Chissà se è per timore dei cardinali Brandmüller, Müller e Burke oppure per non dare ragione al vescovo Athanasius Schneider [vedi rispettivi interventi: Indice degli articoli sul Sinodo per l'Amazzonia] che il Vaticano ha ritenuto prudente evitare la presenza della statua della Pachamama nella Messa di chiusura dell’Assemblea speciale del Sinodo per la Regione Panamazzonica. Chissà se è per lo stesso motivo che gli scandalosi riferimenti panteistici dell‘Instrumentum laboris, con le loro lodi alle religioni pagane come strumenti alternativi di salvezza, sono stati diplomaticamente limati nel Documento finale.
Tuttavia, uno dei proiettili della vera e propria bomba a grappolo di fabbricazione tedesca che è stato il recente Sinodo ha portato, nel Documento Finale, una carica esplosiva maggiore di quella dei suoi documenti preparatori. Mi riferisco all’ambita rivoluzione ecclesiologica, corrispondente ai sogni dorati di Leonardo Boff ed espressi nel suo libro “Ecclesiogenesi: le comunità di base reinventano la Chiesa”[1].
Nel Capitolo V del Documento Finale del Sinodo, “Nuovi cammini di Conversione Sinodale”, si dice che “questo Sinodo ci offre l’occasione di riflettere su come strutturare le chiese locali in ogni regione e paese” (n ° 91) , poiché “la sinodalità è una dimensione costitutiva della Chiesa” (n ° 88), che “caratterizza la Chiesa del Vaticano II, intesa come Popolo di Dio, nell’uguaglianza e nella comune dignità di fronte alla diversità dei ministeri, carismi e servizi” (N ° 87). Per “superare il clericalismo” (n ° 88), la sinodalità impone uno stile di comunione ecclesiale “caratterizza(to) per il rispetto della dignità e dell’uguaglianza di tutti i battezzati e le battezzate, la complementarità dei carismi e dei ministeri” ( N. 91).
Riconoscendo che “le forme organizzative per l’esercizio della sinodalità possono essere diverse”, il documento insiste sul fatto che devono stabilire una sincronia tra la comunione e la partecipazione, tra la corresponsabilità e la ministerialità di tutti, prestando particolare attenzione all’effettiva partecipazione dei laici (n° 92). Oltre ad “assemblee e consigli pastorali in tutti i settori ecclesiali”, esistono già “gruppi di coordinamento” e “ministeri affidati ai laici”, ed è necessario “rafforzare ed espandere gli spazi per la partecipazione dei laici, sia nella consultazione che nella presa di decisioni, nella vita e nella missione della Chiesa” (n ° 94). Con la sola riserva che “si conferiscano ministeri a uomini e donne in modo equo” (n ° 95).
Le misure pratiche per attuare tale espansione sono di vasta portata.
Una di queste consiste nell’affidare “l’esercizio della cura pastorale” delle comunità in cui non esiste un sacerdote residente a “a una persona non investita del carattere sacerdotale, che sia membro della comunità stessa”. Per evitare “personalismi” deve essere “un incarico a rotazione”, che non impedisce che venga raccomandato al vescovo di istituirlo “con un mandato ufficiale attraverso un atto rituale”. Per salvare le apparenze, si più avanti si dice “resterà sempre il sacerdote, con la potestà e la facoltà di parroco, a essere il responsabile della comunità” (n ° 96).
Visto che “la madre terra ha un volto femminile”, e che le donne devono poter «contribuire con la loro sensibilità alla sinodalità ecclesiale» (n. 101), un’altra misura, ancor più rivoluzionaria, richiesta è la creazione di un “ministero istituito di donne dirigenti di comunità” e la possibilità di “ricevere i ministeri del lettorato e dell’accolitato, tra gli altri che possono essere svolti» (n. 102). Quest’ultimo a titolo provvisorio, giacché si chiede pure di continuare a studiare la possibilità di un diaconato femminile (n. 103).
Infine, in nome della diversità delle discipline nella Chiesa, si propone di “ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti della comunità…potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile”, per “la predicazione della Parola e la celebrazione dei sacramenti” (n ° 111).
Quest’ultimo suggerimento coincide con il sacerdozio low cost e limitato a una comunità proposta dal vescovo emerito di Aliwal (Sudafrica), mons. Fritz Löbinger. Ma tutte le proposte precedenti si adattano come un anello al dito all’ecclesiologia dell’ex frate liberazionista Leonardo Boff. È quanto vedremo di seguito.
Si noti che, nel Documento finale, c’è un silenzio assoluto sulla differenza ontologica esistente tra il sacerdozio ministeriale dei clerici ordinati e il sacerdozio universale dei fedeli e, ancor più, sul fatto che il primo deriva, mediante l’imposizione delle mani, dal sacerdozio di Cristo, a Cui chi lo riceve rimane ontologicamente configurato. Al contrario, si insiste su “una Chiesa che è tutta ministeriale” (n ° 93), sulla “diversità dei ministeri, carismi e servizi” (n ° 87), sulla “ministerialità di tutti” (n ° 92), sulla necessaria “complementarità dei carismi e dei ministeri” (n ° 91) e sulla necessità di “superare il clericalismo” (n ° 90).
