Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 27 dicembre 2017

La cristologia delle nozze di Cana - Lino Lista

Grata al nostro amico Lino Lista, che ha voluto condividere con noi questo suo lavoro ispirato, che  ci aiuta ad approfondire la verità tutta intera, a ristorarci spiritualmente nella temperie di profonda crisi che stiamo attraversando e anche ad introdurci ad una fruttuosa Lectio divina.

Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo [...].
Alle Nozze di Cana (Gv 2:1-11), indubbiamente con grande imbarazzo degli sposi, si è esaurita la scorta di vino. La madre di Gesù, avvedutasi dell'accaduto, si rivolge rattristata al Figlio e lo informa: «Non hanno vino».

Giacché la Vergine Maria è citata nel testo prima di Gesù e degli Apostoli, si è ipotizzato che la commiserazione per la mancanza possa essere dipesa anche dalla sua parentela con uno dei coniugi. Nei nostri tempi non è facile recepire quanto l'insufficienza di vino (un simbolo di gioia nelle Sacre Scritture) possa essere stata disonorevole per lo sposo e per il maestro di tavola responsabile del cerimoniale. Cana era un paesino distante pochi chilometri da Nazareth e nei matrimoni ebraici celebrati in un paesuccio veniva invitata gran parte della popolazione; i festeggiamenti, inoltre, duravano a lungo. La durata del banchetto nuziale per Giacobbe e Lia fu di una settimana (cfr. Genesi 29:25-28). Una carenza intollerabile, quindi, questa del vino.

La replica di Gesù alla Madre è annoverata dal cardinale Gianfranco Ravasi tra le "pietre di inciampo" del Vangelo. Con "pietre di inciampo" il porporato intende le molteplici "parole scandalose di Gesù", scandalose solo apparentemente perché, a retto parere dell'eccellente biblista e teologo cattolico, esse spesso vanno ricondotte a problemi di interpretazione o di scarsa conoscenza delle peculiarità del linguaggio con il quale si esprimeva Cristo, vale a dire l'aramaico di matrice semitica; il quale aramaico sta "in filigrana" nei manoscritti della Koinè, il dialetto greco diffusosi nel Mediterraneo a partire dal IV secolo avanti Cristo. Altri autori, riferendosi puntualmente al passo in esame nei codici della Koinè – che alla lettera recita "Cosa a me e cosa a te, donna?" – hanno giudicato come "parole dure" o "parole choc" quelle della risposta del Figlio. In ogni caso, l'iniziale comportamento di Gesù appare impermalito, aspro, non consono alla Sua mitezza, specie quando si consideri che con la locuzione Egli si sta rivolgendo alla propria mamma.

La complessità del testo si evince dalle differenti traduzioni proposte dalle varie confessioni di fede cristiana. I protestanti, più letteralisti e meno portati alla devozione mariana, traducono quasi alla lettera il passo greco controverso: "Che c'è fra me e te, o donna?". Quasi alla lettera, meno che nel "quid mihi et tibi, mulier?" della lezione in latino della Vulgata.

I traduttori cattolici, invece, con il fine di salvaguardare il rapporto tra il Figlio e la Madre, nelle versioni ufficiali della CEI si sono distanziati dal testo originale, rendendo "Donna, che vuoi da me?". Non è raro trovare proposte di traduzioni ancora più attenuate, come "che cosa importa a me e a te, donna?". È evidente che le parole dei manoscritti in tal modo vengono sforzate, raddolcite, rese meno piccate. Ciò accade anche sul piano della esegesi: il già citato Gianfranco Ravasi, in un suo saggio1, tende a ridimensionare la risposta di Gesù a una dichiarazione di disimpegno per una richiesta giudicata fuori luogo. In realtà c'è poco da raddolcire. Il modo di dire è ricorrente nelle Sacre Scritture ed esprime una netta presa di distanza. Non per caso nel NT il detto è messo in bocca ai demòni che rigettano Cristo (Cfr. Mc 1:24, Mc 5:7, Mt 8:29, Lc 4:34, Lc 8,28).

