Cosa pensare della medicina contemporanea?
Prima parte:
Il divenire della Medicina
La semplice esperienza storica testimonia che così è e sempre sarà, fino a quando la natura e l’uomo conserveranno le caratteristiche essenziali che ci sono note.
Non è quindi il cambiamento di per sé che meraviglia o crea disagio o addirittura mette in allarme, è piuttosto la repentinità di una trasformazione inattesa che determina stupore e provoca conflittualità, non solo teorica, la cui risoluzione a volte non è semplice.
Emblematica è la trasformazione della medicina quale si è determinata negli ultimi decenni. Trasformazione di una tale profondità da imporci di riconsiderarne senza indugio l’essenza.
Il problema di definire l’essenza della medicina contemporanea non riguarda solo coloro che ne svolgono per così dire l’esercizio professionale, ma coinvolge fondamentalmente tutta la società umana, per la semplice ragione che della medicina l’uomo stesso ne costituisce il principio ed il fine, in quanto artefice ed oggetto dell’arte del curare.
Si sa che l’autorevole ruolo sociale attribuito al medico è durato fino a quando la medicina è stata creduta universalmente un’arte divina.
Fin dalle origini non è mai mancata al medico la pubblica considerazione della sacralità del suo ufficio.
Le conoscenze e l’arte necessarie alla cura dell’uomo erano ritenute di provenienza divina.
Il considerare la medicina come una rivelazione divina comportava che il malato avesse del medico una sacra riverenza pari a quella che un fedele riserva al sacerdote, per cui si affidava alle sue cure implorando l’intervento divino che guidasse l’arte medica a sua beneficio.
Una tale credenza religiosa creava in sostanza un profondo e genuino rapporto di “fiducia” fra il medico (sacerdote) ed il paziente (fedele).
Se l’arte del medico guariva l’ammalato, questi rendeva grazia al dio che aveva esaudito le sue preghiere, mentre nel caso di una mancata guarigione se ne implorava la misericordia per il perdono dei peccati ritenendo che la malattia fosse la giusta punizione divina per la loro espiazione.
Il medico che si prendeva cura di un malato era consapevole che per ripristinare la salute del corpo doveva necessariamente anche curare il suo animo, ragione per cui l’arte medica presupponeva non solo conoscenze scientifiche, ma anche conoscenze psicologiche.
Questo modo di considerare l’ammalato come fondamentalmente un tutt’uno di corpo e psiche definiva la caratteristica principale della medicina cosiddetta olistica, che il medico esercitava quindi secondo scienza e coscienza.
Seppure la medicina delle origini ebbe una forte natura sacrale, non si deve credere che l’arte del guarire fosse in assoluto sottratta alla guida della ragione e fosse quindi pesantemente condizionata da oscure superstizioni magiche.
La ricerca delle cause dei fenomeni, connaturata alla natura razionale dell’uomo, ha permesso una progressione costante delle conoscenze che nel tempo hanno dato una spiegazione a molti dei perché della medicina, permettendole di connotarsi sempre più come arte scientifica.
Le sorprendenti scoperte che l’ingegno umano veniva accumulando e le mirabili applicazioni tecniche che modificavano in profondità le condizioni di vita dell’uomo, ebbero la conseguenza di ridurre sempre più la componente sacrale della medicina.
Il medico si veniva lentamente trasformando in medico-filosofo che si applicava metodicamente alla ricerca scientifica e perciò non riteneva più necessario invocare per la sua opera guaritrice l’aiuto divino.
In virtù dei brillanti successi ottenuti dal progresso scientifico, si verificò quindi il graduale passaggio dalla medicina con caratteristiche magico-religiose, che non escludeva l’intervento divino, alla medicina scientifico-materialista che rivolgeva le proprie cure al corpo inteso oramai come un meccanismo esclusivamente materiale che rispondeva nel suo funzionamento alle leggi naturali, che la pura scienza era in grado di indagare e scoprire.
