I Santi Simone e Giuda, Apostoli
Il travaglio della Chiesa.
Al posto dei vostri padri vi sono nati dei figli (Graduale della festa, sal. 44, 17). La Chiesa, rinnegata da Israele, esalta così, nei suoi canti, l'apostolica fecondità, che essa possiede e conserverà fino alla fine del mondo. La sua esistenza sulla terra è così fatta che essa non può restarvi, se non donando continuamente dei figli al Signore e per questo nell'antica messa della vigilia si leggeva il testo evangelico, che dice: Io sono la vigna, mio Padre è il vignaiolo. Egli poterà tutti i tralci, che non danno frutto in me e i tralci, che danno frutto li poterà, perché ne diano di più.
La Messa della vigilia diceva ancora nell'epistola che il taglio è doloroso e l'Apostolo, in nome degli altri tralci, che come lui fanno onore alla scelta divina, parlava delle fatiche, delle sofferenze di ogni sorta, delle persecuzioni, delle maledizioni, dei rinnegamenti a prezzo dei quali si acquista il diritto di chiamare figli (I Cor 4, 9-14) gli uomini generati secondo il Vangelo in Cristo Gesù (ibid. 15). San Paolo ritorna spesso su questo pensiero e, nell'Epistola della festa, l'oggetto di questa soprannaturale generazione è la mistica riproduzione del Figlio di Dio che, nei predestinati, ripassa dall'infanzia alla pienezza dell'uomo perfetto (Gal. 4, 19; Epist. della festa; Efes. 4, 7-14).
Gloria dei santi Simone e Giuda.
La storia che si riferisce ai santi che oggi onoriamo è troppo sobria di particolari. Non sappiamo in quale misura essi abbiano contribuito alla grande opera della generazione dei figli di Dio, che la Leggenda richiama. Senza riposo e fino al sangue, essi "edificarono il corpo di Cristo" (ibid.) e la Chiesa, riconoscente, dice oggi al Signore: "O Dio, che per mezzo dei tuoi beati Apostoli Simone e Giuda ci hai dato di conoscere il tuo nome, concedici di celebrare la loro gloria immortale progredendo nella grazia e di progredire nella grazia celebrandola" (Colletta della festa). San Simone ha per attributo la sega, che ricorda il martirio. San Giuda invece ha la squadra, che rivela in lui l'architetto della casa di Dio, come san Paolo chiamava se stesso (I Cor. 3, 10) e la settima delle Epistole Cattoliche della quale è autore gli conferisce un titolo speciale per essere enumerato fra i primi nella grande famiglia dei maestri alla sequela del Signore. Ma nel nostro Apostolo vi è un'altra nobiltà che sorpassa tutte le nobiltà terrene: Giuda, nipote di san Giuseppe per parte di Cleofa o Alfeo, suo padre (Eusebio, Storia Ecclesiastica, iv, xxii) legalmente cugino dell'Uomo-Dio, era fra quelli che i compatriotti chiamavano fratelli del figlio del fabbro [1].
Nel Cenacolo.
Raccogliamo in san Giovanni un particolare preciso. Nella conversazione che seguì la Cena, Gesù aveva detto: "Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e io pure lo amerò e mi manifesterò a lui".
Giuda, prendendo la parola, chiese: "Perché, Signore, ti manifesterai a noi e non al mondo?" Gesù rispose: "Chi mi ama osserverà la mia parola e il mio Padre lo amerà, e verremo a lui e abiteremo in lui. Chi non mi ama non osserverà la mia parola e la parola che voi avete udita non è mia, ma di colui che mi ha mandato, del Padre mio" (Gv. 14, 21-24).
Domiziano e i discendenti di David.
Sappiamo dalla storia ecclesiastica che Domiziano, verso la fine del suo regno, mentre infieriva la persecuzione da lui scatenata, fece condurre dall'Oriente alla sua presenza due nipoti dell'Apostolo san Giuda. La politica del Cesare si era alquanto adombrata per questi discendenti della stirpe regale di Davide che rappresentavano, per il vincolo del sangue, Cristo, che i discepoli esaltavano come supremo re del mondo. Domiziano costatò personalmente che i due umili Giudei non potevano essere un pericolo per l'Impero e che, se consideravano Cristo depositario di un potere sovrano, si trattava di un potere, che sarebbe stato esercitato visibilmente solo alla fine del mondo. Il linguaggio semplice e coraggioso dei due uomini fece impressione su Domiziano e, secondo quanto riferisce lo storico Egesippo dal quale Eusebio prende i fatti che abbiamo riferiti, diede ordine di sospendere la persecuzione.
