Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 14 agosto 2022

Cos'è che vien fatto passare per cura pastorale?

Nella nostra traduzione dal sito della Latin Mass Society, un ulteriore approfondimento del prof. Peter Kwasniewski sulla vexata quaestio della messa antica, annessi e connessi, a partire da Traditionis custodes e seguenti. Vedi qui indice degli articoli.

È diventato chiaro che il Dicastero del Culto Divino, unica autorità che può consentire ai sacerdoti ordinati dopo la Traditionis custodes di celebrare la Messa tradizionale, si rifiuta sistematicamente di farlo, anche se le richieste non provengono da singoli sacerdoti, ma dai loro vescovi.

Quali ragioni vengono fornite? Mi è stata mostrata una lettera di rifiuto in tal senso e temo che le altre siano sostanzialmente identiche.
…questo Dicastero è del parere che questa [autorizzazione] non sarebbe una decisione opportuna. Pertanto, respingiamo la richiesta. Il percorso tracciato dal Santo Padre in Traditionis custodes è abbastanza chiaro; il che è stato sottolineato sia nella “Lettera ai Vescovi di tutto il mondo” che ha accompagnato il Motu proprio, sia nei Responsa ad dubia di questo Dicastero, approvati personalmente dal Santo Padre. In quest'ultimo documento, proprio su questo punto, è stato evidenziato che la riforma liturgica del Concilio Vaticano II «ha valorizzato ogni elemento del rito romano e ha favorito – come auspicato dai Padri conciliari – la partecipazione attiva piena e consapevole alla liturgia di tutto il popolo di Dio (cfr Sacrosanctum Concilium n. 14), fonte primaria dell'autentica spiritualità cristiana”. [vedi rilievi: Falsità #5]. Da ultimo, la Lettera Apostolica del Santo Padre del 29 giugno, Desiderio Desideravi, sulla formazione liturgica del popolo di Dio, amplia la summenzionata lettera ai Vescovi e ribadisce il desiderio di Papa Francesco che sia ri-stabilita l'unità intorno alla celebrazione della liturgia in tutta la Chiesa di Rito Romano (n. 61).

Naturalmente non vi è alcuna difficoltà per p. [] a celebrare la messa secondo l' editio typica tertia (2008) del Missale Romanum.
Mi interpella quell'ultima frase. Non posso fare a meno di pensare che in qualche versione precedente ci fosse scritto alla fine 'in latino', e che questo sia stato rimosso, senza che nessuno si sia accorto che l'intera frase non ha senso. La lettera parla di un prete; ovvio che possa dire il Novus Ordo!

È interessante notare che, sebbene la lettera inizi col dire che i documenti a sostegno della richiesta sono stati studiati attentamente, le ragioni del rifiuto della richiesta sono del tutto generali, non specifiche alla situazione della diocesi.

Dato che papa Francesco ha espressamente previsto il rilascio di permessi, e dato che i vescovi che ne fanno richiesta hanno presumibilmente buone ragioni per farlo, l'atteggiamento del Dicastero non sembra una semplice applicazione delle regole. C'è qualcosa di più qui: qualcosa di ostile al provvedimento che papa Francesco si aspettava fosse fatto "per provvedere al bene di coloro che sono radicati nella precedente forma di celebrazione".

È questo che viene fatto passare per pastorale?
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

8 commenti:

A corredo: ha detto...

e ultime notizie che giungono da oltre oceano (Chicago, Arlington…) ci danno, ahinoi, nuovi elementi per comprendere che cosa stia accadendo nella Chiesa dopo Traditionis Custodes, e oltre... Vi proponiamo qui di seguito la lettura dell’attualità del nostro Enrico Roccagiachini.

La soluzione finale

Col passare del tempo, comprendiamo sempre più chiaramente come si sia sviluppata e verso quali obiettivi tenda la guerra civile scatenata dai vertici della Chiesa contro i “tradizionalisti”.

Parliamo propriamente di guerra civile perché si tratta davvero di una lotta intestina, ancorché iniziata in termini .....(continua)

http://blog.messainlatino.it/2022/08/la-soluzione-finale.html

mic ha detto...

La soluzione finale

Col passare del tempo, comprendiamo sempre più chiaramente come si sia sviluppata e verso quali obiettivi tenda la guerra civile scatenata dai vertici della Chiesa contro i “tradizionalisti”.

