L’intervista del generale dei gesuiti Padre Sosa, per il quale le parole di Gesù andrebbero contestualizzate perché gli evangelisti non avevano con sé un registratore, per la sua assoluta incoerenza logica, non meriterebbe alcun commento teologico ma solo una risata. Ma, trattandosi di un intervento dell’attuale generale dei Gesuiti nel dibattito sulla interpretazione di un documento pontificio così problematico come l’Amoris laetitia, si rende necessario, per responsabilità pastorale nei confronti dei fedeli ai quali l’intervista è giunta attraverso i media internazionali, un richiamo al corretto rapporto del Magistero e/o della sacra teologia con la verità rivelata, quella con la quale Dio «ha voluto farci conoscere la sua vita intima e i suoi disegni di salvezza per il mondo» (Vaticano I, costituzione dogmatica Dei Filius, 1870).
I fedeli cattolici (sia Pastori che fedeli) sanno che la verità che Dio ha rivelato agli uomini parlando per mezzo dei Profeti dell’Antico Testamento e poi con il proprio figlio, Gesù (cfr Lettera agli Ebrei, 1, 1), è custodita, interpretata e annunciata infallibilmente dagli Apostoli, ai quali Cristo ha conferito la potestà di magistero autentico per l’evangelizzazione e la catechesi. Agli Apostoli Cristo ha detto: «Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me. E chi disprezza me, disprezza Colui che mi ha mandato» (Vangelo secondo Luca, 10, 16). Il valore di verità della dottrina degli Apostoli e dei loro successori (i vescovi con a capo il Papa) dipende quindi interamente dal valore di verità della dottrina di Cristo stesso, l’unico che conosce il mistero del Padre: «La mia dottrina non è mia ma di Colui che mi ha inviato» (Vangelo secondo Giovanni, 7, 16). Padre Sosa, prigioniero com’è dell’ideologia irrazionalistica (pastoralismo, prassismo, storicismo) è allergico alla parola “dottrina”, ma non si rende conto che con questa sua stolta polemica offende non solo la Chiesa di Cristo ma Cristo stesso.
Tanto è essenziale la potestà di magistero (munus docendi), che Cristo ha conferito agli Apostoli unitamente alla potestà di amministrare i sacramenti della grazia (munus sanctificandi), con i quali gli uomini possono essere santificati, cioè uniti ontologicamente (non solo moralmente) a Cristo, e in Lui, nell’unità dello Spirito, a Dio che è il solo Santo. Dice infatti Gesù agli Apostoli: «Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Vangelo secondo Matteo, 28, 20).
E per provvedere alle necessità spirituali dei fedeli, con la costituzione gerarchica della Chiesa, Cristo ha conferito agli Apostoli anche la missione pastorale (munus regendi). Si capisce allora che non si può pensare a riforme “pastorali” della Chiesa in contrasto con la dottrina dogmatica e morale, come vorrebbe padre Sosa, con l’alibi delle presunte ispirazioni di un fantomatico “Spirito”, che certamente non è lo Spirito di Gesù (quello che «ex Patre Filioque procedit») perché contraddice frontalmente la sua dottrina e i sui comandamenti, anche lì dove Gesù ha parlato in modo definitivo e inequivocabile, com’è il caso del matrimonio naturale, che è indissolubile perché Dio così lo ha istituito «fin dal principio».
Non serve a niente – tanto meno all’edificazione della fede dei cattolici di oggi – sostenere con argomenti pseudo-teologici, ossia con la propaganda rivoluzionaria, le riforme dottrinali di una immaginaria “Chiesa di Bergoglio”: i fedeli sanno benissimo che la “Chiesa di Bergoglio” non esiste e non può esistere, perché Dio ha voluto solo la Chiesa del Figlio suo, la Chiesa di Cristo, Verbo Incarnato e Capo del Corpo Mistico, sempre presente per essere l’unico Maestro, Sacerdote e Re per ogni generazione, fino alla fine dei tempi (si vedano il classico trattato teologico del cardinale Charles Journet, L’Eglise du Verbe Incarné, Desclée, Paris-Bruges 1962, e il recentissimo saggio del Prefetto della Congregazione della Fede, il cardinale Gerhrard Ludwig Müller, intitolato Der Papst – Sendung und Auftrag, Herder Verlag, Frankfurt 2017).
