Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 1 novembre 2022

1 Novembre Festa di Tutti i Santi

1 Novembre Festa di Tutti i Santi
{Antiphona ex Proprio Sanctorum}
Ángeli, * Archángeli, Throni et Dominatiónes, Principátus et Potestátes, Virtútes cælórum, Chérubim atque Séraphim, Patriárchæ et Prophétæ, sancti legis Doctóres, Apóstoli, omnes Christi Mártyres, sancti Confessóres, Vírgines Dómini, Anachorítæ, Sanctíque omnes, intercédite pro nobis.
{Antifona dal Proprio dei Santi}
Angeli, * Arcangeli, Troni e Dominazioni, Principati e Potestà, Virtù dei cieli, Cherubini e Serafini, Patriarchi e Profeti, santi Dottori della legge, Apostoli e Martiri tutti di Cristo, santi Confessori, Vergini del Signore, Anacoreti, Santi tutti, intercedete per noi.

La festa della Chiesa trionfante.
Vidi una grande moltitudine, che nessuno poteva contare, d’ogni nazione, d’ogni tribù, d’ogni lingua e stavano davanti al trono vestiti di bianco, con la palma in mano e cantavano con voce potente: Gloria al nostro Dio  (Apoc. 7, 9-10). Il tempo è cessato e l’umanità si rivela agli occhi del profeta di Pathmos. La vita di battaglia e di sofferenza della terra (Giob. 7, 1) un giorno terminerà e l’umanità, per molto tempo smarrita, andrà ad accrescere i cori degli spiriti celesti, indeboliti già dalla rivolta di Satana, e si unirà nella riconoscenza ai redenti dell’Agnello e gli Angeli grideranno con noi: Ringraziamento, onore, potenza, per sempre al nostro Dio! (Apoc. 7, 11-14).
E sarà la fine, come dice l’Apostolo (I Cor. 15, 24), la fine della morte e della sofferenza, la fine della storia e delle sue rivoluzioni, ormai esaurite. Soltanto l’eterno nemico, respinto nell’abisso con tutti i suoi partigiani, esisterà per confessare la sua eterna sconfitta. Il Figlio dell’uomo, liberatore del mondo, avrà riconsegnato l’impero a Dio, suo Padre e, termine supremo di tutta la creazione e di tutta la redenzione, Dio sarà tutto in tutti (ibid. 24-28)
Molto prima di san Giovanni, Isaia aveva cantato: Ho veduto il Signore seduto sopra un trono alto e sublime, le frange del suo vestito scendevano sotto di lui a riempire il tempio e i Serafini gridavano l’uno all’altro: Santo, Santo, Santo, il Signore degli eserciti: tutta la terra è piena della tua gloria (Is. 6, 1-3).
Le frange del vestimento divino sono quaggiù gli eletti divenuti ornamento del Verbo, splendore del Padre (Ebr. 1, 3), perché, capo della nostra umanità, il Verbo l’ha sposata e la sposa è la sua gloria, come egli è la gloria di Dio (I Cor. 11, 7). Ma la sposa non ha altro ornamento che le virtù dei Santi (Apoc. 19, 8): fulgido ornamento, che con il suo completarsi segnerà la fine dei secoli. La festa di oggi è annunzio sempre più insistente delle nozze dell’eternità e ci fa di anno in anno celebrare il continuo progresso della preparazione della Sposa (Apoc. 19, 7).

Confidenza. 
Beati gli invitati alle nozze dell’Agnello! (ibid. 9). Beati noi tutti che, come titolo al banchetto dei cieli, ricevemmo nel battesimo la veste nuziale della santa carità! Prepariamoci all’ineffabile destino che ci riserba l’amore, come si prepara la nostra Madre, la Chiesa. Le fatiche di quaggiù tendono a questo e lavoro, lotte, sofferenze per Dio adornano di splendenti gioielli la veste della grazia che fa gli eletti. Beati quelli che piangono! (Mt. 5, 5).
Piangevano quelli che il Salmista ci presentava intenti a scavare, prima di noi, il solco della loro carriera mortale (Sal. 125) e ora versano su di noi la loro gioia trionfante, proiettando un raggio di gloria sulla valle del pianto. La solennità, ormai incominciata, ci fa entrare, senza attendere che finisca la vita, nel luogo della luce ove i nostri padri hanno seguito Gesù, per mezzo della beata speranza. Davanti allo spettacolo della felicità eterna nella quale fioriscono le spine di un giorno, tutte le prove appariranno leggere. O lacrime versate sulle tombe che si aprono, la felicità dei cari scomparsi non mescolerà forse al vostro rammarico la dolcezza del cielo? Tendiamo l’orecchio ai canti di libertà che intonano coloro che, momentaneamente da noi separati, sono causa del nostro pianto. Piccoli o grandi (Apoc. 19, 5), questa è la loro festa e presto sarà pure la nostra. In questa stagione, in cui prevalgono brine e tenebre, la natura, lasciando cadere i suoi ultimi gioielli, pare voler preparare il mondo all’esodo verso la patria che non avrà fine.
Cantiamo anche noi con il salmista: “Mi sono rallegrato per quello che mi è stato detto: Noi andremo nella casa del Signore. O Gerusalemme, città della pace, che ti edifichi nella concordia e nell’amore, noi siamo ancora nei vestiboli, ma già vediamo i tuoi perenni sviluppi. L’ascesa delle tribù sante verso di te prosegue nella lode e i tuoi troni ancora liberi si riempiono. Tutti i tuoi beni siano per quelli che ti amano, o Gerusalemme, e nelle tue mura regnino la potenza e l’abbondanza. Io ho messo ormai in te le mie compiacenze, per gli amici e per i fratelli, che sono già tuoi abitanti e, per il Signore nostro Dio, che in te abita, in te ho posto il mio desiderio” (Sal. 121).

Storia della festa
Troviamo prima in Oriente tracce di una festa in onore dei Martiri e san Giovanni Crisostomo pronunciò una omelia in loro onore nel IV secolo, mentre nel secolo precedente san Gregorio Nisseno aveva celebrato delle solennità presso le loro tombe. Nel 411 il Calendario siriaco ci parla di una Commemorazione dei Confessori nel sesto giorno della settimana pasquale e nel 539 a Odessa, il 13 maggio, si fa la “memoria dei martiri di tutta la terra”.
In Occidente i Sacramentari del V e del VI secolo contengono varie messe in onore dei santi Martiri da celebrarsi senza giorno fisso. Il 13 maggio del 610, Papa Bonifacio IV dedicò il tempio pagano del Pantheon, vi fece trasportare delle reliquie e lo chiamò S. Maria ad Martyres. L’anniversario di tale dedicazione continuò ad essere festa con lo scopo di onorare in genere tutti i martiri, Gregorio III, a sua volta, nel secolo seguente, consacrò un oratorio “al Salvatore, alla sua Santa Madre, a tutti gli Apostoli, martiri, confessori e a tutti i giusti dormienti del mondo intero”.
Nell’anno 835, Gregorio IV, desiderando che la festa romana del 13 maggio fosse estesa a tutta la Chiesa, provocò un editto dell’imperatore Luigi il Buono, col quale essa veniva fissata al 1 novembre. La festa ebbe presto la sua vigilia e nel secolo XV Sisto IV la decorò di Ottava obbligatoria per tutta la Chiesa.