Questa concezione “sinodale” della Chiesa del Documento Finale coincide, in sostanza, con la “reinvenzione della Chiesa” dalle sue basi agognata da Leonardo Boff. Per l’ex frate sanzionato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, la prassi delle Comunità Ecclesiali di Base (CEB) ha superato una Chiesa pensata “secondo l’asse Cristo-Chiesa, all’interno di una visione giuridica”, secondo cui “Cristo trasmette tutto il potere ai Dodici e questi ai loro successori”, dividendo la comunità “tra governanti e governati, celebranti e assistenti, produttori e consumatori di sacramenti”[2]. Al contrario, le CEB sottolineano la realtà fondamentale: “la presenza attiva del Risorto e del suo Spirito all’interno dell’intera comunità umana”. Il che porta a “concepire la Chiesa più dalla base che dal vertice; è accettare la corresponsabilità di tutti nell’edificazione della Chiesa e non solo di alcuni appartenenti all’istituzione clericale”[3]. Pertanto, all’interno delle CEB, “prevale la circolazione dei ruoli di coordinamento e animazione, essendo il potere in funzione della comunità e non di una persona; ciò che viene respinto non è il potere stesso, ma il suo monopolio, che implica l’espropriazione a beneficio di una élite”[4]. Il risultato è che “l’intera comunità è ministeriale, non solo alcuni membri”[5]. Rappresentate graficamente, si ottengono le seguenti immagini dell’ecclesiologia tradizionale (a sinistra) e dell’ecclesiologia delle CEB (a destra):
In questi grafici schematici Boff vuole indicare che nella sua concezione della Chiesa “la realtà Popolo di Dio emerge come l’istanza prima mentre l’organizzazione come la seconda. Il potere di Cristo (exousia) non risiede solo in alcuni membri bensì nella totalità del Popolo di Dio”. Questo potere “si diversifica a seconda delle funzioni specifiche ma non esclude nessuno”, giacché “il dato dominante è la fondamentale uguaglianza di tutti” e solo in un secondo momento “emergono differenze e gerarchie”[6]. Sorge, ad esempio, “un carisma specifico con la funzione di essere il principio di unità fra tutti i carismi”, però “è un carisma che non sta fuori, bensì dentro la comunità, non sopra la comunità, ma per il bene della comunità”[7]. Rappresentato graficamente, risulta il seguente schema, con cui viene evidenziato il fatto che “tutti i servizi sorgono dentro la comunità e per la comunità”[8].
Come noto, nello scambio di corrispondenza fra il teologo brasiliano della liberazione e la Congregazione per la Dottrina della Fede, l’allora prefetto cardinale Ratzinger lo accusò di proporre “nuovi modelli di Chiesa in cui il potere sia concepito senza privilegi teologici, come mero servizio articolato secondo le necessità del popolo, della comunità”, mentre “la dottrina tradizionale della Chiesa al riguardo, chiaramente confermata anche dal Concilio Vaticano II, suppone, fra le altre cose, due verità fondamentali: 1) la costituzione della Chiesa è gerarchica per istituzione divina; 2) esiste nella Chiesa un ministero gerarchico legato specialmente ed esclusivamente al sacramento dell’Ordine”[9].
Già in precedenza, e a proposito di un piano pastorale dell’arcidiocesi di Kinshasa che istituì i cosiddetti bakambi, ovvero laici responsabili dell’esercizio della cura pastorale di una comunità, sotto la responsabilità teorica di un sacerdote con la funzione di parroco (un qualcosa di più moderato di quanto proposto dal Documento Finale del Sinodo, poiché a Kinshasa si trattava di un incarico permanente e riservato agli uomini, mentre secondo la proposta sinodale si tratterebbe di un ministero rotativo e aperto equitativamente alle donne), in un’udienza a un gruppo di vescovi zairesi in visita ad limina, papa Giovanni Paolo II dichiarò:
“Bisogna scartare vigorosamente l’idea che di fronte al ministeri e ai sacramenti, tutti i membri delle comunità cristiane abbiano le medesime responsabilità e gli stessi problemi. Dall’epoca apostolica, la Chiesa appare strutturata; accanto ai fedeli, vi sono gli ‘apostoli’, i ‘viri apostolici’, con i loro successori i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi. (…) Se determinati modi di comprendere il ‘sensus fidelium’ ricordato dal Concilio Vaticano II sono stati abusivi, è successo così anche per il sacerdozio comune dei fedeli. (…) Ben presto alcuni teologi hanno preteso di ‘rimodellare’ i ministeri. Ma, chi non lo vede? Un ministro designato dalla comunità, o come talvolta si dice dalla ‘base’, non può essere il legittimo collaboratore dei Vescovi e dei sacerdoti. Non si ricollega alla venerabile tradizione apostolica che da noi ai Dodici poi al Signore caratterizza la persistenza storica dell’imposizione delle mani per la comunicazione dello Spirito di Cristo”[10].
Alcuni anni più tardi, l’Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti, firmata dai cardinali responsabili di otto dicasteri romani, ribadì l’insegnamento tradizionale secondo cui “l’esercizio da parte del ministro ordinato del munus docendi, sanctificandi et regendi costituisce la sostanza del ministero pastorale” e che “non è il compito a costituire il ministero, bensì l’ordinazione sacramentale” [11]. E, nelle sue disposizioni pratiche, dispose che “non è lecito, pertanto, che i fedeli non ordinati assumano, per esempio, la denominazione di ‘pastore’, di ‘cappellano’, di ‘coordinatore’, ‘moderatore’ o altre denominazioni che potrebbero, comunque, confondere il loro ruolo con quello del pastore, che è unicamente il Vescovo e il presbitero”[12].
