Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 20 marzo 2019

Sulla questione di un papa eretico

Pubblichiamo una traduzione italiana, autorizzata dall’autore, di un importante studio di S. E. Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana dedicato all’ipotesi del Papa eretico, nella certezza che esso possa arricchire il dibattito e offrire utili elementi di orientamento

La questione di come comportarsi con un papa eretico, in termini concreti, non è stata ancora trattata, nell’intera tradizione cattolica, in modo tale da avvicinarsi a qualcosa che assomigli a un vero consenso generale. Finora, né un papa né un Concilio ecumenico hanno formulato dichiarazioni dottrinali rilevanti né hanno emanato norme canoniche vincolanti sull’eventualità di come avere a che fare con un papa eretico durante il mandato del suo ufficio.

Non vi è alcun caso storico di perdita del pontificato da parte di un papa, durante il suo mandato, a causa di eresia o presunta eresia. Papa Onorio I (625-638) fu scomunicato postumo da tre Concili ecumenici (il Terzo Concilio di Costantinopoli del 681, il Secondo Concilio di Nicea del 787 e il Quarto Concilio di Costantinopoli dell’870) poiché sosteneva la dottrina eretica di quanti promuovevano il Monotelismo, contribuendo così a diffondere questa eresia. Nella lettera con cui confermò i decreti del Terzo Concilio di Costantinopoli, Papa San Leone II (682-683) lanciò l’anatema su Papa Onorio (“anathematizamus Honorium“), affermando che il suo predecessore “non illuminò questa Chiesa apostolica con la dottrina de la tradizione apostolica, ma cercò di sovvertire l’immacolata fede con un empio tradimento” (Denzinger-Schönmetzer, 563).

Il Liber Diurnus Romanorum Pontificum, una raccolta eterogenea di formulari usati nella cancelleria papale fino all’XI secolo, contiene il testo del giuramento papale, secondo il quale ogni nuovo papa, al suo insediamento, doveva giurare di aver “riconosciuto il Sesto Concilio Ecumenico che colpì con eterno anatema i creatori dell’eresia (monotelita), Sergio, Pirro, ecc., insieme con Onorio” (PL 105, 40-44).

In alcuni Breviari fino al XVI o XVIII secolo, Papa Onorio fu menzionato come eretico nelle lezioni del Mattutino per il 28 giugno, la festa di San Leone II: “In synodo Constantinopolitano condemnati sunt Sergius, Cyrus, Honorius, Pyrrhus, Paulus et Petrus, nec non et Macarius, cum discipulo suo Stephano, sed et Polychronius et Simon, qui unam voluntatem et operationem in Domnino Jesu Christo dixerunt vel praedicaverunt. La presenza di questa lettura in alcuni Breviari lungo molti secoli mostra che molte generazioni di cattolici non hanno considerato scandaloso che un papa particolare, e in un caso molto raro, sia stato giudicato colpevole di eresia o di sostegno all’eresia. In quei tempi, i fedeli e la gerarchia della Chiesa potevano chiaramente distinguere tra l’indistruttibilità della Fede cattolica divinamente garantita dal Magistero della Sede di Pietro e l’infedeltà e il tradimento di un singolo papa nell’esercizio concreto del suo magistero.

Dom John Chapman, nel suo libro “The Condemnation of Pope Honorius” (Londra 1907), spiega che lo stesso Terzo Concilio Ecumenico di Costantinopoli, che lanciò l’anatema su Papa Onorio, determinò una chiara distinzione tra l’errore di un singolo papa e l’inerranza nella fede della Sede Apostolica come tale. Nella lettera con cui chiedevano a papa Agatone (678-681) di approvare le decisioni conciliari, i Padri del Terzo Concilio Ecumenico di Costantinopoli affermano che Roma ha una fede indefettibile, autorevolmente promulgata per tutta la Chiesa dai vescovi della Sede Apostolica, i successori di Pietro. Ci si può chiedere: come è stato possibile per il Terzo Concilio Ecumenico di Costantinopoli affermare ciò e nello stesso tempo condannare un papa come un eretico? La risposta è abbastanza chiara. Papa Onorio I era fallibile, si sbagliava, era un eretico, proprio perché non aveva ribadito autorevolmente, come avrebbe dovuto, la tradizione petrina della Chiesa romana. A quella tradizione non aveva fatto appello, ma aveva semplicemente approvato e ampliato una dottrina errata. Ma una volta riprovate dai suoi successori, le parole di papa Onorio I si resero innocue di fronte al dato dell’intransigenza nella fede della Sede Apostolica. Erano ridotte al loro vero valore, ovvero alla mera espressione della sua personale visione.

Papa San Agatone non si lasciò confondere e scuotere dal comportamento deplorevole del suo predecessore Onorio I, che aveva contribuito a diffondere l’eresia, ma mantenne la sua visione soprannaturale sull’inerranza della Sede di Pietro nell’insegnare la fede, come scrisse agli imperatori a Costantinopoli: “Questa è la regola della vera fede, che questa madre spirituale del tuo molto pacifico impero, la Chiesa Apostolica di Cristo (la sede di Roma) ha sempre sostenuta e difesa con energia sia nella prosperità che nell’avversità; che, sarà dimostrato, per grazia di Dio Onnipotente, non ha mai deviato dal sentiero della tradizione apostolica, né è stata depravata cedendo alle innovazioni eretiche, ma fin dall’inizio ha ricevuto la fede cristiana dai suoi fondatori, i principi degli Apostoli di Cristo, e rimane incontaminata fino alla fine, secondo la promessa divina dello stesso Signore Salvatore, che egli annunciò nei santi Vangeli al principe dei suoi discepoli dicendo: “Simone, Simone, ecco Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Ep. “Consideranti mihiad Imperatores).

Dom Prosper Guéranger diede una breve e lucida spiegazione teologica e spirituale di questo caso concreto di un papa eretico, dicendo: “Ma quale tattica in questa campagna di Satana! Quale plauso nell’abisso allorché un giorno il rappresentante [Papa Onorio I] di Colui che é la luce apparve complice delle potenze delle tenebre per recare la notte! Previeni, o Leone, il ripetersi di situazioni così penose!” (L’Anno Liturgico, Alba (Cuneo) 1956, vol. 2, pag. 828).

Vi è, inoltre, il fatto che durante duemila anni non vi è mai stato un caso in cui un papa durante il mandato del suo ufficio sia stato dichiarato deposto a causa del reato di eresia. Papa Onorio I fu anatemizzato solo dopo la sua morte. L’ultimo caso di un papa eretico o semieretico fu il caso di Papa Giovanni XXII (1316-1334), secondo cui i santi avrebbero goduto della visione beatifica solo dopo il Giudizio Universale, nella seconda venuta di Cristo. La questione delle teorie papali erronee venne così affrontata: ci furono ammonizioni pubbliche (dell’Università di Parigi e di Re Filippo VI di Francia) e una confutazione diffuse attraverso diverse pubblicazioni teologiche e una correzione fraterna da parte del Cardinale Jacques Fournier, che poi succedette a Giovanni XXII con il nome di Papa Benedetto XII (1334-1342).

La Chiesa, nei rarissimi casi concreti di un pontefice che commette gravi errori teologici o eresie, potrebbe sicuramente continuare a vivere. La pratica della Chiesa fino ad ora è stata quella di lasciare il giudizio finale su un papa eretico regnante ai suoi successori o ad un futuro Concilio ecumenico, come nel caso di Papa Onorio I. Lo stesso sarebbe probabilmente accaduto con Papa Giovanni XXII, se non avesse ritrattato il suo errore.

I pontefici furono deposti diverse volte da poteri secolari o da gruppi criminali. Ciò avvenne specialmente durante il “saeculum obscurum”, il cosiddetto secolo buio (X e XI secolo), quando gli imperatori tedeschi deposero diversi papi indegni, non a causa della loro eresia, ma per la loro scandalosa vita immorale e per il loro abuso di potere. Tuttavia, non furono mai deposti secondo una procedura canonica, poiché ciò è impossibile a causa della struttura divina della Chiesa. Il papa ottiene la sua autorità direttamente da Dio e non dalla Chiesa; perciò la Chiesa non può deporlo, per nessuna ragione.

È un dogma di fede che il papa non possa proclamare un’eresia quando insegna ex cathedra. Questa è la garanzia divina che le porte dell’inferno non prevarranno contro la cathedra veritatis, che è la Sede Apostolica dell’apostolo San Pietro. Dom John Chapman, esperto sulla storia della condanna di papa Onorio I, scrive: “L’infallibilità è, per così dire, il vertice di una piramide. Più solenni sono le espressioni della Sede Apostolica, più possiamo essere certi della loro verità. Quando raggiungono il massimo della solennità, cioè quando sono rigorosamente ex cathedra, la possibilità di errore viene completamente eliminata. L’autorità di un papa, anche in quelle occasioni in cui non è effettivamente infallibile, deve essere implicitamente seguita e riverita. Che possa essere dalla parte sbagliata è una contingenza che la storia e la fede mostrano come possibile” (The Condemnation of Pope Honorius, London 1907, pag. 109).

Se un papa diffonde errori dottrinali o eresie, la struttura divina della Chiesa fornisce già un antidoto: la supplenza ministeriale dei rappresentanti dell’episcopato e l’invincibile sensus fidei dei fedeli. In questa materia il fattore numerico non è decisivo. È sufficiente avere anche solo un paio di vescovi che proclamino l’integrità della fede e correggano in tal modo gli errori di un papa eretico. È sufficiente che i vescovi istruiscano e proteggano il loro gregge dagli errori di un papa eretico e che i loro sacerdoti e i genitori delle famiglie cattoliche facciano lo stesso. Inoltre, poiché la Chiesa è anche una realtà soprannaturale, un mistero, un unico organismo soprannaturale, ovvero il Corpo mistico di Cristo, i vescovi, i sacerdoti e i fedeli laici – oltre a correzioni, appelli, professioni di fede e resistenza pubblica – devono necessariamente compiere anche atti di riparazione e di espiazione alla Divina Maestà per le eresie di un papa. Secondo la Costituzione dogmatica Lumen gentium (cfr 12) del Concilio Vaticano II, l’intero corpo dei fedeli non può errare nella fede, quando dai vescovi fino all’ultimo fedele laico, mostrano un consenso universale in questioni di fede e morale. Anche se un papa sta diffondendo errori teologici ed eresie, la Fede della Chiesa nel suo complesso rimarrà intatta a causa della promessa di Cristo circa l’assistenza speciale e la presenza permanente dello Spirito Santo, lo Spirito della verità, nella sua Chiesa (cfr Gv 14,17; 1 Gv 2,27).

Quando, per un imperscrutabile permesso di Dio, in un certo momento della storia e in un caso molto raro, un papa diffonde errori ed eresie attraverso il suo magistero quotidiano o non infallibile, la Divina Provvidenza risveglia allo stesso tempo la testimonianza di alcuni membri del collegio episcopale e anche i fedeli, per compensare i fallimenti temporanei del Magistero pontificio. Si deve dire che una tale situazione è molto rara, ma non impossibile, come dimostra la storia della Chiesa. La Chiesa è davvero un unico corpo organico, e quando c’è una infermità o una mancanza nella testa (il papa), il resto del corpo (i fedeli) o parti eminenti dello stesso (i vescovi) suppliscono i temporanei errori papali. Uno degli esempi più famosi e tragici di una simile situazione si verificò durante la crisi ariana del IV secolo, quando la purezza della fede fu mantenuta non tanto dall’ecclesia docens (papa ed episcopato) ma dall’ecclesia docta (fedeli), come ha affermato il beato John Henry Newman.