In definitiva, all’arte medica esercitata secondo scienza e coscienza sull’uomo considerato nella sua inscindibile unità di corpo-anima, si sostituì la tecno-medicina, la quale in verità otteneva risultati più sicuri e prevedibili.
Una medicina di tal genere necessitava di un medico capace di operare tecnicamente, ragion per cui venne formandosi il tecnoiatra, nei confronti del quale progressivamente il malato rivolse la sua piena ed incondizionata fiducia, facendo continuamente esperienza degli strabilianti risultati che egli otteneva.
L’infallibilità della tecnica divenne in breve una certezza e la sua dimostrata potenza di azione sulla natura non lasciò spazio alcuno all’intervento del divino negli accadimenti del mondo.
L’assioma condiviso era che la natura fosse composta solo da materia soggetta e regolata da leggi naturali, per cui, essendo nella capacità conoscitiva dell’intelletto umano il loro svelamento, l’uomo avesse il potere di intervenire per modificarla a suo piacimento con il solo aiuto della tecnica.
Ora, essendo anche il corpo composto da materia, l’uomo poteva ottenere la guarigione delle malattie operando tecnicamente sulla sua composizione.
La fede nella tecnica, rendendo il medico sempre meno artista e sempre più tecnoiatra, comportò anche la conseguenza che egli divenne personalmente responsabile di ogni fallimento del suo operato. Infatti, essendo la tecnica infallibile per definizione, non si poteva attribuire ad essa la responsabilità della mancata guarigione. Quindi, se un malato non guariva, o se la malattia evolveva diversamente da come ci si aspettava, la colpa era necessariamente attribuita al medico, in quanto che non era stato capace di utilizzare correttamente le risorse tecniche a sua disposizione.
Sulla base di queste considerazioni, possiamo comprendere come il rapporto fra il medico ed il paziente, non più riconducibile a quello esistente primitivamente fra il sacerdote ed il fedele, né a quello improntato su una condotta paternalistica, si sia perciò trasformato in quello odierno di “prestatore d’opera-cliente”, rapporto questo che ha le caratteristiche proprie di un contratto legale che obbliga il tecnoiatra a fornire un buon risultato clinico avendone in cambio una parcella.
Questa puntualizzazione in senso contrattualistico del rapporto medico-paziente esclude categoricamente ogni considerazione di tipo religioso, spirituale ed etica, la qualcosa rende impossibile l’instaurarsi non solo di una relazione em-patica, ma anche di un semplice rapporto umano fondato sulla compassione, intesa questa nel senso letterale di com-patire.
Anzi, si può constatare come alla compassione si stia sostituendo l’a-patia, che trova un corrispettivo nella reale freddezza del rapporto fra medico e paziente che viene costantemente mediato da strumenti e macchine.
Il contatto personale fra il medico ed il paziente sta per diventare un ricordo del passato. Difficilmente lo sguardo del medico cerca quello del paziente-cliente, giacchè la nuova natura del loro rapporto non prevede che si crei alcuna sim-patia, la quale anzi è volontariamente esclusa da entrambe le parti.
Proprio perché manca un vero rapporto di fiducia fra persone che “compartecipano” alla cura, essendo semplicemente richiesta la messa in atto di una prestazione tecnica, di cui si attende un risultato ben definito, è ovvio che il tecnoiatra metta in conto anche la più che probabile evenienza che il cliente insoddisfatto lo ritenga colpevole di un qualche danno, per il riconoscimento del quale non si farà scrupoli a rivolgersi immediatamente alla magistratura.
La caratteristica fondamentale dell’essere umano è che “naturalmente” egli tende alla solidarietà e alla compassione verso il suo simile e di più verso l’uomo che soffre. La scienza e la tecnica, grandiose realizzazioni umane, potranno essere di beneficio all’umanità solo a condizione che la solidarietà fra gli uomini non venga mai meno.
Seconda parte:
La Hybris tecnologica
Riassumiamo a questo punto le precedenti considerazioni.
