Nella nostra traduzione da LifeSiteNews 30 giugno, l'articolo che segue mostra come si va ampliando il dibattito teologico e culturale non più eludibile. Qui i precedenti significativi.
Sono molti ormai gli studiosi che ne hanno raccontato la tragica storia: adesso è ora di agire, tanto per i sacerdoti come per i laici.Nota dell’editore: il seguente articolo è stato redatto da un sacerdote anonimo.
In molte delle sue recenti dichiarazioni, culminate nell’intervista a Philip Lawler, l’Arcivescovo Carlo Maria Viganò ha indicato le radici dei mali che affliggono attualmente la Chiesa facendole risalire al Concilio Vaticano Secondo (1962–65) e al Novus Ordo Missae (1969). In questo modo egli ha reso un grande servizio a tutti i cattolici: infatti, un problema non potrà mai essere risolto se non se ne ammetterà l’esistenza, e finora nessun membro della gerarchia ecclesiastica aveva avuto il coraggio di ammettere pubblicamente che uno spirito maligno è entrato nella Chiesa per mezzo di quel concilio e della conseguente rivoluzione liturgica.
Non essendo un esorcista, non conosco il nome proprio di questo spirito, a meno che non si tratti di Apollione (Ap 9, 11). [1] Sviluppando un suggerimento dell’Arcivescovo Viganò potremmo tuttavia chiamarlo “lo spirito di rottura”. Esso si è stabilito nella Chiesa utilizzando due strategie principali: in primo luogo persuadendo un grande concilio ecumenico a promulgare documenti che favorissero l’eresia, almeno per mezzo del silenzio, dell’ambiguità o di uno stile contorto; in secondo luogo, persuadendo un papa a rompere con tutta la tradizione anteriore e a promulgare una nuova messa e nuovi riti per i sacramenti che sarebbero stati più accettabili per i protestanti e per tutti coloro che non professano la fede cattolica.
Sarebbe bastato anche uno solo di questi due eventi a danneggiare seriamente la Chiesa. Insieme, essi hanno provocato ciò che il Vescovo Bernard Fellay, della Società San Pio X, ha definito “un disastro per cui non ci sono nomi”.
Sono molti ormai gli autori che ne hanno egregiamente raccontato la tragica storia. Iota Unum, di Romano Amerio, è un’analisi quasi miracolosamente oggettiva dei cambiamenti introdotti nella Chiesa dai padri del concilio e dai loro eredi. Le opere di Michael Davies [nel blog qui - qui - qui - qui], in particolare Pope John’s Council [Il concilio di Papa Giovanni] e Pope Paul’s New Mass [La nuova messa di Papa Paolo VI] offrono un resoconto chiaro ma anche avvincente — e allo stesso tempo scrupoloso e accurato — del modo in cui le cose sono state fatte. Dietrich von Hildebrand, in The Devastated Vineyard [La vigna distrutta], indica con quale spirito sovrannaturale i cattolici dovrebbero reagire. La Lettera aperta ai cattolici confusi di Marcel Lefebvre e la biografia di quest’ultimo del Vescovo Bernard Tissier de Mallerais rivelano in modo indiretto la dolosità dello spirito di rottura documentando cos’è successo a un gruppo di vescovi cattolici che vi si sono opposti. Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, di Roberto De Mattei [qui] e Il Concilio parallelo, di Paolo Pasqualucci [qui], denunciano con perizia accademica le manovre occulte grazie alle quali quanti sono eufemisticamente chiamati “novatori” hanno preso il sopravvento. E la lista potrebbe continuare.
È forse impossibile anche fornire una lista completa di tutti i dogmi intaccati — nelle menti di sacerdoti e laici — dai giudizi surrettiziamente introdotti nei documenti del Concilio Vaticano Secondo e dalla sostituzione della liturgia cattolica con una nuova liturgia. Tra di essi si potrebbero menzionare: l’assenza di salvezza al di fuori della Chiesa; la natura maligna dell’eresia; la giustizia retributiva di Dio e la necessità di espiare i nostri peccati; l’esistenza di un inferno eterno; la presenza sostanziale e persistente di Cristo nel Santo Sacramento; il sacrificio propiziatorio della messa; l’inerranza biblica, ossia l’infallibilità di tutta la Scrittura; la desiderabilità del cristianesimo; la necessità di evangelizzare gli ebrei e i pagani affinché ricevano la salvezza.
