Quarta parte
di Don Curzio Nitoglia
Quarta parte
La natura dell’orgoglio
L’orgoglio è un peccato dello spirito, che in sé è meno vergognoso e meno degradante dei peccati carnali, ma è molto più grave di essi (comunque – pure essi – sono “peccati mortali” (1)), poiché ci allontana molto di più e diametralmente da Dio (S. Th., I-II, q. 73, a. 5).
I peccati carnali non si trovano nel demonio, che è un puro spirito e si dannò per il suo orgoglio, il quale lo spinse a gridare “non serviam!”.
La divina Rivelazione ripete assai spesso che l’orgoglio è il principio di ogni altro peccato (Eccli., X, 15), poiché esclude ogni vero e sano rapporto con Dio; cioè, la sottomissione della creatura al Creatore. Perciò, esso interrompe ogni nostra relazione con Dio e ci separa irrimediabilmente da Lui.
Anche il peccato originale fu un peccato d’orgoglio (S. Th., I-II, q. 84, a. 2), cioè il voler “essere come Dio” (Gen., III, 5) e il conquistare da sé la “scienza del bene e del male” (Gen., III, 6), per poter guidarsi da solo senza essere sottomesso a nessuno e neppure a Dio.
San Tommaso d’Aquino (S. Th., II-II, q. 162, a. 8 ad 1um) spiega che l’orgoglio è qualcosa di più di un peccato capitale, infatti esso è la sorgente e la radice di tutti i peccati capitali e soprattutto della vanagloria, che è uno dei suoi primi effetti.
La definizione esatta dell’orgoglio è abbastanza difficile poiché esso si oppone non solo all’umiltà, ma anche alla magnanimità o grandezza d’animo.
Ora, occorre fare molta attenzione a non confondere la grandezza d’animo con l’orgoglio e neppure confondere l’umiltà con la pusillanimità, cosa che purtroppo è abbastanza frequente.
L’anima umile deve essere d’animo nobile e grande, ossia deve tendere umilmente a fare grandi cose.
L’Angelico ci aiuta molto a ben discernere l’umiltà dall’orgoglio, la pusillanimità dalla magnanimità.
L’orgoglio è definito dall’Aquinate amore disordinato della propria eccellenza. Infatti, il superbo vorrebbe apparire superiore a quello che è realmente. Questo disordine, quando si porta verso beni sensibili, si trova nell’appetito irascibile, per esempio colui, che si gonfia della sua forza fisica. Invece, si trova nella volontà, quando tende a beni spirituali o meta/sensibili, per esempio, l’orgoglio intellettuale e spirituale. In questo secondo caso il nostro intelletto considera, più del dovuto, le nostre qualità e le deficienze altrui e arriva sino a ingrandire le altrui miserie per elevarsi sopra gli altri.
Come si vede l’orgoglio è assai diverso dalla magnanimità: ad esempio un soldato deve desiderare ardentemente la vittoria della sua Patria, invece, l’orgoglioso desidera smodatamente la propria eccellenza.
Ecco perché l’orgoglio è rappresentato da una benda posta sugli occhi. Infatti, esso c’impedisce di “vedere” o meglio conoscere la realtà sia riguardo a Dio, di cui si nega la grandezza infinita, sia riguardo al prossimo di cui non si sopportano le qualità e specialmente riguardo ai superiori dei quali non si vuol accettare la loro superiorità. Insomma, l’orgoglio ci acceca.
Le varie forme dell’orgoglio
San Gregorio Magno (Moralia, XXIII, cap. 5) enumera vari gradi d’orgoglio:
- credere che sia nostro quello che invece abbiamo ricevuto da Dio;
- credere di aver meritato per la nostra bontà ciò che abbiamo ricevuto gratuitamente per pura Misericordia divina;
- attribuirci virtù che non abbiamo;
- disprezzare gli altri e pretendere di essere migliori di loro e, dunque, preferirci a loro.