Astrusa, qualora la si intenda come una insistenza, pare la replica della Madre, la quale – manco se non avesse udito la contrarietà del Figlio – comanda ai servitori (figure degli Apostoli): "Qualsiasi cosa vi dica, fatela". Non si può immaginare che si tratti di una ironia giovannea, non si può recepirla come una incomprensione della Madre per le parole di Gesù, l'evangelista non avrebbe azzardato tanto. Nemmeno è convincente l'ipotesi proposta da Ravasi, il quale ritiene che la Madre, a ragione del comando dato ai servi "Qualsiasi cosa vi dica, fatela!", possa essere stata "sottilmente convinta" di riuscire a persuadere il Figlio a compiere il miracolo. Tali supposizioni, anziché sciogliere l'enigma, introducono contraddizioni nel testo, in primo luogo il repentino cambio nella decisione di Gesù – non motivato dallo sviluppo del dialogo, il testo non riferisce la supposta convinzione –, che trasformerà l'acqua in vino.    

C'è nella lettera qualcosa di più profondo, che va indagata alla luce del Vangelo spirituale di Giovanni, dove ciò che pare non sempre è. "Le parole choc", "le parole dure", "la pietra di inciampo" di Gv 2, qualora recepite nella loro crudezza, sono in grado di fornire una visione di un livello cristologico emozionante.

La chiave di lettura sta nel rinvio della prima locuzione di Gesù all'ora che ancora non è venuta: "Che cosa c'è fra me e te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora". L'ora è da intendersi, come tutti la intendono, quale ultima ora, l'ora della Passione di Cristo.

Si rammenta, al proposito, che il Vangelo giovanneo è suddivisibile in due grandi sezioni: la prima, che va dal primo capitolo al dodicesimo, è definita "Libro dei segni", la seconda si sviluppa nei capitoli successivi ed è chiamata "Libro dell'ora". Per segni – ne sono narrati sette, da Cana fino alla resurrezione di Lazzaro – si intendono i miracoli operati da Gesù; miracoli che non vanno intesi come atti strabilianti o taumaturgici, bensì quali azioni mediante le quali Gesù rivela di essere l'Inviato, il Figlio di Dio che compie le opere del Padre. Nei segni giovannei, nelle immagini simboliche, è sempre velato un altissimo significato teologico.

È noto, a proposito della citata suddivisione nei due Libri, che il miracolo di Cana, il primo dei sette segni, con il suo riferimento all'ora rimanda alla Passione. L'evangelista Giovanni non si sofferma sui dettagli atroci delle sofferenze di Cristo, non ne narra l'agonia nel Getsemani (Lc 22:43-44) e la richiesta al Padre di allontanare da sé il calice. Giovanni è più interessato a presentare il Messia che regna dal legno, il Figlio che vince, la Sua glorificazione in virtù del sacrificio sulla Croce. Già nel capitolo 12, però, nel colloquio con i Greci, Gesù riferisce il suo turbamento: "È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo [...]. Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora!". La libera scelta del Figlio dell'uomo di compiere la volontà del Padre si manifesta ancora nel Quarto Vangelo, giusto nell'inizio dell'ora, nel rimbrotto a Pietro: "Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?»" (Gv 18:11).

Il segno giovanneo è rivelazione. Nelle Nozze di Cana già si manifesta la lotta interiore, angosciosa, che la natura umana di Gesù Cristo affrontò prima di conformarsi alla volontà del Padre. Una lotta che riguarda l'uomo Gesù, non la Sua natura divina, perché soltanto se essa riguardò l'uomo il sacrificio può essere inteso come sostitutivo.

Le contraddizioni tra la prima affermazione di Gesù in risposta alla Madre, tra la negazione del miracolo e la sua inaspettata attuazione,  possono essere ricomposte soltanto alla luce del rimando al  Getsemani. Ed è alla luce del Getsemani che andrebbe letta anche la disposizione di Maria ai servi/discepoli: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela". "Qualsiasi cosa": Maria non sa se il Figlio vorrà ovviare alla mancanza del vino oppure se vorrà agire diversamente; la Madre semplicemente comanda ai servitori di adeguarsi alla Sua volontà. La vergine Maria con la sua umiltà ribadisce ai servitori l'obbedienza dovuta a Dio che sta nel Fiat: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto", recita Lc 1:38, analogamente alla lezione dei manoscritti, nella edizione CEI 2008. Similmente farà Gesù nell'orto degli ulivi, conformandosi alla volontà del Padre.

Se il Quarto Vangelo è il Vangelo spirituale – come lo è – anche le Nozze di Cana vanno lette alla luce della cristologia giovannea: "E il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi". Vero Dio ma anche vero uomo, quindi. Da vero uomo Gesù non poteva non angosciarsi alla richiesta di un segno che già prefigurava il Vino-Sangue della Nuova Alleanza, un vino che annunciava nel segno,  quasi anticipandola, la Passione. La Sua brusca risposta alla Madre è una umanissima risposta, del tutto meritevole di comprensione; c'è poco da raddolcire: un uomo, davanti alla prospettiva della sofferenza e della morte, si adombra e Gesù per la morte di Lazzaro "si commosse profondamente, si turbò" e "scoppiò in pianto". 