Messa
“Alle calende di novembre vi è la stessa premura che vi è a Natale, per assistere al Sacrificio in onore dei Santi”, dicono vecchi documenti in relazione a questo giorno” (Lectiones ant. Brev. Rom. ad hanc diem. Hittor. Ordo Romanus). Per quanto generale fosse la festa, anzi in ragione della sua stessa universalità, non era forse la gioia speciale per tutti e l’onore delle famiglie cristiane? Le quali santamente fiere di coloro dei quali si trasmettevano le virtù di generazione in generazione e la gloria del cielo, si vedevano così nobilitate ai loro occhi, più che da tutti gli onori terreni.
Ma la fede viva di quei tempi vedeva anche nella festa l’occasione di riparare le negligenze volontarie o forzate commesse nel corso dell’anno riguardo al culto dei beati inscritti nel calendario pubblico.
EPISTOLA (Apoc. 7, 2-12). – In quei giorni: Io Giovanni vidi un altro Angelo che saliva da oriente ed aveva il sigillo di Dio vivo, e gridò con gran voce ai quattro Angeli, a cui era ordinato di danneggiare la terra e il mare e disse: Non danneggiate la terra, il mare e le piante, finché non abbiamo segnato nella loro fronte i servi del nostro Dio. E sentii il numero dei segnati, centoquarantaquattromila di tutte le tribù d’Israele: della tribù di Giuda dodici mila segnati; della tribù di Ruben dodici mila segnati; della tribù di Gad dodici mila segnati; della tribù di Aser dodici mila segnati; della tribù di Neftali dodici mila segnati; della tribù di Manasse dodici mila segnati; della tribù di Simeone dodici mila segnati; della tribù di Levi dodici mila segnati; della tribù di Issacar dodici mila segnati; della tribù di Zabulon dodici mila segnati; della tribù di Giuseppe dodici mila segnati; della tribù di Beniamino dodici mila segnati. Dopo queste cose vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, d’ogni tribù, d’ogni popolo e linguaggio. Essi stavano davanti al trono e dinanzi all’Agnello, in bianche vesti e con rami di palme nelle loro mani, e gridavano a gran voce e dicevano: La salute al nostro Dio che siede sul trono e all’Agnello! E tutti gli Angeli che stavano intorno al trono, ai vegliardi e ai quattro animali, si prostrarono bocconi dinanzi al trono, e adorarono Dio, dicendo: Amen! Benedizione e gloria e sapienza e ringraziamenti e onore e potenza e forza al nostro Dio, nei secoli dei secoli. Così sia.

I due censimenti.

L’Uomo-Dio alla sua venuta sulla terra fece, per mezzo di Cesare Augusto, una prima volta il censimento della terra (Lc. 2, 1). Era opportuno che all’inizio della redenzione fosse rilevato ufficialmente lo stato del mondo. Ora è il momento di farne un secondo, che affiderà al libro della vita i risultati delle operazioni di salvezza.
“Perché questo censimento del mondo al momento della nascita del Signore, dice san Gregorio in una delle omelie di Natale, se non per farci comprendere che nella carne appariva Colui che doveva poi registrare gli eletti nella eternità?” (Lezione vii dell’Ufficio di Natale). Molti però, a causa dei peccati, si erano sottratti al beneficio del primo censimento, che comprendeva tutti gli uomini nel riscatto di Dio Salvatore, e ne era necessario un secondo che fosse definitivo ad eliminasse dall’universalità del primo i colpevoli. Siano cancellati dal libro dei vivi; il loro posto non è con i giusti (Sal. 68, 29). Le parole sono del re Profeta e il santo Papa qui le ricorda.
Nonostante questo, la Chiesa, tutta gioiosa, non pensa oggi che agli eletti, come se di essi soli si trattasse nel solenne censimento in cui abbiamo veduto terminare la vita dell’umanità. Infatti essi soli contano davanti a Dio, i reprobi non sono che lo scarto di un mondo in cui solo la santità risponde alla generosità del creatore e all’offerta di un amore infinito.
Prestiamo le anime nostre all’impronta che le deve “conformare all’immagine del Figlio unico” (Rom. 8, 29) segnandoci come tesoro di Dio. Chi si sottrae all’impronta sacra non eviterà l’impronta della bestia (Apoc. 13, 16) e, nel giorno in cui gli Angeli chiuderanno il conto eterno, ogni moneta, che non potrà essere portata all’attivo di Dio, se ne andrà da sé alla fornace in cui bruceranno le scorie.
VANGELO (Mt. 5, 1-12). – In quel tempo: Gesù avendo veduto la folla, salì sul monte e, come si fu seduto, gli si accostarono i suoi discepoli. Allora egli aprì la sua bocca per ammaestrarli, dicendo: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati i mansueti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. Beati i famelici e sitibondi di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati sarete voi, quando vi oltraggeranno e perseguiteranno e, falsamente, diranno di voi ogni male per cagion mia. Rallegratevi (in quel giorno) ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Le Beatitudini.

La terra è oggi così vicina al cielo che uno stesso pensiero di felicità riempie i cuori. L’Amico, lo Sposo ritorna in mezzo ai suoi e parla di felicità. Venite a me voi tutti che avete tribolazioni e sofferenze. Il versetto dell’Alleluia era con queste parole l’eco della patria e tuttavia ci ricordava l’esilio, ma tosto nel Vangelo è apparsa la grazia e la benignità del nostro Dio Salvatore (Tit. 2, 11; 3,4). Ascoltiamolo, perché ci insegna le vie della beata speranza (ibid. 2, 12-13), le delizie sante, che sono ad un tempo garanzia ed anticipo della perfetta felicità del cielo.
Sul Sinai, Dio teneva l’Ebreo a distanza e dava soltanto precetti e minacce di morte, ma sulla vetta di quest’altra montagna, sulla quale è assiso il Figlio di Dio, in modo ben diverso si promulga la legge dell’amore! Le otto Beatitudini all’inizio del Nuovo Testamento hanno preso il posto tenuto nell’Antic dal Decalogo inciso sulla pietra.
Esse non sopprimono i comandamenti, ma la loro giustizia sovrabbondante va oltre tutte le prescrizioni e Gesù le trae dal suo Cuore per imprimerle, meglio che sulla pietra, nel cuore del suo popolo. Sono il ritratto perfetto del Figlio dell’uomo e riassunto della sua vita redentrice. Guardate dunque e agite secondo il modello che si rivela a voi sulla montagna (Es. 25, 40; Ebr. 8, 5).
La povertà fu il primo contrassegno del Dio di Betlemme e chi mai apparve più dolce del figlio di Maria? chi pianse per causa più nobile, se egli già nella greppia espiava le nostre colpe e pacificava il Padre? Gli affamati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, i pacifici dove troveranno fuori di lui il modello insuperato, mai raggiunto e sempre imitabile? E la sua morte lo fa condottiero dei perseguitati per la giustizia! Suprema beatitudine questa della quale più che di tutte le altre, la Sapienza incarnata si compiace e vi ritorna sopra e la precisa e oggi con essa termina, come in un canto d’estasi.
La Chiesa non ebbe mai altro ideale. Sulla scia dello Sposo, la sua storia nelle varie epoche fu eco prolungata delle Beatitudini. Cerchiamo di comprendere anche noi e, per la felicità della nostra vita in terra, in attesa dell’eterna, seguiamo il Signore e la Chiesa.
Le Beatitudini evangeliche sollevano l’uomo oltre i tormenti, oltre la morte, che non scuote la pace dei giusti, anzi la perfeziona.

