Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 25 novembre 2024

Perché le dimissioni di Papa Benedetto erano valide: risposta al dr. Mazza

LSNews, 21 Nov 2024 – articolo nella sezione ‘Opinion’ : ‘Why Pope Benedict’s resignation was valid: a response to Dr. Mazza’. Segue breve presentazione dell’articolo stesso da parte di Mic. L’articolo è corredato da 17 note, quasi tutte di riferimento, cioè dedicate all’indicazione delle fonti e ad alcuni ringraziamenti. Non averle tradotte non incide sulla comprensione dell’articolo, che fornisce a nostro avviso elementi utili a far chiarezza sull’assurda querelle. [Traduzione a cura della nostra redazione].
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Di seguito la replica ad un articolo tra i più interessanti sulla questione — tuttora controversa e recentemente tornata alla ribalta su più fronti più o meno qualificati — dell'abdicazione di Benedetto XVI e relative conseguenze sia sul papato in genere che sul pontificato successivo. Qui l'articolo cui O'Reilly risponde. Qui l'indice degli articoli sui 'due papi'.

Steve O’Reilly, Perché le dimissioni di
Papa Benedetto erano valide: risposta al dr. Mazza.


Il presente pontificato è stato, per usare un eufemismo, fonte di grande confusione. Per spiegare questo fatto, alcuni si sono arbitrariamente attribuiti il ruolo di dichiarare invalida l’abdicazione di Benedetto XVI, trasformando in tal modo Francesco in un antipapa. Ma così facendo, questi “Benepapisti” hanno solo aumentato la confusione dominante, oltre al rischio di uno scisma.

Un papato sacramentale?
La tesi centrale del dr. Mazza è la seguente: “Quando fu eletto Papa nel 2005, Benedetto era convinto di aver ricevuto un munus sacramentale - non un ufficio semplicemente giuridico”. Pertanto, persino dopo le sue dimissioni, secondo il Dr. Mazza, Benedetto era convinto di aver conservato l’impronta indelebile di questo “munus sacramentale”. Secondo questa teoria, pertanto, Benedetto credeva di esser rimasto in qualche modo papa, cosa che, se vera, renderebbe le sue dimissioni invalide.

Tuttavia abbiamo qui a che fare, in modo chiaro e semplice, con un vano tentativo di processo alle intenzioni. Nel suo articolo e nel suo libro, il dr. Mazza può appellarsi a ciò che Carlo Fantappiè o altri sostengono circa “due concezioni rivali” del papato, ma la realtà è la seguente: il dr. Mazza non ha fornito e non può fornire alcuna chiara dichiarazione di Joseph Ratzinger, sia come teologo, papa o papa emerito, dalla quale risulti il concetto del carattere sacramentale del papato, di un “munus pontificio sacramentale” come quello attribuitogli dal dr. Mazza.

I testi essenziali prodotti dal dr. Mazza per dimostrare la sua tesi, ad una attenta lettura mostrano che egli ha male interpretato passaggi essenziali (e.g. qui). L’esempio forse più notevole lo si ebbe quando il dr. Mazza, durante un podcast di Patrick Coffin, parafrasò un passaggio del libro di Ratzinger, Principi della teologia cattolica, sostenendo che il cardinale “non concordava con coloro che sostenevano non esser il papato un sacramento”. Se autentico, il testo sarebbe la prova che per Benedetto il papato era un sacramento.

Tuttavia, nel mio libro ho dimostrato in maniera definitiva, con l’analizzare l’intero contesto del passaggio ratzingeriano, che il dr. Mazza ha male interpretato la sua fonte. In realtà Ratzinger stava “illustrando la visione generale delle Chiese Orientali circa i problemi posti dalla centralizzazione pontificia, dalla dichiarazione di infallibilità, etc., ovvero [stava riflettendo sul fatto] che, nell’opinione degli Orientali, l’Occidente ha effettivamente concepito il papato come se fosse un altro sacramento – cosa che gli Orientali rigettano”. In sostanza, Ratzinger non stava affermando in questo testo che il papato è un sacramento e nemmeno si mostrava in disaccordo con coloro i quali negano lo sia.