Non serve a niente parlare di una “Chiesa del popolo”, immaginata secondo gli schemi ideologici della sudamericana “teologia del pueblo”, dove è “la base”, “coscientizzata” dagli intellettuali organici (i teologi), quella che decide quale dottrina e quale prassi rispondono alle necessità politiche di quel momento storico e il Papa non è più l’interprete infallibile della verità rivelata e l’amministratore dei misteri salvifici ma l’interprete della volontà popolare e l’amministratore della rivoluzione permanente. Sono le aberrazioni pseudo-teologiche che si ritrovano già nella Teologia de la revolución del peruviano Gustavo Gutiérrez e che traggono origine dalla «nuova teologia politica» del tedesco Johann Baptist Metz. Il venezuelano padre Sosa, da sempre legato a questa corrente ideologica, ripropone oggi, nell’intento di sostenere servilmente le presunte intenzioni rivoluzionarie di papa Bergoglio, teorie che già quarant’anni fa, sotto papa Wojtyla, sono state condannate dal Magistero come contrarie al dogma ecclesiologico.
Nemmeno serve l’alibi pseudo-teologico di una nova e “aggiornata” interpretazione della Scrittura, capace di contraddire perfino le «ipsissima verba Christi» e capace poi di squalificare come “fondamentalisti” quanti nella Chiesa (non solo i teologi come Carlo Caffarra ma anche i Papi come san Giovanni Paolo II) stanno al significato ovvio e vincolante degli insegnamenti biblici. Questi sofismi possono far presa sull’opinione pubblica cattolica meno fornita di criteri di discernimento: ma sono stati già da tempo decostruiti e smentiti punto per punto dai documenti del Magistero recente e dalla critica teologica (vedi il mio trattato su Vera e falsa teologia, Leonardo da Vinci, Roma 2012).
Noi cattolici sappiamo di dover leggere l’Antico e il Nuovo Testamento alla luce della dottrina della Chiesa, perché è proprio della Chiesa che ci ha dato la Sacra Scrittura, garantendone l’ispirazione divina, ed è essa che ne fornisce l’interpretazione autentica, ogni qual volta un’interpretazione è necessaria per renderne comprensibile il messaggio salvifico agli uomini di un determinato contesto storico-culturale.
Noi cattolici, a differenza di Lutero e di tutti quei protestanti che ne hanno seguito la metodologia teologica (radicalmente eretica), non ci basiamo sull’illogico principio della «sola Scriptura» e del «libero esame», e non vediamo alcun motivo logico di opporre la Bibbia al Magistero e il Magistero alla Bibbia. Noi cattolici abbiamo motivo di credere, al di là di ogni ragionevole dubbio, all’autorità dottrinale della Chiesa che ci ha consegnato la Sacra Scrittura, assicurandoci del fatto che essa è veramente la «parola di Dio», in quanto Dio stesso ne è l’autore principale e gli agiografi, che hanno scritto sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, ne sono gli autori secondari o strumentali.
Ciò significa, contro il relativismo professato da padre Sosa, che ciò che si legge nella Sacra Scrittura è assolutamente vero, è la verità dei misteri soprannaturali che Dio ci ha rivelato gradualmente, per mezzo dei profeti, e poi definitivamente nella persona stessa di Dio Figlio. Si deve tener sempre presente che i testi scritturistici, pur contenendo la rivelazione dei misteri soprannaturali, di per sé ineffabili, forniscono ai credenti quel tanto di conoscenza (analogica) del divino che permetta loro di trovare in Cristo «la via, la verità e la vita».
Per questo loro essenziale scopo salvifico i testi scritturistici non sono “aperti” a ogni possibile interpretazione, anche in contraddizione con il loro significato testuale, che di norma è chiaro ed inequivocabile (lo stesso significato chiaro ed inequivocabile che hanno le formule dogmatiche che nei secoli la Chiesa è andata definendo). Non è vero quello che sosteneva alcuni decenni or sono il protestante svizzero Karl Jaspers, ossia che «nella Bibbia, dal punto di vista dottrinale, si può trovare tutto e il contrario di tutto».
Quando avviene che il significato testuale di un passo scritturistico sia suscettibile di diverse interpretazioni, è la Chiesa stessa che provvede a fornirne un’interpretazione “autentica”, ossia conforme all’insieme organico di tutta la dottrina rivelata (analogia fidei). Qualora poi la Chiesa non sia intervenuta a fornirne un’interpretazione “autentica”, i teologi sono liberi di proporre le loro personali ipotesi di interpretazione, tutte legittime purché compatibili con il dogma.