L’immersione del sacerdozio nel mare dei “ministeri” laicali e la parallela declericalizzazione dei ministri ordinati a causa dell’elevazione all’ordine sacerdotale di uomini sposati che esercitano una professione, proposte dal Sinodo, rappresentano un passo avanti colossale per demolire la struttura gerarchica della Chiesa.
In definitiva, la “sinodalità” che propone il Documento Finale può avere come fondamento teologico solo la dottrina formulata dal cosiddetto “Conciliabolo di Pistoia” e condannata come eretica da Pio VI. In particolare, la tesi secondo cui Gesù Cristo non ha trasmesso il suo triplice potere sacerdotale, magisteriale e pastorale direttamente agli Apostoli ma all’insieme della Chiesa e che, pertanto, è nel seno delle comunità che sorgono i carismi e i ministeri dei quali esse hanno bisogno ed è da queste quindi che i ministri ricevono il potere per esercitarli[13]. O altrimenti la versione aggiornata dell’ ex-francescano condannato dalla Santa Sede.
Poiché ci troviamo nel pontificato delle riabilitazioni, forse Papa Francesco, in un prossimo concistoro, potrebbe ricompensare Leonardo Boff con la porpora cardinalizia.
José Antonio Ureta
José Antonio Ureta
Fonte: Edward Pentin, 30-10-19 by Pan-Amazon Synod Watch
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[1] Versione in spagnolo della Editrice Sal Terrae, Santander, 1984.
[2] P. 38.
[3] P. 39.
[4] P. 65.
[5] P. 66.
[6] P. 40-41.
[7] P. 43.
[8] P. 44.
[9] Cfr. L. Boff, Igreja: carisma e poder, Editora Ática, São Paulo, edizione del 1994 che include i documenti della polemico con il Vaticano, pp. 274-275.
[10] https://bit.ly/2q1WfRo
[11] N° 2, https://bit.ly/2JA2nqX
[12] Art. 1 § 3.
[13] La tesi di Pistoia venne condannata da Papa Pio VI con la bolla Auctorem Fidei, con queste parole: “La proposizione la quale stabilisce che ‘la potestà fu data da Dio alla Chiesa per comunicarsi ai Pastori, che sono i suoi ministri per la salute delle anime’; così intesa, che dalla Comunità dei fedeli derivi nei pastori la potestà del ministero e del governo ecclesiastico, è eretica” (cf. Denz./Hün. 2602).
José Antonio Ureta
Nato in Cile, è membro fondatore della "Fundación Roma", una delle più influenti organizzazioni cilene pro-vita e pro-famiglia. Ha lavorato sin da giovanissimo nelle file della TFP (Tradizione, Famiglia e Proprietà) del suo paese e in seguito si è dedicato a diffonderne gli ideali e a formare gruppi TFP in tutto il mondo. Oggi è ricercatore e membro della Società Francese per la difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà. Studioso e docente, è conosciuto a livello internazionale nel mondo cattolico conservatore. Collaboratore della rivista Catolicismo e dell'Istituto Plinio Corrêa de Oliveira di San Paolo, Brasile, è autore del libro Il "cambio di paradigma" di Papa Francesco: continuità o rottura nella missione della Chiesa? Bilancio quinquennale del suo pontificato.
38 commenti:
Buongiorno, concetti più che condivisibili quelli del sig. Ureta, ma con una necessaria precisazione: uno è prete per che cosa o, meglio, per chi?
Nostro Signore ha costituito il sacerdozio sacramentale non per gratificare le ambizioni personali, ma per la santificazione e la salvezza del popolo di Dio. I dodici e i settantadue e poi quelli nominati dagli Apostoli e poi tutti gli altri dopo di loro fino all'ultimo parroco sono qui per annunciare la buona novella, trasmettere la grazia sacramentale e salvare più anime possibili.
Ricordiamo che il prete non può offrire il sacrificio eucaristico da solo, se non in casi eccezionali, ci deve essere il popolo, magari in rappresentanza.
Quindi i presbiteri non sono una casta distinta dal resto della Chiesa; nella tradizione latina abbiamo sicuramente perso un po questa sensibilità e abbiamo più che gerarchizzato, burocratizzato l'essere prete, indebolendo fino a perdere il legame colla missione (essenziale) del prete.
Nella rotazione del potere, argomento già presente in altri ambiti ed in altri contesti, quello che viene a mancare è la continuità. NON si capisce che qui invece dei sinodi, dei conciliaboli bisogna essere certi della "Vocazione e della Preparazione" dei sacerdoti. Il resto, onanismo mentale.
La chiesa ricominci dal 'conosci te stesso'
dal 'Io sono il Signore Dio tuo'
da ' A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più' (Luca 12, 48)
E poi con queste ciance...basta!
Scrive donMazzi che "nei quattro Vangeli il mondo è cambiato partendo da Nazareth. Nel Vangelo di Francesco potrebbe partire partendo dall’Amazzonia ".
https://www.marcotosatti.com/2019/11/06/pezzo-grosso-aiuto-salviamo-il-soldato-don-mazzi/
Ave Maria
Ave, Maria, grátia plena,
Dóminus tecum.
Benedícta tu in muliéribus,
et benedíctus fructus ventris tui, Iesus.