L’interpretazione del dr. Mazza è così erronea che persino una notoria Benepapista, nella sua propria e indipendente analisi del medesimo testo, avrebbe in un secondo tempo considerato tale interpretazione “una cosa veramente folle”.

La tesi del dr. Mazza trova un altro ostacolo nel Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC). Citando il Vaticano II (Lumen Gentium, 21), esso insegna che “la pienezza del sacramento degli Ordini Sacri è conferita dalla consacrazione episcopale” (vedi CC 1557). Poiché è la consacrazione episcopale a conferire la pienezza del sacramento, ne consegue che l’elezione al papato non è uno stadio degli Ordini Sacri, ovvero che non esiste un “munus pontificio sacramentale”. Il problema che la tesi del dr. Mazza si trova qui di fronte, è costituito dal fatto che il Cardinale Ratzinger era il Presidente della Commissione che aveva preparato il Catechismo. Pertanto, non si può ragionevolmente ritenere che Ratzinger si sia opposto a questo insegnamento, al punto di credere nell’esistenza di un “munus sacramentale” prodotto dall’ascesa al Sacro Soglio.

In relazione ai commenti del dr. Mazza su una specifica intervista di Peter Seewald [a Ratzinger], ne affronto l’argomento in un articolo ad hoc.

Munus contro Ministerium?
Dimostrata l’assenza di una qualsiasi netta dichiarazione di Ratzinger sull’esistenza di un supposto “munus pontificio sacramentale”, torniamo all’origine della disputa sul munus. La parte essenziale della sua dichiarazione di dimissioni recita:
“Per questa ragione e ben conscio della serietà di quest’atto, in piena libertà dichiaro di rinunciare al ministero [ministerio] di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, affidatomi dai Cardinali il 19 aprile 2005, ragion per cui, dal 28 febbrario 2013 alle ore 20:00, la Sede di Roma, la Sede di San Pietro, sarà vacante e coloro che ne hanno la competenza convocheranno un Conclave per eleggere il nuovo Supremo Pontefice”.
In questo testo i Benepapisti pretendono che Benedetto avrebbe rinunciato solo al ministerio (ministerium) del papato – il quale secondo loro comprende solamente la gestione dell’ufficio – e non il munus (ufficio) come definito nel c. 332 § 2. Questo canone recita:
“Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio [muneri suo renuntiet], si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente [rite] manifestata – non si richiede invece che qualcuno la accetti”.
Ma, all’opposto di quanto detto dai Benepapisti, il canone in questione non afferma che la parola munus debba esser usata in una rinuncia. Difatti, il canone delinea esplicitamente solo due requisiti: che la rinuncia sia fatta liberamente e che sia manifestata nel modo dovuto. Il diritto canonico non prescrive una formula specifica, né una parola specifica, né una frase che si debbano usare per rinunciare validamene al papato. È da notare che l’autore di un popolare libro benepapista ammette che la parola “munus” non è necessaria per aversi una rinuncia valida mentre altre parole possono essere accettabili.

Quando, nel caso di Celestino V, sorsero dei dubbi sulla possibilità della rinuncia papale, Papa Bonifazio VIII fece riconoscere la legittimità delle dimissioni papali ed inserire nel Liber Sextus un canone su queste dimissioni. In questi documenti non era insegnato né richiesto che si dovesse usare la parola munus. Il documento dottrinale stabiliva che un papa può rinunciare al “papato” mentre il connesso canone affermava che “il Romano Pontefice può liberamente rinunciare”. È anche da notare che il termine “Romano Pontefice” non era richiesto mentre la parola munus non compare affatto.

Ciò che deve esser chiaro, quali che siano la parola o le parole usate, è che esse devono render esplicito il fatto che il papa sta rinunciando al papato. Anche lasciando perdere la discussione su munus contro ministerium, è chiaro che Benedetto rinunciò al papato quando disse che stava rinunciando al “ministero [ministerio] di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro… per modo che la Sede di Roma, la Sede di Pietro resterà vacante”, provocando la necessità di un conclave per eleggere “un nuovo supremo pontefice”. L’importanza di queste parole è chiara. Se la Sede di Pietro è vacante ed occorre un nuovo conclave, il papa non c’è.