Il grado massimo d’orgoglio è quello luciferino, che pretende di eguagliare Dio. Tuttavia, questo grado è assai raro in maniera esplicita. Sennonché, se in teoria riconosciamo che Dio è il nostro Creatore e noi le sue creature, in pratica ci accade spesso di stimare esageratamente noi stessi come se fossimo gli autori delle qualità che Dio ci ha dato. Questa è una forma di pelagianesimo o addirittura di “luciferismo”, implicito, pratico o anonimo. Allora, ecco che esageriamo le nostre poche qualità e chiudiamo gli occhi sui nostri numerosi difetti. Tutto ciò ci porta inavvertitamente ma immancabilmente a preferirci agli altri e a disprezzarli, come il fariseo che salito al Tempio per pregare non faceva altro che lodare se stesso, disprezzare il pubblicano e non pensava per nulla a lodare Dio (Lc., XVIII, 10 ss.).
Queste colpe d’orgoglio, che inizialmente sono veniali, possono diventare mortali se ci portano a compiere atti reprensibili.
San Bernardo di Chiaravalle (De gradibus humilitatis, cap. X) enumera dodici gradi di orgoglio:
- la curiosità, dalla quale ci guardiamo assai poco e che invece è molto nociva per la nostra anima;
- la leggerezza di spirito, che oggi va molto di moda;
- la sciocca gioia e fuori luogo;
- la boria o alterigia;
- l’arroganza;
- la presunzione;
- l’ostinazione nel non voler riconoscere i propri torti;
- il negare e nascondere i propri difetti e sbagli;
- la rivolta;
- la libertà sfrenata o libertinaggio;
- l’abitudine a peccare sino a voler disprezzare Dio per giustificare il proprio vivere disordinato;
- la singolarità e il voler essere fuori da ogni regola.
Molto pericoloso è l’orgoglio intellettuale e ancor più quello spirituale. Infatti, esso può portarci a non accettare l’interpretazione tradizionale dei dogmi, ad attenuarli o addirittura a deformarli per renderli più accessibili alle esigenze dello spirito del mondo contemporaneo.
In altri l’orgoglio può produrre un attaccamento ostinato alle proprie opinioni sino al punto di non voler neppure ascoltare le ragioni della parte contraria. Infine, alcuni che – in teoria – sono nella verità, sono talmente pieni di sé e soddisfatti della loro conoscenza speculativa, che si dimenticano di dovere tutto quel che hanno ricevuto a Dio. Ora, se uno è pieno di sé, come può ricevere la grazia di Dio? Quest’orgoglio intellettuale e spirituale è un ostacolo insormontabile alla grazia salvifica.
Dal punto di vista spirituale, l’orgoglio può portarci a un grande accecamento, che ci fa arrivare a ritenere la nostra stessa vita spirituale come una sorgente segreta d’orgoglio, perché finiamo per compiacerci delle nostre opere buone stimando eccessivamente noi stessi come se fossimo gli autori principali di esse.
I difetti che nascono dall’orgoglio
Il primo grado dell’orgoglio è la presunzione, che consiste nel desiderio disordinato di fare cose che sono aldilà delle proprie forze (S. Th., II-II, q. 130, a. 1). Per esempio pensiamo di poter risolvere le questioni più difficili, sentenziamo con precipitazione e con assoluta certezza sui problemi disputati e più ardui, volendo insegnarli a tutti gli altri. Invece di costruire la nostra vita spirituale sull’umiltà, si aspira soprattutto all’azione eclatante, clamorosa e vistosa o si presume di essere giunti ai massimi gradi della vita unitiva o mistica.
Il secondo grado è l’ambizione. Infatti, siccome presumiamo eccessivamente delle nostre forze e ci reputiamo superiori agli altri, allora nasce in noi la smania di dominarli, di imporre loro le nostre opinioni in materia di dottrina anche con una certa prepotenza e arroganza (S. Th., II-II, q. 131, a. 1).
Infine, con il terzo grado, l’orgoglio ci porta alla vanagloria ossia alla bramosia di essere stimati per noi stessi senza riferire tale onore a Dio. Questo è il caso del pedante che si compiace di fare sfoggio della sua scienza parlando senza posa, che arriva poi sino alla pertinacia, ossia alla contesa aspra nel difendere le proprie opinioni, causando la discordia, la critica acerba e piena d’acredine (S. Th., II-II, q. 132, aa. 1-3).