Parliamo propriamente di guerra civile perché si tratta davvero di una lotta intestina, ancorché iniziata in termini opposti rispetto alla prevalente dinamica di un fenomeno di tal genere: non è una porzione del popolo che insorge contro chi detiene il potere e cerca di scalzarlo, ma è chi detiene il potere che cerca di schiacciare una porzione del popolo. Tutto ciò perché nel regime che si vuol instaurare a tutti i costi essa non ha posto: c’è un gruppo dominante che ha conquistato il potere proprio per introdurre “cambiamenti irreversibili”, e quella parte del popolo, con la sua sola pur pacifica esistenza, costituisce un insormontabile impedimento alla realizzazione dell’utopia rivoluzionaria.

Invece, a stretto rigore, non dovremmo parlare di “tradizionalisti”, se non per semplificare, come effettivamente cerchiamo di fare. Non solo perché per noi tradizionalista e cattolico tout-court dovrebbero essere sinonimi, ma anche perché la parte del popolo che si vuole eliminare non è circoscritta ai soli “tradizionalisti classici”, quelli – per capirci – “della Messa in latino”, ma, come è stato opportunamente notato proprio in questi giorni (ved. qui), comprende quanti credono che la Chiesa non possa cambiare i suoi insegnamenti morali e dottrinali definitivi, che essi siano irriformabili. Se così non fosse, infatti, perché – per esempio – colpire l’Opus Dei, nonostante tutti gli sforzi mimetici che essa ha compiuto in questi anni (tra cui una rigorosa presa di distanza dalla liturgia tradizionale) per non essere nemmeno lontanamente percepita come appartenente alla “opposizione”?

È proprio qui sta uno snodo chiave per comprendere ciò che sta accadendo: i “tradizionalisti” non sono perseguitati per reprimere la resistenza, il contrasto, l’eventuale disobbedienza che essi oppongano al nuovo corso (qualcuno che si oppone dichiaratamente c’è, ma non è rappresentativo dell’insieme, e a Roma lo sanno benissimo); al contrario, essi sono perseguitati anche se, in concreto, operativamente, non gli si oppongono e, addirittura, anche se condannano espressamente i colleghi più bellicosi. I “tradizionalisti” sono perseguitati per il solo fatto di esserci, perché con la loro stessa esistenza, per quanto silenziosa e nascosta, mostrano al mondo l’impossibilità e la sostanziale ingiustizia della rivoluzione in corso, la fecondità dell’alternativa controrivoluzionaria, il vigore della Chiesa 1.0 e l’impossibilità concreta, fattuale, di sostituirla con la Chiesa 2.0. Essi stanno al progetto dei cambiamenti irreversibili, del recupero cattolico dei presunti 200 anni di ritardo sulla modernità, come i kulaki stavano al violento progetto di Stalin e alla piena sovietizzazione della Russia. Non andavano “convertiti” e nemmeno sconfitti o piegati alla volontà della rivoluzione: andavano semplicemente soppressi, eliminati (anche fisicamente), perché nel nuovo mondo proprio non dovevano esistere; perché, solo esistendo, anche in perfetto silenzio, di quel nuovo mondo e delle sue magnifiche sorti e progressive avrebbero mostrato empiricamente l’intrinseca fallacia.

Stiamo dunque assistendo all’ennesima versione di un fenomeno storicamente ricorrente: la ricerca della soluzione finale. Anche quello in corso, infatti, ne presenta le caratteristiche.

mic ha detto...

... segue
Si è cominciato considerando i tradì come un fenomeno da baraccone, tendenzialmente comico, destinato ad estinguersi spontaneamente. Questa fase è quella in cui li si faceva coincidere totalmente con i cultori della liturgia antica, e si pensava che si trattasse di vecchi nostalgici già fuori dalla realtà e ormai prossimi al trapasso, o di insignificanti e innocui disadattati. È la fase della divertita tolleranza, degli sfottò più o meno bonari.

Poi, però, ci si è accorti che le cose non stavano esattamente così, che la “infatuazione” per la Tradizione attecchiva e si diffondeva. Tuttavia, pur non potendolo più considerare come un fenomeno folcloristico, il tradizionalismo non era ancora visto come un pericolo reale, ma come una specie di incidente di percorso, un problema gestibile e controllabile: qualche tradì ci sarà sempre, si diceva, è una scocciatura con la quale bisogna fare i conti e in qualche modo convivere… È la fase della “riserva indiana”, dell’apartheid, del contenimento e della ghettizzazione: “andate tutti nella FSSPX – o in qualunque altro ghetto che vi possa segregare dal resto dei fedeli – e non intralciate il cammino della maggioranza verso il suo immancabile radioso futuro: non vale la pena di preoccuparsi ulteriormente di voi, la fede nel certo successo della rivoluzione e nella nuova Pentecoste è così salda che non vi teme”.