Lo sviluppo scientifico e tecnico hanno condizionato la medicina moderna al punto che il medico del nostro tempo è diventato sostanzialmente un tecnico. Dalla medicina tecnico-scientifica il paziente-cliente si attende sempre un successo. Dalla fede nella potenza della scienza e della tecnica è nata, diventando poi sempre più smisurata, la presunzione dell’uomo che vuole farsi creatore divino. Ma in questa follia l’umanità rischia veramente di perdersi. Ecco le domande dalle quali nasce la presunzione demiurgica attuale: “se l’organismo umano è noto alla scienza nel suo più intimo dettaglio, se la tecnica crea sempre più efficaci strumenti per intervenire su di esso allo scopo di mantenerlo in perfetto funzionamento, perché non mirare alla conservazione del nostro corpo nelle migliori condizioni di salute per un tempo illimitato? Perché, in altre parole, non realizzare qui sulla terra qualsiasi desiderio, come quello di creare addirittura un nuovo essere umano come, quando e dove si desidera, a prescindere dalle naturali condizioni procreative?".
Ma come si può presumere che il nostro corpo “naturale” , per quanto sia un meraviglioso meccanismo biologico possa sfuggire al corso naturale di tutte le cose che proprio per loro natura sono soggette a nascita, sviluppo, decadenza e morte?
Ci si vuole forse illudere che l’uomo, avendo sviluppato già oggi una tecnologia potentissima, abbia un domani la capacità tecnica di modificare anche la propria natura corporea?
Certo che oggi la presunzione sconfinata di poter vincere con la tecnologia qualsiasi sfida ha infuso nella mente dei tecnoiatri contemporanei un turbinoso delirio di potenza. Avendo rilevato quali e quanti successi siano stati ottenuti finora dalla tecnica, soprattutto nella ricerca genetica, costoro confidano oramai ciecamente nella capacità della tecnica di dominare i processi della nascita, dell’invecchiamento e della morte.
Questo delirio dell’uomo contemporaneo viene rinforzato di continuo dalla tecnica stessa, che per l’esplicazione della sua potenza pretende però di essere libera da condizionamenti di qualsiasi genere, siano essi religiosi, etici o politici.
Ma se lo sviluppo della tecnica, ed in particolare quella bio-medica, non è controllabile dall’uomo, come si può prevedere un sicuro beneficio per l’umanità senza conoscere né stabilire il fine o lo scopo della tecnica stessa?
Come si fa ad escludere una catastrofe in questa totale incertezza del vero fine della tecnica?
La natura sembra oggi soccombere sotto la potenza della tecnica, la quale non si limita più ad utilizzarne le risorse, ma tende a trasformarla anche radicalmente senza alcun timore di una sua irreparabile distruzione. Ma sarà sempre così? Noi oggi assistiamo allo svolgersi incondizionato della "potenza creativa" della tecnica, che intende vincere la sfida suprema: cioè quella di creare la vita. Allora sì che l’uomo tecnologico potrà ritenersi il dio dell’universo!
Possiamo sperare in un risveglio dalla ubriacatura tecnologica? Potranno la religione e l'etica frenare questa presunzione della tecnica che tutto vuole dominare? Sarà la politica capace di dare giusti e naturali scopi all'agire della tecnica, obbligandola a rinunciare alle realizzazioni extra-naturali? Si potrà evitare che i novelli Prometei si isolino nei fortini scientifico-tecnologici, sfuggendo al controllo pubblico, per condurre le loro ricerche nella più assoluta libertà da condizionamenti etici?
E’ da ritenersi definitivamente tramontata la medicina che si propone di curare l’uomo considerato nella sua interezza di corpo ed anima? Riuscirà il medico d’oggi a riappropriarsi delle antiche categorie della medicina esercitata secondo “scienza” e “coscienza” ? Saprà in tutta coscienza rispondersi quando si pone le domande fondamentali : “chi sono io in questo contesto tecno-scientifico? ”, “cosa è mio dovere fare? ” , “come posso farlo al meglio nel rispetto della mia coscienza? ”.
