Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 9 novembre 2024

Sabato 9 novembre Festa della Dedicazione dell’Arcibasilica del SS. Salvatore, Cattedrale di Roma e del mondo

Oggi, sabato 9 novembre, l’Arcibasilica romana del SS. Salvatore, più nota come San Giovanni in Laterano, celebra il 1700° anniversario della sua dedicazione. È un giorno di festa per la Chiesa universale, perché è la sede (la cattedra) del vescovo di Roma, il sommo pontefice. Il Laterano, non San Pietro in Vaticano, è la cattedrale di Roma, "omnium Urbis et Orbis Ecclesiarum Mater et Caput". Sto preparando un articolo ad hoc. Qui alcuni elementi essenziali per la puntualità della commemorazione. Di seguito trovate il testo di dom Guéranger sulla Dedicazione di una Chiesa.

« ... La Parola di Dio in questa solennità richiama una verità essenziale: il tempio di mattoni è simbolo della Chiesa viva, la comunità cristiana, che già gli Apostoli Pietro e Paolo, nelle loro lettere, intendevano come "edificio spirituale", costruito da Dio con le "pietre vive" che sono i cristiani, sopra l’unico fondamento che è Gesù Cristo, paragonato a sua volta alla "pietra angolare" (cfr 1 Cor 3,9-11.16-17; 1 Pt 2,4-8; Ef 2,20-22). "Fratelli, voi siete edificio di Dio", scrive san Paolo e aggiunge: "santo è il tempio di Dio, che siete voi" (1 Cor 3,9c.17). ...
Ciò avviene in modo culminante nella liturgia eucaristica ...
Cari amici, la festa odierna celebra un mistero sempre attuale: che cioè Dio vuole edificarsi nel mondo un tempio spirituale, una comunità che lo adori in spirito e verità (cfr Gv 4,23-24).
Ma questa ricorrenza ci ricorda anche l’importanza degli edifici materiali, in cui le comunità si raccolgono per celebrare le lodi di Dio. Ogni comunità ha pertanto il dovere di custodire con cura i propri edifici sacri, che costituiscono un prezioso patrimonio religioso e storico. Invochiamo perciò l’intercessione di Maria Santissima, affinché ci aiuti a diventare, come Lei, "casa di Dio", tempio vivo del suo amore. (Benedetto XVI, Angelus, 09/11/2008)»

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Festa della dedicazione della Chiesa
Santità delle nostre chiese
Domum Dei decet sanctitudo: Sponsum eius Christum adoremus in ea (Invitatorio di Mattutino). Il pensiero liturgico del giorno è precisato in questa formula invitatoriale. «Deve essere santa la casa di Dio: in essa adoriamo il Cristo, suo sposo». Che mistero è questo di una casa che nello stesso tempo è sposa? Sono sante le nostre Chiese per l’appartenenza a Dio, per la celebrazione del sacrificio, per le preghiere e le lodi che vi si offrono all’ospite divino. Per un titolo più valido di quello che potevano vantare l’antico tabernacolo e il tempio, la dedicazione le ha separate da tutte le case degli uomini e esaltate sopra tutti i palazzi della terra. Tuttavia, nonostante i riti che le riempiono di magnificenza, nel giorno della consacrazione che le riserva a Dio, esse sono sempre senza sentimento e senza vita. Che dobbiamo dire allora, se non che la sublime funzione della dedicazione delle chiese, come pure la festa che ne perpetua il ricordo, non si arrestano al santuario costruito con le nostre mani, ma si elevano a realtà viventi e più auguste? La gloria principale del nobile edificio è simboleggiarne la grandezza. L’umanità sotto l’ombra delle sue volte si inizierà a ineffabili segreti, il mistero dei quali si compirà oltre l’esistenza del mondo, nel meriggio del cielo. Vediamo la dottrina relativa a questo punto.