Discorso di san Beda.
“In cielo non vi sarà mai discordia, ma vi sarà accordo in tutto e conformità piena, perché la concordia tra i Santi non avrà variazioni; in cielo tutto è pace e gioia, tutto è tranquillità e riposo e vi è una luce perpetua assai diversa dalla luce di quaggiù, tanto più splendida quanto più bella. Leggiamo nella Scrittura che la città celeste non ha bisogno della luce del sole, perché ‘il Signore onnipotente la illuminerà e l’Agnello ne è la fiaccola’ (Apoc. 21, 23). ‘I Santi brilleranno come stelle nell’eternità, e quelli che istruiscono le moltitudini saranno come lo splendore del firmamento’ (Dan. 12, 3). Là, non notte, non tenebre, né ammassi di nubi; non rigore di freddo, né eccessivo calore, ma uno stato di cose così bene equilibrato che ‘occhio non vide e orecchio non udì e il cuore dell’uomo nulla mai comprese’ (I Cor. 2, 9) di simile. Lo conoscono quelli che sono trovati degni di goderne e ‘i nomi dei quali sono scritti nel libro della vita’ (Fil 4,3) che ‘hanno lavato il loro vestito nel sangue dell’Agnello e stanno davanti al trono di Dio, servendolo notte e giorno’ (Apoc. 7, 14). ‘Là non c’è vecchiaia, né debolezze della vecchiaia, perché tutti sono giunti allo stato dell’uomo perfetto, nella misura dell’età del Cristo’ (Ef. 4, 13).
Ma quello che tutto sorpassa è l’essere associati ai cori degli Angeli, dei Troni e delle Dominazioni, dei Principati e delle Potenze; il godere della compagnia di tutte le Virtù della corte celeste; il contemplare i diversi ordini dei Santi, più splendenti che gli astri; il considerare i Patriarchi illuminati dalla loro fede, i Profeti radiosi di speranza e di gioia, gli Apostoli preparati a giudicare le tribù di Israele e tutto l’universo; i Martiri, cinti del diadema splendente della porpora della vittoria e infine le Vergini con la fronte coronata di candidi fiori” (18 Discorso sui Santi).
Incoraggiamento alla pratica delle virtù.
La Chiesa dopo averci mostrato la bellezza e la gioia del cielo, dopo la seducente esposizione sulla eternità, avrebbe potuto presentarci la questione che san Benedetto pose al postulante, che bussava alla porta del monastero: Vuoi la vita? vuoi vedere giorni felici? (Prologo alla Regola). Avremmo anche noi prontamente risposto: sì. E pare che davvero la questione ce l’abbia silenziosamente posta e che abbia udito il nostro sì, perché prosegue adesso esponendoci le condizioni, necessarie per entrare nel regno dei cieli.
“La speranza di giungere alla ricompensa della salvezza ci alletti, ci attiri, lottiamo volentieri e con tutto l’impegno nello stadio della santità; mentre Dio e Cristo ci guardano. Dato che già abbiamo cominciato ad elevarci sopra il mondo ed il secolo, stiamo attenti, perché nessun desiderio terreno ci attardi. Se l’ultimo giorno ci trova svincolati da ogni cosa, se ci trova in agile corsa nel cammino delle buone opere, il Signore non potrà fare a meno di ricompensare i nostri meriti.
Colui che dà, come prezzo della sofferenza, a quelli che hanno saputo vincere nella persecuzione, una corona imporporata, darà pure, come prezzo delle opere di santità, una corona bianca a coloro che avranno saputo vincere nella pace. Abramo, Isacco, Giacobbe non furono messi a morte, ma sono stati tuttavia ritenuti degni dei primi posti fra i Patriarchi, perché tale onore meritarono con la fede e le opere di giustizia, e coloro che saranno trovati fedeli, giusti e degni di lode siederanno al banchetto con questi grandi giusti. Bisogna ricordare però che dobbiamo compiere la volontà di Dio e non la nostra, perché ‘chi fa la volontà di Dio vive eternamente’ (Gv. 2, 17) come vive eternamente Dio stesso.
Bisogna dunque che con spirito puro, fede ferma, virtù robusta, carità perfetta, siamo preparati a compiere tutta la volontà di Dio, osservando con coraggiosa fedeltà i comandamenti del Signore, l’innocenza nella semplicità, l’unione nella carità, la modestia nell’umiltà, l’esattezza nell’impiego, la diligenza nell’assistenza degli afflitti, la misericordia nel sollevare i poveri, la costanza nella difesa della verità, la discrezione nella severità della disciplina e infine bisogna che non lasciamo di seguire o dare l’esempio delle buone opere. Ecco la traccia che tutti i Santi, tornando alla patria, ci hanno lasciata, perché, camminando sulle loro orme, possiamo giungere alle gioie che essi hanno raggiunto” (Beda, 18 Discorso sui Santi).

È utile lodare i Santi.
Una esortazione per i suoi figli la Chiesa la chiede a san Bernardo, e ci parla con la sua voce.

“Dato che celebriamo con una festa solenne il ricordo di tutti i Santi, diceva ai suoi monaci l’abate di Chiaravalle, credo utile parlarvi della loro felicità comune nella quale gioiscono di un beato riposo e della futura consumazione che attendono. Certo, bisogna imitare la condotta di quelli che con religioso culto onoriamo; correre con tutto lo slancio del nostro ardore verso la felicità di quelli che proclamiamo beati, bisogna implorare il soccorso di quelli dei quali sentiamo volentieri l’elogio.
A che serve ai Santi la nostra lode? A che serve il nostro tributo di glorificazione? A che serve questa stessa solennità? Quale utile portano gli onori terrestri a coloro che il Padre celeste stesso, adempiendo la promessa del Figlio, onora? Che cosa fruttano loro i nostri omaggi? Essi non hanno alcun desiderio di tutto questo. I santi non hanno bisogno delle nostre cose e la nostra divozione non reca loro alcun vantaggio: ciò è cosa assolutamente vera.
Non si tratta di loro vantaggio, ma nostro, se noi veneriamo la loro memoria. Volete sapere come abbiamo vantaggio? Per conto mio, confesso che, ricordando loro, mi sento infiammato di un desiderio ardente, di un triplice desiderio.
Si dice comunemente: occhio non vede, cuore non duole. La mia memoria è il mio occhio spirituale e pensare ai Santi è un po’ vederli, e, ciò facendo, abbiamo già ‘una parte di noi stessi nella terra dei viventi’ (Sal. 141, 6), una parte considerevole, se la nostra affezione accompagna, come deve accompagnarlo, il nostro ricordo. È in questo modo, io dico, che ‘la nostra vita è nei cieli’ (Fil. 3, 20). Tuttavia la nostra vita non è in cielo, come vi è la loro, perché essi vi sono in persona e noi solo con il desiderio; essi vi sono con la loro presenza e noi solo con il nostro pensiero”.

Desiderare l’aiuto dei Santi.
“Perché possiamo sperare tanta beatitudine dobbiamo desiderare ardentemente l’aiuto dei Santi, perché quanto non possiamo ottenere da noi ci sia concesso per la loro intercessione.
Abbiate pietà di noi, sì, abbiate pietà di noi, voi che siete nostri amici. Voi conoscete i nostri pericoli, voi conoscete la nostra debolezza; voi sapete quanto grande è la nostra ignoranza, e quanta la destrezza dei nostri nemici; voi conoscete la violenza dei loro attacchi e la nostra fragilità. Io mi rivolgo a voi, che avete provato le nostre tentazioni, che avete vinto le stesse battaglie, che avete evitato le stesse insidie, a voi ai quali le sofferenze hanno insegnato ad avere compassione.
Io spero inoltre che gli angeli stessi non disdegneranno di visitare la loro specie, perché è scritto: ‘visitando la tua specie non peccherai’ (Giob. 5, 24). Del resto, se io conto su di essi perché noi abbiamo una sostanza spirituale e una forma razionale simile alla loro, credo di poter maggiormente confidare in coloro che hanno, come me, l’umanità e che sentono perciò una compassione particolare e più intima per le ossa delle loro ossa e la carne della loro carne”.

Confidenza nella loro intercessione.
“Non dubitiamo della loro benevola sollecitudine a nostro riguardo. Essi ci attendono fino a quando anche noi non avremo avuta la nostra ricompensa, fino al grande giorno dell’ultima festa, nella quale tutte le membra, riunite alla testa sublime, formeranno l’uomo perfetto in cui Gesù Cristo, nostro Signore, degno di lode e benedetto nei secoli, sarà lodato con la sua discendenza. Così sia” (Discorso sui Santi, passim).

Imitare coloro che si lodano.
Troviamo in san Giovanni Crisostomo la dottrina già esposta: è cosa buona lodare i Santi, ma alla lode bisogna unire l’imitazione delle loro virtù.
“Chi ammira con religioso amore i meriti dei Santi e celebra con lodi ripetute la gloria dei giusti è tenuto ad imitare la loro vita virtuosa e la loro santità. È necessario infatti che chi esalta con gioia i meriti di qualche santo abbia a cuore di essere come lui fedelmente impegnato nel servizio di Dio. O si loda e si imita, o ci si astiene anche dal lodare. Sicché, dando lode ad un altro, ci si rende degni di lode e, ammirando i meriti dei Santi, si diventa ammirabili per una vita santa. Se amiamo le anime giuste e fedeli, perché apprezziamo la loro giustizia e la loro fede, possiamo anche essere quello che sono, facendo quello che fanno”.

I modelli.
“Non ci è difficile imitare le loro azioni, se consideriamo che i primi Santi non ebbero esemplari innanzi a sé e quindi non imitarono altri, ma si fecero modello di virtù degno di essere imitato, affinché, con il profitto che noi ricaviamo imitando loro e con quello che il prossimo ricaverà, imitando noi, Gesù Cristo nella sua Chiesa sia glorificato perpetuamente dai suoi servi.
Così avvenne fin dai primi tempi del mondo. Abele, l’innocente, fu ucciso, Enoc fu rapito in cielo, perché ebbe la fortuna di piacere a Dio, Noè fu trovato giusto, Abramo fu approvato da Dio, perché riconosciuto fedele, Mosè si distinse per la mansuetudine, Giosuè per la castità, Davide per la dolcezza, Elia fu gradito al Signore, Daniele fu pio e i suoi tre compagni furono vittoriosi, gli Apostoli, discepoli di Cristo, furono designati maestri dei credenti e i Confessori, da loro istruiti combatterono da forti, mentre i martiri, consumati nella perfezione, trionfano e legioni di cristiani, armati da Dio, continuamente respingono il demonio. Per ciascuno di essi la lotta è diversa, ma le virtù sono simili e le vittorie di tutti restano gloriose”.

