Riprendo dal sito conciliovaticanosecondo.it.
È un tema affrontato anche da noi, con altre argomentazioni. Non si può certo rimanere indifferenti a certe esternazioni del custode della fede ed è bene che risuonino e se ne parli almeno sulla frontiera di libertà rappresentata dal web.
In un sorprendente articolo apparso sull’ “Osservatore Romano” del 29 novembre 2012, l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Fede, ha elevato il Concilio Vaticano II a unico e assoluto dogma dei nostri tempi. Basandosi su una lettura del tutto personale dell’ormai celebre discorso di Benedetto XVI alla Curia Romana del 22 dicembre 2005, mons. Müller scrive a proposito dell’“l’ermeneutica della riforma nella continuità”: «Questa interpretazione è l’unica possibile secondo i principi della teologia cattolica, vale a dire considerando l’insieme indissolubile tra Sacra Scrittura, la completa e integrale Tradizione e il Magistero, la cui più alta espressione è il Concilio presieduto dal Successore di San Pietro come Capo della Chiesa visibile. Al di fuori di questa unica interpretazione ortodossa esiste purtroppo una interpretazione eretica, vale a dire l’ermeneutica della rottura, sia sul versante progressista, sia su quello tradizionalista. Entrambi sono accomunati dal rifiuto del Concilio; i progressisti nel volerlo lasciare dietro sé, come fosse solo una stagione da abbandonare per approdare a un’altra Chiesa; i tradizionalisti nel non volervi arrivare, quasi fosse l’inverno della Catholica».
Per suffragare la sua dogmatizzazione del Vaticano II, l’arcivescovo Müller, pretende stabilire un legame di assoluta continuità tra l’attuale posizione del Papa e quella che assunse don Joseph Ratrzinger, allora giovane teologo del cardinale Frings al Concilio Vaticano II. Mons. Müller tace sull’evoluzione teologica avuta, nel corso di cinquant’anni, dal cardinale Ratzinger, e che l’ignoranza di questo itinerario teologico sia deliberata lo dimostra un fatto altrettanto sorprendente: nell’opera omnia tedesca di Joseph Ratzinger, curata dallo stesso mons. Müller, manca l’importante indirizzo del cardinale Ratzinger alla Conferenza Episcopale cilena, il 13 luglio 1988, in cui l’allora Prefetto della Congregazione per la Fede definiva «limpido» «il fatto che non tutti i documenti del Concilio hanno la stessa autorità» e affermava: «Il Concilio Vaticano II non è stato trattato come una parte dell’intera tradizione vivente della Chiesa, ma come una fine della Tradizione, un nuovo inizio da zero. La verità è che questo particolare concilio non ha affatto definito alcun dogma e deliberatamente ha scelto di rimanere su un livello modesto, come concilio soltanto pastorale; ma molti lo trattano come se si fosse trasformato in una specie di superdogma che toglie l’importanza di tutto il resto. Questa idea è resa più forte dalle cose che ora stanno accadendo. Quello che precedentemente è stato considerato la più santa – la forma in cui la liturgia è stata trasmessa – appare improvvisamente come la più proibita di tutte le cose, l’unica cosa che può essere impunemente proibita. Non si sopporta che si critichino le decisioni che sono state prese dal Concilio; d’altra parte, se certuni mettono in dubbio le regole antiche, o persino le verità principali della fede – per esempio, la verginità corporale di Maria (n. d. r. non erano queste le tesi di mons. Müller?), la Resurrezione corporea di Gesù, l’immortalità dell’anima, ecc. – nessuno protesta, o soltanto lo fa con la più grande moderazione. Io stesso, quando ero professore, ho visto come lo stesso Vescovo che, prima del Concilio, aveva licenziato un insegnante che era realmente irreprensibile, per una certa crudezza nel discorso, non è stato in grado, dopo il Concilio, di allontanare un professore che ha negato apertamente verità della fede certe e fondamentali. Tutto questo conduce tantissima gente chiedersi se la Chiesa di oggi è realmente la stessa di ieri, o se l’hanno cambiata con qualcos’altro senza dirlo alla gente.
La sola via nella quale il Vaticano II può essere reso plausibile è di presentarlo così come è: una parte dell’ininterrotta, dell’unica tradizione della Chiesa e della sua fede».Nella celebrazione della Messa con cui l’11 ottobre ha aperto l’Anno della Fede, il Papa ha parlato del mondo contemporaneo come di un “deserto spirituale”. Benedetto XVI ha voluto che l’inaugurazione dell’Anno della Fede coincidesse con il 50° anniversario del Concilio Vaticano II e ha spiegato: «Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la nuova evangelizzazione non è per onorare una ricorrenza, ma perché ce n’è bisogno, ancor più che 50 anni fa! E la risposta da dare a questo bisogno è la stessa voluta dai Papi e dai Padri del Concilio e contenuta nei suoi documenti (…) In questi decenni è avanzata una “desertificazione” spirituale. Che cosa significasse una vita, un mondo senza Dio, ai tempi del Concilio lo si poteva già sapere da alcune pagine tragiche della storia, ma ora purtroppo lo vediamo ogni giorno intorno a noi. È il vuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza».
Il Papa ha ricordato quindi come Giovanni XXIII presentò il fine principale del Concilio in questi termini: «Questo massimamente riguarda il Concilio Ecumenico: che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace. (…) Lo scopo principale di questo Concilio non è, quindi, la discussione di questo o quel tema della dottrina (…) Per questo non occorreva un Concilio (…) È necessario che questa dottrina certa e immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo».
Il “proprium” del Concilio Vaticano II e del postconcilio, non fu dunque la “dogmaticità”, ma la “pastoralità”, perché spiega Benedetto XVI il Vaticano II, «non ha escogitato nulla di nuovo come materia di fede, né ha voluto sostituire quanto è antico. Piuttosto si è preoccupato di far sì che la medesima fede continui ad essere vissuta nell’oggi, continui ad essere una fede viva in un mondo in cambiamento. I Padri conciliari – ha aggiunto – volevano ripresentare la fede in modo efficace; e se si aprirono con fiducia al dialogo con il mondo moderno è proprio perché erano sicuri della loro fede, della salda roccia su cui poggiavano. Invece, negli anni seguenti, molti hanno accolto senza discernimento la mentalità dominante, mettendo in discussione le basi stesse del depositum fidei, che purtroppo non sentivano più come proprie nella loro verità».
Se l’esigenza di trovare un nuovo linguaggio per il mondo nasceva, e non poteva che nascere, dal desiderio di dilatare la fede, il fine era pratico ed è dai risultati concreti che si deve giudicare se i mezzi per raggiungere il fine siano stati efficaci e adeguati. I fatti degli ultimi cinquant’anni ci dicono purtroppo che il Concilio non ottenne i risultati che si era prefisso, come ammetteva, nel 1985, lo stesso cardinale Josef Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel suo celebre Rapporto sulla Fede con queste parole:
«È incontestabile che gli ultimi vent’anni sono stati decisamente sfavorevoli per la Chiesa Cattolica. I risultati che hanno seguito il Concilio sembrano crudelmente opposti alle attese di tutti, a cominciare da quelle di Giovanni XXIII e di Paolo VI. (…) Ci si aspettava un balzo in avanti, e ci si è invece trovati di fronte a un processo progressivo di decadenza che si è venuto sviluppando in larga misura sotto il segno di un richiamo a un presunto “spirito del Concilio” e in tal modo lo ha screditato». Ciò che avvenne non fu il “balzo innanzi” auspicato da Giovanni XXIII, ma una desertificazione spirituale, che ha le sue cause anche in uno “spirito del Concilio” che, come ha spiegato il Papa, è andato ben oltre la «lettera» dei documenti.