La teoria o l’opinione della perdita dell’ufficio papale per deposizione o ipso facto implicitamente identifica il papa con tutta la Chiesa o manifesta l’atteggiamento malsano di un “centrismo papale”, in ultima analisi, della papolatria. I sostenitori di tale opinione (specialmente alcuni santi) manifestavano un esagerato ultramontanismo o “centrismo papale”, rendendo il pontefice una sorta di semi-dio, che non può commettere errori, nemmeno in materie fuori dell’oggetto dell’infallibilità papale. Quindi, un papa che commette errori dottrinali – il che include teoreticamente e logicamente anche la possibilità di commettere l’errore dottrinale più grave, ovvero un’eresia – è per i seguaci di questa opinione (cioè la deposizione di un papa e la perdita del suo ufficio a causa dell’eresia) insopportabile o impensabile, anche se si tratta di temi estranei all’infallibilità papale.

La teoria o l’opinione teologica secondo la quale un papa eretico può essere deposto o perdere l’ufficio era estranea al primo millennio. Ha avuto origine solo nell’alto medioevo, in un periodo in cui il papo-centrismo arrivò a un certo apice, quando inconsapevolmente il papa fu identificato con la Chiesa in quanto tale. Ciò presagiva già, nella sua radice, l’atteggiamento mondano di un principe assolutista secondo il motto: “L’État, c’est moi!” o, in termini ecclesiastici: “Io sono la Chiesa!”.

L’opinione che sostiene che un papa eretico perde il suo ufficio ipso facto, è diventata comune a partire dall’alto Medioevo fino al XX secolo. Rimane un’opinione teologica e non un insegnamento della Chiesa e quindi non può rivendicare il titolo di un costante e perenne insegnamento della Chiesa in quanto tale, poiché nessun Concilio ecumenico e nessun papa hanno sostenuto esplicitamente tale opinione. La Chiesa, tuttavia, condannò un papa eretico, ma solo dopo la morte e non durante il mandato del suo ufficio. Anche se alcuni santi Dottori della Chiesa (ad esempio S. Roberto Bellarmino e S. Francesco di Sales) sostengono una tale opinione, essa non prova la sua certezza o un consenso dottrinale generale. Si sa che anche i Dottori della Chiesa hanno errato; questo è il caso di San Tommaso d’Aquino sulla questione dell’Immacolata Concezione, sulla questione della materia del sacramento dell’Ordine o sul carattere sacramentale dell’ordinazione episcopale.

C’è stato un periodo nella Chiesa in cui si aveva, per esempio, un’opinione teologica comune oggettivamente sbagliata secondo la quale la consegna degli strumenti era materia del sacramento dell’Ordine; un’opinione, tuttavia, che non poteva invocare antichità né universalità, anche se fu per un tempo limitato supportata da un papa (dal decreto di Eugenio IV) o da libri liturgici (anche se per un breve periodo). Questa opinione comune fu tuttavia corretta da Pio XII nel 1947.

La teoria – di deporre un papa eretico o della perdita del suo ufficio ipso facto a causa dell’eresia – è solo un’opinione, che non soddisfa le necessarie categorie teologiche dell’antichità, dell’universalità e del consenso (semper, ubique, ab omnibus). Non ci sono state dichiarazioni del Magistero ordinario universale o del Magistero pontificio che avrebbero sostenuto le teorie della deposizione di un papa eretico o della perdita del suo ufficio ipso facto a causa dell’eresia. Secondo una tradizione canonica medievale, poi raccolta nel Corpus Iuris Canonici (la legge canonica valida nella Chiesa latina fino al 1918), un papa potrebbe essere giudicato in caso di eresia: “Papa a nemine est iudicandus, nisi deprehendatur a fide devius“, cioè “il papa non può essere giudicato da nessuno, a meno che non sia stato trovato deviante dalla fede” (Decretum Gratiani, Prima Pars, dist. 40, c. 6, 3. pars). Il Codice di Diritto Canonico del 1917 tuttavia, eliminò la norma del Corpus Iuris Canonici, che parlava di un papa eretico. E nemmeno il Codice di Diritto Canonico del 1983 prevede tale norma.

La Chiesa ha sempre insegnato che anche una persona eretica, automaticamente scomunicata a causa dell’eresia formale, può tuttavia amministrare validamente i sacramenti e che un prete eretico o scomunicato può in un caso estremo esercitare anche un atto di giurisdizione impartendo a un penitente l’assoluzione sacramentale. Le norme dell’elezione papale, valide fino a Paolo VI incluso, ammettevano che anche un cardinale scomunicato poteva partecipare all’elezione ed essere eletto papa: “Nessun Cardinale elettore potrà essere escluso dall’elezione, attiva e passiva, del Sommo Pontefice, a causa o col pretesto di qualunque scomunica, sospensione, interdetto o di altro impedimento ecclesiastico; queste censure dovranno ritenersi sospese soltanto agli effetti di tale elezione” (Paolo VI, Costituzione Apostolica Romano Pontifice eligendo, 35). Questo principio teologico deve essere applicato anche al caso di un vescovo eretico o di un papa eretico, che nonostante le loro eresie possono validamente compiere atti di giurisdizione ecclesiastica e quindi non perdere ipso facto l’ufficio a causa dell’eresia.

La teoria o opinione teologica che consente la deposizione di un papa eretico o la perdita del suo ufficio ipso facto a causa dell’eresia è in pratica inattuabile. Se fosse applicata nella pratica, creerebbe una situazione simile a quella del Grande Scisma, che la Chiesa già sperimentò disastrosamente alla fine del XIV e all’inizio del XV secolo. Infatti, ci sarà sempre una parte del collegio cardinalizio e una parte considerevole dell’episcopato mondiale e anche dei fedeli che non saranno d’accordo nel considerare un concreto errore papale (errori) come eresia formale (eresie), e di conseguenza continueranno a considerare il papa regnante come l’unico papa legittimo.

Uno scisma formale, con due o più pretendenti al trono pontificio – che sarà una conseguenza inevitabile anche di una deposizione canonica di un papa – causerà necessariamente più danni alla Chiesa nel suo complesso che un periodo relativamente breve e molto raro in cui un papa diffonde errori dottrinali o eresie. La situazione di un papa eretico sarà sempre relativamente breve rispetto ai duemila anni di esistenza della Chiesa. In questo caso raro e delicato bisogna lasciare spazio a un intervento della Divina Provvidenza.

Il tentativo di deporre un papa eretico ad ogni costo è segno di un comportamento troppo umano, che alla fine riflette una riluttanza a sopportare la croce temporale di un pontefice eretico. Forse riflette anche l’emozione troppo umana della stizza. In ogni caso, offrirà una soluzione eccessivamente umana e, in quanto tale, in qualche modo simile al comportamento nella politica. La Chiesa e il Papato sono realtà non puramente umane, ma anche divine. La croce di un papa eretico – anche quando è di durata limitata – è la più grande croce immaginabile per tutta la Chiesa.

Un altro errore nell’intenzione o nel tentativo di deporre un papa eretico consiste nell’identificazione indiretta o subconscia della Chiesa con il papa o nel fare del papa il punto focale della vita quotidiana della Chiesa. Ciò significa in definitiva e subconsciamente un cedimento a un ultramontanismo malsano, al papo-centrismo e alla papolatria, cioè un culto della personalità papale.

Ci sono stati effettivamente periodi nella storia della Chiesa quando, per un tempo considerevole, la Sede di Pietro rimase vacante. Ad esempio dal 29 novembre 1268 al 1° settembre 1271, non ci fu nessun papa e nemmeno alcun anti-papa. Pertanto, i cattolici non dovrebbero rendere il pontefice, le sue parole e le sue azioni il proprio punto focale quotidiano.

Si può diseredare i figli di una famiglia. Tuttavia non si può diseredare il padre di una famiglia, per quanto sia colpevole o si comporti mostruosamente. Questa è la legge della gerarchia che Dio ha stabilito anche nella creazione. Lo stesso vale per il papa, che durante il suo mandato è il padre spirituale dell’intera famiglia di Cristo sulla terra. Nel caso di un padre criminale o mostruoso, i bambini devono ritirarsi da lui o evitarne il contatto. Tuttavia, non possono dire: “eleggeremo un nuovo e buon padre per la nostra famiglia”. Sarebbe contrario al buon senso e alla natura. Lo stesso principio dovrebbe essere applicabile quindi alla questione del deporre un papa eretico. Il papa non può essere deposto da nessuno; solo Dio può intervenire e lo farà a suo tempo, poiché Egli non sbaglia nella sua provvidenza (“Deus in sua dispositione non fallitur“). Durante il Concilio Vaticano I, Mons. Zinelli, Relatore della commissione conciliare sulla Fede, parlò in questi termini della possibilità di un papa eretico: “Se Dio permette un male così grande (cioè un papa eretico), i mezzi per porre rimedio a tale la situazione non mancheranno” (Mansi 52, 1109).

La deposizione di un pontefice eretico finirebbe per favorire l’eresia del conciliarismo, del sedevacantismo e un atteggiamento mentale simile a quello di una comunità puramente umana o politica. Promuoverebbe anche una mentalità simile al separatismo del mondo protestante o all’autocefalismo nella comunità delle chiese ortodosse.

La teoria o opinione che permette la deposizione e la perdita dell’ufficio si rivela inoltre essere nelle sue radici più profonde – sebbene inconsciamente – anche una sorta di “donatismo” applicato al ministero papale. La teoria donatista identificava i sacri ministri (sacerdoti e vescovi) quasi con la santità morale di Cristo stesso, richiedendo quindi per la validità del loro ufficio l’assenza di errori morali o di cattiva condotta nella loro vita pubblica. In un modo simile, la suddetta teoria esclude la possibilità che un papa possa commettere errori dottrinali, cioè eresie, dichiarando per questo stesso fatto il suo ufficio invalido o vacante, proprio come fecero i donatisti, che dichiaravano l’ufficio sacerdotale o episcopale invalido o vacante a causa di errori nella vita morale.

