Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 15 settembre 2024

Domenica XVII dopo la Pentecoste ("Iustus es")

Domenica XVII dopo la Pentecoste 
("Iustus es")

Messa
I decreti di Dio sono sempre giusti sia quando confonde gli orgogliosi sia quando nella sua misericordia esalta gli umili. Vedemmo la sua volontà sovrana all'opera otto giorni or sono nella distribuzione dei posti riservati ai santi al banchetto dell'unione divina e, ricordando le pretese e la sorte degli invitati alle nozze, chiediamo soltanto misericordia.

Intróitus
 Ps.118, 137 et 124 - Iustus es, Dómine, et rectum iudícium tuum; fac cum servo tuo secúndum misericórdiam tuam. 
Ps. 118, 1 - Beáti immaculáti in via: qui ámbulant in lege Dómini. Glória Patri… 
Ps.118, 137 et 124 - Iustus est, Dómine,…

Orátio
Da, quǽsumus, Dómine, pópulo tuo diabólica vitáre contágia: et te solum Deum pura mente sectári. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. M. - Amen. 
Introito
Sal. 118, 137 e 124 - Tu sei giusto, o Signore, e retto è il tuo giudizio; agisci col tuo servo secondo la tua misericordia.
Sal. 118, 1 - Beati gli uomini retti: che procedono secondo la legge del Signore. Gloria al Padre… Sal. 118, 137 e 124 - Tu sei giusto, o Signore,…

Colletta
O Signore, Te ne preghiamo, concedi al tuo popolo di evitare ogni diabolico contagio: e di seguire Te, unico Dio, con cuore puro. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli. M. – Amen
EPISTOLA (Ef 4,1-6). - Fratelli: Io, che sono prigioniero del Signore, vi scongiuro di avere una condotta degna della vocazione che avete ricevuto, con tutta umiltà, con mansuetudine, con pazienza, con carità, sopportandovi gli uni gli altri, studiandovi di conservare l'unità dello spirito con il vincolo della pace. Un sol corpo, un solo spirito, come ad una sola speranza siete stati chiamati con la vostra vocazione. Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti che è sopra tutti, che è in tutte le cose e specialmente in noi nei secoli dei secoli così sia.
Con la lettera di san Paolo ai cristiani di Efeso la Chiesa riprende l'esposizione delle grandezze dei suoi figli e li supplica di rispondere in modo degno alla loro vocazione divina.

La chiamata di Dio.
Noi conosciamo già questa chiamata di Dio. È la chiamata del genere umano alle nozze dell'unione divina delle nostre anime a regnare nei cieli sul trono del Verbo diventato loro Sposo e loro Capo (Ef 2,5). Un tempo il Vangelo di otto giorni or sono era più legato all'Epistola, che abbiamo letta e nella quale trova un brillante commento, mentre a sua volta spiega in modo perfetto le parole dell'Apostolo: "Quando sarete invitati alle nozze, diceva il Signore, cum vocatus fueris, prendete l'ultimo posto". "In tutta umiltà, aggiunge l'Apostolo, mostratevi degni della vocazione che avete ricevuta: digne ambuletis vocatione qua vocati estis".

Fine e modo di intendere la chiamata.
Quale condizione dobbiamo adempire per mostrarci degni dell'altissimo onore che il Verbo eterno ci ha fatto? Umiltà, mansuetudine, pazienza sono mezzi raccomandati per arrivare allo scopo. Lo scopo è l'unità del corpo immenso, che il Verbo ha fatto suo nella celebrazione delle mistische nozze e la condizione che l'Uomo-Dio esige da quelli che, partecipando della Chiesa, sua Sposa, chiama ad essere ossa delle sue ossa, carne della sua carne (ivi 5,30), è che mantengano tra loro un'armonia che faccia veramente di tutti un'anima sola, un corpo solo, nei vincoli della pace.
"Legame splendido, - esclama san Giovanni Crisostomo - legame meraviglioso, che tutti ci unisce e tutti insieme ci lega a Dio!": La sua forza è la forza dello Spirito Santo stesso, tutto santità ed amore, perché è lo Spirito che stringe i suoi nodi immateriali e divini, agendo nella moltitudine dei battezzati come il soffio vitale nel corpo umano, che anima e unisce le membra tutte. Per lo Spirito, giovani e vecchi, poveri e ricchi, uomini e donne, sebbene distinti per razza e per indole, diventano un solo tutto, fusi in un immenso abbraccio in cui arde senza fine l'eterna Trinità. Però, perché l'incendio dell'amore infinito possa impadronirsi dell'umanità rigenerata, occorre che essa si purifichi eliminando le rivalità, i rancori, i dissensi, che, rivelandola ancora carnale, la renderebbero poco accessibile alla fiamma divina e all'unione che produce.