Il Concilio certamente non si riduce ai suoi documenti e gli storici hanno già iniziato un’opera di approfondimento e di analisi dell’evento, situato nel suo contesto. Gli stessi documenti del Concilio però non vanno dogmatizzati, ma esaminati con spirito critico e alla luce della Tradizione, come lo stesso Benedetto XVI ha fatto nella prefazione ad una raccolta dei suoi scritti conciliari pubblicata dall’editore tedesco Herder e anticipata dall’“Osservatore Romano” dell’11 ottobre 2012 (si veda un acuto commento che ne ha fatto sul sito conciliovaticanosecondo.it il prof. Paolo Pasqualucci – http://www.conciliovaticanosecondo.it/2012/11/18/sulle-recenti-critiche-di-benedetto-xvi-al-concilio-vaticano-ii/).
Invitando a una rilettura dei documenti del Vaticano II, il Papa afferma in questo testo che la costituzione conciliare Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo di oggi non ha chiarito ciò che era «essenziale e costitutivo dell’età moderna». «Dietro l’espressione vaga “mondo di oggi” – ha scritto Benedetto XVI – vi è la questione del rapporto con l’età moderna. Per chiarirla sarebbe stato necessario definire meglio ciò che era essenziale e costitutivo dell’età moderna. Questo non è riuscito nello “Schema XIII”. Sebbene la Costituzione pastorale [Gaudium et spes] esprima molte cose importanti per la comprensione del “mondo” e dia rilevanti contributi sulla questione dell’etica cristiana, su questo punto non è riuscita a offrire un chiarimento sostanziale». [Ne abbiamo parlato qui]
Il Concilio Vaticano II, non è un “pacchetto” da prendere o rifiutare in blocco. La Gaudium et Spes, ad esempio, appare oggi come un documento inattuale, pervaso dal mito ottocentesco e novecentesco del progresso e intriso di quello spirito mondano da cui la Chiesa fatica a liberarsi.
Rivolgendosi ai vescovi riuniti nell’aula del sinodo, l’8 ottobre 2012, Benedetto XVI ha detto ancora: «Il cristiano non deve essere tiepido. L’Apocalisse ci dice che questo è il più grande pericolo del cristiano: che non dica di no, ma un sì molto tiepido. Questa tiepidezza proprio discredita il cristianesimo. La fede deve divenire in noi fiamma dell’amore, fiamma che realmente accende il mio essere, diventa grande passione del mio essere, e così accende il prossimo. Questo è il modo dell’evangelizzazione: “Accéndat ardor proximos”, che la verità diventi in me carità e la carità accenda come fuoco anche l’altro. Solo in questo accendere l’altro attraverso la fiamma della nostra carità, cresce realmente l’evangelizzazione, la presenza del Vangelo, che non è più solo parola, ma realtà vissuta».
Oggi i cristiani devono rispondere all’appello del Papa testimoniando in modo radicale l’integralità della loro fede. È questa la strada che Benedetto XVI indica a tutti i fedeli, a cominciare dai vescovi: non il ritorno al Concilio Vaticano II, ma a Gesù Cristo, unica Via Verità e Vita.
Roberto de Mattei
46 commenti:
È questa la strada che Benedetto XVI indica a tutti i fedeli, a cominciare dai vescovi: non il ritorno al Concilio Vaticano II, ...
ma, veramente, è il Papa stesso che ha dichiarato di recente che il concilio V2 è il testo base (insieme col Catechismo degli anni '90) per definirsi cattolici.
Due definizioni del Vaticano II:
a) "Il Concilio è bello perchè VARIO/Ci trovi dentro Tutto/ e pure il suo Contrario"(Prof.Arturo Saldini) ;
b) Che differenza c'è tra il Vaticano II e l'ISLàM? NESSUNA! Entrambi ciò che dicono di buono, NON è NUOVO e ciò che dicono di nuovo NON è BUONO" (Anonimo Veterinario Napoletano) .
Mah..... questo Cardinal Muller è onestamente patetico...... Ogni sua uscita è un flop, un buco nell'acqua.......
Adesso pretende anche di correggere il Santo Padre e di darci lui (Muller) dopo 50 anni di confusione, la giusta e definitiva ermeneutica dei documenti più confusi della storia della Chiesa......
Aveva ragione il card. Siri a ringraziare il Signore se la Santa Chiesa era riuscita a sopravvivere nonostante questo concilio......
Ma a chi vuol mettere paura questo Muller?
Ormai la grazia di Dio, la vita vera della Chiesa scorre nelle realtà tradizionali.... i modernisti hanno solo in mano qualche leva del potere, ma le anime sono da un'altra parte......
...i modernisti hanno solo in mano qualche leva del potere,
Areki, ma davvero crede, che ne abbiano in mano solo... "qualche" ?
Penso di dover riproporre qui questo mio commento nel nostro thread dedicato allo stesso articolo dell'Osservatore Romano e alle esternazioni di Muller:
Il termine "interpretazione eretica" non mi risulta sia mai stato pronunciato prima. Ed è grave che a farlo, e proprio nei termini in cui lo ha fatto - piuttosto sommari e per nulla argomentati - sia stato il responsabile della Dottrina della Fede.
Stiamo vivendo il paradosso, terribile (non vedo altro termine), che gli eretici (documentatamente tali) hanno 'approvazione' come cattolici, mentre i veri cattolici rischiano di esser definiti eretici.
Anche se ciò avviene attraverso un sofisma, peraltro non riconoscibile da chi è rinchiuso nella stessa gabbia ideologica, è ugualmente grave e andrebbe contrastato con vigore da chi ha più autorità di noi poveri fedeli abbandonati ad ogni vento di dottrina, purtroppo proveniente anche dai Piani Alti...
Penso che sia però un po' da ingenui voler ad ogni costo credere che il papa ha contro di sè il cardinal Müller. Certo vi saranno delle discordanze, ma dal momento che l'ha scelto lui...
Spero almeno che conosca le persone di cui si circonda!
"... È questa la strada che Benedetto XVI indica a tutti i fedeli, a cominciare dai vescovi: non il ritorno al Concilio Vaticano II, ma a Gesù Cristo, unica Via Verità e Vita."
Sarebbe bello se fosse vero.
vedete neppure tra di loro sono daccordo anno una confusione mentale che fa paura questi non vogliono entrare nel paradiso e non permettono neppure agli altri di andarci.
