Nella nostra traduzione da OnePeterFive la consueta meditazione settimanale di p. John Zuhlsdorf, sempre nutriente e illuminante, che ci consente di approfondire, durante l'ottava, i doni spirituali della Domenica precedente e ci prepara a quelli della Domenica successiva.
Diebus Saltem Dominicis:
“La venerazione dovuta alla Parola di Dio”
“Con la dovuta riverenza… devotamente” è la chiave. Come si fa a farlo?
Per Benedetto questo è il correttivo da applicare all'approccio, chiamiamolo così, della “curiosità” e del “sospetto”. Ci aiuta anche a comprendere i nostri ruoli nel sacro culto liturgico.
Prima c'è stata la purificazione, la preparazione. Dopo c'è stata la messa in servizio, il discorso.
Nella Messa di Sessagesima di questa domenica [qui], abbiamo nell'Epistola di 2 Corinzi la misteriosa descrizione di Paolo della sua visione mistica che lo preparò alle prove, che gli diede autorità, che trasformò la sua persona. Fu attratto dal mistero e cambiato. Nel Vangelo di Luca 8 abbiamo la parabola del seminatore, lo spargere il seme in diversi luoghi dove fruttifica o no. Cristo stesso spiega la parabola. Questa settimana cercherò di fare qualcosa di diverso che colleghi ciò che Paolo ha sperimentato e ciò che sperimentiamo noi quando siamo coinvolti nel mistero della Scrittura.
Leggere la Parola di Dio è importante. La Chiesa concede indulgenze per trascorrere del tempo leggendo la Scrittura “ cum veneratione divino eloquio debita … con la venerazione dovuta alla Parola di Dio”, non solo come storia o letteratura ma, “ ad modum lectionis spiritalis … come forma di lettura spirituale”. Chiamiamo questa lettura o ascolto della Scrittura “devotamente”. La concessione dell'indulgenza prevede anche l'ascolto della Scrittura che vi viene letta. È prevista l'indulgenza parziale per la lettura devota della Scrittura e per quella plenaria se è di «almeno mezz'ora» (concessione 30).
“Con la dovuta riverenza… devotamente” è la chiave. Come si fa a farlo?
Innanzitutto aiuta a comprenderla proprio come “Parola di Dio”. Non è mia; è di Dio. Inoltre, la Parola è Dio (cfr Gv 1). Cristo è presente in ogni parola della Parola. Facciamo bene a iniziare il nostro tempo con la Parola con una preghiera. Ce ne sono molte buone. Ad esempio, esplorando la rete ho trovato la preghiera di un monaco siriaco dell'VIII secolo che ci insegna anche a leggere chiedendo aiuto a Dio:
O Dio, rendi la mia mente degna di trovare gioia nel comprendere il dono del Tuo amato Figlio. O Signore, togli il velo delle passioni che offusca la mia mente, e lascia che la tua santa luce splenda nel mio cuore, affinché la mia mente possa penetrare il testo letterale scritto con l'inchiostro, e con l'occhio illuminato della mia anima, io possa contemplare i sacri misteri nascosti nel tuo Vangelo. E per tua grazia, Signore, fa' che il pensiero di te non si allontani dal mio cuore né di notte né di giorno.
Il contatto con il testo è come uno svelamento del mistero. C'è il segno esteriore, l'inchiostro e l'effetto interiore, che ha risonanza sacramentale. Ci avviciniamo alla Scrittura con riverenza, con timore reverenziale. Quando Mosè si avvicinò al roveto ardente gli fu detto di togliersi i calzari e di camminare con cautela. Anche noi percorriamo con cura le pagine della Scrittura, perché siamo in contatto con il sacro, il mistero.
Quella preghiera risale all'VIII secolo. Circa 13 secoli dopo, cogliamo un indizio anche da Benedetto XVI nella prefazione al suo libro Gesù di Nazaret – Parte seconda, Settimana Santa: dall'ingresso in Gerusalemme alla risurrezione. Ratzinger/Benedetto tocca ciò che credo ci sia dietro “devotamente, con riverenza”. Ecco una citazione un po' lunga, che condenserò.