Il generale dei Gesuiti si riferisce irresponsabilmente a pericopi evangeliche, nelle quali è testualmente contenuta la dottrina rivelata sul matrimonio, dicendo che si tratta di parole di uomini (gli agiografi), trasmesse da altri uomini (gli Apostoli e i loro successori) e interpretata da altri uomini ancora (i teologi). Insomma, per lui non è mai la Parola di Dio! In un sol colpo padre Sosa riesce a rinnegare tutti i dogmi fondamentali della Chiesa cattolica, a cominciare da quello della divina ispirazione della Scrittura, da cui derivano le proprietà di “santità” e di “inerranza” degli insegnamenti biblici (richiamati da Pio XII nel 1943 con l’enciclica Divino afflante Spiritu e poi riproposto dal Vaticano II nel 1965 con la costituzione dogmatica Dei Verbum), per finire con quello dell’infallibilità del magistero ecclesiastico quando definisce formalmente le verità che Dio ha rivelato per la salvezza degli uomini (definito nel 1870 dal Vaticano I con la costituzione dogmatica Pastor Aeternus e riproposti anche dal Vaticano II con le costituzioni dogmatiche Lumen gentium e Dei Verbum).
Riducendo la Scrittura a «espressione della coscienza della comunità credente di altri tempi», a padre Sosa sembra logico di dover sostenere la necessità di una nuova interpretazione del messaggio biblico alla luce della «espressione della coscienza della comunità credente» di oggi. Ma questo è logico solo se si professa l’«anarchia ermeneutica», quella che ha portato un teologo luterano come Rudolf Bultmann a proporre la «de-mitologizzazione» del Nuovo Testamento. Invece, per la fede cattolica (che fino a prova contraria dovrebbe essere quella del generale dei Gesuiti), è del tutto illogico suppore che la Scrittura non insegni sempre e soprattutto delle verità divine indispensabili per la salvezza degli uomini di ogni luogo e di ogni tempo. Solo chi accetta in toto l’eresia luterana può supporre che non esista quello che io chiamo il «limite ermeneutico invalicabile», ossia l’individuazione (immediata, accessibile a tutti) di un ben preciso contenuto dottrinale, che nessuna interpretazione può negare o mettere in ombra. Questo è il caso, per l’appunto, della dottrina evangelica sul matrimonio e l’adulterio.
Capisco (anche se la depreco) l’intenzione di padre Sosa di sostenere la (presunta) rivoluzione pastorale di papa Bergoglio relativizzando il dogma, per poter contraddire nella prassi quanto la Chiesa ha stabilito ormai definitivamente con la dottrina sui sacramenti del Matrimonio, della Penitenza e dell’Eucaristia. Ma ragioniamo: eliminando il dogma, su quale base si dovrebbe dar ascolto a un Papa, il quale – secondo l’interpretazione ufficiosa di Sosa e di tanti altri teologi ossequiosi – ha messo il dogma da parte?
Se non è assolutamente (non relativamente) vero – oggi come ieri e come domani – che Cristo ha dato al Papa la suprema potestà nella Chiesa, per quale motivo dovemmo ascoltarlo e obbedirgli? E noi sappiamo proprio dalla Sacra Scrittura (sulla quale si basano i dogmi enunciati dal Magistero, dai primi secoli fino al Vaticano I) che Cristo ha dato al Papa la suprema potestà nella Chiesa; ora, se si applicasse a questa volontà espressa di Cristo il criterio relativista di Sosa, allora ci sarebbero cattolici che venerano e rispettano il Papa e altri che lo ignorano o lo combattono. Gli uni e gli altri per motivi non teologici, ma ideologici, cioè politici. Fedeli a papa Bergoglio sarebbero solo quelli che lo seguono come si segue in politica un leader “carismatico” e non si tratterebbe certamente del carisma divino dell’infallibilità nella dottrina, ma del carisma umano del capopopolo che con le sue parole e i sui gesti ottiene consenso nelle masse. [Fonte]
22 commenti:
Suocera e Nuora. Non ho assolutamente la competenza nè per valutare nè per commentare a fondo quanto scritto da Mons Livi. Posso dire di condividerlo e che molti passaggi, ricchi di informazioni, chiariscono e spiegano molte attuali circostanze. Non credo che monsignore si sia scomodato per questo poveretto di Sosa, che credo avrebbe meritato poco più di un sorriso di compatimento. Sbaglio ad immaginare che mentre espone quanto sopra i suoi occhi stiano guardando Qualcun Altro?
Questi contributi mi rinfrancano, mi rinforzano, mi danno slancio a non demordere; sono grata a monsignor Livi ed a tutti coloro che, pazientemente, smontano questi orrori prodotti con furia devastante, ogni giorno.
Non penso più che tutto ciò sia solo il passaparola di sacerdoti modernisti, nè che la massoneria, anche se ha iniziato ad infiltrare persone nelle Chiesa dal '700, abbia potuto tanto, mettendo anche in conto la corruzione dei costumi incoraggiata, coperta e/o ignorata, no, credo che qui, oltre ai soldi,ci sia l'opera personale del nemico. Qui siamo davanti a menti stravolte, oscurate, che hanno perso il senso della Fede.Preghiamo per loro ma, anche per tutti noi sottoposti a questo tentativo di contaminazione e corruzione quotidiana.