Cana è il luogo dove Gesù si dimostrò vero uomo e, nella trasformazione miracolosa e significativa dell'acqua in vino, vero Dio.

Ci troviamo  – volendo ricercare una conferma alla tesi proposta in termini di analisi della forma letteraria in accordo alla ermeneutica moderna – al cospetto di una struttura parallela, nella quale gli elementi di una serie sono riproposti in sequenze successive. Sequenze che, per dirla con il compianto teologo cultore del Vangelo giovanneo Ignace de la Potterie, si muovono "secondo dinamismi grazie ai quali i temi vengono progressivamente sviluppati"2. Lo sviluppo della struttura del racconto delle Nozze di Cana raggiunge il suo apice sulla Croce.

"Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui" (Gv 2,11): è la chiusa della narrazione di Cana. La seconda parte del Quarto Vangelo è sovente definita anche "Vangelo della gloria": per l'evangelista Giovanni, la gloria di Cristo si manifesta nel sacrificio della Croce e nella Pasqua di Resurrezione, presenti nel memoriale del Corpo e del Sangue. Il Mistero pasquale del Verbo che si è fatto carne include le Nozze di Cana. Si può immaginare, allora, la gioia degli invitati alle Nozze quando bevono il Vino nuovo, oggi come ieri.
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1. Gianfranco Ravasi, Le pietre di inciampo del Vangelo,  Mondadori Libri, Milano 2015
2. Ignace de la Potterie, La passione di Gesù secondo il Vangelo di Giovanni,  Ed. San Paolo, Cinesello Balsamo (Mi) 1998

24 commenti:

Anonimo ha detto...

I servitori sono immagine dei semplici discepoli, più che degli apostoli. Alle nozze di Cana Gesù compie il segno per gli Apostoli, non per tutti gli invitati al banchetto i quali non sanno da dove viene il vino. Il vangelo di Giovanni è anche il vangelo di Gesù Sposo. Quindi la frase detta a Maria si riferisce al fatto che non è ancora giunto il momento di diventare sposo, il quale avverrà solo sul calvario. Gesù comunque compie un gesto da sposo: quello di offrire il vino. Ma non lo fa davanti a tutti, ma solo davanti ad Apostoli e servitori. Per questo alle nozze di Cana si rivela solo a loro, mentre sul calvario diventerà lo sposo definitibo di tutta l'umanità.

Antonello

mic ha detto...

che non è ancora giunto il momento di diventare sposo

OK. Ma ciò non esclude il turbamento captato da Lino Lista di uno Sposo (divino) che è innanzitutto Vittima (nella sua umanità)...

Fuori tema : ha detto...

Santa Veronica Giuliani nasce come oggi 27-12-1660
https://www.youtube.com/watch?v=oNzr3_sqF0I

Anonimo ha detto...

Perdonate la mia ignoranza , non ricordo piu' perche' Gesu' si rivolge alla Madre chiamandola " Donna ", avreste la pazienza di rispiegarmelo ? Grazie .

Anonimo ha detto...

27/12/1673, data della prima rivelazione di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque.
Gesù disse alla giovane suora:
"Il mio divin cuore è tanto appassionato d'amore per gli uomini e per te in particolare, che non potendo più contenere in se stesso le fiamme del suo ardente Amore, sente il bisogno di diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi agli uomini per arricchirli dei preziosi tesori che ti scoprirò e che contengono le grazie in ordine alla santità e alla salvezza necessarie per ritirarli dal precipizio della perdizione. Per portare a compimento questo mio grande disegno ho scelto te, abisso di indegnità e di ignoranza, affinché appaia chiaro che tutto si compie per mezzo mio".

Poi Gesù chiese a Santa Margherita il cuore, per metterlo nel suo Divin cuore e infiammarlo d'amore e restituendolo alla santa, dicendole: "In segno che la grande grazia che ti ho concessa, non è frutto di fantasia, ma il fondamento di tutte le altre grazie che ti farò, il dolore della ferita del tuo costato, benché io l'abbia già rinchiusa, durerà per tutta la tua vita e se finora hai preso soltanto il nome di mia schiava, ora voglio regalarti quello di discepola prediletta del mio Sacro Cuore.

Il 27/12/1660 era nata Veronica Giuliani, un'altra santa dagli straordinari fenomeni mistici, in particolare lo "scambio dei cuori" con Gesù.