Si può immaginare che in futuro l’autorità suprema della Chiesa (il Papa o il Concilio ecumenico) potrebbe stabilire le seguenti o simili norme canoniche vincolanti per il caso di un papa eretico o manifestamente eterodosso:
  • Un papa non può essere deposto in nessuna forma e per nessun motivo, neppure per ragioni di eresia.
  • Ogni nuovo papa eletto che prende possesso del suo ufficio è obbligato, in virtù del suo ministero di maestro supremo della Chiesa, a prestare il giuramento di proteggere l’intero gregge di Cristo dai pericoli delle eresie e di evitare nelle sue parole e azioni ogni apparenza di eresia, nel rispetto del suo dovere di rafforzare nella fede tutti i pastori e i fedeli.
  • Un papa che diffonde evidenti errori teologici o eresie o contribuisca alla loro diffusione con le sue azioni e omissioni dovrebbe essere debitamente corretto in una forma fraterna e privata dal Decano del Collegio cardinalizio.
  • Dopo le correzioni private infruttuose, il Decano del Collegio dei Cardinali è tenuto a rendere pubblica la sua correzione.
  • Insieme alla correzione pubblica, il Decano del Collegio cardinalizio deve fare un appello alla preghiera per il papa affinché possa riacquistare la forza per confermare in modo inequivocabile l’intera Chiesa nella Fede.
  • Allo stesso tempo il Decano del Collegio dei Cardinali dovrebbe pubblicare una formula di Professione di Fede, in cui verrebbero respinti gli errori teologici che il Papa insegna o tollera (senza necessariamente nominare il Papa).
  • Se il Decano del Collegio dei Cardinali dovesse omettere o non fare la correzione, l’appello alla preghiera e la pubblicazione di una Professione di Fede, ogni cardinale, vescovo o un gruppo di vescovi dovrebbe farlo e, se anche i cardinali e i vescovi omettono o non riescono a farla, qualsiasi membro dei fedeli cattolici o qualsiasi gruppo di fedeli cattolici dovrebbe farlo.
  • Il Decano del Collegio cardinalizio o un cardinale, o un vescovo o un gruppo di vescovi, o un fedele cattolico o un gruppo di fedeli cattolici che hanno fatto la correzione, appello alla preghiera, e la pubblicazione della Professione di Fede non possono essere sottoposti a sanzioni canoniche o accusati di mancanza di rispetto verso il papa per questo motivo.
Nel caso estremamente raro di un papa eretico, la situazione spirituale della Chiesa può essere descritta con le parole usate da Papa San Gregorio Magno (590-604), che parlava della Chiesa del suo tempo come di “una vecchia nave tristemente danneggiata; perché le acque stanno entrando da tutte le parti, e le giunture, colpite dalle scosse quotidiane della tempesta, stanno diventando marce e preannunciano il naufragio” (Registrum I, 4, Ep. ad Ioannem episcopum Constantinopolitanum).

Gli episodi evangelici di Nostro Signore che calma il mare tempestoso e salva Pietro, che stava affondando nell’acqua, ci insegnano che anche nella situazione più drammatica e umanamente disperata di un papa eretico, tutti i Pastori della Chiesa e i fedeli dovrebbero credere e confidare che Dio, nella Sua Provvidenza, interverrà e Cristo calmerà la furiosa tempesta e restituirà ai successori di Pietro, suoi Vicari sulla terra, la forza di confermare tutti i Pastori e fedeli nella Fede cattolica e apostolica.

Papa San Agatone (678-681), che ebbe il difficile compito di limitare il danno causato da papa Onorio I all’integrità della Fede, lasciò parole vivide in un ardente appello a ciascun successore di Pietro, che deve essere sempre consapevole del suo grave dovere di custodire intatta la purezza verginale del Deposito della Fede: “Guai a me se trascuro di predicare la verità del mio Signore, che ha sinceramente predicato. Guai a me, se copro con il silenzio la verità che sono tenuto a dare al mio gregge, cioè di insegnare e convincere il popolo cristiano. Che cosa dirò nel futuro giudizio di Cristo stesso, se arrossisco – Dio non lo voglia! – nel predicare qui la verità delle sue parole? Quale soddisfazione potrò dare per me stesso, circa le anime che mi sono state affidate, quando Egli chiederà un rigido resoconto dell’ufficio che ho ricevuto? “(Ep. “Consideranti mihiad Imperatores).

Quando il primo Papa, San Pietro, si trovava materialmente in catene, tutta la Chiesa implorò la sua liberazione: “Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui” (Atti 12,5). Quando un papa diffonde errori o persino eresie, è in catene spirituali o in una prigione spirituale. Pertanto, l’intera Chiesa deve pregare senza sosta per la sua liberazione da questa prigione spirituale. L’intera Chiesa deve avere una perseveranza soprannaturale in tale preghiera e una fiducia soprannaturale nel fatto che in fondo è Dio che governa la Sua Chiesa e non il Papa.

Quando papa Onorio I (625-638) adottò un atteggiamento ambiguo sulla diffusione della nuova eresia monotelita, san Sofronio, Patriarca di Gerusalemme, mandò un vescovo dalla Palestina a Roma, dicendogli: “Vai alla Sede Apostolica, dove sono le fondamenta della santa dottrina, e non cessare di pregare finché la Sede Apostolica non condanni la nuova eresia”.

Nel trattare il tragico caso di un pontefice eretico, tutti i membri della Chiesa, a cominciare dai vescovi, fino ai semplici fedeli, devono usare tutti i mezzi legittimi, come le correzioni private e pubbliche al papa errante, costanti e ardenti preghiere e professioni pubbliche della verità, affinché la Sede Apostolica possa di nuovo professare con chiarezza le verità divine, che il Signore ha affidato a Pietro e a tutti i suoi successori. “Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede” (Primo Concilio Vaticano, Costituzione dogmatica Pastor aeternus, cap. 4).

Ogni Papa e tutti i membri della Chiesa devono ricordare le parole sagge e senza tempo che il Concilio Ecumenico di Costanza (1414-1418) ha pronunciato sul Papa, visto come la prima persona nella Chiesa ad essere vincolata dalla Fede, di cui deve scrupolosamente custodirne l’integrità: “Poiché il Romano Pontefice esercita un così grande potere tra i mortali, è giusto che sia sempre più legato dai vincoli incontrovertibili della fede e dai riti che devono essere osservati riguardo ai sacramenti della Chiesa. Perciò decretiamo e ordiniamo, affinché la pienezza della fede possa risplendere in un futuro Romano Pontefice con singolare splendore fin dal primo momento del divenire papa, che da quel momento in poi chi sarà eletto Romano Pontefice farà la seguente confessione e professione pubblica” (Trentanovesima sessione del 9 ottobre 1417, ratificata da papa Martino V).

Nella stessa sessione, il Concilio di Costanza decretò che ogni nuovo papa eletto dovesse fare un giuramento di fede, proponendo la seguente formula, di cui citiamo i passaggi più cruciali:
“Io, N., papa eletto, con cuore e bocca confesso e professo a Dio onnipotente, che crederò fermamente e conserverò la Fede Cattolica secondo le tradizioni degli Apostoli, dei Concili Generali e degli altri Santi Padri. Conserverò questa fede immutata fino all’ultimo punto e confermerò, difenderò e predicherò fino alla morte e allo spargimento del mio sangue, e allo stesso modo seguirò e osserverò in ogni modo il rito tramandato dei sacramenti ecclesiastici della Chiesa Cattolica”.
Quanto sarebbe urgente mettere in pratica un simile giuramento del papa, soprattutto ai nostri giorni! Il pontefice non è un monarca assoluto, che possa fare e dire ciò che gli piace, che possa cambiare la dottrina o la liturgia a sua discrezione. Sfortunatamente, nei secoli passati – contrariamente alla tradizione apostolica dei tempi antichi – il comportamento dei papi come monarchi assoluti o semi-divinità divenne comunemente accettato nella misura in cui influenzava le visioni teologiche e spirituali della maggioranza dei vescovi e dei fedeli, e specialmente della pia gente. Il fatto che il papa debba essere il primo nella Chiesa a dover evitare novità, obbedendo in modo esemplare alla tradizione della Fede e della Liturgia, a volte è stato dimenticato nella coscienza dei vescovi e dei fedeli da una cieca e pia accettazione di un assolutismo papale.

Il giuramento pontificio del Liber Diurnus Romanorum Pontificum considerava come obbligo principale e qualità più distinta di un nuovo papa, la sua incrollabile fedeltà alla Tradizione, così come gli è stata tramandata da tutti i suoi predecessori: “Nihil de traditione, quod a probatissimis praedecessoribus meis servatum reperi, diminuere vel mutare, aut aliquam novitatem admittere; sed ferventer, ut vere eorum discipulus et sequipeda, totis viribus meis conatibusque tradita conservare ac venerari” (“Non cambierò nulla della Tradizione ricevuta, e nulla di ciò che ho trovato prima di me custodito dai miei venerandi predecessori, né intaccherò, altererò, o permetterò qualsiasi innovazione in essa; anzi riverentemente la salvaguarderò con ardente affetto come un vero e fedele discepolo, trasmettendola con tutta la mia forza e il massimo sforzo”).

Lo stesso giuramento papale ha definito, in termini concreti, la fedeltà alla lex credendi (la regola della fede) e alla lex orandi (la regola della preghiera). Per quanto riguarda la lex credendi (la regola della fede), il testo del giuramento dice:
Verae fidei rectitudinem, quam Christo autore tradente, per successori tuos atque discipulos, usque ad exiguitatem meam perlatam, in tua sancta Ecclesia reperi, totis conatibus meis, usico ad animam et sanguinem custodire, temporumque difficultates, cum tuo adjutorio, toleranter sufferre” (“Prometto di mantenere con tutte le mie forze, fino alla morte e allo spargimento del mio sangue, l’integrità della vera fede, il cui autore è Cristo, e che, attraverso i suoi successori e discepoli, è stata trasmessa alla mia umile persone e che io ho trovato nella Sua Chiesa. Prometto anche di sopportare con pazienza le difficoltà dei tempi”).
Per quanto riguarda la lex orandi, il giuramento del Papa afferma:
Disciplinam et ritum Ecclesiae, sicut inveni, et a sanctis praecessoribus meis traditum reperi, illibatum custodire” (“Prometto di mantenere inviolata la disciplina e la liturgia della Chiesa come le ho trovate e come sono state trasmesse dai miei santi predecessori”).
Negli ultimi cento anni, ci sono stati alcuni esempi spettacolari di un assolutismo papale. Quando consideriamo la lex orandi, furono drastici e radicali i cambiamenti operati dai Papi Pio X, Pio XII e Paolo VI e, riguardo alla lex credendi, da Papa Francesco.

Pio X divenne il primo papa nella storia della Chiesa latina a compiere una riforma tanto radicale dell’ordine della salmodia (cursus psalmorum), che portò alla creazione di una forma di un nuovo Ufficio Divino riguardo alla distribuzione dei salmi. Poi ci fu Papa Pio XII, che approvò per l’uso liturgico una versione latina radicalmente modificata del millenario e melodioso testo del Salterio della Vulgata. La nuova traduzione latina, il cosiddetto “Salterio Piano”, era un testo fabbricato artificialmente dagli accademici ed era, nella sua ricercatezza, difficilmente pronunciabile. Questa nuova traduzione latina, giustamente criticata con il proverbio “accessit latinitas, recessit pietas“, venne di fatto respinta da tutta la Chiesa sotto il pontificato di Papa Giovanni XXIII. Papa Pio XII cambiò anche la liturgia della Settimana Santa, un tesoro liturgico millenario della Chiesa, introducendo rituali inventati parzialmente ex novo. Un cambiamento liturgico, tuttavia, fu eseguito da Papa Paolo VI con una riforma rivoluzionaria del rito della Messa e degli altri sacramenti, una riforma liturgica, che nessun papa prima ha osato eseguire con tale radicalità.