"E'questa la strada che Benedetto XVI indica a tutti i fedeli."
mah, intanto poche settimane fa BXVI ha detto commentando il 50° di quello che Mons Lefebvre chiamava la più grande catastrofe della storia della Chiesa:
Fu una giornata splendida quando, l’11 ottobre 1962, si apri'il Concilio... Fu un momento di straordinaria attesa. Grandi cose dovevano accadere ... Nel cardinale Frings ho avuto un “padre” che ha vissuto in modo esemplare questo spirito del concilio(!) .. infine Ringrazio di tutto cuore l’arcivescovo Gerhard Müller per lo straordinario impegno che hanno assunto per realizzare questo volume.
http://www.vatican.va/special/annus_fidei/documents/annus-fidei_bxvi_inedito-50-concilio_it.html
"Il Concilio non ha voluto cambiare niente "
Ma se ha cambiato tutto! Ma se molti vescovi dell'assise VOLEVANO cambiare tutto, vedi il card. Lienart che si rallegro' che il CV2 fosse una Rivoluzione.
Col Concilio abbiamo avuto :
Un nuovo rito del battesimo,
nuovo rito di esorcismo,
nuovo modo di vivere i sacramenti,
nuova messa,
nuovo calendario liturgico,
nuovo modo di vestirsi dei preti,
nuovi riti di ordinazioni (sacerdotali e episcopali),
nuove regole per i seminari,
nuova architettura per le chiese,
nuovo breviario,
nuovo catechismo,
nouvo modo di ricevere l'Eucarestia (in piedi, in mano, a volte con doppie speci)
nuovo modo di (non) parlare del peccato,
nuovo riti per i funerali,
nouva nozione di appartenenza alla Chiesa,
nuova apertura ai matrimoni misti,
nuove celebrazioni catto-protestanti,
nuovo giudizio su Lutero,
nuovo approccio alle false religioni,
nuova liturgia delle ore,
nuovi movimenti e carismi,mai visti prima
nuova definizione di Chiesa (collegiale e allargata)
nuovi misteri del rosario
nuovi canti e abbandono del gregoriano
nuove dottrine nei seminari
nuovi ruoli per i laici
nuova lex orandi
...
e la grande novità del concelebrare.
"Il Concilio non ha escogitato nulla di nuovo come materia di fede, né ha voluto sostituire quanto è antico"
Tutto é NUOVO! Ci prendono proprio per fessi !
Leggevo ieri che ancora nel 1961 il codice di diritto canonico in vigore minacciava di scomunica chi avesse partecipato attivamente a un culto non cattolico se vi fosse stato un qualche rischio di scandalo.
Da papa, Ratzinger ha già benedetto (almeno due volte) l'assemblea dei fedeli riuniti in una funzione catto-protestante
in tandem col pastore(pastoressa) di turno...
E nel suo ultimo libro Gésù di Nazareth, nuovoa interpretazione dei Vangeli
http://www.repubblica.it/esteri/2011/03/02/news/libro-papa-13091159/
è grave che a farlo, e proprio nei termini in cui lo ha fatto - piuttosto sommari e per nulla argomentati - sia stato il responsabile della Dottrina della Fede.
già, ma non solo; ma è più che grave, gravissimo, che il Pontefice abbia eletto a quella SOMMA carica di Custode della Fede cattolica un personaggio come questo, filo-eretico, che continua a pronunciare i suoi spropositi dottrinali, fonte di scandalo e gran confusione per le anime dei piccoli fedeli, ben conoscendo la sua forma mentis.
Ed è ancor più grave che, mentre il Prefetto continua a proclamare le sue inaudite dichiarazioni - che i protestanti fanno parte della Chiesa Cattolica e non hanno bisogno di conversione (in modo conforme a ciò che disse il Papa ad Erfurt)- seminando sgomento nel Gregge di Cristo,
il Papa non si decide MAI a correggere MINIMAMENTE ciò che l'ecc.mo Prefetto sta dicendo.
Segno che il Papa concorda con lui: chi tace ACCONSENTE.
ERGO,
QUI non si capisce proprio che cosa stia difendendo De Mattei quando parla di "appello" del Papa.
Di QUALE appello si tratta esattamente ? milioni di cattolici non l'hanno capito affatto, e sarebbe opportuno che De Mattei congiungesse i pezzi del disastroso PUZZLE che abbiamo davanti, tenendo conto di Assisi3 e di Erfurt (e tanto altro...).
SE ci riesce.
per giunta.....
ciliegina sulla torta di queste deliziose proclamazioni di un Prefetto, dobbiamo anche assistere a quelle del card. Koch, il quale
di recente ospite dei "fratelli maggiori" ha detto:
KOCH: i giudei non hanno bisogno di credere in Cristo per salvarsi.
1. Jews are participants in God’s salvation even though they do not believe in Jesus Christ as the Messiah of Israel and Son of God;
2. The Catholic Church rejects missionary work directed at Jews.
http://www.traditioninaction.org/
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Siamo conciati bene, non c'è che dire.
E il Sommo Pontefice, Pastore del Gregge di Cristo, sta a guardare, senza proferir parola diversa.
E lascia dire di TUTTO e di più.
Silenzio-assenso a tutto campo, caro prof. De Matttei.
Cara mic,
sottolineare un non-allineamento di Muller al Papa senza confutargli la gravissima affermazione sulle "interpretazioni eretiche" riferite alla Tradizione, che giustamente hai ricordato anche qui, significa solo registrare un pio desiderio e non la realtà dura e difficile da affrontare.
Chi semina vento raccoglie tempesta, caro BXVI!
Il card. Koch, mio connazionale, sta dando, con le sue continue esternazioni, il suo ampio contributo al clima sempre più gelido e confuso che soffia sulla Chiesa.
Ogni volta che vedo, sempre sul prezioso blog di Raffaella, un articolo che segnala un suo intervento, mi domando quale ulteriore passo ha fatto in quel senso che di certo non aiuta chi è in ricerca di paletti sicuri, sono raramente "delusa".
il prezioso blog di Raffaella
questo è veramente troppo! Che ipocrisia: Muller è un cattivone, ma Ratzinger, ovviamente, non sa nulla
i commenti di Muller hanno grandamente ammareggiato l'ambiente di dialogo ed apertura voluto dal Concilio stesso! (che ironico!)...
Caro Prof. De Mattei, aveva ragione Pio X ed anche Pio XII che profetizzo' che dopo la seconda guerra mondiale ci sarebbe stata un'altra guerra mondiale, ma spirituale; quei papi erano veri profeti della Santa Chiesa Cattolica, ma si sono attorniati di ben altra pasta. Guarda caso che un certo Roncalli ha avuto una illuminazione dello Spirito Santo. Lo Spirito Saanto non distrugge la Santa Chiesa, ma la protegge e la mette al sicuro. Preciso LA SANTA CHIESA CATTOLICA ED APOSTOLICA, e' quella di Cristo Signore, NON LE GERARCHIE DELLE CHIESE ATEE E PROTESTASNTI. Basta guardarsi intorno ed analizzare di quali chiese parliamo. In certe abbiamo i Muller ed in altre i Santi ed Martiri.
Antonio, se per lei il blog di Raffaella non è prezioso lo è per tutti coloro che in un colpo d`occhio, e senza bisogno di cercare, perchè Raffaella lo fa per noi, sono informati su ciò che riguarda la Chiesa, il Magistero e l`attività del Papa.
È da anni che con una costanza ammirevole, con grande competenza e una fedeltà incondizionata al Santo Padre, Raffaella anima il suo blog, io le sono grata e so di non essere la sola.