La carità fraterna e i suoi frutti.
Stringiamoci ai fratelli con questa felice catena della carità, perché essa non coarta che le nostre passioni e dilata invece le anime nostre, lasciando che lo Spirito le conduca con sicurezza a realizzare l'unica speranza della nostra vocazione comune, che è l'unione a Dio nell'amore. Quaggiù la carità, anche per i Santi, è una virtù faticosa perché raramente, anche nei migliori, la grazia restaura l'equilibrio delle facoltà, rotto dal peccato originale, in modo che non restino deficienze. Perciò la debolezza, gli eccessi della povera natura si fanno ancora sentire, nonostante l'umiltà del giusto e la vigile pazienza di coloro che l'attorniano. Dio permette questo, per accrescere il merito di tutti e ravvivare in noi il desiderio del cielo nel quale ritroveremo una totale e facile armonia con tutti i nostri simili, perché noi pure ci saremo pienamente pacificati nel dominio assoluto di Dio tre volte santo, divenuto tutto in tutti (1Cor 15,28).
Nella patria fortunata Dio stesso tergerà ai suoi eletti il pianto causato dalle miserie, rinnovando il loro essere alla sorgente infinita (Ap 21,4-5). Il Figlio eterno, abolito il dominio delle forze avverse e vinta la morte in ciascuno dei suoi membri mistici (1Cor 15,24-28), apparirà nella pienezza del mistero della sua incarnazione vero Capo dell'umanità santificata, restaurata e sviluppata in lui (Ef 1,10).
VANGELO (Mt 22,34-46). - In quel tempo: S'accostarono a Gesù i Farisei, uno dei quali, dottore in legge, lo interrogò, per tentarlo: Maestro, qual è il maggiore comandamento della legge? E Gesù gli rispose: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente. Questo è il massimo e primo comandamento: il secondo poi è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la legge e i profeti. Essendo dunque adunati i Farisei, Gesù li interrogò dicendo: Che vi pare del Cristo? Di chi è figlio? Gli rispondono: Di David. Ed egli a loro: Come dunque David, in spirito, lo chiama Signore, dicendo: Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra, sinché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi? Se dunque David lo chiama Signore, in qual modo è suo figlio? E nessuno poteva replicargli parola; né vi fu chi ardisse, da questo giorno in poi, d'interrogarlo.
La carità.
L'Apostolo che disse: Scopo della legge è la carità (1Tm 1,5) disse pure: Scopo della legge è il Cristo (Rm 10,4), e noi vediamo ora l'armonia di queste due proposizioni. Vediamo anche allo stesso modo la relazione delle parole del Vangelo: In questi due comandamenti sono compresi tutta la legge e i profeti e le altre, che sono pure del Signore: Scrutate le Scritture, perché esse mi rendono testimonianza (Gv 5,39).
La perfezione della legge che regola i costumi è nella carità (Rm 13,10) il cui fine è Cristo e oggetto delle Scritture rivelate è l'Uomo-Dio, che nella sua adorabile unità riassume per i suoi morale e dogma.
"Egli è la loro fede, il loro amore termine di tutte le nostre risoluzioni, - dice sant'Agostino - perché tutti i nostri sforzi tendono a perfezionarci in Lui e giungere in Lui è la nostra perfezione. Giunto a Lui, non cercare oltre: egli è la tua meta" (Enarr. sul Sal 56). Il santo Dottore ci dà qui la miglior formula dell'unione divina: "Aderiamo a Lui solo, godiamo in Lui solo, siamo tutti in Lui: haereamus uni, fruamur uno, permaneamus unum" (De Trin. iv, 11).
La bella antifona dell'Offertorio di oggi, separata dai versetti che una volta l'accompagnavano, non rivela più la ragione per cui ebbe da remotissimi tempi tale posto. Riportiamo i versetti che seguivano l'Antifona, rilevando che l'ultimo termina con la notizia dell'arrivo del principe delle armate celesti in soccorso del popolo di Dio. È questo l'effetto cercato come risulta dall'Antifonario pubblicato dal beato Tommasi, conforme ai più antichi manoscritti, dove questa domenica apre la settimana della festa del grande Arcangelo e la Domenica prossima vi è designata col nome di Prima Domenica dopo la festa di san Michele (prima post sancti Angeli).