L’idea di fondo è che, per molto tempo, dopo lo sviluppo degli strumenti scientifici di ricerca dei testi antichi – il cosiddetto “metodo storico-critico” – molti studiosi, se non la maggior parte, si sono avvicinati alla Scrittura come a qualcosa da sezionare. Questo metodo equivaleva a una legge ferrea. La Scrittura era (ed è) per loro, come direbbe TS Eliot, “come un paziente anestetizzato su un tavolo”. Hanno tirato fuori i loro attrezzi e si sono messi al lavoro. Rivolgiamoci a Benedetto e alla sua critica a questo metodo e al suo correttivo.
Una cosa mi è chiara: in duecento anni di lavoro esegetico, l’esegesi storico-critica ha già dato i suoi frutti essenziali. Se non vuole esaurirsi in ipotesi sempre nuove, diventando teologicamente irrilevante, l’esegesi scientifica deve fare un passo avanti metodologico e riproporsi come disciplina teologica, senza abbandonare il suo carattere storico.
Gli strumenti e i metodi ci hanno dato molto, ma hanno ucciso l’essere vivente a cui sono stati applicati. Dobbiamo essere meno meccanici e più oranti, avvicinarci alla Scrittura come punto di partenza per la teologia, non per curiosità. Non possiamo abbandonare gli strumenti moderni, ma ne servono di più. Proseguendo:
Deve imparare che l'ermeneutica positivistica su cui si è basata non costituisce l'unico approccio razionale valido e definitivamente evoluto; piuttosto, costituisce una forma di razionalità specifica e storicamente condizionata, aperta alla correzione e al completamento e bisognosa di esso. Si deve riconoscere che un'ermeneutica della fede adeguatamente sviluppata è adeguata al testo e può combinarsi con un'ermeneutica storica, consapevole dei suoi limiti, in modo da formare un insieme metodologico. Naturalmente, questa combinazione di due tipi di ermeneutica abbastanza diversi è un’arte che necessita di un costante rimaneggiamento.
Qui Benedetto si riferisce alla lettura della Scrittura come a un’“arte”, non solo a un metodo, a un mestiere, a un’abilità o a un progetto. Ha bisogno della giusta “ermeneutica” o principio interpretativo, lente interpretativa. Nei tempi moderni, in considerazione della Scrittura si è sviluppata quella che è stata chiamata una “ermeneutica del sospetto” intesa a sfidare la lettura chiara dei testi, per porre in risalto nuove interpretazioni. Questo approccio pernicioso ha portato qualcuno, diciamo un gesuita, a leggere la Bibbia e poi a dire che ciò che leggiamo nella Scrittura riguardo, diciamo agli atti omosessuali, era sbagliato. Altrimenti potrebbe esserci qualcuno, diciamo un cardinale tedesco, che riguardo alle parole di Cristo riguardo, ad esempio, al matrimonio, conclude che se Cristo non aveva proprio torto, allora aveva ragione. A questo siamo arrivati ora. La Scrittura deve essere letta in modo diverso, attraverso la lente della nostra esperienza vissuta. La Scrittura significa ciò che significa e, sorpresa, non significa ciò che significa allo stesso tempo.
Ciò che Ratzinger invoca non è un'ermeneutica del sospetto ma piuttosto un'ermeneutica della fede. Anche quest’ultima cerca di “leggere tra le righe”, ma da un punto di partenza diverso e per una ragione diversa.
Torniamo a Ratzinger che pensa che il metodo storico-critico possa essere adeguatamente applicato purché controllato, corretto e guidato:
Ma ciò può essere realizzato, e di conseguenza le grandi intuizioni dell’esegesi patristica potranno dare ancora una volta i loro frutti in un nuovo contesto…. Non pretendo di affermare che questa combinazione delle due ermeneutiche sia già pienamente compiuta nel mio libro. Ma spero di aver fatto un passo significativo in quella direzione. Si tratta, in fondo, di mettere finalmente in pratica i principi metodologici formulati per l'esegesi dal Concilio Vaticano II (in Dei Verbum 12), compito finora purtroppo poco tentato.