Il Cuore di Gesù fu presentato a Santa Margherita Maria come in un trono in fiamme, più sfolgorante di un sole, trasparente come un cristallo e con la piaga adorabile. Era circondato da una corona di spine, che significano le trafitture che Gli infliggono i nostri peccati, e da una croce, che vuol dire che dai primi momenti della sua Incarnazione, dall'attimo cioè in cui questo Cuore fu formato, vi fu piantata la croce.

https://www.youtube.com/watch?v=f1l8nQ9Xx7U

Il 27/12 si fa anche memoria di San Giovanni Apostolo ed Evangelista, al quale dobbiamo il passo che ricorda il cuore trafitto da cui uscirono sangue ed acqua, simbolo della divina misericordia, che Gesù poi rivelò a Santa Faustina Kowalska. Era la festa di san Giovanni evangelista. Quel 27 dicembre del 1673, Gesù invitò Santa Margherita Maria a prendere il posto che san Giovanni aveva occupato durante l’Ultima Cena.

Il Sacro Cuore è associato al cuore immacolato di Maria, memoria istituita da Pio XII a perenne ricordo della Consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria, da lui fatta nel 1942. Questa devozione risale a San Giovanni Eudes, a San Luigi Maria Grignon de Montfort, passa da Fatima e arriva da San Massimiliano Kolbe.

Pax ha detto...

E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora».

Con questo Gesù ci fa comprendere che Maria Lo spinge ad anticipare i tempi.
La sua missione materna è, da subito, quella di moltiplicare a dismisura i frutti magnifici del Sacrificio Redentivo di Cristo Signore.

Dice Lino:
I traduttori cattolici, invece, con il fine di salvaguardare il rapporto tra il Figlio e la Madre,....

Mi ha fatto molto riflettere questa espressione di Lino:
"salvaguardare il rapporto tra il Figlio e la Madre".

Rapporto speciale, insondabile, sotto tutti gli aspetti!

Maria, la Madre di Gesù, è il canale di tutte le grazie.

E' vero che Gesù sembra proprio che Le "risponda male" - come suol dirsi - e non ci è dato sapere se il miracolo di Cana sarebbe mai potuto avvenire senza la sollecitazione premurosa di Maria; ma la mia impressione è che, mentre Gesù Le risponde, ha già ceduto.

Fatto sta che tutto ciò che Gesù compie come Uomo/Dio è passato per quel "SI'" di Maria alla Incarnazione del Verbo nel suo seno verginale.

Pax

mic ha detto...

non ricordo piu' perche' Gesu' si rivolge alla Madre chiamandola " Donna "

Mi viene in mente che è lo stesso termine con cui Dio si rivolge a Eva, quando promette che dalla sua discendenza sarebbe venuto il Redentore (Gn 3, 15)

mic ha detto...

Fatto sta che tutto ciò che Gesù compie come Uomo/Dio è passato per quel "SI'" di Maria alla Incarnazione del Verbo nel suo seno verginale.

Amen. Così è!

mic ha detto...

Mi viene in mente che è lo stesso termine con cui Dio si rivolge a Eva, quando promette che dalla sua discendenza sarebbe venuto il Redentore (Gn 3, 15)

Sottintendevo che quel "Donna", è la "Donna" secondo il Progetto di Dio non inficiato dalla disobbedienza e prefigura proprio la Vergine Madre del Signore e nostra, capace di quel fiat: "Accada di me secondo la tua Parola" (oltre al "ciò che hai detto" dell'Annuncio, richiama quell'eccelso "Figlia del tuo Figlio" del Sommo Poeta...) che ha reso possibile il ribaltamento degli esiti della condanna e la Creazione nuova.

Arcangelo ha detto...

Con questo Gesù ci fa comprendere che Maria Lo spinge ad anticipare i tempi.
La sua missione materna è, da subito, quella di moltiplicare a dismisura i frutti magnifici del Sacrificio Redentivo di Cristo Signore.
Infatti, il mio vecchio arciprete spiegava il senso del testo come se Gesù avesse voluto venire a dire più o meno :"MA GUARDA UN PO' COSA SEI CAPACE DI FARMI FARE! I segni non dovevano cominciare a desso, ma tu mi fai anticipare l'inizio della mia manifestazione"

Felice ha detto...

Come Eva fu la madre di tutti i viventi, Maria è la madre di tutti i redenti nella nuova creazione. Maria partorisce noi, suoi figli spirituali.
Nel Vangelo di Giovanni al Cap. 16 si fa riferimento alla donna è all'ora proprio parlando del parto: "quando la donna sta per partorire è afflitta, perché è giunta la sua ora". (Gv 16,21).

