La fine della metafisica greca, l’ultima reazione
del paganesimo colto contro il cristianesimo
e l’esoterismo moderno
del paganesimo colto contro il cristianesimo
e l’esoterismo moderno
La religiosità teurgica neopagana (nipote di Proclo e di Giamblico) è tornata attuale poiché ad essa si richiamano i moderni movimenti europei neopagani ed esoterici per rimettere in piedi il paganesimo e la magia e soppiantare il cristianesimo, in base agli schemi precostituiti del pensiero gnostico/massonico, nicciano/dionisiaco e nichilistico del Novecento.
Oltre la teurgia pagana antica è tornato oggi di moda un altro fenomeno antico: la gnosi, che a differenza della filosofia teurgica procliana non vieta (oggi come ieri) di aderire anche ad altri culti, anzi favorisce la commistione sincretistica con essi e questa sua caratteristica rappresenta per il cristianesimo un grande pericolo come lo gnosticismo ieri (II secolo) e il modernismo oggi (XX secolo).
La religiosità misterica tardo-pagana è assai lontana dalla metafisica della classicità pagana greca e dalla filosofia morale della Roma antica, che son portatrici di grandi verità di ordine speculativo e pratico, e nulla hanno a che spartire con la religiosità popolare ed orgiastica del paganesimo decadente e demoniaco.
La doppia base su cui si fondano Giamblico e Proclo per rilanciare il politeismo pagano mediante il contatto magico o teurgico con gli Dei sono l’Ermetismo e gli Oracoli Caldaici[1].
a) L’Ermetismo
Secondo la religiosità egiziana antica Thoth era il dio inventore della scrittura. Poi i Greci assimilarono a Thoth il loro dio Ermete, messaggero e interprete degli Dei, e lo chiamarono Trismegisto, ossia “tre volte grandissimo”. Nel III secolo nacque una ricca letteratura pretendentesi ispirata da Ermete e quindi una specie di “rivelazione” di questo “dio”.
“Le moderne ricerche, già a partire dal XVIII secolo, hanno appurato che gli scritti ermetici sono degli pseudoepigrafi composti da autori diversi, che si nascondono sotto la maschera del dio egiziano. Nel nostro secolo, poi si è accertato che proprio i più significativi di tali scritti non sono nemmeno espressione di una sapienza propriamente egiziana, bensì delle concezioni del tardo ellenismo”[3].
Le caratteristiche di fondo dell’Ermetismo sono l’esoterismo e l’iniziazione misterica, il pretendere di essere una rivelazione “divina” , in cui la Divinità rivelante sarebbe Ermete.
L’Ermetismo popolare si serve dell’astrologia per conoscere il futuro al fine di trarne vantaggi pratici, negando l’aspetto teoretico/metafisico della filosofia greca classica, inoltre si serve dell’alchimia per produrre l’oro e quindi la ricchezza materiale. Infine si studia e si pratica la magia al fine di dominare le forze della natura e gli uomini. In breve è il capovolgimento dello spirito della filosofia greca che metteva la teoria al di sopra della pratica. Giovanni Reale scrive: “Questi scritti [ermetici] costituiscono la negazione di quell’aspetto speculativo razionale della scienza greca, che mirava alla scoperta del perché, della causa, e, dunque, dell’universale. Invece queste scienze occulte sono interessate soprattutto al particolare, al singolare e al meraviglioso”[4].
L’Ermetismo dotto si eleva ad un gradino superiore e si avvale di un nuovo modo di conoscenza del Divino, mediante la gnosi, fondato non più sulla ragione umana, bensì sulla rivelazione di Dio legata alla preghiera e al culto, sulla illuminazione divina diretta dello gnostico e sull’estasi o trance medianica per giungere all’indiamento dell’uomo eletto o gnostico. Anche qui, però, ci troviamo agli antipodi della filosofia greca antica, data la svalutazione totale della ragione e quindi della speculazione filosofica.
b) Gli Oracoli Caldaici
Gli Oracoli Caldaici[5] presentano molte analogie con gli Scritti Ermetici. In essi si ritrova una religiosità alquanto scomposta di ispirazione orientale, caratteristica dell’ultimo paganesimo che si ritiene portavoce di un messaggio rivelato dagli Dei. Negli Oracoli l’elemento irrazionale predomina ancor più che nel Corpo Ermetico e la componente speculativa è totalmente asservita a scopi magici e teurgici e quindi assai intorbidita. Gli Oracoli ebbero una grande importanza nel Neoplatonismo.
