendono ossia dall’ignoranza della vera natura del “pensiero moderno”, è l’ “antropologia radicale” infatti ciò che mina alle basi la trascendenza e la metafisica, portando con sé gli “sbandamenti dottrinali” sopra citati.

Citiamo Miccoli: “Il realismo metafisico di Fabro si è imposto all’invadenza dell’idealismo, del marxismo, dell’intuizionismo bergsoniano, dell’esistenzialismo, del pragmatismo e del nichilismo, come barriera e palizzata teoretica che si erge a confine di decisive questioni concernenti Dio, Uomo, Mondo in un linguaggio intransigente, intollerante, seccamente esegetico più che ecumenicamente ermeneutico…”. Egli continua parlando di Fabro come “attento e sollecito a proteggere lo spazio sacro del divino nella linea della tradizione cattolica contro i profanatori del tempio e contro gli araldi di nuove proposte teoretiche e pratiche, che gli apparivano insidiose per la vita della Chiesa in quanto equivoche, eretiche, sovvertitrici della Fides Ecclesiae”.

6)  Come fu presa la sua sincerità?

C. Fabro è contro ogni pragmatismo dottrinale, perché esso non è altro che “odio per l’intelligenza”, la sua “implacabile e immediata sincerità” non può che portarlo a “quell’amore aspro e appassionato per la verità che non guarda in faccia a nessuno” scriverà l’illustre giuria di Bassano nel 1989.

Per la sua sincerità dovette soffrire, si pensi al libro su K. Rahner; gli fu richiesto da alcuni colleghi che lo incoraggiarono, ma poi non fu sostenuto come si doveva quando comparvero le difficoltà, l’ostracismo, le lettere indignate. Ma lui sfidò i contestatori a pubblico dibattito in Gregoriana, evidentemente tutto restò lettera morta perché nessuno voleva confrontarsi, scrive Mario Composta, tutti conoscevano la fondatezza delle sue posizioni e la forza delle argomentazioni. Ancor più triste fu constatare che gli attacchi  vennero solo dal mondo cattolico, il mondo filosofico laico non s’immischiò nemmeno e gli strali più avvelenati vennero dai vicini, ma lui continuò a condannare fermamente la “svolta antropologica” del teologo tedesco.

7)  E come vedeva il proprio combattimento filosofico-teologico, in ultima analisi la sua battaglia per la verità?

Attribuiva a Dio la sua forza. Cito dal suo testamento spirituale: “Se non ho mai indietreggiato davanti alla verità è stato frutto della Sua (di Dio) assistenza misericordiosa, della protezione della Madonna, degli Angeli e dei miei santi patroni, delle anime che ho potuto dirigere e di quelle che ho assistito in punto di morte nel passaggio alla patria celeste”. C’è l’aiuto di Dio e c’è la fiducia nel Signore e c’è accanto l’utilizzo responsabile della libertà ordinata dalla verità, vera “partecipazione all’opera creatrice di Dio”. Nelle pieghe più intime dello spirito siamo chiamati dal Creatore a partecipare all’opera redentiva, che si fonda sull’onnipotenza divina, che ci dona una libertà scaturiente e sempre rinnovantesi. Ogni libertà è una nuova creazione nel divenire del nostro essere e quindi, nel tessuto sociale in cui siamo, partecipiamo all’opera creativa di Dio. Di qui la nostra responsabilità. Nel mondo dello spirito e nel mondo sociale ci sono questi virgulti di vera libertà - che sono come i germogli che vediamo in questa primavera - essi possono rimanere sconosciuti, non visti, non apprezzati agli occhi degli uomini, ma sono una forza e sono preziosi agli occhi di Dio e al bene dell’umanità.
Don Stefano Carusi

24 commenti:

Salvianus ha detto...