Offertorio

Antífona ad Offertórium
Dan. 9, 17, 18 et 19 - Orávi Deum meum ego Dániel, dícens: Exáudi, Dómine, preces servi tui: illúmina fáciem tuam super sanctuárium tuum: et propítius inténde pópulum istum, super quem invocátum est nomen tuum, Deus.
Antifona all'Offertorio
Io, Daniele, ho pregato il mio Dio dicendo: Signore, esaudisci le preghiere del tuo servo, fa splendere la tua faccia sul tuo santuario e guarda misericordioso questo popolo sul quale, o Dio, è stato invocato il tuo nome.

V/. Mentre io ancora parlavo e pregavo e dicevo i miei peccati e le colpe di Israele. mio popolo.
V/. Io udii una voce che mi diceva: Intendi, Daniele, le parole che ti rivolgo, perché io sono inviato a te, ed ecco che Daniele stesso giunse in mio soccorso.
Guardate con misericordia.

Preghiamo
Signore, libera il tuo popolo dagli errori contagiosi del demonio e concedigli la grazia di seguire solo te nella sincerità del cuore.

(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 497-500)

4 commenti:

Festa della Madonna Addolorata. ha detto...

O gran Regina dei Martiri e la più desolata di tutte le madri! Il vostro dolore è immenso come il mare, perché tutte le piaghe che tutti i peccati degli uomini hanno impresse nel sacro corpo del vostro divin figliuolo, sono altrettante spade che trafiggono il vostro cuore. Ecco prostrato ai vostri piedi il peccatore più indegno, sinceramente pentito d’aver maltrattato il divin Redentore. Le colpe che io ho commesso sono più gravi di quello che io possa soffrire per cancellarle. Deh! Madre beata, imprimete nel mio cuore le piaghe santissime del vostro amore onde non brami che di patire e morire con Gesù crocifisso, e spirar l’anima penitente nel vostro purissimo cuore. Così sia.

Anonimo ha detto...

Solo se Dio è al primo posto, tutte le altre cose saranno al posto giusto.

Anonimo ha detto...

NON C'È NULLA DI PIÙ SOLENNE SULLA FACCIA DELLA TERRA DELL'ISTANTE DELLA CONSACRAZIONE

Poiché l’uomo si era separato da Dio, Egli, espiando, ha permesso che il suo Sangue fosse separato dal suo Corpo. Il peccato era entrato nel sangue dell’uomo; e come se tutti i peccati del mondo fossero su di sé, lasciò scorrere tutto il suo sacro Sangue dal calice del suo Corpo. Possiamo quasi sentirlo dire: «Padre, questo è il mio Corpo; questo è il mio Sangue. Vengono separati l’uno dall’altro come l’umanità è stata separata da te. Ecco la consacrazione della mia croce».

Ciò che accadde quel giorno sulla croce avviene ora nella Messa, con questa differenza: sulla croce il Salvatore era solo, nella Messa è insieme a noi. Nostro Signore ora è in Cielo alla destra del Padre, intercedendo per noi. Pertanto, non può tornare a soffrire nella sua natura umana. Allora come può la Messa ri-presentare il Calvario? Come può Cristo rinnovare la croce?

Egli non può soffrire più nella sua natura umana, che gode la beatitudine celeste, ma può soffrire nelle nostre nature umane. Non può rinnovare il Calvario nel suo Corpo fisico, ma può farlo nel suo Corpo mistico, la Chiesa. Il sacrificio della croce può essere ri-presentato, purché gli offriamo il nostro corpo e il nostro sangue e lo facciamo in maniera così completa che, a sua volta, Egli può offrire nuovamente sé stesso al Padre celeste per la redenzione del suo Corpo mistico, la Chiesa.

