Ogni anno, il 14 settembre, ricordavamo l'entrata in vigore del Summorum Pontificum. Esempi: qui - qui ... Inoltre, ricorrendo l'Esaltazione della Santa Croce, meditavamo qui. Quest'anno, in una temperie che in questi giorni sembra sempre più buia, dopo aver meditato il senso e la storia della Festa qui, ci ristoriamo con Vexilla Regis, i soli che vogliamo seguire! Vexilla Regis è stato inserito tra diversi altri Preghiere, Inni e Litanie – tesori della nostra Fede da custodire e diffondere – che trovate nella colonna destra del blog visualizzabile nella versione web.
(A I Vesperis Dominicae in Palmis in Passione Domini usque ad nonam feriae V Hebdomadae Sanctae inclusive)
Il Vexilla Regis è un inno (Carm. II, 6), le cui parole sono tratte dal poemetto in dimetri giambici composto da Venanzio Fortunato in occasione dell'arrivo della reliquia della Vera Croce a Poitiers (nel 568). Per ascoltarlo qui.
Esso prende titolo dalle parole iniziali della prima stanza. Viene principalmente cantato il Venerdì santo in onore della Santa Croce, nella ricorrenza della festa, ormai soppressa, della Invenzione della Croce (3 maggio), e nella celebrazione della Esaltazione della Santa Croce (14 settembre).
Testo originale (antico) Vexilla regis prodeunt, fulget crucis mysterium, quo carne carnis conditor suspensus est patibulo. Confixa clavis viscera tendens manus, vestigia redemptionis gratia hic inmolata est hostia. Quo vulneratus insuper mucrone diro lanceae, ut nos lavaret crimine, manavit unda et sanguine. Inpleta sunt quae concinit David fideli carmine, dicendo nationibus: regnavit a ligno deus. Arbor decora et fulgida, ornata regis purpura, electa, digno stipite tam sancta membra tangere! Beata cuius brachiis pretium pependit sæculi! statera facta est corporis praedam tulitque Tartari. Fundis aroma cortice, vincis sapore nectare, iucunda fructu fertili plaudis triumpho nobili. Salve ara, salve victima de passionis gloria, qua vita mortem pertulit et morte vitam reddidit. |
Traduzione italiana
I vessilli del Re avanzano; risplende il mistero della Croce, al cui patibolo il creatore della carne con la propria carne fu appeso. Confitti con i chiodi le membra, tendendo le mani, e i piedi, per la [nostra] redenzione qui è stata immolata la vittima. Oltre a ciò, trafitto da crudele punta di lancia, per lavarci dalla colpa, effuse acqua e sangue. Si compì quel che cantò Davide con veridica profezia, quando disse ai popoli: "Dio regnò dal legno". Albero appropriato e splendente, ornato di porpora regale, scelto a toccare con il degno tronco così sante membra! [Albero] beato, ai cui bracci fu appeso il prezzo del riscatto del mondo: sei divenuto stadèra del corpo e strappò via la preda dell'inferno. Effondi un aroma dalla corteccia, superi per profumo il nettare, lieta per il ricco frutto, lodi l'illustre trionfo. Salute a te, o altare! Salute a te, o vittima, a seguito della gloria della Passione, per la quale la Vita sopportò la morte e attraverso la morte restituì la vita. Salve, o Croce, unica speranza! In questo tempo di Passione ai fedeli accresci la grazia e ai peccatori cancella le colpe. Te, Trinità, fonte di salvezza, esalti ogni essere vivente: coloro che salvi attraverso il mistero della croce, proteggi per l'eternità. |
Protagonista dell’inno è la Croce, albero nobile e fulgido, e la celebrazione del suo Mistero. Tuttavia, esso riprende diversi contenuti già evidenziati da Venanzio in un altro celebre inno sacro, il Pange Lingua [qui testo in calce all'articolo]. Nella scena della Passione sono riproposti alcuni particolari presenti nel Pange lingua: i chiodi (v. 5) e la lancia (v. 10), nonché il sangue e l’acqua (v. 12). Diverse sono però le modalità con cui viene veicolato il contenuto: come evidenzia, infatti, Stefania Filosini “nel Pange lingua la serie asindetica di sostantivi fa leva sul potere evocativo della parola e i singoli termini sono funzionali a richiamare agli occhi del lettore una serie di episodi evangelici; nel Vexilla Regis Venanzio presenta in successione i momenti della crocifissione, zoomando su particolari rilevanti per le loro implicazioni teologiche”.