Ma ciò che più importa è che sono le stesse idee di verità rivelata e di immutabilità dei dogmi ad essere state intaccate. Per questo parliamo di un’invasione del “neo-modernismo” all’interno della Chiesa. Il modernismo è l’eresia che nega l’esistenza di verità immutabili, rivelate da Dio una volta per tutte ai profeti e agli apostoli, che i successori degli apostoli devono tramandare senza cambiarne il significato fino al giorno in cui Cristo tornerà.
Qual è il cammino da seguire? Non di certo quello di scrivere saggi accademici che mostrino come tutti i documenti promulgati dal Concilio Vaticano Secondo e tutti gli elementi della nuova liturgia introdotti successivamente possano essere letti in modo ortodosso. Ciò è già stato fatto, e non è servito a esorcizzare il male. Bisogna cercare un’altra soluzione.
La strada che sale e quella che scende sono esattamente la stessa cosa, affermava un antico saggio. [2] Non sembra plausibile che lo spirito maligno possa essere esorcizzato finché i vescovi non si riuniranno di nuovo in un concilio e non anatemizzeranno uno per uno — chiamandoli col loro nome — tutti gli errori che circolano all’interno della Chiesa e finché il successore di San Pietro non avrà dichiarato che gli antichi riti della messa e dei sacramenti sono ora e per sempre la liturgia della Chiesa romana. Sembrerebbe opportuno anche estendere l’anatema a tutti coloro che utilizzeranno in futuro uno qualsiasi dei documenti dell’ultimo concilio per supportare gli errori che il nuovo concilio d’altro canto condannerebbe. Solo dopo che il veleno sarà stato così eliminato i teologi potranno dibattere quanto vorranno sulla questione se quei documenti avrebbero potuto essere in qualche modo conciliati con l’ortodossia. Su questo punto credo di essere più sanguigno dell’Arcivescovo Viganò e del Vescovo Schneider.
Un giorno così eccelso è ancora relegato al futuro, e solo la divina provvidenza sa quando arriverà. Nel frattempo, tuttavia, non c’è nessuna legge umana o divina che proibisca ai singoli vescovi di lavorare a questo progetto in due modi. In primo luogo, ogni vescovo diocesano della Chiesa latina può cominciare a celebrare la messa esclusivamente col rito latino antico, nella sua cattedrale e nelle parrocchie che visita. In secondo luogo, ogni vescovo può estendere una bozza di lista degli errori che sono già stati condannati dalla Chiesa, prendendo ad esempio il Sillabo degli errori moderni, il giuramento anti-modernista, il Lamentabili di Papa San Pio X e varie encicliche del XX secolo, e chiedere a sacerdoti e catechisti di giurare di rinnegarli. Se un gran numero di vescovi diocesani prendesse queste iniziative, sarebbe possibile sbloccare un flusso di grazia troppo forte perché gli si possa opporre resistenza.
Cinque vescovi, tra cui il Cardinal Raymond Burke e il Cardinal Janis Pujats, hanno già compiuto azioni che prefigurano in qualche modo la seconda categoria di azioni summenzionate pubblicando l’anno scorso una Dichiarazione delle Verità [qui] contro i principali errori dei nostri tempi. Sfortunatamente, solo uno di questi cinque vescovi, l’Arcivescovo Tomasz Peta, governa una diocesi. Sarebbe necessario che un gruppo simile di vescovi diocesani si unisse di iniziativa propria ai rispettivi presbiterati nella grande opera di restaurazione dell’ortodossia. Sarebbe qui di aiuto la recita frequente — almeno in privato — da parte di vescovi e sacerdoti delle Preghiere di esorcismo contro Satana e gli angeli apostati di Papa Leone XIII.
E i laici? Possono assistere alla messa in modo eccellente perseguendo la santità in accordo coi loro doveri e con la loro situazione. Ma in passato è anche successo che dei laici prendessero l’iniziativa per opporsi all’eresia. Nel V secolo, mentre il patriarca di Costantinopoli predicava contro coloro che definivano Maria la Madre di Dio, un laico di nome Eusebio lo interruppe e protestò: fu così che cominciò il movimento che condusse al grande Concilio di Efeso. Ovviamente, bisogna essere sicuri di ciò di cui si sta parlando, ma la grazia della confermazione dà a ciascuno il diritto e il dovere di testimoniare la fede ogniqualvolta il silenzio significhi assentire all’errore. Se un vescovo, persino il vescovo di qualche importante sede patriarcale, insegna l’eresia, il fedele ha il diritto e il dovere di non tacere.