In sostanza, si riuscirà a far convivere la scienza e l’etica? Sarà possibile cioè alla medicina moderna trovare il giusto equilibrio fra le esigenze della ricerca tecno-scientifica ed il rispetto dei principi etici naturali?
La ragione che si applica alla conoscenza della verità utilizzando il metodo scientifico saprà accettare il contributo della fede quando sulla verità sembra calare un impenetrabile velo di mistero?
Nonostante che queste domande siano complesse ed apparentemente senza una possibile risposta condivisa, ci si rende conto che esse vanno, comunque, portate pacatamente all’attenzione di tutti perché siano continuamente discusse nella speranza che ogni riflessione da qualsiasi parte venga arrechi uno spiraglio di soluzione.
Dal momento che fra i tanti problemi esaminati, il rapporto medico-paziente è quello sul quale si può agire ora e subito, credo che ci si debba impegnare a ristabilire nel proprio ambiente di lavoro un contesto più umano, alla realizzazione del quale è fondamentale il considerare l’incontro fra il medico e l’ammalato come un originario incontro fra persone di pari dignità, che si considerino reciprocamente coinvolte in una umanissima esperienza esistenziale quale è quella della malattia che comporta sofferenza, dolore, paura ed angoscia.
Il medico deve sentirsi portato empaticamente a prendersi cura amorevole del suo paziente, al quale cercherà di restituire il ben-essere psico-fisico, applicando al suo caso, “con scienza e coscienza”, tutte le conoscenze tecno-scientifiche in suo possesso, senza mai dimenticare però che davanti al suo sguardo c’è una persona sofferente che cerca oltretutto e forse soprattutto anche l’amore fraterno.
Solo se si intende il “bene” in questa accezione, il medico potrà sentirsi soddisfatto e gratificato della sua missione ogni qualvolta grazie alle sue cure amorevoli il paziente potrà dirgli di “sentirsi bene”.
Alfonso Aliberti
Medico
19 commenti:
https://www.youtube.com/watch?v=uSVnC5nuxC4
Leggete il Capitolo XXXVIII del Libro dell'Ecclesiastico. Nelle Bibbie più recenti, tale libro è indicato con il nome ebraico di "QOELET".
In tutte le società tradizionali era così. Nell’antica Cina c’era la figura del medico-filosofo. Pianificava la vita. Gli si sottoponevano i progetti ed egli li esaminava circa quale reputava, secondo scienza e coscienza i più adatti, avendo come scopo la salute psico-fisica. Era tenuto a stipendio. Se, nonostante si fossero seguiti i consigli ci si ammalava, lo stipendio veniva sospeso, fino a guarigione ottenuta. Se non erano stati seguiti, lo si pagava anche durante la malattia.
Personalmente non sono in ginocchio davanti alla tecno-medicina.Anzi. Tempo fa parlando di Santa Ildegarda mettevo in evidenza che nella medicina bisogna sì migliorare ma, senza abbandonare il sapere, la saggezza degli antichi;che è un po' anche il discorso che si fa qui tra novatori-distruttori e tradizionalisti che amano andare avanti senza lasciar distruggere il tesoro dalle orde incalzanti;che è il discorso che mi spinge a far sì che mio nipote faccia i conti con la sua testa e non con la calcolatrice fin dove è possibile.Non solo bisogna riappropriarsi della vita che non è un meccanismo nè un composto chimico. La vita è fatta di tanto e di niente, è forse tipo la manna a cui tanti si sono sforzati di dare un nome scientifico ma, essendo tutte ipotesi di meccanici, tutti sanno che c'è e nessuno sa che cosa sia. Riappropriarsi della vita significa anche ripulire non solo l'eco-sistema ma, ripulire l'ambiente spirituale dove vivono le anime; in un ambiente spirituale malato le anime si ammalano, quando le anime si ammalano i corpi si ammalano. E' una catena della malattia che colpisce spesso i più ingenui, sprovveduti o quelli ai quali è stato inculcata tutta la tiritera dei virus. Virus deresponsabilizzati per principio.Il