Necessità del combattimento.
Tu, o cristiano, sei soldato ben meschino, se credi di vincere senza combattere e di raggiungere il trionfo senza sforzo! Spiega le tue forze, lotta con coraggio, combatti, senza debolezze, nella mischia. Mantieni il patto, rimetti sulle condizioni, renditi conto di che cosa sia l’essere soldato, il patto che hai concluso, le condizioni che hai accettate, la milizia nella quale ti sei arruolato” (Giovanni Crisostomo, Discorso sulla imitazione dei Martiri).

La nostra risurrezione.
Ci giova oggi ricordare la dottrina sulla risurrezione dei morti, che san Paolo esponeva un giorno ai fedeli di Corinto, sulla grandiosa cerimonia liturgica che la seguirà, e sulla visione beatifica, che avremo in premio nell’eternità.
Noi risusciteremo, perché Cristo è risuscitato. Questa dottrina riassume in certo modo tutto il cristianesimo. Il battesimo è inserzione di ciascuno di noi in Cristo e dal momento che noi siamo entrati nell’unità della sua vita e formiamo con lui un solo corpo mistico e reale insieme, l’interesse è comune, la condizione nostra è legata alla sua, quello che è avvenuto in lui deve avvenire in noi: la morte, il seppellimento, la risurrezione, l’ascensione, la vita eterna in Dio. Le membra avranno la sorte del capo e potremmo dire, propriamente parlando, di essere già risuscitati in Gesù Cristo, perché la sua Risurrezione è causa, motivo, esempio, sicura garanzia della nostra.
Cristo non è risuscitato per sé solo, per conto suo, ma per noi tutti. Nella legge antica erano offerte a Dio le spighe mature, in nome di tutta la messe. Il Signore, se è un essere individuale, è pure il secondo Adamo, essere vivente, che comprende in sé la moltitudine di quelli che da lui son nati e perciò, se egli è risuscitato, tutti sono risuscitati, ma ciascuno a suo tempo; Cristo per primo, poi tutti quelli che sono di Cristo risusciteranno alla sua venuta. Dopo sarà la fine.

L’inizio della vita eterna.
“Sarà la fine. La fine del periodo laborioso nel corso del quale il Signore raccoglie il numero dei suoi eletti, stabilisce il suo regno e annienta i suoi nemici. Si potrebbe dire altrettanto bene inizio della vita nuova, compimento del disegno di Dio con il ritorno a lui di tutto quanto avrà acconsentito ad appartenere a Cristo Nostro Signore Gesù Cristo, dopo aver trionfato di tutte le potenze nemiche, debellata ogni autorità e scardinato ogni potere ostile al suo, porterà a Dio, suo Padre, tutte le nature umane delle quali è re e, avendo qual Figlio operato solo per il Padre, gli riconsegnerà il comando su tutta la sua conquista. Sì, noi lo sappiamo, tutto si piegherà davanti a Dio in cielo, sulla terra, e nell’inferno; tutto sarà sottomesso, fuorché Colui, che ha sottomesso a sé tutte le cose.
L’eternità comincerà con una cerimonia liturgica di infinita grandezza. Il Verbo Incarnato, nostro Signore Gesù Cristo, il re predestinato, circondato dagli Angeli, dagli uomini nati per la sua grazia e viventi la sua vita, si metterà alla testa della falange che il Padre gli ha dato e la guiderà e condurrà verso il santuario eterno. Si presenterà con essi davanti al Padre e presenterà e offrirà a lui la messe immensa degli eletti germogliati dal suo sangue e si sottometterà con essi alla paterna dominazione di Colui, che tutto gli donò e sottomise, rimettendogli lo scettro e la regalità della creazione da lui conquistata, che con lui entrerà nel seno della Trinità. La famiglia di Dio sarà allora completa e Dio sarà tutto in tutti”.

Dio è tutto in tutti.
“Dio tutto in tutti: l’espressione ha per il nostro pensiero qualcosa di prodigioso e di meraviglioso… Oggi Dio non è tutto in me e io non sono in relazione diretta con lui, ma sempre tra noi sta l’importuna creazione e io arrivo a Dio a prezzo di un lento e penoso cammino sempre avvolto nella oscurità. Il mio pensiero non vede Dio e la fede stessa me lo vela: non sono un essere intelligente, e non lo sarò che quando Dio si offrirà come oggetto alla mia intelligenza finalmente desta, il giorno in cui Dio, per mostrarsi a me, si unirà alla mia intelligenza, perché io possa conoscerlo. Come dire questo? Dio sarà allora alla radice stessa del mio pensiero, perché io lo veda, alla radice della mia volontà, perché io lo possieda, alla radice e al centro del mio cuore, perché io l’ami. Egli allora sarà la bellezza che amo e sarà in me il cuore che ama la bellezza, sarà il termine e l’oggetto dei miei atti e in me ne sarà il principio.
Questa gloriosa appartenenza della mia anima a Dio si prepara sulla terra con l’unione a Cristo. Nell’eternità entreremo totalmente nella vita di Dio, se quaggiù saremo interamente conformati a Cristo. Questa è l’idea fondamentale del cristianesimo: essere con Cristo nel tempo, per essere con Dio nell’eternità (Dom Delatte, Epistole di san Paolo, I, 379-383)”.

Preghiamo
O Dio onnipotente ed eterno, che ci hai concesso di venerare con una sola solennità i meriti di tutti i tuoi Santi; ti preghiamo di accordarci, in vista di tanta moltitudine di intercessori, l’abbondanza della tua misericordia.

Alla sera i Vespri dei Morti

Eloquenza e scienza non raggiungeranno mai l’altezza e la potenza di supplica che regnano nell’Ufficio dei Morti. Solo la Chiesa conosce i segreti dell’altra vita e la via del cuore di Cristo, solo la Madre può avere il tatto supremo che le permette di consolare gli orfani, gli abbandonati, quelli che sono rimasti sulla terra in lacrime, alleggerendo la purificazione dolorosa ai figli che l’hanno lasciata.

Primo Salmo.

DILEXI: il primo canto del purgatorio è un canto di amore. Le angosce di quaggiù sono finite, sono lontani i pericoli dell’inferno e, confermata in grazia, l’anima non pecca più ed ha in sé soltanto riconoscenza per la misericordia che l’ha salvata, per la giustizia che la purifica e la rende degna di Dio. Il suo stato di quiete assoluta e di attesa fiduciosa è tale che la Chiesa lo chiama “un sonno di pace” (Canone della Messa).
Piacere a Dio, un giorno, senza riserve! Separata dal corpo che l’appesantiva, la distraeva con mille futili preoccupazioni (Sap. 9, 15) l’anima si immerge in questa unica aspirazione e converge tutte le sue energie, tutti i tormenti, dei quali ringrazia il cielo, perché aiuta la sua debolezza a soddisfare tale aspirazione. O crogiolo benedetto nel quale si consumano i resti del peccato, in cui si paga ogni debito! Dalle sue fiamme soccorritrici, sparita ogni traccia dell’antica sozzura, l’anima piglierà il volo verso lo Sposo veramente felice, sicura che le compiacenze del Diletto non avranno per essa limitazioni.

Secondo Salmo.

Come però si prolunga il suo esilio doloroso! Se è in comunione con gli abitanti del cielo per mezzo della carità, il fuoco che la castiga non è materialmente diverso da quello dell’inferno. Il suo soggiorno confina con quello dei maledetti, deve sopportare la vicinanza del Cedar infernale, dei nemici di ogni pace, dei demoni, che perseguitarono la sua vita mortale con assalti, con insidie, che al tribunale di Dio ancora l’accusavano con bocche ingannatrici. La Chiesa si appresta a supplicare: Strappatela alle porte dell’inferno.

Terzo Salmo.

Tuttavia l’anima non vien meno e, levando i suoi occhi verso le montagne, sa che può contare sul Signore, che non è abbandonata dal cielo che l’attende, né dalla Chiesa della quale è figlia. Per quanto sia vicino alla regione del pianto eterno, il purgatorio, in cui giustizia e pace si abbracciano (Sal. 84, 11), non è inaccessibile agli Angeli. Questi augusti messaggeri portano il conforto di divine comunicazioni alle quali si aggiunge l’eco delle preghiere dei beati e dei suffragi della terra. L’anima è ormai sovrabbondantemente assicurata che il solo male, il peccato, non la può più toccare.