Sancta María, Mater Dei,
ora pro nobis peccatóribus,
nunc et in hora mortis nostrae.
Amen.
Ave Maria
Ave, Maria, piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo *seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte.
Amen.
* del tuo grembo / del tuo ventre
Quando ho scritto Una storia della Chiesa questo problema me lo sono posto: perché grandi santi hanno distrutto gli idoli pagani? La risposta me l’ha data Agostino: perché gli idoli non sono innocui. Perché dietro ogni idolo c’è satana. C’è il demonio che vuole schiavizzare le persone costringendole all’adorazione di divinità irrazionali e mostruose che, non di rado, richiedono riti violenti e perversi.
https://www.aldomariavalli.it/2019/11/06/contro-storia-angela-pellicciari-il-mio-elogio-della-spagna-cattolica-per-giustizia-e-riconoscenza/
https://www.radiospada.org/2019/11/e-peccato-non-andare-al-novus-ordo-missae/ ?!?
"Il prete non può offrire il sacrificio euc. da solo, se non in casi eccezionali.."
Ma chi l'ha detto? Si tratta della vera dottrina della Chiesa sul punto?
A me non sembra. La presenza del popolo dei fedeli non è condizione di
validità del Sacrificio della Messa. O no?
O.
La "differenza ontologica" tra il sacerdozio dei sacerdoti e quello (ministeriale, c.d.) dei fedeli, comincia ad oscurarsi già in certi testi del Vaticano II.
Il sacerdote celebra la Messa, effettua la Consacrazione, assolve dai peccati.
Queste cose il fedele laico non le può fare. La differenza è abissale, invalicabile.
Ontologica appunto cioè di natura, riguardando l'essere stesso della cosa,
nella sua essenza.
Il "sacerdozio" dei fedeli è simbolico. Come precisò Pio XII,
i fedeli concelebrano nella Messa solo "in voto", solo partecipando
spiritualmente. E'impossibile che possano "celebrare" la Messa in
senso concreto, sullo stesso piano del prete officiante.
E questo perché la Messa non è la celebrazione della Risurrezione di Cristo
ma il Rinnovamento incruento del SAcrificio del Calvario, un atto
straordinario, che si ripete miracolosamente ad ogni Messa,
s o l o ad opera delle mani della persona consacrata nel Sacramento dell'Ordine.
Ricordiamo che il prete non può offrire il sacrificio eucaristico da solo, se non in casi eccezionali, ci deve essere il popolo, magari in rappresentanza.
??? Che purtroppo questo sia creduto e normato oggi è vero, ma il Sacrificio ha valore in sé, non richiede certo la presenza de popolo. Come minimo la frase citata richiede una contestualizzazione. Come minimo.
Ricordiamo che il prete non può offrire il sacrificio eucaristico da solo, se non in casi eccezionali, ci deve essere il popolo, magari in rappresentanza.
Una delle tante baggianate conciliari determinate dall'innovazione che è l'assemblea che celebra e il sacerdote presiede... mentre il celebrante è il sacerdote in persona Christi cui si unisce l'assemblea.
Articolo che coglie alcuni aspetti interessanti (al netto di alcune semplificazioni):
"La fine dell’assolutismo papale del resto era cominciato con le dimissioni di Benedetto XVI il quale, rinunciando clamorosamente al papato (all’inizio del 2013), aveva infine “umanizzato” l’ufficio petrino, desacralizzando il corpo e l’immagine del pontefice; tutto il resto è una conseguenza. Ci si potrà legittimamente domandare: è stata proprio la figura di riferimento del conservatorismo cattolico ad accendere la miccia del cambiamento nella chiesa? In parte è proprio così."
https://www.internazionale.it/opinione/francesco-peloso/2019/11/04/chiesa-dissenso
"Ricordiamo che il prete non può offrire il sacrificio eucaristico da solo, se non in casi eccezionali, ci deve essere il popolo, magari in rappresentanza"
A livello normativo questo è vero: il prete non può celebrare da solo ma necessità di almeno un uomo (o in casi eccezionali una donna, ma in tal caso fuori dal Santuario) che gli risponda (o meglio, così è stato fino a Pio XII, che ha malauguratamente abolito questa rubrica). Ciò sussisteva per ragioni simboliche (la liturgia è celebrata dal clero per il popolo, non dal popolo per se stesso come dicono i novatori) e pratiche (in caso di decesso del celebrante occorreva consumare le specie, vd De Defectibus), e inficiava chiaramente non la validità ma la liceità della celebrazione.
Ricordiamo che il prete non può offrire il sacrificio eucaristico da solo, se non in casi eccezionali, ci deve essere il popolo, magari in rappresentanza.
??? Che purtroppo questo sia creduto e normato oggi è vero, ma il Sacrificio ha valore in sé, non richiede certo la presenza de popolo. Come minimo la frase citata richiede una contestualizzazione. Come minimo.
Ovviamente il Sacrificio ha valore in se e la presenza del popolo non gli aggiunge o toglie niente, ma Cristo sulla croce non è morto per se stesso, ma è morto per la salvezza del mondo e per riconciliare gli uomini al Padre. Quindi tranne che si tratti di Certosini, Camaldolesi o eremiti, è bene che una comunità sia presente al Sacrificio eucaristico, bene per la comunità non per la validità o valore del Sacrificio. Il sacerdote non è un demiurgo onnipotente, geloso ed avaro di un dono terribile, ma qualcuno che ha ricevuto la missione di offrire il sacrificio pro vivis ac defunctis.