medico burocrate si è spogliato di tutta la sua dignità e la sua conoscenza, anche lui ormai è convinto che la vita sia solo il meccanismo;purtroppo il medico non riesce più a leggere le forme corporee che dovrebbe risanare, non le vede più nella loro interezza di materia e spirito, non riconosce più nella materia i mali se non sono le macchine a rilevarle a lui.La tecnologia ha deprivato anche lui di molte sue qualità, capacità, di quel sapere dello sguardo intelligente che va oltre il velo della carne e riconosce di quali organi il male si sta impossessando.Il medico non indaga e nulla suggerisce al paziente di quello che può migliorare o peggiorare la sua condizione di vita. Questo non lo dice più nessuno. Certamente si parla di diete, di qualità della vita, senza sapere cosa sia la vita.E' come l'amore di cui tutti parlano e straparlano e quasi tutti scambiano per un prendere mentre è un dare. Ed è anche così per la qualità della vita,vista e proposta come un prendere: medicine, sangue, organi e del dare non si parla tanto.La scimmia però ha camuffato anche il dare in attivismo impegnato. Il dare virtuoso, nel silenzio intelligente, che agisce affinchè l'altro convertendosi guarisca, di questo nessuno parla.Medico e paziente devono, ognuno per suo conto,decidere da che parte stare se quella del puro meccanismo o quella della complessità della vita pura e semplice.
Solo qualche esempio di quel che hanno prodotto certi sedicenti progressi della medicina:
-nei laboratori tutti i giorni nelle provette viene creata la vita per poi congelarla o sopprimerla se o quando non conviene, non è perfetta, è di troppo, ecc.,
-sempre "grazie" a quegli apprendisti stregoni che giocano con la vita una ""coppia"" sterile per natura può procurarsi l`oggetto del loro desiderio, un bimbo,
- "grazie" ai sedicenti progressi della medicina un uomo e una donna possono cambiar sesso, un uomo può credere di essere diventato una donna anche se nella realtà diventa DIPENDENTE A VITA degli ormoni, dunque dell`industria farmaceutica, perchè uomo è nato e uomo resterà fino alla fine, idem per la donna,
- mentre sto scrivendo la nonna di una mia consocenza è spinta verso la morte con un apporto massiccio di morfina, si aspetta che il cuore finirà per cedere, si chiama eutanasia attiva ed è praticata ogni giorno, anche laddove non è legale,
-in Francia un medico, membro della Commissione etica è favorevole all`eutanasia, calpesta il "primo non nocere", lo fa mettendoci la faccia altri lo fanno nel segreto,
- potrei parlare anche della decisione di fare della "morte" cerebrale il criterio per dire che una persona è morta, sapere perchè, per chi, e quando quel criterio è stato introdotto dovrebbe bastare per suscitare dibattiti e dubbi, invece è diventata la norma aprendo la porta anche ad abusi e pressioni sulle famiglie,
e tutti invocano la libertà, la dignità, i diritti.
Ma che vuol dire "creare la vita"? Nessuna medicina riesce a "creare la vita" in laboratorio, qualsiasi cosa vogliano far credere i Media.
Il "creata la vita" di Luisa si riferisce evidentemente alla fecondazione in vitro. E' comunque qualcosa di artificiale reso possibile dalle tecniche sempre più sofisticate.
Ciò non toglie che ci sia una parte della scienza che ancora non si arrende nella ricerca di riprodurre (mi esprimo in termini sommari) quel quid che, secondo alcune teorie, avrebbe provocato l'innesto dei processi vitali evolutivi e replicativi a partire da cosiddetto "brodo primordiale". Oppure a porre in essere manipolazioni genetiche strumentali o anche la clonazione ed altro ancora...
Ma ci sono dei limiti che la coscienza retta vede e intuisce. Un conto è conoscere per curare, un altro conto per manipolare e violentare la natura, che si avverte come profanazione. Non perché la natura sia sacra, ma perché ci si sostituisce al Creatore.