Cara Maria,
grazie per aver rotto il silenzio della tomba della filosofia e della teologia contemporanee, con l'indimenticabile ricordo del p. Cornelio Fabro! Mi permetto di segnalare uno studio, primo per una certa sistematicità del suo pensiero, con un'appendice su Libertà e persona in S. Tommaso:
Christian Ferraro, Cornelio Fabro, Lateran University Press, Filosofi italiani del novecento (4), 2012:
<<La ricerca di Dio è il segno più autentico della vita dello spirito perché rispetto a Dio ogni epoca della storia dell'umanità, le singole civiltà e le stesse coscienze singole si rispecchiano come nella misura del proprio rapporto all'Assoluto" (L'uomo e il rischio di Dio p. 7, cit. p. 187).
Qui si situa il bonum certamen di fedeltà alla dottrina, veicolata dalla Tradizione e dunque, la ripresa di un "tomismo essenziale" che trascende ogni sistema chiuso e sa inserirsi nelle problematiche della cultura moderna, più di tutto però, deve approfondire il "problema del cominciamento"!
Nel post, ho letto le citazioni di due miei professori...
Auguro a te e ali amici di C. p. c. Buona Pasqua!

Espedito Brambilla ha detto...

Sono Graditi impressioni e commenti.
Grazie.
BUONA, SANTA PASQUA A TUTTI
Espedito Brambilla

http://www.unavox.it/Documenti/Doc0650_Williamson_19.4.2014.html

cosa si potrebbe obiettare? ha detto...

...
In breve, Don S. ha perso di vista quanto seducente e mortale per la Fede sia l’errore del modernismo.

Per altro verso, sempre come pare a me, un sacerdote che oggi si rifiutasse di menzionare il nome del Papa nel Canone della Messa, correrebbe il rischio di andare fuori strada a destra. Se io vedo il pericolo mortale del modernismo per la Fede, certamente vedo gli enormi danni oggettivi arrecati alla Chiesa dai Papi conciliari. Ma posso dire sinceramente che non sia rimasto più nulla di cattolico in loro? Per esempio, come dice Don S., non hanno ancora quanto meno delle soggettive buone intenzioni? Non intendono tutti almeno servire la Chiesa? Nel qual caso, non posso io celebrare la Messa in unione con quello che c’è ancora di cattolico in loro? La dirigenza della Chiesa potrà essere ammalata a morte, ma quanto meno io non posso sostenere che non vi sia più niente di cattolico che perduri in essa. Non tutto è ancora perduto.

“Nelle cose certe, l’unità; nelle cose dubbie, la libertà; in tutte la carità”.

Kyrie eleison.

Silente ha detto...

L'oscuramento di quella filosofia perenne rappresentata dal "realismo metafisico" tomistico, così ben illuminata e aggiornata da Cornelio Fabro, costituisce la principale causa dell'obnubilamento modernista dell'ora presente.
La restaurazione della verità dell'Essere, della sua contemplazione, del conseguente riconoscimento del diritto divino e poi naturale e della Regalità sociale di Nostro Signore non può non passare dal rifiuto delle miserie dell'illuminismo, delle fumisterie idealistiche e delle infere oscenità del pensiero moderno e post-moderno.
Ma la Chiesa, almeno quella storica e contingente, sta tragicamente andando in un'altra direzione.
E' un tremendo mysterium iniquitatis al contempo metafisico e metastorico, riconducibile, forse, al venir meno del katéchon.
Affacciati sull'abisso, ci conforti l'eterna promessa: "et portae inferi non praevalebunt".

Anonimo ha detto...

Scusate la domanda,ma voi legati alla Messa Tridentina celebrate
la Veglia Pasquale notturna oppure siete legati a quanto si faceva prima della riforma dei Riti di Mons.Bugnini?Cioè celebrate a mezzogiorno del sabato come si faceva prima degli anni cinquanta?Se celebrate la veglia notturna lo fate con il Messale di Papa Paolo VI?Perchè il Messale di Pio V non prevedeva la veglia pasquale notturna ma si celebrava il sabato a mezzogiorno.
Grazie sarebbe gradita una risposta.Buona Pasqua.

mic ha detto...

Noi legati alla Messa Tridentina non siamo rimasti fermi agli anni cinquanta, ma partecipiamo alla Veglia nella nostra Parrocchia se non possiamo raggiungere una celebrazione col Rito Antico, che com'è noto a tutto l'Orbe cattolico, è quello del 1962.

Sempre che la nostra parrocchia non sia tra quelle esclusivamente neocatecumenali, dove si celebra l'haggadh ebraica notturna, che ovviamente non ci appartiene. Nel qual caso ci rifugiamo in una parrocchia di elezione che celebri dignitosamente anche il NO, pur di partecipare comunitariamente, nella nostra Chiesa, alla Pasqua del Signore e nostra in Lui.