La tesi dei Benepapisti è inficiata dal fatto che munus e ministerium sono sinonimi. Entrambi possono significare dovere od ufficio, come è stato dimostrato da Ryan Grant e da P. John Rickert, FSSP, PhD. Persino nel libro del dr. Mazza si cita un autore affermante che munus, ministerium, e officium sono sinonimi. Quest’autore afferma addirittura che il loro significato e la loro sinonimia “dipendono dal contesto della dichiarazione, dall’intento del suo autore, o dallo scopo per il quale si usano”. Tutti e tre questi criteri, applicati individualmente o all’unisono alla dichiarazione di rinuncia costituiscono chiaramente un forte argomento per la validità della stessa.

Inoltre, negli atti ufficiali della Apostolica Sede, gli Acta Apostolicae Sedis, il titolo che corrisponde alla rinuncia di Benedetto recita: Declaratio Summi Pontificis De Muneris Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri Abdicatione. Lo si può tradurre: “Dichiarazione del Supremo Pontefice sull’abdicazione dall’ufficio [munus] del Vescovo di Roma, Successore di San Pietro”. Il titolo indica chiaramente l’abdicazione di Benedetto dall’ufficio (munus) di Vescovo di Roma.

Pertanto, ne segue che ove il testo sotto il titolo dichiara “Rinuncio al ministero [ministerio] di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro”, questo testo deve necessariamente e definitivamente esser inteso come sinonimo del titolo.
Quanto illustrato finora è sufficiente a dimostrare la validità della rinuncia ma possiamo anche aggiungere queste brevi considerazioni.

Lumen Gentium 20 ricorda che il Signore nominò gli Apostoli reggitori della Chiesa, i quali, a loro volta, elessero degli uomini capaci di subentrare nel loro ministero (ministerium), una volta che fossero scomparsi:
“Fra questi ministeri [ministeria] che, secondo la tradizione, erano esercitati nella Chiesa sin dai primi tempi, il posto principale appartiene all’ufficio [munus] di coloro che, elevati all’episcopato, trasmettono il seme apostolico con una successione che dura dalle origini”.
Poiché LG 20 afferma che l’ufficio (munus) dell’episcopato è “tra i ministeri”, ne segue che un munus è un ministero. Perciò, nel caso del papato, chi rinuncia al ministero petrino o ministerium, rinuncia necessariamente al munus petrino. Va dunque ripetuto che la rinuncia di Benedetto XVI era valida.

Conclusione
La rinuncia di Benedetto al papato era dunque valida. Voleva rinunciare completamente al suo ufficio (munus). Possiamo così capire perché, nel giorno stesso della sua abdicazione, 28 febbraio 2013, meno di tre ore dopo la sua rinuncia, egli abbia detto ad un gruppo di pellegrini [di Albano]: “Non sono più Supremo Pontefice della Chiesa Cattolica… Lo sono ancora sino alle otto di stasera, poi non più”.

Spero e prego che i Benepapisti imparino queste chiare parole a memoria; che la smettano di confondere i fedeli; che si tolgano dalla direzione scismatica sulla quale si sono incamminati.

STEVEN O’REILLY è l’autore di Valid? The Resignation of Pope Benedict XVI, e di PIA FIDELIS: I due Regni (primo volume di una trilogia). Ha il blog Roma Locuta Est (www.RomalocutaEst). Si è laureato presso l’Università di Dallas e il Georgia Institute of Technology. Ha lavorato nei servizi di informazione.
Il dr. EDMUND J. MAZZA è stato professore ordinario di storia nell’Università Azusa Pacific in Los Angeles. Per 14 anni ha insegnato storia antica, medievale, del Rinascimento e della Riforma. Egli è l’autore di The Scholastics and the Jews: Coexistence, Conversion and the Medieval Origins of Tolerance, Angelico Press.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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