(come fu scritta dal Beato Bartolo Longo)
Da recitare, a mezzogiorno,
l’8 di Maggio e
la Prima Domenica di Ottobre
✠ In Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Così sia.
Salve Regina…
Ave Maria…
Salve Regina…
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✠ In Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Così sia.
I. - O Augusta Regina delle Vittorie, o Vergine Sovrana del Paradiso, al cui Nome potente si rallegrano i Cieli e tremano per terrore gli abissi, o Regina Gloriosa del Santissimo Rosario, noi tutti, avventurati figli Vostri, che la bontà Vostra ha prescelti in questo secolo a innalzarvi un Tempio in Pompei, qui prostrati ai Vostri piedi, in questo giorno solennissimo della Festa dei novelli Vostri trionfi sulla Terra degl'idoli e dei demoni, effondiamo con lacrime gli affetti del nostro cuore e, con la confidenza di figli, Vi esponiamo le nostre miserie.
Deh! Da quel Trono di clemenza ove sedete Regina, volgete, o Maria, lo sguardo Vostro pietoso verso di noi, su tutte le nostre famiglie, sull'Italia, sull'Europa, su tutta la Chiesa; Vi prenda compassione degli affanni in cui volgiamo e dei travagli che ne amareggiano la vita.
Vedete, o Madre, quanti pericoli nell'anima e nel corpo ne circondano: quante calamità e afflizioni ne costringono!
O Madre, trattenete il Braccio della Giustizia del Vostro Figliuolo sdegnato e vincete con la clemenza il cuore dei peccatori: sono pur nostri fratelli e figli Vostri, che costarono Sangue al dolce Gesù, e trafitture di coltello al Vostro sensibilissimo Cuore.
Oggi mostratevi a tutti qual siete, Regina di Pace e di Perdono.
Salve Regina…
II. - È vero, è vero che noi per primi, benché Vostri figliuoli, con i peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù e trafiggiamo novellamente il Vostro Cuore.
Sì, lo confessiamo, siamo meritevoli dei più aspri flagelli.
Ma Voi ricordateVi che sulla vetta del Golgota raccoglieste le ultime stille di quel Sangue Divino, l'ultimo Testamento del Redentore moribondo e quel Testamento di un Dio, suggellato con il Sangue di un Uomo-Dio, Vi dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori.
Voi, dunque, come nostra Madre, siete la nostra Avvocata, la nostra Speranza e, noi gementi, stendiamo a Voi le mani supplichevoli, gridando: Misericordia!
Pietà vi prenda, o Madre buona, pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri fratelli estinti e, soprattutto, dei nostri nemici e di tanti che si dicono Cristiani e pur dilacerano il Cuore amabile del Vostro Figliuolo.
Pietà, deh! Pietà oggi imploriamo per le Nazioni traviate, per tutta l'Europa, per tutto il Mondo, che torni pentito al cuor Vostro. Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia.
Salve Regina...
III. - Che vi costa, o Maria, l'esaudirci? Che vi costa il salvarci?
Non ha Gesù riposto nelle Vostre mani tutti i tesori delle Sue Grazie e delle Sue Misericordie?
Voi sedete Coronata Regina alla Destra del Vostro Figliuolo, circondata di Gloria immortale su tutti i Cori degli Angeli.
Voi distendete il Vostro Dominio per quanto son distesi i Cieli e a Voi la Terra e le creature tutte che in essa abitano sono soggette.
Il Vostro dominio si estende fino all'inferno e Voi sola, o Maria, ci strappate dalle mani di Satana.
Voi siete l'Onnipotente per Grazia; Voi dunque potete salvarci.
Che se dite di non volerci aiutare, perché figli ingrati e immeritevoli della Vostra protezione, diteci almeno a chi altri mai dobbiamo ricorrere per essere liberati da tanti flagelli.
Ah, no! Il Vostro Cuore di Madre non patirà di veder noi, Vostri figli, perduti.
Il Bambino che noi vediamo sulle Vostre Ginocchia e la Mistica Corona che miriamo nella Vostra Mano, ci ispirano fiducia che noi saremo esauditi.