"Il Documento Finale del Sinodo - Alterare i modelli culturali e le credenze religiose"
https://apostatisidiventa.blogspot.com/2019/11/alterare-i-modelli-culturali-e-le.html
Credo che sia inutile continuare a tirare in ballo la celebrazione con o senza comunità. Ovvio che nessun sacerdote scelga di celebrare da solo per principio o per abitudine ma che dipenda dalle circostanze...
Trovo inquietante la qualifica di "donne dirigenti di comunità"che sembra fatta apposta per solleticare la vanità di una certa fauna femminile che si aggira in tutte le parrocchie. Con il pretesto di aiutare, comandano. Amiche del parroco, o del vucepartico, poco amiche fra di loro. E fra poco, dirigenti.
Ho letto la pagina di radiospada segnalata dall'anonimo 10.02 e mi ha messo in crisi.
Se tengo presente il punto 1) dei principi da seguire per regolarsi se andare/non andare:
1) chi ha coscienza certa ed informata che il nuovo rito della Messa non è più cattolico, ma protestantizzato e che per ciò stesso costituisce un pericolo di affievolimento o di perdita della fede, ha il dovere di frequentare, anche se con sacrificio, i centri di Messa tradizionale e, nell’impossibilità, ha in ogni caso il dovere di santificare la festa in quei modi che abbiamo indicato al lettore che ci interrogava sull’ argomento; ecc....
.......................
io devo dire che questa consapevolezza ormai l'ho raggiunta, insieme con i miei famigliari. Allora che faccio? rinuncio e rimango a casa, con i miei ? non essendo di giovane età e osservando il processo acceleerato di devastazione liturgica in atto, che si compirà a breve con l'abolizione del Santo SAcrificio, prevedo che per il resto della mia vita non avrò più nè la Messa nè i SAcramenti, non avendo alcuna possibilità di frequentare la Messa Tridentina come vorrei. Di fronte a una decisione di questo genere, la tranquillità di coscienza però non arriva..... a chi chiedo consiglio, dato che qui da noi il problema non sfiora neppure la mente di NESSUNO, nè tra il clero nè tra i laici delle parrocchie ?
Certo, ha ragione il lettore sotto che allibito rileva: "Potreste forse mangiare un cibo avvelenato solo perchè avete fame?" beh.....io non so proprio che fare !
La questione sta nel ragionare se il cibo è veramente avvelenato. Lo è certamente in un certo numero di chiese NO e lo sarà sempre di più. Ma non lo è in tutte e, nell'impossibilità di trovare un VO, io cercherei quelle. Bisogna stare molto attenti a non cadere da un eccesso all'altro. Quanto all'abolizione del Santo Sacrificio, se siamo in quel capitolo dell'Apocalisse prima o poi succederà. Ma non è il caso di angosciarsi prima che succeda: Cristo ha detto: “Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.“. Qualora il sacrificio venisse abolito per qualche tempo, al momento opportuno la sua Grazia ci indicherà la via da seguire.
Esattamente la mia posizione, Fabrizio.
@ anonimo 6 novembre 2019 19:20
"beh.....io non so proprio che fare !"
Un consiglio spassionato che mi sento di darle è anzitutto di non dare ascolto a quelli che la invitano alla moderazione.
Qui ciò che serve è piuttosto la determinazione!
Sicuro che non ci siano Messe tridentine dalle sue parti? Dove si trova?
Come dice bene l'articolo, il problema non sta nel modo con cui qua e là viene celebrato il Novus Ordo, ma sta nel Novus Ordo stesso.
La nostra difficoltà sta nel fatto che, essendo abituati da sempre ad andarci, il rinunciarvi comporta come una specie di lutto che occorre elaborare in modo intelligente: rimanere a secco di colpo potrebbe procurare delle crisi di scoraggiamento e di dubbio che poi però non possono essere gestite per il fatto di sentirsi soli senza alcun sostegno.
Allora il primo passo che le direi di compiere è quello di affiancare, accanto alla sua consuetudine del Novus Ordo, due impegni suppletivi:
1)
- acquistare un messalino tradizionale (nuovo, oppure trovato in qualche soffitta o in qualche mercatino dell'usato),
- in alternativa scaricare ogni volta il proprium missae da "Una Vox":
http://www.unavox.it/Strumenti/Sussidii/Proprio_pdf.htm
- andare come al solito Novus Ordo ma equipaggiato di questi strumenti e seguire la Messa rigorosamente solo su questi.
2)
- oltre alla solita Messa Novus in chiesa, impegnarsi regolarmente a seguire in modo concentrato e raccolto anche una Messa Tridentina in streaming
https://www.youtube.com/channel/UC-2rfS6vNWzKMYrfb4t2d5Q/live
Se vuole mi scriva qui:
https://tradizionecattolicaticino.wordpress.com/contact/
Francamente - pur consapevole, e soffrendone, della diminutio del NO - non mi assumerei la responsabilità di indurre qualcuno a condividere mie scelte rinunciando all'incontro col Signore sacramentato, nella festa comandata, che è comunque possibile se si conoscono i sacerdoti. È questa la scelta che inficavamo io e Fabrizio. Ovvio che acquistare dimestichezza col messale e dunque con la formula antica del Rito aiuta a nutrire la retta fede.