Comunemente si ritiene che il loro autore sia stato Giuliano il teurgo vissuto nel III secolo. Essi anziché alla sapienza magica egiziana (cui si riferiscono gli scritti ermetici) si collegano alla sapienza magica babilonese. In effetti l’elio-latria caldaica gioca in essi un ruolo fondamentale[6].
Giamblico
Giamblico (245-325)[7] entrò in contatto col pensiero di Porfirio e la filosofia neoplatonica. All’inizio i rapporti tra i due filosofi furono buoni, ma si guastarono ben presto.
Il motivo del dissidio fu la valutazione dei rapporti tra filosofia e religiosità pagana e in special modo della teurgia[8] e della magia[9].
Infatti mentre Porfirio aveva criticato gli aspetti magici e teurgici della religiosità pagana, Giamblico li riteneva il coronamento della filosofia e della ragione umana. Inoltre Porfirio è più vicino a Plotino, Giamblico lo è di più a Proclo. I primi due ponevano la filosofia e la ragione al primo posto, mentre gli altri due lo concedevano alla teurgia o magia come arti meta-razionali e meta-filosofiche.
Plotino aveva criticato lo gnosticismo di ispirazione cristiana. Porfirio (Discorsi contro i cristiani, Padova, 1974) aveva criticato il cristianesimo. Giamblico aveva cercato di rilanciare il paganesimo fornendogli una base teoretica (che per lui non è filosofica, ma magica) e Proclo aveva seguìto Giamblico in quest’opera[10].
Giamblico non solo si lancia nell’operazione teoretica di moltiplicare gli Dei, ma unisce e corona il rinnovato politeismo con la pratica dei riti magici e teurgici capaci di unire l’uomo alla Divinità.
Plotino non ha mai menzionato la teurgia, Porfirio dopo averla praticata da giovane l’ha criticata (Lettera ad Anebo) poiché gli Dei sono impassibili e quindi non è possibile agire su di essi con pratiche magiche. Giamblico e Proclo, invece, sono gli assertori convinti della validità della teurgia per unire l’uomo agli Dei.
La sola ragione è ritenuta insufficiente da Giamblico, senza l’aiuto di forze magiche e meta-razionali, per far giungere l’uomo al suo fine ultimo. Egli fonda, dunque, speculativamente il politeismo mediante la moltiplicazione delle ipostasi e delle divinità (partendo dalle rivelazioni degli Oracoli Caldaici, dai trattati ermetici e dalla gnosi[11]) ed inoltre aggiunge alla teoresi la pratica magica e teurgica.
Il numero delle ipostasi o divinità può essere accresciuto senza limite. «Così Giamblico introdusse oltre agli “Dei ultra-mondani”, anche un gran numero di “Dei intra-mondani”, e poi ancora “Angeli”, “Demoni” ed “Eroi”»[12].
Giamblico pensa di assicurarsi l’unione con il Divino mediante la moltiplicazione all’indefinito degli Dei. Egli abbandona la pura filosofia per rifugiarsi nella teurgia ed oltrepassare le capacità razionali.
La teurgia di Giamblico è un’arte grazie alla quale mediante opportuni atti, simboli e formule magiche, capìti dagli Dei e incompresi dalla pura ragione umana, l’uomo può congiungersi con gli Dei stessi e beneficiare della loro potenza per diventare simile a loro. Nella teurgia non è l’attività dell’uomo che sale agli Dei, poiché così comprometterebbe l’impassibilità degli Dei stessi (come obiettava Porfirio), ma, secondo Giamblico, è la potenza degli Dei che scende verso gli uomini, li libera da questo mondo materiale e li unisce a sé. In breve si tratta di un’iniziativa degli Dei più che degli uomini.
La concezione teurgica di Giamblico significa l’ammissione esplicita dell’incapacità della ragione umana e della filosofia di condurre l’uomo a cogliere il suo fine. In breve è la critica radicale della filosofia greca classica e ne segna la fine, che arriverà in maniera compiuta con Proclo. Infatti non ci si accontenta più del ragionamento filosofico per conoscere la verità e aderire al bene onesto, ma si cerca di agire sulla realtà, mediante la teurgia, di modificarla a proprio piacimento e di diventare simili alla Divinità.