Secondo me ha ragione l'Anonimo delle 09:32 nel non vedere la presunta separazione che ci sarebbe tra il Papa e Mueller, e quindi nel considerare artificiosa la ricostruzione dell'articolo. Sembra quasi che il Prof. De Mattei voglia ascrivere Benedetto XVI all'ermeneutica della discontinuità e della rottura, quando invece è chiaro che Papa e Prefetto sono perfettamente d'accordo nel sostenere l'ermemeutica della riforma nella continuità.
Il fatto che Mueller abbia fatto un passo ulteriore, qualificando come "interpretazione eretica" del Concilio la prima non significa che si distacca dal Papa, anzi si deve presumere che il Papa sia dello stesso avviso, avendo già da parte sua, col famoso discorso alla Curia del 2005, esplicitamente condannato l'ermeneutica della discontinuità e della rottura.
I contenuti di questa affermata "eresia" sono stati ora in qualche modo presentati da Mons. Antonio Livi con lo scritto di qualche giorno fa sulla Bussola (che avevo segnalato) e forse è da qui che si dovrebbe partire per capire in che direzione si sta andando. E' chiaro che tutto questo ha molto a che fare con la situazione sempre più separata della SPX, che, rifiutando l'accordo, può considerarsi la causa di tutto questo bailamme che potrebbe finire male.
Caro Hercule, chi potrebbe dire che la tua lunga lista di novità è falsa?
Ma noooo, non sono novità sono solo aggiornamenti, e per di più è lo Spirito Santo ad averli voluti!
Una cosa e' certa...il CV2 e' riuscito a far incartare i Cattolici su se stessi...a dividerli ed ad impantanarli in dispute infinite....da una parte chi dice che 2+2 fa' 5 e dall'altra a ribadire che invece fa' 4. Nel frattempo il mondo cade in un baratro oscuro e noi Cattolici invece di combattere il male siamo intrappolati nell'ermeneutica! Se questi sono i frutti non credo che si possa parlare di dogmi .....
Credo di dover dar ragione a Giuseppe. Umanamente parlando, il cerchio perverso sembra si stia chiudendo. Però ancora non si è prodotto niente di irrimediabile. Corrono solo parole diversamente orientate. Staremo a vedere il seguito...
Io posso parlare solo per me stessa e quel che mi viene da dire è ERGA SI OMNES, EGO NON
"«Questa interpretazione è l’unica possibile secondo i principi della teologia cattolica..»"
Non consta nei principi de teologia cattolica, il bisogno di un'ermeneutica della riforma per un Concilio Ecumenico. Nessuno dei Concilio precedente ha avuto bisogno di un'ermeneutica della riforma. La verità è che per il CVII, non abbiamo un'ermeutica del magistero.
Nella dottrina della Sola Scriptura protestante, se può avere la più vera ermeneutica e questa non raggiungerà più a essere una regola di fede (o avere un valore vincolante), perchè in questa dottrina la regola di fede sempre sarà il testo, quello che signfica lui per i protestante, non ce nessuno valore vincolante. Purtroppo, è questo che vediamo accadere con il Concilio Vaticano II e me chiedo:
Non sarà per implementare la dottrina della esegese spirituale de Henrici De Lubac?
noi Cattolici invece di combattere il male siamo intrappolati nell'ermeneutica! Se questi sono i frutti non credo che si possa parlare di dogmi .....
S. Pasquino, crede che la nostra vita si limiti a parlare di ermeneutica (cui peraltro siamo costretti per difendere e riaffermare la Verità oscurata) o non anche a combattere il male in noi e intorno a noi con le armi della fede (preghiera e fedeltà al Signore)?
E non è anche il districarsi nel ginepraio mai visto delle ermeneutiche un combattere il male dell'errore e dell'eresia (non quella costruita dalle machiavelliche serve del potere egemone) ma quella vera?
..."E' chiaro che tutto questo ha molto a che fare con la situazione sempre più separata della SPX, che, rifiutando l'accordo, può considerarsi la causa di tutto questo bailamme che potrebbe finire male."
Conclusione incoerente di un discorso peraltro valido. Accettando il diktat di Papa Benedetto XVI - giunto con il suo improvviso voltafaccia di giugno - e quindi le famigerate 'novità conciliari', la FSSPX avrebbe tradito la verità, e con essa la Verità increata.
Avrebbe inoltre dato ragione a mons. Muller e ai suoi spropositi, che stiamo appunto qui criticando.
Che senso ha criticare Muller e nel contempo la FSSPX perché quest'ultima ha giustamente rifiutato di accettare i suoi errori?
"Mons. Müller tace sull’evoluzione teologica avuta, nel corso di cinquant’anni, dal cardinale Ratzinger..."
Mic,
In quello post ""Davvero è accaduto qualcosa di grande... e di grave, aggiungiamo noi."" ho notato "Un punto importante da considerare nella ricenti publicazzione degli scritti di Joseph Ratzinger (Papa Benedetto XVI), è che in un certo momento lui stava del lato dei progressisti e poi passa a l'ala più conservatrice conciliare. Non so esattamente quando questa transizione ha avuto luogo, ma siamo in grado di leggere alcuni dei suoi libri (Principi di teologia cattolica e il Vaticano II, problemi e risultati), che egli stesso è stato uno dei promotori del ermeneutica della rottura. Molto significativa in questo senso, è stata la scelta dell'Orso di S. Colombano per integrare il suo stemma papale, che suggerisce esattamente questo cambiamento. Ma allora, se l'attuale Papa regnante stesso ha fatto l'ermeneutica della rottura, come il problema del Concilio può essere lo scontro delle due ermeneutiche, quando quello che sembra è che l'ermeneutica ufficiale non è per nulla vincolante? Possiamo domandare migliore e dire: esiste adesso un'ermeneutica ufficiale del concilio? Sarà per lui che la libertà che lo ha fatto aderire alla ermeneutica della rottura, ce diritto all'esistere?"
Adesso, sembra che Don Müller vuole negare che anche Benedetto XVI ha partecipato della ermeneutica della rottura e che dopo ha cambiato di posizione. E dopo 50 anni senza un'ermeneutica vincolante, apparre Don Müller con le linee guida dell'ermeneutiche della riforma presente nel discorso di Benedetto XVI alla Curia Romana di dicembre 2005, come l'ermeneutica del Concilio? Le cose se fanno così, senza risolvere i problemi del concilio?
Don Müller, è del tutto irrealistico.
..."E' chiaro che tutto questo ha molto a che fare con la situazione sempre più separata della SPX, che, rifiutando l'accordo, può considerarsi la causa di tutto questo bailamme che potrebbe finire male."
Ha ragione Amicus, è un'affermazione contraddittoria che non ha senso.
La FSPX non è la causa del bailamme, è stata solo la cartina di tornasole sulla situazione. Tant'è che dopo la sua forzata -e inevitabile- marcia indietro, molte cose stanno venendo sempre più allo scoperto.
Ciò che stupisce più di tutto è l'irrigidimento del Papa che sembrava tenerci a risolvere la nefasta conseguenza dell'analoga situazione che lo ha visto protagonista nel 1988.