Il mistero della dedicazione
Dio ha un solo santuario degno di lui: la sua vita divina, il tabernacolo di cui è detto che egli si circonda (Sal 17,12) quando curva i cieli (ivi 10) rende fitte le tenebre (ivi 12) agli occhi mortali, luce inaccessibile (1Tm 6,16) in cui abita nella sua gloria la tranquilla Trinità. Nondimeno, o Dio altissimo, ti degni comunicare alle anime nostre questa vita divina, che i cieli non possono contenere (3Re 8,27) e meno ancora la terra, e fai gli uomini partecipi della tua natura (2Pt 1,4). Nulla allora impedisce che in lui risieda la Santa Trinità. Tu fin dal principio (Pr 8,22) come legge del mondo in formazione (ivi 27) all’abisso, alla terra e al cielo potevi dichiarare che le tue delizie sarebbero nello stare con i figli degli uomini (ivi 31).
Venuta la pienezza dei tempi, Dio mandò il Figlio suo (Gal 4,4) facendolo figlio di Adamo, perché nell’uomo abitasse corporalmente la pienezza della divinità (Col 2,9). Da quel giorno la terra vinse il cielo e ogni cristiano fu partecipe di Cristo e, fatto dimora dello Spirito Santo (1Cor 3,16), portò Dio nel suo corpo (ivi 6,20). Il tempio di Dio è santo, diceva l’Apostolo, e il tempio siete voi, tempio è il cristiano, tempio è l’assemblea cristiana. Poiché Gesù Cristo chiama tutta l’umanità a partecipare della sua pienezza (Gv 1,16; Col 2,10), l’umanità a sua volta completa Cristo (Ef 1,23). Essa fu ossa delle sue ossa, carne della sua carne (Gen 11,23), un corpo solo (Ef 6,30), formando con lui l’ostia, che deve eternamente bruciare sull’altare dei cieli nel fuoco dell’amore; in quanto poi è la pietra d’angolo, su essa sono poste altre pietre viventi (1Pt 2,4-7): l’assemblea dei predestinati, che sotto la cura degli architetti apostolici (1Cor 3,10) sorse tempio santo del Signore (Ef 2,20-22). Così la Chiesa è la Sposa e per Cristo e con Cristo è casa di Dio.
Lo è in questo misero mondo in cui si tagliano, nella fatica e nella sofferenza, le pietre elette, che saranno poi poste nel luogo previsto dal disegno di Dio (Inno di Vespro). Lo è nella felicità del cielo, dove il tempio eterno si accresce di ogni anima partita di quaggiù, in attesa che, compiuto con l’arrivo del nostro corpo immortale, sia dedicato dal nostro grande Pontefice, nel giorno della inimitabile dedicazione che chiuderà i tempi (1Cor 15,24): consegna solenne del mondo riscattato e santificato al Padre che gli diede il proprio Figlio (Gv 3,16), a Dio divenuto tutto in tutti (1Cor 15,28).
Sarà allora evidente che la Chiesa fu l’archetipo mostrato in anticipo sulla montagna (Es 26,30) e che ogni tempio fatto da mano d’uomo non poteva essere che sua figura e ombra (Ebr 8,5; 9,24). Allora la profezia di san Giovanni, il prediletto, sarà realizzata: Ho veduto la città santa, la nuova Gerusalemme, che discendeva dai cieli, ornata come una sposa per lo sposo e ho udito una gran voce che veniva dal trono e diceva: Qui è il tempio di Dio (Ap 21,2.3). Era anche conveniente che questa festa illuminasse con i primi raggi dell’eternità l’anno liturgico al suo declino. È uno degli Angeli che portano le coppe piene dell’ira di Dio che additò all’Evangelista profeta la Sposa dell’Agnello nello splendore dei suoi ricchi ornamenti (ivi 9) e la speranza di contemplarla nella sua gloria sia il nostro conforto nei giorni tristi. L’attesa della sua prossima apparizione animerà i giusti nell’ora degli ultimi combattimenti. Ma già ora, figli della Sposa, applaudiamo alla nostra Madre (Sequenza Ierusalem et Sion filiae) e questo giorno, carissimo al suo cuore, sia pari per noi alle solennità più grandi (Ct 3,11), perché ricorda e la sua nascita al fianco dall’Adamo celeste e la sua consacrazione beata che le dà diritto alle compiacenze del Padre, all’amore del Figlio, alle generosità del divino Spirito.
Quando, all’inizio del secolo XIX, furono rese al culto le chiese di Francia, la Santa Sede dispose che la festa della dedicazione, celebrata prima singolarmente nell’anniversario della dedicazione di ogni chiesa, fosse celebrata da tutte le chiese nello stesso giorno con unica festa, cui fu conservato l’onore del rito doppio di prima classe. La Santa Sede mostrava così che ai suoi occhi la festa della dedicazione conservava tutta la sua importanza. Fissando la festa in domenica la Chiesa assicurava ai fedeli la possibilità di avere ogni anno gli insegnamenti sublimi che da essa derivano e dei quali si compiacevano i nostri padri.