Un cambiamento teologicamente rivoluzionario è stato fatto da Papa Francesco in quanto egli approvò le norme in alcune chiese locali che prevedano di ammettere alla Sacra Comunione in casi singolari e eccezionali adulteri sessualmente attivi (che convivono nelle cosiddette “unioni irregolari”). Anche se queste norme locali non rappresentano una norma generale nella Chiesa, tuttavia costituiscono una negazione pratica della verità dell’assoluta indissolubilità del matrimonio sacramentale rato e consumato. Altro cambiamento radicale nelle questioni dottrinali è la modifica della dottrina biblica e del Magistero bimillenario della Chiesa riguardo alla legittimità in via di principio della pena di morte. Un successivo mutamento dottrinale è stata l’approvazione di Papa Francesco della frase contenuta nel documento interreligioso di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019, secondo cui, la diversità dei sessi e delle razze insieme con la diversità delle religioni corrisponde alla sapiente volontà di Dio. Questa formulazione in quanto tale richiede una correzione papale ufficiale, altrimenti costituirebbe una evidente contraddizione del Primo Comandamento del Decalogo e dell’inequivoco ed esplicito insegnamento di Nostro Signore Gesù Cristo, dunque, costituirebbe in ultima istanza una contraddizione della Rivelazione Divina.

Su questo sfondo si staglia e fa riflettere un fatto impressionante della vita di Papa Pio IX: di fronte alla richiesta di un gruppo di vescovi di introdurre un piccolo cambiamento nel Canone della Messa per inserirvi il nome di San Giuseppe, rispose: “Non posso farlo. Io sono solo il Papa!”.

La seguente preghiera di Dom Prosper Guéranger, in cui elogia Papa San Leone II per la sua strenua difesa dell’integrità della Fede all’indomani della crisi causata da Papa Onorio I, dovrebbe essere pregata assiduamente da ogni papa e da tutti i fedeli, specialmente nel nostro tempo:

“San Leone, mantieni il pastore al disopra della zona delle maleiche brume che si levano dalla terra; conserva nel gregge quella preghiera che deve salire continuamente a Dio per lui dalla Chiesa (Atti 12, 5): e Pietro, fosse anche sepolto nel profondo delle più oscure prigioni, non cesserà di contemplare il puro splendore del Sole di giustizia; e l’intero corpo della santa Chiesa si troverà nella luce. Il corpo infatti – dice Gesù – è rischiarato dall’occhio: se l’occhio è semplice, tutto il corpo risplende (Mt. 6, 22). Ammaestrati da te sul valore del beneficio che il Signore ha elargito al mondo quando lo stabilì sull’ insegnamento infallibile dei successori di Pietro, conosciamo ora la forza della roccia che sostiene la Chiesa; sappiamo che le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa (ibid. 16, 18). Mai infatti lo sforzo di quelle potenze dell’abisso andò tanto oltre come nella funesta crisi [di Papa Onorio] alla quale tu ponesti termine. Del resto, il loro successo, per quanto doloroso, non andava contro le promesse divine: non già al silenzio di Pietro [di Papa Onorio e al suo sostegno all’eresia], ma al suo insegnamento é stata promessa l’immancabile assistenza dello Spirito di verità” (L’Anno liturgico, Alba (Cuneo) 1956, vol. 2, p. 829).

Il caso estremamente raro di un papa eretico o semi-eretico deve alla fine essere sopportato e sofferto alla luce della fede nel carattere divino e nell’indistruttibilità della Chiesa e dell’ufficio petrino. Papa San Leone Magno formulò questa verità, affermando che la dignità di San Pietro non si attenua nei suoi successori, per quanto indegni possano essere: “Cuius dignitas etiam in indigno haerede non deficit” (Serm. 3, 4).

Potrebbe verificarsi la situazione davvero stravagante di un papa che pratica abusi sessuali su minori o subordinati in Vaticano. Cosa dovrebbe fare la Chiesa in questa circostanza? La Chiesa dovrebbe tollerare un pontefice predatore sessuale di minori o subordinati? Per quanto tempo la Chiesa dovrebbe tollerare un tale papa? Dovrebbe perdere il papato ipso facto a causa di tali abusi? In tale situazione potrebbe sorgere una nuova teoria o opinione canonica o teologica che consenta la deposizione di un papa e la perdita del suo ufficio a causa di mostruosi crimini morali (ad esempio i suddetti abusi sessuali su minori e subordinati). Tale opinione sarebbe analoga al parere che ritiene possibile la deposizione di un papa e la perdita del suo ufficio a causa dell’eresia. Tuttavia, una tale nuova teoria o opinione (deposizione di un papa e la perdita del suo ufficio a causa di mostruosi reati sessuali) non corrisponderebbe sicuramente alla perenne mente e pratica della Chiesa.

La tolleranza di un papa eretico come una croce non significa passività o approvazione della sua condotta erronea. Si dovrebbe fare tutto il possibile per rimediare a tale situazione. Sopportare la croce di un papa eretico, in nessun caso significa acconsentire alle sue eresie o essere passivo. Proprio come la gente deve sopportare, per esempio, un regime iniquo o ateo come una croce (molti cattolici hanno vissuto sotto un tale regime in Unione Sovietica, sopportando questa situazione come una croce, in spirito di espiazione), o come i genitori debbono portare la croce di un figlio adulto, divenuto un miscredente o immorale, o come i membri di una famiglia devono portare come una croce per esempio un padre alcolizzato. I genitori non possono “deporre” il figlio errante dall’appartenenza alla famiglia, così come i bambini non possono “deporre” il padre in errore dall’appartenenza alla famiglia o dal titolo di “padre”.

È più sicuro e conforme a una visione più sovrannaturale della Chiesa non deporre un papa eretico. Fare così, con tutte le contromisure pratiche e concrete da prendere, non significa in nessun caso passività o collaborazione con gli errori papali, ma un impegno molto attivo e una vera compassione con la Chiesa, che, nel tempo di un papa eretico o semi-eretico, vive le sue ore di Golgota. Più un papa diffonde ambiguità dottrinali, errori o persino eresie, più nella Chiesa risplenderà brillantemente la pura Fede cattolica dei piccoli: la Fede dei bambini innocenti; delle suore religiose; in particolare la fede delle gemme nascoste della Chiesa: le monache di clausura; la fede dei fedeli laici eroici e virtuosi di ogni condizione sociale; la fede dei singoli sacerdoti e vescovi. Questa pura fiamma di fede cattolica, spesso alimentata da sacrifici e atti di espiazione, brucerà più intensamente della codardia, dell’infedeltà, della rigidità spirituale e della cecità di un papa eretico.

La Chiesa ha un carattere così divino che può esistere e vivere per un periodo di tempo limitato nonostante un papa regnante eretico, proprio a causa della verità che il papa non è sinonimo o identico alla Chiesa. La Chiesa ha un carattere così divino che nemmeno un papa eretico è in grado di distruggerla; anche se ne danneggia pesantemente la vita, però la sua azione ha una durata limitata. La fede di tutta la Chiesa è più grande e più forte degli errori di un papa eretico e questa fede non può essere sconfitta. La costanza di tutta la Chiesa è maggiore e più duratura del disastro relativamente breve di un papa eretico. La vera roccia su cui risiede l’indistruttibilità della Fede e della santità della Chiesa è Cristo stesso, essendo il papa solo il suo strumento, proprio come ogni sacerdote o vescovo è solo uno strumento di Cristo Sommo Sacerdote.

La salute dottrinale e morale della Chiesa non dipende esclusivamente dal papa, poiché per legge divina questa è garantita nella situazione straordinaria di un papa eretico dalla fedeltà dell’insegnamento dei vescovi e in ultima analisi anche dalla fedeltà dell’intero corpo dei fedeli laici, come sufficientemente dimostrato dal beato John Henry Newman e dalla storia. La salute dottrinale e morale della Chiesa non dipende in misura tale dagli errori dottrinali relativamente brevi di un singolo papa da rendere la Sede Papale vacante. Come la Chiesa può sopportare un tempo senza papa (è già accaduto nella storia per un periodo di diversi anni), allo stesso tempo è per costituzione divina così forte che può anche reggere un papa eretico di breve durata.

L’atto di deporre un pontefice o il dichiarare vacante la sua cattedra per la perdita del papato ipso facto dovuta ad eresia, sarebbe una novità rivoluzionaria nella vita della Chiesa, che atterrebbe a una questione molto importante della sua costituzione e della sua vita. La via più sicura (via tutior) da seguire in una materia così delicata, anche quando non è di natura pratica o strettamente dottrinale, è quella che si orienta secondo il senso perenne della Chiesa.

Nonostante tre Concili Ecumenici successivi (il Terzo Concilio di Costantinopoli nel 681, il Secondo Concilio di Nicea nel 787 e il Quarto Concilio di Costantinopoli nell’870) e papa San Leone II nel 682 abbiano scomunicato papa Onorio I per eresia, essi non hanno nemmeno implicitamente dichiarato che Onorio avesse perso il papato ipso facto a causa dell’eresia. Infatti, il pontificato di Papa Onorio I fu considerato valido anche dopo aver sostenuto l’eresia nelle sue lettere al Patriarca Sergio nel 634, poiché regnò altri quattro anni fino al 638.

Il seguente principio, formulato da papa Santo Stefano I (+ 257), anche se in un contesto diverso, dovrebbe essere una linea guida nel trattare la delicatissima e rara questione di un papa eretico: “Nihil innovetur, nisi quod traditum est“, cioè “Non ci sia innovazione rispetto a ciò che è stato tramandato”.
Fonte - Originale by Rorate Caeli
21 marzo 2019
+ Athanasius Schneider, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Santa Maria ad Astana

40 commenti:

irina ha detto...

*In sintesi, lo dovete tenere così com'è.
*La questione del tempo breve, si allunga di parecchi anni entro il '900. *Oggettivamente se uno cerca le radici del male ecclesiale arriva fino al Signore Gesù.
*Pregare fortemente per il Papa...più passa il tempo, più le sue amenità sono diffuse,più non trovo in me, neanche un pensiero lontano, che possa muovermi. Non mi viene neanche in mente. L'anima mia su questo argomento è stata desertificata. Ringrazio sentitamente anche a nome di tutti coloro che si trovano in questa stessa mia situazione. Eretico o non eretico, non mi interessa neanche saperlo, affari suoi. Per me la questione è chiusa.
A domani.

Epiphanio ha detto...

Ha ragione Irina, la sintesi è quella, ce lo dobbiamo tenere così com'è, e così come sarà, nel caso molto probabile della sua canonizzazione.