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[1] La traduzione italiana della Bibbia (CEI) non riporta il nome di questo spirito ma lo traduce con la parola Sterminatore già presente nella Vulgata (Exterminans): il nome menzionato nel testo greco del versetto dell’Apocalisse in questione è Ἀπολλύων (Apollýon), appellativo che San Giovanni afferma essere la traduzione dell’ebraico Ἀβαδδών (Abaddón), ossia אֲבַדּוֹן, forma intensiva del verbo אָבַד (abád, ‘far perire’, ‘distruggere’, ‘mandare in rovina’). Non è difficile identificare come etimologia di questo nome il verbo ἀπολύειν, composto di λύειν ‘sciogliere’ col significato figurato di ‘divorziare’. Sono rare le attestazioni in italiano di tale nome: la forma Apollione da me riportata è presente in pochi dizionari ottocenteschi; tra questi, The New Universal English and Italian Dictionary, Etc (1849), il quale lo considera uno dei nomi di Satana. [N.d.T.]
- C'è anche un'altra lettura. Απολλύων è la traduzione esatta di Αββαδών in quanto participio presente di Απόλλυμι, "fo perire", "distruggo", "mando in rovina". Laonde la traduzione latina in Exterminans, che è il calco linguistico esatto. In απόλλυμι, tolti il preverbo, il suffisso verbale arcaico νυ e la desinenza, abbiamo la radice i.e. *h₃elh₁-, "distruggere", la stessa p.es. del lat. (ab)oleo; il citato verbo λύω, con cui la forma participiale non è collegabile, deriva dalla radice i.e. *lh₁u- (così Beekes nel suo Dizionario etimologico; in precedenza *lewh-), la stessa del lat. Luo, col sign. di sciogliere ma anche di distruggere (cfr. sscr. lunāti). L'etimologia "divorziare" per quanto suggestiva trasla il significato secondario di un verbo simile come significato primario ma del tutto etimologicamente non collegabile ad Απόλλυων. La scelta di tenere Apollione può essere motivata anche se personalmente lo avrei tradotto. Sicuramente però è da correggere l'etimologia. (Unam Sanctam)
[2] Eraclito. [N.d.T.]
- C'è anche un'altra lettura. Απολλύων è la traduzione esatta di Αββαδών in quanto participio presente di Απόλλυμι, "fo perire", "distruggo", "mando in rovina". Laonde la traduzione latina in Exterminans, che è il calco linguistico esatto. In απόλλυμι, tolti il preverbo, il suffisso verbale arcaico νυ e la desinenza, abbiamo la radice i.e. *h₃elh₁-, "distruggere", la stessa p.es. del lat. (ab)oleo; il citato verbo λύω, con cui la forma participiale non è collegabile, deriva dalla radice i.e. *lh₁u- (così Beekes nel suo Dizionario etimologico; in precedenza *lewh-), la stessa del lat. Luo, col sign. di sciogliere ma anche di distruggere (cfr. sscr. lunāti). L'etimologia "divorziare" per quanto suggestiva trasla il significato secondario di un verbo simile come significato primario ma del tutto etimologicamente non collegabile ad Απόλλυων. La scelta di tenere Apollione può essere motivata anche se personalmente lo avrei tradotto. Sicuramente però è da correggere l'etimologia. (Unam Sanctam)
[Traduzione per Chiesa e post-Concilio di Antonio Marcantonio]
14 commenti:
Bene, Grazie. Mi sembra che la strada della Verità cominci ad essere praticata da sempre più numerose persone. Sia lode a Dio, Uno e Trino!
CONOSCIAMO IL SANTO DEL GIORNO: S. IRENEO, VESCOVO E MARTIRE
MARTIROLOGIO ROMANO SECONDO IL CALENDARIO DEL VETUS ORDO
Oggi 03 luglio 2020, si festeggia la memoria di sant’Ireneo, vescovo, che, come attesta san Girolamo, fu, da piccolo, discepolo di san Policarpo di Smirne e custodì fedelmente la memoria dell’età apostolica; fattosi sacerdote del clero di Lione, succedette al vescovo san Potino e si tramanda che come lui sia stato coronato da glorioso martirio. Molto disputò al riguardo della tradizione apostolica e pubblicò una celebre opera contro le eresie a difesa della fede cattolica.