La vita pubblica di Gesù iniziò dopo quella del Battista, che prese avvio nel quindicesimo anno di Tiberio (dal settembre del 28 al settembre del 29). La Pasqua della nostra redenzione fu al principio della primavera del 33. L’esame dei vangeli in chiave cronologica si racchiude in poco più di due anni e mezzo (dall’autunno del 30 alla primavera del 33).
La cultura orale del tempo (interessante lo studio di Pierre Perrier sull'oralità dei vangeli) era scrupolosa e se non "registrò" su nastro magnetico le parole del Maestro, comunque le trasmise con grande precisione. Chi ascoltò Gesù, lo sentì tra testimoni e chi garantì l'annuncio di quelle parole aveva testimoni viventi a certificarne l'attendibilità.
Ma anche lo scritto (in lingue diverse, a iniziare dal greco) fece presto la sua comparsa. Il papiro Magdalen P64 è stato datato attorno al 40-50. Il 7Q5 potrebbe essere coevo.
Dalla fine del 47 al 48 d.C. Saulo effettua il suo primo viaggio, arrivando in prossimità della Galazia. Saulo comincia a firmarsi con il nome latino, Paolo. Scrive la lettera ai Galati, deluso dalla confusione regnante in una comunità da lui appena fondata e prima dei “chiarimenti” che saranno presto necessari con gli stessi apostoli sulla questione dei circoncisi. Ad Antiochia, dove era tornato nel 48 d.C., Paolo ha un dissapore con alcuni apostoli circa il comportamento da tenere verso i pagani convertitisi al cristianesimo. Nel Concilio di Gerusalemme del 49 Paolo difende con forza la sua idea. L’inizio della lettera ai Galati (così poco tempo e già cambiate idea…) e gli argomenti trattati sono quelli.
Dall’estate dell’anno 49 alla fine del 51 Paolo compie il suo secondo viaggio descritto negli Atti. Va ad Atene e poi a Corinto. La datazione è certa e si fonda su Aquila e Priscilla (Atti 18,2) espulsi da Roma nel 49 e su Paolo portato davanti al fratello di Seneca, Junius Gallius Annaneus, (Atti 18,12), autorità romana in Acaia dal 1/7/51 al 30/6/52 d.C. (è un dato certo, estrapolabile da iscrizioni a Delfi, scoperte nel 1905, datate con riferimenti al regno di Claudio), al cui cospetto Paolo comparve un anno e mezzo dopo essere giunto a Corinto, al termine di una serie di tappe che avevano impiegato al minimo altri 6 mesi. Da Corinto Paolo invia le lettere ai Tessalonicesi databili nel 50-51.
Dal capitolo 16 degli Atti (siamo nel 50, visto che Paolo fu a Corinto nel 51, data certa per la vicenda del proconsole Gallione), Luca scrive il testo in prima persona: ha smesso di fare lo storico ed è il cronista della Chiesa. La Parola incarna il Verbo. I primi cristiani la terranno nel tabernacolo con l’eucaristia. Evangelion è il primo nome che gli viene assegnato: la buona notizia scritta. Ne troviamo traccia anche nella seconda lettera di Paolo ai Corinti (8,16-18): “con lui abbiamo inviato anche il fratello che ha lode in tutte le chiese a motivo del vangelo”. Logico pensare a Luca e al suo vangelo.
La seconda lettera ai Corinti è scritta poco dopo i tumulti di Efeso. Se Luca è già “famoso” come scrittore del vangelo nel 55 d.C., è presumibile che il suo scritto circolasse già da qualche anno. Che non fosse stato il primo a scrivere un vangelo lo attesta Luca stesso: il periodo giusto è quello degli anni quaranta.
Ricordando che è il vaticanista svizzero Rusconi ad aver intervistato Padre Sosa, qui alcune delle reazioni da lui ricevute:
"INTERVISTA A PADRE ARTURO SOSA: REAZIONI DI LETTORI"
"I punti più significativi e più discussi dell’intervista a padre Arturo Sosa pubblicata il 18 febbraio, una sorta di manifesto molto esplicito della Chiesa bergogliana. Una selezione di reazioni pervenute da diversi lettori. Come da attendersi l’intervista del generale dei gesuiti a ‘Rossoporpora’ è stata ignorata dai sacerdoti dell’informazione corretta, i media turiferari, in omaggio al motto collaudato: “Troncare, sopire, oscurare/ distogliere il cattolico dalla tentazione del pensare”.
http://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/673-intervista-a-padre-arturo-sosa-reazioni-di-lettori.html
Molti testimoni diretti dei fatti accaduti all’inizio degli anni trenta sono ancora vivi.