VITA. - Un'antica tradizione informa che i due Apostoli evangelizzarono l'Armenia e la Persia e che subirono il martirio nella città di Suanir, nel 47. Simone era soprannominato Zelota, forse per aver un tempo appartenuto al partito nazionalista degli Zeloti, che non voleva ammettere il giogo straniero in Palestina. Giuda, parente del Signore per parte della madre, scrisse una breve Epistola, per combattere l'eresia degli gnostici, allora all'inizio. Le reliquie dei due Apostoli furono trasportate nel 1605 nella basilica vaticana e poste sotto un altare, che la tradizione vuole situato presso a poco nel luogo dove sarebbe stata piantata la croce di san Pietro, ma in parte sarebbero in San Saturnino a Tolosa.
Io vi ho scelti per portare un frutto che resterà (Gv. 15, 16). La divina parola che l'Uomo-Dio rivolse a voi e ai dodici ve l'ha rivolta la Chiesa. Che cosa resta del frutto delle vostre fatiche in Egitto, in Mesopotamia, in Persia? Possono il Signore e la Chiesa ingannarsi nelle parole e negli apprezzamenti? Certamente no. Oltre quello che possono costatare i sensi, oltre il dominio della storia, la virtù diffusa sui dodici continua ad operare attraverso i tempi ed ha parte in ogni nascita soprannaturale che sviluppa il corpo mistico del Signore, accrescendo la Chiesa. Noi siamo figli dei santi meglio ancora di Tobia (Tob. 2, 18), non siamo più senza famiglia, ma apparteniamo alla casa di Dio, portati ad essa dagli Apostoli e dai Profeti, uniti da Gesù Cristo, la pietra angolare (Ef. 2, 19-20). Voi che ci avete assicurato nelle pene e nel pianto così grande vantaggio, siate benedetti e conservate in noi i titoli e i diritti che una filiazione tanto preziosa ci ha dati.
Il male attorno a noi è immenso: resta alla terra qualche speranza? La fiducia di quelli che ti pregano ci dice, o Giuda, che per te non vi sono cause disperate e mai come oggi tu potrai giustificare il tuo nome di Zelante. Degnati dunque ascoltare e aiutare la Chiesa con tutta la tua apostolica potenza a rianimare la fede, a riaccendere la carità, a salvare il mondo.
__________________________[1] Con Giacomo il Minore, anche lui Apostolo e primo vescovo di Gerusalemme, un Giuseppe poco noto, e Simeone. secondo vescovo di Gerusalemme, tutti figli di Cleofa e della cognata di Maria Santissima ricordata in san Giovanni (19, 25) col nome di Maria di Cleofa (Mt. 13, 55).
4 commenti:
San Giuda taddeo oggi ha concesso la grazia di reintegro ai sanitari! Deo gratias
Il primo Custode della Sindone?
Oggi è la festa di san Giuda Taddeo, cugino di Nostro Signore, apostolo e martire.
San Taddeo consumò il suo martirio in Colchide, oggi Georgia, dove dopo aver cacciato i demoni che, mediante le statue, soggiogavano i pagani, fu ucciso assieme a san Simeone dai locali per la Vera Fede.
Nella vita di san Taddeo ci sono però dei dettagli, dei pezzi di puzzle, che possono aiutare a comprendere meglio la storia antica di una delle più importanti reliquie della storia della Chiesa.
Partiamo con un luogo preciso: Edessa, oggi Urfa.
Edessa e la relativa zona della Mesopotamia era strategicamente fondamentale in quanto passaggio obbligato per chiunque transitasse dalle regioni del Levante (Terrasanta, Siria, Anatolia inferiore) a quelle della Mesopotamia vera e propria e la Persia; basti pensare che la zona, al pari dell'Armenia, fu contesa fra Romani e Persiani per secoli e avvennero celebri battaglie.
Al tempo della vita terrena di Cristo, su Edessa e sul relativo regno di Osroene regnava la dinastia degli Abgaridi, sovrani di origine araba. In particolare, dal 13 al 50 dopo Cristo regnò sant'Abgar V detto "Ukkama" il Nero, sovrano tributario per conto dei Romani; secondo una pia tradizione, avendo saputo che nella vicina Giudea predicava Nostro Signore, Gli avrebbe per mezzo di una lettera scritto e avrebbe chiesto al messo reale, cui era stata affidata la lettera, di dipingere il Suo volto ma poiché era sfolgorante, Cristo avrebbe preso un asciugamano e pigiandoselo sul viso, avrebbe impresso l'immagine.