Rafminimi ha detto...

Affacciati sull'abisso, ci conforti l'eterna promessa: "et portae inferi non praevalebunt".
Il che vuol dire che
"et portae inferi" perderanno la guerra (anzi la hanno già persa, proprio nell'istante in Cristo è RISORTO) però qualche battaglia, ohimè, la vinceranno (o almeno lo sembrerà).
SANTA PASQUA DEL E NEL SIGNORE!
REGINA COELI LAETARAE

Franco ha detto...

Se il Figlio dell'Uomo fosse ricomparso in tutta la sua gloria ia per il Giudizio Universale già alla consumazioine della prima generazione cristiana, come molti poterono credere, non sarebbe stato necessario che la comunità dei suoi apostoli e discepoli si desse un'organizzazione, via via più ampia, capillare e centralizzata. Invece le cose sono andate diversamente, duemila anni e ancora niente fine del mondo ( anche se chissà, forse fra poco ); per cui Chiesa gerarchica, organizzazione ecclesiastica con diritto canonico, dogmi enucleati ( non "inventati" ) spesso dopo lotte dottrinali furibonde,come prima e dopo Nicea, creazione di un'arte e soprattutto di una teologia e filosofia cristiana, che hanno come esponenti massimi sant'Agostino e san Tommaso d'Aquino. Questo per mostrare quanto sia debole, estetizzante e probabilmente lontana dall'idea dell'Incarnazione nella Storia ( con tutte le sue durezze, resistenze e complicazioni ) la tendenza di chi vorrebbe che ci si accontentasse del Vangelo "sine glossa", ovvero il Discorso della Montagna e null'altro. Per cui contribuire al mantenimento e al rinnovamento ( "non nova, sed noviter" ) di quell'edificio dottrinale, che deve avere necessariamente una sua sistematicità, come ha fatto Cornelio Fabro, non è necessariamente segno di orgoglio; spesso invece espressione dello "spirito di servizio" autenticamente evangelico.

Silente. Mi dispiace di polemizzare, ma non credo che astenersi dal minimizzare o ridicolizzare l'avversario ( oltreetutto con pochissimo seguito ) significhi non riconoscerlo come tale. Ad esempio: "Fumisterie idealistiche". Non essendo specialista in filosofia, non posso giudicare adeguatamente l'impalcatura generale del pensiero idealistico; però credo che Hegel e Schelling fossero personaggi di un'erudizione e di una capacità di elaborazione concettuale addirittura mostruose. In campo cattolico ho trovato qualcosa del genere solo in Von Balthasar ( anche lui germanofono ). L'Estetica di Hegel è addirittura impressionante per vastità, profondità e sottigliezza di giudizio: lo dico da insegnante di letteratura.
Se gli sfidanti laici fossero solo venditori di fumo e cialtroncelli, non sarebbe stato facilissimo spazzarli via? Perchè nella prima metà del Novecento la gioventù studiosa italiana si è abbeverata prevalentemente a Croce e Gentile e non a qualche filosofo cattolico? Perchè il sogno di restaurazione del Tomismo come filosofia vincente della nuova sociètà dopo il Concilio si è sgonfiato ( à la page invece Marx, Nietzsche e Heidegger, nonchè Freud, Reich, Marcuse e un Darwinismo d'accatto ), con delusione amarissima di Jacques Maritain, a cui l'amico Paolo VI aveva consegnato il messaggio destinato agli intellettuali il giorno della chiusura solenne del C.V. II?

gabri ha detto...

Noi legati alla Santa Messa Tridentina andiamo alla Messa Tridentina la mattina di Pasqua

una sola fede ha detto...

Devo dire che a me questo "VOI che siete legati alla Messa Tridentina", "VOI legati alla Tradizione"...insomma tutti questi "VOI" mi dispiacciono veramente perchè propongono una visione di frattura tra fratelli in Cristo: la Tradizione è invece patrimonio imprescindibile di TUTTA la Chiesa.

Alessandro Mirabelli ha detto...

Fabro ossia un altro gigante del pensiero cattolico come Amerio.

Anonimo ha detto...