La cerimonia della dedicazione.
Il nome di chiesa dato al tempio cristiano viene dall’assemblea dei battezzati, che si raduna in esso. La dedicazione dell’edificio sacro nell’ispirazione e nella trama che ne fanno una delle più auguste funzioni liturgiche, si ispira alle fasi successive della santificazione del popolo eletto. Da principio il tempio con le pareti nude e le porte chiuse non ci rappresenta altro che l’umanità fatta per Dio, ma vuota di lui a causa del peccato originale. Ma gli eredi della promessa non hanno disperato; anzi, hanno digiunato e pregato nella notte. Il mattino li ha trovati intenti a supplicare con i salmi penitenziali, ispirati a Davide dal suo castigo e dal suo pentimento. All’alba, sotto la tenda in cui risuonava la preghiera dell’esilio (sub tentorio ante fores Ecclesiae consecrandae parato, Pontificale Romano), è apparso il Verbo Salvatore. E la persona del Pontefice, vestito delle insegne del suo ministero, ci rappresenta il Salvatore vestito della nostra natura. Dio fatto uomo si unisce alla preghiera degli altri uomini suoi fratelli portandoli davanti al tempio sempre chiuso, con essi si prostra e raddoppia le suppliche. Attorno al tempio, inconscio dei suoi destini, si delinea allora la paziente strategia che Dio vuole seguano la sua grazia e i ministri di essa, stringendo di assedio le anime smarrite. Tre volte il Vescovo fa il giro dei muri esterni e tre volte tenta di forzare le porte, ostinatamente chiuse; ma è un investimento fatto esclusivamente di preghiere che salgono al cielo, la forza consiste in una persuasione misericordiosa, sospettosa dell’umana libertà: Apritevi, o porte, ed entrerà il Re della gloria. Finalmente l’infedele cede e anche la porta del tempio è conquistata. Pace eterna a questa casa in nome dell’Eterno. Ma non è tutto fatto, anzi ora si incomincia: dell’edificio, ancora profano, bisogna fare una dimora degna di Dio. Introdotto nella chiesa, il Vescovo continua a pregare. L’umanità, di cui la futura chiesa sarà simbolo, assorbe il suo pensiero. Sa che, caduta da tanto tempo, il suo male peggiore è l’ignoranza. Levandosi allora, con il pastorale traccia, su due linee di cenere, che si dirigono trasversalmente da una estremità all’altra del tempio e s’incrociano al mezzo della grande nave, l’alfabeto greco e l’alfabeto latino, elementi primi delle due lingue principali nelle quali si conservano a nostro vantaggio la Tradizione e la Scrittura. Le lettere sono tracciate con l’aiuto del bastone pastorale sulla cenere e sulla croce, perché la scienza ci viene dall’autorità dottrinale, che è compresa solo dagli umili e si riassume in Gesù crocifisso.
Illuminata ora come il catecumeno, l’umanità chiede di essere purificata col tempio e il Pontefice, per preparare gli elementi per tale purificazione, che gli sta a cuore, si ispira ai dati migliori del simbolismo cristiano. Mescola l’acqua e il vino, la cenere e il sale, che figurano l’umanità e la divinità del Salvatore, la sua morte e la Risurrezione. Come Cristo ci precedette nell’acqua del Giordano, le aspersioni cominciano dall’altare, che appunto rappresenta Cristo e proseguono poi nell’intero edificio. Una volta a questo punto non solo l’interno, ma l’esterno dei muri, il pavimento e in qualche luogo anche il tetto erano inondati della pioggia santificante, che caccia il demonio, prepara la casa a Dio e la prepara ai favori che poi seguiranno.
Nell’ordine delle operazioni di salvezza l’acqua chiama l’olio, che col secondo sacramento conferisce al cristiano la perfezione del suo essere soprannaturale, che fa i re, i sacerdoti e i pontefici. Per questo l’olio santo cola adesso a fiotti sull’altare che è Cristo capo, Pontefice e Re, e poi dall’altare, come l’acqua, corre ai muri e alla chiesa intera. Davvero ormai il tempio è degno di questo nome, chiesa, perché le pietre, così battezzate, così consacrate con l’Uomo-Dio, nell’acqua e nello Spirito Santo, rappresentano l’assemblea degli eletti, legati tra loro e con la pietra divina dal cemento indistruttibile dell’amore.
Gerusalemme, loda il Signore, loda il tuo Dio, o Sion! (Sal 147). I canti, che dall’inizio della funzione furono continui e rilevarono della funzione stessa i mirabili sviluppi, raddoppiano adesso di entusiasmo, raggiungono la sommità del mistero e nella Chiesa, intimamente associata all’altare, salutano la Sposa dell’Agnello. Dall’altare l’incenso si eleva a volute e sale fino alle volte percorrendo le navate e impregnando tutto il tempio del profumo dello Sposo. Ecco ora che si avanzano i suddiaconi della Santa Chiesa e presentano al Vescovo i doni fatti in questo grande giorno alla Sposa, le vesti preziose che essa ha preparato per sé e per il Signore. Nei primi secoli del Medioevo, aveva luogo a questo punto la trionfale traslazione delle Reliquie destinate ad essere poste nell’altare, che fino a quel momento erano rimaste sotto la tenda dell’esilio. In Oriente anche oggi la consacrazione della Chiesa si corona così. Vado a prepararvi un posto, disse l’Uomo-Dio, e quando l’avrò preparato, ritornerò a voi, per prendervi con me, affinché dove io sono siate anche voi. Nell’uso dei Greci, il Pontefice depone le Sante Reliquie sulla patena e le porta, elevate sopra la sua testa, onorando, come i venerandi Misteri, i resti preziosi, perché l’Apostolo disse ai fedeli: Voi siete il Corpo di Cristo e sue membra. In Occidente, fino al secolo XIII e oltre veniva sigillato nell’altare, insieme con le Sante Reliquie, il Signore stesso nel suo corpo eucaristico, realizzando così, dice san Pier Damiani, la Chiesa unita al Redentore, la Sposa allo Sposo. Era la consumazione finale, il passaggio dal tempo all’eternità.
Dom Prospero Guéranger