Quarto Salmo.
L’uso del popolo cristiano dedica alla preghiera per i morti il Salmo 129 in modo particolare: è un grido di angoscia e, nello stesso tempo, di speranza.
La privazione cui sono sottoposte le anime nel purgatorio deve toccare profondamente il nostro cuore. Non hanno ancora raggiunto il cielo, ma ormai hanno cessato di appartenere alla terra e hanno con ciò perduto i favori con i quali Dio compensa i pericoli del viaggio in questo mondo di prove e, per quanto siano perfetti i loro atti di amore, di fede e di speranza, esse non meritano più. Delle sofferenze, che accettate come sono, varrebbero a noi la ricompensa di mille martiri, nulla rimane a queste anime, nulla fuorché il fatto del regolamento di un conto, che la sentenza del giudice ha appurato.
Come non possono meritare, non possono neppure soddisfare come noi alla giustizia per mezzo di equivalenze da Dio accettate. La loro impotenza a giovare a se stesse è più radicale di quella del paralitico di Betsaida (Gv. 5) perché la piscina della salvezza la possiede la terra con l’augusto Sacrificio, i Sacramenti e l’uso delle chiavi onnipotenti affidate alla Chiesa.
Ora la Chiesa, che non ha più giurisdizione su di esse, conserva però la sua tenerezza di Madre e la sua potenza presso lo Sposo non è diminuita e quindi fa sue le loro preghiere, apre tesori, che la sovrabbondante redenzione del Signore le ha procurati, paga con il suo fondo dotale Colui che le ha costituito il fondo stesso, perché liberi le anime o allevii le loro pene e in questo modo, senza ledere alcun diritto, la misericordia si apre il passo e raggiunge l’abisso in cui regnava soltanto la giustizia.

Quinto Salmo.
Ti loderò, perché mi hai esaudito. La Chiesa non prega mai invano e l’ultimo salmo dice la sua riconoscenza e la riconoscenza delle anime che l’Ufficio che sta per terminare ha liberate dall’abisso o per lo meno avvicinate al cielo. Grazie a quell’Ufficio e cioè alla Chiesa, più d’una delle anime ancora prigioniere è entrata nella luce. Seguiamo col pensiero e con il cuore i nuovi eletti, che sorridendo e ringraziando noi, loro fratelli o figli, si elevano radiosi dalla regione delle ombre e cantano: Ti glorificherò, o Signore, davanti agli Angeli, ti adorerò, finalmente, nel tuo santo tempio! No, il Signore non disprezza le opere delle sue mani.

Il Magnificat.
Ma, siccome ogni grazia di Gesù in questo mondo ci viene per mezzo di Maria, oltre la vita mortale ancora per Maria si compie ogni liberazione e si ottiene ogni beneficio. Dove si estende la redenzione del Figlio si esercita l’impero della Madre. Le visioni dei santi ce la mostrano veramente Regina nel purgatorio, sia che vi si faccia benignamente rappresentare dagli Angeli della sua corte o si degni penetrare lei stessa sotto le oscure volte (Eccli 24,8) come l’aurora del giorno che non ha fine, per spargervi abbondante la rugiada del mattino. Mancherà forse la neve del Libano, dice lo Spirito Santo, alla pietra del deserto? e chi impedirà alle fresche acque di scendere alla vallata? (Ger 18,14). Comprendiamo ora il perché del canto del Magnificat all’Ufficio dei defunti: è l’omaggio delle anime, che arrivano in cielo, è la dolce speranza di quelle che restano ancora nel luogo di espiazione.
(da: P. GUÉRANGER, L’anno liturgico. – II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. ROBERTI, P. GRAZIANI e P. SUFFIA, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 1222-1234.)

26 commenti:

Anonimo ha detto...

1º NOVEMBRE 1950 - “Pronuntiamus, declaramus et definimus divinitus revelatum dogma esse: Immaculatam Deiparam semper Virginem Mariam, expleto terrestris vitae cursu, fuisse corpore et anima ad caelestem gloriam assumptam”.
Sua Santità Pio XII

Anonimo ha detto...

Quale migliore giornata per invocare la protezione di tutto il Cielo, di coloro che ci hanno anticipato in questo difficile cammino che è la vita, ricca di prove, ostacoli, croci, ma che non si sono mai arresi tenendo sempre lo sguardo fisso al Cielo, a Colui che tutto può.

E per un giorno voglio lasciarmi cullare da questo pensiero dimenticandomi della vita di tutti i giorni e sapere che non siamo soli.

E concludo con una frase di San Bernardo:

“Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia dei Santi, ma anche di possederne la felicità”.

Festa di Tutti i Santi proprio della Santa Messa ha detto...

INTROITUS
Gaudeámus omnes in Dómino, diem festum celebrántes sub honóre Sanctórum ómnium: de quorum sollemnitáte gaudent Angeli et colláudant Fílium Dei ~~ Ps 32:1 - Exsultáte, iusti, in Dómino: rectos decet collaudátio. ~~ Glória ~~ Gaudeámus omnes in Dómino, diem festum celebrántes sub honóre Sanctórum ómnium: de quorum sollemnitáte gaudent Angeli et colláudant Fílium Dei

Gioiamo tutti nel Signore, celebrando questa festa in onore di tutti i Santi, della cui solennità gioiscono gli Angeli e lodano il Figlio di Dio. ~~ Ps 32:1 - Esultate nel Signore, o giusti: ai retti si addice il lodarLo. ~~ Gloria ~~ Gioiamo tutti nel Signore, celebrando questa festa in onore di tutti i Santi, della cui solennità gioiscono gli Angeli e lodano il Figlio di Dio.

Gloria

ORATIO
Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, qui nos ómnium Sanctórum tuórum mérita sub una tribuísti celebritáte venerári: quaesumus; ut desiderátam nobis tuæ propitiatiónis abundántiam, multiplicátis intercessóribus, largiáris.Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum.Amen.

Preghiamo.
O Dio onnipotente e sempiterno, che ci hai concesso di celebrare con unica solennità i meriti di tutti i tuoi Santi, Ti preghiamo di elargirci la bramata abbondanza della tua propiziazione, in grazia di tanti intercessori. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

LECTIO
Léctio libri Apocalýpsis beáti Ioánnis Apóstoli.

Apoc 7:2-12
In diébus illis: Ecce, ego Ioánnes vidi álterum Angelum ascendéntem ab ortu solis, habéntem signum Dei vivi: et clamávit voce magna quátuor Angelis, quibus datum est nocére terræ et mari, dicens: Nolíte nocére terræ et mari neque arbóribus, quoadúsque signémus servos Dei nostri in fróntibus eórum. Et audívi númerum signatórum, centum quadragínta quátuor mília signáti, ex omni tribu filiórum Israël, Ex tribu Iuda duódecim mília signáti. Ex tribu Ruben duódecim mília signáti. Ex tribu Gad duódecim mília signati. Ex tribu Aser duódecim mília signáti. Ex tribu Néphthali duódecim mília signáti. Ex tribu Manásse duódecim mília signáti. Ex tribu Símeon duódecim mília signáti. Ex tribu Levi duódecim mília signáti. Ex tribu Issachar duódecim mília signati. Ex tribu Zábulon duódecim mília signáti. Ex tribu Ioseph duódecim mília signati. Ex tribu Béniamin duódecim mília signáti. Post hæc vidi turbam magnam, quam dinumeráre nemo póterat, ex ómnibus géntibus et tríbubus et pópulis et linguis: stantes ante thronum et in conspéctu Agni, amícti stolis albis, et palmæ in mánibus eórum: et clamábant voce magna, dicéntes: Salus Deo nostro, qui sedet super thronum, et Agno. Et omnes Angeli stabant in circúitu throni et seniórum et quátuor animálium: et cecidérunt in conspéctu throni in fácies suas et adoravérunt Deum, dicéntes: Amen. Benedíctio et cláritas et sapiéntia et gratiárum áctio, honor et virtus et fortitúdo Deo nostro in sǽcula sæculórum. Amen.

Festa di tutti i Santi proprio della Santa Messa ha detto...