Ma poi anche questa tesi si è scontrata con i fatti. I tradì non si riesce a contenerli, sono attraenti, le loro comunità non si lasciano ghettizzare e si moltiplicano, sono ricche di giovani e fertili famiglie cristiane, si inseriscono pacificamente nelle parrocchie, e producono addirittura vocazioni sacerdotali e religiose ad un tasso che la Chiesa mainstream non riesce più nemmeno ad immaginare: potrebbero davvero rappresentare il futuro… nel contempo, la rivoluzione incomincia ad avere il fiato corto, il sole dell’avvenire tarda a sorgere, e quelli che rischiano davvero di estinguersi per vecchiaia sono proprio i rivoluzionari. I quali non possono e non vogliono lasciare un nuovo mondo corrotto dall’esistenza dei tradì, perché essi – come abbiamo detto – ne dimostrerebbero inesorabilmente la fallacia. Dunque, non si può più tollerarli né segregarli, vanno soppressi, e si deve farlo in fretta. Occorre pervenire presto alla soluzione finale.

E così, siamo ai giorni nostri. I primi a finire nel mirino non possono che essere i tradizionalisti liturgici, perché è facile trovarli e colpirli: ma poi anche tutti gli altri, i fanatici dell’ortodossia e della perfetta continuità, dovunque siano annidati e comunque siano mimetizzati. Anche se sono perfettamente allineati al Novus Ordo.

C’è ben poco da aggiungere. Se non che l’esperienza storica sembrerebbe insegnare che, prima o poi, magari decenni dopo (ma che sono pochi decenni nei disegni della Provvidenza?), la vera soluzione finale annichilisce i persecutori, non i perseguitati. Anche perché non è detto che essi non provino a difendersi: la legittima difesa dei tradì – pensiamo soprattutto ai laici – è ancora in gran parte da inventare, e potrebbe essere il prossimo capitolo di questa drammatica e dolorosa saga.

Enrico Roccagiachini

Anonimo ha detto...

14 agosto Massimiliano Kolbe
Le croci sono necessarie ovunque, perché anche l’Immacolata è vissuta su questa terra passando attraverso le croci, anzi lo stesso Gesù non ha scelto una via diversa. Quanto alle nostre personali debolezze, esse non ci devono scoraggiare affatto, ma al contrario, quanto più uno strumento è miserevole, tanto più è idoneo a manifestare la bontà e la potenza dell’Immacolata. San Paolo non esita per nulla ad affermare che egli si gloria delle proprie debolezze, affinché attraverso esse si manifesti la potenza di Cristo. (SK 609)

Pio ha detto...

#La soluzione finale.
Scriveva don Dolindo Ruotolo: "noi cattolici dobbiamo aborrire e boicottare tutto ciò che non è cattolico........la stampa, i costumi ecc."
Ma, domanda: se la decattolicizzazione proviene dai vertici della Chiesa, che si fa? Come rispondere a tale processo?
Dopo 60 anni mi pare che non vi siano più dubbi sull'estensione del fumo di satana.
Resta inevasa la domanda che ogni cattolico degno di tal nome si deve porre: che fare? Non si può continuare a subire l'oltraggio della fede senza contrattaccare. Cardinali, vescovi e sacerdoti ancora cattolici cosa pensano di fare, come pensano di reagire contro tale metastasi?
Un sano timor di Dio non dovrebbe far dormire sonni tranquilli a noi fedeli, figuriamoci ai ministri di Dio!

Anonimo ha detto...

Il ricco stolto ,disse fra sè :Farò così,demolirò i miei(vecchi) granai ,ne costruirò dei più grandi...Ma Dio gli disse :Insensato !Questa notte stessa ti verrà richiesta la vita.....

Anonimo ha detto...

Quando l'ingiustizia diventa legge la resistenza diventa dovere.
È ovvio che alla bontà e sincerità di questi provvedimenti nessuno creda.E che tutti attendano un papato più saggio e serio. Sempre secondo Provvidenza, certamente. Spero che molti giovani preti o meno giovani imparino e celebrino comunque il vecchio rito dato che nessuno può proibire di attingere a piene mani dal tesoro della Tradizione. Se ne facciano una ragione i dinosauri destinati all’estinzione.
Flambardo Tuc

Anonimo ha detto...

"se la decattolicizzazione proviene dai vertici della Chiesa" vuol dire che non sono cattolici e non vanno seguiti, è ovvio. Altrimenti si diventa complici per viltà.