Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 7 ottobre 2024

Sui fatti di sabato a Roma

Qui l'indice degli articoli sulla realtà distopica.
Sui fatti di sabato a Roma

Come ampiamente prevedibile, la manifestazione di sabato 5 scorso a Roma, con epilogo di scontri con la polizia, è servita solo a complicare la vita a chi sostiene la legittima e giusta causa della solidarietà al popolo palestinese e la legittima e giusta condanna di uno Stato (Israele) che esprime ferocia ingiustificata e fa di tutto per aizzare un conflitto generalizzato nell’area, come conviene al suo potente padrino americano.
Il problema non è la legalità fine a se stessa – quando è necessario la legalità va sfidata – ma il fatto che politicamente si concede a chi non gliene frega nulla della costruzione sociale di una reale opposizione sia alla condotta genocidaria israeliana sia all’aumento esponenziale di una guerra generalizzata (a questo punto dovrebbe essere abbastanza chiaro anche ai più scettici la volontà americana di andare a un’estensione del conflitto in un’area che ritiene strategica per il mantenimento del suo ruolo egemonico mondiale) di conquistare le prime pagine della cronaca.
Come scrivevo sabato
(https://www.facebook.com/antonio.catalano.100483/posts/pfbid02scZxCgjuUjZsshYqNQ3rLnStbmqx7uvzcg71WpCjEJvm6ySAvU4V5Wv8E5pK71DRl), 
era politicamente inopportuno organizzare una manifestazione a ridosso del 7 ottobre, proprio per evitare di cadere nel tranello della “narrazione del 7 ottobre” utilizzata da sionisti e filo sionisti a giustificazione dell’aggressività di Tel Aviv, che va ben oltre la Striscia di Gaza, a dimostrazione del fatto che la “reazione” israeliana al 7 ottobre è stato solo un pretesto [e utilizzata anche dai terroristi islamici e sodali per esaltare la "rivoluzione". Il vero problema, difficilmente insolubile, è che ognuno punta all'annientamento dell'altro! E, in ogni crocevia di questa storia infinita, ognuno emula l'altro in efferatezza... È noto che le due etnie si detestano da decenni. Ma c'è stata un'escalation dell'odio motivata non solo dal terrorismo islamico ma anche dalla costante inesorabile irrefrenabile colonizzazione israeliana che rosicchia senza limiti una terra già ridotta ai minimi termini... E in Palestina ci sono anche i cristiani, tra due fuochi... -ndr].
Nell’area politica che ha partecipato alla manifestazione romana di sabato si va dalla solita sottolineatura che i “violenti” non c’entrano nulla con i pacifici dimostranti all’accusa di repressione rivolta alle forze dell’ordine. Per quanto riguarda i primi, be’ c’è da dire che o ci sono o ci fanno, forse tutte e due le cose insieme, non ci vuole la zingara per indovinare come andranno le cose date certe premesse, il copione lo si conosce a memoria, quindi c’è responsabilità politica. Per quanto riguarda i secondi, questi sono oggettivamente, cioè nei fatti, a prescindere dalla più o meno individuale consapevolezza, responsabili di un intorbidamento delle acque utile solo a chi sostiene la deriva guerrafondaia.
Non si scende in piazza per attaccare le “guardie” (mentalità da ultrà e da disadattati sociali), si scende in piazza per dimostrare l’intenzione di voler pubblicamente rappresentare un punto di riferimento per tutti coloro che non tollerano il fatto che un popolo (palestinese) sia trattato come carne da porco e che è nel comune interesse dei popoli contrastare la corsa all’allargamento del conflitto scatenato da chi (Usa) non vuole perdere il controllo del mondo (unipolarismo).
Antonio Catalano, 7 ottobre 2024

2 commenti:

mic ha detto...

Orrendo ma plausibile. È un brutto mondo quello in cui il rispetto internazionale passa soltanto dalla possibilità di estinguere l'altro, ma questo è quanto ci consegna questa epoca.
Riporto uno scritto di Andrea Zhok

Israele e USA contro Iran
La situazione sul piano strategico internazionale sembra oramai delinearsi in forma abbastanza esplicita.