...segue
In quei giorni: Ecco che io, Giovanni, vidi un altro Angelo salire dall’Oriente, recante il sigillo del Dio vivente: egli gridò ad alta voce ai quattro Angeli, cui era affidato l’incarico di nuocere alla terra e al mare, dicendo: Non nuocete alla terra e al mare, e alle piante, sino a che abbiamo segnato sulla fronte i servi del nostro Dio. Ed intesi che il numero dei segnati era di centoquarantaquattromila, appartenenti a tutte le tribù di Israele: della tribù di Giuda dodicimila segnati, della tribù di Ruben dodicimila segnati, della tribù di Gad dodicimila segnati, della tribù di Aser dodicimila segnati, della tribù di Nèftali dodicimila segnati, della tribù di Manasse dodicimila segnati, della tribù di Simeone dodicimila segnati, della tribù di Levi dodicimila segnati, della tribù di Issacar dodicimila segnati, della tribù di Zàbulon dodicimila segnati, della tribù di Giuseppe dodicimila segnati, della tribù di Beniamino dodicimila segnati. Dopo di questo vidi una grande moltitudine, che nessuno poteva contare, uomini di tutte le genti e tribù e popoli e lingue, che stavano davanti al trono e al cospetto dell’Agnello, vestiti con abiti bianchi e con nelle mani delle palme, che gridavano al alta voce: Salute al nostro Dio, che siede sul trono, e all’Agnello. E tutti gli Angeli che stavano intorno al trono e agli anziani e ai quattro animali, si prostrarono bocconi innanzi al trono ed adorarono Dio, dicendo: Amen. Benedizione e gloria e sapienza e rendimento di grazie, e onore e potenza e fortezza al nostro Dio per tutti i secoli dei secoli. Amen

GRADUALE
Ps 33:10; 33:11
Timéte Dóminum, omnes Sancti eius: quóniam nihil deest timéntibus eum.
V. Inquiréntes autem Dóminum, non defícient omni bono.

Temete il Signore, o voi tutti suoi santi: perché nulla manca a quelli che lo temono.
V. Quelli che cercano il Signore non saranno privi di alcun bene.

ALLELUIA
Allelúia, allelúia
Matt 11:28
Veníte ad me, omnes, qui laborátis et oneráti estis: et ego refíciam vos. Allelúia.

Alleluia, alleluia
Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi: e io vi ristorerò. Alleluia.

EVANGELIUM
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Matthaeum.

Matt 5:1-12
In illo témpore: Videns Iesus turbas, ascéndit in montem, et cum sedísset, accessérunt ad eum discípuli eius, et apériens os suum, docébat eos, dicens: Beáti páuperes spíritu: quóniam ipsórum est regnum cœlórum. Beáti mites: quóniam ipsi possidébunt terram. Beáti, qui lugent: quóniam ipsi consolabúntur. Beáti, qui esúriunt et sítiunt iustítiam: quóniam ipsi saturabúntur. Beáti misericórdes: quóniam ipsi misericórdiam consequéntur. Beáti mundo corde: quóniam ipsi Deum vidébunt. Beáti pacífici: quóniam fílii Dei vocabúntur. Beáti, qui persecutiónem patiúntur propter iustítiam: quóniam ipsórum est regnum cælórum. Beáti estis, cum maledíxerint vobis, et persecúti vos fúerint, et díxerint omne malum advérsum vos, mentiéntes, propter me: gaudéte et exsultáte, quóniam merces vestra copiósa est in cœlis.

In quel tempo: Gesù, vedendo le turbe, salì sulla montagna. Sedutosi, ed avvicinatisi a Lui i suoi discepoli, così prese ad ammaestrarli: beati i poveri di spirito, perché di questi è il regno dei cieli. Beati i mansueti, perché possederanno la terra. Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per amore della giustizia, perché di questi è il regno dei cieli. Beati siete voi, quando vi malediranno, vi perseguiteranno, e, mentendo, diranno di voi ogni male per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

Festa di tutti i Santi proprio della Santa Messa ha detto...

... segue
Credo

OFFERTORIUM

Sap 3:1; 3:2; 3:3
Iustórum ánimæ in manu Dei sunt, et non tanget illos torméntum malítiæ: visi sunt óculis insipiéntium mori: illi autem sunt in pace, allelúia.

I giusti sono nelle mani di Dio e nessuna pena li tocca: parvero morire agli occhi degli stolti, ma invece essi sono nella pace. Alleluia.

SECRETA
Múnera tibi, Dómine, nostræ devotiónis offérimus: quæ et pro cunctórum tibi grata sint honóre Iustórum, et nobis salutária, te miseránte, reddántur.Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Ti offriamo, o Signore, i doni della nostra devozione: Ti siano graditi in onore di tutti i Santi e tornino a noi salutari per tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

COMMUNIO

Matt 5:8-10
Beáti mundo corde, quóniam ipsi Deum vidébunt; beáti pacífici, quóniam filii Dei vocabúntur: beáti, qui persecutiónem patiúntur propter iustítiam, quóniam ipsórum est regnum coelórum.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio: beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio: beati i perseguitati per amore della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

POSTCOMMUNIO

Orémus.
Da, quǽsumus, Dómine, fidélibus pópulis ómnium Sanctórum semper veneratióne lætári: et eórum perpétua supplicatióne muníri.Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.

Concedi ai tuoi popoli, Te ne preghiamo, o Signore, di allietarsi sempre nel culto di tutti Santi: e di essere muniti della loro incessante intercessione.Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Anonimo ha detto...

I santi non si fanno a pennello ma a scalpello. Sul Tabor si abbozzano e sul Calvario si perfezionano...

Christus regnat ha detto...

«Dómine, qui operáti sunt justítiam, habitábunt in tabernáculo tuo, et requiéscent in monte sancto tuo.»

Anonimo ha detto...

Nel 1849, una domenica dopo la festa d’Ognissanti, fattosi in cappella l’Esercizio della buona morte, don Bosco condusse tutti i giovani interni ed esterni dell’Oratorio a visitare il Camposanto per pregare pace ai poveri defunti; ed aveva promesso di regalar loro delle castagne quando fossero ritornati in Valdocco.

Mamma Margherita ne aveva comperato tre sacchi, ma pensando che ne occorresse soltanto una piccola quantità per premiare o divertire i giovani, non ne fece cuocere che alcuni coppi.

Giuseppe Buzzetti, che aveva preceduto i compagni nel ritorno, entrato in cucina vide la pentola che era sul fuoco e si lamentò colla mamma che non c’erano castagne bastanti per tutti: ma non potevasi rimediar subito a quella mancanza.

Ed ecco sopraggiungere i giovani e accalcarsi presso la porta della cappella, aspettando che Don Bosco cominciasse la distribuzione. Buzzetti versò le castagne lessate dentro un cesto, e don Bosco credendo che la madre le avesse fatte cuocere tutte, ne riempiva il berretto che ogni giovane gli sporgeva; ma Buzzetti, vedendo che ne dava troppe:

“Che fa, Don Bosco?” -gli disse- “non ne abbiamo per tutti.”
“Ma sì,” -rispondeva don Bosco-,”ne abbiamo comperati tre sacchi.”
“No, no” – insisteva Buzzetti, “le altre non sono cotte.”

E Don Bosco, rincrescendogli di diminuire la razione, rispose tranquillamente: “Continuiamo a dare a ciascuno la parte sua, finché ce ne sarà.”

E continuò a dar ad altri la stessa quantità che ai primi.
Buzzetti scrollava il capo guardando don Bosco. Infatti nel canestro non c’erano più che due o tre razioni. Il numero dei giovani era di circa 650 ed appena una terza parte era stata soddisfatta.
Alle grida di gioia successe un silenzio di ansietà, poiché i più vicini si erano accorti che il cesto era quasi vuoto.

Don Bosco, credendo che la madre per motivo di economia avesse riposte le altre castagne, corse sopra a prenderle; e vide con sorpresa, che realmente non erano cotte.
Che fare? non si sgomentò, ma disse: ”Le ho promesse e non voglio mancar di parola!”

E preso un grosso mestolo bucherato, lo colmò di castagne quanto ne poteva
tenere e riprese la distribuzione di quelle poche che restavano.

Qui incominciò la meraviglia. Buzzetti era come fuori di sé.
Don Bosco calava il mestolo nel canestro e lo ritraeva pieno in modo che le castagne si riversavano, mentre la quantità che rimaneva nel cesto sembrava non diminuisse.

E non furono tre o quattro ma circa quattrocento che ne ebbero, e quando riportò il canestro in cucina Buzzetti vide che ve ne rimaneva ancora una porzione, quella di Don Bosco, perché forse la Madonna SS. gli aveva riservata la sua parte.

La voce del prodigio, già durante la distribuzione, dai giovani più vicini si propagò a quelli più lontani e tutti, rattenendo perfino il respiro, aspettavano la fine. Quando l’ultimo ebbe la sua parte, si udì un sol grido: “don Bosco è un santo! Don Bosco è un santo!”

Don Bosco impose loro silenzio, ma gli costò gran fatica di far cessare quelle grida, mentre da tutte parti gli si stringevano attorno.