Cristo va per il mondo a radunare altre nature umane desiderose di essere altrettanti Cristi. Affinché i nostri sacrifici, i nostri dolori, i nostri Golgota, le nostre crocifissioni non restino isolati, disgiunti e scollegati, la Chiesa li raduna, li raccoglie, li unifica, li fonde, li ammassa, e l’insieme di tutti i sacrifici delle nostre singole nature umane nella Messa viene unito al grande sacrificio di Cristo sulla croce.

Quando partecipiamo alla Messa non siamo meri individui della Terra o solitarie unità, ma parti viventi di un grande ordine spirituale in cui l’Infinito penetra e avvolge il finito, l’Eterno fa irruzione nel temporale e lo Spirituale si riveste degli abiti della materia. Non c’è nulla di più solenne sulla faccia della terra dell’istante sbalorditivo della Consacrazione; infatti, la Messa non è una preghiera né un inno o qualcosa da dire, è un’azione divina con cui entriamo in contatto in un dato momento del tempo.

(Fulton J. Sheen, da “Il Calvario e la Messa”, opera all’interno del libro “Signore, insegnaci a pregare” edizioni Ares)

Anonimo ha detto...

DOPPIO È IL COMANDAMENTO DELL'AMORE MA UNA SOLA È LA CARITÀ (S. GIOVANNI CRISOSTOMO)

I sadducei erano stati confutati dal Signore in tal maniera che essi non avevano potuto replicargli, e questi farisei tuttavia osano ancora affrontarlo quando per tante ragioni avrebbero dovuto finalmente reprimere la loro insolenza. Essi gli inviano un dottore della legge, non desiderando apprendere qualcosa, ma solamente per tentarlo. Essi gli domandano “Quale è il più grande e il più importante comandamento della legge?” Poiché sapevano che questo era: “ Amerete il Signore vostro Dio”, essi sperano che dalla sua risposta egli dia loro modo di accusarlo di aver combattuto questo comandamento e di testimoniare che egli agiva come Dio. Questo era il loro disegno in questa domanda artificiosa. Ma Gesù volendo mostrare che egli conosceva i loro pensieri e che in essi non vi era carità, ma si logoravano per maligna invidia, dice: “Amerete il Signore vostro Dio, con tutto io vostro cuore, con tutta la vostra anima, con tutta la vostra mente” . Ed ecco il secondo che è simile a questo: “Amerete il vostro prossimo come voi stessi”.

Perché Gesù Cristo dice che questo secondo comandamento è simile al primo? Perché questi induce a quello e da esso a sua volta è rafforzato. Chi infatti, fa il male, ha in odio la luce e non si accosta alla luce (Gv.3,20). E ancora : “Dice lo stolto nel suo cuore: “Dio non c’è” (Ps.52,1) e di seguito: “Essi sono corrotti, e sono divenuti abominevoli nelle loro brame (Ps.52,2). E nuovamente: “ La radice di tutti i mali è l’avarizia, alcuni che ne sono stati presi si sono allontanati dalla fede (1 Tim.6,10) e altrove: “ Chi mi ama osserverà i miei comandamenti” (Gv.14,15) dei quali principio e fondamento è: “Ama il Signore Dio tuo e il prossimo tuo come te stesso”

Se dunque amare Dio è amare il prossimo (dice infatti Gesù: “Se mi ami, pasci le mie pecore” (Gv.21,16) e se nell’amare il prossomo si osservano i comandamenti di Dio, egli a ragione dice che tutta la Legge e i profeti dipendono da questi due grandi comandamenti (Mt.22,40). Allorchè Gesù, essendo stato interrogato a proposito della resurrezione dei corpi, insegnò più di quello che coloro che lo tentavano chiedevano, così qui quando non si desidera di sapere da lui quale è il primo comandamento della Legge, egli vi aggiunge anche il secondo appena meno importante del primo, e che egli dice “ essere simile “. Così egli velatamente fa notare che tutte queste domande che gli si rivolgevano, non venivano che dall’invidia e dall’odio che essi nutrivano per lui. Infatti-dice San Paolo- la carità non è invidiosa ( I Cor. 13,1).

XVII DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Mt.22-34-46
S.GIOVANNI CRISOSTOMO,
Homilia 72 in Matthaeum

Breviario Romano, Mattutino, Letture del III Notturno