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Quando ricordiamo la consacrazione di un tempio, pensiamo a quanto disse san Paolo:”Ciascuno di noi è tempio dello Spirito Santo”. Speriamo di mantenere la nostra anima bella e pulita, come piace a Dio che siano i suoi templi santi.
Sant’Agostino

Viandante ha detto...

La più antica attestazione della Dedicazione della Basilica del Santo Salvatore appare in un manoscritto di Beda della regione di Geata, che H. Quentin ritiene risalente alla fine del X o all’inizio dell’XI sec., in cui si legge: V Id. nov. dedicatio basilicæ Salvatoris domini nostri Ihesu Christi.
Nel corso dell’XI sec., essa è stata annunciata dal martirologio di san Pietro e dal sacramentario di san Lorenzo in Damaso; forse anche dal martirologio di Santa Maria in Trastevere, che menziona al 10 novembre una dedicatio sancti Johannis ad fontem.
Intorno all’anno 1100, l’antifonario della messa identificato con Vat. lat. 5319, che è un manoscritto composto di 157 fogli e che si pensa di poter attribuire (come editore) al Laterano, indica i testi dei canti per la dedicatio Salvatoris; mentre il passionario del Laterano fornisce le letture dell’ufficio. Nella seconda metà del XII sec., la celebrazione della dedicazione è attestata a san Pietro e si svolge al Laterano con grande solennità. È a quest’epoca che risale la celeberrima festivitas in Urbe di cui parla il canonico Giovanni detto il Diacono, nella sua Descriptio lateranensis ecclesiæ (Giovanni Diacono, Descriptio lateranensis ecclesiæ, 1, ora in R. Valentini – G. Zucchetti, Codice Topografico della Città di Roma, Coll. Fonti per la Storia d’Italia, 3, Roma 1946, p. 332), quando i vari Ordini Romani notano che in tale circostanza la chiesa veniva adornata di festoni e che, in quel giorno, il Pontefice, stando in Roma, celebrava la messa ed i vespri della solennità.

Anonimo ha detto...

Cristo regni!
Domani 10 Novembre la S. Messa domenicale sara'celebrata alle ore 12:oo
all'IBP di Roma - Casa S.Clemente
Via delle Fornaci, 203

mic ha detto...

La Basilica Lateranense, con orgoglio, è chiamata "Madre di tutte le Chiese della Città e del Mondo", poichè precedette di un anno la dedicazione della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Anonimo ha detto...

https://www.newliturgicalmovement.org/2022/11/from-all-saints-to-advent-dedication.html