ExAedibus ha detto...


oltre a questo noto con piacere che il buon vescovo kirghiso rompe in qualche modo un tabù quando ascrive all'assolutismo papale (che si può dire risalga più o meno al Vaticano I e sia una sorta di effetto collaterale del dogma dell'infallibilità papale) la responsabilità non solo della cosiddetta riforma di Paolo VI, ma pure di quella fatta sotto Pio XII (versione dei salmi e settimana santa) e anche quella fatta da Pio X. Sia ben chiara una cosa: la riforma di Pio X, e anche quella di Pio XII erano necessarie. non v'è dubbio. ciò che in quelle riforme è sbagliato è il metodo usato. Pio X, andando contro una tradizione più che millenaria, e facendo a pezzi una tradizione più che millenaria distribuisce in modo nuovo i salmi nel breviario. addirittura con la riforma di Pio X il rito romano perde un elemento di così grande antichità che risaliva all'antico popolo di Israele: la triade salmodica in laudate ( i salmi 148, 149 e 150) che terminava le Lodi di ogni giorno. quei tre salmi furono usati dal medesimo nostro Redentore divino quando andava in sinagoga per la preghiera mattutinale. quei tre salmi erano presenti e sono tuttora presenti a Lodi in tutti i riti liturgici cristiani. il rito romano, "grazie" alla riforma di Pio X ha perso questa perla preziosa e oggi è l'unico rito cristiano a non averla! la riforma era urgente, ma si poteva e si doveva fare in altro modo. in un modo rispettoso delle tradizioni. certo, un qualche intervento era inevitabile perchè l'ufficio nei secoli era stato troppo appesantito e, soprattutto, il santorale aveva quasi del tutto invaso il temporale. ma non era per nulla necessario fare un minestrone di salmi. prima o poi si dovrà porre mano anche a questo piccolo pasticcio fatto da Pio X. tutto sommato Pio X non toccò il rito, cambiò solo la distribuzione dei salmi, ma quello che è più grave nella riforma di cento anni fa è il principio. se un papa può fare il minestrone di salmi, senza toccare il rito, un altro papa potrà fare il minestrone del rito. e questo avvenne un po con Pio XII (non so quanto papa Pacelli sia responsabile e quanto abbia vigilato sul lavoro preparatorio) ma in misura universale con Paolo VI. il principio che si deve osservare, che anche i papi devono osservare, lo ha ben ricordato mons. Scheneider quando riferisce il motivo opposto da Pio IX a chi gli chiedeva di modificare il Canone Romano: "non lo posso fare perchè sono solo il papa". questo principio, in pochi decenni è sparito del tutto fino ad essere capovolto. Giovanni XXIII toccò il Canone proprio perchè lui era il papa! Ma anche il papa deve essere vincolato alle tradizioni, non ne è il padrone. questo non significa che tutto diviene intoccabile. No. l'autorità ecclesiastica può e deve intervenire, ma non per innovare, come fece in qualche modo Pio X, ma pure Pio XII e poi Paolo VI, bensì per conservare e restaurare. l'autorità deve intervenire per eliminare abusi e distorsioni che sempre si insinuano ;per conservare cioè il vero spirito liturgico, no per crearne uno nuovo. e se ci facciamo caso questo principio è contenuto pure nei documenti del Vaticano II laddove quel concilio impone di non fare innovazioni ma di trarre tutto dalle tradizioni e da esse attingere e alle più genuine tradizioni ricondurre quello che dovesse col tempo esserne stato allontanato. seguendo il principio dell'assolutismo papale invece si interviene in liturgia (e anche in dottrina) usando le tradizioni come trampolino di lancio.

comunque il vescovo kirghiso a mio modesto parere sarebbe da fare papa quanto prima. e chissà se il prossimo conclave non avrà il coraggio di eleggere papa un non cardinale. forse sarebbe un gesto troppo forte che richiede troppo coraggio. anche in questo le consuetudini degli ultimi secoli pesano troppo. (continua)

ExAedibus ha detto...

Il presule kirghiso svolge con erudizione e grande sensus ecclesiae una riflessione profonda che ha un punto di partenza granitico: valutare il presente alla luce della tradizione. si nota un grande atteggiamento prudenziale chiaramente espresso nel sottolineare come una eventuale dichiarazione di eresia o similia porterebbe molti cattolici, clero in primis, a schierarsi col papa accusato d'eresia. la questione e la situazione è indubbiamente intricata, e ogni possibile ipotesi sarebbe piena di conseguenze. bisogna pregare perché Dio abbresi il tempo di passione. ma non dobbiamo dimenticare che sono i nostri peccati la causa di tutto. non solo i peccati dei preti, dei vescovi e dei cardinali. No. la causa dei castighi divini son oi peccati di ciascuno di noi. e il rimedio è sempre il medesimo di una volta: fare penitenza.

Anonimo ha detto...

Ogni battezzato ha il dovere morale di intervenire, quando é in atto un tentativo di distruggere la Tradizione, la società e la Dottrina Cattolica, Apostolica, Romana!
Liliana Dazzi

Anonimo ha detto...

La Chiesa già Cattolica sta facendo la corte a Lutero per convolare a nozze con i riformatori suoi emuli e parla lo stesso loro linguaggio. Non basta riaffermare la verità se non di condanna l'errore per eliminarlo, altrimenti si è figli del concilio nel suo aspetto primariamente disttuttivo...
Come diceva un generale: con certi soldati non si va in guerra!

fabrizio giudici ha detto...

ma non dobbiamo dimenticare che sono i nostri peccati la causa di tutto. non solo i peccati dei preti, dei vescovi e dei cardinali. No. la causa dei castighi divini son oi peccati di ciascuno di noi. e il rimedio è sempre il medesimo di una volta: fare penitenza.

Questo è un messaggio che è arrivato in contemporanea dal card. Sarah nel suo ultimo libro (se non erro in vendita da ieri nell'edizione francese) di cui iniziano a circolare alcuni stralci.

Commento (più che altro con una domanda) il documento di mons. Schneider solo in un punto pratico che è alla mia portata. È assolutamente corretto far presente che, se non altro per motivi pratici, l'eventuale ipotetica deposizione di un Papa regnante porterebbe necessariamente ad una situazione con papa/antipapa e caos conseguente. Ne avevamo già discusso qui tempo fa.

Mons. Schneider dice: meglio sostenere la prova, perché un papa eretico o semi-eretico dura necessariamente poco, meno del caos che può risultare da uno scisma con papa/antipapa. Io "di pancia" (non posso andare oltre) la penso come lui, ma fatemi fare l'avvocato del diavolo: abbiamo garanzie che un papa eretico/semi-eretico non abbia un seguito? Umanamente ragionando (il che può essere una limitazione) se il prossimo conclave eleggesse Tagle - che oltretutto è giovane - il problema si protrarrebbe a lungo: i due pontificati potrebbero durare una trentina d'anni nel complesso. D'altro canto lo scisma d'occidente non durò secoli, ma una quarantina d'anni.

Come altra questione, spero che il documento di Schneider - al netto delle legittime critiche da parte di chi è competente - non rimanga un lavoro a sé, ma inizi a registrarsi una convergenza con i cardinali e si finisca di procedere per ordine sparso, che è probabilmente il più grande problema di oggi.

by Tripudio ha detto...

Stamattina un articolo di Blondet faceva il punto sulla "neochiesa terminale invertita" che "non conosce compromesso e non fa prigionieri".

Anonimo ha detto...

Blondet: inquietante realistica sintesi...

Anonimo ha detto...

https://www.corrispondenzaromana.it/il-cristo-orologio-capovolto-simbolo-di-una-chiesa-ribaltata/

Anonimo ha detto...


Qualche osservazione sul documento di mons. Schneider

Un documento importante, certamente, che mette a punto bene alcune questioni, anche dal punto di vista pratico.
Mi lasciano tuttavia perplesso alcuni punti.

1. E'giusto essere ottimisti, nonostante tutto, sulla possibilità della Chiesa di superare la crisi, basandosi e sulle promesse divine di assistenza alla Chiesa e sul precedente storico del modo in cui è stata superata la crisi monotelita, con il finale arrivo di un Papa che ha messo le cose a posto. Tuttavia: mons. Schneider si sofferma solo su quell'esperienza storica, finita bene. Ma ce ne sono state altre, finite meno bene o che comunque hanno prodotto effetti assai gravi e prolungati nel tempo.
Mi riferisco alla crisi ariana, che mons. Schneider non mi sembra ricordi. Non ci fu anche lì ad un certo punto la complicità attiva di un papa? Che perlomeno civettò con l'eresia? L'arianesimo portò per decenni la guerra civile nella cristianità. I Germani, tranne poi i Franchi, erano tutti ariani. Genserico, capo dei Vandali, ariano convinto, invase l'Africa del Nord e distrusse tutto quello che potè distruggere della Chiesa rimasta ortodossa. Sant'Agostino morì ad Ippona, assediata dai Vandali. Si legga: Vittore di Vita, Storia della persecuzione vandalica in Africa, Città nuova, 1981.
Ma l'apostasia che sta affliggendo la Chiesa oggi indica una situazione di peccato come quella che afflisse l'antico Israele, punito poi da Dio nel modo terribile che sappiamo. Affettare pertanto un ottimismo sull'intervento finale benevole e pacificatore, che mette tutto a posto, della divina Provvidenza mi sembra atteggiamento poco meditato, sia detto con tutto il rispetto per mons. Schneider. Se poi vogliamo anche pensare alle note profezie contenenti visioni di punizioni apocalittiche per l'intera Chiesa e il mondo civile (La SAlette, Fatima) allora l'ottimismo appare ancor meno giustificato. Certamente, il Signore (se non siamo addirittura alla vigilia della Parousia) mettera`le cose a posto, ma solo dopo aver purificato con il ferro e con il fuoco, se si continuerà in questo modo, vale a dire (ritengo) senza affrontare i problemi alla radice, in primo luogo quel tumore che è stato ed è il Concilio, della cui metastasi Bergoglio è solo l'ultima manifestazione.

2. A mio avviso, il concetto di "assolutismo papale" andrebbe precisato meglio. Mi sembra eccessivo presentare le assai limitate riforme liturgiche (peraltro necessarie) di san Pio X e Pio XII come espressione di "assolutismo papale", mettendole per di più quasi sullo stesso piano della rivoluzione effettuata da Paolo VI, questa sì imposta con un "assolutismo" impressionante, per adempiere i voti del Concilio. Un piccolissimo ritocco al Canone non lo effettuò anche S. Gregorio Magno? Ritocco di forma, non di sostanza, si capisce (vedi Gamber).

3. La questione della famosa frase del Decreto di Graziano, sul papa che non può esser giudicato da nessuno, a meno che non devii dalla fede. Il concetto espresso appare conforme al sensus fidei, non c'è dubbio. Lo si ricava anche dagli insegnamenti di san Paolo, che lo mise in pratica nei confronti del Beato Pietro, ad Antiochia, ma come ammonimento. Il problema è: cosa si deve intendere con "giudicare" qui? Mons. Schneider invita, e gliene siamo grati, anche i fedeli ad impegnarsi, nel dovuto modo, per denunciare gli errori, anche se professati dal papa. Questa è una forma di giudizio, che si traduce però in ammoniazioni, avvertimenti, esortazioni a ravvedersi e ritrattare, non in un vero giudizio.
Invece, l'impressione è che la sentenza di Graziano volesse indicare un vero "giudizio" nei confronti del Papa, non semplici ammonimenti. Chi è autorizzato allora ad emettere questo giudizio? La discussione è aperta da secoli. Il fatto che i due Codici di Dir. Can. non contemplino la frase di Graziano non è decisivo. Tra le fonti è ricompresa anche la consuetudine purché ragionevole e molto antica [ SEGUE, forse].
PP

viandante ha detto...