Ireneo, discepolo di san Policarpo e, attraverso di lui, dell'apostolo san Giovanni, è una figura di primaria importanza nella storia della Chiesa. Originario dell'Asia, nato con molta probabilità a Smirne, approdò in Gallia e nel 177 succedette nella sede episcopale di Lione al novantenne vescovo san Potino, morto in seguito alle percosse ricevute durante la persecuzione contro i cristiani. Pochi giorni prima delle sommosse anticristiane, Ireneo era stato inviato a Roma dal suo vescovo per chiarire alcune questioni dottrinali. Tornato a Lione, appena sedata la bufera, fu chiamato a succedere al vescovo martire, in una Chiesa decimata dei suoi preti e di gran parte dei suoi fedeli. Si trovò a governare come unico vescovo la Chiesa dell'intera Gallia. Lui, greco, imparò le lingue dei barbari per evangelizzare le popolazioni celtiche e germaniche. E dove non arrivò la sua voce giunse la parola scritta. Nei suoi cinque libri Contro le eresie traspare non solo il grande apologista, ma anche il buon pastore preoccupato di qualche pecorella allo sbando che cerca di condurre all'ovile. Secondo la tradizione S. Ireneo avrebbe trovato la morte il 28-6-202/ 203 in un massacro generale dei cristiani lionesi sotto l'imperatore Settimio Severo. La Chiesa lo onora come martire sulla testimonianza di S. Girolamo il quale, nel 410, per primo gli diede questo titolo. Le reliquie del santo vescovo furono disperse nel 1562 dai calvinisti.
"Un giorno così eccelso è ancora relegato al futuro, e solo la divina provvidenza sa quando arriverà."
Sì , come sempre , quando verra' la pienezza del tempo di Dio
La nota 1 è sbagliata. Απολλύων è la traduzione esatta di Αββαδών in quanto participio presente di Απόλλυμι, "fo perire", "distruggo", "mando in rovina". Laonde la traduzione latina in Exterminans, che è il calco linguistico esatto.
In απόλλυμι, tolti il preverbo, il suffisso verbale arcaico νυ e la desinenza, abbiamo la radice i.e. *h₃elh₁-, "distruggere", la stessa p.es. del lat. (ab)oleo; il citato verbo λύω, con cui la forma participiale non è collegabile, deriva dalla radice i.e. *lh₁u- (così Beekes nel suo Dizionario etimologico; in precedenza *lewh-), la stessa del lat. Luo, col sign. di sciogliere ma anche di distruggere (cfr. sscr. lunāti). L'etimologia "divorziare" per quanto suggestiva trasla il significato secondario di un verbo simile come signigicato primario ma del tutto etimologicamente non collegabile ad Απόλλυων.
La scelta di tenere Apollione può essere motivata anche se personalmente lo avrei tradotto. Sicuramente però è da correggere l'etimologia.
Grazie.
Grazie, Unam Sanctam!
"La risposta del sacerdote non si è fatta attendere ed è stata una doccia gelata: «Considerando che la modalità di ricevere la comunione è per la vostra sensibilità eucaristica più vincolante del comunicarsi in se stesso, tanto da portarvi a non obbedire al comando del Signore: “Prendete … mangiate”, il Vescovo mi autorizza a informarvi che la Messa nella forma straordinaria è sospesa fino al momento in cui i Vescovi italiani e le disposizioni governative consentiranno di tornare alla “normalità” celebrativa senza mettere a rischio la salute dei fedeli».