Noi confidiamo pienamente in Voi, ci gettiamo ai Vostri piedi, ci abbandoniamo come deboli figli tra le Braccia della più tenera fra le madri e, oggi stesso, sì, oggi da Voi aspettiamo le sospirate Grazie.
Salve Regina...
CHIEDIAMO LA BENEDIZIONE A MARIA.
Un'ultima Grazia noi ora Vi chiediamo, o Regina, Che non potete negarci in questo giorno solennissimo.
Concedete a tutti noi l'amore Vostro costante e, in modo speciale, la Vostra Materna Benedizione.
No, non ci leveremo dai Vostri piedi, non ci staccheremo dalle Vostre ginocchia, finché non ci avrete benedetti.
Benedite, o Maria, in questo momento, il Sommo Pontefice.
Ai prischi allori della Vostra Corona, agli antichi Trionfi del Vostro Rosario, onde siete chiamata Regina delle Vittorie, deh! aggiungete ancor questo, o Madre: concedete il trionfo alla Religione e la pace alla umana società.
Benedite il nostro Vescovo, i Sacerdoti e, particolarmente, tutti coloro che zelano l'onore del Vostro Santuario.
Benedite infine tutti gli Associati al Vostro novello Tempio di Pompei, e quanti coltivano e promuovono la Divozione al Vostro Santo Rosario.
O Rosario Benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio; Vincolo di Amore che ci unisci agli Angeli; Torre di Salvezza negli assalti d'inferno; Porto sicuro nel comune naufragio, noi non Ti lasceremo mai più.
Tu ci sarai conforto nell'ora di agonia; a Te l'ultimo bacio della Vita che si spegne.
E l'ultimo accento delle smorte labbra sarà il Nome Vostro soave, Regina del Santo Rosario della Valle di Pompei; o Madre nostra cara, o unico Rifugio dei peccatori, o sovrana Consolatrice dei mesti.
Siate ovunque Benedetta, oggi e sempre, in Terra e in Cielo.
Così sia.
Salve Regina…
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INDULGENZE
Questa Supplica, approvata dalla Sacra Congregazione dei Riti, è stata arricchita dal Sommo Pontefice Leone XIII d’Indulgenze di sette anni e sette quarantene, per chi, con cuore almeno pentito e devoto, la recita l’Otto Maggio e la prima Domenica d’Ottobre (Rescritto, 17 Giugno 1887).
Il Santo Padre Pio X ha confermate in perpetuo tali Indulgenze e le ha rese applicabili alle Anime del Purgatorio (Rescritto, 28 Novembre 1903).
6 commenti:
La preghiera ci è stata donata per poter cambiare ciò che solo Lui può cambiare.
A cominciare dal nostro cuore.
RB
Correva l’anno 1860 e don Pasquale Bortone, sacerdote della città di Lecce, preso dalla novità dei tempi dell’unità d’Italia, e allettato da giovanili passioni, volle apostatare e iscriversi alla massoneria, dismettendo l’abito talare. Sebbene non avesse alcuna voglia di seguire la fede insegnatagli, aveva conservato, per lo meno, la recita dell’Ave Maria. Così scriveva dopo la conversione il sacerdote leccese: “Invano cercavo di distrarmi in passatempi e divertimenti: invano io cercavo la pace in quanto di lusinghiero e dilettevole potesse offrirmi il nuovo mio stato: i rimorsi erano sempre lì a straziarmi l’animo, e a cacciarmi il sonno dagli occhi… Io pregavo sempre la Madonna, quantunque senza fiducia”.
