Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 28 marzo 2022

“Come storico, credo che la liturgia latina tradizionale non scomparirà” - Lo storico cattolico Yves Chiron presenta la sua “Storia dei tradizionalisti”

La rivista francese La Nef, nel suo n°345 di marzo 2022, pp.13-15, ha pubblicato un'intervista a Yves Chiron in occasione della pubblicazione del suo libro dedicato ai tradizionalisti (Histoire des traditionalistes, Tallandier). Di seguito sono riportati, nella nostra traduzione, i principali estratti pubblicati su Le Forum Catholique. Qui l'indice degli articoli su Traditionis custodes e Responsa

Estratti intervista Chiron
La Nef – Da dove vengono i tradizionalisti, chi sono e cosa rappresentano?
Yves Chiron – La qualificazione “tradizionalisti” compare nel Magistero con la Lettera Notre charge apostolique (sul liberalismo progressista del Sillon -ndT) di san Pio X, nel 1910. Il papa affermava: “i veri amici del popolo non sono né rivoluzionari né innovatori ma tradizionalisti. Il termine che li qualifica esisteva già da diversi decenni. Émile Poulat ha richiamato l'attenzione su una corrente specifica: la controrivoluzione cattolica, cioè i cattolici (sacerdoti, vescovi o laici) che, per tutto l'Ottocento e nel Novecento, furono ostili alla Rivoluzione e alle sue conseguenze, principalmente non per nostalgia del re ma per rifiuto dei principi del 1789. I controrivoluzionari cattolici erano ostili al liberalismo intellettuale e morale, quindi divennero naturalmente antimodernisti, antiprogressisti, ecc. (...)

In che modo il Concilio Vaticano II ha segnato realmente lo sviluppo della corrente tradizionalista?
Il tradizionalismo precede il Concilio Vaticano II, sia che ci si riferisca al Pensée catholicque di padre Luc Lefèvre e alla Cité catholique di Jean Ousset, nati nel dopoguerra, sia alle battaglie che padre Georges de Nantes iniziò negli anni '50. Il Concilio Vaticano II è stato un catalizzatore. Si tratta di quello che ho chiamato il "periconcilio" (ciò che è stato detto e scritto prima, durante e dopo il Concilio) e alcune applicazioni del Concilio che sono state contestate prima degli stessi testi del Concilio. Da allora, e ancor più successivamente e fino ad oggi, non c'è più un fronte unito contro il concilio dei tradizionalisti. L'abate de Nantes, attraverso la sua critica al MASDU [la teoria della Chiesa come definita da Paolo VI come un presunto Movimento per l'Animazione Spirituale della Democrazia Universale, abbreviato in MASDU in francese -ndT], è senza dubbio il primo, con i sedevacantisti (sorti in Messico), a rifiutare la totalità del concilio. D'altra parte, fin dal tempo del Concilio, alcuni – la Pensée catholique, ad esempio – hanno cercato di difendere l'ortodossia e la legittimità dei testi ufficialmente promulgati contro l'interpretazione e l'applicazione che ne veniva fatta. (...)

Monsignor Lefebvre e la Fraternità San Pio X (FSSPX) polarizzeranno rapidamente l'attenzione: perché si lancia in battaglia e arriva a tenere dichiarazioni e posizioni sempre più estreme contro la Messa, il Concilio, lo stesso papa...?
Monsignor Lefebvre è stato, durante il concilio, uno dei capi di quella che è stata chiamata la "minoranza", cioè coloro che, principalmente attraverso il Cœtus Internationalis Patrum (CIP), si sono mobilitati per riaffermazioni dottrinali o per la condanna di vari errori di fronte a testi ambigui o proposte eccessivamente audaci. Ma non metterà in discussione pubblicamente il concilio fino a diversi anni dopo.
Anche sulla riforma liturgica non ha preso posizione contraria fin dall'inizio. Durante la consultazione dell'episcopato prima del concilio, nel 1959, si espresse a favore di “un'estensione della possibilità di celebrare la messa vespertina”. Successivamente, durante le prime attuazioni della riforma liturgica, non fu ostile all'introduzione della lingua volgare in alcune parti della Messa, ma dal gennaio 1964 fu anche allarmato per "le iniziative più inverosimili" ed indignato che in molte chiese "si violassero impunemente le regole liturgiche".