Come guarire l’orgoglio
Il grande rimedio è riconoscere la grandezza infinita di Dio e la nostra dipendenza totale da Lui che è nostro Creatore, non solo in teoria ma anche in pratica. Infatti, spesso sappiamo teoricamente di essere stati creati dal nulla ma nella pratica ci comportiamo come se fossimo la causa e il fine di noi stessi.
San Tommaso d’Aquino spiega: “Siccome l’amor di Dio per noi è causa di ogni nostro bene, Dio non ci ama perché siamo buoni, ma amandoci ci rende buoni, perciò nessuno sarebbe migliore di un altro se non fosse più amato da Dio, che ama tutti sufficientemente” (S. Th., I, q. 20, a. 3).
Insomma, è del tutto sciocco gloriarsi di un bene che è in noi, come se non lo avessimo ricevuto da Dio, come se fosse nostra proprietà e non fosse ordinato a onorare Dio, sorgente e fine di ogni bene.
In breve il rimedio contro la mala pianta dell’orgoglio è riconoscere non solo de iure ma anche de facto che da noi stessi siamo nulla, che siamo stati creati dal nulla, dall’amore totalmente gratuito di Dio, indipendentemente da ogni nostro merito.
Attenzione! È importante che questo principio non resti in noi come pura teoria, ma che sia vissuto nella pratica e diriga tutti i nostri atti.
Per arrivare a tanto sono necessarie le umiliazioni concrete, che sole potrebbero purificare l’orgoglio radicato in ogni uomo dopo il peccato originale.
Le litanie dell’umiltà
Il cardinale Raffaele Merry del Val ha compendiato la dottrina dell’umiltà, alla quale in pratica si giunge solo attraverso le umiliazioni, in queste bellissime litanie, dette dell’umiltà, che sottopongo alla riflessione del lettore, raccomandandogli di recitarle e meditarle spesso:
«O Gesù, mite e umile di cuore, esaudiscimi.Che la Madonna ci ottenga la grazia di mettere in pratica quanto chiesto in queste litanie.
Dal desiderio di essere stimato, liberami o Gesù.
Dal desiderio di essere amato, liberami o Gesù.
Dal desiderio di essere onorato, liberami o Gesù.
Dal desiderio di essere lodato, liberami o Gesù.
Dal desiderio di essere preferito agli altri, liberami o Gesù.
Dal desiderio di essere consultato, liberami o Gesù.
Dal desiderio di essere approvato, liberami o Gesù.
Dal timore di essere umiliato, liberami o Gesù.
Dal timore di essere disprezzato, liberami o Gesù.
Dal timore di essere respinto, liberami o Gesù.
Dal timore di essere calunniato, liberami o Gesù.
Dal timore di essere dimenticato, liberami o Gesù.
Dal timore di essere preso in giro, liberami o Gesù.
Dal timore di essere ingiuriato, liberami o Gesù.
Dal timore di essere sospettato, liberami o Gesù!».
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1 - Non tutti i peccati mortali hanno la stessa gravità. Infatti, essi sono - più o meno - gravi, a seconda che si allontanano più o meno dalla retta ragione. La gravità del peccato varia secondo il loro oggetto, ossia se il peccato è commesso contro una cosa, una persona o Dio. Inoltre, la gravità del peccato varia anche secondo la dignità delle virtù cui esso va contro. Perciò, i peccati della carne sono di maggiore infamia, ma sono inferiori ai peccati di spirito (S. Th., I-II, q. 73, aa. 2-5).
Continua
14 commenti:
CALVARIO
Non esiste scuola d'Amore più formidabile del Calvario.
Colà, Dio, che avrebbe potuto salvarci anche con un solo atto della propria Volontà, restando beatamente assiso nei Gloriosi Cieli, ha preso su di sé quanto di più alieno alla Sua Santissima Natura: il dolore, l'umiliazione, la morte.
Ci ha voluto insegnare che cosa possa l'Amore e che cosa non possa...
E noi, quando diciamo di amare, abbiamo nel nostro cuore almeno qualche elemento di similitudine con Lui e con Sua Madre?
Siamo disposti a pazientare, comprendere, attendere, soffrire, offrire e perdonare?