Il decennio tra il 55 e il 65, all’epoca di Nerone imperatore, anche nell’ambito dei primi cristiani fu contrassegnato dal sorgere di eresie gnostiche e giudaizzanti. Era ancora un cristianesimo fortemente legato all’ebraismo nei suoi principali esponenti e viveva nella crescente attesa di un imminente ritorno di Cristo e perciò nella polemica per il suo mancato palesarsi, mentre sulla scena comparivano i primi “falsi cristi”.
Il tema centrale di tutte le lettere apostoliche, comunque anteriori alla distruzione di Gerusalemme del 70 d.C. (mai menzionata, nemmeno con vaghe allusioni e perciò logicamente avvenuta dopo la scrittura di tutti questi documenti), è la presenza crescente di “falsi maestri”. Le lettere di Pietro, Giacomo, Giovanni e Giuda, trattano questo argomento: gnostici, nicolaiti, ebioniti, e docetisti propalano nuovi messianismi o interpretazioni “new age” del Cristo crocifisso, aggiungendosi alle reiterate accuse di essersi inventati tutto, mosse ai cristiani. E’ la massima preoccupazione degli apostoli. Ne fanno eco le lettere alle sette chiese dell'Apocalisse. Gesù tarda a venire... mentre Gerusalemme, di cui aveva profetizzato la catastrofe, vede il tempio al massimo dello splendore. Determinante: se il tempio fosse stato già distrutto, sarebbe stato un argomento “forte” del dibattito…
In quel periodo sia Pietro sia Paolo scrivono (e Pietro scrive di Paolo) le stesse cose ai destinatari (2 Pt 3,15-16), mettendo in guardia dai medesimi rischi (eresie e impazienza…). Quando Paolo scrive la prima a Timoteo, che sta a Efeso, i temi non divergono da quanto Giovanni indirizza (in Apocalisse) a quella chiesa, destinataria della lettera agli Efesini. Nemmeno la lettera di Paolo a Filemone (che abitava a Colossi) fa menzione del terremoto che la distrusse poco dopo (nel 62-63), insieme a Laodicea e Gerapoli. Pietro scrive agli Ebrei della diaspora la prima lettera ed a quelli di Gerusalemme la seconda, avendo per tema le varie sette che discreditano gli apostoli con l’argomento del mancato ritorno di Cristo. E’ un problema pastorale. Pietro è così umile da riferirsi a Paolo (2 Pt 3,15).
Apocalisse conclude il ciclo degli scritti di Giovanni, già sul finire degli anni 50. Apocalisse è scritta prima che Laodicea sia distrutta dal terremoto databile al 62 o 63.
Non mancano tracce dell’immediata diffusione delle opere del “discepolo che Gesù amava”. Una volta formulata l’ipotesi, non è nemmeno tanto difficile individuarle. Nella lettera paolina ai Colossesi (del 59-60 d.C.) si trova eco del prologo del quarto vangelo.
Nella di poco posteriore lettera agli Ebrei (sempre del 59-60) si trovano echi di Apocalisse: c’è tutto il dibattito sugli angeli (Ebr 2,1), c’è la “spada a doppio taglio” (Ebr 4,1-12 che rimanda a Ap 1,16), c’è l’Agnello e c’è la figura della “nuova Gerusalemme”. La figura dell’Agnello appare dapprima nel vangelo di Giovanni (1,29 e 1,36), ma poi si ripete ben una trentina di volte nell’Apocalisse (capitoli dal 5 al 22): non la si trova in scritti anteriori, c’è in quelli posteriori (es. in 1 Pt 1,19) e nella figura sacrificale ampiamente trattata nella lettera agli Ebrei (cap. 9-10). Inoltre c’è il passo in Ebr 12,22-24 che rimanda esplicitamente ad Apocalisse. Infine, nella lettera di Giacomo (Gc 1,12) è possibile scorgere in filigrana la conoscenza di Apocalisse 2,10 attraverso l’inedita espressione “corona della vita”.
Il codice muratoriano (un antico documento della fine del II secolo) attesta che Giovanni scrisse il suo vangelo aiutato da Andrea apostolo. La tradizione ortodossa dice che Andrea morì martire a Patrasso nei primi anni dopo il 60.
Poi all'improvviso, come al bar sport, senti quello che "meglio il 4-4-3". Windbag.
Mi identifico nel mio allenatore: perché solo il portiere può usare le mani? Basta regole.
Infatti un argentino famoso, "campione del mondo" (!), segnò con la "mano-de-dios".
Ahinoi! Le affermazioni di Baffino non sono per nulla lontane da quelle del gesuitismo tipico della nostra epoca (parlo per conoscenza diretta).