Ogni domenica, ora che non ho più il mio VO, nella comune celebrazione parrocchiale con santi sacerdoti mi chiedo: ma se qui il Signore si fa presente come vittima sull'Altare e dunque il suo Sacrificio si riattualizza, come posso pensare che la sua Grazia non operi, nonostante tutto, in tutti quei fedeli che si sono lì radunati con cuore sincero, molti dei quali non hanno idea di quello che noi soffriamo e denunciamo da tempo?
Il Sacrificio perfetto è sempre quello del Figlio e non il nostro.
"Francamente - pur consapevole, e soffrendone, della diminutio del NO - non mi assumerei la responsabilità di indurre qualcuno a condividere mie scelte rinunciando all'incontro col Signore sacramentato, nella festa comandata, che è comunque possibile se si conoscono i sacerdoti."
Non mi risulta che nell'articolo si svii dal precetto festivo e che si induca a disertare la Messa. Tutt'altro!
Vi si afferma che, per coloro che diventano consapevoli del problema, si pone l'imperativo di optare, con sacrificio supplementare, per la Messa Tradizionale, tenuto conto che la domenica è appunto il giorno (dies Domini) per principio da offrire al Signore, al quale, invece di dedicare gli usuali 3/4 d'ora della Messa in parrocchia con trasferta di pochi minuti, occorrerà sacrificare magari mezza giornata o perfino una giornata intera andata e ritorno compresi, con fatica fisica ed economica supplementari, p.es. per il costo della benzina, dei mezzi pubblici, o se necessario del taxi; oppure una fatica organizzativa nel concordare un passaggio in auto con fedeli conoscenti disponibili e con cui insieme si può vivere questo dono settimanale al Signore (il quale sempre si offre per noi in modo perfetto e totale, a cui noi aggiungiamo il limitato nostro sacrificio) soluzione che poi si rivela pure un valore aggiunto in quanto a dimensione comunitaria e di gratificante amicizia nel Signore.
"Ogni domenica, ora che non ho più il mio VO, nella comune celebrazione parrocchiale con santi sacerdoti mi chiedo: ma se qui il Signore si fa presente come vittima sull'Altare e dunque il suo Sacrificio si riattualizza, come posso pensare che la sua Grazia non operi, nonostante tutto, in tutti quei fedeli che si sono lì radunati con cuore sincero, molti dei quali non hanno idea di quello che noi soffriamo e denunciamo da tempo?
Il Sacrificio perfetto è sempre quello del Figlio e non il nostro."
Il problema non è degli altri, che sono inconsapevoli e trascinati dalle abitudini, ma appunto di coloro che sono addivenuti ad una consapevolezza. Quel che riguarda noi non necessariamente tocca altri, e viceversa, nella certezza che il Signore opera in modo consono ed appropriato ad ogni singola persona.
D'altra parte la mentalità moderna, senza che ce ne accorgiamo ci influenza in una concezione soggettivistica del tipo "siccome io nel N.O. ricevo comunque la Grazia del Sacramento, ciò mi può bastare". E questa concezione, dal nostro ambito personale poi la estendiamo anche agli altri, facendola diventare regola di comportamento logica e universalmente accettabile (o viceversa).
Una concezione oggettivante invece parte dalla verità conosciuta ed accettata che viene poi declinata nel reale della vita concreta secondo modalità realizzabili intelligenti e confacenti.
A questo proposito occorre considerare la distinzione fondamentale e imprescindibile tra validità e liceità, molto ben spiegata nell'articolo.
In certi casi andare ad un VO non è questione di sacrificio o dedicare una giornata, è proprio impossibile. Semmai a questo punto bisognerebbe dire: fedeli, iniziate a cercare persone nel vostro circondario che la pensano come voi, costituite un gruppo e iniziate a tampinare il vescovo. Questo è certamente sempre possibile farlo.
Copio ed incollo da YouTube:
Trasmesso dal vivo in streaming il 27 ott 2019
Con questa pagina, il Priorato Madonna di Loreto propone, per chi è legittimamente impedito, di seguire in diretta la Santa Messa domenicale delle ore 10.30.
Ricordiamo che il 1° precetto della Chiesa, che obbliga di assistere alla Santa Messa la domenica e le feste di Precetto, richiede una presenza fisica. Chi guarda la Messa in televisione o su internet non adempie in sé a questo precetto. Ma chi non può assistere alla Santa Messa per una ragione grave (malattia, distanza troppo grande...) può recitare la corona del S. Rosario, leggere i testi della Messa o anche unirsi in preghiera ad una S. Messa che si guarda su internet. L'essenziale è dedicare un tempo della domenica o della festa al Signore.
L'assistenza alla nuova messa costituisce un pericolo oggettivo per la fede perché "si allontana in maniera impressionante dalla teologia della messa definita dal Concilio di Trento" (Card. Bacci ed Ottaviani, Lettera di introduzione al Breve esame critico del Novus Ordo Missae).
Categoria
Istruzione
Anche laddove è letteralmente impossibile, in attesa di soluzioni migliori, si può sempre applicare gli accorgimenti sopradescritti (7 novembre 2019 08:58).
Nella stragrande maggioranza dei casi invece è possibile con sacrifici più o meno grandi, e chissà quanti probabilmente potrebbero darsi una mossa ma rimangono ancora impantanati!