In apnea nella chiesa visibile -perché sempre più soffocata- è tutta la Tradizione.
"Il fatto che Mueller abbia fatto un passo ulteriore, qualificando come "interpretazione eretica" del Concilio la prima non significa che si distacca dal Papa, anzi si deve presumere che il Papa sia dello stesso avviso, avendo già da parte sua, col famoso discorso alla Curia del 2005, esplicitamente condannato l'ermeneutica della discontinuità e della rottura".
Giuseppe,
Questo passo ulteriore di Don Müller è un problema, perchè l'ermeneutica della riforma sembra essere il ritorno dell'Araba Fenice, che "Tutti ne parlavano, ma nessuno l’aveva mai vista". Nel discorso di 2005 pronunciato da Benedetto XVI, ha solo linee direttive dell'ermeneutica, non ce l'ermeneutica della riforma. Inoltre, si deve rilevare che, progressisti e tradizionalisti hanno avuto per 50 anni libertà per fare ermeneutica del Concilio, per questo non aver ancora oggi una ermeneutica vincolante. Allora, come può un concilio per 50 anni, non avere una ermeneutica vincolante?
Il discorso di dicembre 2005, è solo un discorso. Anche se condanna l'ermeneutica della rottura, questo è sollo la "pars destruens", la "pars construens" è ancora in costruzione, per questo, non me sembra che Don Müller abbia il diritto de parlare in interprezazione eretica. Non si può interpretare quello discorso, come un Syllabus del Concilio, che ha chiesto Mons. Athanasius Scheneider al Papa o come una introduzione di canoni e anatemi nei testi conciliare.
@Amicus, Mic, Gederson,
Se i problemi che abbiamo di fronte si tagliassero col coltello, come mi sembra che facciate Voi, tutto sarebbe più facile, ma purtroppo non è così.
In realtà, la lettura del Concilio secondo il criterio della "riforma nella continuità" è stata sempre fatta, sul piano magisteriale, dai Papi succeduti, nei sensi ora sostanzialmente ripresi da Benedetto, certo con le precisazioni e le decisioni sempre più ricche dettate dal progredire del disastro post-conciliare e dalla crescente presa di coscienza che mano a mano ne è venuta.
Concordo che questo percorso - sicuramente inevitabile e necessario, per le garanzie che il Risorto ha assicurato alla propria Chiesa - sia ancora "in costruzione" come dice Gederson, e condurrà ad atti magisteriali vincolanti, oltre a quelli che già ci sono, non so se nella forma di un nuovo Syllabus o in alra forma.
Non escluderei, però, che l'inizio di questo processo conclusivo di chiarificazione si trovi proprio nelle formulazioni più recenti di Mueller, significativamente riprese e in qualche modo spiegate da Livi, che, mi permetto di obiettare, non dovrebbero essere valutate in modo così sommario e sbrigativo.
Secondo me quello che non potrà mai accadere, e se accadesse sarebbe un danno letale per la Chiesa, è che si affermi che un atto solenne di Magistero come un Concilio abbia positivamente insegnato degli errori in materia di fede o di morale.
Mi sembra che proprio in questo stia la sostanza di una "eresia", a quanto pare ecclesiologica, che Mueller e Livi hannno cominciato a esplicitare, e che contraddice non gli insegnamenti del Concilio V.II, ma il patrimonio dogmatico e la Tradizione costante e ininterrotta.
Per questo considero la posizione attuale della SPX rischiosissima e inspiegabile come difesa della Tradizione. Mi pare che ormai difendano solo sé stessi e non si capisce a quale scopo. Tra l'altro, così facendo, rivolgono un'accusa implicita molto ingiusta, e soprattutto rischiano di danneggiare gravemente, tutti coloro che, stando regolarmente nella Chiesa, in perfetta comunione col Romano Pontefice, contribuiscono al ricupero dell'integrità dottrinale, sacramentale e disciplinare.
Il passo del card. Müller rappresenta quanto di più contradditorio sia potuto nascere dallo stesso Concilio.
Concilio che non voleva condannarre errori o proporre nuovi dogmi.
Ora proprio l'interpretazione dello stesso può diventare un errore da condannare (ermeneutica eretica)!
Invece, ermeneutiche a parte, pastoralmente se ne può fare quasi quel che si vuole.
Se i problemi che abbiamo di fronte si tagliassero col coltello, come mi sembra che facciate Voi, tutto sarebbe più facile, ma purtroppo non è così.
In realtà, la lettura del Concilio secondo il criterio della "riforma nella continuità" è stata sempre fatta, sul piano magisteriale, dai Papi succeduti, nei sensi ora sostanzialmente ripresi da Benedetto, certo con le precisazioni e le decisioni sempre più ricche dettate dal progredire del disastro post-conciliare e dalla crescente presa di coscienza che mano a mano ne è venuta.
Caro Giuseppe,
i problemi si tagliano col coltello nelle misura in cui si tenta di separare la verità dall'errore. Ci sono delle novità introdotte dalla applicazione "riformista" di alcune ambiguità dei documenti conciliari, che equivalgono ad una vera e propria rottura con la Tradizione. Il problema è che sono stati cambiati i parametri concettuali di cosa si intende per Tradizione e alcuni principi sono stati definiti contingenze (vedi libertà religiosa) e, dunque, è diventato possibile "far passare" le innovazioni come aggiornamento, ma sempre innovazioni restano, con la carica dissolutrice che portano con sé.
Concordo che questo percorso - sicuramente inevitabile e necessario, per le garanzie che il Risorto ha assicurato alla propria Chiesa - sia ancora "in costruzione" come dice Gederson, e condurrà ad atti magisteriali vincolanti, oltre a quelli che già ci sono, non so se nella forma di un nuovo Syllabus o in alra forma.
Tutti ce lo auguriamo, a partire da Mons. Gherardini, che ne è stato l'antesignano. Il rischio che tuttavia si sta correndo è che questo percorso, gestito e attuato dai novatores, porti ad esiti imprevisti e imprevedibilli, quali la codificazione in atti magisteriali vincolanti di innovazioni che passano per aggiornamenti. Il termine riforma lo confermerebbe perché la continuità è vista nell'unico soggetto-Chiesa.
Se questo dovesse accadere - cosa che de fide non avrei mai pensato potesse verificarsi né la sottolineata pastoralità del concilio avrebbe potuto provocare -, non so neppure immaginare a quale conclusione dovremmo giungere e quindi sospendo ogni giudizio perché c'è da sentirsi come sull'orlo di un abisso.
Non escluderei, però, che l'inizio di questo processo conclusivo di chiarificazione si trovi proprio nelle formulazioni più recenti di Mueller, significativamente riprese e in qualche modo spiegate da Livi, che, mi permetto di obiettare, non dovrebbero essere valutate in modo così sommario e sbrigativo.
Non lo escluderei neppure io, perché è proprio quello che ho temuto quando ho cominciato a notare comportamenti e dichiarazioni come queste, purtroppo spuntate come funghi non commestibili (alcune osservazioni le ho già fatte ma non mi pare lei le abbia prese in considerazione, altre ne farò), guarda caso dopo la voluta - ché tale appare - nuova estromissione della Fraternità San Pio X.