La fama dell’inno è testimoniata anche dal fatto che Dante Alighieri lo introdurrà nella Divina Commedia, in Inf. XXXIV [ «Vexilla regis prodeunt inferni / verso di noi; però dinanzi mira» / disse 'l maestro mio «se tu 'l discerni» (Inf. XXXIV, 1-3)], rovesciandone il senso, introducendo un significato parodico: se nell’inno latino i vexilla Regis indicano la Croce, qui rappresentano le sei ali di Lucifero (descritte successivamente ai vv. 46-52). Natalino Sapegno, invece, ci offre una chiave di lettura diversa: “il tono non ha nulla in sé, come si suol ripetere, di ironico o parodistico: la rappresentazione di Lucifero vuole essere paurosa, con quegli aspetti mostruosi e grotteschi che il poeta attinge alla leggenda popolare e alle invenzioni figurative dell’arte romanica e gotica […]; in essa si raccoglie il concetto e il simbolo di tutto il male del mondo.”
L'inno è citato anche da James Joyce in A Portrait of the Artist as a Young Man, capitolo V, nell'omonima novella di Luigi Pirandello e da Reinhold Messner in Vite al Limite, la sua biografia.
L'inno ha sempre avuto una grande importanza nella storia della musica. Veniva tradizionalmente cantato nelle processioni precedute dalla croce. Celebre l'esecuzione con coro a cappella, che accompagna la processione del Santo Legno e del Cristo Morto il venerdì santo a Mola di Bari, e del Cristo Morto e della Pietà a Molfetta, e a Barcellona Pozzo di Gotto (ME), dietro la processione delle "varette".
Successivamente è stato musicato da Anton Bruckner. Anche Giacomo Puccini ha composto un suo adattamento per coro di voci maschili ed organo. "Vexilla Regis" è stato anche l'inno dell'Esercito Reale e Cattolico che nel 1793 combatté i rivoluzionari in Vandea.
Come la grande maggioranza degli inni, anche Vexilla Regis non scampò alla riforma di Urbano VIII che volle raddrizzare le gambe a tutti i testi che a lui parevano non abbastanza "classici" o elevati. Il gusto seicentesco purista del Papa che si reputava un poeta latinista portò, effettivamente, a migliorie formali di certi inni, ma certo a scapito del contenuto teologico di scritti redatti spesso da grandi santi del passato. Per questo motivo il latino medievale degli inni venne sottoposto ad una profonda revisione, con massicci interventi testuali per rendere più scorrevole o solamente più aulico il testo degli inni. Comunque già dai tempi di Pio X la tendenza è di tornare alla versione "antiqua" degli inni (che spesso appaiono in appendice ad alcune edizioni del breviario).
Il "Liber Hymnarius" di Solesmes, frutto della riforma liturgica post-conciliare, riabilita tutti i testi in forma antica che erano stati cambiati nel Breviarium Romanum.
6 commenti:
14 SETTEMBRE
ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE
II senso della festa della Croce
«Abbiate in voi, fratelli miei, lo stesso sentimento da cui era animato il Cristo Gesù il quale esistendo nella forma di Dio, non considerò questa sua eguaglianza con Dio come una rapina, ma annichilì se stesso, prendendo la forma di servo e, divenendo simile agli uomini, apparve come semplice uomo. Egli umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce». Le parole dell’Apostolo, che leggiamo nell’Epistola della Messa, ci danno il senso della festa che oggi celebriamo. I termini schiavo, croce sono, è vero, per noi parole correnti, perché hanno perduto il senso abbietto che avevano nel mondo antico, prima dell’era cristiana e perciò i destinatari della lettera di san Paolo capivano meglio di noi l’orrore della cosa e misuravano meglio di noi quanto Gesù Cristo si era abbassato con l’Incarnazione e la morte sulla Croce.
II supplizio della Croce
Non era la croce considerata dagli antichi come «il supplizio più terribile e più infamante». Era allora cosa frequente vedere un ladro o uno schiavo messo in croce e ciò che di questo supplizio indirettamente conosciamo ci permette di valutarne l’atrocità. Il crocifisso moriva con lenta agonia, soffocato per l’asfissia, determinata dalla estensione delle braccia in alto, e torturato da crampi ai nervi irrigiditi.
Il culto della Croce.
Il Cristo ha subito lo spaventevole supplizio per ciascuno di noi; ha offerto al Padre, con un amore infinito il sacrifîcio del suo corpo disteso sulla Croce. Lo strumento di supplizio, fino allora oggetto di infamia, diventa per i cristiani la gloria e san Paolo non vuole aver gloria che nella croce del Signore, nella quale risiede la nostra salvezza, la nostra vita, la risurrezione, e per la quale siamo stati salvati e liberati (Introito della Messa).