Le posizioni radicali di mons. Lefebvre non hanno reso inevitabile la rottura con Roma nel 1988?
Tra il 1965 – fine del concilio – e il 1988 – data della sua decisione di consacrare vescovi senza il consenso di Roma – sono trascorsi più di vent'anni. Il Concilio Vaticano II non ha portato subito il frutto che molti avevano sperato, lo stesso Paolo VI ne fu rattristato e più volte pubblicamente se n'è lamentato. La crisi vissuta dalla Chiesa, che - va ricordato - era iniziata prima del Concilio, era al culmine negli anni '70. C'è stata, se così possiamo vederla, una radicalizzazione parallela di Mons. Lefebvre. Egli non ha dato credito alla restaurazione poi tentata da papa Giovanni Paolo II e dal cardinale Ratzinger (il “piano Ratzinger” nel 1982, le conferenze sul catechismo nel 1983, l'Intervista sulla fede nel 1985, ecc.). I suoi avversari diranno che nel 1988 l'arcivescovo Lefebvre aveva perso "il senso della Chiesa"; si potrebbe dire, per lo meno, che non aveva più fiducia in Roma. (...)

Come analizza il motu proprio Traditionis custodes? Segna una rottura con la questione tradizionalista?
Questo motu proprio è stato un fulmine a ciel sereno, anche se già nei mesi precedenti un questionario aveva destato preoccupazione. Sorprende anche il fatto che le decisioni siano state prese senza previa consultazione degli istituti, delle abbazie e delle comunità parrocchiali interessate. Tuttavia, è stata aperta una nuova guerra liturgica? Molto dipenderà dai vescovi. Potremmo già fare una prima valutazione, paese per paese, se non diocesi per diocesi. Dove ci sono state cancellazioni, dove c'è uno status quo? Ritorna, invece, l'obbligo (anche occasionale) della concelebrazione. E un altro elemento di preoccupazione: le ordinazioni sacerdotali con il rito tradizionale. La domanda sorgerà acutamente nei mesi a venire.

Crede che la Traditionis custodes e i Responsa dello scorso dicembre possano creare un nuovo “caso Lefebvre”?
Le decisioni contenute nella Traditionis custodes, aggravate dai Responsa, creano confusione. Non credo nell'emergere di un nuovo “caso Lefebvre” perché il tradizionalismo oggi non ha un unico leader come nel 1976-1988 (anche se Mons. Lefebvre ha contestato questa qualifica). I diversi istituti e comunità hanno, inoltre, pratiche diverse in materia liturgica. Ad esempio, tre istituti (la Fraternità di Saint-Pietro, la Fraternità di Saint-Vincenzo Ferreri e l'Istituto del Buon Pastore) rifiutano qualsiasi concelebrazione secondo il nuovo rito, mentre gli altri istituti e comunità la accettano in determinate circostanze.
Inoltre, non esiste nemmeno un fronte comune dei vescovi contro la messa tradizionale. A Marsiglia, ad esempio, dopo il motu proprio del papa e i Responsa della Congregazione per il Culto Divino, l'arcivescovo della diocesi, mons. Aveline, che di certo non passa per "tradizionale", si è recato a celebrare un pontificale in una parrocchia affidata alle Missionarie della Divina Misericordia, lo scorso 9 febbraio, nella Solennità del Battesimo del Signore.

Se dovesse fare un bilancio positivo/negativo dei tradizionalisti, cosa metterebbe su ciascun piatto della bilancia e quale prevarrebbe?
Sarebbe impossibile, e perfino presuntuoso, redigere un tale bilancio. Lo storico non è né un giudice né un arbitro. Al massimo, può cercare di essere rigoroso nella ricerca delle informazioni e nel quadro che dipinge. Nella Storia dei tradizionalisti che ho ricostruito (anche con un dizionario biografico che conta cento voci dettagliate), mi ha colpito l'importanza del ruolo dei laici, la diversità dei percorsi dei sacerdoti o dei religiosi e l'evoluzione di alcuni. C'è voluto coraggio, a volte eroismo, anche caparbietà, in alcuni casi rigidità fino alla cecità. Ma, come storico, credo che la liturgia latina tradizionale non scomparirà e che le interpretazioni del Vaticano II rimarranno divergenti. Mi piace molto questa definizione di Jean Madiran che suona come un avvertimento: “I 'tradizionalisti' non sono, non possono essere, né un partito, né un esercito, né una Chiesa; si tratta di una disposizione d'animo. E, naturalmente, di un comportamento. Una professio e una devotio.
Intervista di Christophe Geffroy
La versione lunga di questa intervista sarà presto liberamente accessibile sul sito https://lanef.net 
[Traduzione e cura di Chiesa e post-concilio]

11 commenti:

Anonimo ha detto...