“Devo dire che a me questo "VOI che siete legati alla Messa Tridentina", "VOI legati alla Tradizione"...insomma tutti questi "VOI" mi dispiacciono veramente perchè propongono una visione di frattura tra fratelli in Cristo"

Giustissimo: il CVII non insegna infatti che bisogna essere aperti al dialogo con tutti?
Tutti i movimenti, tutti i carismi hanno cittadinanza nella Chiesa tranne coloro che si appellano alla Tradizione?
Perché mai un membro del Corpo mistico di Cristo dovrebbe essere reietto?

Marius

mic ha detto...

San Bernardo, Abate di Chiaravalle, domandò nella preghiera a Nostro Signore quale fosse stato il maggior dolore sofferto nel corpo durante la sua Passione. Gli fu risposto: “Io ebbi una piaga sulla spalla, profonda tre dita, e tre ossa scoperte per portare la croce: questa piaga mi ha dato maggior pena e dolore di tutte le altre e dagli uomini non è conosciuta. Ma tu rivelala ai fedeli cristiani e sappi che qualunque grazia mi chiederanno in virtù di questa piaga verrà loro concessa; ed a tutti quelli che per amore di essa mi onoreranno con tre Pater, tre Ave e tre Gloria al giorno perdonerò i peccati veniali e non ricorderò più i mortali e non moriranno di morte improvvisa ed in punto di morte saranno visitati dalla Beata Vergine e conseguiranno la grazia e la misericordia”.

Preghiera alla Sacra spalla

Dilettissimo Signore Gesù Cristo,
mansuetissimo Agnello di Dio,
io povero peccatore, adoro e venero
la Vostra Santissima Piaga
che riceveste sulla Spalla nel portare
la pesantissima Croce del Calvario,
nella quale restarono scoperte tre Sacralissime Ossa,
tollerando in essa un immenso dolore;
Vi supplico, in virtù e per i meriti di detta Piaga,
di avere su di me misericordia
col perdonarmi tutti i miei peccati sia mortali che veniali,
ad assistermi nell’ora della morte
e di condurmi nel vostro regno beato.

Pater, Ave, Gloria (tre volte)

Anonimo ha detto...


http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2014/04/17/news/in-quel-lenzuolo-le-torture-e-una-straordinaria-energia-1.9064062

Silente ha detto...

Per Franco: non nego affatto la profondità della filosofia hegeliana. Ma profondità e complessità non determinano, necessariamente, verità. L'idealismo hegeliano e post-hegeliano ha rappresentato, dopo il nominalismo, dopo Cartesio, dopo l'illuminismo, dopo Kant, il penultimo assalto alla filosofia dell'Essere parmenidea, platonica, aristotelica e tomistica. L'ultimo è rappresentato dalle filosofie decostruzioniste e nichiliste dell'ultimo secolo. Et de hoc satis, perché l'argomento meriterebbe ben altro spazio e, mi riferisco a me stesso, ben altri relatori, che comunque, nel secolo trascorso, non sono mancati, quali, appunto, Cornelio Fabro o Réginald Garrigou-Lagrange, ad esempio.
La sua affermazione "nella prima metà del Novecento la gioventù studiosa italiana si è abbeverata prevalentemente a Croce e Gentile e non a qualche filosofo cattolico" è vera solo in parte. Certamente ci fu una predominanza, soprattutto accademica, dell'idealismo, ma sia pure senza nomi eclatanti (ma nomi come Manacorda o Gemelli dicono nulla?) la cultura cattolica non fu assente dal dibattito culturale.
Poi, nella seconda parte del secolo, autori come Sciacca, Bontadini, Vanni Rovighi, Del Noce sono stati forse ininfluenti nel dibattito filosofico?

Ultimo appunto su Giovanni Gentile. Il suo attualismo è discutibile alla luce della filosofia perenne, ma rimane il fatto che si dichiarò sempre cristiano e cattolico.
E, mi si consenta un finale volutamente provocatorio e polemico, il suo martirio per mano comunista lo ha emendato da ogni eventuale colpa intellettuale.

Franco ha detto...