La chiave qui è il riferimento di Benedetto ai Padri della Chiesa, “esegesi patristica”. I Padri della Chiesa furono teologi, insegnanti, per lo più vescovi, dai tempi dell'età apostolica e sub-apostolica (coloro che conobbero gli apostoli e i loro immediati successori) fino a quella che gli studiosi secolari chiamano "tarda antichità", all'incirca dalla fine del III secolo fino al VII secolo fino al periodo altomedievale. Gli scritti dei Padri sono talvolta divisi in quelli precedenti e successivi al Concilio di Nicea (325 d.C.). Ci sono molti di questi scrittori. Conosciamo i cosiddetti Grandi Padri d'Oriente e d'Occidente, rispettivamente, Atanasio, Gregorio di Nazianzo, Basilio di Cesarea, Giovanni Crisostomo, così come Ambrogio, Girolamo, Agostino e Gregorio I. Ciò che distingue il loro approccio alle Scritture è che credevano di essere in contatto con Cristo, presente nella Parola inerrante di Dio, e di aver il compito assegnato da Dio di insegnare la Verità per la salvezza delle anime. Insomma, dopo una lunga divagazione, leggono “devotamente” la Scrittura.
Per Benedetto questo è il correttivo da applicare all'approccio, chiamiamolo così, della “curiosità” e del “sospetto”. Ci aiuta anche a comprendere i nostri ruoli nel sacro culto liturgico.
Una cosa è assistere al Vetus Ordo (o Novus) e poi discernere come viene celebrato (correttamente o sciattamente) oppure lasciarsi prendere e poi catturare dai dettagli: “Spostano il libro dall'altra parte. È davvero fantastico. Potremo quindi scoprire di più sul motivo per cui ciò è stato fatto. Ciò non significa necessariamente una partecipazione piena, consapevole e attiva al movimento del libro. Quando abbiamo assimilato il gesto – e tutti i gesti nella Messa sono gesti di Cristo con le nostre mani – così che anche noi, nello spostamento del libro, apriamo la mente e il cuore al contenuto, alla Persona, che sta per essere proclamato come offerta sacrificale al Padre, è allora che facciamo quello che hanno fatto i Padri, che fa sì che tutte le cose tecniche che conosciamo valgano qualcosa di più di qualche punto nella serata Marchio registrato cattolico.
Torniamo all'inizio della nostra lettura della Scrittura con la preghiera. Recentemente ci è stata consegnata l’immagine di ammucchiare carboni ardenti sulla testa di coloro che ci fanno del male essendo gentili con loro, dando loro con carità ciò di cui hanno bisogno. Ecco un'altra immagine del carbone ardente che riguarda questo argomento, vale a dire che il contatto con la Scrittura è un'impresa sacra e misteriosa, da non manomettere. È tempo di smettere di calzari.
Nel Vetus Ordo, il sacerdote o il diacono, prima di leggere o cantare il Vangelo, si inchina profondamente, il diacono addirittura si inginocchia, e recita due preghiere. Solo il secondo di questi atti è entrato nel Novus Ordo. La prima preghiera fa riferimento a Isaia che riceve da Dio la sua missione di profeta (Isaia 6). Isaia ebbe una visione del Paradiso. Comprese profondamente la sua indegnità e si definì un uomo dalle “labbra impure” (v. 4). Uno dei Serafini (il più alto degli angeli) volò da lui e gli mise sulla bocca un carbone ardente proveniente dall'altare celeste. Dopodiché Isaia fu incoraggiato a dire: “Mandami!”
Prima c'è stata la purificazione, la preparazione. Dopo c'è stata la messa in servizio, il discorso.
Ecco le due preghiere che precedono la lettura del Vangelo nel Vetus Ordo, alle quali ogni cattolico battezzato può partecipare con la lingua del suo cuore mentre il sacerdote si inchina davanti all'altare, essendo bruciato, incaricato:
Purifica il mio cuore e le mie labbra, o Dio onnipotente, che purificasti le labbra del profeta Isaia con un carbone ardente, e concedi, per la tua benigna misericordia, di purificarmi, affinché io possa annunciare degnamente il tuo santo Vangelo. Per Cristo nostro Signore. Amen.Dammi la tua benedizione, o Signore. Il Signore sia nel mio cuore e sulle mie labbra, affinché io possa degnamente e convenientemente annunciare il suo santo Vangelo. Amen.
Forse si potrebbe modificare leggermente questa preghiera dicendo: "affinché io possa leggere/ascoltare fruttuosamente il tuo Santo Vangelo".