Il discorso è complesso e andrebbe sviluppato e contiene anche le motivazioni profonde per cui nessuna persona può essere considerata un oggetto o un mezzo per soddisfare desideri trasformati arbitrariamente in diritti.
Sul sito centrosangiorgio.com, don Pasqualino Fusco, parla dei pericoli della medicina alternativa, derivata per lo più dalla medicina tradizionale cinese, che pare sia oggi molto diffusa e crei seri problemi, tanto che molti pazienti devono ricorrere anche all'esorcista.
Al pari quindi di una visione "tecnologica" della medicina, c'è anche l'altra faccia della stessa medaglia, la medicina "magica".
Riporto solo queste osservazioni, tratte dal sito citato, sui pericoli dell'agopuntura:" Vale la pena riflettere anche un poco sui problemi che potrebbero derivare dall'agopuntura agli ignari «pazienti». Nello stesso testo del Monti troviamo descritti i possibili pericoli che l'agopuntura racchiude in sé: «A questo proposito è opportuno sottolineare che non è assolutamente vera l'affermazione secondo cui l'agopuntura se non fà bene, non fà neanche male. Non si deve dimenticare che essa si basa sulla manifestazione dell'energia umana; l'errore può portare alla malattia, fisica o psichica, alla morte anticipata»
Insomma, ogni paziente deve stare bene attento perché rischia addirittura «la malattia fisica o psichica, la morte anticipata»! Chi si sente veramente di far dipendere il proprio equilibrio psichico, la propria salute o perfino l'accorciamento della propria vita dalle punte di alcuni aghi cinesi? Tutto questo - anche se è stato scritto per dimostrare la grande potenza dell'agopuntura - avvicina questa tecnica più al mondo oscuro della magia che a quello delle terapie mediche. Il Dr. Mezzetti, nel suo ottimo libro, scrive: «Tralascio di parlare di altre cose ancora meno serie, quali l'iridologia, la riflessologia plantare, il reiki, l'aromaterapia, i cristalli, la piramide, ecc... Se due delle più usate terapie alternative pongono tanti interrogativi, quanti ne porrebbero gli altri»?
Non siamo forse ancora al punto che l'uomo non crede più in Dio, ma solo nelle sue capacità, al più facendo ricorso ad altri uomini, medici che diventano guaritori dotati di super poteri?
Non creano nulla, riescono solo a manipolare l'esistente, la "vita" che gia' esiste. Il "brodo primordiale", che viene contrabbandato dai Media come una verita' scientifica, e' solo un'ipotesi, come il big bang. Ci vorrebbe un "governo forte" che proibisse tutte queste ricerche della pseudo-scienza (pseudo, perche' non cerca di capire per inserirsi nella natura ma per dominarla in modo sempre piu' arbitrario), chiudesse tutti questi laboratori ed anzi li distruggesse, distruggesse tutto, dalle macchine alle provette, tutto il circo equestre infame (tanto per fare un esempio) che ruota e si ingrassa attorno alle ripugnanti "fecondazioni assistite", di qualunque tipo, mandando poi il personale cosi' liberatosi a lavorare nei campi, a raccogliere pomodori al posto degli extracomunitari (e costringendo alla fine le donne a fare le donne, cioe' a metter al mondo figli secondo natura comanda). POLITICO
Sul sito centrosangiorgio.com, don Pasqualino Fusco, parla dei pericoli della medicina alternativa, derivata per lo più dalla medicina tradizionale cinese, che pare sia oggi molto diffusa e crei seri problemi, tanto che molti pazienti devono ricorrere anche all'esorcista.
Per quanto ne so io dell'agopuntura, non penso rientri nel novero delle pratiche più o meno magiche, dalle quali ovviamente tenersi lontani, ma abbia anche connotati scientifici.
Salvo dovermi ricredere per notizie diverse da chi ne sa più di me, direi di stare attenti a non demonizzare certe cose solo perché non le conosciamo.