Era da molto tempo che aspettavo che qualcuno facesse una bella sintesi sulla questione. Altrimenti si è sempre qui uno a citare San Bellarmino, l'altro a controbattere con un altro santo e via di seguito.
Qui il merito mi sembra quello di rivedere con pacatezza la questione alla luce della Tradizione e, come detto da ExAedibus, di ricercare senza compromessi le cause remote di certi disagi anche in papati preconciliari.
Sarebbe utile che molta gente, specialmente in ambito tradizionalista mediti su questo scritto, per non cedere e fuggire in scappatoie fuorvianti.

Vorrei invece rispondere a Irina e a tanti altri che molto sinteticamente, e forse (almeno dal dal tono) anche un po' seccati, sintetizzano il tutto con: praticamente dice che ce lo dobbiamo tenere come è!
È molto riduttivo questo atteggiamento! Come diceva un altro commentatore se questo è permesso è per i nostri peccati e non solo perché il prelato di turno oltre a peccatore è anche eretico! Senza questo atteggiamento interiore il castigo che ci è donato per purificarci dalle nostre colpe è perlomeno sminuito. Lo so che non è facile e tutti noi spesso ci troviamo a criticare questo o quello. Ma dobbiamo imparare a criticare anzitutto noi stessi! Per la nostra santificazione, che è pure lo scopo della nostra esistenza.

abbiamo garanzie che un papa eretico/semi-eretico non abbia un seguito?
Ha avuto seguito Satana, figuriamoci se un papa eretico non possa avere seguito. Mi pare fosse don Bosco che diceva che un sacerdote non va mai da solo nè in Paradiso nè all'Inferno, ma ha sempre un suo seguito.
E purtroppo seguito ebbe anche Lutero e tanti altri eretici della storia.
L'unica garanzia che abbiamo è che a tutto e quando lo riterrà opportuno il Signore rimedierà. Spesso però pretendiamo di stilare noi la Sua agenda.

mic ha detto...

Tra le fonti è ricompresa anche la consuetudine purché ragionevole e molto antica [ SEGUE, forse]. 
PP


Speriamo tutti che, rimosso il forse, ci sia il seguito. E grazie!

mic ha detto...

L'unica garanzia che abbiamo è che a tutto e quando lo riterrà opportuno il Signore rimedierà. Spesso però pretendiamo di stilare noi la Sua agenda.

Il dilemma sta tutto nel trovare il giusto equilibrio tra l'agenda del Signore e la nostra, richiesta anche se meditata, collaborazione per mettere in campo le necessarie soluzioni concrete che l'incarnazione esige sempre.

In sintesi : ha detto...

L’Immacolata a Lourdes richiama tutto il Santo Vangelo e soltanto coloro che totalmente abbracciano e vivono tale programma incideranno nella storia del mondo.
Il programma della Vergine Santa è programma di preghiera, di penitenza, di testimonianza e di sottomissione alla Chiesa.
I tempi che stiamo vivendo esigono posizioni impegnate e decise. La Croce soltanto, oggi come ieri, salverà l’uomo, tutti gli uomini. La Croce, oggi come ieri, ha valore redentivo soltanto se portata con Gesù Cristo.
L’umanità si salva con la preghiera e con la Croce.
Oggi l’umanità attende tale apporto.
Per quanti decisamente diventano strumenti docili ed attivi nelle mani dell’Immacolata, uguale è la promessa dell’Immacolata, “ NON TI PROMETTO DI RENDERTI FELICE IN QUESTO MONDO , MA NELL'ALTRO “; e questo e' quel che conta, al di sopra di tutti gli onori, di tutte le gioie, di tutte le sofferenze.

Sac. Luigi Novarese

viandante ha detto...

@Mic
Non è che dobbiamo trovare il giusto equilibrio tra la Sua agenda e la nostra. La nostra agenda si deve orientare ed adeguare alla sua. Quello che credo tu intenda è che ciò non vuol dire attendere inoperosi i Suoi tempi.
Ma inoperosi è una parola un po' sibillina come la actuosa participatio: il nostro primo agire deve essere interiore! A cui poi tutto il nostro essere si adegua, anche esteriormente.

irina ha detto...

"... Come diceva un altro commentatore se questo è permesso è per i nostri peccati..."

caro viandante non mi era sfuggita l'argomentazione, anche prima delle fraterne sottolineature. E' proprio in forza della conoscenza dettagliata dei miei peccati, vedendo che non sto, assolutamente, migliorando, che anzi questo procedere di eresia, in eresia dogmatica, pastorale, liturgica, ecumenica... riporta in superficie quella me stessa che pensavo di aver messo in fuga, per questo dico, 'fate come vi pare!' Ora però, devo aggiungere che Nostro Signore Gesù Cristo capisce quando sei proprio fuori dagli stracci; così ieri sera, al volo,andando di qua e di là sulla tastiera, ho colto due parole di Padre Serafino Tognetti: "Pago, io!" . Queste due parole mi hanno ribaltato la prospettiva, certo che pago,io! Ci mancherebbe. Così invece di pensare a come giungere a dare un calcio nel sedere a chi di dovere, ho fatto, da stracciona, la gran signora, e ho detto un' Ave Maria, per tutti quelli che nel pensier mi ero finta, con gusto, di prender per la collottola e sbatacchiare ben bene.

Anonimo ha detto...

Mi sembra che mons. Schneider non ritenga che stiamo vivendo la Grande Apostasia. Ecco tutto

fabrizio giudici ha detto...

Non è che dobbiamo trovare il giusto equilibrio tra la Sua agenda e la nostra. La nostra agenda si deve orientare ed adeguare alla sua. Quello che credo tu intenda è che ciò non vuol dire attendere inoperosi i Suoi tempi.

Penso che il senso della frase sia: comprendere quanto e come la Sua agenda richiede la partecipazione umana. In altre parole, se è evidente che la crisi finirà quando Dio vorrà, ciò non esclude che il Suo volere si attualizzi mediante opere di uomini ispirati.

Anonimo ha detto...

In generale si tratta,a mio parere, di serio tentativo di chiarire una questione così delicata. Tutto ciò è estremamente positivo è merita rispetto nonché una seria riflessione.
Avevo notato,però, anche io, nel mio piccolo, il silenzio sulla crisi ariana e,in particolare su papa Liberio. Anche su Zosimo e il suo appoggio a Pelagio ci sarebbe da dire. Quello di Mons. Schneider, in definitiva, è un contributo importante, ma non definitivo.

Anonimo ha detto...

STESSE PAROLE DI DON RICOSSA. ovvero LAVIAMOCENE LE MANI, CI PENSERà IL SIGNORE.

Anonimo ha detto...

Se qualcuno di voi avesse letto la tesi materiale di Cassiciacum con disquisizioni varie relative, non potrà che concordare con me col fatto che il discorso del monsignore è identico al loro: un Papa non si giudica in quanto Vicario di Dio e nessun altro è pari o superiore sulla terra. Allora perché se dimostra nei fatti, parole ed opere di non fare il Vicario di Gesù ma del nemico (anime portate all'inferno convinte di salvarsi), perché non si valuta se MAI fu Papa? Inoltre qui si ha a che fare con2 papi solidali fra loro, si ha a che fare. con papi precedenti eretici e smantellatori, quindi non si tratta di un tre annetti ma anche oltre indietro di decenni. Lo scempio non c'è da aver timore di farlo nel dichiarare (anche solo 2 vescovi) sede vacante per eresia, ma lo scempio c'è da decenni, dalle chiese vuote, dall'apostasia generale del clero dai riti invalidati o quasi, dal cambio di dottrina…. cosa impossibile a farsi, scrive il monsignore, ma attuata, ed allora si vada alle radici...E dove li troviamo i vescovi, preti e fedeli che non siano adulterati? ...si tratta di riparare allo scempio COMPIUTO ormai da tempo. Il Papa non è paragonabile al padre perché il Papa cambia da millenni, il padre muore e basta: quindi maggiore attenzione ai paragoni non adatti. Il Papa decade pe r pazzia, e pe r eresia, oltre che morte e dimissioni volontarie.

Anonimo ha detto...

Lo Spirito Santo non è stato dato per nuova dottrina? bene, qui abbiamo altra dottrina, ed allora ci si deve muovere. Papa Onorio errò in materia privata, tanto che lo afferma il monsignore " non al suo silenzio ma all'INSEGNAMENTO lo Spirito Santo garantisce". Chiaro che qui non garantisce su INSEGNAMENTO di parecchi papi ultimi. Il Monsignore segue il CVII che invece va valutato anche quello.Non segue il tridentino e VII che dichiara l'infallibilità papale, ma questo è errato. E' dogma l'infallibilità papale.Da quanto afferma neanche la sua opinione risulta provata e garantita da 2000 anni dunque. Onorio può paragonarsi a Giovanni XXII che anche lui si espresse come privato e non come insegnamento. Onorio fu giudicato da morto per un fatto privato, Giovanni XXII ammonito invece si ricredette. Casi non paragonabili a ora. Se furono deposti, lo scrive lui, pe r peccati morali gravi, perhè ora non si fa per il peggio: eresia? Conferma il Magistero (lo scrive) l'inerranza della sede Apostolica ed allora qui non ci siamo, dato che erra alla grande! Se la Chiesa Ap. MAi ha deviato ed ora SI CONSTATA che devia, qualcosa non quadra in QUELLA sede ap.

Anonimo ha detto...

Su san Tommaso che ebbe un'opinione errata ad esempio sull'Immacolata Concezione dicasi che è possibile discutere senz a peccato prima della dichiarazione Magisteriale e che il parere dei Padri è valido quando è uguale per tutti loro, non quando uno la pensa in un modo e altri in un altro modo, teologicamente, su questioni aperte e mai definite. Su consacrazione episcopale invece la sentenza Magisteriale ancora non esiste oggi.

Anonimo ha detto...