Non dimentichiamoci le parole di santa Francesca Cabrini:
Il Calvario è una grande scuola, è il monte degli amanti."
RB
Davvero c’è un’ultima solitudine, che nessuna compagnia umana
può riempire.
Un tempo non l’avrei detto.
Ma la vecchiaia rende tutto più netto e lucido.
E più tagliente.
Così come i tempi e l’ora.
E c’è un punto della vita, che porta a riva
questo peso, dolente e nascosto.
Freddo e austero
come il mare
d’inverno.
Grazie di cuore a Don Curzio per questa preziosa serie di spunti per la Quaresima.
La nostra epoca è quella dell orgoglio, epoca profondamente diabolica. Epoca dell orgoglio personale, sociale, politico, scientifico, tecnologico, culturale, ecclesiale. Epoca del demonio imperante e penetrante più o meno in ogni essere umano, senza che nessuno riesca, possa e voglia, arginarlo.
Santa Via Crucis 10 Marzo 2023 ore 15:00
https://www.youtube.com/watch?v=JJxbZ6IFvek
Casa San Clemente IBP - Roma
Programmato per il giorno 10 mar 2023
Santa Via Crucis in diretta dalla cappellina della Casa san Clemente in Roma
Fabrizio Fabbri
Gente come Zaia, come Centinaro, cioè politici banderuole di centrodestra, della Lega in questo caso, che accettano di portare avanti idee antropologiche ed etiche gravemente disumane ed anticristiane, portate avanti dalla sinistra, oltre che dimostrare la propria bruttezza intellettuale e morale e danneggiare gravemente l'immagine della Lega e del centrodestra rendendoli non credibili, inaffidabili, dimostrano la necessità assoluta per un politico di avere fermamente una concezione vera, cioè cattolica della vita da cui giudicare ed eventualmente non accettare mai idee false, disumane ed anticristiane.
Il progresso di una società non è abbracciare sempre più comportamenti folli, schifosi, disumani e anticristiani proposti negli anni da chiunque, ma è abbracciare sempre più comportamenti ispirati a valori veri, cioè umani e cristiani.
« La politica è in buona sostanza l’arte di manovrare le masse umane, quindi presuppone la demagogia, quindi presuppone la menzogna[…]. La menzogna è il fondamento primo dei cosiddetti Stati totalitari, che senza la menzogna organizzata non avrebbero mai potuto essere edificati. La menzogna viene inculcata come un sacro dovere, un dovere nei confronti della razza eletta, della potenza dello Stato, della classe eletta. E non la si riconosce neppure come menzogna » (Nikolaj Berdjaev, Il paradosso della menzogna, in Pensieri controcorrente, La Casa di Matriona, Milano, 2007, pag. 18-23)
Tutti i consiglieri di centrodestra del Veneto (di Lega, Fi, FdI) hanno votato a favore della decisione della giunta Zaia di finanziare con soldi pubblici una clinica per il cambio di sesso, che Zaia definisce "una scelta di civiltà". Ha infatti ragione, perchè solo una civiltà in decomposizione, di cui egli è un esemplare esponente, si assegna queste priorità.
Come dimostra anche la politica estera del governo Meloni, questo centrodestra condivide, di fatto, gli stessi disvalori della sinistra liberal. E' meno invadente, isterico, ossessivo nel nichilismo e nella fasificazione. Non grida al fascismo in assenza di fascismo, non spadroneggia nelle scuole. Ma risponde agli stessi padroni (la plutocrazia atlantica) e la sua rotta verso la decomposizione spirituale e sociale è esattamente la stessa.
Martino Mora
# Questo governo di CD condivide di fatto gli stessi disvalori della sinistra liberal?
Non direi proprio. Ha impostato una politica che ne è l'antitesi solo che non riesce a perseguirla perché la pressione internazionale, nazionale e vaticana in senso contrario è troppo forte.
Da qui un parziale cedimento, al momento.
Cerchiamo di non fare di ogni erba un fascio, semplificando troppo e malamente.
O.
La superbia è la tentazione dei migliori.
Come è possibile avere talenti,e non essere ambizioso?
Come è possibile vedere gli errori e il degrado della nostra società, e non disprezzarli? Che altro facciamo su questo blog?