In memoria di questo fatto Don Bosco volle che, secondo l’usanza piemontese, si distribuissero la sera di Ognissanti le castagne lessate a tutti quelli dell’Oratorio.

Noi abbiamo esposta fedelmente questa moltiplicazione di castagne, secondo la narrazione che ne ascoltammo ripetutamente dallo stesso Giuseppe Buzzetti, confermata per iscritto da Carlo Tomatis e riconosciuta come autentica da molti altri antichi allievi presenti.

Tratto da “Vita del Venerabile Servo Di Dio Giovanni Bosco” di Giovanni Battista Lemoyne (primo biografo di don Bosco)

Catholicus ha detto...

Dio onnipotente ed eterno, che ci hai dato di celebrare nella stessa solennità i meriti di tutti i suoi santi; ti preghiamo, per l'intercessione moltiplicata degli stessi, concedici l'abbondanza desiderata del tuo perdono. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che con te vive e regna nell'unità dello Spirito Santo ed è Dio nei secoli dei secoli. Amen.

Catholicus ha detto...

Amen, caro amico omonimo di nickname, grazie per la tua preghiera, che faccio anche mia....,(Catholicus decennale, anzi fa oltre un decennio,,,)

2 Novembre commemorazione dei defunti ha detto...

Un richiamo alla bellezza, al silenzio, alla contemplazione, un monito per una vita degna, preludio per un'eternità beata, e naturalmente un invito al ricordo dei nostri cari estinti e alla preghiera per loro.
Sì, perché si tratta della commemorazione di tutti i FEDELI defunti, non di tutti i defunti. E il mese di novembre è dedicato, in special modo, alla preghiera per le anime del Purgatorio (cosa da farsi sempre)... ma molto meglio far parlare non "una" fonte, ma "LA" fonte, quella più autorevole, anzi infallibile.

Dal "Catechismo Maggiore" di San Pio X:

212
«Perché dopo la festa di Tutti i Santi vien fatta dalla Chiesa la commemorazione di tutti i fedeli defunti?»
«Dopo la festa di Tutti i Santi vien fatta dalla Chiesa la commemorazione di tutti i fedeli defunti che sono in Purgatorio, perché è conveniente che la Chiesa militante, dopo avere onorato e invocato, con una festa generale e solenne, il patrocinio della Chiesa trionfante, venga in soccorso della Chiesa purgante con un generale e solenne suffragio.»

213
«Come possiamo noi suffragare le anime dei fedeli defunti?»
«Noi possiamo suffragare le anime dei fedeli defunti colle preghiere, colle elimosine e con tutte le altre buone opere, ma sopratutto col Santo Sacrificio della Messa.»

214
«Per quali anime dobbiamo noi, nella commemorazione dei fedeli defunti, applicare i nostri suffragi, secondo la mente della Chiesa?»
«Nella commemorazione di tutti i fedeli defunti noi dobbiamo applicare i nostri suffragi, non solamente per le anime dei nostri parenti, amici e benefattori, ma anche per tutte le altre anime che si trovano nel Purgatorio.»

215
«Quali frutti dobbiamo noi ricavare dalla commemorazione di tutti i fedeli defunti?»
«Dalla commemorazione di tutti i fedeli defunti dobbiamo ricavare questi frutti: pensare che anche noi dovremo morir presto, e presentarci al tribunale di Dio per rendergli conto di tutta la nostra vita; concepire un grande orrore del peccato, considerando quanto rigorosamente Iddio lo punisca nell’altra vita, e soddisfare in questa alla Sua giustizia colle opere di penitenza per i peccati commessi.»

Réquiem ætérnam dona eis, Dómine,
et lux perpétua lúceat eis.
Requiéscant in pace.
Amen

Anonimo ha detto...

[Una prece anche per le anime purganti dei soldati]

"Fidèlium Deus òmnium Cònditor et Redèmptor: animàbus famulòrum famularùmque tuàrum remissiònem cunctòrum trìbue peccatòrum; ut indulgèntiam, quam semper optavèrunt, piis supplicatiònibus consequàntur.

Qui vivis et regnas in saècula saèculorum.
Amen."

Anonimo ha detto...

"Coloro che ci hanno lasciato non sono degli assenti, ma degli invisibili, che tengono i loro occhi pieni di luce fissi nei nostri pieni di lacrime."
Sant’Agostino

Anonimo ha detto...

Una lacrima per i defunti evapora...
... un fiore sulla loro tomba appassisce...
una preghiera per la loro anima, la raccoglie Dio.
(S.Agostino)

Anonimo ha detto...

Dall'opera: "Gesù Eucaristico Amore"
di Padre Stefano M. Manelli,
Fondatore dei Francescani dell'Immacolata:
"Di Padre Pio da Pietrelcina si raccontano
molte apparizioni di anime purganti
che andavano a chiedere
il suffragio della sua Messa
per poter lasciare il Purgatorio.
Un giorno egli celebrò la S. Messa
in suffragio del papà di un suo confratello.
Al termine del S. Sacrificio,
Padre Pio disse al confratello:
- Stamattina l'anima di tuo papà
è entrata in Paradiso.
Il confratello ne fu felicissimo,
e tuttavia disse a Padre Pio:
- Ma, Padre, il mio buon papà
è morto trentadue anni fa!
.
- Figlio mio - gli rispose il Padre -
davanti a Dio TUTTO SI PAGA.
Ed è la S. Messa che ci procura
un prezzo DI INFINITO VALORE:
il Corpo e il Sangue di Gesù
"Agnello immolato" (Ap. 5,12)"

Ad primam Missam ha detto...

In commemorationem omnium fidelium defunctorum

Introitus
IV Esdr. 2, 34 et 35
Réquiem ætérnam dona eis Dómine : et lux perpétua lúceat eis. Ps. 64, 2-3. Te decet hymnus Deus in Sion; et tibi reddétur votum in Jerúsalem : exáudi oratiónem meam; ad te omnis caro véniet.
Deinde absolute repetitur Réquiem ætérnam usque ad Psalmum.

Oratio
Fidélium, Deus, ómnium cónditor et redémptor : animábus famulórum famularúmque tuárum remissiónem cunctórum tríbue peccatórum; ut indulgéntiam, quam semper optavérunt, piis supplicatiónibus consequántur : Qui vivis.

Ad primam Missam /2 ha detto...

Lectio Epístolæ beáti Páuli Apóstoli
ad Corínthios I Cor. 15, 51-57

Fratres : Ecce mystérium vobis dico : Omnes quidem resurgémus, sed non omnes immutábimur. In moménto, in ictu óculi, in novíssima tuba : canet enim tuba, et mórtui resúrgent incorrúpti : et nos immutábimur. Opórtet enim corruptíbile hoc indúere incorruptiónem : et mortále hoc indúere immortalitátem. Cum autem mortále hoc indúerit immortalitátem, tunc fiet sermo, qui scriptus est : Absórpta est mors in victória. Ubi est, mors, victória tua? Ubi est, mors, stímulus tuus? Stímulus autem mortis peccátum est : virtus vero peccáti lex. Deo autem grátias, qui dedit nobis victóriam per Dóminum nostrum Jesum Christum.

Graduale. IV Esdr. 2, 34 et 35. Réquiem ætérnam dona eis Dómine : et lux perpétua luceat eis. V/. Ps. 111, 7. In memória ætérna erit justus : ab auditióne mala non timébit.

Tractus. Absólve, Dómine, ánimas ómnium fidélium defunctórum ab omni vínculo delictórum. V/. Et grátia tua illis succurénte, mereántur evádere judícium ultiónis. V/. Et lucis ætérnæ beatitúdine pérfrui.

SEQUENTIA

Dies iræ, dies illa,
Solvet sæclum in favílla :
Teste David cum Sibýlla.

Quantus tremor est futúrus,
Quando judex est ventúrus,
Cuncta stricte discussúrus!

Tuba mirum spargens sonum
Per sepúlcra regiónum,
Coget omnes ante thronum,

Mors stupébit, et natúra,
Cum resúrget creatúra,
Judicánti responsúra.

Liber scriptus proferétur,
In quo totum continétur,
Unde mundus judicétur.

Judex ergo cum sedébit,
Quidquid latet, apparébit :
Nil inúltum remanébit.

Quid sum miser tunc dictúrus?
Quem patrónum rogatúrus,
Cum vix justus sit secúrus?

Rex treméndæ majestátis,
Qui salvándos salvas gratis,
Salva me, fons pietátis,

Recordáre, Jesu pie,
Quod sum causa tuæ viæ :
Ne me perdas illa die.