Ancora sul documento di mons. Schneider [fine]
1. IL fatto che Papa Onorio sia stato condannato da morto non può costituire un precedente,
nel senso di dire: un papa eretico può esser condannato come tale, solo da morto. Che sia stato condannato da morto, ciò non sarà dipeso dal concorso delle circostanze?
2. I due Papi soprattutto coinvolti con le eresie sono stati impigliati nei sottili errori dottrinali concernenti la difficile teologia cristologica. Il caso di Giovanni XXII non fa testo: propose una nuova dottrina su un punto che non sembrava ancora definito, la propose come dottore privato e poi la ritirò dopo accese polemiche in punto di morte, pienamente consapevole. Egli era in buona fede.
3. Ma oggi, il caso di Bergoglio è molto più grave. Appoggiandosi ad un Concilio Ecumenico, sia pure pastorale, che ha promosso la riforma di tutta la Chiesa mediante l'apertura alla modernità [sic], afferma di applicarne le riforme sino in fondo e in quest'opera sta demolendo scientificamente la morale cristiana. L'omologazione della omosessualità sembra essere uno dei suoi obiettivi principali. Con la Amoris Laetitia ha fatto in modo da legalizzare la prassi aberrante della comunione a coppie di divorziati risposati e persino di gay, invece di abolirla, come sarebbe stato suo dovere. E' evidente che di fronte ad una situazione inaudita del genere, i riferimenti al passato contano sino ad un certo punto.
4. La plurisecolare massima, accettata da molti, se non da tutti nella Chiesa, secondo la quale il papa eretico può essere giudicato, va rimeditata per vedere se può fornire una via d'uscita nella presente situazione. Ho fatto il paragone con il concetto della consuetudine, per stabilire un'analogia. Il dictum di Graziano non può considerarsi una consuetudine in senso proprio perché non riguarda un comportamento giuridicamente rilevante, che sia ammesso dall'ordinamento perché "rationabilis" e praticato da lunghissimo tempo. Esprime tuttavia un'opinione teologica condivisa da molti, anche autorevoli, e da secoli. In ogni caso, dobbiamo dire, conforme al sensus fidei oltre che alla recta ratio.
Mons. Schneider fa l'esempio per assurdo di un papa apertamente sodomita, se ho ben capito: nemmeno in questo caso lo si potrebbe deporre? Nemmeno per indegnità morale manifesta? Al di là degli esempi per assurdo, secondo me non possiamo accettare un'impostazione che finisce per essere senza volerlo "normalizzatrice".
5. Ma mons. Schneider nello stesso tempo ci incita giustamente a non stare con le mani in mano, a reagire nel dovuto modo, a replicare alle false dottrine messe in pratica. Ricordo cosa scrisse il compianto Mario Palmaro, poco prima di morire: "Cosa altro deve succedere perché i cattolici si mettano a gridare dai tetti contro l'abominio dilagante..?". Cosa direbbe oggi, che la situazione è molto peggiorata ma la contestazione degli errori è ancora così timida? Il fatto è, mi dispiace dirlo, che le pur coraggiose prese di posizione dottrinali-pastorali di mons. Schneider, e dei cardinali dei Dubia, non vanno al fondo del problema. Oltre a non accusare apertamente Bergoglio degli errori che sparge in giro (un fatto che non si può più tacere) e ad ammonirlo, non collegano questi errori con la loro causa evidente, che è da vedersi, lo sanno tutti, nel Concilio. INsomma, non chiedono (vedi mons. Gherardini) che si apra una discussione su quel nefasto Concilio né sembrano rendersi conto che gli errori di Bergoglio sono la sequela degli errori che, dal Concilio in poi, si ritrovano anche nell'insegnamento dei suoi predecessori, anche se lui si è spinto oltre, da buon gesuita allievo dei suoi pessimi maestri, dei de Lubac, dei Rahner, di CM Martini etc.
6. Conclusione: al dunque, si finisce sempre col voler curare la cancrena con l'aspirina.
PP

Anonimo ha detto...

@anonimo 13:29. Concordo pienamente: gli manca il senso della storia per cogliere il trend. Voglio vederlo ancora arrampicarsi sugli specchi quando, di male in peggio, da un papato all'altro dovrà subire cose turche! Così, per evitare presunte eresie, cade nell'eresia del fallibilismo, costringendo Gesù Cristo a trasmettere la sua autorità all'eletto del conclave
di turno, che non ha nemmeno un briciolo di fede e spinge la cristianità all'apostasia, però, naturalmente non formaliter! Allora vorrei chiedere a mons. Schneider: Gesù ha istituito l'autorità per la verità, o la falsità per l'autorità? E se la verità è solo quella formalmente ex cathedra (mediamente ogni cent'anni) a cosa serve il papa se in tempo di crisi il povero cristiano deve disobbedirgli e seguire la coscienza? Ma qui una parola è poca e due son troppe. Mi sono stancato di combattere coi muri di gomma.
TEOFILATTO

Anonimo ha detto...

Sulla crisi ariana mi ricordo che Schneider lo paragona ad ora il che non si può fare: non regge proprio. I papi lo difesero e su Liberio alcuni Papi successivi affermarono che fu accusato ingiustamente. Inoltre ci sono tesi che dicono che le lettere furono adulterate dagli ariani. Inoltre la tesi ariana era stata condannata dal concilio di Nicea. San Atanasio poi fu scomunicato dai vescovi e dai mandati del Papa Liberio che poi il Papa sconfessò. Se anche fossero sue le lettere sarebbe di nuovo come dottore privato e non come insegnamento.
https://forum.termometropolitico.it/644560-contro-la-leggenda-nera-di-papa-liberio.html

Anonimo ha detto...

Mi sorprende che mons. Scheider non faccia alcun accenno a "Cum ex appstolatus officio" di papa Paolo IV, dove si tratta anche del caso del papa eretico. https://it.m.wikipedia.org/wiki/Cum_ex_apostolatus_officio

Anonimo ha detto...

Correggo: i papi lo difesero (san Atanasio) ed il concilio di Nicea condannò come eresia l'arianesimo. Poi ci fu il post concilio ecc. Qui mi sembra che si voglia tirare fuori dei peli da dentro l'uovo, anche Zosimo col seguace di Pelagio non errò, fu misericordioso e si fidò della ritrattazione ma quando gli si dimostrò che l'eretico aveva voluto solo ingannare, prese posizione netta. Tirare fuori santi come costui, o Pio x, come erranti, mi sembra veramente decadente.Onorio fu Papa o no? Fu scomunicato da morto, quindi: quando la cosa fu risaputa, non si trattava di insegnamento pubblico. Liberio non fu eretico, ma calunniato ingiustamente. Nessun Papa nella storia fu eretico nell'insegnamento. Questo emerge chiaro e tondo. Graziano dice che nessuno può giudicare il Papa A MENO CHE sia deviato nella fede. Ora questa è solo sentenza di teologo, ma conferma che Bergoglio va deposto. Però si dà il caso che l'errore del papa conferma il fatto che mai lo è stato, per questo MAI si trovano Papi eretici pubblici in 2000 anni. Gli antipapi sono già stati giudicati per 19 secoli. Restano da giudicare gli antipapi del XX secolo (e XXI). Sarebbe ora di farlo. Cum ex apostolatus officio insegna che un eretico MAI sarà (futuro) Papa, se tale va deposto. Ora è indubbio che gli attuali Ratzinger e Bergoglio SIANO STATI (passato remoto) e siano (passato prossimo e presente) eretici: conclusione che MAI hanno potuto essere Papi veri. Elementare. Schneider cita il potere secolare che depose papi per peccati mortali. E poi esclude che un sodomitico possa essere deposto? Contraddizione. Scrive anche che il Papa non è "sinonimo o identico alla Chiesa", ma che cosa è questa frase? I cattolici si distinguono per il Papa come capo del Corpo mistico, quindi non può essere eretico il loro Papa (vero però). Non regge la tesi di Cassiciacum ma neanche quella del monsignore, non regge alla ragione logica retta.

Anonimo ha detto...

Concordo in pieno con l'anonimo delle 16:00.
Mons. Schneider PRIMA ci spiega il perché il fatto di ritenere la sede vacante non possa essere ritenuto VINCOLANTE e su questo ha ragione.
Ma non è corretto passare da ciò a sostenere che la sede non possa mai diventare vacante qualunque cosa dica o faccia il Papa (o pseudo-papa) di turno.
Così facendo si tenta di dimostrare che, visto che una cosa non può essere considerata vincolante, allora deve essere considerato vincolante il suo contrario: è un "sillogismo" che logicamente non regge.
Gli studi di Bellarmino, di Sant'Alfonso Maria de Liguori e di tanti altri Santi e Dottori della Chiesa non sono mai stati condannati dal Magistero, anzi...la decadenza ipso facto del Papa eretico era sostenuta da una grossa parte dei teologi, compresi molti prelati che godevano della massima fiducia di vari Pontefici.
Il decreto di Graziano non può essere cestinato soltanto perché il Codice di Diritto Canonico del 1917 non ne ha parlato e del codice del 1983 (che ammette i protestanti alla Comunione caso per caso) è meglio non parlare neppure.
E che dire della Bolla Cum Ex di Paolo IV ?
E qual'era l'AUTOREVOLISSIMA opinione di Papa Felice III?
Eccola: “La fede mi è necessaria a tal punto che, avendo Dio come mio unico giudice in altri peccati, potrei comunque venir giudicato dalla Chiesa per i peccati che potessi commettere in materia di fede.”
Che poi un eretico non sia un membro della Chiesa è una verità di Fede.
Che l'eresia sia incompatibile con la giurisdizione è un'opinione teologica comunissima e quindi non censurabile.
Inoltre la situazione odierna dura da decenni e non si capisce il perché la confusione (e la conseguente probabile dannazione) di centinaia di milioni di fedeli sia da preferire ad un'eventuale scisma, in cui la vera Chiesa Cattolica sarebbe quella che non si è allontanata dalle Verità di Fede.
Inoltre può essere considerata Chiesa Cattolica quell'istituzione che contiene l'eresia e l'eterodossia nei suoi insegnamenti ufficiali? Un'istituzione che SEGUENDOLA ALLA LETTERA conduce le anime ALL'INFERNO? L'AMORIS LAETITIA è soltanto uno dei tanti esempi che si potrebbero fare in tal senso.
Quindi, in una situazione attuale, è vero che non può essere considerato VINCOLANTE il sedevacantismo ma è almeno altrettanto vero che non può essere considerato VINCOLANTE neppure il sedeplenismo: NESSUNO PUO' ESSERE VINCOLATO A CREDERE CHE CHI INSEGNA CON PERTINACIA ED OSTINAZIONE UN'ERESIA DIETRO L'ALTRA SIA UN VERO PAPA: ciò è contrario al sensus fidei ed all'autorevolissima opinione di moltissimi Santi e Dottori della Chiesa.
Ci troviamo in una situazione inedita che soltanto l'intervento di un futuro papa potrà ben definire.

Gederson Falcometa ha detto...

Caro PP,

Nel caso del Papa Onorio se può aprire una discussione sul significato di pastorale nella tradizione cattolica. La rivista La Civiltà Cattolica ha pubblicato nel novecento un’articolo dal titolo “Onorio I, e il P. Graty”, dove se può leggere:

"Papa Onorio fu colpito di anatema insieme coi maestri del monotelismo da un Concilio ecumenico. — È vero: ma se egli fu condannato all'anatema insieme con essi, non fu condannato per la medesima colpa. Giacchè in quelli fu eresia, in lui no. La sua colpa fu di non aver condannato l'errore, come portava il suo uffizio di giudice supremo del domma; fu di avere seguitato mollemente il consiglio dell'eretico Sergio, imponendo il silenzio tanto a chi insegnava l'errore, quanto a chi insegnava la verità pel motivo addotto da Sergio, caritatevole in apparenza, di non mettere con una definizione ostacolo alla conversione degli eretici, e per non occasionare defezioni nei già convertiti. Esaminiamo i documenti, e prima quelli della sentenza di condanna".La Civiltà Cattolica anno XXI, serie VII, vol. IX (fasc. 478, 8 Febbraro 1870) Roma 1870, pag. 431-458.
R.P. Valentino Steccanella S.J., ONORIO I, E IL P. GRATRY - http://progettobarruel.hostfree.pw/novita/10/Papa_Onorio_I.html

In questo caso, non si può dire che il Concilio ecumenico abbia anatematizzato la pastorale di Onorio?