Israele e gli USA si muovono all'unisono e sono disposti a tutto pur di perseguire il loro intento ultimo, che è l'eliminazione integrale dell'Iran come minaccia regionale.

Le cautele residue sono legate alle sole necessità di ridurre i possibili danni a città israeliane e alle basi americane nell'area. La prima cosa che deve essere chiara è che l'Iran non ha nessuna possibilità di resistere a lungo ad un attacco israeliano sostenuto dagli USA, anche se l'attacco rimane convenzionale. Il principale limite di Israele sta nell'entità delle risorse (umane, militari, finanziarie) necessarie per una guerra totale, ma questa entità è amplificata indefinitamente dal canale di rifornimento a perdere degli USA. La dirigenza iraniana lo sa bene e dunque continua a muoversi in maniera da lasciare margini ad un raffreddamento del conflitto, effettuando sempre risposte misurate. La seconda cosa chiara è che una sconfitta strategica dell'Iran, che lo sopprima come attore regionale, riconducendolo all'esistenza umbratile di un Iraq, non è solo una catastrofe per l'Iran, ma anche per Russia e Cina. L'Iran è in sempre maggior misura uno snodo fondamentale per i due maggiorenti dei BRICS come via di passaggio commerciale, come baluardo regionale e come produttore di materie prime (gas innanzitutto). Un Iran "irakizzato" sarebbe disastroso per le aspirazioni future di Cina e Russia, che di ciò hanno piena consapevolezza. Nell'ultimo mese ci sono stati colloqui al massimo livello tra dirigenti iraniani e cinesi da un lato (il ministro degli esteri Wang Yi) e russi dall'altro (il primo ministro russo Mishustin era a Teheran proprio alla vigilia della risposta iraniana).

mic ha detto...

Segue
Questo ci porta alla terza e decisiva questione. Posto che Russia e Cina non possono permettersi di perdere l'Iran come alleato regionale e posto che l'intenzione di Israele e USA è precisamente quella di "irakizzare" l'Iran, cosa possono fare i due leader dei BRICS per evitare questo esito? La diplomazia e le forme di "moral suasion" in questa fase storica sono aria calda. Se ci fosse la prospettiva di un conflitto di lungo periodo, come è stato in Siria, sarebbe possibile un intervento russo strutturato nell'area, con la costruzione di basi, e la Cina potrebbe operare, come fa ora, da stabilizzatore finanziario per la Russia. Ma se lo scenario è quello di USA + Israele che si concentrano nella demolizione dell'Iran potrebbe non esserci alcun "lungo periodo".
L'unica via che mi pare realisticamente percorribile è che la Russia giochi con l'Iran lo stesso ruolo che gli USA giocano con Israele, di supporto militare ed economico illimitato. Ma finanziariamente la Russia non è nelle condizioni di competere con gli USA, probabilmente neanche con il sostegno laterale della CIna, e sul piano degli armamenti convenzionali la Russia ha ancora da finir di sbrigare la faccenda ucraina, che richiederà un impegno consistente ancora almeno per sei mesi, e dunque non può far convergere grandi quantità di armamenti di cui ha bisogno in prima persona. Dunque fa capolino, a mio avviso, un'unica soluzione per stabilizzare l'area ed impedire che Israele + USA abbiano la tentazione di andare allo scontro finale con l'Iran: la consegna della Russia all'Iran di un contingente limitato di testate nucleari, magari anche solo tattiche. Tecnicamente non è un'operazione banale. Non è come consegnare una pistola. Ci voglio anche tecnici di supporto e massima segretezza. Ma è fattibile e sarebbe un "game changer". Una volta ottenute le testate e rese operative l'Iran dovrebbe svolgere un test interno, in modo da segnalare pubblicamente la disponibilità di una forza bastante a distruggere una città Israeliana o qualunque base americana nell'area. Questo segnale dovrebbe essere sufficiente a ristabilire un nuovo equilibrio nell'area, dove a questo punto tutti i protagonisti apparirebbero in grado di infliggere colpi insopportabili alla controparte. È un brutto mondo quello in cui il rispetto internazionale passa soltanto dalla possibilità di estinguere l'altro, ma questo è quanto ci consegna questa epoca. E francamente credo che questo ragionamento tra Russia e Iran sia già stato fatto. Andrea Zhok