Perciò:
pieno di benzina...
e a Messa Tridentina!
L'evento-Fatima ha segnato l'inizio di un cammino rinnovato per tutta la Chiesa: la Bianca Signora, venuta dal Cielo a parlarci attraverso i tre umili Pastorelli, ha ridetto al XX secolo e all'uomo di oggi la verità del Vangelo di sempre, ma con una particolarità, calandola nella storia. Gli eventi soprannaturali - riconosciuti tali dall'approvazione della Chiesa - hanno confermato i fatti storici e la storia è stata letta dalla Vergine stessa alla luce di Dio. Nel maggio 2010 il Santo Padre Benedetto XVI si recò a Fatima, allargando ulteriormente gli orizzonti spirituali del Messaggio di Fatima. Si opinava, infatti, che con la rivelazione della terza parte del Segreto - avvenuta nel 2000 - la profezia di Fatima fosse ormai conclusa. Il Santo Padre Benedetto XVI, invece, ha affermato che Fatima è un messaggio ancora aperto, una profezia che deve ancora realizzarsi completamente. La Madonna di Fatima chiede la consacrazione al suo Cuore Immacolato come rifugio per salvare noi e tutte le anime dalla morte eterna.
https://www.ibs.it/fatima-appello-al-cuore-della-libro-serafino-maria-lanzetta/e/9788898577095?utm_source=kelkoo.it&utm_medium=comparatore&utm_campaign=comparatore&lgw_code=1119-B9788898577095&from=kelkoo
Quante occasioni la Madre di Dio ci ha offerto e ci offre ! E sì che ha cominciato ad avvisarci da lontano , da molto tempo fa , perche' sa bene che il cuore dell'uomo e' duro a modificarsi , perche' il cuore dell'uomo e' tardo ; vuol sapere , vuol conoscere ,vuol vedere , vuol constatare : Siamo tutti ( o quasi ) Tommaso ! " Beati quelli che si sono fidati ed affidati "!
https://www.aldomariavalli.it/2019/11/07/la-madonnina-e-stata-liberata/
Caro Aldo , spero che qualcuno le riferisca questa mia : vorrei sapere in quale via si trova questa Madonnina perche' vorrei andare a trovarla e portarle dei lumini . Grazie .
"Semmai a questo punto bisognerebbe dire: fedeli, iniziate a cercare persone nel vostro circondario che la pensano come voi, costituite un gruppo e iniziate a tampinare il vescovo. Questo è certamente sempre possibile farlo."
Questi non sembrano tempi propizi per ottenere dai vescovi la magnanimità di una Messa di sempre in più. Semmai la toglieranno, come ha riportato Mic poco sopra con la sua diretta esperienza personale.
Questi non sembrano tempi propizi per ottenere dai vescovi la magnanimità di una Messa di sempre in più. Semmai la toglieranno, come ha riportato Mic poco sopra con la sua diretta esperienza personale.
Non importa: il dovere dei fedeli, se capiscono cosa sta succedendo, è chiederla, poi ci pensa la Provvidenza. Se dovessimo fare solo quello per cui questi tempi sono propizi, allora non resterebbe altro che suicidarsi.
Fabrizio, qui sopra si stava rispondendo ad una richiesta di una persona in difficoltà per andare alla Messa Tridentina. Occorreva aiutarla con idee realizzabili fin da subito, non forse realizzabili forse no, e con improbabili tempistiche.
Proposta pratica forse realizzabile
Andare una volta al mese circa (o anche qualcosa di più) ad una Messa Ordo Vetus
(riuscire ad andarci in modo da andarci una volta al mese, o un mese e mezzo,
o due mesi..).
Domenica senza Messa: lettura a casa del Vangelo del Giorno, recita di un
Rosario o di alcune decine (anche due o tre solamente), del Credo. Tutto
ciò per celebrare la festività.
Parallelo: l'esperienza dei credenti nell'Unone Sovietica di un tempo,
costretti a stare senza messa per anni interi. Esperienza raccontata da
Mons. Schneider, che l'ha vissuta con la sua famiglia, molto religiosa.
Facevano la Comunione spirituale.
Obiezione: ma in URSS le Messe proprio non c'erano e non c'erano i preti.
Vero. Qui da noi ci sono, però ci rendiamo conto che il rito non è buono
e rischia alla fine di farci perdere la fede. IN un certo senso, ancora
peggio che in Unione Sovietica o in Cina.
Però: non andare alla Messa e per settimane intere è comunque gravoso, per
un vero credente. Se non si riesce a sopportare il peso, convinti che
questa omissione del Novus Ordo faccia cadere in peccato, allora è meglio
(io credo) andare regolarmente alla Messa del Novus Ordo, contando sulla
saldezza del proprio discernimento, che consentirà a Dio piacendo di
partecipare sempre alla Messa con l'animo giusto.
Questa situazione non l'hanno creata i fedeli, è da ritenere che il giorno
del Giudizio il Signore riconoscerà le attenuanti del caso, sia a chi non
è andato sia a chi è andato, se fatte entrambe le cose (omissione ed azione)
con lo spirito giusto, interpretando cioè nel modo esatto lo stato di
necessità nel quale i pastori fedifraghi ci hanno posto.
T.
Occorreva aiutarla con idee realizzabili fin da subito, non forse realizzabili forse no, e con improbabili tempistiche.