... segue
Secondo me quello che non potrà mai accadere, e se accadesse sarebbe un danno letale per la Chiesa, è che si affermi che un atto solenne di Magistero come un Concilio abbia positivamente insegnato degli errori in materia di fede o di morale.
Mi sembra che proprio in questo stia la sostanza di una "eresia", a quanto pare ecclesiologica, che Mueller e Livi hannno cominciato a esplicitare, e che contraddice non gli insegnamenti del Concilio V.II, ma il patrimonio dogmatico e la Tradizione costante e ininterrotta.
Secondo me non c'è bisogno di arrivare a questo. Non penso si debba necessariamente arrivare alla conclusione che il concilio è eretico, se in alcuni suoi documenti c'è qualcosa di non infallibile e quindi di potenziamente errato, che può tradursi in applicazioni se non eretiche almeno controverse. Torno a dire che il problema dei problemi è il cambiamento di paradigmi che fa venir meno i punti di riferimento tramandati per 2 millenni.
Infatti, nel trasferire tutto il potere interpretativo al soggetto-Chiesa del presente odierno e futuro, che ha sostituito l'oggetto-Rivelazione, sono stati rimossi i cardini su cui poggiava - e dovrebbe continuare a poggiare il fondamento dell'Una Santa Cattolica Apostolica, cioè i dogmi. E, da ora in poi, meminisse horret, dovremmo (il condizionale è d'obbligo e speriamo non debba venir meno) fidarci e fondarci su tutto quanto il soggetto-Chiesa va rielaborando in senso evolutivo che rischia di essere - se già non è - arbitrario. Infatti la Verità è oggettiva, non evolve; il soggetto la accoglie e la comprende sempre più profondamente ma non la determina. A me, se queste mie considerazioni sono esatte, sembra terrificante quello che sta accadendo!
Assisteremo a quella paradossale alleanza che in molti vedevamo arrivare da lontano e che ora è attiva e dispiega i suoi effetti, un`alleanza che finirà per rinchiudere la Tradizione e i cattolici tradizionali in un recinto controllato da sbirri in servizio permanente?
Vedremo, certi segni ce lo fanno pensare, nella speranza di essere nell`errore.
@ Giuseppe: un Concilio ecumenico è infallibile solo nei punti in cui definisce positivamente e solennemente una verità di fede o di morale, ossia di norma nei Canoni (se presenti).
Ora, nel Vaticano II non v'è traccia di definizioni. Ragion per cui, il tuo sillogismo ('ogni Concilio ecumenico è infallibile, ma il Vat.II è un Concilio ecumenico,dunque in esso non possono esservi errori') è erroneo in quanto viziato nella proposizione maggiore.
Assisteremo a quella paradossale alleanza che in molti vedevamo arrivare da lontano e che ora è attiva e dispiega i suoi effetti, un`alleanza che finirà per rinchiudere la Tradizione e i cattolici tradizionali in un recinto controllato da sbirri in servizio permanente?
Cara Luisa,
Rasentare i muri, contentarci delle briciole senza lamentarci non servirà nulla, perché, se si arriva alle conseguenze estreme di quello che si sta prefigureranno, non ci sarà neppure più il recinto...
Se prima il potere egemone zittiva con accenti dittatoriali, ci si presenta un movimento meno scoperto ma più subdolo e molti tradizionalisti ci cadono dentro pensando di non sparire, ma si sbagliano di grosso con una ingenuità che rasenta la dabbenaggine. Pensano di poter mantenere e difendono il loro recinto e considerano avversari chi con la critica veritativa mette a rischio il loro recinto, che comunque prima o poi di questo passo sparirà...
Il termine cattolico tradizionalista è usurpato dai tradizionalisti conciliari. Ci stanno spogliando anche della nostra identità, e i veri difensori della tradizione rischiano di essere bollati come eretici perché non si inseriscono nella nuova vulgata conciliare.
Spero tanto di sbagliarmi e che qualcuno venga a dirmelo!
Ora, nel Vaticano II non v'è traccia di definizioni. Ragion per cui, il tuo sillogismo ('ogni Concilio ecumenico è infallibile, ma il Vat.II è un Concilio ecumenico,dunque in esso non possono esservi errori') è erroneo in quanto viziato nella proposizione maggiore.
Caro Amicus,
quello di cui mi pare parli Giuseppe è la formulazione della dogmatizzazione nel senso che si va configurando, facendo dunque del concilio il nuovo super-dogma non più solo proclamando, ma anche dichiarandolo con atti magisteriali, che in base ai nuovi paradigmi indicati molto sottilmente dal Papa nel discorso del 22 dicembre, andrebbero nel senso che ho evidenziato sopra.
Certo, il nostro concetto di Tradizione ci vieterebbe di dare a quegli atti un assenso de fide, ma verrebbe sancita la mutazione genetica della Chiesa che secondo Amerio non era neppure ipotizzabile...
Forse è meglio non precorrere nulla, ma è meglio restare vigili. C'è una generazione che non conosce la tradizione autentica e può prendere per oro colato un simile magistero.
Tuttavia, niente di irreparabile in questo senso è ancora accaduto e Dio non voglia...
Sig. Giuseppe, me sembra che tu hai tagliato col coltello la nostra argomentazione. Non è abbastanza suffience affermare che io, Amicus e Mic abbiamo tagliato col coltello i problemi della Chiesa, ha bisogno di dimostrare. Come ha bisogno di dimostrare che la “riforma nella continuità” è stata sempre fatta, sul piano magisteriale, dai Papi conciliare. La vostra argomentazione non ha logica, perchè se questa ermeneutica sempre è stata fatta, percchè appare solo in 2005 le sue linee direttive? Quale il senso di presentare le linee diretive 50 anni dopo, per una ermeneutica che sempre è stata fatta? Questo non è una questione di principio?
Il Cardinale Ratizinger (Benedetto XVI) in 1987 (dopo 6 anni come Prefetto della CDF) nel libro “Principi di teologia Catolica” dice così:
“Questo vuol dire che il Concilio in se debba essere confutato? Certamente no. Vuol dire solo che la vera accettazione del Concilio non è in realtà mai veramente cominciata. Quello che ha rovinato la Chiesa dopo il Concilio non è stato il Concilio stesso, ma il rifiuto di accettarlo ... l'obiettivo quindi è quello di scoprire il vero concilio e di approfondirne le sue vere intenzioni — alla luce dell'esperienza corrente, non di sopprimerlo”. Cardinale Ratzinger, Principles of Catholic Theology, p. 390.
Come ”l’ermeneutica è sempre stata fatta dal magistero” se in 1987 il obiettivo era quelo di scoprire il vero concilio e di appronfodire le sue vere intenzioni?
Oggi si parla di una interpretazione luce della tradizione Concilio (ermeneutica della riforma), nel 1987 si parlava nella interpretazione del Concilio "alla luce dell'esperienza corrente", come allora, "l'ermeneutica della riforma è stato sempre fatta dal magistero"?
Nello stesso libro se può leggere:
“Il fatto è che come disse Hans Urs von Balthasar già nel 1952 … essa [la Chiesa] deve abbandonare molte delle cose che le hanno fin qui dato sicurezza e che ha considerato come date per scontato. Essa deve abbattere gli antichi bastioni ed affidarsi solamente allo scudo della fede.” Cardinale Ratzinger, Principles of Catholic Theology, p. 391.