Il culto della Croce, strumento della nostra redenzione, si è molto diffuso nella Chiesa: la Croce è adorata e riceve omaggi, che non si concedono ad altre reliquie e le feste della Santa Croce rivestono particolare splendore.
È stato già festeggiato il fortunato avvenimento del rinvenimento della Croce il 3 maggio, oggi la Chiesa celebra l’Esaltazione della Croce, festa che ha un’origine complessa ma che la storia ci permetterà di precisare.
Origine della festa.
La data del 14 settembre segna l'anniversario di una dedicazione che lasciò nella storia ecclesiastica un profondo ricordo.
Il 14 settembre del 335 una folla considerevole di curiosi, di pellegrini, di monaci, di clero, di prelati, accorsi da tutte le province dell'Impero, si riunivano a Gerusalemme per la Dedicazione del magnifico santuario restaurato dall'imperatore Costantino nel luogo stesso dove il Signore aveva sofferto ed era stato sepolto.
L'anniversario continuò ad essere celebrato con non minore splendore negli anni seguenti. La pellegrina Eteria, venuta a Gerusalemme, al tramonto del IV secolo, ci riferisce che più di 50 vescovi assistevano ogni anno alla solennità del 14 settembre. La Dedicazione aveva rito pari alla Pasqua e all'Epifania e si protraeva per otto giorni con immenso concorso di pellegrini.
Di Dom Prospèr Guerangèr da l'anno liturgico
Festa della Esaltazione della Croce.
Dal commento di Don Dolindo Ruotolo:
“Il Crocifisso è come un gran libro aperto all’anima nostra; è come un vasto e sereno orizzonte che ci sconfina nell’eternità e ci inabissa in Dio, è un pelago d’amore e di pace nel quale l’anima soavemente si perde. In Lui, Vittima Divina si pondera la grandezza di Dio alla cui Maestà viene offerto un sacrificio così grande, in Lui si apprezza la santità e la giustizia di Dio; si pondera la gravità delle colpe dell’uomo, si sente la propria colpevolezza e l’anima in Lui rimane inabissata nel proprio nulla e nelle proprie responsabilità. Il Crocifisso del Calvario, come il Signore del Sinai, promulga nuovamente la Legge che è il fondamento di ogni legge, scolpendola non su tavole di pietra ma nel Suo Corpo immolato. Nell’umiliazione della Croce Egli, immolandosi come Unica Vittima all’Unico Dio, proclama al mondo che non vi è altro Dio all’infuori di Lui. Egli offrendosi per glorificare il Nome SS. di Dio, espia nella Sua Carne la profanazione degli empi. Egli è la Verità, è la Testimonianza della Gloria del Padre e muore per la Verità, imponendo così a tutte le creature: non dire falsa testimonianza. Nudo si è spogliato di tutto e ha dato tutto; piagato, si è spogliato alla Sua Chiesa nella ineffabile fedeltà del Suo Amore e delle Sue promesse e con questo ha colpito a morte la concupiscenza degli occhi e quella della carne. Di fronte al cumulo della umana perversità rifulgono la Divina Maestà del Crocifisso, la Sua Verità, la mansuetudine, la pazienza, l’Amore che è Vittima sul male, anche quando sembra vinto il male. I popoli solo nel Segno della Croce possono sentirsi fratelli e la Carità che Esso emana come fasci di raggi di sole, è l’unico mezzo per dare loro pace e salvezza. Solo il Crocifisso ha salvato il mondo e può rinnovarlo ora che il mondo ha apostatato dal Suo Amore. Il mondo scellerato e ingrato si è dimenticato di Lui, ha sostituito al Segno della Croce i suoi cenci, sporchi d’impurità e sanguinanti dalla tirannide, ed è caduto nel baratro dell’ignoranza, della perversità e della perdizione. Mai l’umanità è stata così stolta come quando Lo rinnega e i suoi decantati progressi si mutono tutti in armi di distruzione morale, materiale e di sterminio. Il Crocifisso fa piangere di compassione e consola il nostro pianto, umilia l’anima peccatrice e la eleva negli splendori della carità; suscita una avversione placida e pacata al male e infiamma di amore il cuore; dona all’anima la sicurezza della Misericordia e la felicità della vita soprannaturale. Il Crocifisso ci scopre le ineffabili grandezze della Vita Divina perché ce le comunica per i Suoi meriti attraverso la Luce dello Spirito Santo. È questa l’altissima Sapienza di Dio che è nel mistero della Croce e che svela nella Sua Beata Eternità”.
