Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 19 settembre 2024

Invocando la Croce

Nella nostra traduzione da The Catholic Thing una riflessione sulla Croce, festeggiata e ricordata nei giorni scorsi [qui - qui], da far nostra e meditare.

Invocando la Croce
Padre Brian A. Graebe

Solo se ci identifichiamo con la Croce di Cristo e la abbracciamo, prendendola, portandola e facendola nostra, possiamo sperare di condividere il suo trionfo.

Nella sua autobiografia, Winston Churchill racconta un episodio risalente ai suoi primi giorni di scuola, in cui si trovò costretto a rifiutare il sostantivo latino mensa. Quando un Churchill perplesso chiese perché il caso vocativo fosse tradotto "O tavolo", il docente rispose con naturalezza che era quello il modo in cui ci si rivolgeva a un tavolo. Dopo aver obiettato che non parlava ai tavoli, Churchill ricevette un rimprovero per impertinenza e per il avversione per i classici.

Tuttavia, se avesse mai pregato l'Ufficio Divino per la Festa del Trionfo della Croce (la celebrazione odierna [qui - qui dello scorso 14 settembre -ndT]), Churchill avrebbe potuto ricevere un flashback dei suoi giorni di scuola, incontrando questa antifona:
O crux beata, quae sola fuisti digna portare Regem caelorum, et Dominum, Alleluia.
“O croce benedetta, che sola fosti trovata degna di portare il Signore e Re del cielo, alleluia.”
Anche se potrebbe sembrare strano rivolgersi direttamente alla croce, come se fosse un essere vivente e senziente, potremmo giustificarlo come una sorta di licenza poetica.

La Chiesa, tuttavia, non ci offre una via d'uscita così facile. L'antifona sopra indicata è solo il primo di molti esempi che parlano alla croce, con un linguaggio sempre più elevato:
“O croce gloriosa, le tue braccia hanno sostenuto il riscatto inestimabile dell'umanità prigioniera. Attraverso di te il mondo è stato salvato dal sangue del Signore.”
“Ave, o croce, consacrata dal sangue di Cristo; le sue membra hanno reso il tuo legno più nobile delle perle preziose.”
Mentre le Ore del giorno della festa proseguono, il linguaggio diventa sempre più straordinario. Le antifone continuano non solo a rivolgersi alla croce, ma anche a parlarne con un linguaggio riservato solo a Dio. Più di un'antifona contiene il verso: "Adoriamo la tua croce, o Signore". Questo è più della riverenza e della venerazione che rendiamo alle reliquie, alle immagini sacre, persino alla Madre di Dio. Questo è il linguaggio della latria, del culto e dell'adorazione che solo Dio riceve.

Adorare non Dio, ma un oggetto della Creazione, anche l'oggetto più sacro, dovrebbe essere blasfemo. Ma la liturgia della Chiesa, raddoppiando e triplicando questo uso sconcertante, costringe la nostra attenzione chiamandoci a guardare più in profondità.

Perché questo strano fenomeno linguistico-liturgico, questa invocazione adorante di un oggetto storico? Quando ho posto questa domanda ai colleghi teologi, la risposta che spesso mi sento dare è che la Croce occupa un posto così elevato perché è stata macchiata dal sangue di Cristo nell'atto della redenzione.

Sebbene vera, questa spiegazione torna solo fino a un certo punto. In primo luogo, molte altre preziose reliquie della Passione – potremmo pensare alla Corona di Spine conservata con cura a Notre-Dame de Paris o alla sacra Sindone di Torino – sono macchiate dal sangue di Cristo e tuttavia non ricevono né l'attenzione liturgica né nulla di simile al linguaggio latria della Croce.

Inoltre, le antifone chiariscono molto bene che non stiamo invocando o adorando il sangue di Cristo sulla Croce, ma la Croce stessa. Quindi la domanda è: perché questo privilegio unico e persino scioccante?

Oserei affermare che la Croce occupa un posto nel dramma della redenzione qualitativamente superiore a quello di qualsiasi altro strumento della Passione, perché Cristo si è misticamente identificato con essa, si è fuso con essa, in un modo che la eleva al di sopra di un semplice oggetto, per quanto sacro.

Non stiamo parlando o adorando solo le reliquie della Vera Croce che ha sostenuto il corpo del Signore sul Calvario 2000 anni fa. Stiamo adorando la Croce come una quintessenza metafisica, per così dire, di Gesù stesso. Ecco perché, seguendo il principio di lex orandi, lex credendi (la legge della preghiera è la legge della fede), ci inginocchiamo davanti alla croce il Venerdì Santo.