Luisa ha detto...

O.T.

Conoscete i documenti seguenti?

-la Delenda Doctrina,
-la Captatio Benevolentiae su come raccogliere approvazione da parte del mondo,
-la Panem et Circenses sull’Eucaristia per tutti,
-la Gaudeamus Igitur sul cambio di nome da Chiesa Cattolica,
-la “Chiesa Accogliente”, un documento che era uscito in allegato a “La Civiltà Cordiale”. 

No? Li trovate qui:

http://www.lanuovabq.it/it/come-la-chiesa-fini-lutopia-che-sta-diventando-realta

"La simpatica ironia di Aldo Maria Valli non teme troppo di nascondere la sua preoccupazione per l’evoluzione - o sarebbe meglio dire involuzione - di un pensiero cattolico sempre più lontano dall’ortodossia, e dall’ortoprassi.
Una Chiesa del “bi-pensiero”, dell’ambiguità, che si avvia a fare tabula rasa di dottrina, tradizione, liturgia.
Tutto per piacere al mondo. “Il desiderio di compiacere il mondo, di essere come il mondo la voleva, di non provocare conflitti, di apparire dialogante e disponibile”, aveva fatto letteralmente perdere il senno ai pastori.
Così la Chiesa, guidata da pontefici che portarono tutti rigorosamente il nome di Francesco, in ricordo del papa che aveva aperto il cammino del dialogo, del rinnovamento, della rivoluzione della misericordia, arrivò a essere una semplice copia del mondo. Una copia patetica e mediocre che non interessava più nessuno. "




Aldo Maria Valli, il più importante dei giornalisti vaticanisti italiani, autore di numerosi testi sulla Chiesa e sui suoi protagonisti degli ultimi trent’anni, frutto della sua profonda conoscenza dei Sacri Palazzi Vaticani, ha dato alle stampe per l’editrice Liberilibri una sua utopia, dal titolo inquietante: Come la Chiesa finì. 
Il libro è una sorta di cronaca, di diario dell’evoluzione della Chiesa Cattolica dai nostri giorni fino alla sua dissoluzione

Lino ha detto...

Purtroppo, essendo stato fortemente febbricitante, non ho potuto partecipare attivamente alla discussione che - forse è il caso di ripetermi - io centro sul testo: oltre il testo, in aggiunta al testo, si possono realizzare delle belle allegorie, più o meno forzate, delle ottime letture omiletiche, ma che con una frase ricorrente di BXVI si possono confutare con poche parole: "Il testo questo non lo dice". Se si prescinde dalla lettera, se non si sviscera la lettera, non si schiude la lettera che è la "bellezza prima" per dirla con Dante, si apre un'altra cosa.

Dunque:
1) Concordo che "donna" sia un appellativo onorifico e non dispregiativo nei quattro Vangeli. In Giovanni Cristo si rivolge con questo appellativo poche volte: alla Madre in Cana, alla Madre sotto la Croce, all'adultera in Gv 8, alla Maddalena nell'orto della Resurrezione. Escluderei l'episodio dell'adultera dall'analisi, perché importanti antichi manoscritti non lo contengono, rilevanti apparati critici lo riportano tra parentesi quadre e il testo, per ragioni di stile, è attribuito a Luca.
2) Escluderei che un ebreo del primo secolo abbia potuto fare una lettura mariana del protovangelo di Genesi. Giovanni non cita mai Adamo e Eva nel Quarto Vangelo, peraltro. La lettura di Maria come nuova Eva è parecchio postuma.
3) Le uniche ricorrenze di "donna" nel Quarto Vangelo sono, quindi, a Cana, sotto la Croce, nel giardino della Resurrezione. Anche con l'appellativo "donna" Le Nozze si chiudono sul Mistero pasquale.

Ringrazio la cara Mic per la pubblicazione. Domani, termometro consentendo, risponderò alla cara Pax.

Anonimo ha detto...

donna nel senso di "colei che genera", nella fattispecie colei che genera Cristo nei cristiani.

Anonimo ha detto...

Aggiungo un’altra considerazione piccola piccola: la parola “donna” (γυνή) ricorre soprattutto nell’ultimo libro della Bibbia, di cui pure è autore San Giovanni: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto” (Ap 12,1s).