Ciò che i cristiani cercavano tramite la grazia santificante il paganesimo di Giamblico e poi di Proclo lo cerca mediante la magia e la teurgia[13].
L’etica di Giamblico è una conseguenza della sua concezione magica e teurgica. Egli introduce il concetto di virtù “ieratiche o magiche” che si realizzano nell’unione “mistica” con il Divino. Le anime umane che raggiungono tramite la teurgia e le virtù ieratiche il massimo della purificazione da questo mondo materiale dopo la morte del corpo divengono “angeli”, eoni, semidei.
Proclo
Proclo (410-485), come ci tramanda Marino (Vita di Proclo, 28), ritiene che la teurgia è superiore a tutte le altre forme umane e razionali di conoscenza. Egli ne fa un “misticismo” umano, ossia una forma di magia che unisce l’uomo alla Divinità. Sin qui nulla di sostanzialmente nuovo tra Giamblico e Proclo[14].
Sempre Marino (Vita di Proclo, 28) narra che Proclo stesso praticava la teurgia ed aveva raggiunto l’unione col Divino in massimo grado. Egli conosceva benissimo le pratiche segrete magico/teurgiche, che aveva appreso dalla figlia di Plutarco[15], e se ne avvaleva spesso. “Praticando le lustrazioni caldaiche, egli assicura di aver visto apparizioni di Dei in forma di Demoni”[16].
L’uomo per Proclo è soltanto anima, che è fornita di un corpo etereo, incorruttibile ed eterno come l’anima stessa, di cui l’anima si spoglia. Il Divino è presente nell’anima come vera e propria presenza dell’Uno, che rende possibile la mistica unione col Divino.
“La conoscenza del Divino si raggiunge solo attraverso la natura e la capacità dell’anima, in virtù del principio che il simile si conosce con il simile e quindi […] l’atto intuitivo della mente con la mente. Pertanto, con la presenza dell’Uno che è nell’anima, possiamo raggiungere l’Uno. Avviene ciò che succede nelle cerimonie dei misteri, ossia gli uomini iniziati dapprima incontrano forme di Divinità molteplici di aspetto; quindi, purificatisi completamente, si introducono nel rito e ricevono in sé la divina illuminazione. […]. Va però rilevato che l’unione mistica con l’Uno nel suo momento più alto e conclusivo è stata da Proclo collocata non nella dimensione propriamente filosofica e razionale, bensì in quella teurgica e meta-razionale”[17].
La convinzione di Proclo secondo cui il fuoco è un’entità divina (elio-latria)[18] è di origine caldaica. L’anima umana stessa ha in sé sostanza di fuoco e dal fuoco fisico si innalza, secondo l’elio-latria, al Fuoco intellettuale. L’assimilazione alla Divinità assume in Proclo un connotato magico/teurgico oltre che metafisico. L’uomo allontanandosi dalle cose del mondo e imitando la Divinità sale verso l’alto e si fa Fuoco egli stesso.
Con Giamblico e Proclo si chiude il cerchio della storia della filosofia greca antica. Proclo considerava le opere di Aristotele “misteri preliminari di ordine inferiore” (Marino, Vita di Proclo, 13). Infatti, secondo Giamblico e Proclo, la ragione, la filosofia e la metafisica sono la base iniziale e insufficiente per la ricerca e l’ottenimento della verità e della felicità. Dunque per la filosofia, con Giamblico e Proclo, era giunto il tempo di farsi da parte e cedere il posto alla magia teurgica.
La scienza e la pratica magico/teurgica conducono, secondo Proclo, alla congiunzione col Divino, al di là dei discorsi razionali e attraverso la simbologia magica.
Il termine della umana sapienza non è più la metafisica, ma la magia. Giovanni Reale asserisce che tra filosofia e teurgia con Proclo si ha non un’unità di pensiero, ma una spaccatura[19], anzi in un certo qual modo Proclo anticipa Hegel secondo cui il sapere che l’uomo ha di Dio è un progredire umano o un’autocoscienza del sapersi Dio[20]. Ora mentre per Hegel si arriva a questo fine in tre tappe che sono l’arte, la religione e infine la filosofia, per Proclo il posto ultimo e più nobile lo occupa la religiosità magico/teurgica, che è preceduta dalla bellezza e dalla filosofia razionale. Quindi Giovanni Reale conclude: “Proclo infrange in via definitiva l’asse portante del pensiero dei Greci rimasto valido sino a Plotino, […], prima di lui già Giamblico si era mosso in questa direzione, ma Proclo percorre tale strada sino in fondo”[21].