Non ci stiamo inginocchiando davanti alla Vera Croce (tranne in rare circostanze), ma davanti alla Croce come quella rappresentazione mistica del Salvatore. È un'identificazione che Cristo stesso ha predetto: "Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me". (Giovanni 12:32)

Cristo dichiara la Sua elevazione, la Sua esaltazione, sulla Croce come prerequisito per la Sua opera salvifica universale. Tale identificazione si estende a ogni aspirante discepolo: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Matteo 16:24).

La Croce incarna quindi l'essenza del messaggio cristiano: uno svuotamento di sé, un dono di sé, un morire a se stessi e al vecchio uomo del peccato per vivere nel presente per Gesù Cristo, il modello e la primizia di quella morte e risurrezione. È questo che conferisce alla Croce il suo posto straordinario.

Gesù indossò la corona sul capo, sopportò i flagelli sulla schiena, ricevette i chiodi nelle mani e nei piedi. Ma Lui è la Croce, è il Suo corpo cruciforme che dà espressione fisica a quell'identificazione spirituale, abbracciando la croce al punto di renderla una con Sé stesso.

Questa assimilazione, completata quando esalò l'ultimo respiro, permise al centurione di proclamare l'identità divina di Gesù: «Veramente costui era Figlio di Dio!» (Matteo 27:54). I segni dei chiodi che lo tennero su quella Croce rimangono nel suo corpo glorificato, i trofei preziosi della sua vittoria e la «prova di vita» con cui gli Apostoli lo riconobbero.

Il linguaggio di questa festa ci chiama a riflettere più profondamente su questo mistero e a vedere la Croce come il punto focale della fede cristiana e della vita spirituale. È solo nella misura in cui noi stessi ci identifichiamo con la croce di Cristo e la abbracciamo, prendendola su di noi, portandola e facendola nostra, che possiamo sperare di condividere il suo trionfo.
Immagine: Cristo portacroce di Tiziano, c. 1650 [Museo del Prado, Madrid]

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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Vi prego di A I U T A R E, anche con poco, il quotidiano impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
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10 commenti:

OT di cronaca ha detto...

Ieri sera oltre la mezzanotte mi sono sentito il discorso di Meloni alla Confindustria.
Devo dire che pur nello sprofondo esistenziale, di cui vi metto a parte, perché già dichiarandolo mi sembra di sfogare la colpa, ascoltare Giorgia ne è valsa la pena.
Perché Giorgia mi ispira una naturale, grande simpatia e ammirazione. Così come altri personaggi, autorevolissimi, magari con una papalina bianca in testa, mi ispirano un altrettanto naturale antipatia.
Eppure persone sante che ammiro, che ascolto in streaming, che seguo anche quotidianamente paiono esaltare queste figure invitando a seguirle, come dovrebbe essere naturale. Allora mi domando: cosa c'è che non va in me? Molte persone seguono sempre l'ufficialità, il pensiero corretto, riconoscono e La parte cattiva di me si ribella al loro conformismo, al servilismo delle idee.
Ma poi mi rendo conto che la parte cattiva di me non deve prevalere. Che devo accettare il mondo com'è. Anche perché l'arte di accettare il mondo com'è è qualcosa che c'era prima di me e ci sarà dopo. Così va il mondo, si dice e gli obbedienti son contenti.
Ma che c'entra tutto questo con Meloni?
C'entra perché ammiro in lei il coraggio, l'indipendenza, la forza di andare contro le opinioni consuete, la passione nel portare avanti il suo discorso. La profondità che raggiunge e che la mette in grado di parlare, senza leggere, in modo approfondito di economia, di Italia, di sfide epocali a dei paperoni come i confindustriali, che magari hanno studiato alla Bocconi o in America. Mentre lei ha studiato sulle strade della Garbatella, sulla bicicletta da bambina con la sorella Arianna, facendo la baby sitter o la cameriera o la barista e non potendo permettersi di fare l'Università. Ecco, quella lei oggi parla con competenza, forza e rigore a una platea di industriali.
Ecco lei a pelle mi sta simpatica, mentre quello con la papalina che manda Casarini a raccogliere migranti, con la sua carità pelosa, mi sta cordialmente antipatico.
Cosa posso dire? Sono inguaribile. Sono me stesso. Sono quello che sono e non quello che dovrei essere.

Laurentius ha detto...

Ringraziamo il cielo che Giorgia non è laureata, perché altrimenti non sarebbe più Giorgia!

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Cultura è tutto ciò che non può insegnare l'università.
Nicolas Gómez Dávila

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Su N. Gómez Davila raccomando vivamente la lettura dell'ottimo suo ritratto per la penna di Marcello Veneziani. Si può leggere sul sito di M. V., alla data del 18 Febbraio 2017.

Anonimo ha detto...