La liturgia tradizionale è una componente importante del Cattolicesimo tradizionale che è stato colpevolmente ignorato. I tradizionalisti hanno vaste praterie del Cattolicesimo di sempre da riscoprire. Se questa riscoperta non avverrà il cattolicesimo scomparirà. Riscoperta che può essere detta rianimazione, il Cattolicesimo necessita di andare in camera di rianimazione per ritrovare se stesso, la sua Vita. Ora abbiamo per lo più guitti che simulano un cattolicesimo da loro inventato. Occorrono vere vocazioni per convertire a nuovo le generazioni, ma occorre anche una radicale critica e personale emarginazione della subcultura mondana contemporanea che ha ammorbato decenni di storia con la pretesa di essere moderna mentre era ed è la decrepita deboscia infernale di sempre.

Anonimo ha detto...

Un giorno chiesero a Padre Pio perché insistesse tanto a far fare la Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria. Rispose:
“Perché è l’unico posto al mondo in cui Satana non ha messo piede e mai ve lo metterà per prendersi le anime che vi saranno entrate…e vi aspetta un futuro così diabolico che l’apocalisse è nulla a confronto, mettetevi lì dentro e starete al sicuro.”
(San Pio da Pietrelcina)

Anonimo ha detto...

PARTECIPARE ALLA MESSA È LO STESSO CHE ESSERE PRESENTI SUL CALVARIO
"Chi assiste alla Messa, solleva la croce dal suolo del Calvario per piantarla al centro del proprio cuore."
La Messa, di conseguenza, non è un’altra immolazione, ma una nuova presentazione dell’eterna vittima e la sua applicazione a noi. Partecipare alla Messa è lo stesso che essere presenti sul Calvario. Ma con alcune differenze. Sulla croce, Nostro Signore ha offerto sé stesso per tutta l’umanità; nella Messa noi applichiamo quella morte a noi stessi e uniamo il nostro sacrificio al suo.
Lo svantaggio di non aver vissuto all’epoca di Cristo è azzerato dalla Messa. Sulla croce, Egli ha potenzialmente redento tutta l’umanità; nella Messa noi rendiamo attuale quella Redenzione. Il Calvario è legato a un dato momento nel tempo e a una specifica collina nello spazio. La Messa temporalizza e spazializza quell’eterno atto di amore. Il sacrificio del Calvario è stato offerto in modo cruento mediante la separazione del suo corpo dal suo sangue.
Nella Messa, questa morte è presentata misticamente e sacramentalmente in modo incruento, mediante la consacrazione separata del pane e del vino. I due elementi non sono consacrati insieme, con parole del tipo: «Questo è il mio corpo e il mio sangue»; piuttosto, secondo le parole di Nostro Signore: «Questo è il mio corpo», si dice sul pane; poi, «Questo è il mio sangue», si dice sul vino. La consacrazione separata è una sorta di spada mistica che divide il corpo dal sangue, nel modo in cui il Signore è morto sul Calvario.
Supponiamo che ci sia un’eterna stazione radiofonica che trasmetta onde eterne di saggezza e illuminazione. Le persone che vivono in differenti epoche potrebbero sintonizzarsi a quella sapienza, assimilarla e applicarla a sé stessi. L’eterno atto di amore di Cristo è qualcosa con cui possiamo sintonizzarci nelle successive epoche storiche mediante la Messa. La Messa, di conseguenza, trae la sua realtà e la sua efficacia dal Calvario e non ha senso al di fuori di esso. Chi assiste alla Messa, solleva la croce dal suolo del Calvario per piantarla al centro del proprio cuore.
(Fulton J. Sheen, da "I 7 Sacramenti" edizioni Ares)

**In evidenza: ha detto...

Tra le diverse vicissitudini che investirono questo edificio ricordiamo che durante l’occupazione di Roma, nel 1797, i Francesi s’impossessarono del colle, cacciando i frati francescani e riducendo la chiesa a stalla, tanto che gran parte delle decorazioni che la impreziosivano andarono distrutte. Mentre con l’Unità d’Italia la proprietà del convento passando allo Stato, la trasformò in caserma e comando dei Vigili urbani.

https://immaculate.one/la-madonna-del-giorno-29-marzo-santa-maria-in-aracoeli-roma-italia#.YkKs_5pBzrA

**i Francesi ridussero la chiesa a stalla,
**con l’Unità d’Italia lo Stato, la trasformò in caserma e comando dei Vigili urbani.

Anonimo ha detto...