Il valore e la capacità della ragione e della filosofia di far raggiungere all’uomo il proprio fine e di realizzare la propria essenza vengono negati radicalmente da Giamblico e ancor più da Proclo. Per costoro occorre la magia teurgica per far giungere l’uomo al proprio fine. Questa è la dichiarazione di morte della filosofia greca classica.
Anche Plotino non ha mai teorizzato la magia come via per giungere al fine ultimo o all’indiamento dell’uomo. Invece Giamblico e Proclo ritengono che nella teurgia e nell’evocazione mediatica si verifichi un “invasamento” e una “possessione divina”.
“Proclo era profondamente convinto del fatto che la formazione di statue magiche si coronasse proprio con la pronuncia di formule magiche durante le cerimonie, le quali si basavano su alcune proprietà magiche attribuite a certe parole”[22].
La via di Proclo ricalca quella cristiana, che fa della filosofia l’ancella della teologia, della fede infusa e della grazia soprannaturale, ma egli al posto della fede mette la magia teurgica. È l’ultimo disperato tentativo di salvare la paganità e di contrastare il cristianesimo. Tuttavia il risultato raggiunto è quello di aver scardinato la filosofia pagana greca senza aver rimpiazzato il cristianesimo. Dopo Proclo la grecità pagana è rimasta senza alcuna possibilità di spingersi oltre, ha esaurito la sua spinta propulsiva filosofica e la teurgia, naturalmente, ha fatto fiasco. La metafisica greca sarà ripresa e approfondita dalla Patristica e dalla Scolastica, specialmente tomistica, e la magia sarà abbattuta dalla fede e dalla grazia soprannaturale cristiana.
Il neopaganesimo rialza la cresta
Le moltiplicazioni all’infinito degli Dei invece di rafforzare il politeismo lo inflazionavano, lo svuotavano ed infine lo hanno annullato. Il neopaganesimo (specialmente evoliano con l’Idealismo magico) ha cercato di far rivivere Proclo e Giamblico, specialmente in questi tempi di crisi per la teologia cattolica, infiltrata da oltre mezzo secolo dal modernismo. Il cristianesimo si trova ingaggiato in una lotta mortale con il neo-gnosticismo modernistico. Il neo-paganesimo ne approfitta per rialzare la cresta. A chi la corona? La fede ci dà la risposta. Chi non ha la fede attenda e il tempo svelerà l’arduo segreto.
La religiosità teurgica neopagana (nipote di Proclo e di Giamblico) è tornata attuale poiché ad essa si richiamano i moderni movimenti europei neopagani ed esoterici per rimettere in piedi il paganesimo e la magia e soppiantare il cristianesimo, in base agli schemi precostituiti del pensiero gnostico/massonico, nicciano/dionisiaco e nichilistico del Novecento.
Oltre la teurgia pagana antica è tornato oggi di moda un altro fenomeno antico: la gnosi, che a differenza della filosofia teurgica procliana non vieta (oggi come ieri) di aderire anche ad altri culti, anzi favorisce la commistione sincretistica con essi e questa sua caratteristica rappresenta per il cristianesimo un grande pericolo[23] come lo gnosticismo ieri (II secolo) e il modernismo oggi (XX secolo).
La religiosità misterica tardo-pagana è assai lontana dalla metafisica della classicità pagana greca e dalla filosofia morale della Roma antica, che son portatrici di grandi verità di ordine speculativo e pratico, e nulla hanno a che spartire con la religiosità popolare ed orgiastica del paganesimo decadente e demoniaco.
Dalla Grecia a Roma
Con la crisi che nel III secolo investì l’impero romano il cristianesimo fu un fattore di rinnovamento della società greco/romana, al contrario della tesi preconcetta (dei neopagani nipoti di Proclo) della destabilizzazione indotta dal cristianesimo in Roma. Esso fece nascere nuovi valori artistici, sociali, religiosi, culturali, i quali, continuando la tradizione filosofica metafisica/etica della classicità greca (socratismo, platonismo, aristotelismo) e romana (Seneca, Cicerone, Marco Aurelio), furono la base della nuova società che passava dalla paganità al medioevo patristico e scolastico.
