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giovedì 31 ottobre 2024

La circolarità conciliare della sinodalità

Nella nostra traduzione da The Catholic Thing una riflessione sulla conclusione del Sinodo. Qui l'indice degli articoli dedicati al Sinodo sulla sinodalità.
La circolarità conciliare della sinodalità
Robert Royal 23 ottobre 2024

I logici hanno identificato — e confutato — quello che definiscono un “argomento circolare”. Per fare un esempio, un argomento circolare si presenta più o meno —La Chiesa sinodale è la Chiesa prevista dal Concilio Vaticano II.
—Perché?
—Perché il Concilio Vaticano II ha previsto la Chiesa sinodale.

In un argomento circolare, la conclusione è nella premessa — e questo è tutto.
A chi propone questo argomento particolare non importa che Lumen gentium (“La Costituzione dogmatica sulla Chiesa”) non utilizzi mai il termine ‘sinodale’ come è usato qui e non suggerisca nemmeno lontanamente ciò che l’argomento circolare presuppone. Eppure l’Università Gregoriana di Roma ha annunciato lunedì che, alla conclusione dell’attuale sinodo, terrà una conferenza di tre giorni intitolata “Dal Concilio al Sinodo. Rileggere il cammino di una Chiesa 60 anni dopo Lumen Gentium (1964-2024)”.

Per evitare che qualcuno possa pensare che ciò sia inteso semplicemente come una panoramica storica, la “rilettura” che avrà luogo racconterà “la storia del cammino della Chiesa, che il congresso intende rileggere, assumendo la circolarità tra Sinodo e Concilio come criterio di interpretazione: rileggere il Sinodo alla luce del Concilio e il Concilio alla luce del Sinodo. I 60 anni di cammino della Chiesa sono una sfida per comprendere la complessità del processo di ricezione e la questione se ciò che la Chiesa sta vivendo con il processo sinodale sia realmente il frutto maturo del Concilio e della sua proposta ecclesiologica” (corsivo mio).

Si può tranquillamente presagire che, nonostante la mancanza di prove, la “circolarità” qui menzionata senza imbarazzo risponderà affermativamente alla domanda se il “processo sinodale” sia il frutto maturo del concilio.

Tuttavia, la maggior parte dei delegati al sinodo ha espresso profonda stanchezza per la natura ripetitiva di ciò che è già accaduto. Come ha detto uno: “Stiamo annegando nella m…”, scandendo con enfasi l’ultima parola. Diversi giornalisti sono già andati a casa. (Anche il vostro umile scriba dovrà farlo sabato per assolvere ad altri doveri, prima delle votazioni finali sul documento sinodale, ma seguirà un’analisi).

Diversi altri commentatori, che un tempo consideravano il sinodo come una prova entusiasmante di una Chiesa “in movimento”, ora scrivono, in uno stato d’animo cupo, di una “delusione” potenzialmente pericolosa dopo anni di lavoro, se non si materializzeranno cambiamenti sostanziali. Si arriva persino a temere che la Chiesa possa perdere un’intera generazione di donne.

Il vescovo Georg Bätzing, presidente della Conferenza episcopale tedesca, avrebbe detto la stessa cosa durante il sinodo: “Per la sfera culturale da cui provengo, una risposta a questa domanda [le donne diacono] determinerà se le donne continueranno a cercare e trovare la loro casa nella Chiesa”.

Non sembra tanto un argomento quanto un ultimatum. Che difficilmente funzionerà.

Tutto ciò che abbiamo sentito dire dal papa, da alcuni portavoce sinodali e dalle poche fughe di notizie — a Roma è un piccolo miracolo che i partecipanti non abbiano abbondantemente spifferato tutto ai loro canali preferiti — ci fa credere che l’approvazione delle diaconesse non avverrà al sinodo.

(A proposito, questa sessione del sinodo ha preso la straordinaria decisione — presumibilmente per garantire riservatezza e franchezza tra i commentatori — di non inviare il testo della bozza del documento ai partecipanti in formato elettronico. È stato anche loro proibito di copiarlo o fotografarlo.)

Un osservatore imparziale potrebbe pensare che dopo una, poi due sessioni di un mese; dopo l’istituzione di dieci “gruppi di studio” per affrontare “questioni scottanti”; dopo diversi studi precedenti sulla possibilità di introdurre le diaconesse che hanno risposto “no”; la questione sarebbe stata risolta. Ma il sinodo continua a stuzzicare.

Solo la scorsa settimana è stato programmato un incontro tra i rappresentanti del gruppo che sta studiando questa questione, a cui si dice che si siano presentate circa 100 persone. Si vociferava che sarebbe stato presente anche il Cardinal Fernández, ma non ci è andato perché, secondo quanto dice lui, ci sono stati un equivoco e un’emergenza medica che ha coinvolto il Segretario dottrinale del Dicastero. Invece, sono stati distribuiti biglietti con l'indirizzo e-mail a cui inviare commenti a coloro che si sono presentati. La rabbia è divampata. Un nuovo incontro con il cardinale è ora programmato per giovedì. Sarà… interessante.

Nel frattempo, c’è un altro evento formale: la “conferenza” di tre giorni presso l’Università Gregoriana. Non sarà solo un esercizio puramente accademico. Tra i relatori principali ci sono il Cardinal Jean-Claude Hollerich, S.J., relatore generale del Sinodo, e il Cardinal Mario Grech, segretario generale del Sinodo, insieme a due sacerdoti, Riccardo Battocchio e Giacomo Costa, segretari speciali del Sinodo.

A rischio di sembrare cinici, questo è forse un ultimo disperato tentativo di far sembrare l’intero processo sinodale ciò che non è sembrato finora — vale a dire: consequenziale? Stabilendo una connessione tra i pessimi risultati del sinodo e i giorni inebrianti del Concilio di sessant’anni fa? O è l’inizio di un altro giro di argomentazioni aperte e vaganti nella speranza che forse in qualche modo, da qualche parte, una scintilla possa accendersi?

Nel frattempo il mondo, come è sua abitudine consolidata, va a rotoli.

Alla fine, come ben ci insegna molta esperienza precedente, niente di tutto questo ha davvero importanza, se non nel senso che ha creato l’impressione che la Chiesa non sappia più cosa fare di sé stessa. Che brancoli nel buio, provando vari modi di gestire le divisioni interne. Che cambiamenti radicali potrebbero essere in vista, o forse no. Che una parte della gerarchia cattolica vorrebbe arrendersi alle norme occidentali postmoderne, ma non riesce a convincere tutti gli altri a farlo. Che molti sono arrabbiati, quasi tutti frustrati.

Niente di tutto questo ha importanza perché alla fine spetterà a Papa Francesco fare di questo pasticcio ciò che vuole. Preghiamo per lui. 

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

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