DON DOLINDO RUOTOLO: “Beato chi vive nella Chiesa e non si scandalizza delle miserie umane… Restiamo fedeli alla Chiesa, anche quando ci sembra ch’Essa ci tartassi”

Pochi ponderano l’essenza della vita della Chiesa e pochi ne vivono; pochi sanno vederla in quell’aspetto essenziale della sua natura nel quale veramente Essa è pura, immacolata e senza rughe. È questa una considerazione di massima importanza, e forse la più vitale di tutte per poter apprezzare la Chiesa Cattolica per quello che Essa è veramente innanzi a Dio. In qualunque modo la si vegga infatti, l’ombra delle miserie umane ne offusca la magnifica gloria, e ci vuole una grande fede per riconoscerla pura, immacolata, e senza rughe.

Il suo capo, il Papa, è una meraviglia stupenda; la sua potestà dà le vertigini, la sua infallibilità lo pone quasi nell’armonia dell’eterna ed essenziale Verità. Egli può chiudere o aprire il Cielo, può sciogliere e legare, può disporre di tutte le ricchezze della Redenzione, quasi arbitro di Dio stesso; ma se può tanto, egli è anche un uomo, un uomo al quale Dio ha lasciata integra la libertà, senza che il pontificale ammanto possa dargli un solo atto di perfezione personale. È possibile quindi incontrarsi nella storia, anche in un Papa cattivo, disordinato nella sua vita privata, vittima del fasto e dell’orgoglio umano. Possiamo trovare nel Papa, magari anche spiccatamente, i difetti del proprio carattere, e quindi possiamo vederlo impaziente, eccitabile all’ira, irremovibile nei suoi propositi, in una parola, poco santo. L’anima rimane turbata e crede che quelle imperfezioni ridondino nel carattere del Papa in quanto è tale, mentre non è cosi.

È un fenomeno comunissimo nella nostra vita quello di riguardare le cose e le persone dal nostro punto di vista egoistico e personale; una persona che ci fa atti di benevolenza e di cortesia, per noi è ottima, un’altra che ci fa uno sgarbo, per noi è cattiva. Non sappiamo misurare l’umana debolezza nella giusta bilancia, ma la valutiamo nelle nostre mani, e la vediamo pesante se ci dà fastidio e leggera se non ce ne dà; anche il Papa quindi può d’un tratto apparirci senza alcuna aureola di grandezza quando urta col nostro egoismo. Così si spiega come Lutero concepì un odio feroce per il Papa, mentre prima ne sollecitava la benevolenza e le grazie.

Se si guarda la Chiesa nei suoi Pastori e nel suo Sacerdozio, ahimè, quante macchie ne offuscano la grandezza! Dove sta l’uomo lì sta anche la miseria e la debolezza, e quindi nel medesimo Sacerdozio possiamo trovarci di fronte a figure ripugnanti che ci scuotono nella stessa nostra fede, massime se crediamo di averne ricevuto qualche torto. Allora una nube si distende sulla potestà soprannaturale che riveste il Ministro di Dio, e la Chiesa ci appare piena di rughe.

La dottrina della Chiesa è mirabile, ma quante discussioni inutili la rendono a volte pesante, e quante eresie ne offuscano la luminosità! L’organizzazione della Chiesa è un capolavoro di ordine, ma in quante cose all’umanità appare deficiente per gli abusi delle persone che debbono custodirla e svilupparla!

Anonimo ha detto...

Beato chi vive nella Chiesa e non si scandalizza delle miserie umane che come nebbia pesante ne offuscano gli splendori; beato chi riposa sul materno suo cuore, per sentire solo i palpiti della vita divina che la vivificano. Chi si ferma alla miserie degli uomini che la formano è simile a colui che non distingue il terriccio dalla gemma preziosa e la disprezza, andando poi in cerca di cocci di vetro che gli sembrano più rifulgenti.

Restiamo fedeli alla Chiesa, anche quando ci sembra ch’Essa ci tartassi. Sicuro, ci sono anime che sono a volte percosse dall’autorità della Chiesa, anche a torto, per calunnie o per intrighi. In questi casi la Chiesa può apparire brutta, deformata, avvilita, perchè noi riguardiamo con orrore quello che ci dà pena. Siamo fedeli anche in questi oscuri momenti che sono le supreme prove dell’amore, e serriamoci di più al cuore della Chiesa, e lavoriamo per Lei anche se ci percuote e ci annienta.

