Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 25 novembre 2024

Dottor Edmund Mazza: Ecco perché ritengo invalido il pontificato bergogliano

Nella nostra traduzione da LifeSiteNews riprendiamo un articolo tra i più interessanti sulla questione — tuttora controversa e recentemente tornata alla ribalta su più fronti più o meno qualificati — dell'abdicazione di Benedetto XVI e relative conseguenze sia sul papato in genere che sul pontificato successivo. Qui l'indice degli articoli sui 'due papi'.

Dottor Edmund Mazza: Ecco perché 
ritengo invalido il pontificato bergogliano
Se Benedetto credeva di potersi dimettere dagli uffici amministrativi, rimanendo papa ciò nonostante, secondo i canonisti le sue dimissioni erano invalide. Quindi, parimenti invalido sarebbe il conclave che elesse Francesco.
Le dimissioni di Joseph Ratzinger del 2013 hanno portato a una situazione del tutto inedita nella storia della Chiesa. Per quasi il decennio successivo, nella Città del Vaticano, due uomini hanno indossato la veste papale bianca, due uomini hanno impartito benedizioni apostoliche ai fedeli e due uomini sono stati formalmente chiamati "Sua Santità".

È certo questo che ispira la domanda se ci possano essere due “Papi” allo stesso tempo. Infatti, come spiego nel mio libro Il terzo segreto di Fatima e la Chiesa sinodale, un piccolo ma crescente numero di esperti ora ritiene che la rinuncia di Benedetto fosse invalida.

Nel libro Benedetto XVI: ultime conversazioni, Peter Seewald ha chiesto a Benedetto se una “riduzione nella capacità di agire [fosse] una ragione sufficiente per scendere dalla cattedra di Pietro”.

Benedetto ha dato una risposta sconcertante: «Si può certamente muovere questa accusa, ma si tratterebbe di un fraintendimento razionale. Il seguace di Pietro non è semplicemente legato a una funzione; l'ufficio entra nel tuo stesso essere. In questo senso, adempiere a una funzione non è l'unico criterio».[1]

Ha aggiunto: “...Anche un padre smette di fare il padre. Non cessa di esserlo, ma lascia le responsabilità concrete. Continua a essere padre in un senso più profondo, più intimo, con un rapporto e una responsabilità particolari, ma senza i compiti del padre... Se si dimette, rimane in un senso interiore nella responsabilità che ha assunto, ma non nella funzione.”

Sembra che, quando nel 2005 divenne papa, Benedetto credesse di aver ricevuto un munus sacramentale, non semplicemente un ufficio [funzione ndT] giuridico, ma un munus per insegnare, santificare e governare - lo insegna il Vaticano II - come quello ricevuto da ogni vescovo quando viene consacrato sacramentalmente. Un vescovo non perde questi munera quando diventa vescovo emerito. E per Ratzinger, neanche un Papa quando diventa "papa emerito". [e così conferma le mie considerazioni [qui] a suo tempo espresse per dimostrare l'ambiguità (in mancanza di questa precisazione successiva) delle motivazioni di Benedetto XVI e della inedita figura del papa emerito -ndT]

Secondo il cardinale Peter Erdo:
...come nel Concilio [Vaticano II], anche nel nuovo Codice [di Diritto Canonico] ' munus ' …non di rado anche… [ha] uno speciale significato teologico dei tre munera [doni] di Cristo (can. 204 § 1) e della Chiesa… a questo senso [di dono] si collegano i passi in cui il legislatore parla del “ munus ” di Pietro (can. 331) o del Romano Pontefice (can. 332 § 2, 333 §§ 1-2, 334). [2]
Nella sua Declaratio dell'11 febbraio, Benedetto ha menzionato il munus petrino, ma non vi ha mai rinunciato.

Contrariamente a Ratzinger ed Erdo, tuttavia, il cardinale Billot, prima del Concilio Vaticano II, spiega che una corretta rinuncia papale significa che non c’è alcun dono o munus , ovvero non rimane nulla della “papità”:
non vi è assolutamente alcun dubbio che il potere pontificio nella linea di Pietro possa giungere alla fine… proprio come questa persona ha cominciato ad essere legittima quando ha accettato la sua elezione a Sommo Pontefice, così cessa di esserlo non appena con la rinuncia distrugge in sé l'effetto dell'elezione... dal fatto stesso dell'abdicazione consegue chiaramente che egli è libero dal pontificato. [3]
Secondo il professor Carlo Fantappiè [qui], la discrepanza di vedute tra Seewald e Ratzinger nasce da due concezioni opposte del papato: «Alla prevalente considerazione giuridica dei canonisti, che ponevano al centro della figura papale il potere di giurisdizione, cioè della dimensione sacramentale dell’episcopato, da cui derivano le altre funzioni specifiche del vescovo di Roma»[4].

Per secoli, il papato è stato inteso come un ufficio con poteri me origine di tutti gli altri nella Chiesa, i teologi conciliari [come Ratzinger] hanno contrapposto la primarietlegali supremi sulla Chiesa. Tuttavia, per le più gravi ragioni, l'ufficio poteva essere abbandonato. I teologi conciliari, tuttavia, sostengono che poiché il Papa è, dopo tutto, il  vescovo  di Roma, il suo ufficio non è semplicemente giuridico, ma sacramentale. E il potere sacramentale non può essere revocato. Una visione che Fantappiè sostiene, quando applicata "al ministero petrino... rende il primato una sorta di carisma personale, dando origine a incongruenze o incomprensioni, come la coesistenza di due papi [effettivi], anche se uno regnante e uno emerito".

E' importante se la corretta interpretazione dell'ufficio papale sia quella di Seewald e della tradizione canonica o quella di Benedetto e dei nuovi teologi. Secondo il Canone 126 del Codice di Diritto Canonico: "Un atto posto per ignoranza o  per errore riguardante qualcosa che ne costituisce la sostanza ... è invalido". Se Benedetto credeva di potersi dimettere dagli incarichi amministrativi rimanendo papa ciò nonostante ciò, secondo i canonisti le sue dimissioni erano invalide. Quindi, il conclave che ha eletto Francesco sarebbe ugualmente invalido, come tratto nella mia prossima serie: Conclave/Antipapa.

NOTE FINALI
1. Peter Seewald, Benedetto XVI: ultime conversazioni, (New York: Bloomsbury Continuum, 2016), edizione Kindle. 
2. Pietro Erdö , “ Ministerium, munus et officium in codice Iuris canonici ”, Periodica 1 de re morali canonica liturgica, vol. 78, n. 4 (1989), pp. 411-436; 428. 
3. Cardinale Louis Billot, SJ, Tractatus De Ecclesia Christi 5a edizione, (Pontificia Università Gregoriana, 1927), pp. 623-636. 
4. Carlo Fantappiè, Ecclesiologia e Canonistica, (Venezia: Marcianum Press, 2015), p. 391. Traduzione dell'autore dall'italiano.
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Il dott. Edmund J. Mazza è un ex professore ordinario di storia presso l'Azusa Pacific University di Los Angeles. Per 14 anni ha insegnato storia antica, medievale, rinascimentale e della Riforma. Mazza è autore di The Scholastics and the Jews: Coexistence, Conversion and the Medieval Origins of Tolerance, pubblicato da Angelico Press.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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