Questa pia trazione, in cui Nostro Signore addirittura scrive una lettera ad Abgar, ci testimonia comunque l'esistenza di un'immagine venerata come Acheiropita (non umana) ad Edessa. Eusebio di Cesarea ci dice che quell'immagine non venne portata dal messo reale bensì con la predicazione apostolica; presentata a sant'Abgar, lo avrebbe istantaneamente guarito dalla lebbra di cui soffriva. Questa immagine sarebbe poi stata nascosta nelle mura di Edessa per evitare che il figlio di sant'Abgar, Man'nu, la profanasse in quanto egli aveva la volontà di estirpare la nascente comunità cattolica.
Ok e san Giuda?
Che c'entra con tutto ciò?
Con ordine: in primis la questione del telo venerato ad Edessa. Esso sarebbe stato un telo in cui poteva vedere il volto di Nostro Signore in maniera nitida. Di recente fu dimostrato che se si piega il Velo Sindonico in 8 pezzi, la parte che sporge è proprio il volto e somiglia ad un asciugamano.
Nella tradizione poi, si afferma che la Sindone quando fu portata a Costantinopoli proveniva da Edessa, la stessa Edessa che aveva per prima visto la predicazione proprio di san Giuda Taddeo che ivi, transitando poi per la Persia, aveva ingrandito la comunità dei battezzati grazie alla collaborazione con sant'Addai, uno dei discepoli.
Infine, un piccolo dettaglio iconografico; san Giuda ha appeso al collo molto spesso un medaglione con l'immagine del volto di Nostro Signore perché fu proprio lui quel messo, promesso da Cristo, che avrebbe guarito sant'Abgar portando quel velo su cui era impressa l'immagine nitida del Volto Santo, immagine che a ridosso della Passione doveva anche essere visivamente più nitida.
Va però detto che molti identificano in sant'Addai (che in siriaco vuol proprio dire Taddeo) il guaritore di Abgar anche se il passaggio di San Giuda Taddeo da Edessa e la sua iconografia paiono suffragare la prima ipotesi (quella dell'apostolo portatore, anche per un discorso di gerarchia).
In sintesi, secondo un filone della Tradizione san Giuda avrebbe portato un asciugamano con il Volto di Cristo ad Edessa, città importantissima, città da cui poi sarebbe stata traslata la Sindone che, se piegata, somiglia ad un asciugamano in cui si vede solo il volto.
C'è anche questo sito con molte risorse: sangiudataddeo.net
ROSARIO DEVOTO IN ONORE DI SAN GIUDA TADDEO
È chiamato prodigioso perché per suo mezzo si ottengono grandi grazie nei casi disperati, sempre che quello che è chiesto serva a maggiore gloria di Dio ed al bene delle nostre anime.
Si usa una normale corona del Rosario.
Nel nome del Padre...
Atto di dolore
Gloria al Padre...
«Santi Apostoli, intercedete per noi» (tre volte).
Sui grani piccoli:
«San Giuda Taddeo, soccorrimi in questa necessità».(10 volte)
Gloria al Padre
Sui grani grossi:
«Santi Apostoli intercedete per noi»
Si conclude con un Credo, una Salve Regina e la seguente:
PREGHIERA
Santo prodigioso, glorioso San Giuda Taddeo, onore e gloria dell'apostolato, sollievo e protezione degli afflitti peccatori, io ti chiedo per la corona di gloria che hai nel cielo, per il singolare privilegio di essere parente prossimo del Nostro Salvatore e per l'amore che avevi alla Santa Madre di Dio, di concedermi quello che ti chiedo. Così come sono certo che Gesù Cristo ti onora e concede tutto, così possa io ricevere la tua protezione e sollievo in questa urgente necessità.
PREGHIERA CONCLUSIVA
(nei casi difficili)
O glorioso San Giuda Taddeo, il nome del traditore che mise il suo adorabile Maestro nelle mani dei suoi nemici ha fatto sì che Tu sia dimenticato da parte di molti. Ma la Chiesa ti onora e ti invoca come avvocato delle cose difficili e dei casi disperati.
Prega per me, così miserabile; fa' uso, ti prego, di quel privilegio che il Signore ti concesse: di portare un aiuto rapido e visibile in quei casi nei quali non c'è quasi speranza. Fa' che in questa grande necessità io riceva, per tua mediazione, il sollievo e la consolazione del Signore e possa anche in tutti i miei dolori lodare Iddio.
Prometto di esserti grato e di diffondere la tua devozione per così essere, insieme a te, eternamente con Dio. Amen.
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