C'è da ringraziarlo perché con naturalezza ne ha dimostrato l'essenza a tutte le anime belle che fino a ieri ancora attribuivano ai gesuiti postconciliari qualcuno dei numerosi meriti delle epoche precedenti.
Cosa ne penserebbe sant'Ignazio di Loyola della faccenda dei registratori? Ha ragione mons.Livi: il gesuitismo verrà seppellito da una risata.
@ Paragoni impropri
Mettere sullo stesso piano, di fronte al lettore ignaro, la Costituzione dogmatica Pastor Aeternus del Vaticano Primo, che ha stabilito con grande solennità e tutti i crismi il dogma dell'infallibilità pontificia, e le "costituzioni dogmatiche", così autodefinitesi, Lumen Gentium e Dei Verbum del Vaticano II, che, non solo non hanno definito alcun dogma, ma anzi hanno in diversi punti (ben noti) intorbidato la dottrina precedente, ciò è a mio avviso del tutto inaccettabile. L' equivoco continua, per il danno di tutti i fedeli. PP
Sul modo e grado di manipolazione di questi artefici della dissoluzione finale della (ex) Chiesa Cattolica credo valga la pena di leggere anche quest'articolo:
http://www.maurizioblondet.it/vangelo-relativo-bergoglio-lassoluta-verita/
Miles
Davvero spiace dover fare certe osservazioni. Ma non posso che essere d'accordo con PP.
Infatti nonostante recenti dichiarazioni piene di chiarezza e parresìa sulla situazione attuale, purtroppo mons. Livi continua ad essere "reticente" sui 'bachi' conciliari e mi spiace che si sia offeso perché più di una volta in precedenti occasioni ho usato questo termine (reticente) nei suoi confronti.
In ogni caso, apprezziamo tutte le sue recenti prese di posizione e preziosi chiarimenti. Ma continuiamo a constatare che la radice dei problemi continua ad essere disattesa...
"Poi all'improvviso, come al bar sport, senti quello che "meglio il 4-4-3". Windbag.
Mi identifico nel mio allenatore: perché solo il portiere può usare le mani? Basta regole.
Infatti un argentino famoso, "campione del mondo" (!), segnò con la "mano-de-dios"."
Non capisco questi rimandi, non capendo nulla di calcio e non sapendo nulla della storia del calcio. Grazie per sintesi d'insieme dei fatti, delle persone, della date e degli incroci.
"Ha ragione mons.Livi: il gesuitismo verrà seppellito da una risata"
Ho provato anche questa volta a ridere, ma non ci sono riuscito.
Dal momento che la vita umana è così breve, è un mistero perchè Dio la riempia con tante sofferenze. Perchè la mia pazienza è messa quotidianamente alla prova? Come sopporterò ancora il "mal-dire" gesuitico?
Per scacciare il malumore, mi rileggo queste citazioni:
- "Perciò è importante andare oltre le mutevoli domande del momento per comprendere le domande vere e proprie e capire così anche le risposte come vere risposte. È importante conoscere a fondo la Sacra Scrittura interamente, nella sua unità di Antico e Nuovo Testamento: la formazione dei testi, la loro peculiarità letteraria, la graduale composizione di essi fino a formare il canone dei libri sacri, l’interiore unità dinamica che non si trova in superficie, ma che sola dà a tutti i singoli testi il loro significato pieno. È importante conoscere i Padri e i grandi Concili, nei quali la Chiesa ha assimilato, riflettendo e credendo, le affermazioni essenziali della Scrittura." (Papa Benedetto XVI)
- “Il cammino della Chiesa conduce dalla Gerusalemme terrestre a quella celeste, (…) alla città degli Angeli e dei Santi”. Il punto di partenza di questo cammino è il carattere vincolante della Sacra Scrittura. Secondo Peterson, la Sacra Scrittura diventa ed è vincolante non in quanto tale, essa non sta solo in se stessa, ma nell’ermeneutica della Tradizione apostolica, che, a sua volta, si concretizza nella successione apostolica e così la Chiesa mantiene la Scrittura in un’attualità viva (riaccade qui e ora quello che documenta) e contemporaneamente la interpreta. Attraverso i vescovi, che si trovano nella successione apostolica, la testimonianza della Scrittura rimane viva nella Chiesa e costituisce il fondamento per le convinzioni di fede permanentemente valide della Chiesa, che incontriamo innanzitutto nel credo e nel dogma." (Papa Benedetto XVI)
- "Nella parola di Dio, tutto ciò che, interpretato letteralmente, non possa essere riferito a purezza di vita o a rettitudine di dottrina, deve essere considerato figurato" . (Sant'Agostino)
"Il capo dei gesuiti ha in pratica detto che il re è nudo, e non sapremo mai come vestirlo con esattezza."