Scusa, ma in più di una parabola Cristo ci ha detto di stare a pensare se le cose giuste sono realizzabili forse sì o forse no o con improbabili tempistiche, o di fare il primo passo e poi ci pensa la Provvidenza? Cosa dice la parabola del giudice ingiusto che alla fine fa giustizia alla vedova se non altro per la sua insistenza? Quanti santi avrebbero dovuto rinunciare in partenza a fare quello che hanno fatto, perché "oggettivamente" si erano proposti obiettivi irraggiungibili?
Oltretutto le due cose non sono in alternativa: non è che se uno si accorda con altri fedeli per tampinare il vescovo si preclude altre strade.
Mi sembra che stiamo sempre a lamentarci e appena si propone qualcosa c'è sempre un motivo per dire che quella cosa non si può fare.
Per i casi disperati, ancor meglio realizzabile è la seguente soluzione:
- andare come al solito Novus Ordo ma equipaggiati di messalino tridentino e seguire la Messa rigorosamente solo su questo.
- oltre alla solita Messa Novus in chiesa, impegnarsi regolarmente a seguire in modo concentrato e raccolto anche una Messa Tridentina in streaming a domicilio.
https://www.youtube.com/channel/UC-2rfS6vNWzKMYrfb4t2d5Q/live
"Mi sembra che stiamo sempre a lamentarci e appena si propone qualcosa c'è sempre un motivo per dire che quella cosa non si può fare."
In definitiva sarà poi il lettore che sopra esprimeva il suo disagio a concludere cosa è meglio per lui.
Che cosa consigliava di fare mons. Lefebvre con la Nuova Messa [1]
"Anche qui il nostro atteggiamento dipenderà dalla definizione che daremo a questa riforma.
Se la riteniamo eretica e non valida sia per le modifiche intervenute nella materia e nella forma, sia a causa dell'intenzione del riformatore affermata nel nuovo rito e contraria all'intenzione della Chiesa Cattolica, è evidente che ci è proibito di partecipare ai riti riformati: sarebbe un sacrilegio.
Tale opinione si avvale di ragioni importanti ma non assolutamente evidenti. È perciò che mi pare imprudente affermare che peccano gravemente tutti coloro che partecipano in qualche modo al rito riformato. [SI NOTI BENE QUEST'AFFERMAZIONE]
Al di fuori delle persone che distribuiscono i sacramenti secondo il nuovo rito, se si considera la riforma generale nei testi pubblicati da Roma, si è obbligati a dire con i cardd. Ottaviani e Bacci che tali riti si discostano in modo veramente inquietante dai testi definiti su tale argomento dal Concilio di Trento. La preoccupazione di un ecumenismo esagerato ha avvvicinato questa riforma a quella protestante, in modo che ne riuslta un grave pericolo di diminuzione della Fede e perfino di perdita della Fede per coloro che, pur sforzandosi di mantenere le apparenze della Tradizione, partecipano abitualmente e costantemente a tali riti.
Sui testi ufficiali riformati si giudizio riportato è "faventes heresim".
Essi, perciò, finiscono per avere un'influenza sull'intenzione di molti preti, soprattutto giovani, allontanandoli dall'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa Cattolica e rischiando la non validità delle loro azioni." { segue }
[PP]
Che cosa consigliava di fare mons. Lefebvre con la Nuova Messa [1]
"Anche qui il nostro atteggiamento dipenderà dalla definizione che daremo a questa riforma.
Se la riteniamo eretica e non valida sia per le modifiche intervenute nella materia e nella forma, sia a causa dell'intenzione del riformatore affermata nel nuovo rito e contraria all'intenzione della Chiesa Cattolica, è evidente che ci è proibito di partecipare ai riti riformati: sarebbe un sacrilegio.
Tale opinione si avvale di ragioni importanti ma non assolutamente evidenti. È perciò che mi pare imprudente affermare che peccano gravemente tutti coloro che partecipano in qualche modo al rito riformato. [SI NOTI BENE QUEST'AFFERMAZIONE]
Al di fuori delle persone che distribuiscono i sacramenti secondo il nuovo rito, se si considera la riforma generale nei testi pubblicati da Roma, si è obbligati a dire con i cardd. Ottaviani e Bacci che tali riti si discostano in modo veramente inquietante dai testi definiti su tale argomento dal Concilio di Trento. La preoccupazione di un ecumenismo esagerato ha avvvicinato questa riforma a quella protestante, in modo che ne riuslta un grave pericolo di diminuzione della Fede e perfino di perdita della Fede per coloro che, pur sforzandosi di mantenere le apparenze della Tradizione, partecipano abitualmente e costantemente a tali riti.
Sui testi ufficiali riformati si giudizio riportato è "faventes heresim".
Essi, perciò, finiscono per avere un'influenza sull'intenzione di molti preti, soprattutto giovani, allontanandoli dall'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa Cattolica e rischiando la non validità delle loro azioni." { segue }
[PP]
Nota.
Ho mandato ieri sera anche la seconda parte del testo di mons. Lefebvre,
forse è finito nello SPAM?
O forse non è arrivato?
La seconda parte è importante, conclude il discorso.
GRazie.
PP
Ho trovato nello spam il duplicato...
# Duplicato nello Spam
Bene. Se non si riesce a pubblicarlo,
posso rifare la seconda parte, per
concludere il discorso di mons. Lefebvre,
data l'importanza dell'argomento.
PP
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