@ Silente. Le controrispondo non per ripicca ( spero ) ma perché la questione è troppo importante per l'analisi della situazione ecclesiale. Interventi come il suo presuppongono l'idea che a un certo punto, con la Modernità, ci sia stata una strana perversione filosofica in direzione del "mobilismo". che poi è andata allargandosi con esiti disastrosi anche in teologia. Personalmente credo che in antico ci siano sempre state filosofie del mobilismo ( con valenza naturaistica o psicologica Eraclito, Montaigne... ) che però hanno potuto uscire da circoli ristretti e dalle rimuginazioni in foro interiore perchè effettivamente la società moderna si è messa in movimento con il decollo straordinariamente rapido della tecnoscienza. Il 1783 è l'anno del trionfo della Rivoluzione Americana, laicista e deistico-massonica e anche quello della prima ascesa del pallone aerostatico, che rompe il "tabù" del cielo riservato alla divinità. In quegli anni si impongono macchina a vapore ed "elettricismo" e si avvia la Rivoluzione Industriale. Fenomeno più OGGETTIVO di così... Oggi la campagna volta "liquefazione" della famiglia tradizionale sono concomitanti ai successi tangibili della manipolazione genetica.
Lei e le persone come lei oppongono la filosofia dell'Essere e la Legge Naturale. Ottima cosa; però la invito a indicarmi i pensatori cattolici o tradizionalisti che sono riusciti a mettere a punto elaborazioni concettuali tali da battere in breccia quanti negano l'esistenza di una Legge Naturale ( e sono la stragrande maggioranza, anzi la quasi totalità ) fornendo argomenti spendibili con successo sui mass media.
Manacorda? A chi si riferisce? A uno storico? A un germanista? All'Università Cattolica nessuno mi ha indicato un grande teoreta con questo cognome. Gemelli? Bontadini? Chi li legge? Il "martirio" di Gentile durò i pochi secondi di una sparatoria, molto più lungo fu quella degli Ebrei che la RSI, a cui G. volle o dovette servire, consegnò ai Nazisti. Lo dico da lettore di Giampaolo Pansa. Gentile cattolico?
Rispettoso postcattolico, direi piuttosto.
Cornelio Fabro fu un grande metafisico, ne convengo:; ma come biologo, che cosa oppose al dilagare dell'Evoluzionismo darwinista, che i laicisti considerano come il loro più importante, anzi invincibile cavallo di battaglia, tanto da organizzare ogni anno il "Darwin Day"?

Silente ha detto...

Mah, cosa vuole che le dica, caro Franco. Non conosce Manacorda? Dice che Padre Gemelli, fondatore della sua (e mia) Alma Mater è un signor nessuno? Mi spiace, ma è un problema suo. Tralascio il resto, perché - ma è un limite mio - non ho ben capito il suo discorso sul "mobilismo".
Ma non può minimizzare il Martirio (senza virgolette, per favore) di Giovanni Gentile, assassinato nel '44 a Firenze da un commando partigiano comunista. Giovanni Gentile che fu fautore della pacificazione e della riconciliazione tra Italiani, nel bel mezzo della guerra civile. Giovanni Gentile, che sempre, lo ribadisco, si proclamò cristiano e cattolico. Giovanni Gentile che, da ministro dell'Educazione, riportò il Crocifisso e l'ora di religione nelle aule scolastiche. E, caro Franco, il suo tirare in ballo gli ebrei è ricattatorio, scorretto, strumentale e falsificante. Giovanni Gentile protesse studiosi ebrei, gli diede incarichi e salario (all'Enciclopedia Treccani, alla Normale di Pisa), anche rischiando di persona.
Abbia più rispetto per l'ultimo, grande, vero filosofo italiano.
Si legga, ma so che non lo farà, l'antologia di Gentile recentemente curata da Marcello Veneziani Pensare l'Italia, edita da Le Lettere. Si può dissentire sull'attualismo di Gentile, ma non negarne la grandezza come filosofo, educatore, riformatore. Anche un tradizionalista "storico", come Piero Vassallo, ha avuto parole di ammirazione e di stima per Gentile.
Et de hoc satis, perché mi sembra una vacua perdita di tempo polemizzare con chi vuole immiserire e irridere chi è stato grande nel pensiero, nell'azione e nell'esempio civico. E infierire miserabilmente sui vinti (ma sono veramente "vinti"?) prima assassinati e poi condannati alla damnatio memoriae dalla violenza resistenzialista-antifascista.

Due note ha detto...