Deduco dalla frase citata "Non si deve dimenticare che essa si basa sulla manifestazione dell'energia umana; l'errore può portare alla malattia, fisica o psichica, alla morte anticipata", che essa si rischiosa, se praticata con improvvisazione che può determinare "errori" in un campo così delicato e complesso.
"Ma che vuol dire "creare la vita"? Nessuna medicina riesce a "creare la vita" in laboratorio, qualsiasi cosa vogliano far credere i Media. "
Se scrivo
-nei laboratori tutti i giorni nelle provette vengono creati-fabbricati-ottenuti embrioni per poi congelarli o sopprimerli se o quando non convengono, non sono perfetti, sono di troppo, ecc.,
va bene all`anonimo?
Anonimo che avrebbe anche corretto ad es. Benedetto XVI quando difendeva la vita dal "suo primo sorgere al suo termine naturale","sin dal primo istante del suo concepimento ..."“, quando domandava il "rispetto della vita in tutte le sue fasi, dal concepimento ...", ecc. ecc.
Purtroppo quei sedicenti progressi della medicina permettono "il concepimento" in provetta, non contenti di aver separato procreazione e atto sessuale con la contraccezione hanno varcato un altro limite permettendo il concepimento fuori dal corpo, senza rapporto sessuale, concepimento "asessuato"... meravigliose conquiste della ricerca medica.
Ma gli scienziati, in laboratorio, creano gli embrioni dal nulla? O non manipolano l'embrione gia' esistente? In questo senso, appunto, il Papa ricordava giustamente che la vita va difesa sin dal concepimento. E'il verbo "creare" riferito all'attivita' degli scienziati, che non va bene.
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2015/05/pierfrancesco-nardini-adozione-non.html
ann Daurgelés ha detto...
Dichiarazione dei diritti dell'essere umano nascituro
(dall'opuscolo francese "Respect de la vie" del maggio 1993)
Scrive il dottor Yann Daurgelés: "Qualunque sia il nome che si dà all'essere
nuovamente costituito: ovulo fecondato, prodotto di concepimento, zigote,
blastocista, morula,
gastrula, blastula, embrione, feto, bisogna affermare che è un essere umano
a tutti
gli effetti, un piccolo uomo. Così che tutte le manipolazioni che può subire
devono essere considerate come inflitte ad un uomo, peggio ancora, ad un
bimbo senza difese, che non ha neppure la possibilità di gridare"
La FIVET (fecondazione in vitro ed embryo transfert) è un problema che
trascende, supera e eleva all'infinita potenza le immoralità connesse all'
aborto.
1) La vita umana inizia al momento dell'incontro dei gameti e termina con la
morte naturale. Trattandosi di *eventi particolarissimi*, la scienza e'
IMPOTENTE nello stabilirli. Si deve limitare a prendere atto a posteriori
del loro essere successi. In tutto l'intervallo di tempo compreso tra tali
eventi, ovvero tra l'incontro dei gameti e la morte naturale, l'essere umano
possiede sempre la stessa dignità.
2) L'essere umano ha l'inalienabile diritto ad essere concepito da un padre
ed una madre uniti nei legami stabili di un matrimonio legittimo.
3) L'essere umano ha l'inalienabile diritto ad essere concepito da un atto
coniugale naturale, realizzato in cooperazione simultanea ed immediata da
entrambi i genitori.
4) L'essere umano ha diritto ad essere concepito nel ventre materno.
5) L'essere umano ha l'inalienabile diritto, dall'attimo del concepimento
fino alla nascita, a non essere estratto dal grembo materno dove è fissato
naturalmente, fatte salve situazioni eccezionali gravissime e, comunque
sempre ed unicamente finalizzate alla protezione della sua vita (morte
traumatica della madre, in periodo gestazionale tale da poterne ipotizzare
la sopravvivenza- vi sono stati casi anche di feti di età gestazionale
inferiore ai cinque mesi che sono
sopravvissuti-).