"Gesù non dixit? Allora anche Napoleone e Maometto..."
di Rino Cammilleri
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-gesu-non-dixit-allora-anche-napoleone-e-maometto-19057.htm
E le stelle stanno a guardare..., Benedetto, pure
Capisco il punto di PP e mic. Ma penso sia una questione di comunicazione: non sempre si può affrontare tutto in ogni singolo intervento. Se prendo il pezzo di mons. Livi con quel passaggio, penso che abbia la forza di comunicare il concetto anche a molti cattolici, chiamiamoli così, "vaticanosecondisti in buona fede" e il messaggio passa subito. Se ci mettiamo dentro la pur giusta critica al vaticanosecondo, si apre un fronte della discussione che in questo momento distrae dall'intento principale, che è denunciare la presenza di eretici clamorosi ai vertici della Chiesa. La critica al vaticanosecondo si può affrontare in un secondo momento.
Detto in altri termini: qui dobbiamo urlare "al fuoco, la casa va a fuoco!"; in un messaggio di allarme che coinvolga la maggior parte di persone possibile non si può stare a dire "si è verificata una perdita di gasolio nella terza valvola della caldaia e, unitasi alla mancanza di protezione di un filo elettrico, eccetera". Una volta che la gente ha compreso che l'incendio è in corso e reagisce, poi si potranno con più calma spiegare le cause dell'incidente.
In più con quel passaggio mons. Livi porta l'attenzione sul fatto che personaggi come l'omino coi baffi, che si riempiono la bocca di CVII ad ogni istante, l'istante dopo sono pronti a contraddirsi e passarci sopra, se ne hanno un vantaggio.
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Fabrizio Giudici
Ma penso sia una questione di comunicazione: non sempre si può affrontare tutto in ogni singolo intervento. Se prendo il pezzo di mons. Livi con quel passaggio, penso che abbia la forza di comunicare il concetto anche a molti cattolici, chiamiamoli così, "vaticanosecondisti in buona fede" e il messaggio passa subito. Se ci mettiamo dentro la pur giusta critica al vaticanosecondo, si apre un fronte della discussione che in questo momento distrae dall'intento principale, che è denunciare la presenza di eretici clamorosi ai vertici della Chiesa. La critica al vaticanosecondo si può affrontare in un secondo momento.
Sono d'accordo sul fatto che non si possa affrontare tutto in un singolo intervento. Ma esiste la questione di fondo con mons. Livi sulla sua "reticenza" a criticare il concilio. Mi colpiva che in alcune recensioni ai libri di Radaelli (es. La Chiesa ribaltata ed altri dello stesso filone) abbia sempre sottolineato che si trattava di pensieri dell'Autore. Quindi lui, pur apprezzando l'autore, si tirava fuori da ogni atteggiamento che fosse critico, sia pur rispettosamente. Non ha mancato persino di affermare che i laici si dovevano contentare del Magistero e astenersi dalle critiche , soprattutto sulla Rete...
Chi ci ha seguiti in questi anni ricorda anche le mie puntualizzazioni. Nel massimo rispetto per lo studioso, ma non senza sottolineare questo problema.
@ La Critica al Concilio "non si puo'fare in questo momento"
quante volte abbiamo sentito questo ritornello e da quanti anni? Capisco che non la possano sollevare i quattro cardinali nei loro dubia, che non sia indispensabile nell'ultimo e pure coraggioso intervento di mons. Livi. Non si puo' pretendere che mons. Schneider oltre a dover criticare (con tutto il rispetto) il presente Pontefice ci metta di mezzo anche la critica al Concilio. Sono tutti argomenti ragionevoli. Ma qui non si tratta di fare i moralisti e gettar la croce addosso a qualcuno.
Si tratta di questa semplice considerazione: il tempo passa, la crisi della Chiesa si aggrava sempre di piu', e il problema del Concilio (radice di questa crisi) non viene mai sollevato da chi di dovere. Solo qualche sparso e timido accenno critico (Benedetto xVI a suo tempo, il card. Burke, sull'islam nella Nostra Aetate, in una delle sue interviste). E con esso non viene mai sollevato il problema del magistero postconciliare anteBergoglio, nel quale certo non mancano le ombre, come sappiamo.
In questo clima, en passant, scivolano dalla penna accostamenti come quello di mons. Livi sopra richiamato, che sembrano voler stabilire una identita'e continuita'dogmatica tra le costituzioni dogmatiche del Vaticano I e quelle autodefinitesi "dogmatiche", senza esserlo, del VAticano II e per di piu'infiorate delle note ambiguita'dottrinali. In primo luogo, cio' non e'scientificamente corretto.