Solo qualche nota di chiarezza:

Il cattolicesimo dichiarato di Gentile va compreso nel contesto del sistema attualista. Gabellare Gentile per un pensatore cattolico è una mossa forse generosa, ma non conforme alla realtà dell'orizzonte teoretico gentiliano, che non fu mai riconosciuto come espressione, quanto si voglia eccentrica, dell'ortodossia cristiana né dalla Chiesa di ieri né da quella di oggi.

Gentile, che di allievi straordinari ne ebbe molti (Spirito e Carlini, tanto per citare due pensatori di grande qualità, e poi Lombardo Radice, Allmayer, Saitta, Guzzo, ma l'elenco sarebbe, che include la crème dell'intellighenzia di alto profilo dell'Italia protonovecentesca, sarebbe lunghissimo), fu indiscutibilmente più influente di qualsiasi tomista o neotomista italiano della stessa generazione (contro costoro polemizzò aspramente, difendendo il Maestro, Ugo Spirito: leggasi "L'idealismo italiano e i suoi critici").

Gustavo Bontadini fu, lui sì, filosofo eccellente e influente. Ma fu "neotomidys" in senso molto lato, essendo il suo un pensiero di estrazione gentiliana (leggansi, p. es. gli ottimi studi gentiliani di Antimo Negri).
Sofia Vanni Rovighi fu un'ottima storica della filosofia e un'efficace sintetizzatrice della metafisica tomista, oltre che una buona uditrice e, nei fatti, divulgatrice di Heidegger. Padre Gemelli invece fu filosoficamente marginale.

Quanto all'idealismo nel suo complesso, da Fichte a Gentile, da Schelling a Bradley, se si fosse trattato di bagatella o di fumisteria, la teoresi tomista avrebbe trovato il modo di liquidarlo agevolmente, mentre così non è affatto stato.

E infine, sostenere che il pensiero hegeliano sia una ricusazione dell'ontologia classica, di Parmenide, di Platone, è una pura e semplice bêtise.

Franco ha detto...

Silente. Le ho detto espressamente che sono un lettore di Gianpaolo Pansa ( "Il sangue dei vinti" e gli altri testi a seguire ), un mio caro zio è stato ufficiale nella RSI... e ho altri motivi di famiglia ancor più gravi per non essere uno che coltiva acriticamente la mitizzazione della Resistenza. Gentile a suo tempo ebbe parole di lode per il rigore e la precisione con cui nella "Pascendi" erano individuate le caratteristiche del Modernismo. ma in base a motivi estranei a quelli che si potrebbero pensare. Per lui i Modernisti volevano tenere i piedi in due scarpe; invece bisognava scegliere: o restare nella piena ortodossia del Cattolicesimo tradizionale, oppure volgersi ad altri lidi, ovvero all'Idealismo. In data 22 giugno 1934 l'Opera Omnia di Gentile venne inserita nell'Indice dei libri proibiti. Condanna che il filosofo accolse con "indifferenza" e il suo entourage con "sorriso e gaiezza". Notizia tratta da Guido Verucci
"Idealisti all'Indice. Croce, Gentile e la condanna del Sant'Uffizio" Laterza 2006 pagg. 193-194 e segg.. Se non ho capito male, per G. la religione si basava sull'"immagine" ( quindi andava bene per i bambini delle elementari e gli indotti ), mentre la teoresi si basava sul concetto, ponendosi su un gradino più alto, quello diciamo dei "pensatori maturi".
Non nego affatto la grandezza filosofica di Gentile, riconosciuta da Augusto Del Noce, e nemmeno la sua attività di aiuto di singoli perseguitati; però è un fatto che rimase il nume della cultura italiana ufficiale anche dopo le leggi razziali del 1938, che ruppero in molti la simpatia incondizionata per il Fascismo.
Non conosco il Manacorda a cui si riferisce perchè alla Cattolica nessuno me ne ha mai parlato, come nessuno mi ha parlato di padre Gemelli, e nemmeno del culto del Sacro Cuore o della Regalità di Cristo. Triste ma vero. Questo non significa negare la sua grandezza di organizzatore e di studioso; però di fatto negli ultimi anni di lui si è parlato solo per il suo scontro con Padre Pio. Bontadini è considerato un grande pensatore ( di gran lunga superiore a Maritain ) dal suo allievo "parmenideo" Emanuele Severino, notissimo filosofo allontanato dalla Cattolica ( con sua leale accettazione ) per incompatibilità con il dogma cattolico.
Non voglio irridere nè immiserire nessuno; semplicemente penso che non si possa pre4sentare Hegel come una macchietta ( "fumisterie" ) e che occorra distinguere tra tradizionalismo religioso e tradizionalismo politico, che non coincidono.
Sul mobilismo: al dogma darwinista, presupposto inderogabile della lotta contro la Legge Naturale, ha reagito per primo il prof. Giuseppe Sermonti nel 1980 con il libro "Dopo Darwin", non Cornelio Fabro, pur con i suoi interessi per la biologia.