Faccio solo notare che l'obbligo della Comunione in bocca mi è stato insegnato dal Catechismo della Chiesa cattolica dicendomi che solo le persone consacrate potevano toccare Gesù e questo lo ritengo valido ancora oggi, tutto il resto tenetevelo pure, ma sappiate che, davanti a Dio, siete voi quelli che togliete la Comunione a una categoria di fedeli, mentre la date a gente divorziata e convivente
Promemoria per i cattoecumenisti
“L’uomo non può raggiungere la salvezza se non nella Chiesa cattolica. Fuori della Chiesa tutto può ottenere ma non la salvezza. Può ottenere onore, può avere sacramenti, può cantare ‘alleluja’, rispondere ‘amen’, può tenere l’Evangelo, la fede e predicare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, ma in nessun parte se non nella Chiesa Cattolica, potrà trovare la salvezza.” (Sant'Agostino, Sermo ad Caesarienses Ecclesiam plebem, 6)
Ora buono è che il conciliovaticansecondo passi alla storia come un conciliabolo, non il primo peraltro nella storia bimillenaria. Buono pure sarebbe iniziare a valutare chi ha indetto tale conciliabolo, di certo non guidato da infallibilità manifesta, in atti che l'infallibilità dovevano avere per avere valore sul popolo universale di Dio e che essendo stati applicati universalmente l'hanno condotto all'autodistruzione. Buono pure ancora l'invito ai Vescovi, peccato che i locali facciano una nuova dottrina da decenni, ed il clero li abbia seguiti nell'abisso. Quindi se non si parte dal Vertice nulla si risolve, come da un vertice si iniziò la demolizione.
"finché il successore di San Pietro non avrà dichiarato che gli antichi riti della messa e dei sacramenti sono ora e per sempre la liturgia della Chiesa romana".
Mi sembra che questo lo abbia già fatto il Concilio di Trento, o no?
In realtà tutti gli attuali errori sono stati a loro tempo condannati,proprio per questo concordo sulla necessità di cassare l'intero CVII.
Alo stato attuale, invece, potrebbe essere pericoloso indire un nuovo Concilio. Non a caso lo voleva il cardinal Martini...
Antonio
Più capisco più mi è difficile accettare che un pugno di disonesti abbia potuto azzerare il Cattolicesimo, parimenti sul piano statale. Capisco che le mele marce esistono in ogni cesto ma, che in ogni cesto non si trovi una mela sana, questo non lo capisco. Questo veramente addolora e, volenti o nolenti, addolora, fiacca milioni di persone. Tutti questi farabutti non capiscono il male che hanno fatto e stanno facendo alle anime, il loro compito avrebbe dovuto essere quello di custodi delle anime. Che vergogna infinita!
"La cosa più saggia del mondo è gridare prima del danno. Gridare dopo che il danno è avvenuto non serve a nulla, specie se il danno è una ferita mortale. Gli storici seri sanno che molte tirannidi sono state possibili perché gli uomini si sono mossi troppo tardi. Spesso è essenziale opporsi a una tirannide prima che essa prenda corpo. Dire, con vago ottimismo, che il pericolo è solo nell’aria, non è una risposta. Un colpo d’accetta si può parare soltanto mentre l’accetta è ancora in aria”
G.K. Chesterton, da “Eugenetica e altri malanni”.
Error de Pascasio Quesnel condenado por el Papa Clemente XI "Fuera de la Iglesia no se concede gracia alguna".
finché il successore di San Pietro non avrà dichiarato che gli antichi riti della messa e dei sacramenti sono ora e per sempre la liturgia della Chiesa romana"
Mi sembra che questo lo abbia già fatto il Concilio di Trento, o no?
Sì, in effetti è già stato fatto. Ma evidentemente i Papi del Concilio non ne hanno tenuto conto (senza dimenticare la riforma della settimana santa di Pio XII).
La decisione è opera di San Pio V nella bolla "Quo primum tempore" (1570) con cui il pontefice approvò l'edizione riformata del Messale Romano in esecuzione dei decreti del Concilio di Trento.
"Perciò [...] ordiniamo che nelle chiese di tutte le Provincie dell'orbe Cristiano [...] in avvenire e senza limiti di tempo, la Messa [...] non potrà essere cantata o recitata in altro modo da quello prescritto dall'ordinamento del Messale da Noi pubblicato".
Ed ecco, nell'ultimo capitolo della bolla, la condanna di San Pio V rivolta a tutti coloro che avessero attentato alla Santa Messa: "Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento [...]. Che se qualcuno avrà l'audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell'indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo".
I Papi del Concilio, ed in particolare Paolo VI, sono quindi incorsi in questa condanna.
commento 2,30. L'indignazione di Dio è visibile... e in parrocchia avanti a dire che Dio mai castiga, accetta tutto e salva tutti, tutti salvati e morti in Paradiso che è solo luce. Gesù è Giudice sicuro della nostra storia invece, non è un deficiente come mi predica il clero, ingannato ed ingannatore.
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