Très belle, cette méditation sur la Croix. Grand merci à Mic d'avoir pris la peine de la traduire pour notre édification.

Anonimo ha detto...

Vi è una grande differenza tra il progetto e l’incontro. Ieri me lo ha fatto capire monsignore attraverso un confronto critico con la lettera pastorale del Vescovo in cui parlando dell’anno sabatico ha sottolineato che non bisogna perdersi dietro l’affanno del fare. Come è vero che spesso siamo dei cristiani indaffarati che credono che tutto dipenda dalle nostre mani! È quando facciamo diventare l’esperienza cristiana un progetto, quando pensiamo che essere cristiani sia organizzare la risposta ai bisogni degli altri. Invece l’esperienza cristiana è un incontro, è l’incontro con Cristo oggi, e tutto nasce non dai nostri progetti ma dagli incontri che uno fa. Per questo oggi più che mai occhio agli incontri! Questo significa che non si deve progettare? Niente affatto, solo che una cosa è progettare in base alle proprie idee, altra cosa è farlo a partire da un incontro!

mic ha detto...

Grazie! Mi ha molto toccata e ci ho tenuto a condividerla...

da ex studente di Giurisprudenza ha detto...

Esistono confessioni cristiane che non riconoscono la Croce?
Io ne conosco una, se possiamo definirla "cristiana" (i TdG) e perfino un'altra, quella di R. Hubbard che ha preso come emblema una croce ma apertamente non si definisce cristiana.
Vorrei un po' conoscere i motivi perchè la croce di San Pietro (capovolta, perchè S. Pietro è stato crocifisso a testa in giù) sia stata lasciata in pasto ai satanisti. Si sa?

Anonimo ha detto...

La Croce è fisicamente e materialmente ció che è il peso dei nostri peccati, miei tuoi suoi nostri, da Adamo all'ultimo uomo peccatore. Gesù si è fatto da Innocente Uomo e Dio, nostro correo, vicario nostro nel riparare alla Giustizia ( perfetta quanto lo è la Misericordia, anzi quest'ultima deriva dalla Giustizia stessa, è la Carità che si fa Dono di compassione per riportare alla perfetta Giustizia ció che non sarebbe di per sè riparabile) . Gesù ha abbracciato la Croce materiale vedendo in Essa ció che noi non vediamo: le nostre colpe. La Croce è costruita da noi , è la somma dei nostri peccati, c'ero io lì e c'eri tu, c'eravamo tutti . Il Redentore ha subito fin dal Getzemani i nostri peccati e poi se li è caricati per portarli su di Sè per l'espiazione, per il Sacrificio unico perfetto e giusto. Gesù è morto per noi che lo abbiamo ucciso nelle nostre singole vite, la nostra generazione Lo ha ucciso. Ad un certo punto non c'è stato nessuno a volerLo nel modo giusto. La Croce ci rivela nella materia ció che è avvenuto nel piano spirituale: il mistero della sofferenza infinita di un Padre che viene a cercare il figlio ed accetta di farsi massacrare da Lui per pagare il debito del figlio e riportarlo a Casa. Un Dio che soffre a causa dei figli scapestrati, questa è la Croce: la morte di Dio. Dio non puó morire eppure è morto, muore in ogni uomo che pecca mortalmente. Ma questa generazione nostra è anche quella che Lo vede risorgere: sta già ritornando anche se non Lo vediamo ancora. Vincerà presto questa ultima battaglia e la guerra a Dio finirà, ma noi saremo a destra o a sinistra? Avremo molte sorprese nel giorno del Giudizio.

Anonimo ha detto...

ANTICORPI
IL SEGNO DELLA CROCE

Lo judoka Nemanja Maidov è stato sospeso dalle competizioni per cinque mesi dalla Federazione internazionale di Judo per essersi fatto il segno della croce alle olimpiadi prima di un incontro.

"Non vergoniamoci della croce di Cristo, fatti il segno manifestamente sulla fronte affinchè i demoni alla vista di questo segno regale fuggano lontani." (San Cirillo di Gerusalemme)

Evidentemente, non tanto lontano.

Anonimo ha detto...

"Lo judoka Nemanja Maidov è stato sospeso"..questa e' una vera medaglia, non ha rinnegato Cristo, ha fatto "apostolato" , ha fatto un atto di carita' ricordando a tutti che dal momento che non conosciamo ne' il giorno ne' l'ora in cui dovremo restituire l'anima a Dio e' bene farsi trovare pronti.

Anonimo ha detto...

Anche una lacrima si svapora e ritorna nel cielo, e se è una lacrima di rassegnazione e di amore supera l'atmosfera, e ai confini di questo firmamento diventa una voce di amore che ritorna sulla terra come rugiada di benedizione e di grazia!

(Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro della Genesi)