Silente ha detto...

Per "Due note". Mai gabellato Gentile per un "pensatore cattolico". Ho solo detto che lui si definì "cristiano e cattolico" più di una volta. E, da Ministro, tale si comportò. Se abbiamo i crocefissi in classe e l'ora di religione (ma tralasciamo la qualità dei docenti e della docenza attuale) lo dobbiamo a lui. Mi è, ovviamente, ben nota l'impossibilità di una conciliazione tra il suo pensiero e quello della filosofia tomista e la conseguente condanna della Chiesa, anche se forse Piero Vassallo, che stimo, avrebbe qualcosa da obiettare. Ma non era questo l'oggetto della discussione, quanto piuttosto la grandezza, umana, civile e politica, di Gentile, su cui non transigo. E glielo dice uno che ha passato i sui vent'anni a battagliare, da "evoliano" contro i "gentiliani" avendo letto di Gentile, al massimo, "Genesi e struttura della società". Futilità giovanili, forse non inutili, ma comunque generose.
Sul resto del suo intervento, in parte d'accordo e in parte no. No soprattutto laddove lei nega che l'"ontologia" idealista (uso le virgolette perché parlare - e so di essere paradossale e provocatorio - di "ontologia" in casa di Hegel è un'impossibilità teoretica ed una bizzarria semantica)ricusi quella parmenidea-platonica.
Comunque grazie per il suo intervento, che eleva il tono della discussione. Sapere che, nel deserto attuale, esiste ancora qualche hegeliano, genera in me sentimenti di tenerezza.

Franco ha detto...

Silente. Mi sfugge come la propensione per le idee di Evola, esoterista, aristocratico ghibellino e "razzista spirituale" possa conciliarsi con il Cristianesimo, soprattutto con il "Discorso della Montagna".

Due note ha detto...

Anche Biancho o Mancuso si definiscono cristiani e cattolici, ma...

Due note ha detto...

Sulla straordinaria statura dell'uomo e del pensatore Giovanni Gentile solo le menti malevole possono dissentire. Gentile non fu un pensatore cattolico, ma ebbe per il cattolicesimo il massimo riguardo, e nella sua pedagogia sostenne la necessità di educare cattolicamente i fanciulli (evidente che nel suo sistema dialettico il momento logico della religione doveva essere contemplato, e per lui la massima espressione della religione era appunto il cattolicesimo).

L'affermazione che in Hegel non vi sia né vi possa essere ontologia nasce da una errata comprensione (cioè dall'incomprensione) del pensiero hegeliano. E' sufficiente leggere le prime battute della "Scienza della logica" per avvedersi che in Hegel l'essere ha un ruolo centrale. Al punto che il filosofo si impegna sin da subito a chiarirne la natura (quella di essere determinato). L'affermazione che in Hegel non vi sia ontologia ha lo stesso valore dell'affermazione secondo cui la dialettica hegeliana cancellerebbe il principio di non contraddizione. Sono luoghi comuni che costano senz'altro meno fatica di un'attenta lettura dei capolavori hegeliani, ma che con la verità della filosofia di Hegel non hanno nulla a che vedere.

Non vado oltre, perché non è questa la sede in cui trattare partitamente temi tanto complessi.

P.S. Studiare, conoscere e preferibilmente capire Hegel non significa essere hegeliani. Così come scrivere bestialità sul pensiero di Hegel senza averne adeguata conoscenza e comprensione non significa essere antihegeliani (ma solo impreparati).

Due note ha detto...

Ma non solo con il discorso della Montagna. Il rapporto di Evola con la dottrina cattolica e con la concretezza della vita cristiana è più o meno quello che hanno le fragole con lo Champagne. Chi ha nozioni e palato per intendere intenda.