14 settembre 2024.
Mi trovo in meditazione fuori di Casablanca, staccato dai contatti del mondo da qualche giorno e m’immergo nel cuore del Sahara. E’ il mattino e il sole sta sorgendo. Celebro la santa Messa da solo e questo mi capita assai raramente, ma ogni volta è un’esperienza nuova. Oggi è la festa dell’esaltazione della Croce di Cristo, festa che i nostri fratelli cristiani d’Oriente chiamano la Pasqua d’estate. Il pensiero si fissa su Gesù crocifisso e risorto. Mentre celebro la messa resto fulminato, è il l’unico termino che posso utilizzare per dire ciò che ho provato, da queste parole del vangelo di Giovanni (cap. 3 incontro con Nicodemo) che la liturgia ci fa proclamare: “Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna...Dio infatti non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. Dunque mi sono detto il mondo va salvato per mezzo di Cristo perché solo lui può farlo e io che faccio per farlo conoscere? Vivo in mezzo a musulmani che amano parlare di Gesù ma per loro è assurdo che sia un Dio e per di più crocifisso. Eppure so che se Gesù non fosse morto in croce e risuscitato dal Padre non ci avrebbe potuto salvare e salvare il mondo intero. Prego e medito quasi in crisi perché mi domando se veramente faccio tutto per farlo conoscere ed amare da quelli che incontro sulle strade della mia vita. Sento però di amarlo e di voler che egli viva in me e quindi capisco che se anche non è possibile parlare apertamente con gli amici dell’islam che incontro sono certo che se abita il mio cuore è Lui a raggiungerli come insegna Charles de Foucauld che conosce bene il deserto e i musulmani. Prego però perché nel mondo laddove come in Italia è possibile annunciare apertamente Cristo, non vengano mai meno il coraggio e la gioia di farlo con la vita e quando necessario anche con le parole, come diceva san Francesco d’Assisi che visse totalmente “cristificato” come provano le sue stimmate. (Mons. Giovanni D'Ercole)
Stabat Mater, Co-Redemptrix!
*O Crux, * splendídior cunctis astris, mundo célebris, homínibus multum amábilis, sánctior univérsis: quæ sola fuísti digna portáre taléntum mundi, dulce lignum, dulces clavos, dúlcia ferens póndera; salva præséntem catérvam in tuis hódie láudibus congregátam.*
_O Croce * più splendida di tutti gli astri, celebre nel mondo e agli uomini molto amabile, più santa d'ogni cosa, che sola fosti degna di portare il prezzo del mondo: dolce legno, dolci chiodi, sostegno di sì dolce peso; salva il popolo radunato quest'oggi per cantare le tue lodi_
Se il cattolicesimo fosse una delle tante vie per arrivare a Dio, uno dei tanti linguaggi per parlarGli, una delle numerosissime opzioni per salvarsi, perché mai scegliere questa ardita strada?
Se Gesù Cristo non fosse La Via, La Verità e La Vita, con tutto ciò che ne consegue, i preti, i vescovi i cardinali e pure il papa farebbero bene a metter su famiglia e ad andare a lavorare.
E sapete la cosa incredibile qual è? Che nonostante la confusione che alberga ai vertici e alla base dell’Unica Vera Chiesa i satanisti, imperterriti, continuano a cercare di rubare - per profanarle orrendamente - le ostie che sono custodite nelle chiese cattoliche di tutto il mondo. Non gli interessa nulla del pane e del vino delle cene protestanti, non si occupano di moschee, sinagoghe e di tutto il variegato resto del campionario “religioso”.
Il Maligno sa la verità, la odia al sommo grado, ma la conosce bene.
Per quel che concerne il doloroso scandalo che ci tocca subire, io ci vedo una grande opportunità di amore e fedeltà al Vero Dio, Uno e Trino e alla Sua Chiesa.
Non ci dimentichiamo che quel che osteggiò e negò Caifa venne accolto e proclamato da Longino e da altri soldati romani bagnati dal benedetto Sangue versato da Nostro Signore Gesù Cristo.
Da Israele a Roma, il passaggio di consegne avvenne sotto la croce.
Luogo privilegiato per capire, credere e amare.
Per approfondire:
https://youtu.be/vyrZJn4ttNQ?si=QNDAGdQIAw6hUPYP
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