Non posso credere che personalita'come i quattro cardinali e mons. Livi non si siano resi conto dei gravi problemi inerenti ai testi del Vaticano II. POssibile che non trovi nessuno di loro il tempo di fare perlomeno il punto sul Concilio, vale a dire di stilare un elenco dei punti dubbi e discutibili da sottoporre al Papa per una futura iniziativa? Si tratterebbe di attuare in modo piu'radicale un'idea avanzata a suo tempo da mons. Schneider, di un nuovo Sillabo, pero' sul Concilio, se ho ben capito.
Continuando cosi', l'ho gia'detto in passato, si ripetono gli errori della Gerarchia che portarono allo scisma protestante. Si parlava da piu'di un secolo della necessita'urgente di riformare la Chiesa, di abolire certe distorsioni, di attenuarne il temporalismo. Non si fece niente e alla fine arrivo' il castigo, che duro' dall'emergere di Lutero al Sacco di Roma (1517-1527). Dieci anni di fuoco e non era finita. Domani, un domani sempre piu'vicino purtroppo, se si continua cosi', il castigo sara'ancora piu' tremendo, ci e'stato fatto capire (visioni di Fatima) che l'ira di Dio potrebbe abbattersi su Roma cosi'come si e'abbattuta a suo tempo su Gerusalemme, nel 70 d.C. PP
irina
nel calcio i dieci giocatori di movimento possono disporsi in campo in modo differente: 4-4-2, 4-3-3 etc, con il totale che fa 10. Il 4-4-3 è una cavolata da bar dello sport, dove i "tecnici" non sanno di che cosa parlano. Maradona in Messico nel 1986 segnò di mano un gol molto famoso. Del gesto anti-sportivo non si pentì e fu attribuito alla mano divina...
Se non c'è una truppa rappresentativa della Cattolicità, anche pochi ma scelti, sceltissimi, non si può pretendere dai pochi che si espongono (poi rimossi, mandati a quel paese, morti di crepacuore, disciolti, smembrati, commissariati) di far tutto, nè riprenderli. Fanno quello che possono. Teniamo presente che si chiede agli anziani di essere critici verso quello in cui sono stati educati con enfasi nella loro gioventù, che è una sola, alla quale, volenti o nolenti, sempre si ritorna come momento glorioso della propria vita. Diverso è per chi dall'inizio sentì odore di bruciato, di chi non si illuse e non illuse; o di chi ebbe buoni maestri, o era in grado di riconoscere le trappole, o di chi arrivò a cose fatte già ampiamente addestrato dalla vita a non prendere nulla per oro colato, tanto meno gli uomini, vedi chi scrive, che comunque qualche anno imbambolata nel mezzo sono stata.Teniamo presente che, non so perchè, questo argomento imbarazza grandemente, irrita, dirime. Sono una defilata di natura, accenni li ho fatti, con estranei in maniera più esplicita, con chi conoscevo sono andata più cauta, cercando di partire dal loro punto di vista. Di questi nessuno mi cerca più. Ognuno ha i suoi tempi, magari poi ricompariranno, per il momento se la sono data a gambe.Questo è successo a me che sono nessuno, sconosciuta anche in parrocchia. Figuriamoci altri inseriti da una vita in relazioni gerarchiche diramantesi in lungo ed in largo. E' difficile. Non solo, questi, che ora rimangono gli unici ortodossi, devono smascherare l'ortodossia falsa e/o lacunosa che rimbomba, avvolgente in ogni dove, suadente confermando tutti che il CVII è stato una gran fxgxtx. Il libro di De Mattei sul CVII, che lessi facendo le ore piccole, tanto mi catturò che lo consigliai a tutti. Non so chi poi lo lesse, so di certo che alcuni di quelli, a cui lo consigliai, si stanno preparando per l'arrivo del Pontefice a Milano.
@ anonimo 12:29
Grazie. Piano,piano mi ci applico.
ottimo l'articolo d Bondet, basato sul concetto : "se il Vangelo è relativo, il pensiero di Sosa e Bergoglio è assoluto e non criticabile" ? roba da pazzi le contraddizioni in ci si aggrovigliano questi pseudo pastori, rivoluzionari e nient'altro; vorrei ricordare loro una massima di Sir William Scotto " Oh, che rete aggrovigliata tessiamo quando iniziamo a praticare l’inganno”, e chi è più ingannatore di Sosa e Bergoglio ? ipse dixit ? i nuovi detentori assoluti della verità? unita al potere dispotico ? ma che vadano a .....
La città - Roma - in rovina della profezia di Fatima potrebbe non essere una metafora, infatti.
Finalmente uno che ha capito che la Chiesa deve tornare a insegnare !
http://muniatintrantes.blogspot.it/2017/02/dal-sesso-alla-politica.html#comment-form
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