Sig. Giuseppe, Hans Urs Von Balthasar ha scritto “Abbatere i bastioni” in risposta alla Humani Generis di Pio XII, secondo te in questi bastioni non stava incluso il magistero per quale il libro è una risposta?
Per parlare in una ermeneutica della continuità, dobbiamo sapere che cosa erano i bastioni che sono stati abbattuti e quale il suo ruolo svolto nella Chiesa prima del Concilio, senza saperlo, non si può parlare su una ermeneutica della riforma. Perchè anche il magistero è un antico bastione della Chiesa e se vuole affidare i fedeli a Sola Fides me sembra che il logico, è quello che abbiamo guardato in questi ultimi 50 anni e è stato dimostrato per Romano Amerio, Mons. Gerardini, Mons. Lefebvre, Mons. De Castro Mayer, ecc. Se pensa bene, oggi i fedeli tradizionale se può affidare esattamente solo al scudo della fede, perchè in quanto il magistero conciliare fa piano per comemorare i 500 anni della riforma, i fedeli tradizionali sono trattati come eretici. Tutti quelli eterodossi come Camino Neo Catecumenale, Rinovamento Carismatici, Comunione e Liberazione, ecc, possono contare com il magistero, ma i fedeli tradizionale vengono trattati come eretici.
"...ma il patrimonio dogmatico e la Tradizione costante e ininterrotta".
Sig. Giuseppe, la Quanta Cura di Pio IX che condanna la libertà religiosa, è magistero infalível ex cathedra petri di Pio IX, così, come conciliare questo con la Dignitatis Humanae?
“C’è un valore di fondo, cui di necessità si richiama l’ermeneutica della continuità, sistematicamente infranto, però, da quella della rottura: la Tradizione. Se si riesce ad impostarne correttamente l’argomento, i lamentati litigi fra le due ermeneutiche non avran più motivo né occasione d’insorgere, anzi, non potranno più esserci due ermeneutiche. Dal canto loro pastori, teologi, studiosi e lettori del Vaticano II troveranno, in questo stesso valore, la chiave di volta per un’obiettiva e corretta interpretazione conciliare”. Ermeneutica della continuità, mons. Gherardini, Divinitas 03/12 citato in "Le oscillanti tesi sulla Tradizione nei documenti del Concilio Vaticano II" di Piero Vassalo - http://www.conciliovaticanosecondo.it/2012/12/08/le-oscillanti-tesi-sulla-tradizione-nei-documenti-del-concilio-vaticano-ii/
Sig. Giuseppe, la Quanta Cura di Pio IX che condanna la libertà religiosa, è magistero infalível ex cathedra petri di Pio IX, così, come conciliare questo con la Dignitatis Humanae?
Caro Gederson,
stanno tentando di conciliarlo cambiando i paradigmi dell'approccio; per cui è "la continuità dell'unico soggetto-Chiesa... che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino" (discorso 22 dicembre) a garantire i principi affermati. E tuttavia, venendo meno l'oggettività degli stessi, ne scaturisce la loro impossibile evoluzione insieme al soggetto che li propone e li sviluppa, mentre invece Cristo e il Suo quod tradidi vobis resta lo stesso ieri oggi e sempre: è esattamente questo che stanno tentando di sovvertire se già non l'hanno fatto!
la Chiesa deve abbandonare molte delle cose che le hanno fin qui dato sicurezza e che ha considerato come date per scontato. Essa deve abbattere gli antichi bastioni ed affidarsi solamente allo scudo della fede.
Se per Chiesa intendiamo quel piccolo resto fedele che ancora é rimasto nel seno della Chiesa cattolica ufficiale e quasi ghettizzato, allora suo malgrado Urs von Balthasar é stato profetico: é la situazione della Chiesa rimasta fedele alla Tradizione.
Infatti non può più appoggiarsi incondizionatamente né al Magistero del papa, né dei vescovi, deve diffidare delle nuove traduzioni ed interpretazioni della Sacre Scritture, anche la Tradizione viene spiegata stravolgendola,i Padri ed i Santi sono relegati nell'oblio, della liturgia é meglio non parlare.
Quali sono i bastioni ancora rimasti? La fede degli umili può solo (ma é già tanto) affidarsi alla Grazia divina, alla misericordia del Signore ed alla propria caparbietà ed umiltà.
Su cosa altro? Non saprei proprio, é tutta una confusione che quotidianamente ci interroga.
Cara Mic,
Sono d’accordo con te. Nella frase del discorso (22 diciembre) che hai evidenziato il “soggeto-Chiesa” che può crescere, se svillupare e rimanere però sempre lo stesso “soggeto-Chiesa” appare separato del oggeto-tradizione che è l'essenza della loro esistenza. Non è la Chiesa che cresce e si sviluppa nel corso del tempo, ma la tradizione il suo oggetto che ha sviluppi (nel senso di approfondire ciò che è stato rivelato). La Chiesa come concepita da Cristo e dagli apostoli, è il corpo di Cristo, e come tale non può crescere e svilupparsi nel tempo come uomini darwiniani. Se la Chiesa è separata dalla tradizione oggetto, perde la sua ragione di esistere.
Mic, ancora la definizione del popolo di Dio per la Chiesa è troppo ma troppo stranea e me sembra che non si applica alla Chiesa. Sembra uma deformazione della definizione di S. Roberto Bellarmino:
"L'unica vera Chiesa è la comunità di uomini riuniti dalla professione della stessa fede cristiana e la comunione dei sacramenti stessi, sotto il governo dei legittimi pastori e soprattutto il Vicario di Cristo sulla terra, il Romano Pontefice".
Nella definizione di S. Roberto Bellarmino, il popolo è un presupposto, ma nel definire discorso del 22 dicembre, la gerarchia che è fondamentale alla Chiesa, non è una presupposto. La definizione della Chiesa dovrebbe comprendere il significato di pastore e gregge (come la definizione di San Roberto Bellarmino), ma la definizione del CVII, copre solo il gregge. E 'una definizione molto vicina del protestantesimo, che è veramente un popolo in cammino, al quale luogo? Non lo sappiamo, perchè il protestantesimo è anarchico.