Sotto la pressione dei barbari germanici l’impero romano sprofondava e il politeismo della religiosità popolare non riusciva più ad amalgamarne i vari elementi. Restava solo la tradizione filosofica e giuridica che Roma aveva in parte ereditato come conclusione pratica dalla metafisica della Grecia. Roma stava oramai passando pian piano dalla paganità alla cristianità.
Come abbiam visto sopra vi fu nel IV secolo l’ultimo disperato tentativo filosofico di screditare il cristianesimo portato avanti dagli ultimi apologeti del paganesimo neoplatonizzante (Porfirio, Proclo e Giamblico), il rinnovarsi delle persecuzioni contro i cristiani e il rilancio della magia teurgica anti-cristiana, della “elio-latria” o l’adorazione del “dio sole” che si richiamava al culto di Mitra o divinità solare, ben superiore a Cristo visto come una specie di divinità tellurica.
Inoltre lo gnosticismo data la sua tolleranza, il suo sincretismo ecumenista era ancor più pericoloso per il cristianesimo poiché poteva “logorare la compattezza dei cristiani più che le violente minacce e le dure condanne di Decio; il sincretismo minava la purezza della fede, tendeva ad assimilare senza urti il cristianesimo al paganesimo”[24].
Sin dall’inizio del cristianesimo l’errore ha tentato di combatterlo apertamente e, peggio ancora, di infiltrarsi al suo interno per eroderlo (come oggi fa il modernismo). Lo gnosticismo cercò di infiltrare il cristianesimo, mentre la teurgia procliana lo combatté apertamente e frontalmente[25]. In un certo senso la “debolezza” di Proclo è stata la sua aggressione esplicita al cristianesimo. Per cui si può dire che Evola (come Proclo e Giamblico) è meno pericoloso (perché meno nascosto) di Guénon, che cerca di infiltrare il cristianesimo e di inglobarlo nell’unità trascendente di tutte le religioni, come faceva lo gnosticismo e come fa il modernismo.
L’erosione dall’interno, che è più pericolosa della negazione e della persecuzione, è il maggior nemico della Chiesa. Questa infiltrazione modernistica all’interno della Chiesa spiega lo stato attuale di profonda crisi dell’ambiente ecclesiale e cattolico-romano. Quel che non riuscì allo gnosticismo è riuscito al modernismo. “Latet in herba anguis / il serpente si nasconde tra l’erba per non esser visto e poter mordere”. La Chiesa potrà risollevarsi da questo decadimento solo perché è divina e quando risorgerà darà agli uomini la prova evidente della sua fondazione divina, come la Risurrezione di Gesù la dà della sua natura divina.
Al contrario di quanto dicono i neo-pagani fu il cristianesimo e non la teurgia di Proclo a salvare la cultura e la filosofia della classicità greca e romana. I moderni neopagani senza il cristianesimo non avrebbero potuto conoscere gli autori pagani salvati e tramandatici dai Benedettini. Voler presentare il cristianesimo come l’assassino della classicità è una evidente negazione della realtà, che non ammette la scusante dell’ignoranza in buona fede, ma solo l’aggravante della ignoranza voluta dalla contro-chiesa pagana e dall’ebraica “Sinagoga di satana” (Ap., II, 9) per denigrare Gesù Cristo e la sua Chiesa.
L’attacco sistematico della gnosi alla Chiesa di Cristo, sin dagli albori della sua fondazione, continua oggi più che mai attraverso le raffinate tecniche massoniche che son riuscite a conquistare ampi spazi persino all’interno della Chiesa di Roma.
Tuttavia “Quando un religione ha attraversato prove talmente terribili come le persecuzioni di Decio, di Valeriano, di Diocleziano; quando, malgrado le perdite, essa si è dimostrata sufficientemente potente per obbligare i suoi persecutori non solo a riconoscerla e a tollerarla, ma a farne pubblicamente professione, essa è praticamente invincibile”[26].