Che importa che Essa ci disprezzi? Il suo disprezzo medesimo è come acido che corrode le nostre miserie e rende più luminosa l’anima nostra, il suo rigore è come colpo di martello che raddrizza le nostre stortezze, la sua severità è come cesello che ci rende opera d’arte preziosa innanzi a Dio. Tutto ciò che viene dalla Chiesa è vivificante, anche quando per la sensibilità delle nostre piaghe ci appare castigo; sappiamo riposare tacendo anche sotto i tagli del suo ferro chirurgico, e pensiamo che allora Essa ci è maggiormente madre. Non guardiamo agli uomini che sono solo strumento nelle mani di Dio, strumenti di espiazione e di purificazione per noi, guardiamo più in alto, e diamo a Dio la massima testimonianza del nostro amore adorando la sua volontà e tacendo nelle mani della Chiesa come cagnolini frustati ma sempre accucciati ai piedi del padrone.

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro delle Cronache)

Fonte: https://perlamaggiorgloriadidio.wordpress.com/2022/03/28/don-dolindo-ruotolo-beato-chi-vive-nella-chiesa-e-non-si-scandalizza-delle-miserie-umane-restiamo-fedeli-alla-chiesa-anche-quando-ci-sembra-chessa-ci-tartassi/

Anonimo ha detto...

https://www.radiospada.org/2022/03/intervista-esclusiva-su-guerra-e-chiesa-con-padre-bogdan-vytrykush-sacerdote-cattolico-ucraino-fedele-alla-tradizione/

Anonimo ha detto...

Chi dice :" io non capisco niente di latino e non capisco niente alla messa in latino è perché purtroppo non ha capito niente di che cosa è veramente la santa Messa cattolica..

Anonimo ha detto...

Che ne direbbe Don Dolindo?
Colei che ha ha abbandonato il dogma e che perseguita i fedeli e i sacerdoti A CAUSA della loro ortodossia può essere definita CHIESA CATTOLICA?
Tutto ciò che ha scritto non ha nulla a che vedere con l'odierna situazione.
E fra l'altro l'attuale gerarchia cattolica predica il valore salvifico di TUTTE le religioni, quindi se Don Dolindo fosse ancora VIVO potrebbe fare soltanto una di queste due cose:
1) DARE RAGIONE AI TRADIZIONALISTI.
2) DARE RAGIONE ALLA GERARCHIA MIDERNISTA e INDIFFERENTISTA E QUINDI AFFERMARE CHE SI POSSONO SALVARE ANCHE I MEMBRI DELLE "ALTRE RELIGIONI", COMPRESI I TRADIZIONALISTI.

Anonimo ha detto...

"Dio onnipotente ed eterno, mi accosto al Sacramento del tuo Unigenito Figlio il Signore nostro Gesù Cristo.
Mi accosto come infermo al medico della vita; come immondo alla fonte della misericordia; come cieco alla luce dell’eterna chiarezza; come povero e miserabile al Signore del cielo e della terra.
Imploro pertanto l’abbondanza della tua immensa larghezza perché tu voglia guarire la mia infermità, lavare le mie sozzure, illuminare la mia cecità, arricchire la mia povertà, coprire la mia nudità, per cui riceva il Pane degli Angeli, il Re dei re, il Signore dei signori, con tale riverenza e umiltà, con tale purezza e fede quale si richiede per la salvezza della mia anima.
Concedimi, ti prego, di ricevere non solo il Sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, ma anche la realtà e la virtù di questo Sacramento.
Dolcissimo Dio, fa’ che io riceva il Corpo del tuo Unigenito Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo che egli prese nel seno della Vergine Maria, in modo da essere unito al suo corpo mistico e annoverato fra i suoi membri.
Concedimi, Padre amorosissimo, di contemplare infine apertamente e per sempre il Figlio tuo diletto, che ora mi propongo di ricevere adombrato sotto i veli eucaristici. Tu che vivi e regni, o Dio, insieme con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen."

Da Lo Spigolatore Romano ha detto...

“Il problema del nuovo messale sta nel suo abbandono di un processo storico sempre continuo, prima e dopo san Pio V, e nella creazione di un volume completamente nuovo, anche se confezionato con materiale antico, la cui pubblicazione è stata accompagnata da una sorta di divieto di tutto quanto sopra, divieto che, d’altronde, non ha precedenti nella storia giuridica e liturgica. E posso affermare con certezza, in base alla mia conoscenza dei dibattiti conciliari e alla lettura ripetuta dei discorsi dei Padri conciliari, che ciò non corrisponde alle intenzioni del Concilio Vaticano II” (Joseph Ratzinger, 1976, lettera a Wolfgang Waldstein, Zum motuproprio Summorum pontificum, in Una Voce Korrespondenz 38/3, 2008, 201-214)-------------LA TRADIZIONE NON SI INVENTA, NON SI DISTRUGGE, NON SI ALTERA. SI RISPETTA, SI VENERA, SI RESTAURA. Giustino