Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 20 dicembre 2017

Le Barroux. Quaerere Deum

«Ascolta, figlio, gli insegnamenti del tuo maestro, apri docile il tuo cuore, accogli volentieri i consigli del tuo padre». Con queste parole di sapore schiettamente biblico – che evocano immediatamente l’«Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore» (Dt 6,4) – si apriva quindici secoli fa la grande porta di santità della Regola dei Monasteri di san Benedetto (480 ca.-547 ca.); un libro di dimensioni tutto sommato ridotte – composto da un prologo e da 73 densi capitoli – che avrà tuttavia il destino e la gloria di contribuire grandemente a imprimere un carattere radicalmente cristiano al mondo occidentale, allora in una fase di grandi rivolgimenti e di cambiamenti epocali, per certi versi non del tutto dissimili da quelli che proprio oggi ci troviamo a vivere.
[...] L’irradiamento dell’abbazia Sainte-Madeleine non conosce sosta, si potrebbe dire da quarant’anni in qua. Lo testimonia il consistente numero di monaci – dal 2003 guidati dal successore di dom Gérard Calvet, l’attuale Padre Abate dom Louis-Marie Geyer d’Orth –, che nel 2002 hanno dato vita alla fondazione del priorato monastico Sainte-Marie de la Garde, nella diocesi di Agen; così, oltre alla cinquantina di cenobiti residenti a Le Barroux, una dozzina di loro fratelli hanno iniziato nel 2010 l’inizio dei lavori di costruzione di una nuova abbazia, replicando la sfida già intrapresa alcuni decenni prima in Provenza. E parimenti, proprio di fronte alla collina che ospita l’abbazia di Le Barroux, sulle orme di dom Gérard è venuta a installarsi la comunità monastica femminile Notre-Dame de l’Annonciation (nata nel 1979), che nel 1992 è stata eretta anch’essa in abbazia e oggi ospita una trentina di monache, guidate dalla Madre Abbadessa Placide Devillers.
Un irradiamento, quello di Le Barroux, che poggia sulle “tre colonne” concepite da dom Gérard come fondamento dell’avventura monastica da lui avviata nel lontano 1970, ovvero: una formazione intellettuale alla scuola della filosofia dell’essere d’impronta aristotelico-tomista; un’adesione senza riserve alla Regola di san Benedetto, intesa come elemento fondante stabile della nascente comunità, per la sua ricchezza, la sua universalità e la sua inesauribile capacità di adattamento; e la fedeltà alla preghiera liturgica nella forma straordinaria del Rito romano [...]. (Fonte Romualdica by Il Timone)

4 commenti:

irina ha detto...

Il lievito.
Grazie, Signore Gesù Cristo!

Sacerdos quidam ha detto...

Alcune precisazioni per coloro che non conoscessero la realtà del Monsatero di Le Barroux.
E' interessante, anche se triste, constatare la parabola discendente di questo monastero.
Edificato - materialmente - con le offerte dei fedeli della FSSPX, all'inizio questo monastero appoggiava in pieno, guidato dal suo primo abate Dom Gérard Calvet, l'opera e la resistenza di Mons. Marcel Lefebvre.
Dopo le consacrazioni episcopali del 1988 e la conseguente pseudoscomunica da parte della Santa Sede del Presule francese e di Mons. de Castro-Mayer insieme ai vescovi neoconsacrati, dom Gerard prese le distanze dalla FSSPX ed entrò nell'orbita delle Comunità dette dell'Ecclesia Dei, ossia quelle comunità religiose che avevano accettato l'accordo con la Santa Sede rifiutato invece da Mons. Lefebvre.

Inizialmente tutto sembrava procedere come al solito, ma lentamente iniziò anche la deriva verso l'accettazione del Vaticano II nei suoi documenti più ereticali.
Padre Basile Valuet, monaco di Le Barroux e teologo più in vista di quel monastero, iniziò col pubblicare una serie di volumi nei quali pretendeva di riconoscere, assurdamente, una 'perfetta continuità' tra l'insegnamento del documento conciliare 'Dignitatis humanae' (che sostiene la libertà religiosa in foro esterno e la laicità dello Stato) con il precedente insegnamento della Chiesa in materia.
Continuando nella parabola discendente, il medesimo Basile Valuet sei anni fa ha pubblicato un altro suo libro, stavolta sul falso ecumenismo inaugurato dal Vaticano II ("Quel oecuménisme") sempre sostenendo, anche in questo caso, una presunta impossibile 'perfetta continuità' del Vaticano II su questo punto con il precedente Magistero ecclesiale.
E indovinate a chi ha richiesto di scriverne la Prefazione? Al cardinale Walter Kasper: come si suol dire, un nome, una garanzia...

Il tutto, ovviamente, non rappresenta la posizione del solo Valuet, ma del Monastero in quanto tale. Insomma una resa ed una capitolazione pressoché totale, in un atteggiamento ottusamente normalista ('normalizzate, normalizzate, qualcosa resterà'...).

Dopo di che, si può certo far riferimento a San Benedetto, celebrare in Vetus Ordo per gli amanti di pizzi e merletti (anche se lì non li usano): tanto ormai si è neutralizzati e conciliarizzati a dovere, mentre la parabola discendente proseguirà ineluttabilmente, perché la logica è di per sè inesorabile. E' solo questione di tempo.
Parafrasando Augusto Del Noce, si finisce per diventare la sezione 'tradizionalista' della Chiesa conciliare (Mons. Benelli dixit), ossia della falsa chiesa neomodernista nata col Vaticano II e diffusa come un cancro all'interno della Santa Chiesa Cattolica.

marius ha detto...

@ Sacerdos quidam
ottima e opportuna precisazione

Anonimo ha detto...

Quando io parlo di monaci che sono il fulcro della Chiesa e la luce, analogamente alla luce delle finestre di una cupola, NON intendo quel monachesimo che inizia a dire "nì" quando c'è da dire "no" o "sì" quando c'è da dire "no".
Il monachesimo autentico è fedeltà al dogma perché non si può sperare di irradiare alcuna luce senza fedeltà al dogma.
Fedeltà al dogma, in senso stretto, è credere che Cristo è l'unica porta che conduce al Cielo e non ce ne sono altre. Se documenti (pseudo) ecclesiali confessano diversamente e un monaco per adeguamento ad essi fa lo stesso, ha cessato di essere monaco in senso proprio (ossia confessore della fede, erede dei confessori della fede) ed è pure lui divenuto un'altra cosa.