Quærens me, sedísti lassus :
Redemísti Crucem passus :
Tantus labor non sit cassus.

Juste judex ultiónis,
Donum fac remissiónis
Ante diem ratiónis.

Ingemísco, tamquam reus :
Culpa rubet vultus meus :
Supplicánti parce, Deus.

Qui Maríam absolvísti,
Et latrónem exaudísti,
Mihi quoque spem dedísti.

Preces meæ non sunt dignæ :
Sed tu bonus fac benígne,
Ne perénni cremer igne.

Inter oves locum præsta,
Et ab hædis me sequéstra,
Státuens in parte dextra.

Confutátis maledíctis,
Flammis ácribus addíctis :
Voca me cum benedíctis.

Oro supplex, et acclínis,
Cor contrítum quasi cinis :
Gere curam mei finis.

Lacrimósa dies illa,
Qua resúrget ex favílla,
judicándus homo reus :

Huic ergo parce, Deus :
Pie Jesu Dómine,
Dona eis réquiem. Amen.

Ad primam Missam /3 ha detto...

Sequéntia sancti Evangélii secúndum
Joánnem

Joann. 5, 25-29
In illo témpore : Dixit Jesus turbis Judæórum : Amen, amen dico vobis : quia venit hora, et nunc est, quando mórtui áudient vocem Fílii Dei : et qui audíerint, vivent. Sicut enim Pater habet vitam in semetípso, sic dedit et Fílio habére vitam in semetípso : et potestátem dedit ei judícium fácere, quia Fílius hóminis est. Nolíte mirári hoc, quia venit hora, in qua omnes, qui in monuméntis sunt, áudient vocem Fílii Dei : et procédent, qui bona fecérunt, in resurrectiónem vitæ : qui vero mala egérunt, in resurrectiónem judícii.

Offertorium. Dómine Jesu Christe, Rex glóriæ, líbera ánimas ómnium fidélium defunctórum de pœnis inférni, et de profúndo lacu : líbera eas de ore leónis, ne absórbeat eas tártarus, ne cadant in obscúrum; sed sígnifer sanctus Míchaël repræséntet eas in lucem sanctam : * Quam olim Abrahæ promisísti, et sémini ejus. V/. Hóstias et preces tibi, Dómine, laudis offérimus : tu súscipe pro animábus illis, quarum hódie memóriam fácimus : fac eas, Dómine, de morte transíre ad vitam. Quam olim Abrahæ promisísti, et sémini ejus.

Secreta

Hóstias, quaésumus, Dómine, quas tibi pro animábus famulórum famularúmque tuárum offérimus, propitiátus inténde : ut, quibus fídei christiánæ méritum contulísti, dones et prǽmium. Per Dóminum.

Præfatio Defunctorum.

¶ In prima et secunda Missa, si Sacerdos aliam Missam sit celebraturus, sumpto divino Sanguine, non purificat neque abstergit Calicem, sed eum ponit super Corporale, et Palla tegit; dein, junctis manibus, dicit in medio Altaris : Quod ore súmpsimus, etc., et subinde in vase cum aqua parato digitos abluit, dicens : Corpus tuum, Dómine, etc., et abstergit. Hisce peractis, Calicem super Corporale adhuc manentem, deducta Palla, iterum disponit et cooperit, uti mos est, scilicet primum Purificatorio linteo, deinde Patena cum Hostia consecranda et Palla, ac demum Velo.

Communio. IV Esdr. 2, 34 et 35. Lux ætérna lúceat eis, Dómine : * Cum Sanctis tuis in ætérnum : quia pius es. V/. Réquiem ætérnam dona eis, Dómine : et lux perpétua lúceat eis. Cum Sanctis tuis in ætérnum : quia pius es.

Postcommunio

Animábus, quaésumus, Dómine, famulórum, famularúmque tuárum orátio profíciat supplicántium : ut eas et a peccátis ómnibus éxuas, et tuæ redemptiónis fácias esse partícipes : Qui vivis.

¶ Debet Sacerdos ante sequentes Missas Confessionem dicere. In fine autem cujuslibet Missæ, dicto Dóminus vobíscum, dicitur : Requiéscant in pace. R/. Amen.

¶ Et non datur benedictio : sed, dicto secreto Pláceat tibi, sancta Trínitas, etc., et osculato Altari, legitur Evangelium S. Joannis In princípio erat Verbum, etc., ut moris est.

Anonimo ha detto...

Salmo 91
1 Chi abita al riparo dell'Altissimo
passerà la notte all'ombra dell'Onnipotente.
2 Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido».
3 Egli ti libererà dal laccio del cacciatore,
dalla peste che distrugge.
4 Ti coprirà con le sue penne,
sotto le sue ali troverai rifugio;
la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza.
5 Non temerai il terrore della notte
né la freccia che vola di giorno,
6 la peste che vaga nelle tenebre,
lo sterminio che devasta a mezzogiorno.
7 Mille cadranno al tuo fianco
e diecimila alla tua destra,
ma nulla ti potrà colpire.
8 Basterà che tu apra gli occhi
e vedrai la ricompensa dei malvagi!
9 »Sì, mio rifugio sei tu, o Signore!».
Tu hai fatto dell'Altissimo la tua dimora:
10 non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
11 Egli per te darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutte le tue vie.
12 Sulle mani essi ti porteranno,
perché il tuo piede non inciampi nella pietra.
13 Calpesterai leoni e vipere,
schiaccerai leoncelli e draghi.
14 »Lo libererò, perché a me si è legato,
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
15 Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell'angoscia io sarò con lui,
lo libererò e lo renderò glorioso.
16 Lo sazierò di lunghi giorni
e gli farò vedere la mia salvezza».

Anonimo ha detto...

COMUNIONE DEI SANTI E BUONA BATTAGLIA

Don Secci: «Han voluto fare un cristianesimo senza rinunce e senza distacco, ma è una blasfemia... “Dio onnipotente ed eterno che ci hai dato di onorare I MERITI di tutti i santi” ...hanno MERITATO la santità... si dice: ‘no, è per grazia la santità!‘... sì ma la grazia funziona SE HAI I MERITI, cioè se ACCETTI LA BATTAGLIA, le ferite, le contusioni... ”

Anonimo ha detto...

e canterò di quel secondo regno
dove l'umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno (Purg. 1,4-6)

Anonimo ha detto...

Mi unisco volentieri nel ricordo di Mons. Marcel Lefebvre, della sua infinita dolcezza, della sua immensa carità (conservo tutte le sue risposte ai miei biglietti augurali). Pie Jesu Domine, dona ei requiem sempiternam.

Catholicus.2 ha detto...

Come sarebbe bella la nostra vita se la vivessimo come persone che risorgeranno e non come persone che devono solo morire...

Anonimo ha detto...

“Ma bisogna aggiungere che la speranza non toglie il lutto. La fede è umana ed è sincera. Ci dona un nuovo orizzonte, lo sguardo grande e consolante nella vastità della vita eterna. Ma ci lascia nello stesso luogo in cui già siamo. Non abbiamo bisogno di rimuovere il nostro dolore, lo accogliamo, e mediante lo sguardo sull'eternità esso a poco a poco si trasforma e purifica anche noi, ci rende capaci di vedere l'oggi e il domani. Era molto umano che la liturgia un tempo omettesse l'alleluia nella celebrazione delle esequie, concedendo lo spazio dovuto al dolore e al lutto. Non possiamo tanto facilmente scavalcare il momento presente della nostra vita, possiamo imparare a scoprire la speranza nell'oscurità”.
(J. Ratzinger)

Ho sempre pensato che la si facesse troppo facile,
con la morte.
In certa temperie cristiana.

Che non mi corrisponde.

Mentre c’è un tempo per tutto.

Anche per piangere.

(forse su di noi, più che su chi se n’è andato…)

Eppure, persino questo dice che siamo fatti
per la vita.

Anonimo ha detto...

Dómine Iesu Christe, Rex glóriæ, líbera ánimas ómnium fidélium defunctórum de pœnis inférni et de profúndo lacu: líbera eas de ore leónis, ne absórbeat eas tártarus, ne cadant in obscúrum: sed sígnifer sanctus Míchaël repræséntet eas in lucem sanctam:
Quam olim Abrahæ promisísti et sémini eius.

(Offertorium)

Anonimo ha detto...

Se si sapesse che gioia dà ai nostri morti la comunione fatta per loro, sono sicuro che i fedeli andrebbero ogni giorno a Messa.

(Padre Pio)