Il decadimento e lo sfacelo della società civile una volta cristiana soprattutto in Europa, la crisi (dogmatica, morale, spirituale, intellettuale) all’interno della gerarchia ecclesiastica sono analoghe al processo di disfacimento dell’impero romano. Se la Chiesa sopravviverà (e la fede ce lo assicura) anche i neopagani dovranno ammettere che non è opera di un uomo, ma divina, il cui ruolo sarà sempre quello di inculcare e far accettare i princìpi perenni al mondo contemporaneo, che vuole allontanarsi da Cristo e da Dio.
d. Curzio Nitoglia
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1. Gli Oracoli sono delle divinazioni, ossia delle risposte che gli Dei inviavano agli uomini per mezzo di sacerdotesse per far conoscere la loro volontà o per predire il futuro. Prendeva nome di Oracolo anche il luogo (per esempio, la Caldea) consacrato alla Divinità. Gli Oracoli Caldaici assieme agli Inni orfici divennero una specie di “Bibbia” pagana, cioè dei testi sacri considerati espressione di una “divina rivelazione”, che la filosofia doveva accogliere come punto di partenza per la propria riflessione e oltrepassare con l’arte teurgica per giungere all’unione con il Divino. Cfr. E. des Places, Oracles Chaldaiques, Parigi, 1971.
2. Cfr. A. J. Feustigière, Hermétisme et mystique paienne, Parigi, Aubier, 1967; Id., La Révélation d’Hermès Trismégiste, Parigi, Gabalda, 4 voll., 1944-1954.
3. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, Milano, Bompiani, 2004, vol. 7, p. 294.
4. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. VII, p. 297.
5. Essi son stati editi da W. Kroll, De Oraculis Chaldaicis, Breslau, 1849; rist. Heildesheim; una nuova edizione critica, con traduzione in francese è stata curata da E. des Places, Oracles Chaudaiques, Parigi, Le Belle Lettere, 1971. Una interpretazione eccellente della dottrina degli Oracoli si trova in H. Lewy, Chaldean Oracles and Theurgy, Parigi, 1978, 3 ed.; in italiano vi è l’opera a cura di A. Tonelli, Oracoli Caldaici, Milano, Rizzoli, 2002, 2 ed.
6. Cfr. E. Dodds, I Greci e l’irrazionale, Firenze, Sansoni, 2003.
7. Per quanto riguarda le opere di Giamblico in italiano si può consultare con profitto: Giamblico, I misteri egiziani, Milano, Rusconi, 1984; Giamblico, Il numero e il divino, Milano, Rusconi, 1995.
8. La Teurgia è la magia mistico/religiosa che si propone di evocare gli Dei e di agire su di essi attraverso l’uso di simboli o di pratiche simili a quella che oggi si chiama trance medianica. Essa è di origine molto antica, come pratica magica, viene fissata per iscritto da Giuliano il Teurgo negli Oracoli Caldaici e, attraverso quest’opera, ha avuto larga diffusione nella tarda antichità. Giamblico ne fu convinto assertore e dopo lui quasi tutti i neoplatonici pagani (specialmente Giuliano l’Apostata e Proclo) ebbero una fiducia incondizionata nelle pratiche teurgiche.
9. La Magia è l’arte profana a differenza della teurgia “mistica” di operare prodigi, agendo su cose, uomini, e sugli stessi Dei al fine di dominarli e di piegarli al proprio volere. Essa si fonda su tecniche e rituali a-razionali, che sono l’esatto opposto della filosofia greca classica. Si diffuse nella tarda antichità e gli Scritti Ermetici ne sono la tipica espressione. Con Giamblico e Proclo, quando la ragione perde la fiducia in se stessa, la Magia nella forma specifica di Teurgia cerca di rimpiazzare la filosofia e di restaurare il politeismo pagano.
10. Le opere più significative su Giamblico sono: B. Dalsgaard Larsen, Jamblique de Chalcis Exégète et philosophe, Universitetsforlaget i Aarhus, 1972; J. M. Dillon, Iamblichi Chalcidensis in Platonis dialogos commentariorum fragmenta, Brill, Leiden, 1973; D. P. Taormina, Il lessico delle potenze dell’anima in Giamblico, Firenze, 1990; G. Cocco, I nessi strutturali tra metafisica e teurgia in Giamblico, in “Rivista di Filosofia Neoscolastica”, n. 87, 1995, pp. 3-50; D. P. Taormina, Jamblique, critique de Plotin et de Porphyre, Parigi, 1999; C. Van Liefferinge, La théurgie, Liegi, 1999.
11. Cfr. B. D. Larsen, La place de Jamblique dans la philosophie tardive, Ginevra, 1975, p. 14
12. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, Milano, Bompiani, 2004, vol. 8, p. 260.
13. Cfr. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. VIII, p. 263.
14. Cfr. Proclo, I Manuali, Milano, Rusconi, 1985. Contiene gli Elementi di Teologia, i Testi magico-teurgici, l’Arte ieratica, la Filosofia caldaica, l’Inno agli Dei degli Oracoli Caldaici.