Certo, si condanna l'errore, non chi lo commette. Ma basta questa distinzione per non cadere nel peccato di superbia?
Sentirsi umili di fronte a Dio, lo capisco. Rifuggire dalla vanagliria, lo capisco.
Ma che fare, che oensare, se si è circondati da nullità?
Memento audere semper
“Ricordati di osare sempre”, questa locuzione di Gabriele D’Annunzio è un’esortazione a osare, ad avere coraggio andando oltre i limiti imposti dalle convenzioni sociali o i propri.
Per quanto, cristianamente, questo motto potrebbe essere in contrasto con la virtù Cardinale della Prudenza, possiamo asserire senza tema d’essere smentiti, che se San Paolo non avesse “osato” oggi non sarebbe definito l’Apostolo dei Gentili, il maggior missionario dei pagani greci e romani.
C’è un coraggio personale che consente anche il progresso dell’umanità e che comporta sacrifici straordinari e poi c’è una pavidità che non produce nulla di buono e che non può trovare la benedizione di Dio.
Bisogna saper distinguere, discernere e non è sempre facile, per questo motivo frasi del genere possono essere utili a trovare la forza interiore.
Il “Audentes fortuna iuvat” (letteralmente: il destino favorisce chi osa) di Virgilio sembra la fonte perfetta per la locuzione dannunziana in esame.
Queste frasi ideomatiche, solitamente, si adattano molto bene alle azioni militari, ma hanno molteplici applicazioni.
In definitiva chi, tremebondo e impaurito, non si assume alcun rischio non potrà far altro che assumersi un bel bagaglio di rimpianti. Pensiamo all’amore.
Unica raccomandazione che mi sento di dare: cercare sempre, se dovesse andare male, di cadere in piedi!
RB
Anticipazione di “Elucubrazioni latine, prossimamente
Il Memento Audere Semper di D'Annunzio aveva un significato solo militare all'inizio.
La sigla era M.A.S. = Motoscafo Anti Sommergibile. Erano motoscafi che portavano due siluri, uno per fianco, e mine da lasciar cadere in mare, impiegabili nella lotta contro i sommeribili, inizialmente.
Poi si rivelarono più adatti ad attaccare le navi di supericie.
D'Annunzio riformò la sigla a modo suo.
Un MAS italiano nel 1918, con audace manovra, infilandosi nella flotta austro-ungarica, vicino all'isola di Premuda in Adriatico, riuscì ad affondare la più moderna corazzata austriaca, la Santo Stefano, sganciandosi illeso. La flotta nemica andava a cercare di stanare quella alleata ma dopo quest'affondamento tornò indietro.
D'Annunzio partecipò ad un'impresa di un MAS, la penetrazione nel porto di Buccari, dove lanciò un messaggio beffardo in una bottiglia.
Prese parte poi al volo su Vienna, un'impresa per quei tempi, nel 1918, giungendo con una squadriglia da bombardamento sulla città, ma non furono sganciatge bombe bensì volantini in italiano e in tedesco inneggianti alla vittoria dell'Italia.
Era questo per lui un esempio di Memento Audere Semper.
D'Annunzio, che resta un grande scrittore, fu un cattivo esempio per la visione estetizzante e solipsistica, sensuale dell'esistenza, ma per l'incitamento all'eroismo e all'audacia, che praticò di persona, fu un buon esempio.
Pensiamo agli esempi che ha la gioventù oggi....
H
Dobbiamo ricordare che quello che stiamo vivendo, non è cominciato con il Covid 19,con il Britannia, con il 68...già le due guerre mondiali hanno dato una scossa terribile a tutto l impianto fondamentale..sì abbiamo avuto l eroico dopoguerra, ma chi voleva il caos non dormiva.. Invece dormivamo noi, il benessere materiale piano piano è stato trasformato in vizio nazionale popolare, che ha avuto come conseguenza la nostra resa senza condizioni.
Penso che , al contrario, d'Annunzio scrittore non abbia fatto perdere la fede a nessuno, mentre le sue gesta in guerra, di per sé rispettabili, abbiano affrettato la fine di un'Europa migliore di quella attuale.
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