Parlando di Mons. Gherardini, sempre me ricordo la sua dimostrazione che la Dei Verbum ha fatto una “reductio ad unum” della tradizione alla sola scriptura. Trovo curioso che ciò che ha mostrato Mons. Gherardini se vedi chiaramente nella Scuola di Tubinga. Il concetto di tradizione di Adam Möhler è l’esatta riduzione della tradizione alla Sola Scriptura, come se può legge dal articolo di Antonio Russo, in “La Tradizione e Yves Congar”:

“Scrittura e Tradizione sono immanenti l'una all'altra. La Tradizione è il vangelo vivo presente nell'annuncio della Chiesa,«è una certa intelligenza di tutto il dono primitivo, che cresce nella Chiesa animata dallo Spirito Santo».
La Chiesa a Pentecoste ha ricevuto lo Spirito Santo, che non è mai venuto meno, e da sempre è il principio animatore della Chiesa, la sua interiorità, che si esprime all'esterno attraverso la Tradizione. La Tradizione ingloba la Scrittura, la quale non è altro che la Tradizione fissata dalle prime generazioni cristiane. La Tradizione è garantita dallo Spirito Santo e dalla successione apostolica: infatti, lo Spirito che vivifica la Chiesa è sempre lo stesso, tutte le generazioni cristiane hanno il medesimo senso della fede cristiana, che si esprime nella "tradizione vivente", la quale di necessità deve adeguarsi ai vari contesti culturali in cui i cristiani si trovano a vivere.

La riflessione di Möhler sulla Tradizione si inserisce nel quadro più generale della sua riflessione sull'ecclesiologia di comunione, che rompe, in anticipo per i tempi, con quella visione ecclesiologica che era incentrata solo sulla gerarchia. Comunque, per quanto concerne il nostro itinerario, il grande merito di Möhler è di aver fatto presente come lo sviluppo della dottrina sia un'esigenza intrinseca della fede cristiana”.

Per me è la migliore spiegazione della definizione della Dei Verbum e dei testi dove Ratzinger parla sul concetto di tradizione. C’e molto del modernismo e della Nouvelle Thèologie nella Scuola di Tubinga! L’ecumenismo e il dialogo ecumenico erano presente in questa Scuola, era una sorta di laboratorio di ciò che è stato fatto con il Concilio e il post-Concilio.

Gederson Falcometa ha detto...


Un’altro giorno ho trovato una serie di articoli del SìSì NoNo dal titolo “Quelli che pensano di aver vinto” sulla Nouvelle Thèologie. Il primo articolo “Il trionfo della setta modernista - 2. La denuncia del Padre Garrigou Lagrange, O.P., se può leggere le seguinte parole di Henri de Lubac:

“Il Padre Garrigou Lagrange, O.P. ne citava ampi branni, dove se trova dove se ritrovano, in ante-prima, tutte le “novita” ereticali di questo postconcilio. Sollo un saggio: Una convergenza generale delle religioni verso un Cristo universale, che, in fondo, le soddisfa tutte: tale me sembra l’unica conversione possibile per il Mondo e la sola religione immaginabile per una Religione del futuro”. È l’essenza dell’odierno ecumenismo, che vuol far convergere tutte le religioni nel Cristo, scisso del suo corpo Mistico che è la Chiesa Cattolica. “Lumen Gentium”, luce dei gentili, dei pagani è Cristo, non la sua Chiesa” ha spiegato ripetutamente ed esaurientemente il De Lubac (cfr. SìSì NoNo15 ottobre 1991pp. ss.)”.

Questi articoli possono essere scaricati dal sito Web di Sì Sì No No negli indirizzi:

1 - Il primo numero è 31 dicembre 1992:
http://www.sisinono.org/anno-1992.html?download=502:anno-xviii-n-22

2 - In tutti le pubblicazioni dell’anno 1993:
http://www.sisinono.org/anno-1993.html

In breve, si intravede l'essenza del pontificato di Francesco (in particolare la dichiarazione di Abu Dhabi). Padre Garrigou Lagrange, O.P. è stato il principale avversario della nuova teologia. Credo che sarebbe molto importante rendere i tuoi testi contro la nuova teologia disponibili sull’Internet. Perchè lui ha avuto degli scontri teologici con Blondel, De Lubac (feroce sarà la sua critica a Surnaturel del 1946), Chenu e Danièlou. Di questi scontri, so che ha scritto una critica feroce al libro Surnaturel di De Lubac, e un commento importante a un’articolo di Daniélou, dove sosteneva “un ritorno alle dottrina patristiche come assai più vicine alla mentalità moderna” rispetto a San Tommaso. Credo che questi scritti del Padre Garrigou Lagrange, O.P. devono essere fondamentali per capire la situazione della Chiesa.

Un caro saluto dal Brasile

P.S.: Chiedo scusa per non avere risposto il suo ultimo intervento.

Gederson Falcometa ha detto...

“Ci troviamo in una situazione inedita che soltanto l'intervento di un futuro papa potrà ben definire”.


Può essere che ci troviamo davanti alla grande apostasia predetta da San Paolo. In questo caso, l'intervento di Nostro Signore avverrà attraverso la venuta di Elia ed Enoc.

Certamente i due testimoni si opporranno a tutto ciò che è stato insegnato dalla chiusura del Concilio Vaticano II fino ad oggi. La loro missione offre al clero tiepido un'opportunità per riflettere. È impossibile immaginare Elia ed Enoc a difendere la libertà religiosa, l'ecumenismo, la collegialità episcopale e altre dottrine peggio, come la grazia dovuta alla natura (che rende Dio un debitore dell'uomo, quando un uomo deve a Dio). Dopo l’Amoris Laetitiae, la Dichiariazione di Abu Dabhi, la diffesa degli omosessuali, ecc se può dire che le parole di San Paolo nella 2 Timoteo 4, 3-4 si stanno compiendo.

Credo che se può dire che un Papa eretico è l’abominio della desolazione, come ha detto Nostro Signore:

“Quando dunque vedrete l'abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo - chi legge comprenda -, allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere la roba di casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni. Pregate perché la vostra fuga non accada d'inverno o di sabato.


Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai avvenne dall'inizio del mondo fino a ora, né mai più ci sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe; ma a causa degli eletti quei giorni saranno abbreviati. Allora se qualcuno vi dirà: Ecco, il Cristo è qui, o: E' là, non ci credete. Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l'ho predetto”.

Prendiamo l'ipotese di uno Papa eretico. Se questo accade i cardinali e i vescovi sarebbero almeno allarmati e tenterebbero di risolvere il problema, ma se abbiamo un papa eretico e i cardinali e i vescovi non fanno nulla, non significa che l'estensione del problema è maggiore?

fabrizio giudici ha detto...
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fabrizio giudici ha detto...

Qualche domanda per l'anonimo delle 22:06 e precedenti.

Ribadita la mia ignoranza, i commenti mi hanno lasciato con una strana impressione. Diciamo che sento la necessità di leggere la definizione di "dottore privato", e non una definizione ex-post. Non so se mi spiego; ma da quei commenti uno potrebbe intendere che "parla come dottore privato" è semplicemente una conclusione ex-post quando un papa sbaglia. Ma il dogma dell'infallibilità non si può ridurre a una questione di terminologia: mi pare che esso definisca ex-ante cosa vuol dire "pronunciamento ex-cathedra" e poi garantisca che questo non può essere sbagliato.

Se poi "parlare come dottore privato" indica tutto ciò che non è esplicitamente "ex cathedra", allora dovrei dedurre che un papa può sbagliare quasi sempre, tranne rarissimi casi. Relativamente a Bergoglio, per un po' la definizione pareva essere "in comunicazioni informali", tipo le famigerate interviste in aereo. E va bene. Ma poi, con il passare del tempo, siamo arrivati agli AAS (in cui ha fatto scrivere che l'interpretazione dei vescovi argentini di AL è la sua) e poi il documento di Abu Dhabi; mi si dirà che non è un canale magisteriale standard, ma - diamine - ha apposto il sigillo papale, la propria firma.

Inoltre nei casi citati manca quello di Pietro ad Antiochia. Devo comunque dedurre da tutto il resto del discorso che anche Pietro, quando sbagliò ad Antiochia, parlava come dottore privato. Allora mi appare infelice la terminologia ("dottore privato"), perché sembra che essa riduca la portata dell'intervento a qualcosa di limitato; ma non è così, perché Pietro ad Antiochia dava un insegnamento pubblico che traeva i fedeli in errore; tant'è che è per questo che Paolo gli si oppose apertamente.

Ribadisco che le mie non sono affermazioni (tranne che quando cito fatti da spiegare), ma domande.

Anonimo ha detto...

Rispondo alla sua domanda Fabrizio Giudici. Esatto quanto dice, ma se rilegge con maggiore attenzione, vedrà che con il dottore privato compare l'insegnamento pubblico. Tenga pure conto che una risposta aerea oggi non è come una lettera nascosta di secoli fa, oggi abbiamo internet e mass media, inoltre la risposta sugli aerei era a giornalisti-mass media e di conseguenza insegnamento pubblico che MAI può errare. Era il Papa (pseudo ma presunto x tale). L'infallibilità maggiore o minore, se si tratta di conversazione pubblica come Papa o pronuncia di un dogma, esiste sempre, come esiste nella gerarchia fino all'ultimo fedele e consiste nel NON MODIFICARE la VERITA' rivelata. MAI. Quando il Papa (o presunto) si esprime come tale, e a tutti nel mondo (tale è anche la conversazione sugli aerei quando risponde a giornalisti- magari non mentre chiacchiera col vicino ) deve essere INFALLIBILE, parla come Papa a tutti i cattolici, non può errare, se erra non est. Una lettera di secoli or sono pur scritta come Papa non fa testo essendo NON pubblica. Poi non fu scritta secondo la tesi corretta. Il papa Onorio invece tacque, e questa fu la sua colpa, favorisce il male, l'eresia, fu anatemizzato post mortem per questo. Non fu un insegnamento e non parlò come dottore privato neanche.

Anonimo ha detto...

Pietro sbagliò per rispetto umano e fu ammonito, non si trattava di un insegnamento pubblico. Però agiva come Papa (pur non essendo in foro interno concorde con l'atto) e quindi fu AMMONITO IMMEDIATAMENTE da san Paolo. L'esempio insegna cosa si ha da fare.

mic ha detto...

Il concetto di infallibilità di Anonimo 9:30 NON è corretto!

mic ha detto...

Di questo abbiamo parlato mille bolte, il blog è pieno di riflessioni serie; ma c'è chi continua a tornare alla carica ripetendo sempre le stesse cose. Non si può ripetere un trattato per ogni discussione...

mic ha detto...

Più tardi rispondo a Fabrizio Giudici che ha fatto osservazioni sensate. Penso anzi che occorra un intero articolo...