6) L'essere umano ha diritto ad essere esente fino alla nascita (ed anche
dopo) da ogni manipolazione, "in vivo e/o in vitro" e comunque da ogni
intervento medico non espressamente finalizzato alla sua personale salute.
9 maggio 2015 08:30
"Ma gli scienziati, in laboratorio, creano gli embrioni dal nulla? O non manipolano l'embrione gia' esistente? "
No, l`embrione non esiste prima del "concepimento", della fecondazione artificiale in vitro, è evidente (!) che gli embrioni non son creati dal nulla, prima esistono i gameti maschile e femminile, insomma mi sembra chiaro, o no?
La FIVET (fecondazione in vitro ed embryo transfert) è un problema che trascende, supera e eleva all'infinita potenza le immoralità connesse all'aborto.
Su questo non ci piove.
Ovviamente vale per la fecondazione artificiale scelta sia dalle coppie maschio-femmina che dalle 'paia' innaturali "omo", sterili di per sé (il che poi porta con sé anche i problemi di una educazione e di uno sviluppo psicologico privi di figure di riferimento non sostituibili). Non cambia la sostanza il fatto che possano darsi carenze psicologiche anche nelle figure parentali secondo natura. In questo caso abbiamo un'eccezione colmabile dall'ambiente e da altri fattori; nell'altro caso, invece, il problema è già presente in partenza, senza trascurare il fatto che viene intaccata la struttura stessa della società, con conseguenze inimmaginabili a lungo termine.
Come poter pensare che la fecondazione in vitro non manchi di qualcosa e non sia la brutale violazione di una legge naturale rispetto alla fecondazione che ha luogo dall’unione carnale (che non è solo carnale ma molto di più) tra i due genitori, che è talmente intima e profonda, da costituire di per sé una saldezza, una forza, che non può non influire a monte sulla strutturazione psico-fisico-spirituale del nascituro?
E come considerare generativo colui o colei che per la metà donativa che gli spetta, non prende parte alla formazione dell'essere che nascerà da quel connubio freddo e asettico? A maggior ragione se il corredo fecondativo appartiene ad un terzo che viene chiamato a invadere il compito se non addirittura lo status di genitore/genitrice?
Ribadisco, poi, quanto già detto sopra. Il discorso è complesso e andrebbe sviluppato e contiene anche le motivazioni profonde per cui nessuna persona può essere considerata un oggetto o un mezzo per soddisfare desideri trasformati arbitrariamente in diritti.
Ovuli da ovociti ricavati da feto abortito ed utero sintetico... l'inferno sulla terra!
Ma possiamo forzare nostro Signore Dio ad insufflare l'anima nel materiale prodotto nelle nostre provette?
Ed un uomo clonato, ha l'anima?
Non so dare la risposta a questa domanda che credo ormai non sia più classificabile come ipotesi di scuola.
https://books.google.it/books?id=kRPqZh6t0cUC&pg=PA99&lpg=PA99&dq=ovociti+prelevati+feto+abortito&source=bl&ots=06wXhVeHc7&sig=RmnY-BtAe-nF4Y9hAdPoUyKwLHo&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwi-n-jO7LbLAhXpv3IKHUndBRwQ6AEIOzAF#v=onepage&q=ovociti%20prelevati%20feto%20abortito&f=false
http://terrarealtime.blogspot.it/2015/02/l-utero-artificiale-e-nato.html
Questo, davvero, non è il NOSTRO mondo!
Se non c'è Verità, quella grande Cristo e quella piccola il libero impegno consapevole e costante di ognuno verso di Essa, verso se stessi, verso il prossimo e verso il Creato, non c'è Via e tanto meno Vita.
.... La vita, tutta la vita, non solo l’attività meccanica degli arti, ma la stessa sorgente fisiologica dell’attività, si distacca dall’anima, e diventa merce da baratto; è il destino di Mida, dalle mani fatate, simbolo del capitalismo moderno. (Gramsci)
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