Per la vostra preparazione alla Santa Messa, provate ad esaminare ciò che ascolterete domenica, magari anche con qualche giorno di anticipo. Per il vostro contatto continuo con il mistero che trasforma, potreste quindi rivedere ciò che avete ascoltato per diversi giorni. Giorno dopo giorno. Settimana dopo settimana. Contatto costante. Incontri devoti con la Parola. Potete compier questo anche come opera di misericordia, lucrando le indulgenze.
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A I U T A T E, anche con poco,
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l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
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2 commenti:
Tutti questi esegeti postmoderni come già moderni, tutti quei Biglino, e soci, che sproloquiano di Bibbia e di carenza di registratori all'epoca, si dimostrano infine incapaci di leggere ció che è scritto. La meraviglia di leggere la Genesi, ad esempio, è qualcosa di ineguagliabile, in poche pagine esistono notizie storiche di portata rivoluzionaria per il nostro intelletto: vengono svelate tante cose che ad uno sguardo superficiale sfuggono, ma che con l'aiuto di mistici e studiosi ( oggi piuttosto censurati dal 2020 in poi) si medita e si comprendono cose non dette pubblicamente, ma che sono scritte. Lo stesso accostamento dei vari testi sacerdotali, Jhawisti , ecc. è stato fatto in modo sapiente onde occultare ad un primo sguardo le verità del racconto, verità tuttavia che emergono splendide come pietre preziose, seppure inizialmente anche traumatiche. Mi occupai di questa lettura metodica, con confronti multipli su altri passi, dopo il trauma delle visioni di don Guido Bortoluzzi, tanto contestate, che di logicità ne hanno. Mi dissi che se erano autentiche non potevano contraddire la Genesi. Ed iniziai a leggere e studiare e cercare e valutare. E non sono emerse contraddizioni, anche se dissento da alcune interpretazioni della curatrice Renza Giacobbi. Persino la creazione vista da don Guido confermerebbe certe scoperte scientifiche. E spiega come siano possibili tante speci di ominidi ed homo faber,sapiens. Senza alcuna evoluzione, ma creazione per seme, e peccato originale che origina due genealogie, Caino e Set, come in Genesi. Genealogie distrutte dal diluvio con salita sull'arca, di una discendente di Caino come moglie di Noè della stirpe di Set. Con tre figli di Noè e mogli. Ma nuovo peccato di Cam che fa di nuovo divenire dominanti i caratteri già recessivi a causa dell'estinzione diluviana. E Abramo è contemporaneo di Sem figlio Noè, cioè due speci diverse, una di superuomini con vita lunghissima e l'altra ridottissima. Noè peraltro è ancora vivo quando nasce Abramo, tutto scritto nella Bibbia.Nessun alieno!
SAN DOMENICO SAVIO Apparso dopo la sua morte a San Giovanni Bosco, disse: La cosa più consolante per me in
punto di morte fu
il pensiero di esser stato devoto della Madonna! - Amate tanto la Madonna e fatela amare!
«Se anche ti trovassi già con un piede nell'inferno, e ricorri e ti affidi all'Immacolata, Ella, Regina onnipotente, ti strapperà dall'inferno e ti salverà».
(San Massimiliano Kolbe)
ATTO DI CONSACRAZIONE
(Secondo San Luigi Maria di Montfort).
Io, (nome), peccatore infedele, rinnovo oggi e ratifico nelle tue mani, O Maria Immacolata, i voti del mio Battesimo.
Rinunzio per sempre a Satana, alle sue seduzioni e alle sue opere e mi dò interamente a Gesù Cristo, la Sapienza incarnata, per portare la mia croce dietro a Lui tutti i giorni della mia vita.
E affinchè io gli sia più fedele che nel passato, ti scelgo oggi, o Maria, alla presenza di tutta la Corte celeste, per mia Madre e Padrona.
A Te, come uno schiavo, io abbandono e consacro il mio corpo e l'anima mia, i miei beni interni ed esterni e il valore stesso delle mie buone opere passate, presenti e future, lasciandoti un intero e pieno diritto di disporre di me e di tutto ciò che mi appartiene, senza eccezione, a tuo piacimento, alla maggior gloria di Dio nel tempo e nell'eternità.
Pater-Ave-Gloria...
Amen.
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