Se davvero si desidera comprendere tutta la portata del Vangelo di Giovanni, non è possibile eludere questi versetti, anzi l’intero capitolo 12°. Le Nozze di Cana sono anticipazione dell’ora che scocca sul Calvario, ma sono segno la cui piena comprensione – quella “verità tutta intera” di cui si parla nell’introduzione a questo post – avviene nel tempo escatologico. Per giungere alla “verità tutta intera” su ciò che avvenne a Cana di Galilea non si può rinunciare a parlare dello Sposo e della Sposa, alle loro Nozze celebrate sull’altare mediante il sangue dell’Agnello, di cui parla l’intero libro dell’Apocalisse.

Ma tutto questo discorso ci porterebbe troppo avanti. Sono cose che, dopo molto tempo, non mi sento di replicare in un semplice commento, avendone scritto dettagliatamente altrove … Buona giornata!

Diego ha detto...

il mio è solo un complimento a tutti voi per la portata dei vostri commenti ed un ringraziamento a Mic per il lavoro svolto nel pubblicarli. E' tutto molto edificante. Grazie davvero.

Anonimo ha detto...

Un’altra considerazione ancora, in aggiunta al mio commento notturno delle 3.01; tanto per chiarire:

l’Autore del post scrive: “Escluderei che un ebreo del primo secolo abbia potuto fare una lettura mariana del protovangelo di Genesi. Giovanni non cita mai Adamo e Eva nel Quarto Vangelo, peraltro. La lettura di Maria come nuova Eva è parecchio postuma.”

Tuttavia, a me pare che questa valutazione non sia accettabile, perché lo stesso San Giovanni, autore dell’Apocalisse, adopera – come ho detto – la parola donna nel capitolo 12°. Ora in questo capitolo l'Evangelista, “un ebreo del primo secolo”, fa esattamente “una lettura mariana del protovangelo di Genesi”, laddove parla proprio di ”serpente antico: un riferimento a Genesi 3 che mi pare indiscutibile. Tutto il capitolo 12° è un continuo rifarsi a Genesi 3, nonché a ciò che avvenne ai piedi della Croce, dove la Donna partorì la sua stirpe (Gn 3,15), quella che schiaccia la testa del serpente antico. E come? Nelle doglie e nel travaglio del parto (Ap 12,2).

Pertanto era centrata l’osservazione fatta in un commento qui sopra: Mi viene in mente che è lo stesso termine – donna – con cui Dio si rivolge a Eva, quando promette che dalla sua discendenza sarebbe venuto il Redentore (Gn 3, 15).

Anonimo ha detto...

Veramente grazie a lei sig. Lino Lista ( e' parente del cardiologo Dr.Lista G.? )e anche a Lei Gentile ospite per questa magnifica Lectio divina e a tutti gli intervenuti .

Lino ha detto...

@ anonimo 18:59
No, non lo sono. Grazie a lei.

@ anonimo 15:50
Mi perdoni e mi permetta di non condividere la sua opinione; le rispondo perché comunque l'argomentazione ha un suo interesse.
Le Nozze di Cana sono un testo concluso ed incluso perfettamente nel Quarto Vangelo; il simbolismo delle Nozze è un simbolismo "standard", che si legge facilmente secondo il symbolarium biblico: il numero sei delle giare è incompletezza (è l'insufficienza dei rituali di purificazione), il vino vecchio significa l'Alleanza del Sinai, il Vino nuovo è segno della Nuova alleanza nel Sangue versato da Cristo.
L'Apocalisse, invece, è un mosaico di figurazioni cosmiche, un testo escatologico con riferimenti alle tradizioni apocalittiche (Daniele, p.e.). Il simbolismo di Apocalisse da dove lo si deduce? La donna vestita di sole che grida per le doglie del parto (un parto difficile?) può essere letta come la Vergine Maria? E la donna che fuggì nel deserto, dove stette per milleduecentosessanta giorni, può essere letta ancora come la Vergine Maria nel tempo ultimo? La luna è simbolo del tempo oppure di una divinità pagana?
Utilizzare un testo escatologico, apocalittico (che esprime l'indicibile mediante immagini cosmiche) per spiegare un evento esaustivo in sé come quello di Cana è una operazione perlomeno azzardata. La quale, per risultato, porta a letture che si assomigliano un po' tutte e non colgono il segno.
Occorrerebbe, in ogni caso, che lei potesse confermare la sua tesi citando chi e dove, nelle comunità cristiane dei primi secoli, hanno letto la donna dell'Apocalisse come la Vergine Maria. Io le riferisco: la tesi più accreditata è che l'Autore abbia pensato alla Chiesa al cui interno nasce e nascerà continuamente Cristo, fino allo scontro finale tra il Bene e il male. La trasposizione mariana fu attuata soltanto postuma, nella tradizione ecclesiale.