15. Cfr. Plutarchi Chaeronensis Moralia, a cura di G. N. Bernardakis, 7 voll., Lipsia, 1888-1896. In italiano cfr. V. Cilento, Plutarco, Diatriba isiaca e dialoghi delfici, Firenze, Sansoni, 1962; rist. Milano, Bompiani, 2033 con testo e versione di Iside e Osiride; La E di Delfi; Gli Oracoli della Pizia; Il tramonto degli Oracoli. Si veda anche G. Soury, La démonologie de Plutarque, Parigi, 1942.
16. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. VIII, p. 317.
17. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. VIII, p. 320.
18. L’elio-latria (il culto del dio sole) si sviluppa a Roma verso il 270 d. C. durante il regno di Aureliano quando Mitra venne associato al dio sole o Sol Invictus, la cui festa era fissata al 25 dicembre, il Dies Natalis Solis Invicti. La lenta ma inesorabile decadenza della religiosità popolare tradizionale romana si manifestò in tutta la sua gravità in età tetrarchica, qualche anno prima dell’editto di Costantino. Nel 305 Mitra fu dichiarato da Diocleziano protettore dell’impero romano. Il paganesimo popolare inizia il suo lungo declino che nelle campagne arriverà sino alle soglie del basso medioevo.
19. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. VIII, p. 330.
20. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. VIII, p. 331.
21. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. VIII, p. 334-335.
22. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. VIII, p. 341.
23. G. Biamonte, Mitraismo e cristianesimo. Affinità formali e difformità sostanziali, Roma, Sacra Fraternitas Aurigarum, 2015, p. 50.
24. M. Sordi, Il cristianesimo e Roma, Bologna, Cappelli, 1965; Id., I cristiani e l’Impero romano, Milano, Jaca Book, 2004, p. 279.
25 Lo Gnosticismo è un sistema di dottrine e pratiche religiose a carattere filosofico, teurgico e mistagogico. Il principio fondamentale dello Gnosticismo è questo: nella religione c’è una fede comune che può bastare al volgo, ma c’è pure un’alta scienza o gnosi la quale è riservata ai dotti e agli iniziati e che offre una spiegazione filosofico esoterica della fede comune o volgare. Lo Gnosticismo ha cercato di assorbire le Rivelazione cristiana per farne una scuola iniziatico filosofica. Lo Gnosticismo fu uno dei pericoli più gravi per il cristianesimo nascente. I Padri intuirono sùbito il pericolo e si adoperarono ad eliminarlo. Cfr. E. Peterson, Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1951, vol. VI, col. 876 ss., voce Gnosi.
26 G. Bardy, La conversione al cristianesimo nei primi secoli, Milano, Jaca Book, 1981, p. 342. Cfr. anche P. Siniscalco, Il cammino di Cristo nell’impero romano, Bari, Laterza, 1983; A. Quacquarelli, Reazione pagana e trasformazione della cultura (fine IV secolo d. C.), Bari, Edipuglia, 1986.
3 commenti:
Grazie per queste preziose lezioni.
Vorrei porre una domanda (a Mic, a don Curzio e a tutti): quali sono (almeno le tre o quattro più eclatanti) le evidenze gnostiche o gnosticheggianti che emergono dal modernismo ecclesiale? E se sono, come immagino, alla portata delle conoscenze dei propalatori, perché essi non le riconoscono come gnostiche o gnosticheggianti?
Sei uno gnostico! Sì, tutti lo siamo, chi più, chi meno, chi in un modo, chi in un altro!
Si nota, in questi tempi di incertezze, un reciproco rivolgersi di epiteti a scopo diffamatorio, fra cui anche quello di gnostico, senza però avere la minima consapevolezza di cosa questo sia.
Ma lo gnosticismo era una diffusa religione con una base filosofica e teologica di alta speculazione, complicatissima da intendere, ancora oggi. L'homo gnosticus poi era profondamente spirituale, avendo un bisogno intimo di religiosità ed era per tutta la vita dedito completamente ad una ascesi che gli assicurasse la salvezza dell'anima.
Da Julien Ries, ricavo alcune considerazioni.
Lo spirito gnostico e l'essenza dello gnosticismo vanno ricollocati all'interno di un periodo storico ricco e dinamico, in un mondo travagliato dal bisogno di salvezza e dalla richiesta di religione.