Vale anche la pena ricordare, la valorosa distinzione tra popolo e massa fatta per Pio XII. Don Curzio Nitoglia commenta questa distinzione nell'articolo "La dottrina sociale di Pio XII" e dice:
“Pio XII insiste molto sulla distinzione tra “popolo” e “massa”. Il “popolo vive e si muove di vita propria”[1], ha una forma, un atto, un essere, una vita sua; invece “la massa è moltitudine amorfa” o senza forma o principio di vita, materia passiva, indeterminata, senza atto o perfezione. Il Papa continua: “la massa è di per sé inerte, e non può essere mossa che dal di fuori. Il popolo vive della pienezza di vita degli uomini che lo compongono”. Perciò il popolo è costituito da uomini intelligenti e liberi, che hanno princìpi , convinzioni, sono padroni di se stessi e conoscono i loro obblighi e diritti; mentre la massa è pura potenzialità che viene mossa e diretta da qualcuno al di fuori di essa dove lui vuole, come un carro trascinato dai buoi. Essa è composta da entità sub-umane prive di convinzioni proprie, di princìpi, di una sana morale, senza iniziativa propria; perciò vive di istinti, passioni e sentimenti sregolati senza alcuna subordinazione alla ragione e alla libera volontà. L’uomo facente parte della massa non è “l’animale razionale” aristotelico, ma “l’animale sensitivo” della post-modernità nichilistica, la quale con lo scoppio del Sessantotto ha reso l’uomo una “pecora matta”, che – come diceva nel 1944 Pio XII – “è un facile trastullo nelle mani di chiunque ne sfrutti gli istinti o le impressioni sensibili”[2]. Il popolo non è la maggioranza quantitativa, ma è la parte qualitativamente migliore della società. Il democratismo moderno non ha nulla a che vedere con l’idea aristotelica e tomistica di sana democrazia classica, che è la popolazione di un Paese dotata di forte personalità individuale e sociale.” La dottrina sociale di Pio XII – Don Curzio Nitoglia - http://www.doncurzionitoglia.com/dottrina_sociale_pio_xii.htm
In parte, questa distinzione si applica a ciò che sta accadendo nella Chiesa dopo il Concilio e tutto quello che vediamo sotto nostri occhi. L'abbandono della tradizione è l’abbandono della sua ragione di esistenza della Chiesa, dove perde il suo principio di vita e di popolo se fa massa ( perde la forma, l’ atto, l’essere e la sua vita). La maggioranza degli uomini cattolici dopo il concilio hanno diventato uomi moderni o sia gli uomini modernisti che non sono più animale razionale, ma animale sensitivo guidato al di fuori per un magistero strano, che sembra capire il popolo come la maggioranza quantitativa e lascia di essere la parte qualitativamente migliore della città. Questo è evidente nelle parole di Don Alvaro Calderón (FSSPX), vedere cosa dice:
"Se há sucesso qualcosa di notevole nel Concilio Vaticano II, questo è stato la rotazione liberale della suprema autorità. Il Papa ha rinunciato alla sua autorità a nome dei vescovi, i vescovi hanno rinunciato al loro beneficio dei teologi, teologi aveva rinunciato alla sua scienza per ascoltare l'uomo, e la voce dell'uomo - presumibilmente dotati della infallibilità del sensus fidei - non era altro che pubblicità. Questa è la procedura per la promozione della maggioranza. "Padre Álvaro Calderón
Per fine, la definizione sembra avere qualcosa a che fare con la tesi di Gioacchino da Fiore (che parla che l'AT sarebbe l'età del Padre, che sarebbe successe per l’età del figlio la quale a sua volta sarà sostituita da una età dello Spirito Santo). In AT, se non ricordo male (non mi ricordo il libro), dal momento vicino a Israele adottare la monarchia, si legge che gli ebrei hanno scelto un re, ma avrebbe potuto essere governato direttamente da Dio. La definizione della Chiesa come popolo suggerisce un governo diretto di Dio sulla Chiesa, come se siamo entrati nell'era dello Spirito Santo. La tesi di Gioacchiimita è anche suggerita per Lumen Gentium (2-4) che trasmette una ecclesiologia del "mistero Trinitario," come si può leggere nel lavoro della "Sinossi di errori a carico del Vaticano" fatto per la Fraternità San Pio X:
2,1. La nozione oscura di "Chiesa di Cristo" come "il mistero trinitario," l'ecclesiologia trinitaria oscura, secondo la quale vi è una successione della Chiesa del Padre, per la Chiesa della del Figlio, quindi, per la Chiesa dello Spirito Santo (Lumen gentium 2 - 4), concetto sconosciuto al deposito della fede e grazie al quale, deformandosi S. Ireneo (Adv. Haer III, 24,1), è professa apertamente un ringiovanimento e rinnovamento della Chiesa dallo Spirito Santo, come se fossimo in una terza età finale della Chiesa (LG 4); prospettiva che sembra riaffermare errori di Gioacchino da Fiore condannate dal Concilio Lateranense (1215), dodicesimo della serie concili ecumenici (DZ 431-3 / 803-807).
La tesi di Gioacchino di Fiore, appare anche nella opera di Papa Ratzinger, dove per capire quello che vuole con l’ermeneutica della riforma è fondamentale leggere la sua tese di dottorato sul “La teologia della storia in S. Bonaventura e Gioacchino di Fiore”. Pe quanto riguarda a questo, se può leggere l’articolo di Sisi Nono , che dice:
“Secondo il Nostro, San Bonaventura studia Gioacchino da Fiore come Generale dell’Ordine francescano, “che era quasi giunto al suo punto di rottura a causa della questione gioachimita”, più che come teologo privato, ma, nonostante ciò, «Gioacchino viene interpretato all’ interno della tradizione, mentre i gioachimiti lo interpretarono contro la tradizione. Bonaventura non rifiuta totalmente Gioacchino (come aveva fatto Tommaso): egli lo interpreta piuttosto in modo ecclesiale, creando così un’alternativa ai gioachimiti radicali» . Come si vede l’ idea della “ermeneutica della continuità” è congenere anch’essa al giovane e al vecchio Ratzinger (1956-2005). Ratzinger riconosce che «l’ idea di un nuovo ordine, in cui l’ ecclesia contemplativa degli ultimi tempi deve trovare la sua vera e definitiva forma d’esistenza, viene chiaramente espressa in Gioacchino da Fiore. Il concetto di “ordine” acquista così un nuovo significato e “novus ordo” […] potrebbe tradursi allora come “nuovo ordine salvifico” e “nuovo ordine religioso della società”. […] Si potrebbe forse rendere “novus ordo” persino come “nuovo popolo di Dio”» . Insomma se San Tommaso ha confutato radicalmente la teologia della storia di Gioacchino, «il Dottor Serafico [ha, secondo Ratzinger] un atteggiamento più positivo nei confronti della teologia gioachimita della storia». SISINONO, Anno XXXV n. 6, del 31 Marzo 2009 - http://www.doncurzionitoglia.com/strana_teologia.htm
Come se può vedere in questo tratto di Sisi Nono, Papa Benedetto davanti al Concilio lo guarda come Padre Ratzinger ha guardato a S. Bonaventura e Gioacchino da Fiore o sia, secondo la tese di dottorato del Papa quando era ancora Padre, S. Bonaventura non fa la confutazione di Gioacchino da Fiore, ma un’ermeneutica della riforma e lo introduce nella tradizione. Diversamente, Sant’Tommaso confuta Gioachino da Fiore dove questa tese della non confutazione di S. Bonaventura, me sembra troppo dubbia.
Un saluto dal Brasile
nella definizione di S. Roberto Bellarmino, il popolo è un presupposto, ma nel definire discorso del 22 dicembre, la gerarchia che è fondamentale alla Chiesa, non è una presupposto
E' la scoperta tanto enfatizzata da Paolo VI della chiesa-comunione (anche se poi ha dovuto riconoscere che si tratta pur sempre di "comunione gerarchica"), finalizzata alla collegialità. Come se la Chiesa prima del concilio non fosse comunione: cos'è e cos'è mai stata la Chiesa se non Comunione in Cristo Signore dei Suoi?
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