Lino ha detto...

Come promesso rispondo infine a Pax, anche per approfondire un concetto soltanto accennato nello studio, nella citazione dei "dinamismi grazie ai quali i temi vengono progressivamente sviluppati".
Se l'Evangelista avesse voluto collegare il comando dato dalla Madre ai servi alla decisione di Cristo, avrebbe adottato la seguente sequenza, che non avrebbe dato adito a dubbi:
"Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili.
Sua Madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»".
Non è così, invece: il testo, quindi, significa altro.
Saluto tutti, in primo luogo la cara Mic che ha inteso perfettamente il senso del mio lavoro, e vi ringrazio della discussione, che mi consentirà di precisare meglio alcuni punti in un successiva versione dello studio.

Anonimo ha detto...

Gentile Lino, questo stesso blog ha pubblicato, qualche anno fa, una serie di commenti all'Apocalisse, compreso il capitolo 12'. Li troverà tutta una serie di ulteriori spunti, anche tra i commenti ai post, che indagano più approfonditamente i contenuti di questo mirabile ultimo libro del Canone biblico.

Dire che il segno delle Nozze di Cana è concluso in sé non ha molto senso, perché a Cana i veri Sposi non erano i due anonimi giovani che invitarono "il terzo giorno" la Madre di Gesù, Gesù e i suoi discepoli, bensì quegli Sposi che ritroviamo sul Calvario, dove lo Sposo si legò alla Sposa infilandole all'anulare una fede nuziale fatta dal suo sangue. Nell'Apocalisse la promessa di Matrimonio viene portata a compimento: lo Sposo si unisce alla Sposa celebrando finalmente sull'altare, per mezzo del suo sangue, il vincolo eterno promesso dal Creatore fin dal Principio: "saranno una sola carne.

L'Apocalisse - aggiungo - è talmente attuale ed è talmente legata anche al segno di Cana, che in questo nostro difficile ultimo tempo l'incresciosa situazione in cui si trovarono in quella festa di Nozze si sta per ripetere: il vino - il sangue dello Sposo - sta per finire. Chi legge i blog cattolici come questo sa benissimo che il "vino" sta per esaurirsi, perché qualcuno manovra per farlo finire. E ancora una volta la Madre del Signore chiederà il miracolo: "Non hanno più vino".

Quindi ribadisco che Cana parla dei nostri tempi, delle Nozze escatologiche che sono l'oggetto e il file della intera Apocalisse.

In ogni caso, per problemi tecnici - ho il PC fuori uso - non sono in grado ora di fornirle riferimenti più precisi. Mi permetto di indicare un sito web che tratta la materia in modo approfondito:
www.giovanniepiscopo.wordpress.com

In particolare raccomando la lettura dell'articolo "Fatima e l'Apocalisse".

Buona serata!

Lino ha detto...

@ www.giovanniepiscopo.wordpress.com ha detto: "Dire che il segno delle Nozze di Cana è concluso in sé non ha molto senso, perché a Cana i veri Sposi non erano i due anonimi giovani che invitarono "il terzo giorno"..."
Mi pare, quindi, egregio, che lei abbia riferito che io scriva cose insensate.
Forse, però, semplicemente parliamo un linguaggio differente, e il mio lei non lo ha intuito o non lo conosce. Quando scrivo "incluso", intendo riferirmi alla inclusione, il procedimento formale che racchiude un testo tra due concetti ripetuti. "Tre giorni dopo" è la teofania all'inizio del testo, "manifestò la sua gloria" è la teofania in chiusa (Cfr. Gv 17,1-4).
Tutti i sette segni giovannei sono autoconsistenti, conclusi in se stessi, se così non fosse non sarebbero segni. Mi permetto, allora, una ironia, considerato che insistete in più di uno a rimandami all'Apocalisse. Forse l'Evangelista si è sbagliato a non commentare Cana dicendo: "Qui il racconto del segno di Cana, per capire il segno attendete che io metta per iscritto l'Apocalisse"?
Se lei avesse letto con più attenzione il mio lavoro, si sarebbe accorto che io ho concluso parlando di "gioia degli invitati alle Nozze quando bevono il Vino nuovo, oggi come ieri". Il commento che lei ha inviato in relazione al mio articolo è assolutamente Off Topic, non c'entra niente.
Buon anno nuovo.

Anonimo ha detto...