Nel 1888 il Bortone, dopo essere stato in varie città, rientrò a Lecce, ma così malandato in salute, che faceva pietà. Infatti, soffriva disturbi gravi del sistema nervoso, parziale paralisi in quasi tutta la persona, per cui aveva un tremore continuo agli arti inferiori e superiori con indebolimento considerevole di forze. Aveva altresì disturbi intellettivi, poiché credeva che tutti gli volessero del male, diffidava quasi sempre di ogni persona e di ogni cosa. Ridotto in questo stato Pasquale Bortone per ben due volte tentò di suicidarsi. A Lecce fu preso in cura dal dott. Luigi Sellitto che si era rassegnato a vederlo ridotto in tale stato, non potendo sperare in alcuna guarigione. La paralisi, invadendo le braccia e le mani, aveva ridotto il Bortone in modo tale da renderlo incapace persino di apporre la propria firma al certificato della pensione e di delegarvi il fratello, Giuseppe Bortone (Istrumento del 23 luglio 1889 redatto dal notaio Enrico Rizzo di Lecce). In mezzo a queste difficoltà, Pasquale ebbe la sorte di essere accolto nella famiglia di un suo nipote, avvocato del foro leccese, Nicola Bortone. Questi, era devoto della Madonna di Pompei, visitava spesso la Basilica del Rosario e si era rivolto al Santuario di Pompei per raccomandarsi alla preghiera della confraternita campana.
Giunse la solennità del Rosario dell’ottobre del 1889 e, nella basilica leccese, la famiglia Bortone decise di recitare la novena della Madonna per ottenere la grazia per Pasquale.
Il 29 novembre, la medesima famiglia iniziò la Novena all’Immacolata, chiedendo la medesima grazia e proponendo all’infermo di incominciare tutti insieme una Novena alla prodigiosa Vergine di Pompei, perché potesse ottenere almeno un lenimento a tante corporali sofferenze. Era la notte del primo dicembre, quando il Bortone vide in sogno, ma distintamente, la Beatissima Vergine di Pompei, che gli diceva: Confessati e riconciliati con Dio, che sei ancora in tempo di farlo. Lo stesso accadde il giorno seguente, ma questa volta la paralisi era sparita e l’infermo era guarito. Subito decise di raccontare il fatto al parroco di Santa Maria della Porta, don Giuseppe Caprioli, e poi chiese di conferire con il vescovo Zola, a cui rimise la sua ritrattazione e il suo desiderio di reintegro nella fede cattolica. Ecco la sua testuale dichiarazione:
«Io qui sottoscritto sacerdote Pasquale Bortone, preso dalla grazia di Dio, e per il patrocinio di Maria SS. di Pompei, mi ritratto di tutto ciò che ho potuto dire, o fare contro di Dio, della Chiesa e degli obblighi del mio stato. Prego Iddio e Maria Santissima aiutarmi sempre, onde con una buona vita possa riparare lo scandalo dato, e morire in seno della Chiesa Cattolica. Lecce, il 3 dicembre 1889. Bortone Pasquale, sacerdote»
Segue
La conversione fu completa; mons. Zola, poté così riabilitarlo al ministero sacerdotale. Quindi lo ammise alla celebrazione del divino sacrificio. Venne ordinata a ciò una giornata solenne, il capodanno del 1890. La chiesa scelta per la funzione fu chiaramente la Basilica del Rosario di Lecce, dove don Pasquale, dopo 30 anni, celebrò la messa e volle raccontare i prodigi di Maria del Rosario di Pompei, che lo aveva convertito e guarito, chiedendo a tutti perdono degli scandali dati. Quanti erano in chiesa non seppero trattenere le lacrime per la commozione; riconoscevano tutti in quell’uomo un portento della Misericordia di Maria. E il vescovo Zola, colpito dalla pubblica testimonianza, ne scrisse e tramandò il fatto, che è così giunto fino a noi.
Questo prodigioso evento ci spinge a celebrare devotamente la solennità della Madonna del Rosario per impetrare ancora i favori celesti dalla Vergine Maria.
Bravi! Testo originale, che è bellissimo, e non la versione "aggiornata" anni '70!!!
Il Santo Rosario, recitato con profonda devozione, copre le nostre miserie umane.
È come se l'Immacolata ci rivestisse del suo regale mantello, cucito con i suoi encomiabili meriti di Corredentrice, per farci simili a Lei e guadagnarci, così, un posticino nel Cielo.
«Vergine madre, figlia del tuo Figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'eterno consiglio,
tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l'amore
per lo cui caldo ne l'eterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se' a noi meridïana face di caritate,
e giuso, intra i mortali,
se' di speranza fontana vivace.
Donna, se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia ed a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz'ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s'aduna
quantunque in creatura è di bontate».
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