Lo gnosticismo si situa all'interno di un vasto movimento sincretista che si sviluppa in Oriente, ha la massima diffusione nei primi secoli della nostra era e si arresta soltanto con la fondazione dell'islam.
Secondo Jonas la gnosi prende posto nel vasto movimento di idee e di comportamenti caratteristici dell'Oriente e dell'Occidente all'indomani delle conquiste di Alessandro Magno, con le quali prende avvio l'ellenizzazione dell'Oriente, un processo questo durato tre secoli: da Alessandro a Cristo. In questo processo si afferma l'ideologia cosmopolita fondata sul modello greco, che poi consisteva solo in uno stile di vita e di cultura che consentiva ai diversi popoli di trarne ispirazione pur conservando la loro identità. In sostanza, le idee religiose e le teologie orientali sopravvivono come semplici ideologie, le quali, all'inizio dell'era cristiana, nel mondo mediterraneo orientale, incontrano da una parte un effervescente clima religioso, e dall'altra un pensiero greco, a cui manca lo slancio del passato.
L'Oriente quindi dilaga ed estende la sua influenza al Vicino Oriente fortemente segnato dall'ellenismo, risorgendo in ideologie come il dualismo iranico, l'astrologia babilonese ed il monoteismo ebraico.
Il sincretismo e la "teocrasia" negli ambiti dei miti, dei culti e del pensiero costituiscono alcuni degli elementi principali del movimento gnostico.
"Il sincretismo religioso gnostico entrò poi in effervescenza nel momento in cui giunse una nuova religione, il cristianesimo."
Oggi, dopo duemila anni, sembra che si vada affermando un pensiero ultra gnostico, perché non si cerca neanche di amalgamare le varie religioni in una sola religione universale o, secondo il dire di moda attuale, globale, in quanto che, avendo ognuna la sua propria dignità, nessuna eccelle sull'altra e tutte sono equivalenti.
Per quanto riguarda il comportamento morale, in particolare riferendosi alla lussuria, il disprezzo del mondo, di cui lo gnostico si considerava straniero, ha portato gruppi diversi a conseguenze radicalmente opposte: da una parte un rigoroso ascetismo, dall'altra un totale libertinismo, soprattutto nella sfera sessuale.
Oggi, di queste due scelte, domina prepotentemente quella lussuriosa, per cui la deriva libertina sembra ormai senza più argini.
Ecco, dunque, perché chiunque si può ritenere in qualche modo homo gnosticus.
Don Ennio Innocenti ha sondato a lungo questa vena di pensiero che si ripresenta lungo i secoli facendo una distinzione fondamentale tra gnosi pura e gnosi spuria:
"La gnosi offerta da Gesù è pura: discende dalla luce. Quella proposta dal serpente è spuria. Proprio questa prevalse nella cultura antica e ha continuato il suo influsso nella cultura moderna. La gnosi speculativa spuria, di gran lunga più antica dell' Evangelo, si insinuò tra i cristiani fin dal I secolo.E provocò un confronto assai duro con i Padri della fede cattolica dal II al IV secolo. Parve vinta ed invece perdurò per tutto il Medio Evo, spesso mascherata. Fu nuovamente e vittoriosamente affrontata nel XII-XIII sec. ma,come abbiamo dimostrato, essa riuscì ad accreditarsi anche all'interno della Chiesa del Quattrocento, dilagando in Europa nel Cinquecento. Eric Voegelin dimostrò la virulenza di tale veleno gnostico a partire dal Seicento e altri autorevoli commentatori non hanno dubbi sulla continuità della vecchia gnosi fino all'Ottocento. Ai nostri tempi Jean Guitton sosteneva apertamente la continuità dell'antica gnosi dualistica nella filosofia contemporanea, nell'erotismo contemporaneo e nell'arte contemporanea. Proprio l'attuale fase storica- insegnava Augusto Del Noce-è caratterizzata dal disvelarsi dell'opposizione radicale come 'rivolta contro l'essere, come radicale anticosmismo, redenzione dalla creazione, liberazione dal mondo'. La continuità era già evidente in Guénon, che - per contrastare l'americanismo- non aveva altro rimedio che invocare il tantrismo. E il famoso banchiere Mattioli,mentore di tanti "maestri" italici, non ha lasciato il sigillo della propria identità spirituale adottando la tomba della gnostica medievale Guglielmina?" (Ennio Innocenti, La gnosi spuria,2009 Roma.)
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