Un semplice chiarimento, se possibile, all'autore di questa profonda interpretazione del
miracolo delle nozze di Cana.

Quando viene menzionato il "simbolismo" ricavabile dal Vangelo di Giovanni, come dobbiamo intenderlo nel suo rapporto con la realtà del fatto narrato, al quale inerisce il simbolismo stesso? Mi spiego. Il testo giovanneo precisa che c'erano "sei idrie preparate per le usuali purificazioni dei Giudei, le quali contenevano da due a tre metrete ciascuna [30 litri, ci viene spiegato]"(Gv 2, 6). Sono queste le idrie che Gesù ordina vengano riempite dell'acqua che si muterà poi in vino.
Ora, queste sei idrie vengono caricate, ho visto, anche di un significato simbolico: sarebbero il segno della incompletezza dei rituali (giudaici) di purificazione. E perché? Perché il numero 6 è segno di incompletezza, se ho inteso correttamente?
Questa interpretazione simbolica, lo confesso, mi pone un problema, da un punto di vista più generale. Giovanni riferisce con molta accuratezza il particolare delle 6 idrie e in genere è molto accurato quando testimonia i miracoli del Signore. Ora, interpretando innanzitutto alla lettera il Testo Sacro, se ne deduce che le 6 idrie Giovanni, presente tra i discepoli, le ha effettivamente viste. Erano sei perché erano sei, perché si trovavano lì in sei. Non so se questo numero fosse tradizionale nei banchetti nuziali e non degli ebrei di quel tempo o se fosse casuale.
E vengo al punto che mi interessa: le sei idrie descritte da Giovanni sono esistite realmente e Giovanni le ha registrate da testimone fedele o si deve credere che le abbia messe nel racconto in numero di sei al fine di creare un determinato simbolismo?
In questo secondo caso, si scivolerebbe verso un'esegesi nemica della inerranza dei Vangeli, e questo non è certamente il caso di Lino Lista. Il quale mi sembra propendere per l'interpretazione comunque più semplice del simbolismo ricavabile dalle Nozze di Cana, escludendo (secondo a me a ragione) complicati collegamenti con l'Apocalisse.

Il fine del miracolo sembra svelarcelo lo stesso Giovanni, quando, a mo'di commento, scrive: "Così Gesù fece il primo dei suoi miracoli in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, sicchè i suoi discepoli credettero in lui"(Gv 2, 11). Lo fece per i suoi primi discepoli, gli Apostoli, maternamente sollecitato da Maria, forse per divina ispirazione, ad iniziare in quel momento e in quel modo la sua divina missione.
Ampliando uno spunto di Mic, noto come ci sia l'intervento della Madre a stimolare l'inizio della sua Missione, immagine qui la Madre del ruolo positivo che devono saper svolgere le donne: la felice intuizione e il giusto consiglio, nel momento opportuno, per il bene del figlio, della famiglia - senza mettersi in mostra, restando in una posizione correttamente defilata. Grazie dell'attenzione, PP

Lino ha detto...

@PP Leggo solo ora e rispondo alla sua domanda.
No, escludo che le idrie fossero in numero di sei come usanza nei matrimoni di quel tempo: la grande quantità di acqua complessiva è giustificabile con un gran numero di invitati, obbligati alle abluzioni rituali (cfr. Mc 7:5).
Rimane la legittimità della sua domanda: erano sei le idrie, Giovanni le ha registrate da testimone fedele o si deve credere che le abbia messe nel racconto in numero di sei al fine di creare un determinato simbolismo? Il Quarto Vangelo rimane ancora una narrazione fedele, con questa "invenzione simbolica"?
La risposta, signor PP, sta nella seguente riflessione: noi post umanisti e post-illuministi abbiamo smarrito la verità del simbolo; noi contemporanei consideriamo il simbolo vago, ambiguo, soggettivo. Il simbolo, invece, vive pienamente in una sua realtà.
A leggere il sei come un numero, si riceve una informazione poco chiara o poco interessante, o no? La spiegazione è una: per l'Evangelista Giovanni il sei non ha un valore numerico, ha un valore informativo, significa incompletezza (6=7-1). Infatti il concetto sarà ribadito: "e le riempirono fino all'orlo". La Legge, di cui le giare sono metonimia (l'acqua è un simbolo dell'insegnamento della Torah) andava portata a compimento con la Nuova Alleanza. Il simbolo in Giovanni è verità ed è verità teologica: questo vede Giovanni dall'alto con il suo sguardo d'aquila, Giovanni vede l'incompiutezza, l'insufficienza, per quante possano essere state le giare.